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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI VERONA

FACOLTA' DI LINGUE E LETTERATURE STRANIERE

CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN

LINGUE PER LA COMUNICAZIONE COMMERCIALE


E LA PROMOZIONE DEL TURISMO INTERNAZIONALE

Anno accademico 2010/2011

Tesi di laurea

L'INQUADRAMENTO GIURIDICO
E LA TUTELA DEL FORMAT

Relatore:

Professore BUTTURINI Paolo

Laureanda:

Maria Gisella PRIVITERA

Matricola VR082138

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“Le norme giuridiche,

considerata la rapida evoluzione della tecnica e i mutamenti sociali ed economici che ne


conseguono, non possono restare ancorate a vecchi sistemi”.

Valerio De Sanctis, 1965.

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INDICE

INTRODUZIONE p. 3
1) LA FATTISPECIE
1.1 La definizione di “format” p. 11
1.2 Format, mercato e legislazione p. 17
1.3 Format e diritto d'autore p. 33
1.4 Sulla ricorrenza nel caso del format dei presupposti per l'accesso alla tutela prevista dalla
legge sul diritto d'autore p. 49
2) I POSSIBILI FORMAT TELEVISIVI
2.1 Storia e caratteri dell'uso dei format in televisione p. 63
2.2 Creazione e potenzialità dei format televisivi p. 71
2.3 Verso un diritto d'autore dei programmi televisivi p. 83
3) RICONDUCIBILITA' DEL FORMAT A FATTISPECIE TUTELATE DALLA LEGGE
SUL DIRITTO D'AUTORE
3.1 Il format nell'insieme delle opere televisive p. 95
3.2 La rappresentazione espressiva e i limiti dell'improvvisazione p. 104
3.3 Le serie televisive p. 106
3.4 Dal mondo cinematografico a quello televisivo p. 109
3.5 Le “opere di utilità” e il valore economico nel diritto di autore: software, banche dati e,
forse, format p. 114
3.6 Il format come elaborazione creativa, bozzetto teatrale, opera composta p. 122
4) L'ATTUALE DISCIPLINA GIURIDICA
4.1 L'iniziativa associativa e il deposito: il ruolo della SIAE p. 127
4.2 Il riconoscimento del format a livello internazionale: FRAPA p. 130
4.3 Concorrenza sleale e servile imitazione p. 133
CONCLUSIONI p. 139
BIBLIOGRAFIA p. 143

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INTRODUZIONE

La presente ricerca si occupa di format, un prodotto relativamente nuovo, ma che


comporta implicazioni e muove interessi così complessi da essere al centro di un intenso
dibattito culturale ormai da diversi anni. Questa nuova “modalità di fare”, basata su schemi
definiti e riproponibili in maniera seriale, presenta enormi vantaggi in termini di
ottimizzazione di costi e risorse e per questo motivo si è diffusa in settori molto diversi
dell'economia.
Come ogni sistema innovativo, capace di moltiplicare i profitti e garantire standard
produttivi efficienti (si pensi alle catene di montaggio introdotte dal fordismo e applicate alle
produzioni industriali di tutto il mondo), anche il meccanismo del format è stato esportato di
nazione in nazione ed è diventato rapidamente un fenomeno intercontinentale che coinvolge
volumi d'affari e società finanziarie molto importanti.
Per capire la portata di questa rivoluzione è necessario prendere in considerazione anche
l'impatto socio – culturale prodotto dalle nuove dinamiche introdotte dal format. Infatti, da
una parte la loro globalizzazione sta annullando le differenze nazionali nei vari ambiti di
applicazione e sta creando una sorta di background culturale mondiale nel quale tutte le
società condividono le stesse conoscenze e gli stessi modelli di riferimento (dall'Italia agli
Stati Uniti, dal Brasile alla Nuova Zelanda tutti ormai conoscono il Grande Fratello, il Mc
Donald's e i Flash Mob). Dall'altra parte, questi schemi di riferimento standardizzati
influenzano in maniera decisiva gli stili di vita, i gusti e le abitudini di popoli molto diversi e
dunque si potrebbe ritenere che condizionino la costruzione del cosiddetto “patrimonio
immateriale collettivo” che, secondo l'UNESCO, andrebbe salvaguardato in quanto
espressione delle caratteristiche creative e culturali di una società e di un'epoca.
L'impatto dei format sugli interessi economici e sociali del mondo contemporaneo è
stato riconosciuto, studiato e descritto da molti operatori dei vari ambiti in cui esso si utilizza
(televisione, pubblicità, eventi), però, non ha avuto come contropartita una normazione
adeguata.
La scelta di affrontare questo lavoro nasce proprio dall'osservazione di uno squilibrio tra
lo sviluppo del mercato, con il suo conseguente impatto sull'economia e sulla cultura
mondiale, e l'inadeguatezza della regolamentazione giuridica, che influenza negativamente la
produzione e lo scambio di opere nuove e originali.
Per le sue peculiari caratteristiche di progetto originale e facilmente adattabile ad
esigenze contingenti, il format è diventato un pilastro portante del settore dell'intrattenimento,

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in particolar modo è assurto al rango di protagonista indiscusso dei palinsesti televisivi e si è
declinato in innumerevoli generi di trasmissione. Il diritto d'autore, da sempre chiamato a
disciplinare il settore delle arti, della letteratura e dello spettacolo seguendone le evoluzioni,
non ha accolto le esigenze di tutela e regolamentazione di questo nuovo prodotto, che è stato
gestito finora in modo incerto con contratti atipici e “accordi improvvisati”.
La possibilità o meno di allargare ad esso la tutela autoriale, e dunque di garantire al
suo ideatore una remunerazione degna del creatore di un'opera dell'ingegno e alla sua opera la
protezione da utilizzi impropri, risente dell'assenza di una previsione normativa riguardante il
settore delle opere televisive in generale. Inoltre, si percepisce un irrigidimento su posizioni
restrittive nella valutazione di potenziali applicazioni della legge n. 633/1941 all'ambito
televisivo, causato da un pregiudizio nei confronti di tutti quei “nuovi prodotti” che mettono
in discussione l'interpretazione classica dei requisiti richiesti dalla legge. Questa situazione di
incertezza produce effetti negativi sulla generalità della produzione audiovisiva poiché, sulla
base di decisioni improntate alla discrezionalità, rischia di lasciare impuniti plagi evidenti e di
proteggere progetti che ad un'attenta analisi, forse, non risulterebbero all'altezza di essere
considerati “creazioni intellettuali”. In questo modo si scoraggiano gli investimenti economici
e umani nella creatività e si danneggia la collettività stessa, che dalla ricchezza e varietà di
spunti televisivi trarrebbe sicuramente nuovi spunti per l'arricchimento culturale.
Per entrare più concretamente nell’argomento e comprendere i rischi della situazione
attuale può essere utile accennare a tre sentenze, che saranno oggetto di ulteriore
approfondimento più avanti, le cui motivazioni, scaturite da approcci e da riferimenti
normativi differenti, evidenziano la complessità della materia trattata e focalizzano
l’attenzione sui due problemi più importanti ch’essa solleva. Il primo riguarda l’ubi consistam
del genere format, la sua essenza profonda, la sua definizione concettuale; il secondo
l’esigenza di un tracciato normativo che consenta alle parti coinvolte nelle controversie
giudiziarie di disporre di riferimenti certi e ai giudici di procedere in modo più omogeneo tra
di loro e meno discrezionale rispetto ai criteri di giudizio.
Il 26 settembre 2011 il Tribunale di Roma ha inibito la messa in onda su Mediaset del
programma “Baila”, ritenendolo “contraffazione” della trasmissione RAI Ballando con le
Stelle, realizzata sulla base del format Strictly come dancing della BBCW, pur definendo
quest’ultima dotata di “ modesta creatività”.
L’8 aprile 1987 il pretore di Torino, chiamato a giudicare su un ricorso per un presunto
plagio da parte di una rete RAI di un segmento dello spettacolo di una rete locale piemontese,
incentrato su una partita di calciobalilla, ha dichiarato che questa costituiva “ opera

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dell’ingegno” ed ha inibito la prosecuzione del programma della rete nazionale perchè veniva
a configurarsi come “ lesione del diritto di autore” .
Il 13 ottobre del 2005 il Tribunale di Roma non ha accolto il ricorso per plagio dei
format TG3 e mezzo e Bestial Market che l’ autrice aveva depositato presso la SIAE e dai
quali, a dire di costei, a sua insaputa, sarebbero stati tratti due programmi Mediaset, Tacchi a
spillo e Le Iene Show. Nella motivazione della sentenza si riscontra una chiusura di principio
nei confronti dei format in generale, considerati non “suscettibili di tutela” in quanto
“elementi embrionali di un’opera, semplici idee prive di espressione formale”.
Il discordante trattamento verso i format nelle sentenze summenzionate mostra quanto
la prassi giurisprudenziale sia poco consolidata. In particolare, nella prima sentenza, riconosce
il diritto d’autore ad un prodotto dotato soltanto di “sufficiente creatività”, cioè privo del
crisma dell’opera di ingegno. Ciò significa che tale requisito non è considerato così
indispensabile come lo è stato nella maggior parte dei precedenti casi sul format.
Nella seconda pronuncia, il pretore ha riconosciuto il carattere di “opera dell’ingegno”
alla “partitella di calciobalilla” ideata dal conduttore della rete, con argomentazioni
impegnative sul piano estetico e giuridico. Egli ha chiamato in causa la legge sul diritto
d’autore, il cui oggetto andrebbe ravvisato in “un'idea o complesso di idee, organicamente
elaborate, costituenti il risultato dell'attività della mente umana, caratterizzate dal requisito
della creatività, inteso come originalità e novità oggettiva, tradotto in una forma esterna
percepibile che esprima materialmente l’idea, estrinsechi la personalità dell’autore” e ha, poi,
sostenuto che nel segmento analizzato si riscontrassero l'impronta personale dell'autore e la
sua “genialità”, che è conditio sine qua non per concedere la tutela.
Il terzo caso qui ricordato condensa le difficoltà più frequenti che gli autori dei format
devono fronteggiare nella loro attività lavorativa, priva finora di un qualsivoglia
riconoscimento giuridico. Dalla sentenza si desume una diffidenza generalizzata nei confronti
di questo “presunto” nuovo prodotto, giudicato indegno di tutela poiché non rispondente ai
modelli tradizionali di espressione del pensiero in una “creazione di forma”. Innanzitutto, si
deve notare l’impari schieramento delle forze in campo, costituite da un lato da un’aspirante
creatrice non molto affermata, dall’altro dai colossi delle TV pubblica e privata italiane; una
situazione assai frequente nel mercato e le cui conseguenze negative si ripercuotono
principalmente ai danni di giovani creatori, ma indirettamente impattano sulla produzione
generale disincentivando la creazione innovativa. Con la dichiarazione dell’inconsistenza di
valore probatorio dell’unica mossa cautelativa posta in essere dalla attrice (il deposito del suo
progetto presso l’apposito ufficio della SIAE) e con l'opinabile rilevamento della “mancanza

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dei requisiti richiesti dalla legge per ottenere la tutela riservata alle opere di ingegno” negli
scritti consegnati come prove per il confronto tra le opere, il giudice ha reso inutile e
irrilevante il paragone concreto tra gli schemi dell'autrice e i programmi messi in onda. Egli
ha commentato che “le opere dell’ingegno si caratterizzano proprio come creazioni di forma e
cioè espressioni del pensiero dei soggetti, distinguendosi dalle creazioni intellettuali di
contenuto (le invenzioni) […] ove la tutela giuridica consiste in un diritto di esclusiva per
l’attuazione pratica delle idee dell’autore”.
A proposito di quest’ultima affermazione, sorge spontanea una domanda: dal momento
in cui si riconosce il diritto d’autore ad una persona che ha elaborato un progetto che non ha
ancora avuto attuazione, come avviene nel caso degli inventori, i quali realizzano
concretamente solo in una fase operativa successiva quel che hanno ideato e sintetizzato nel
brevetto depositato, come mai le idee per un progetto di format che nel campo degli eventi,
delle promozioni commerciali e anche degli spettacoli televisivi, trova la sua ultima ragion
d’essere nella pratica realizzazione, rispetto a cui la presentazione verbale scritta è un primo
passo, già autonomo e definito rispetto alla mera intuizione che lo ha generato, non trovano
nessun riconoscimento?
Chiunque abbia letto le note-guida, didascalie di molti autori teatrali (si pensi a Brecht,
Pirandello e tanti altri) riferite alla scenografia, al trucco e ai costumi, e abbia poi visto dal
vivo, in uno o più allestimenti, l’operato degli scenografi, dei truccatori o dei costumisti, si è
reso conto che, nella maggior parte dei casi, il loro lavoro è andato ben oltre le indicazioni del
testo, senza travisarle e cogliendone il senso, tanto che, pur in allestimenti diversi, è possibile
riconoscere il lavoro teatrale di riferimento. I professionisti competenti riescono a cogliere in
quelle brevi note illustrative, espresse più o meno sinteticamente, gli intendimenti e le
significazioni che lo scrittore vuole trasmettere. La forma o le forme che elaborano loro sulla
base delle indicazioni dell’autore è la messa a punto di ciò che è appena accennato nelle
didascalie dell’opera presa in considerazione. Evidentemente le poche righe delle didascalie,
nella stragrande maggioranza dei casi, si rivelano così ben compiutamente attuate ed efficaci
da far risultare non solo le scene ed il resto adeguati allo spettacolo, ma da permettere agli
spettatori, che li vedessero in luoghi e tempi differenti, di non confondere ciò che è allestito
per “L'inarrestabile ascesa di Arturo Ui” con quel che è destinato a “ Madre coraggio e i suoi
figli” di Brecht, né quel che è approntato per “Il berretto a sonagli” con ciò che è preparato
per “Liolà”.
Così come lo sono per un allestimento teatrale, anche per un format, le linee guida si
possono considerare “potenza” rispetto ad un momento successivo che le renderà “atto” nella

