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Galilei, Galileo in "Enciclopedia dei


ragazzi"
17-23 minuti

Galilei, Galileo

Il padre della scienza moderna

Nel Seicento il grande scienziato e filosofo Galileo Galilei ha


confermato con le sue osservazioni astronomiche, condotte con il
cannocchiale, la teoria eliocentrica di Copernico e ha studiato il
moto dei corpi grazie al piano inclinato. Galileo ha indagato i
fenomeni naturali secondo un metodo che si fonda
sull'integrazione di esperimento e di ragionamento matematico, il
metodo sperimentale ancor oggi adottato. Rinnegare la tradizione
ha portato Galileo a uno scontro con la Chiesa cattolica, in seguito
al quale ha subito una condanna al confino nella sua casa di
Arcetri, presso Firenze. Ma Galileo non si è limitato a elaborare
formule: ha scritto anche opere che rappresentano magnifici
esempi di prosa scientifica

Galileo Galilei nella cultura del Seicento

Nato a Pisa nel 1564, Galileo Galilei è noto soprattutto per aver
demolito la concezione geocentrica dell'Universo accettata da due
millenni, contribuendo all'affermarsi della teoria eliocentrica.

Lo strappo violento rispetto alla tradizione produsse conseguenze

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traumatiche sulla vita di Galileo. Dopo venti anni di insegnamento


all'Università di Padova, rientrato a Firenze per porsi sotto la
protezione dei Medici, fu costretto a contrastare gli attacchi dei
seguaci di Aristotele e dei censori ecclesiastici. Ma non riuscì a
evitare la condanna del tribunale dell'Inquisizione, subita nel 1633,
per aver sostenuto le tesi eliocentriche.

Tra i grandi meriti dello scienziato pisano ci sono anche i contributi


dati alla moderna concezione del movimento e, più in generale,
alla nuova scienza della meccanica fondata su rigorose
dimostrazioni matematiche. Ma Galileo non ha coltivato solo
interessi scientifici. Figlio di un originale teorico della musica,
manifestò una passione costante per le tematiche musicali.

Altrettanto vasta è stata la sua cultura artistica, mentre sul piano


letterario le sue opere segnano la nascita della prosa scientifica
italiana.

Il metodo sperimentale

Galileo ha indagato i fenomeni naturali secondo un metodo


fondato sia sull'esperimento sia sul ragionamento matematico,
procedure che nella tradizione venivano solitamente considerate
come alternative. L'esperimento veniva adottato da chi si
occupava delle realizzazioni pratiche, mentre l'analisi matematica
era patrimonio degli studiosi interessati a stabilire i principi astratti
che guidano i fenomeni naturali.

Galileo invece raccolse dati e grazie a essi formulò ipotesi poi


generalizzate nel linguaggio astratto e universale della
matematica. Osservando, per esempio, le oscillazioni di diversa
ampiezza di un pendolo, giunse alla conclusione che tutte,
indipendentemente dalla loro ampiezza, si compivano nello stesso

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tempo (in realtà questo è vero solo per le piccole oscillazioni). Poi
generalizzò in termini matematici la legge delle oscillazioni di
pendoli di diversa lunghezza: le lunghezze sono proporzionali ai
quadrati dei rispettivi periodi (cioè dei tempi impiegati per
compiere un'oscillazione completa).

Ma Galileo ha utilizzato questa procedura anche in ordine inverso,


per confermare la validità di ipotesi matematiche, come quella
formulata sulle maree. Secondo Galileo è la combinazione del
moto di rivoluzione annuo della Terra intorno al Sole con la
rotazione diurna del nostro pianeta sul proprio asse la causa
meccanica del fenomeno periodico delle maree, e per provarlo ha
fatto ricorso all'esperimento.

Negli scritti di Galileo si trovano numerosi riferimenti a esperimenti,


in molti casi mai effettivamente realizzati, ma solo pensati e
immaginati: sono rimasti esperimenti mentali.

Le scoperte celesti

Negli ultimi mesi del 1609 Galileo cominciò a esplorare il cielo col
cannocchiale. Nonostante il modesto potere di ingrandimento, lo
strumento gli permise di vedere fenomeni che nessuno aveva in
precedenza potuto osservare. La prima sorpresa fu offerta dalla
Luna, che, vista con il cannocchiale, appariva assai diversa dalla
sfera perfettamente levigata e cristallina concordemente descritta
dalla filosofia naturale tradizionale. Segnata da alte montagne e da
valli profonde, la Luna mostrava una struttura del tutto simile alla
Terra. In seguito, Galileo fece altre scoperte sensazionali, che
sembrarono demolire la concezione tradizionale della Terra
immobile nel centro dell'Universo.

