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Durante le giornate del diciotto e del diciannove novembre del corrente anno, è stato tenuto il

convegno “Tra due liti d’Italia”, Echi danteschi nelle Marche. Nella medesima conferenza sono
riecheggiati pensieri e voci di celeberrimi personaggi di cultura, i quali, con l’esposizione di nozioni
e avvenimenti ben più che specifici, sono riusciti a inebriare la sala d’incontro con un fresco aroma
umanistico e letterario. E’ stata svolta un’attenta esegesi della personalità dantesca, delle opere
inerenti alla suddetta e della sfera semantica che da anni, espandendosi pian piano, ha come suo
fulcro l’osannato poeta fiorentino. Negli argomenti trattati, quindi, vi è stata un’intensa ricerca di
correlazione tra Dante stesso e il territorio delle Marche.
Oltre ai concetti e alle citazioni puramente morfologiche, si è parlato in maniera approfondita di
colui che può essere definito l’antidantista per antonomasia: Cecco D’Ascoli. Intrinseco alla regione
già nominata per indissolubile legame natio, il poeta lascia in età precoce Ascoli Piceno per recarsi
a Bologna, luogo principale di sviluppo del suo cursus honorum. Ottenne un’importante cattedra di
astrologia, la quale gli venne però rimossa nel 1324 a causa di una condanna che, per amaro destino,
non fu l’ultima. Tre anni dopo è ricordato per essere astrologo di corte di Carlo d’Angiò a Firenze.
Di questo personaggio ci resta il “de principis astrologiae”, il codice più importante per la
ricostruzione biografica del suddetto. Il poema ad averlo reso celebre è “L’Acerba”, che contiene
nel secondo libro un accenno geografico alla città ascolana. Se da un lato è estremamente palese
una voluta esaltazione di questa urbe moderna, dall’altro vi è un’aspra accusa ai cittadini, giudicati
pregni d’invidia dal poeta. Cecco non mancò nell’inserire tratti astrologici in riferimento ad Ascoli,
secondo i quali era presente una disposizione astrale favorevole, non sfruttata a dovere dai cittadini,
a causa della loro propensione all’avarizia. Dal punto di vista costitutivo, il poema cosmologico è
strutturato e suddiviso in cinque libri, i quali contengono informazioni legate a questioni differenti,
ma interconnesse. Non mancano sicuramente i riferimenti a Dante, dai quali emerge la critica di
Cecco, mossa non da motivazioni personali, bensì dal suo pensiero più logistico e in palese
contrasto con quello del sommo poeta. Nell’Acerba vi è anche una citazione a Cino da Pistoia,
fondamentale per denotare e porre in risalto il rapporto di corrispondenza presente tra i due (ne
parla infatti come “Messer Cino”). In un manoscritto anonimo si parla dell’avvenuta condanna al
rogo di Cecco, voluta per volere di Dante e dei suoi familiari. Non è stato però difficoltoso per i
filologi moderni affermare l’immane dose di impostura presente nella fonte di cui si discute. Il
poeta fiorentino, infatti, deceduto nel 1321, non avrebbe avuto modo di intercedere con l’accaduto,
essendo l’antidantista morto nel 1327.
Come già accennato in precedenza, vi è stato un intervento di ampio calibro del professor Giuseppe
Ledda, il quale, con estrema maestria, ha disquisito sul tema della funzione dei riferimenti
geografici nella poesia della Commedia. Codesto poema racconta un viaggio nell’aldilà che,
paradossalmente, non tratta solo di paesaggi dell’oltretomba. Molti luoghi terreni, infatti, sono
inseriti per similitudine a descrizione di territori oltremondani. Il più basilare riferimento è quello
alla montagna del Purgatorio, in cui si delineano strade scoscese che caratterizzano i monti tra
Urbino e la zona del Tevere. Un’altra citazione, questa volta implicita, della regione di nostro
interesse, è presente nel verso che illustra il territorio tra la Romagna e quel di Carlo (la Puglia). E’
poi da segnalare la presenza di un personaggio appartenente proprio alle Marche, cioè Bonconte di
Montefeltro. Quest’ultimo, nel suo discorso, cercherà un distacco dal suo paesaggio di nascita,
soffermandosi su una più dettagliata descrizione del suo luogo di morte. La presente inserzione
geografica dantesca, come un’ingente quantità di altre, è tutt’altro che stocastica, essendo volta alla