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loro elaborazione pratica, ma sono già “atto” rispetto ad una ispirazione spontanea indefinita o
rispetto alla richiesta generica di un determinato prodotto da parte di un committente. “Atto” a
tutti gli effetti, dotato già di un certo grado di elaborazione, che ha richiesto un lavoro
intellettuale e materiale e che, pertanto, ha un valore che ha diritto, a sua volta, ad essere
riconosciuto.
Ora, se una partita di calciobalilla può fregiarsi del titolo di “opera dell’ingegno”, anche
se consiste in una serie di azioni sceniche modeste, cui da sempre si è fatto ricorso per
divertimento e socializzazione nei luoghi di aggregazione di ogni dove, come è possibile che
l’ideazione di un programma, pur se tracciato soltanto nelle linee guida, nell’articolazione
sequenziale, nelle modalità espositive e/o rappresentative, nelle indicazioni di massima sulla
scenografia e la strumentazione, che ha convinto la sua autrice a ritenerla meritevole di
iscrizione all’albo SIAE, sia stata non presa in considerazione aprioristicamente e sia stata
dichiarata non meritevole di tutela?
Nel caso di merito, il giudice ha inoltre sottolineato che la compiutezza formale
potrebbe in astratto essere raggiunta se le idee originali fossero formulate nel cosiddetto
format package, un dossier che comprende tutti gli aspetti per la realizzazione del programma
e soprattutto i risultati delle trasmissioni già effettuate sulla base dello stesso format. Per
essere tutelata, la creazione dell'autore non dovrebbe essere dunque un progetto di
programma, bensì uno spettacolo già realizzato, ben avviato e monitorato; opera questa che
può essere messa in atto soltanto da una struttura solida, dotata di risorse economiche,
logistiche e di strumentazione tecnologica avanzata, non certo da un singolo ideatore, il quale
può disporre solo del suo talento e della volontà di emergere, non delle risorse appena
menzionate. Alle condizioni sopra enunciate, nessun autore alle prime armi, dal momento che
non può accedere a tecnologie avanzate né avvalersi di competenze ausiliarie di supporto,
potrebbe mai realizzare un prodotto di tale completezza. Come si capisce facilmente, mentre
un format package si autotutela da sé, al progettista non conosciuto sarà sempre preclusa la
strada dell’autoaffermazione.
Questo studio intende porre al centro della sua attenzione proprio questa tipologia di
autori, la loro posizione, i loro format allo stato progettuale e offrire qualche spunto al
riconoscimento del loro lavoro e qualche speranza al desiderio d'affermazione dei giovani nel
mondo della creatività e dell'industria dello spettacolo. A tal fine si intende seguire un
percorso che si sviluppi partendo proprio dalla definizione del format e della sua posizione e
condizione nel mercato attuale.
Si ritiene necessario dimostrare come la creazione di format, intesa come attività

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intellettuale e impegno di risorse personali, si inserisca nell'evoluzione storica che ha portato
da una parte al riconoscimento del diritto dell'uomo a godere, in generale, dei frutti del suo
lavoro, e dall'altra parte all'adozione di specifiche leggi e Convenzioni, atte a incentivare la
produzione artistica attraverso il riconoscimento all'autore di un beneficio economico per i
prodotti del suo genio creativo. Si intende effettuare un'analisi dei requisiti previsti dalla legge
italiana sul diritto d'autore per capire se e in quale misura si possano riscontrare nel format.
Come si è visto, l'ambito televisivo, oltre ad essere il più studiato sul piano
socioeconomico, è anche lo sfondo di numerose controversie giuridiche che hanno fornito lo
spunto per riflessioni e interessanti ipotesi dottrinarie. Per questo motivo si affronterà una
breve digressione sulle cause, i caratteri e le peculiarità dell'uso dei format nei palinsesti
televisivi e sulle specifiche caratteristiche di ciascun genere in cui il format si manifesta
nell'opera audiovisiva. In proposito, si deve prioritariamente osservare che la legge sul diritto
d'autore, a settant'anni dalla sua emanazione, non assegna uno spazio preciso alle opere
televisive in generale e per la loro tutela autoriale si è dovuto e si deve ancora far ricorso a
norme relative a fattispecie diverse. Il format si aggiunge a questo quadro già molto incerto
portando con sé nuove domande e nuove ipotesi di soluzione, attraverso le quali si tenta di
offrire protezione agli schemi di programmi assimilandoli ad alcune categorie di opere
disciplinate dalla legge speciale sul diritto d'autore e provando ad applicare ad essi altre
normative previste dall'ordinamento.
Si indagherà inoltre sul rapporto tra evoluzione tecnologica e adeguamento del diritto
d'autore alla luce delle nuove esigenze di dematerializzazione del corpus mechanicum che
caratterizzano soprattutto i prodotti dell'era digitale e hanno già favorito l'introduzione di
numerose “rivoluzioni” nei principi generali.
Ancora una considerazione è utile aggiungere per dare qualche indicazione di metodo in
relazione al discorso affrontato che spesso verte sull'autenticità e/o sul plagio delle opere,
format compresi. Perché un individuo svolga una qualche attività intellettuale o pratica è
necessario che le abbia precedentemente apprese. L'apprendimento consta di conoscenze e
abilità che si acquisiscono con l'ascolto, l'imitazione e l'esperienza: si impara a parlare, a
scrivere, a nuotare, imitando coloro che lo sanno fare. Le stesse attività più spiccatamente
orientate verso la creazione artistica prevedono un momento di imitazione; nelle scuole d'arte
per esempio si impara a copiare. Nel curriculum dei pittori o degli scultori, anche i più grandi,
è presente un'esperienza iniziale di bottega più o meno lunga. E' necessario aver acquisito una
solida abilità di base per poterla trasformare in capacità creativa personale. Si può dire
pertanto che l'apprendimento della lingua, della letteratura o delle tecniche pittoriche è

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condizione necessaria ma non sufficiente per diventare poeti o pittori. Per raggiungere questi
ultimi “traguardi” della creatività è indispensabile che ci siano talento e ingegno, qualità
queste ultime piuttosto rare, di cui sono dotati pochi individui capaci di emulare i predecessori
“geniali”.

Nella prassi ordinaria dei giorni nostri e nei vari ambiti, compreso quello delle TV, in
presenza di molti “imitatori servili”, se non di veri e propri contraffattori, e in assenza di
grandi geni dell'innovazione, che riescano a segnare uno scarto netto rispetto a chi li ha
preceduti, non è facile cogliere gli elementi di novità e originalità che distinguano in modo
evidente le loro proposte da quelle realizzate dai loro predecessori. La progettazione e la
realizzazione di spettacoli, compresi i format, procede in modo largamente ripetitivo e
prevedibile e pone a tutti gli operatori chiamati a promuoverli e a giudicarli un serio problema
di selezione e valutazione. Offrire un quadro normativo certo e definito potrebbe
rappresentare un utile incentivo all'incremento delle produzioni.

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1) LA FATTISPECIE

1.1 La definizione di “format”

Il termine format è entrato solo recentemente nella lingua corrente. E' un prestito
dall'inglese e andrebbe tradotto letteralmente come “formato” o “struttura”; si tratta, infatti, di
uno schema prestabilito che si può, eventualmente, ripetere riproponendo nella stessa
disposizione e con le stesse caratteristiche tutti gli elementi peculiari che lo rendono
riconoscibile e dunque delineano la sua identità specifica. In primo luogo, il concetto di
format è stato introdotto nel mondo televisivo e radiofonico come sinonimo di “programma”,
ma via via si è imposto in molti settori. In particolar modo, con la diffusione della TV di
intrattenimento e il sempre maggiore ricorso da parte delle emittenti televisive a schemi di
programmi già realizzati da utilizzare attraverso licenze o da “copiare”, il termine è diventato
sinonimo di “idea di successo”, di struttura completa, già sperimentata, che deve
semplicemente essere riprodotta nel proprio Paese. Il format, però, si presta ad essere
utilizzato in contesti molto diversi e le possibili applicazioni sono numerose, si potrebbe dire
persino infinite, poiché di per sé indica solo un possibile modo di fare o rappresentare una
cosa, l'insieme delle componenti che bisogna assemblare, il modo in cui vanno combinate tra
loro e le regole precise per ottenere un determinato risultato.

Nell'ambito informatico il vocabolo in questione definisce il formato di un file, di un


documento o di un'immagine, con esplicito rimando al programma per cui è stato creato (o
salvato). Si può considerare “uno stile, una modalità di sistemazione, di elaborazione di un
procedimento; la disposizione di dati etc. per la memorizzazione all'interno di un computer”1.
Da format deriva anche il verbo formattare, entrato ormai anch'esso nell'uso comune, che
acquisisce due significati specifici: dare un formato, ovvero stabilire la presentazione del
contenuto del file sulla base di specifici criteri codificati2; rendere utilizzabile un supporto di
memorizzazione, ossia attuare un processo preparatorio che passa per il riconoscimento e
l'interpretazione delle memorie e l'individuazione e l'eliminazione di eventuali errori3.
1
E' interessante notare che questa definizione del Collin's English Dictionary, 1986, sia stata successivamente
ampliata con l'aggiunta di un riferimento esplicito al mondo dello spettacolo: “lo stile, il progetto o
l'adattamento di un programma televisivo”. Si veda in proposito GRANDINETTI, O., La tutelabilità erga
omnes del format di programmi radiotelevisivi, in Il diritto di autore, 2000, p. 30.
2
Nei programmi di elaborazione dei testi (i cosiddetti word processor) si utilizza la cosiddetta “formattazione”
per aggiungere al documento le informazioni sulla disposizione del testo e sul suo aspetto (dimensioni, stile e
colore del carattere, forma grafica dei paragrafi) che sono indispensabili per creare la presentazione
“esterna” del contenuto del file, la quale avviene attraverso il monitor o la stampa. Cfr.
http://www.dizionarioinformatico.com.
3
In questa fase si ha la creazione fisica di tracce, di settori e di strutture di controllo delle posizioni e degli

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Nel settore editoriale si fa ricorso al format per definire “l'aspetto complessivo di una
pagina di libro, dalle sue dimensioni alla sua struttura”4. Il formato di una pubblicazione può
essere una componente essenziale del messaggio che si vuole veicolare e in questo caso le
“caratteristiche tipografiche (carattere, corpo, interlinea, tabulazioni ecc.) di un elemento di
testo”5 diventano di primaria importanza poiché si inseriscono in scelte specifiche di
definizione della comunicazione. Il lay out e il taglio che si danno all'informazione possono
essere determinanti per il raggiungimento del target e di uno specifico obiettivo.