Galileo era un seguace di Copernico (l'astronomo secondo cui il

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Sole, non la Terra, occupa la posizione centrale nell'Universo) e


trovò nelle sue osservazione astronomiche prove inconfutabili a
favore della tesi eliocentrica. Il sistema di Giove, anzitutto,
circondato da quattro satelliti, dimostrava che nell'Universo non
tutti i corpi ruotavano intorno alla Terra. Galileo scoprì anche che il
pianeta Venere, osservato dalla Terra, mostrava fasi come la
Luna, un fenomeno che non poteva verificarsi se il nostro pianeta
fosse stato al centro dell'Universo.

La fama di Galileo si accrebbe grazie a queste e altre


osservazioni, come la scoperta delle macchie sulla superficie del
Sole, delle strane apparenze di Saturno (che Galileo ritenne
erroneamente circondato da due satelliti) e della vera natura della
Via Lattea (ammasso di un enorme numero di stelle). Esse
provocarono tuttavia aspre reazione dei tradizionalisti e delle
autorità ecclesiastiche, costringendo Galileo a impegnarsi in una
battaglia durissima per affermare le nuove idee e per difendersi da
minacciosi attacchi personali.

Le polemiche religiose

Galileo espose i risultati delle sue osservazioni astronomiche nel


Sidereus nuncius ("Messaggero delle stelle"), pubblicato nel 1610.
Il libro innescò vivacissime polemiche che, nella fase iniziale,
ebbero come protagonisti i seguaci della filosofia naturale di
Aristotele. Essi vedevano seriamente minacciata la concezione di
un Universo diviso in due zone distinte: quella imperfetta,
corrispondente alla Terra in posizione centrale, e quella di assoluta
perfezione delle sfere dei pianeti, del Sole e delle stelle fisse dalle
quali era circondata.

Ben presto iniziarono a tuonare contro le tesi copernicane di

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Galileo anche esponenti della Chiesa. Attacchi pubblici sempre più


violenti furono mossi nei confronti di chi osava mettere in
discussione la centralità e immobilità della Terra (esplicitamente
sostenuta nelle Sacre Scritture). Nel febbraio del 1615 il
domenicano fiorentino Niccolò Lorini denunciò al tribunale
dell'Inquisizione alcune opere nelle quali Galileo sosteneva che
l'ipotesi copernicana era perfettamente compatibile con le Sacre
Scritture. Galileo vi rivendicava l'autonomia della ricerca e
sosteneva che l'autorità dei testi sacri è assoluta solo nelle
questioni morali e di fede, non in quelle che riguardano la
costituzione del mondo. Come avrebbe affermato, con
espressione straordinariamente efficace, i testi sacri insegnano
"come si va in cielo, non come va il cielo".

Il processo

Dopo la denuncia di Lorini, l'opera Le rivoluzioni delle sfere celesti


(1543) di Copernico fu 'sospesa': dagli esemplari stampati
andavano eliminati i passi in cui si sosteneva che la concezione
eliocentrica non era solo una comoda ipotesi, ma corrispondeva
all'effettiva realtà. Galileo fu inoltre privatamente ammonito a non
sostenere pubblicamente la tesi di Copernico.

Un decennio più tardi, incoraggiato dai segni di benevolenza e di


apertura del nuovo pontefice, Urbano VIII, Galileo tornò a
sostenere la battaglia copernicana, dedicandosi alla stesura del
Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, che pubblicò nel
1632. L'opera suscitò immediatamente scandalo tra le autorità
ecclesiastiche. A Galileo fu intimato di recarsi a Roma, dove fu
sottoposto al severo giudizio dei Padri inquisitori, che nel giugno
del 1633 lo condannarono, costringendolo ad abiurare rinnegando
la tesi copernicana.

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La condanna e l'abiura

A conclusione del processo inquisitoriale, il 22 giugno 1633 fu


emessa a Roma, presso il Convento della Minerva, la sentenza di
condanna di Galileo da parte dei Padri inquisitori:

"Diciamo, pronuntiamo, sententiamo e dichiariamo che tu, Galileo


suddetto, per le cose dedotte in processo e da te confessate come
sopra, ti sei reso a questo Santo Officio vehementemente sospetto
d'heresia, cioè d'haver tenuto e creduto dottrina falsa e contraria
alle Sacre e divine Scritture, ch'il Sole sia centro della Terra e che
non si muova da oriente ad occidente, e che la Terra si muova e
non sia centro del mondo, e che si possa tener e difendere per
probabile un'opinione dopo esser stata dichiarata e diffinita per
contraria alla Sacra Scrittura; e conseguentemente sei incorso in
tutte le censure e pene dai sacri canoni et altre constitutioni
generali promulgate. Dalle quali siamo contenti sii assoluto, pur
che prima, con cuor sincero e fede non finta, avanti di noi abiuri,
maledichi et detesti li suddetti errori et heresie et qualunque altro
errore et heresia contraria alla Cattolica e Apostolica Chiesa, nel
modo e forma che da noi ti sarà data".

