Dante, dopo essere svenuto alla fine del colloquio con Paolo e Francesca, si risveglia nel III cerchio, dove una fredda e fastidiosa pioggia cade incessantemente; questa forma sul suolo un disgustoso fango, da cui proviene un orribile puzzo. Qui sdraiati si trovano i golosi, che vengono dilaniati da cerbero, un orribile cane a tre teste dagli occhi rossi, il muso sporco, il ventre largo e le zampe artigliate; li dilania e li fa a brandelli con le sue zanne e i suoi artigli. Appena Cerbero vede Dante e Virgilio, si scaglia contro di loro ma Virgilio prende una manciata di terra e la lancia nelle tre bocche del cane, che si placa come quando a un cane affamato viene lanciato un boccone. Cerbero è un cane a tre teste che tormenta i golosi, squarciandoli con i suoi artigli e le sue zanne e assordandoli con i suoi latrati. è la raffigurazione grottesca del peccato: ha tre gole, un muso unto e sporco e un ventre gonfio; la sua fame rabbiosa è inoltre placata da Virgilio, che gli lancia in ciascuna delle tre gole una manciata di terra. La figura di Cerbero è tratta dalla mitologia classica, ma Dante ne dà una rappresentazione demonizzata; questa rappresentazione è coerente con il pensiero cristiano, che vedeva le divinità infernali come personificazioni del diavolo. Cerbero svolge la funzione allegorica di impedimento morale in quanto cerca di ostacolare il viaggio di Dante: ringhia e mostra i denti, ma viene immediatamente fermato da Virgilio.
Incontro con Ciacco – vv 34-57
Placato Cerbero, Dante e Virgilio proseguono camminando sopra le anime dei golosi che non rappresentano alcun ostacolo, in quanto sono i materiali; esse sono sdraiate per terra ma all'improvviso una si leva a sedere e chiede a Dante se non lo riconosce, in quanto è nato prima che tale anima morisse. Il poeta guarda l'anima del dannato ma dice di non riconoscerlo a causa del suo aspetto stravolto: l'anima dice di essere cittadino di Firenze, città piena di rabbia, e di essere condannato al III cerchio a causa della sua golosità.
Dante interroga Ciacco su Firenze – vv 58-75
Dante rivolge a Ciacco tre domande su Firenze: L’esito delle lotte politiche Se a Firenze esistano dei cittadini giusti Quali siano le cause delle lotte intestine Ciacco corrisponde alla prima domanda con un'oscura profezia: dice che i guelfi bianchi e guelfi neri arriveranno allo scontro fisico, che si consoliderà con la vittoria dei guelfi bianchi e in seguito dei guelfi neri. Riguardo alla seconda domanda, Ciacco risponde che i cittadini giusti a Firenze sono soltanto due ma nessuno li ascolta. Risponde infine alla terza domanda dicendo che le ragioni delle lotte intestine a Firenze sono da ricercare nella superbia, nell'invidia e nell’avarizia.
Destino ultraterreno di alcuni fiorentini illustri – vv 76-93
Dante chiede a Ciacco se conosce il destino ultraterreno di alcuni fiorentini illustri. Egli risponde che queste sono tra le anime peggiori e sono condannate nell'inferno più profondo; Ciacco prega in seguito Dante di ricordarlo tra i vivi quando tornerà nella terra. Non dice più niente, strabuzza gli occhi, china la testa e sprofonda nel fango insieme agli altri dannati.
I dannati dopo il giudizio universale – vv 94-111
Virgilio spiega a Dante che Ciacco non si solleverà più fino al giorno del giudizio universale, quando suonerà la tromba angelica e in cui tutti i dannati si riapproprieranno del loro corpo mortale e ascolteranno la sentenza finale che fisserà per sempre il loro destino ultraterreno. Mentre attraversano la fanghiglia tra le anime, Dante chiede a Virgilio se le pene dei dannati aumenteranno, diminuiranno oppure resteranno uguali dopo il giudizio universale; egli gli risponde invitandolo a ricordare la fisica di Aristotele, secondo cui più una cosa è perfetta e più percepisce il dolore e il piacere. I dannati non sono perfetti, ma dopo il giudizio universale raggiungeranno la loro pienezza poiché riacquisteranno il corpo mortale (Virgilio afferma implicitamente che le pene dei dannati aumenteranno dopo il giudizio universale). Terminato il colloquio con Dante, Ciacco ricade a terra e Virgilio gli spiega che non si rialzerà più fino al giorno in cui suonerà la tromba del giudizio universale, in cui i dannati rivestiranno i propri corpi mortali. Dante chiede allora a Virgilio se la sofferenza dei dannati aumenterà, diminuirà o resterà uguale dopo il giudizio universale ed egli gli risponde facendo riferimento alla fisica di Aristotele, secondo cui più una creatura perfetta e più è sensibile al dolore o al piacere. I dannati non saranno mai perfetti, tuttavia, quando recupereranno il loro corpo mortale, saranno più completi e dunque Virgilio afferma implicitamente la loro sofferenza aumenterà.
Plauto – vv 112-115 Dante giunge infine nel punto in cui si scende dal III al IV cerchio e qui incontrano Pluto, il gran nemico.
Argomento politico del canto
Ogni cantica della Divina Commedia è dedicata a un argomento politico: il VI canto dell'inferno parla di Firenze, il VI canto del purgatorio dell'Italia e il VI canto del paradiso è dedicato all'impero. Questi canti creano una sorta di climax ascendente; nel VI canto dell'inferno il discorso politico è affidato a Ciacco, che analizza le cause delle lotte interne a Firenze.