Nel mondo della grande distribuzione organizzata si utilizza il termine format per
definire le possibili varianti di una tipologia di punto vendita o di uno spazio espositivo,
caratterizzata da una precisa metratura o assortimento, quindi si presenta come la descrizione
di un modello, come uno standard di riferimento. E' sempre più ricercato dalle catene che
operano in franchising e vogliono dare un'impronta di immediata riconoscibilità ai loro negozi
sparsi in giro per il mondo. Pensiamo ai format dei negozi Ikea, LeroyMerlin, Emmezeta,
Starbuck's, Calzedonia, in cui il cliente di qualsiasi provenienza può ritrovare agilmente la
stessa distribuzione dei prodotti che ha nel punto vendita che frequenta di solito. Nelle catene
commerciali, la cura nell’allestimento di ogni singolo negozio è impeccabile, in linea con le
direttive centrali, e spazia dalla disposizione e dall'assortimento dei prodotti, alla scelta dei
colori e delle decorazioni. Ciascun aspetto del format deve rispecchiare la filosofia di fondo
del marchio titolare del franchising e a cui, ovviamente, ciascun punto vendita deve adeguarsi.
Gli investimenti nei format dei negozi aumentano sempre più perché è cresciuta nei
responsabili del marketing l'attenzione per la comunicazione, per il controllo degli standard e
per il trade dress, inteso come “l'immagine totale” dell'azienda6, rivelatisi fondamentali per

errori sulla superficie magnetica della periferica di memorizzazione dati. Cfr.


http://www.dizionarioinformatico.com.
4
Cfr. SORICE, M., Programmi in scatola, Il format nella TV globale, Effatà Editore, 2005, p. 6.
5
Definizione tratta da ZINGARELLI, N., Lo Zingarelli 2012, Vocabolario della lingua italiana, Zanichelli,
2012. In essa viene inoltre individuato nel 1987 l'anno di importazione del termine dalla lingua inglese con il
significato di “formato”. E' importante notare che la seconda spiegazione del vocabolo sia incentrata
esclusivamente sull'uso televisivo “Schema di programma d'intrattenimento che una rete televisiva può
acquistare da chi lo ha ideato per allestirne una propria versione”.
6
Cfr. CASLOWITZ, C., Trade dress and section 43(A) of the Lanham Act: protection for “total image” of the
visual displays of software applications, in IDEA: The Journal of Law and Technology, 1993, p. 187.
Prendendo spunto da una sentenza della Corte Suprema di Two Pesos, l'autore dà una definizione di trade
dress che permette di inquadrarlo come una particolare tipologia di format. In particolare afferma che esso è
“considerato come «l'immagine totale» presentata dal packaging e dal prodotto stesso, che contiene una serie
di elementi funzionali e non”. E' indispensabile che in ogni caso sia analizzata come un “tutt'uno” e “che non
si considerino singolarmente gli elementi di cui essa è composta”. Inoltre, l'autore sostiene che secondo i
principi del Lanham Act questa immagine totale è tutelabile se “nel suo complesso la combinazione degli
elementi implicati è così distintiva da indicare una particolare origine” (libera traduzione dal testo originale).
Si sottolinea inoltre che la ragione della tutelabilità giace proprio nella particolare associazione delle varie
componenti, le quali singolarmente possono anche essere di pubblico dominio o non proteggibili, ma
convergono insieme al prodotto a costruire qualcosa di completamente nuovo e diverso.

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catturare e fidelizzare i clienti. La corrispondenza tra ciò che si dichiara nella propria mission
e ciò che trasmette realmente il punto vendita nel suo insieme è uno dei fattori che
influenzano la scelta dei potenziali acquirenti; la coerenza è fondamentale, bisogna mantenere
e rendere concrete le promesse della pubblicità attraverso, appunto, il format dei punti di
vendita in franchising. Il Business Dictionary dà una chiara definizione di business format
franchising, che ben riassume tutti gli aspetti che compongono e rendono vantaggioso il
contratto di franchising e, con esso, il diritto di utilizzare un format vincente: “accordo in cui
un franchisee riceve (oltre al diritto di vendere beni e servizi) il design, il controllo qualità, le
procedure operative, le pubblicità di marchio, la formazione e (nel caso di hotel e agenzie di
viaggio) l'accesso al sistema di prenotazione internet”7. La preminenza valoriale di un format
nella grande distribuzione è confermata anche dal diffondersi, negli ultimi anni, di episodi di
imitazione, o addirittura di creazione di effettivi falsi, di negozi appartenenti a grandi catene.
Recentemente, per esempio, sono stati smascherati dei finti negozi Ikea, Nike e Disney Store
in Cina8. Riprendevano perfettamente l'uso di colori, immagini e stili degli originali,
vendevano prodotti simili e persino il lay out dei punti vendita riproponeva il modello delle
aziende occidentali coinvolte, ma i titolari non avevano ottenuto nessun contratto di
franchising dalle catene che copiavano.

Il termine format è entrato a far parte anche del mondo alberghiero e della ristorazione,
ampliando il ventaglio di possibilità che prima si erano fossilizzate tra i due estremi di
fastfood e slowfood. Basti pensare al caso di F&De srl Food & Development Group. Il
marchio, registrato a Milano nel 1995 per designare un’ expertise di manager intenzionati a
rilanciare con una gestione più efficace un certo numero di locali tradizionali e ristoranti di
impostazione classica della zona, è diventata oggi un'importante realtà nel panorama
enogastronomico internazionale e vanta nel suo curriculum prestigiose collaborazioni con NH
Hotels, Atahotles, Starhotels, Holiday Inn, Hilton e Marriott9. Il fondatore, l'avvocato
Marcello Forti, ha creato un'azienda di consulenza strategica alberghiera specializzata
nell'ideazione e gestione di nuovi format di Food & Beverage ad hoc per l'Hospitality.
Seguendo le mode, le esigenze e l'evoluzione dei gusti dei clienti del settore alberghiero e

7
Si veda Business Dictionary, on line su www.businessdictionary.com. Libera traduzione dal testo originale
“arrangement where a franchisee receives (in addition to the right to sell goods or services) the franchiser's
designs, quality control and accounting systems, operating procedures, group advertising and promotions,
training, and (in case of hotels and travel agencies) worldwide reservation system”.
8
Cfr. REUTERS T., China Ikea Copy Newest Example Of Brand Piracy?, in www.huffingtonpost.com, 1
agosto 2011.
9
Cfr. FORTI, M., Nuove normative nella ristorazione alberghiera, intervento dell'imprenditore in occasione
dell'Assemblea annuale di MPI, Saint-Vincent, 8-11 luglio 2011, presentazione della sua attività e intervista
privata con l'imprenditore milanese.

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della ristorazione, gli esperti di Forti elaborano per ciascuna struttura un concetto vincente e
unico che seduca la clientela dei diversi target specifici e sbaragli la concorrenza. Suoi sono i
format di Bim Bum Brunch, Insalateria, ItalianBakery, Lambruscheria, Pink, Bruschetteria10.

Il concetto di format, poi, si applica al mondo del marketing promozionale e della


pubblicità allorché ci si riferisce al modo in cui viene presentato il prodotto al pubblico
potenziale. Dallo spot televisivo alla sponsorizzazione di un evento, dall'etichetta alla scelta di
una foto o di una illustrazione, tutto si impronta appunto al format adottato per la campagna
pubblicitaria. Esistono vari tipi di format già collaudati dalle agenzie pubblicitarie11 e ognuno
è strutturato per garantire uno specifico effetto del messaggio sul cliente finale, in modo da
assecondare perfettamente gli obiettivi dell'azienda committente. La pubblicità si evolve
seguendo i ritmi e le abitudini delle persone; per questo motivo è sempre necessario ideare
nuovi modi di fare promozione, attraverso nuovi canali e nuovi strumenti, utilizzando nuovi
codici e comunicando aspetti particolari del prodotto atti a solleticare il desiderio del
potenziale target di destinazione e a generare il bisogno. Quando il format pubblicitario è
creato ad hoc per le esigenze e le caratteristiche specifiche dell'azienda e del bene/servizio
venduto, esso entra a far parte del prodotto stesso, diviene un elemento di riconoscibilità e
unicità, al pari del nome o del marchio e rimane impresso nella mente dei consumatori.

Un esempio fra i tanti alla cui presentazione si dedica qualche riga in più, nell’intento di
illustrare un’esperienza che ha un valore emblematico, è costituito dagli spot pubblicitari della
Mulino Bianco che hanno sempre avuto un'impronta caratteristica, volta a sottolineare la
mission e gli obiettivi dell'azienda con coerenza e senso di responsabilità. La campagna della
“Famiglia del Mulino”, andata in onda con una serie di episodi dal 1990 al 1995, rappresenta,
“con i toni dolci della favola moderna, la quotidianità dei gesti di una famiglia italiana
esemplare”12 costituita da padre, madre, due figli e dai nonni, che riesce a realizzare il sogno
10
Cfr. Sito internet dell'azienda F&De srl Food & Development Group www.fedegroup.it.
11
Tra gli schemi più diffusi spiccano: i format dimostrazione o presentazione, utilizzati soprattutto per
promuovere prodotti utili e che hanno caratteristiche oggettivamente distinguibili; i format slice-of-life (fetta
di vita) che puntano su elementi della vita quotidiana comune per spingere il pubblico a identificarsi con la
realtà rappresentata; i format umoristici che tentano di instaurare una sorta di complicità con i destinatari; i
format teaser, enigmatici, che creano il mistero intorno al prodotto e inducono lo spettatore a interrogarsi e
indagare sull'oggetto della pubblicità. Già con la scelta di utilizzare una determinata tipologia di format
piuttosto che un'altra l'azienda comunica un messaggio al suo target. Il format comunque viene poi
modificato in base alle peculiarità del prodotto e agli obiettivi prestabiliti.
12
Cfr. La sezione Comunicazione “La famiglia del Mulino” del sito www.mulinobianco.it, in cui l'azienda
presenta la storia e l'evoluzione delle sue strategie promozionali e di marketing, descrivendo lo stretto legame
che c'è stato nell'arco della sua storia tra le scelte e le politiche aziendali e la comunicazione al pubblico. La
presentazione del marchio e dei prodotti ai clienti si è svolta sempre attraverso format specifici che
rendessero coerente l'immagine di famiglia felice e il legame con la natura: è evidente la presenza costante di
elementi di richiamo, ormai noti e ben riconoscibili, ma declinati di volta in volta in modo diverso per
assecondare i valori peculiari di ciascuna campagna promozionale.

18
di vivere in una casa immersa nel verde, attorniata da campi di grano e impreziosita da un
mulino-simbolo in perfetta simbiosi con la natura. Il format riprende gli echi ambientalisti del
periodo di realizzazione e si ripercuote su ogni decisione dell'azienda: dai nomi dei prodotti
(Campagnole, Macine, Pannocchie, Spicchi di sole) al packaging; dai premi offerti con la
raccolta punti, ai messaggi trasmessi dalle pubblicità, l'insieme delle azioni e delle scelte
esalta i valori di genuinità e natura con cui da sempre l’azienda caratterizza i suoi prodotti,
concorre a creare e definire “l'immagine totale”.

Le pubblicità televisive e cartacee, create dall'agenzia di Armando Testa, ruotano


intorno allo slogan “Mangia sano - torna alla natura” in modo da far associare l'idilliaco stile
di vita bucolico ai biscotti e alle brioche per la colazione dell'azienda di Parma. Anche il
cambiamento di format pubblicitario, attuato nel 1994 da Guido Barilla e Marco Testa
(subentrati ai genitori nella gestione delle rispettive aziende), è coerente con una nuova
necessità dell'azienda: assecondare le nuove esigenze dei potenziali clienti, essi non sognano
più di trasferirsi in un mondo rurale, bensì di ritrovare il benessere della natura nella
quotidianità cittadina. Ecco che allora “i valori del marchio, la natura, la genuinità ,
l'affettività”, da idealizzati nella dimensione della campagna, vengono riproposti come “un
sogno plausibile nelle città”13. Il format pubblicitario, dunque, si evolve seguendo
coerentemente le scelte aziendali. Le pubblicità Mulino Bianco sono immediatamente
riconoscibili proprio perché in esse sono presenti costantemente una serie di elementi in cui il
consumatore riconosce il marchio e la filosofia dei prodotti, questi aspetti costituiscono il
format pubblicitario dell'azienda. Casi analoghi si possono ritrovare nelle scelte pubblicitarie
di Apple, Sky, Mc Donald's.