rappresentazione dei territori italici in quel determinato periodo storico. Il patriottismo intrinseco
aleggia nell’aria metaforica della poesia dantesca, spesso sporcata dalla pochezza umana
condannata nella Commedia stessa. Si parla, però, di un’aria familiare, un’aria che tutt’oggi
accarezza la pelle, come accarezzava la pelle di Dante stesso. Quest’aria rende capaci di amare,
capaci di descrivere, capaci di soffrire, capaci di essere fieri di chi, per antonomasia, ha valorizzato
la cultura italiana nel mondo e, involontariamente, continua e continuerà a farlo. Nel ventunesimo
canto del Paradiso c’è il primo riferimento diretto al termine “Italia” della medesima cantica. In
questo caso, quindi, la nostra nazione viene citata proprio per fungere da territorio sacro, intenzione
prima di Dante, volta a evidenziarne l’oggettiva e reale sacralità.
A precedere quanto esposto sino ad ora, c’è stata un’inebriante dissertazione svolta dal professor
Rino Caputo, alla cui base aveva due concetti estremamente importanti nella Commedia: Il luogo di
“bel paese” e quello di “paese guasto”, presenti al contempo nell’opera. A sostenere il primo vi
sono moltissime contestualizzazioni possibili da svolgere nell’età moderna, essendo vista l’Italia in
tutto il mondo, da un’ottica letteraria, come il raggruppamento di tutti gli eredi metaforici di Dante.
Ciò è la tangibile prova di come il poeta fiorentino abbia lasciato strascichi in qualsiasi epoca. Da
nominare è un celeberrimo libro di Paolo Revelli di genere geografico: “l’Italia nella Divina
Commedia”. Nella lettura del medesimo si è catapultati in un luogo in cui il connubio tra geografia
e letteratura riempie il cuore. L’universo dantesco, legato all’Appennino Tosco-Emiliano, si
concentra in queste zone come per trasmettere un legame fisico-affettivo tra le stesse e il poeta. E’
da sottolineare la presenza di Dante anche a Roma, territorio in cui si scagliò aspramente contro
Bonifacio VIII, accusandolo di una visione al potere ierocratica, completamente opposta alla sua.
La terminologia della Commedia ha lasciato un’estesa impronta nel mondo moderno, risultando
presente anche in moltissimi settori e contesti esistenziale che prescindono dalla letteratura. A
riferirsi al secondo concetto espresso dal professor Caputo vi è il poemetto di Eliot “The waste
land” (le terre desolate), in cui l’autore descrive la società londinese del suo tempo, traducendo due
versi dell’Inferno dantesco, in cui si parla di un gruppo di anime privo di una qualsiasi vitalità
emozionale.
Dante, quindi, espose descrizioni di luoghi reali, passando poi ad una descrizione di base utopistica,
ma allo stesso tempo pregna di icasticità nel trattare l'immaginato cosmo e il concetto di Amore
all'interno del Paradiso. Il termine icasticità ha una caratterizzazione antitetica con il lemma di
riferimento, dalla composizione puramente astratta. Questa sorta di paradosso che si sviluppa tra il
concetto astrale ed allegorico dell'amore dantesco e il realismo descrittivo dei territori, porta lo
stesso Dante a rappresentare questi differenti temi proprio con icasticità, indipendentemente dalla
concretezza o dall'astrazione dei medesimi concetti. Ciò dimostra come nozioni di eccessiva
soggettività, quali i sentimenti e le emozioni, possano risultare pregni di un realismo figurale, dal
quale poche volte si può prescindere. Le sensazioni trasmesse da Dante con i vari mezzi utilizzati,
spingono solitamente ad accodarsi allo stesso. Sono le masse, quindi, a permettere a questi concetti
di rivestirsi anche di un'oggettività emotiva che, spesse volte, viene condannata ad una metaforica
pena capitale. È proprio questa metodologia descrittiva dantesca a dimostrare codesto concetto, a
dimostrare come sia possibile vedersi simili, sentirsi nella stessa condizione emotiva, in situazioni
che, tendenzialmente, vengono definite come grigie calamità che franano solamente sopra il nostro
capo. Il realismo figurale può e riesce a regnare su concetti di campi semantici opposti.

D’Amario Alex,
Matricola 103434

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