Subito dopo la lettura della sentenza, il vecchio Galileo,


inginocchiato davanti ai giudici, recitò e sottoscrisse l'umiliante
formula dell'abiura:

"Volendo io levar dalla mente delle Eminenze Vostre e d'ogni fedel


Cristiano questa vehemente sospitione, giustamente di me
concepita, con cuor sincero e fede non finta abiuro, maledico e
detesto li suddetti errori et heresie e generalmente ogni et
qualunque altro errore, heresia e setta contraria alla Santa Chiesa;
e giuro che per l'avvenire non dirò mai più né asserirò, in voce o in

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scritto, cose tali per le quali si possa haver di me simil sospitione;


ma se conoscerò alcun heretico o che sia sospetto di eresia, lo
denontiarò a questo S. Officio, o vero all'Inquisitore o Ordinario del
luogo dove mi trovarò".

A Galileo tuttavia fu risparmiato il carcere: dopo alcuni mesi


trascorsi a Siena, agli arresti domiciliari presso l'arcivescovo
Piccolomini, gli fu permesso di tornare nella sua casa di Arcetri,
sui colli di Firenze, dove passò il resto della sua vita, fino alla
morte, avvenuta l'8 gennaio 1642.

La meccanica e la scienza del movimento

Galileo ha dato un contributo fondamentale alla moderna scienza


del movimento compiendo una serie di ricerche innovative che
hanno aperto la strada ai successivi lavori di Cartesio e Newton.

Combinando abilmente ragionamento matematico ed esperimenti


ingegnosi, Galileo dimostrò che, contrariamente a quanto
sostenuto da Aristotele, nel moto naturale di caduta libera la
velocità aumenta in proporzione al tempo trascorso. Intuì inoltre
per primo il moderno principio di inerzia (riformulato poi da Newton
come primo principio della dinamica), cioè l'idea che il moto dei
corpi non si esaurisce spontaneamente, ma tende a conservarsi
se non viene applicata ad essi una forza contraria. Dimostrò anche
che un corpo scagliato con violenza in avanti ricade a terra
seguendo una traiettoria parabolica.

I risultati dei suoi studi sul moto furono presentati in forma


rigorosamente matematica nei Discorsi e dimostrazioni
matematiche (pubblicati a Leida nel 1638), l'opera in cui propose
attente riflessioni sulla natura relativa del moto, distruggendo
definitivamente la concezione aristotelica dell'esistenza di uno

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spazio e di un movimento assoluti. In quest'opera ci sono inoltre


pagine innovative dedicate alla resistenza dei materiali, indagata
di nuovo col sistematico ricorso a metodi matematici. Questi ultimi
vi venivano presentati come l'elemento indispensabile per dare un
fondamento scientifico all'attività degli ingegneri, che si era fino ad
allora basata su abilità e saperi acquisiti in maniera
esclusivamente empirica.

Il piano inclinato

Grazie al piano inclinato, Galileo riuscì a formulare alcune delle


leggi fondamentali del moto naturale di caduta.

Nella scanalatura ben levigata del piano, Galileo faceva scendere


una sferetta registrando mediante un orologio ad acqua i tempi
impiegati per percorrere distanze progressivamente crescenti.
Confrontando gli spazi e i tempi di discesa, Galileo si rese conto
che in tempi eguali successivi gli spazi percorsi stavano tra di loro
come la serie dei numeri dispari (1,3,5,7,9 e così via). Questo dato
non solo confermò a Galileo che il moto naturale di caduta è
costantemente accelerato, ma gli consentì anche di stabilirne
matematicamente la proporzione. Se nel primo tempo infatti la
sferetta percorre uno spazio e nel secondo tempo eguale 3 spazi,
ciò significa che in 2 tempi percorre 4 spazi (1+3), in 3 tempi 9
spazi (1+3+5), in 4 tempi 16 spazi (1+3+5+7), e così via. Nel moto
naturale gli spazi percorsi sono dunque proporzionali al quadrato
dei tempi.

Galileo scrittore

Giustamente riconosciuto come uno dei più grandi geni scientifici


dell'umanità, Galileo è stato anche un grandissimo prosatore. Ha
scritto in volgare quasi tutte le proprie opere in un periodo nel

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quale la letteratura scientifica adottava quasi universalmente il


latino e così ha contribuito più di ogni altro a trasformare l'italiano
in una lingua capace di esprimere concetti scientifici nuovi e di
altissima complessità. Ha arricchito il vocabolario scientifico del
volgare col conio di nuovi termini tecnici, spesso, ma non sempre,
derivati dal latino.