Un altro settore in cui il format sta acquisendo sempre più importanza è quello degli
eventi14. Lo scopo della maggior parte degli eventi, istituzionali, aziendali o promozionali, è
quello di favorire una forma di interazione, la quale può perseguire obiettivi specifici diversi:
negli eventi creati per sponsorizzare un marchio o un prodotto si favorisce l'instaurazione di
un rapporto tra i partecipanti e l'immagine dell'organizzazione15; alcune manifestazioni
13
Cfr. PARAZZOLI, V., Mulino Bianco lascia la “campagna” e va in città, in Corriere della Sera, 28 maggio
1994, p. 23.
14
Per la definizione di “evento” è molto utile il contributo di LOFFREDO, E., La trasmissione televisiva di
eventi culturali e sportivi, in I diritti televisivi nell'era digitali, a cura di NIVARRA, L., Quaderni di Aida n.8,
Giuffré Editore, Milano, 2003, p. 42, in cui l'autrice spiega come il termine “evento” sia ormai “usurato”
dall'utilizzo eccessivo che se ne fa come sinonimo di “avvenimento, fatto”; invece a livello di definizione di
ambito professionale di attività dovrebbe indicare soltanto l'organizzazione di manifestazioni più o meno
culturali di particolare rilevanza per gli afflussi di pubblico e per i risultati patrimoniali che esse possono
generare.
15
Negli eventi promozionali l'organizzatore vero e proprio è un'agenzia che rimane costantemente nel “dietro le
quinte” dello spettacolo, pianificando e gestendo tutto in modo da dare il massimo di visibilità e, dunque, di

19
culturali, come inaugurazioni di mostre o musei, spettacoli pubblici, esibizioni folkloristiche
servono a solleticare la curiosità della gente nei confronti di particolari aspetti del patrimonio
culturale, infatti, tramite tali eventi le pubbliche amministrazioni, le fondazioni o gli enti
creano un contatto tra il pubblico e l'arte, la musica, la letteratura, il teatro, la cultura popolare
etc.; vi sono poi eventi, come convegni, riunioni, conferenze, che promuovono la formazione
settoriale, la creazione di reti di collaborazione, lo scambio di conoscenze, di informazioni e
di metodi tra gli operatori di un determinato settore, quindi mirano a costruire dinamiche
particolari di dialogo e confronto e legami duraturi sul piano professionale, si pensi alle
convention di networking o ai momenti di team building. I committenti pubblici o privati
attivano le loro risorse interne e, talvolta, si rivolgono anch'essi a creatori esterni, per ideare
nuove manifestazioni artistiche, musicali, letterarie, teatrali che garantiscano grandi afflussi di
persone o semplicemente nuovi modi di organizzare i classici “incontri di routine” o le
consuete lezioni di formazione.

Quello degli eventi e del settore MICE16, più in generale, è un mondo ampio che
raccoglie qualsiasi tipo di manifestazione, dalla “sagra” di paese, in occasione della festa del
patrono, all'importantissimo festival internazionale17 con bacino di utenza a 5/6 zeri18 e giri
d'affari da milioni di euro.

In ambito televisivo il format è “lo schema di base che individua i principali tratti
caratteristici di una trasmissione o (più spesso) di un'intera serie di trasmissioni tra loro
variamente coordinate: come ad esempio le cosiddette opere televisive in senso stretto (varietà
televisivi, talk show, game show, telegiornali e programmi di informazione, quiz show etc.) o i
telefilm (suddivisi in più puntate collegate)”19. Può essere elaborato su misura secondo le
esigenze di un'emittente televisiva oppure ideato e successivamente proposto ai vari
responsabili della programmazione. Una volta realizzato e trasmesso, poi, può anche essere
esportato in altre nazioni, dove potrà essere utilizzato tout court o rimodellato sulla base dei

notorietà al committente. Il pubblico crede di interfacciarsi con l'azienda pubblicizzata che in realtà ha solo
commissionato l'evento, ma è presente a trecentosessanta gradi poiché ogni aspetto della manifestazione è
impregnato dei valori e del messaggio che essa vuole trasmettere.
16
E' il settore che raccoglie tutti gli operatori che, direttamente o indirettamente, sono attivi nell'ideazione,
nell'organizzazione e nella gestione di Meeting, Incentive, Convention, Events.
17
Gli esempi sono infiniti e la loro importanza in termini di pubblico e volumi d'affari va rapportata al settore:
Festival OFF di Avignone per il Teatro, il Comics di Lucca per i fumetti, i vari festival e premi riguardanti la
letteratura (Strega, Campiello etc.).
18
Un caso tutto veronese è il Festival Internazionale dei giochi di strada – Tocatì, organizzato a settembre di
ogni anno dall'Associazione Giochi Antichi, che, da piccola manifestazione locale incentrata sulla
riacquisizione delle strade “ludiche” dell'infanzia e sulla rivalutazione dei giochi popolari tradizionali,
nell'arco di pochi anni, ha raggiunto la quota di 200.000 presenze ed è diventato un appuntamento fisso anche
per gli appassionati stranieri, creando un notevole indotto per la città di Verona (www.tocati.it).
19
Cfr. BERTANI, M., Tutela dei format di programmi televisivi, in AIDA, 1997, p. 697.

20
gusti del pubblico locale o delle necessità peculiari della rete di destinazione. In questo senso
si può affermare che esso ha una “struttura testuale relativamente aperta, pronta
all'adattamento per la rete e la realtà locale”20. Per questa sua caratteristica peculiare si è
diffuso rapidamente nei palinsesti di tutto il mondo, introducendo un provo modo di “fare
televisione”.

In termini generali si può dire che il format è “l'impalcatura di un programma”, di una


manifestazione, di una campagna promozionale etc., “costituito fondamentalmente
dall'indicazione di una sequenza di azioni, avvenimenti, eventi, organizzati intorno a
determinati contenuti per dar luogo ad una rappresentazione unitaria dal carattere più vario
possibile”21. Le sue caratteristiche salienti sono, dunque: da una parte la versatilità di utilizzo,
poiché essendo solo un progetto potrà comunque essere modificato nel momento della sua
trasformazione da semplice modello di riferimento a un “prodotto” concreto, un evento, un
programma televisivo, un negozio; dall'altra parte l'alto livello di standardizzazione che
permette di raggiungere. In tempi moderni è stata concettualizzata la cosiddetta
“Mcdonaldizzazione”22, ovvero la tendenza alla razionalizzazione produttiva, così come è
stata realizzata dalla catena di fastfood americana. Questa “filosofia della produzione” si
manifesta in tutti i settori con la ricerca, lo studio e l'adozione sistemi che permettano di
gestire ogni attività secondo quattro principi chiave: efficienza, prevedibilità, calcolabilità e
controllo. Il successo del format si inserisce proprio nel bisogno di concezione della
standardizzazione.

1.2 Format, mercato e legislazione

Il format, proprio per questa sua natura di schema di riferimento, declinabile in base
alle specifiche necessità determinate dal contesto di utilizzazione, si è inserito perfettamente
nella filosofia economica market oriented23 che va sempre più influenzando le scelte di gran
parte delle aziende. Sul piano della produzione internazionale si è passati da logiche product
oriented24, in cui l'unico scopo era la creazione di prodotti che permettessero la
20
Cfr. SORICE, M., Programmi in scatola, Il format nella TV globale, cit., p. 3.
21
Cfr. TOZZI, F., Il format televisivo: prospettive di tutela giuridica, in La nuova giurisprudenza civile e
commentata, 2003, II, p. 430.
22
Per l'idea di McDonaldizzazione come evoluzione del concetto di standardizzazione si veda RITZER, G.,
L'era dell'iperconsumo. McDonaldizzazione, carte di credito, luoghi del consumo e altri temi, Franco Angeli,
2003.
23
Cfr. SORICE, M., Programmi in scatola, Il format nella TV globale, cit., p. 18, in cui l'autore presenta il
format come un nuovo elemento costituente nel processo produttivo.
24
Cfr. KOTLER, P.,BOWEN, J., MARKENS, J., Marketing del turismo, McGraw-Hill, Milano, 2003, p. 14.

21
massimizzazione di profitti nel breve termine, ad un orientamento al mercato e soprattutto al
consumatore, ovvero si è presa consapevolezza del valore dei clienti fidelizzati e
dell'importanza di ragionare sul lungo periodo, aspirando ad un guadagno potenziale
prolungato, derivante proprio dalla scelta costante da parte dei consumatori conquistati. La
cosiddetta customer satisfaction è l'abilità di “creare e mantenere clienti soddisfatti e
redditizi”25, essi sono infatti garanzia di guadagni. Per far ciò è necessario assecondare sempre
i loro gusti, prevenire le loro esigenze e, quando possibile, incidere sulla formazione dei loro
bisogni. Il format viene ideato appositamente per garantire al committente il successo in
termini di pubblico o affluenze. Ciò significa, soprattutto per le aziende che vendono prodotti,
maggiori possibilità di raggiungere il target di riferimento. Inoltre si fonda sulla
riconoscibilità, quindi, sia che si tratti di una catena di negozi, di un programma televisivo o
di una campagna pubblicitaria, il format ripropone serialmente un insieme di elementi grazie
ai quali l'utente potrà sempre riconoscere il marchio, l'emittente o l'ente che gli permette di
vivere l'esperienza da esso offerta e, se apprezza tale prodotto, diventerà assiduo
cliente/ascoltatore26.

Oggi, in un mercato regolato dalla sovrabbondanza di offerta rispetto alla domanda, il


valore economico dei format cresce proporzionalmente alle fette (fasce o settori) di pubblico
che riesce ad attrarre. Tutto ormai si misura in termini di audience, clienti, utenti e vendite;
per tale ragione utilizzare un format efficace può davvero moltiplicare i potenziali guadagni.
Le imprese e gli enti interessati hanno reagito a questa nuova situazione imparando a ricorrere
al format. Da una parte è cresciuta l'attenzione delle varie aziende nei confronti di questa
potenziale fonte di “ricavi facili” su cui si è deciso, quindi, di investire; dall'altra parte si è
diffusa una tendenza ad “esternalizzare” la creazione dei format stessi per ottimizzare i tempi
ed i guadagni, addirittura facendo ricorso non solo a format originali creati su misura, ma
anche a prodotti già utilizzati altrove, considerati per questo, come già “collaudati” 27. La
scelta “to make or to buy” è diventata oggetto di riflessione anche in settori ben lontani dalle

25
Cfr. KOTLER, P.,BOWEN, J., MARKENS, J., Marketing del turismo, cit., p. 2.
26
Cfr. KOTLER, P.,BOWEN, J., MARKENS, J., Marketing del turismo, cit., p. 373.
27
Infatti, spesso le aziende preferiscono utilizzare dei format, magari meno originali, ma che sono già stati
messi alla prova in contesti simili poiché nel successo già ottenuto c'è una garanzia per i propri risultati.
Inoltre, in base al settore di utilizzo del format in questione, il riferimento ad un modello già realizzato e
conosciuto può attrarre già da solo il pubblico influenzato dalla fama del format stesso che in questo caso
funziona come un marchio, si vedrà più avanti il concetto di “effetto traino”.
Un interessante paragone viene proposto da PROSPERETTI, E., TOZZI, F., VISCO COMANDINI, V., I
format televisivi tra acquisto di know-how e tutela della proprietà intellettuale, in Il diritto dell'informazione
e dell'informatica, 2007, p. 7, in cui gli autori hanno sottolineato le similarità tra l'utilità del format e quella
del marchio, sia per le garanzie e la sicurezza che entrambi danno a chi lo utilizza come un segno distintivo,
sia come standard atteso dal consumatore – utente che ne influenzerà le decisioni.

22
logiche commerciali tradizionali, per esempio le pubbliche amministrazioni o le associazioni
senza scopo di lucro.

La considerazione che il consumatore moderno di beni, servizi, programmi, abbia una


consapevolezza maggiore del suo potere28 e che per le aziende sia indispensabile soddisfare le
sue aspettative ed evolversi in modo tale da poter superare la concorrenza. Grazie a format di
sicuro successo, in poco tempo, molte di esse si sono rivolte a degli esperti per l'ideazione e
per la realizzazione di questo nuovo indispensabile elemento di attrazione. Sempre più
emittenti televisive, uffici marketing delle aziende e comitati organizzatori degli eventi optano
per l'outsourcing che, come si vedrà, può svilupparsi a più livelli o, altrimenti, preferiscono
acquistare format già “rodati”29.

Per convertirsi all'uso dei format e tentare così di incrementare i propri profitti, le
aziende dei vari settori possono percorrere strade diverse. Le situazioni sono più complicate in
quei mercati in cui il format è entrato già da molto tempo e la competitività è molto alta.
Normalmente gli attori delle dinamiche intorno alla creazione e alla realizzazione dei format
sono i seguenti, ma il panorama delle relazioni che intercorrono tra questi protagonisti è molto
vario e differenziato e dipende principalmente dal settore di attività:

a) l' ideatore, che può essere un singolo professionista o una società specializzata,
crea il format sviluppando un'idea iniziale sulla base delle risorse umane, delle concrete
possibilità finanziarie tecniche di cui dispone e al fine di rispondere alle esigenze del settore
in cui lavora, e alla tipologia di potenziale acquirente cui cerca di venderlo;

b) l' utilizzatore che può essere:

- un'azienda che sviluppa all'interno del proprio organico comparti specializzati


nell'organizzazione e nella realizzazione di format che poi, talvolta, rivende anche a terzi;

- un committente, ovvero un'azienda che si rivolge all'ideatore per ottenere un format


28
I commenti negativi e le delusioni per un prodotto, un evento, un programma che prima rimanevano
racchiuse nella cerchia di amici/familiari, oggi grazie al potere di Internet possono davvero fare “il giro del
mondo”. L'aspetto più importante è la cosiddetta multimedialità che è stata introdotta negli ambiti più diversi.
Essa permette anche un monitoraggio costante dei feed back dei partecipanti, dei clienti, dei telespettatori,
che sono invitati a interagire attraverso siti internet ufficiali, pagine di social network, invio di sms, forum di
discussione e persino consigli e/o recensioni da “postare” on line per promuovere o criticare una specifica
attività.
29
I prodotti già “rodati” sono format che sono già stati utilizzati, dunque, in un certo senso, sono già stati messi
alla prova e probabilmente corretti nelle loro eventuali criticità. Spesso, oltre allo schema con la descrizione
dettagliata per la realizzazione pratica del format (la cosiddetta format bible che contiene indicazioni precise,
consigli e divieti categorici), vengono consegnati i dati statistici sulle realizzazioni già effettuate, per esempio
lo share o gli afflussi di pubblico ottenuti. Queste informazioni sono preziosissime perché rappresentano una
delle più ricercate garanzie sul risultato ottenibile e, ovviamente, incidono sulla scelta del potenziale
acquirente e sul pagamento che potrà essere richiesto per concedere l'utilizzazione del format.

23
elaborato ad hoc, che potrà poi scegliere se realizzare con le proprie risorse o rivolgendosi
all'esterno;

- un acquirente che vuole comprare un prodotto che è già stato creato a prescindere,
che è già realizzato concretamente o ancora da produrre, che potrà adattare ai propri bisogni e
ai propri scopi;

c) il produttore, il quale non è sempre presente, poiché l'attività professionale a


cui corrisponde questo “ruolo” può essere svolta in maniera autonoma oppure essere integrata
nell'attività del creatore o dell'acquirente in base ai casi specifici; il produttore può altresì
coincidere con un'azienda che si occupa di trasformare il progetto iniziale in un evento,
programma, negozio, spot pubblicitario etc; ovvero può realizzare concretamente il format
talvolta creandolo appositamente, altre volte acquistando uno schema altrui e occupandosi
soltanto della produzione. In entrambi casi, il format messo in opera verrà venduto ad un altro
soggetto che potrebbe essere interessato a utilizzarlo concretamente, per la messa in onda in
televisione per esempio, oppure a rivenderlo ancora in un altro contesto;

d) l'intermediario30, che è una figura presente prevalentemente nel comparto


televisivo in cui il successo internazionale di alcuni format e la globalizzazione del mercato
hanno fatto moltiplicare i passaggi intermedi tra l'ideatore iniziale e l'utilizzatore finale, al
punto che sono sorte numerose società specializzate esclusivamente nell'acquisto di format
vincenti già realizzati con successo da altri che poi proporranno e tenteranno di rivendere a
soggetti in cerca di nuovi prodotti interessanti e garantiti31.

Proprio come conseguenza della diffusione del concetto di format si è affermata, come
si accennava prima, la figura professionale del creatore di format e sono sorte delle imprese
che, nei vari settori di attività, si sono specializzate proprio nella ricerca, nello sviluppo e
nella realizzazione concreta di schemi di successo per terzi32. Vi è stata una valorizzazione del
30
Nella maggior parte dei casi i titolari dei format originari ne affidano la distribuzione a diverse società di
produzione, concedendo a ciascuna dei diritti esclusivi di utilizzazione limitati a specifiche aree geografiche.
La società di produzione, poi, propone al broadcaster di acquisire la licenza sul format per realizzare nel
proprio territorio un programma basato sullo stesso.
31
La stessa Endemol, di cui si parlerà in seguito, in alcune nazioni si limita ad acquistare “diritti di
utilizzazione” e a rivenderli, senza intervenire nella produzione diretta.
32
Nella sentenza n. 42730/11, Tribunale di Roma, 26 settembre 2011, sono coinvolti tutti i soggetti: gli autori
dei programmi (individuati nelle figure dei conduttori e dei registi), le case di produzione che in questo caso
coincidono con le emittenti televisive, e poi per la parte attrice interviene la Bailandi Entertainment S.p.A.che
risulta “titolare della licenza esclusiva” di uso del format Strictly come dancing per l'Italia, la quale, però, ha
acquistato tale diritto dalla British Broadcasting Corporation of Broadcating House, per il programma
accusato di plagio si costituiscono la casa di produzione R.T.I. e la Endemol Italia titolari di un diritto di
utilizzazione per il format Bailando por un sueňo del quale la Endemol internazionale licenziataria per un
terzo.
Per l'analisi della sentenza si veda CONTARESE, M., Ballando versus Baila: spunti su come considerare il

24
ruolo dell'artefice di questo innovativo prodotto. Prima, infatti, l'ideatore di qualsiasi tipo di
format veniva considerato al pari di un qualunque dipendente che svolge una mansione
nell'ambito del suo contratto, al quale quindi non spetta nessun particolare merito o
riconoscimento di successo, oppure lo si trattava come qualcuno che ha semplicemente
suggerito un'idea e quindi, poiché “ideas are free as the air”33, non ha diritto a nessun tipo di
remunerazione.

La creazione di format, invece, è a tutti gli effetti un'attività produttiva, richiede tempo,
lavoro e attenzione, chi la compie matura innanzitutto un diritto a veder remunerato il proprio
lavoro nei termini in cui viene garantito dalla nostra Costituzione34. Infatti, nella parte I
“Diritti e doveri dei cittadini” l'art. 35 afferma: “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue
forme ed applicazioni”, l'art. 36 rinforza: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione
proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé
e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa”.

A differenza di quanto comunemente si crede, ciò che i creatori vendono non è una
semplice idea potenzialmente vincente, o il risultato esternato di essa, bensì un complesso di
indicazioni, schemi e modelli da seguire nel dettaglio per ottenere l'ambito successo.
L'oggetto dello scambio, la ragione che giustifica il pagamento, va individuato in una serie di
plagio di un format televisivo, in Diritto Mercato Tecnologia, www.dimt.it, 2 novembre 2011.
33
Cfr. BANNER, S., American Property – An history of how, why, and what we own, Harvard College, 1963, p.
84. Tale espressione va inquadrata all'interno della frase in cui fu proferita inizialmente “The general rule of
law is, that the noblest of human productions - knowledge, truths, conceptions, and ideas - become, after
voluntary communication to others, free as the air to common use”, ovvero “La regola generale della legge è
che le più nobili produzioni umane – la conoscenza, le verità, le concezioni e le idee – diventino, dopo la
comunicazione agli altri, libere come l'aria per l'uso comune”. Questa celebre affermazione fu pronunciata da
Louis Brandeis, giudice americano, come commento dissidente rispetto alla decisione della Corte Suprema,
nel 1918, nella causa International News Service contro Associated Press. Questo processo è considerato un
pilastro fondante del copyright nei Paesi di common law, infatti attraverso esso sono stati definiti meglio i
limiti della protezione del diritto d'autore. A contrapporsi erano due importanti case editrici americane che
pubblicavano diverse testate giornalistiche sparse per gli Stati Uniti. Il contesto storico era quello della prima
guerra mondiale e ciò rendeva più importante il valore delle informazioni sui combattimenti in corso e sulle
scelte politiche adottate dai vari paesi. Ovviamente, entrambe le società cercavano di ottenerle per pubblicare
e vendere più copie dei propri giornali; ma, mentre Associated Press reperiva le notizie investendo cospicue
risorse finanziarie e mettendo a repentaglio la vita dei reporter nelle zone “calde” del conflitto, International
News Services aveva corrotto un addetto al ricevimento dei bollettini della concorrente in modo da ottenere
delle anticipazioni e in più copiava rielaborandoli gli articoli già pubblicati nelle edizioni del mattino della
rivale per creare “le notizie” nei suoi giornali. Il processo si protrasse per mesi e per diversi gradi, con esiti
sempre nuovi a causa delle contrastanti opinioni dei vari giudici. Tra esse spicca sicuramente quella del
giudice Henry Ward della Corte d'Appello, che affermò con sicurezza che “property [...]covers everything
that has un exchangeble value”, ovvero che “la proprietà copre tutto ciò che ha un valore di scambio” e
quindi sicuramente protegge le notizie che costano ogni giorno tanto lavoro e tanti soldi ad Associated Press.
34
Cfr. Pretura di Torino, 8 aprile 1987, in Il diritto di autore, 1987, p. 565, in cui il Pretore, nel riconoscere
tutela ad al format di un programma sportivo, richiama i principi ispiratori del diritto d'autore “la dignità del
lavoro intellettuale che sfocia nella creazione dell'opera originale” collegandoli alle garanzie costituzionali
sui diritti della personalità (Art. 2) e del lavoro (Art. 35); inoltre si veda TOZZI, F., Il format televisivo:
prospettive di tutela giuridica, cit., p. 433, in cui l'autore analizza possibili forme di tutela dei format
televisivi alternative al diritto d'autore, partendo proprio dai principi istituiti dalla Costituzione Italiana.

25
componenti del format e nel vantaggio che esse offrono all'acquirente:

1. il cosiddetto time to market35, ovvero il tempo risparmiato dall'acquirente per il


lavoro di progettazione;

2. il know-how36 di chi crea format per professione, ossia l'insieme delle


conoscenze e delle competenze necessarie all'ideazione e alla realizzazione di un format
efficace 37;

3. l'identificabilità da parte del pubblico38 (nel caso di format già utilizzati), in


quanto il prodotto è già conosciuto, non bisogna investire risorse per promuoverlo presso il
pubblico. Si tratta della cosiddetta reputation,39, per cui un format presenta un ridotto rischio
di insuccesso se è già conosciuto e collaudato per l'audience di riferimento. Anzi il successo è
spesso facilitato dalla fama e dalle aspettative create dal programma precedente40 già diffuso
35
Cfr. PROSPERETTI, E., TOZZI, F., VISCO COMANDINI, V., I format televisivi tra acquisto di know-how e
tutela della proprietà intellettuale, cit., p. 8.
36
Cfr. PROSPERETTI, E., TOZZI, F., VISCO COMANDINI, V., I format televisivi tra acquisto di know-how e
tutela della proprietà intellettuale, cit., p. 8, nel quale gli autori affermano che il know-how produttivo è
l'insieme di capacità e conoscenze acquisite dai creatori e che vengono messe a disposizione dei produttori –
committenti per offrire maggiori garanzie sul risultato finale. In questo modo si può risparmiare moltissimo
tempo e tante risorse economiche e umane che altrimenti bisognerebbe investire in tentativi, ricerche e
simulazioni sino a trovare il giusto equilibrio, la formula adeguata.
37
Cfr. GOTTLIEB, N. E., Free to air? - Legal protections for TV program formats?, in IDEA – The Intellectual
Property Law Review, Vol. 51, n. 2, 2011, p. 248. L'autore presenta i vantaggi dell'acquistare una licenza per
l'utilizzo di format rispetto alle problematiche che possono sorgere copiandolo. In particolar modo, “the
transfer of additional materials and knowledge not visible on the screen”, ossia “il trasferimento di ulteriori
materiali e conoscenze che non sono visibili sullo schermo”. Infatti, dietro al programma che qualsiasi utente
può vedere attraverso il televisore si celano una serie di professionalità, saperi, ricerche e competenze che
soltanto se combinate insieme, nella giusta dose, possono creare l'equilibrio “perfetto” che porta al successo
della trasmissione.
38
Cfr. PROSPERETTI, E., TOZZI, F., VISCO COMANDINI, V., I format televisivi tra acquisto di know-how e
tutela della proprietà intellettuale, cit., p. 7, in cui viene paragonato il format ad un marchio attraverso il
meccanismo comune della riconoscibilità. Al pari di un segno distintivo “chi acquista format di sceneggiati a
puntate, soap opera o addirittura di quiz show o talk show, acquista un bene più simile ad un marchio, ossia
un insieme di elementi visivi, drammaturgici, psicologici o procedurali (nel caso del quiz). Tali elementi,
combinati in modo originale, costituendo fattori caratteristici fissi di denotazione del format, sono costruiti
per essere riconosciuti come tali dal telespettatore, mentre storie specifiche, personaggi, ospiti o concorrenti
diversi variano o si alternano delle diverse puntate”.
39
La reputazione, o meglio la fama, che si crea intorno ad un prodotto lo segue e lo precede, ma soprattutto
offre una garanzia a chi lo acquista. Proprio la notorietà presso il pubblico di un format può, inoltre, essere
nociva per chi tenta di copiarlo senza detenerne la licenza: da una parte la percezione di déjà-vu dei
potenziali telespettatori può portare al crollo degli ascolti e soprattutto alla perdita di appeal per l'emittente
televisiva, dall'altra parte, se il format è già famoso e affermato, chi ne detiene la proprietà potrà fare
affidamento su cospicue risorse finanziarie e prove concrete per denunciare e dimostrare il plagio subito. In
questo caso la scelta “economica” di imitare potrebbe rivelarsi molto pericolosa e non giustificare affatto
l'iniziale risparmio sull'acquisto legittimo del diritto di utilizzo.
Sulle ipotetiche conseguenze negative del copiare programmi altrui si veda GOTTLIEB, N. E., Free to air? -
Legal protections for TV program formats?, cit., pp. 248 – 249.
40
Ad ulteriore conferma di questo punto può valere il successo, con lo share, al 26% e cinque milioni di
telespettatori (Cfr. http://www.tv.mediaset.it/canale5/italia_s_got_talent/news_4295.shtml), registrato in
occasione della prima puntata del programma Italia's got talent, il 12 dicembre 2009, che ha beneficiato del
dibattito mediatico internazionale sulla rivelazione Susan Boyle, concorrente della terza edizione del format
nel Regno Unito, e dell'attesa e della curiosità suscitate anche nel pubblico italiano dal format di Simon