Il livello di efficacia e di chiarezza che egli raggiunse nei suoi


massimi capolavori (il Dialogo e i Discorsi) risulta davvero
straordinario. Sono opere concepite in forma di dialogo con tre
interlocutori che discutono animatamente di temi filosofici,
astronomici o di meccanica sostenendo posizioni diverse. Galileo
sfoggia una capacità straordinaria nel modificare l'espressione in
base al carattere dei personaggi, mette sarcasticamente alla
berlina Simplicio, il sostenitore delle tesi aristoteliche,
continuamente fa ricorso a metafore e analogie tratte dal senso
comune e a esempi provenienti dalla vita quotidiana per rendere
comprensibili, anche ai non specialisti, le complesse teorie
discusse.

Il libro della natura

Nel Saggiatore, uno dei suoi capolavori scientifici e letterari


(1623), Galileo mise ripetutamente in ridicolo gli avversari che si
opponevano alle nuove teorie scientifiche invocando l'autorità di
Aristotele. Al continuo richiamo ai libri di Aristotele del suo
interlocutore Lotario Sarsi (pseudonimo del gesuita Orazio Grassi)
Galileo contrappose, in un brano giustamente celebre, l'indagine
diretta del libro della natura, scritto dal Creatore in linguaggio
matematico: "Parmi, oltre a ciò, di scorgere nel Sarsi ferma
credenza, che nel filosofare sia necessario appoggiarsi all'opinioni
di qualche celebre autore, sì che la mente nostra, quando non si

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maritasse col discorso d'un altro, ne dovesse in tutto rimanere


sterile ed infeconda; e forse stima che la filosofia sia un libro e una
fantasia d'un uomo, come l'Iliade e l'Orlando Furioso, libri ne' quali
la meno importante cosa è quello che vi è scritto sia vero. Sig.
Sarsi, la cosa non istà così. La filosofia è scritta in questo
grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli
occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non
s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è
scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri sono
triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezi è
impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un
aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto".

Il cannocchiale galileiano

Galileo non va considerato come l'inventore del cannocchiale,


ideato da artefici olandesi. Si è limitato a perfezionare lo strumento
e a utilizzarlo per esplorare l'Universo.

Il cannocchiale galileiano è composto da due lenti, una piano-


concava e una piano-convessa. I migliori esemplari che riuscì a
costruire garantivano un ingrandimento lineare di circa 30 volte
(così la superficie della Luna gli appariva 900 volte più grande). Lo
strumento aveva un campo visivo molto stretto: Galileo non
riusciva, per esempio, a inquadrare l'intero corpo lunare, ma solo
una sua limitata porzione.

Oltre a perfezionare continuamente la qualità delle lenti, Galileo


arricchì il cannocchiale di accessori importanti, come il diaframma
(per eliminare la luce abbagliante che circondava i pianeti), il
micrometro (per misurare le distanze tra i corpi celesti) e l'eliostato
(per osservare il disco solare proiettandolo su uno schermo in

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modo da evitare danni alla vista). Le prolungate osservazioni nelle


quali Galileo si impegnò contribuirono a deteriorare
progressivamente la sua vista tanto che divenne completamente
cieco negli ultimi anni della sua vita.

Il microscopio galileiano

Nel 1624 Galileo mise a punto quello che definì un 'occhialino' che
ingrandiva sensibilmente le cose più minute. Si trattava
dell'antesignano del moderno microscopio, come verrà battezzato
dall'accademico dei Lincei Giovanni Faber. Galileo osservò la
meravigliosa fabbrica della mosca, della quale il microscopio
rivelava la straordinaria complessità. Del microscopio concepito da
Galileo non rimane alcun esemplare originale. Sappiamo che lo
strumento doveva presentare due lenti, che garantivano un
ingrandimento abbastanza significativo (circa venti volte). Nei
decenni immediatamente successivi il microscopio produsse una
rivoluzione radicale nelle scienze della vita, soprattutto
nell'anatomia, nell'entomologia, nell'analisi delle strutture cellulari,
degli agenti patogeni e via dicendo.

Il microscopio stimolò anche la collaborazione tra scienziati e


artisti. Questi ultimi realizzarono infatti stupende incisioni delle
immagini di piccoli insetti ingranditi con questo strumento. La
prima raffigurazione del genere è la Melissographia, una tavola
incisa da Matthias Greuter nel 1625 per iniziativa dell'Accademia
dei Lincei. La tavola aveva il duplice fine di mostrare l'ape
anatomizzata sotto ingrandimento microscopico e di celebrare il
papa Barberini, Urbano VIII, nel cui stemma campeggiavano tre
api a formare uno schema triangolare.

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