26
altrove. Si tratta del cosiddetto “effetto traino”41; per cui l'eco del trionfo di un format in una
specifica realtà di utilizzo, soprattutto geografica, si propaga in tutte le altre suscitando
interesse e creando un ambiente propizio per l'introduzione di esso nel contesto locale42;

4. l'essential facility43, che consiste nel patrimonio di esperienze peculiari, studi


mirati e abilità specifiche che consentono ai possessori del know-how di facilitare la messa in
atto del format con rapidità e sicurezza, attivando o supportando determinate strategie
operative.

Realizzati ad hoc su commissione oppure frutto di un precedente lavoro creativo e


semplicemente proposti o riproposti a un potenziale realizzatore, i format vengono venduti a
cifre molto diverse in base al livello di elaborazione già raggiunto e alle garanzie che offrono
sul potenziale successo44. Il valore economico di questi prodotti è evidente e il mercato si è, in
un certo senso, auto - regolamentato per favorire gli scambi economici facendo ricorso agli
strumenti contrattuali che si padroneggiano meglio nei singoli settori.

Allo stato delle cose, se si può ben dire che nel panorama delle transazioni
commerciali, il format è approdato ad una “autonomia ontologica e ad un significato”45
chiaramente delineati e condivisi dalle parti, si deve problematicamente rilevare che a questo
sviluppo esponenziale non ha fatto seguito una normazione adeguata a proteggere e regolare
gli interessi implicati46.

Negli ultimi anni, intorno a questo prodotto si è sviluppata un'abbondante prassi


negoziale, basata sul principio che un'idea47, offerta da una persona competente e descritta in

Cowell già diffuso in Australia, Gran Bretagna e USA (rispettivamente Australia's got talent, Britain's got
talent , America's got talent).
41
Cfr. SORICE, M., Programmi in scatola, Il format nella TV globale, cit., p. 21. L'autore afferma che si assiste
ad un incremento degli ascolti potenziali di un nuovo programma se esso viene presentato al pubblico come
un “evento da non perdere”, un caso televisivo da seguire assolutamente poiché “altrove” ha già riportato
enormi successi. Vengono citati i casi di Grande Fratello, Operazione Trionfo e Survivor.
42
Basti pensare all'attesa fibrillante che ha preceduto, in certi contesti sociali, l'apertura del primo negozio
IKEA italiano o del primo McDonald's, la messa in onda di certi programmi di cui tanto si era parlato
all'estero o l'introduzione in Italia di certi concept di eventi particolari che avevano già ottenuto successo
altrove ed erano rimbalzati sulle piattaforme multimediali creando aspettative e curiosità anche presso il
pubblico nostrano.
43
Cfr. PROSPERETTI, E., TOZZI, F., VISCO COMANDINI, V., I format televisivi tra acquisto di know-how e
tutela della proprietà intellettuale, cit., p. 9.
44
Il prezzo dev'essere proporzionale al numero dei contatti attesi (telespettatori, utenti, clienti) e deve tenere
conto delle spese che dovrà sostenere l'acquirente per completare la realizzazione o per adattare il format al
pubblico specifico a cui si rivolgerà.
45
Vedi ZUCCHELLI, N., Ultime notizie sul “format”, in Il diritto delle radiodiffusioni e delle
telecomunicazioni, 1999, p. 105.
46
Ibidem.
47
Sul valore economico di un'idea si veda SIPRUT, J. J., Are ideas really free as the air? Recent developments
in te law of ideas, in IDEA – The Intellectual Property Law Review, vol. 51, n. 1, 2011, p. 111, in cui l'autore
argomenta la sua trattazione partendo dal presupposto che “Good ideas will always be important and will

27
uno schema dettagliato che ne permetta la realizzazione concreta, debba avere di per sé un
valore economico e quindi possa essere oggetto di un contratto48, come lo sono i pareri legali
o le consulenze. Dunque, anche se “generalmente parlando le idee sono libere come l'aria […]
vi sono delle circostanze in cui né l'aria né le idee possono essere acquistate senza un costo”49.
La contrattualistica emergente dal mercato testimonia che il format è, comunque, diventato
oggetto di cessioni e accordi infra aziendali, e chi lo acquista ritiene di poterne disporre
pienamente e di esercitare su di esso un diritto esclusivo50.

Tutto ciò dimostra che il format, almeno per gli operatori che vi ricorrono e lavorano
con esso, rientra a pieno titolo nella categoria dei prodotti commerciali, ovvero è considerato
un “bene nel senso civilistico del termine” 51, un qualcosa che l'uomo ha interesse a far
proprio, a fare oggetto di un proprio diritto, e che esclude gli altri dall'utilizzazione non
autorizzata. Ai sensi dell'art. 810 del Codice Civile, infatti, “sono beni le cose che possono
formare oggetto di diritti”. In particolar modo, il format è diventato un bene dotato di “valore
economico” paragonabile ad un bene pubblico52. Per avere tale rilevanza giuridica un bene
deve essere:

always have commercial value”, ossia che “le buone idee saranno sempre importanti e avranno sempre un
valore commerciale” e fa riferimento alla recente e ormai famosissima causa Connectu contro Zuckerberg. Il
caso Facebook ha infatti dimostrato come un'idea, non tutelata a tempo debito, possa trasformarsi nella
perdita di ingenti potenziali guadagni, soprattutto se non vengono prese le adeguate precauzioni contrattuali
per proteggerla.
48
Cfr. LONGHINI, S. Diritto d'autore e format televisivi: prospettive e attualità, in Il diritto di autore, 1998, p.
426. L'autore riflette sulla possibilità che i “venditori di idee” possano contrastare eventuali usurpazioni
ricorrendo agli strumenti giuridici dell'arricchimento ingiusto a seguito dello sfruttamento dell'idea e della
diminuzione di patrimonio in quanto dall'utilizzo concreto di queste idee si può desumere si può trarre grandi
profitti.
49
La celebre metafora delle idee “acquistabili” deriva da una cruciale decisione del 1956, Desny contro Wilder,
in cui il primo aveva letto telefonicamente alla segretaria del secondo il soggetto di un film affinché ella lo
sottoponesse all'attenzione del suo responsabile. Quest'ultimo non aveva mai ricontattato l'autore, ma poco
tempo dopo aveva prodotto un film (Ace in Hole) vistosamente ispirato a quello propostogli da Desny, il
quale ovviamente si era rivolto al tribunale asserendo che l'assenso telefonico della segretaria alla lettura, che
egli aveva condizionato al divieto di ricavarne un'opera senza una sua remunerazione, costituiva un contratto
implicito che dalla controparte era stato accettato e che quindi, anche se costituito da un'idea, andava
rispettato. Cfr. GOTTLIEB, N. E., Free to air? - Legal protection for TV program formats, cit., p. 241 - 242,
in cui l'autore spiega come in questa causa si sia dimostrato che, anche se formalmente le idee non possono
essere sottoposte al regime della proprietà, esse possono comunque essere protette attraverso dei contratti in
cui si esplicita che per utilizzare una determinata idea sia previsto un pagamento obbligatorio.
50
Cfr. AUTERI, P., FLORIDIA, G., MANGINI, V., OLIVIERI, G., RICOLFI, M., SPADA, P., Diritto
industriale, proprietà intellettuale e concorrenza, Torino, Giappichelli, 2005, p. 27.
L'esclusiva è un diritto soggettivo reale e assoluto. L'art. 832 del Codice Civile disciplina la proprietà
affermando che “Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i
limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti dall'ordinamento giuridico”. Quindi, quando si dispone
dell'esclusiva su un bene il proprietario può escludere chiunque altro dal godimento e dalla disposizione di
esso.
51
Cfr. RAGGI, V., Il format package e la tutela autorale del format, in Il diritto dell'informazione e
dell'informatica, 2007, p. 545.
52
Cfr. SPENCE, M., La tutela dei format scoperti negli archivi televisivi, in I diritti televisivi nell'era digitale, a
cura di NIVARRA, L., cit., p. 37.

28
- utile, cioè idonea a soddisfare un bisogno e atto a produrre un'utilità per l'uomo;

- accessibile, cioè suscettibile di appropriazione da parte dell'uomo con i normali mezzi


a disposizione;

- limitato, cioè disponibile in natura in quantità limitata rispetto ai bisogni dell'uomo53.

Nel caso dei format l'utilità è data, appunto, dall'incremento dei profitti che comporta il
loro utilizzo e dall'ipotetica riduzione dei costi54, l'accessibilità è testimoniata dal rigoglioso
mercato che si è sviluppato intorno ad essi, sia in termini di capitali che in termini di
professionalità, che supera i confini nazionali e si è ramificato in tutti i continenti55, la
limitatezza è confermata dal ricorso, ormai frequente, a risorse creative esterne da parte degli
utilizzatori dei format, giacché la creatività è una risorsa che tende ad esaurirsi e necessita
sempre di nuovi input56. E’ evidente quindi che, nella situazione attuale del mercato, il format
venga considerato a tutti gli effetti un “bene” di cui si può vantare, cedere o acquisire la
proprietà57. Ciò che viene acquistato non è un prodotto fisico, il possesso del supporto

53
Cfr. CATERINO, D., I telegiornali, i reportage ed i magazine televisivi, in I diritti televisivi nell'era digitale,
a cura di NIVARRA, L., cit., p. 9.
54
Si veda il già citato concetto di time to market che consiste proprio in una riduzione degli investimenti di
tempo e risorse, altrimenti necessari per conseguire un dato obiettivo.
55
I dati più certi e le cifre più alte si hanno soprattutto per ciò che riguarda il mercato dei format televisivi. Cfr.
MARI, G., La protezione del “format” nel sistema della legge sul diritto d'autore, Una riunione del gruppo
italiano dell'ALAI, in Il diritto di autore, 2007, I, p. 89, in cui l'autrice presenta in termini di milioni di dollari
il business collegato allo scambio di format a livello internazionale, in cui l'Italia è coinvola più come
acquirente che come ideatrice – venditrice di prodotti originali; KLEMENT, U., Protecting Television Show
formats under Coyright law: new developments in common law and civil law countries, in EIPR – European
Intellectual Property Review, February 2007, vol. 29, issue 2, p. 52, in cui l'autore asserisce che gli Stati Uniti
sono il maggior produttore mondiale di format, seguiti da Germania e Francia, in termini di successo invece è
la Gran Bretagna ad aver introdotto i format che hanno spopolato di più nel resto del mondo; PARSONS, M.,
XUN, Y., WHITE, V., Opportunity knock for false idols? - Copyright protection for television formats in
China, in Copyright world – Law and business for copyright specialists, April 2009, issue 189, p. 18, in cui
gli autori indagano le potenzialità dell'emergente mercato cinese, in cui i format importati o imitati dal
mondo occidentale hanno raggiunto livelli incredibili di successo e le emittenti televisive sono molto
interessate ad impiegarne altri. I due problemi principali nel commercio di tali schemi con la Cina sono: da
una parte, la legalità di tali scambi, che spesso, come in Occidente, si scontra con l'inesistenza di una tutela
per i format e l'oggettiva difficoltà di far appello alle leggi che tutelano l'attività imprenditoriale; dall'altra
parte, le problematiche legate alla censura nel paese, infatti, il settore televisivo è sottoposto all'autorità del
Garante statale sulle emissioni televisive (SARFT) che è molto severo nei confronti di “comportamenti non
conformi alla morale” e emana spesso ordini di restrizioni per gli orari di messa in onda, divieti per i minori e
tagli effettivi sugli atteggiamenti “volgari”. Ovviamente, nel caso di eventuali contratti di licenza, nello
stabilire i prezzi e le condizioni, suggeriscono gli autori, bisognerà tenere conto di come questi fattori
incidano sulla realizzazione e sul successo del programma e di come le emittente corrano un rischio effettivo
di perdere tutto il loro investimento.
In questi testi gli autori considerano la crescita esponenziale del consumo di format televisivi nel mondo
attraverso dati concreti e case histories di programmi che hanno fatto davvero il giro dei continenti. Lo
scambio di questi prodotti si è trasformato in un business intercontinentale da miliardi di dollari.
56
Nel settore televisivo si fa molto affidamento sulle fiere specializzate nella presentazione di nuove proposte
inedite e nei “procacciatori” di idee efficaci che hanno ottenuto successo all'estero.
57
Il problema è legare il format alla proprietà, infatti, per poter divenire oggetto di diritto di proprietà un bene,
anche immateriale, deve possedere un insieme di requisiti: “a) attitudine a soddisfare un interesse economico,
ad avere, cioè un valore, sia questo di scambio od anche soltanto di uso; b) autonomia, isolabilità,

29
materiale che contiene il video tutorial o il manuale esplicativo con le istruzioni per la
realizzazione non corrisponde alla proprietà del format. Come si è già detto, il format in sé è
principalmente costituito da idee, consigli e indicazioni, che possono essere espresse
attraverso un corpus mechanicum, ma esso è solo il tramite per comunicarle: il format è un
“bene immateriale”58. Quando si acquista un prodotto derivato da un format già
concretamente realizzato in tutte le sue parti, e ci si limita a proporlo al pubblico quasi come
se si trattasse di un oggetto59, non si acquista comunque il diritto di utilizzare il format
iniziale, lo schema originario, proprio perché esso ha un'altra natura e le conoscenze, le idee e
le istruzioni che lo compongono non si esauriscono nel prodotto in sé.

Intorno a questo nuovo prodotto, diversamente caratterizzato in base ai vari settori di


applicazione, si è creato un vero sistema di scambi e contratti atipici. Infatti, sul piano
commerciale si è rapidamente diffusa la pratica di acquistare e vendere, a fronte di costosi
corrispettivi, “contratti di licenza” per l'utilizzo di format, “come se bastasse attribuire il nome
di «format» ad un progetto per fare acquisire all'autore il potere di negarne o autorizzarne
l'uso da parte di terzi”60. Questi contratti, soprattutto quando hanno per oggetto prodotti di
importazione, già noti al pubblico mondiale, si presentano quasi come delle forme di
franchising61, con un cedente e un cessionario che negoziano un prodotto particolare
attraverso dei contratti atipici. L'oggetto di questi contratti, però, non è disciplinato da nessuna
norma e in caso di contenzioso diventa difficile persino dimostrare la validità di tali contratti.

In generale, per essere riconosciuti dalla legge i contratti devono rispondere ai requisiti

separabilità; c) idoneità ad un assoggettamento giuridico. Cfr. ARE, M., L'oggetto del diritto di autore,
Giuffré Editore, Milano, 1963, p. 297 che riprende GRECO, I dirittti sui beni immateriali, Torino, 1948. Se i
primi due aspetti sono potenzialmente riscontrabili nel format, l'ultimo punto non può essere soddisfatto.
58
Cfr. CATERINO, D., I telegiornali, i reportage ed i magazine televisivi, in I diritti televisivi nell'era digitale,
a cura di NIVARRA, L., cit., p. 9.
59
Si pensi a molti programmi televisivi che vengono proposti da MTV, Real Time o Sky semplicemente tradotti
o sottotitolati. Sono format ideati e realizzati all'estero che vengono venduti nella loro interezza, comprensivi
cioè della realizzazione concreta già effettuata. La rete italiana non possiede il format in sé, può solo
trasmettere la versione realizzatane da altri allo stesso modo in cui trasmette un film o una serie televisiva.
60
Cfr. ZUCCHELLI, N., Ultime notizie sul format, cit., p. 106.
61
Cfr. ALLARIA, A., La riforma del franchising, in www.iusreporter.it, ottobre 2004, in cui l'autore spiega
come il franchising sia appordato dagli Stati Uniti e si presenti come una figura contrattuale atipica nel nostro
ordinamento. Il termine franchise significa “privilegio” o “concessione”, nel mercato identifica un prodotto
unico, esclusivo che il franchisor cede al franchisee affinché quest'ultimo lo rivenda al al pubblico. La
distribuzione al dettaglio, però, è regolata dal franchisor che compie tutte le scelte sulle politiche di
produzione e vendita e le “impone” al franchisee, il quale sarà costantemente monitorato al fine di verificare
l'aderenza del suo comportamento ai rigidi vincoli del contratto. Egli è infatti “tenuto ad uniformarsi
all’immagine imprenditoriale del produttore, accettando senza riserve le clausole contrattuali uniformi
relative alle tecniche di mercato, l’arredamento dei locali, la licenza di marchio e/o di insegna, la formazione
del personale, la promozione delle vendite, il prezzo imposto e i criteri di gestione dell’impresa. L’obiettivo è
quello di fondere l’immagine di entrambi al fine di ingenerare nel consumatore l’idea di un’impresa con tante
filiali”.

30
previsti dal Codice Civile62. L'art. 1321 spiega che alla base dell'accordo vi è sempre un
rapporto patrimoniale tra due o più individui63, e l'art. 1325 definisce che sono requisiti
fondamentali del contratto: 1) l'accordo delle parti; 2) la causa; 3) l'oggetto; 4) la forma,
quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità.

Per gli obiettivi qui perseguiti, interessano particolarmente i concetti di “causa” del
contratto, che deve esistere e dev'essere lecita64 ai sensi degli artt. 1343 - 134465, e soprattutto
di “oggetto” del contratto, che deve rispondere ai requisiti dell'art. 1346, ovvero dev'essere
possibile, lecito, determinato o determinabile. Proprio in virtù di dette prescrizioni è molto
difficile collocare il format. Sicuramente è da escludersi il ricorso a dei “contratti tipici”, in
quanto essi fanno riferimento ad uno schema contrattuale previsto espressamente
dall'ordinamento giuridico, che sia disciplinato dal Codice Civile oppure da una legge
specifica66. Per esempio, nell'ambito del diritto d'autore sono considerati tipici soltanto il
contratto di edizione, il contratto di rappresentazione e il contratto di esecuzione di un'opera,
in quanto regolati dalla legge speciale n°633/1941, sezione III, art. 118 e seguenti e sezione
IV, art. 132 e seguenti, invece “tutte le altre forme di negoziazione dei diritti sono atipiche”67.
L'art. 132268 del Codice Civile, regolando proprio l'autonomia contrattuale, prevede che si
possano comunque tutelare interessi economici non espressamente previsti dall'ordinamento
giuridico, purché essi siano meritevoli di tale protezione. I “contratti atipici”69 sono, dunque,
contratti creati ad hoc dai contraenti per tutelare le proprie esigenze e il risultato della loro
negoziazione. Per essere riconosciuti ufficialmente essi devono presentare tutti i requisiti
richiesti dall'art. 1325, pena la nullità.

62
In particolar modo il Libro Quarto Delle obbligazioni, Titolo II Dei contratti in generale.
63
Art. 1321 del Codice Civile “Il contratto è l'accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra
loro un rapporto giuridico patrimoniale”.
64
Cfr. BELLANI, V., CHIMIENTI, L., Il diritto di autore nella prassi contrattuale, Giuffré Editore, 2010, p.
22, in cui si porta come esempio di “causa illecita” nell'ambito del diritto d'autore un contratto in cui il vero
autore cede tutti i suoi diritti, compresi quelli morali, ad un altro individuo, il quale, poi, si qualificherà come
autore acquisendo perciò una falsa paternità sull'opera. Tale negoziazione risulta nulla poiché la legge
speciale n ° 633/1941 afferma che i diritti morali sono incedibili.
65
Cfr. L'art. 1343 “La causa è illecita quando è contraria a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon
costume” e l'art. 1344 “Si reputa altresì illecita la causa quando il contratto costituisce il mezzo per eludere
l'applicazione di una norma imperativa”.
66
Cfr. CHIMIENTI, V., Lineamenti del nuovo diritto di autore, Giuffré Editore, VII edizione, 2006, p. 710.
67
Cfr. BELLANI, V., CHIMIENTI, L., Il diritto di autore nella prassi contrattuale, cit., p. 21.
68
Cfr. L'art. 1322 del Codice Civile, Autonomia contrattuale “1]Le parti possono liberamente determinare il
contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge. 2] Le parti possono anche concludere contratti che non
appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di
tutela secondo l'ordinamento giuridico”.
69
Per esempio il leasing, il franchising, il catering sono dei contratti atipici e vanno valutati alla luce delle
particolari fattispecie a cui fanno capo, anche se ormai vi sono degli aspetti “tipizzati” nell'interpretazione,
derivanti dal ricorso sempre più frequente a queste particolari forme di negoziazione.

31
Per quanto riguarda i beni immateriali, in generale 70, spesso si ricorre al sistema delle
licenze, che sono dei contratti atipici più pratici e adattabili71. Infatti, tale categoria non è
definita dall'ordinamento giuridico e la sua “configurazione dipende dall'uso che se ne fa nei
diversi ambiti” 72. I beni immateriali possono essere riprodotti e utilizzati “infinite volte” e
diversi fruitori possono farne uso contemporaneamente senza alterare i diritti degli altri73.
Queste peculiarità dimostrano che sulle opere immateriali sorgono una molteplicità di diritti
che possono essere esercitati singolarmente, soprattutto al fine di massimizzare i profitti.
Rilasciare una licenza significa per l'autore permettere a qualcuno di utilizzare l'opera in un
certo modo e per un certo periodo. Si tratta della “alienazione di un circoscritto potere di
utilizzazione”74, perciò attraverso “l'atto autorizzativo” il licenziatario dispone di una “facoltà
di godimento sull'opera”75, ma la titolarità del diritto resta all'autore licenziante. E' molto
diverso dal contratto di cessione del diritto, in cui, invece, l'autore trasferisce il suo diritto
esclusivo ad un'altra persona, che potrà poi disporne liberamente. La licenza presenta molti
vantaggi per chi opera in mercati diversi poiché è possibile concederla contemporaneamente a
soggetti diversi, anche in concorrenza tra loro, definendo contrattualmente i limiti temporali,
territoriali e di utilizzo76. Nel caso specifico dei format si ricorre spesso a delle licenze di
utilizzo limitate sia a livello di area geografica che di arco temporale: i vantaggi di queste
scelte sono evidenti nel settore televisivo caratterizzato dalle emissioni nazionali. Le case di
produzione o le società specializzate nella vendita dei diritti televisivi, in realtà, concedono a
delle emittenti o ad altre case di produzione il permesso di utilizzare in una certa nazione il
format di cui detengono la “proprietà”77. Per questo motivo sono frequenti i casi di grosse
multinazionali televisive che in una nazione sono tra loro concorrenti, mentre in un'altra
utilizzano, previo pagamento di adeguate fee, dei format creati da rivali che non sono
interessati, o che non hanno gli strumenti per rivolgersi a quello specifico mercato
televisivo 78.

70
Quindi non solo il diritto di autore, ma anche i brevetti, i marchi e il know how.
71
Cfr. BELLANI, V., CHIMIENTI, L., Il diritto di autore nella prassi contrattuale, cit., p. 44. Le autrici
affermano, infatti, che nella disciplina dei beni immateriali è “d'uso comune il «rilasciare licenza» di utilizzo
di un brevetto o di un'opera dell'ingegno”.
72
Cfr. BELLANI, V., CHIMIENTI, L., Il diritto di autore nella prassi contrattuale, cit., p. 44.
73
Cfr. BELLANI, V., CHIMIENTI, L., Il diritto di autore nella prassi contrattuale, cit., p. 45.
74
Cfr. BELLANI, V., CHIMIENTI, L., Il diritto di autore nella prassi contrattuale, cit., p. 45.
75
Cfr. BELLANI, V., CHIMIENTI, L., Il diritto di autore nella prassi contrattuale, cit., p. 45.
76
Cfr. BELLANI, V., CHIMIENTI, L., Il diritto di autore nella prassi contrattuale, cit., p. 52.
77
Concetto che, come si è rilevato, non è per niente chiaro né garantito nella realtà del mercato.
78
Per esempio il format Chi vuol essere miliardario? (o Chi vuol essere milionario?, poiché il titolo del
programma si è adeguato all'introduzione dell'euro) è stato prodotto in Italia dalla Endemol, che aveva
acquistato l'originale format inglese Who Wants To Be a Millionaire? dai produttori ITV e Celador, che
rimangono concorrenti della casa di produzione svedese in molti altri mercati. Si veda anche HARRISON,
M., Who wants to be multi – millionaire? Jasper Carrot does, in www.independent.co.uk, 26 luglio 2006.

32
La distanza tra lo ius positum da una parte e le esigenze ed i comportamenti degli
operatori del settore dall'altra, cui si è già fatto cenno, si è ampliata a dismisura nell’ultimo
ventennio, parallelamente all'incremento dei consumi di format. Si può affermare che “si è
venuta a creare un'evidente discrasia tra la prassi degli operatori commerciali e le incertezze
giuridiche degli operatori del diritto”79. E' necessario quindi segnalare alcuni aspetti
fondamentali che evidenziano l’incertezza dell'attuale situazione:

a) Questi contratti atipici di presunta “licenza” sfuggono alle logiche commerciali


tradizionali80. A fronte di una cospicua spesa, l'acquirente non ha nessuna garanzia né sul bene
scambiato né sulla validità del contratto. Infatti, l'inesistenza di una specifica normativa sul
format, potrebbe portare, in caso di contenzioso, addirittura alla dichiarazione di nullità dei
contratti stipulati per inesistenza del bene stesso81.

b) Dopo la stipula di questi contratti, chi acquista il format non ha nessuna


garanzia di reale esclusiva sul prodotto che ha comprato82: infatti, sebbene il licenziatario
abbia pagato per venire a conoscenza e appropriarsi di un certo schema, talvolta ottenendo
preziose “esclusive territoriali”, può accadere che, dopo l’immissione nel mercato, chiunque
possa imitare e riprendere dal format, non solo l'idea di fondo, ma anche il modo in cui essa è

79
Cfr. GRANDINETTI, O., La tutelabilità erga omnes del format di programmi radiotelevisivi, cit., p. 34. In
particolar modo nell'ambito televisivo esistono delle società internazionali specializzate solo ed
esclusivamente nell'acquisto dei diritti sulle trasmissioni realizzate con successo in una nazione che
rivenderanno poi a prezzi molto maggiori ad emittenti straniere che intendano realizzare lo stesso format in
altri paesi.
80
Cfr. BELLANI, V., CHIMIENTI, L., Il diritto di autore nella prassi contrattuale, cit., p. 47. Le autrici
sottolineano che il legislatore non ha previsto una tutela nemmeno per i contratti di licenza volontaria. Le
modalità di cessione dei diritti che oggi si utilizzano nel mercato possono creare problemi anche in sede
giudiziaria “per la qualificazione e l'interpretazione dell'accordo intercorso e per il sindacato di validità delle
clausole”.
81
Cfr. BERTANI, M., Tutela dei format di programmi televisivi, cit., p. 698; MACARIO, F., Il format, in AIDA
– Annali italiani del diritto d'autore, della cultura e dello spettacolo, 1998, I, p. 53; ZUCCHELLI, N.,
Ultime notizie sul format, cit., p. 106. Gli autori sottolineano i rischi connessi alla mancanza di strumenti di
tutela adeguati a regolare gli scambi di schemi dei programmi televisivi. Tale incertezza normativa lede
irreparabilmente il mercato, poiché l'assenza di un diritto di privativa sopra il format definito in maniera certa
e chiara incide pericolosamente sulla validità dei contratti tra cessionari e cedenti ed espone entrambe le parti
al rischio di veder annullato il valore del frutto dei loro investimenti dalla libera copia e imitazione dei
concorrenti. In particolar modo, viene portata ad esempio la pronuncia della Cour de Cassation 6 ottobre
1981 (Francia), in Annales de la proprieté industrielle, artistique et lettèraire, 1981, p.163, che ha negato la
validità di un contratto che aveva ad oggetto la cessione dei diritti relativi al format di un gioco televisivo.
Infatti, poiché l'idea di un gioco non è proteggibile il contratto dev'essere dichiarato nullo in quanto “sans
cause ou pour une fausse cause”.
82
E' emblematico il caso del format Big Brother, venduto in Brasile dalla Endemol all'emittente TV Globo, che
a causa di una precedente proposta era stato visionato e studiato dalla concorrente TV SBT. Quest'ultima,
sfruttando appunto le informazioni acquisite sul prodotto olandese, aveva realizzato il programma Casa Dos
Artistas, talmente simile a quello copiato da portare il giudice a pronunziarsi nel 2004 in favore della casa di
produzione derubata del suo format e dell'emittente televisiva danneggiata. Per un'analisi delle implicazioni
di tale sentenza si vedano CHALLIS, B., COAD, J., Format fortunes: Is there a legal recognition for the
television format right?, High Wicomb and London, August 2004; e SANTARELLI, E., Il format? Ha diritti
deboli, in www.lavoce.info, 3 aprile 2007.

33
stata concretamente realizzata, senza che né il licenziatario né il licenziante possano
opporvisi. Anzi, l'imitatore può anche riprodurre lo schema e tentare di venderlo a sua volta
ad altri potenziali acquirenti, proprio perché la privativa espressa nei contratti di licenza, non
ha nessuna base giuridica e quindi tali scambi non offrono nessuna protezione in caso di
eventuali plagi o “utilizzazioni abusive”83 da parte di altri. Infatti, come si è detto sopra, non si
può dimostrare che un prodotto è stato copiato se per l'ordinamento giuridico vigente quel
prodotto non esiste. Anche in caso di copia palese, lampante nella pratica, non ci sarebbero
comunque gli strumenti per tutelarsi giuridicamente84.

c) Per presentare il proprio format, nuovo e originale, ad un potenziale acquirente,


l'autore deve fornire dettagliate informazioni che permettano all'altro di intuire come il format
sarà concretamente realizzato e immaginare il vantaggio che otterrà nell'utilizzarlo. Non di
rado, però, è capitato che, una volta comunicato il format all'ipotetico committente, il creatore
proponente ne avesse ricevuto un rifiuto e, successivamente, ne avesse scoperto che il suo
format era stato a sua realizzato a sua insaputa85, magari con qualche minima differenza86,
proprio dalla persona che ne aveva declinato la proposta per ragioni estetiche o economiche.
In tal caso, l'ideatore, sia egli un anonimo autore alle prime armi o un'avviata società
specializzata nel settore, non può comunque ricorrere a nessuno strumento giudiziario e deve
assistere inerme allo sfruttamento economico delle potenzialità applicative del suo prodotto da
parte di un altro87. Attualmente il format non è ufficialmente tutelato da alcuna legge e viene
83
Cfr. ZUCCHELLI, N., Ultime notizie sul “format”, cit., p. 103.
84
In questo senso si veda uno storico caso presentato in Gran Bretagna nel 1988-1989 in cui Hughie Grant,
creatore del programma Opportunity Knocks, andato in onda nel Regno Unito durante gli anni '60, accusava
l'emittente televisiva Broadcasting Coorporation of New Zealand di aver copiato interamente il suo talent
show, non solo l'idea di base e il titolo, ma anche gli slogan e una serie di elementi distintivi introdotti
appunto da Grant, come l'uso di un “applausometro” (the clapometer). Il giudice, però, dichiarò che tali
caratteristiche erano delle semplici idee e che in quanto tali non potevano essere tutelate. Cfr. DOHERTY, D.,
Can the format television programme attract copyright protection?, in www.lawdit.co.uk, 29 novembre 2004;
e JONES, M., How to protect a TV format, in Managing Intellectual Property, November 2011, issue 214, p.
50.
85
E' esattamente il caso della sentenza del Tribunale di Roma, 13 ottobre 2005, in Il diritto dell'informazione e
dell'informatica, 2007, p. 537, in cui l'attrice aveva sottoposto all'attenzione del responsabile della
programmazione di un'emittente televisiva alcuni schemi di trasmissioni televisive, non aveva più ricevuto
notizia, quindi aveva immaginato si trattasse di un rifiuto e poco tempo dopo aveva visto in onda su un'altra
rete dei nuovi programmi che riprendevano perfettamente i medesimi meccanismi caratterizzanti i format da
lei ideati.
86
In questo senso, si veda il caso Sheenhan contro MTV Networks del 1992, ampiamente riportato in Cfr.
GOTTLIEB, N. E., Free to air? - Legal protections for TV program formats?, cit., pp. 238 – 239. Tre mesi
dopo aver visionato, analizzato e rifiutato un format propostole, l'emittente televisiva musicale ha realizzato
un programma basato sullo stesso schema. Il giudice ha ammesso che in linea generale i format possono
essere “copyrightable” se si riscontra un'evidente identità, ma non ha riconosciuto la tutela nel caso specifico
asserendo che non fosse riscontrabile una quantità minima di elementi copiati. Di fatto, egli non stabilì quanti
e quali sarebbero dovute essere tali componenti imitate, ma sottolineò che alcune caratteristiche peculiari del
format originario che lo avrebbero reso identificabile erano state sostituite.
87
Come, appunto, succede all'ideatrice dei format oggetto della sentenza del Tribunale di Roma, 13 ottobre
2005, cit.

34
dai giudici considerato al pari di un'idea, almeno nella maggior parte dei casi.

Al momento, i creatori da una parte hanno preso coscienza del potere acquisito dalle
loro creazioni e del loro ruolo, difficilmente sostituibile, di intermediazione tra le esigenze dei
fruitori finali e quelle delle aziende committenti, dall'altra parte continuano a subire le
conseguenze della situazione “sprotetta” in cui si trovano e chiedono una maggiore
attenzione verso le loro ragioni: viene richiesto loro un intenso lavoro creativo, la giusta
intuizione e la buona capacità di adattarla al contesto specifico e alle esigenze del
committente, però non viene data loro nessuna tutela, né sui format originali ancora da
presentare al pubblico, né su quelli già diffusi e conosciuti. I loro interessi economici passano
in secondo piano negli eventuali contenziosi giudiziari, perché non si ritiene che il loro
prodotto abbia un qualche valore sul piano giuridico. L'unico strumento di cui possono
disporre è la negoziazione, ma spesso i singoli ideatori free-lance non hanno nessun potere
contrattuale e vengono “schiacciati” dalle case di produzione delle varie tipologie di format.

Il mercato dei format appare quindi dominato da logiche di potere e sopraffazione o di


pura casualità: si registrano da una parte negoziazioni che si concludono con accordi positivi e
cospicue remunerazioni per il fortunato creatore, controbilanciati da situazioni di raggiro e
plagio messi in atto da committenti senza scrupoli, contro i quali gli “sfortunati” ideatori
defraudati non possono avanzare nessuna pretesa né invocare tutele. Per questo i creatori, da
un po’ di tempo a questa parte, hanno iniziato a reclamare maggiori garanzie economiche e
maggiori tutele giuridiche per i loro prodotti, a prescindere dallo specifico settore di attività.
Si ribadisce infatti che il format è un concetto ampio a cui si ricorre in ambiti molto diversi:
esso può essere paragonato ad un “contenitore”88, uno schema di riferimento definito in
maniera chiara e riconoscibile a cui andranno ancorati contenuti specifici che possono mutare
nel tempo o nello spazio, senza però intaccare l'insieme di elementi che ne compongo la
struttura fissa. Un limite oggettivo è costituito proprio da questa sua caratteristica: il format,
pur se definito in maniera chiara e riconoscibile non ha il carattere del prodotto finito, che
acquisterà nel momento in cui sarà calato nella realtà contingente del commercio o dello
spettacolo. Lo iato esistente fra il momento progettuale e il momento fattuale ostacola
l’inquadramento giuridico del format.

88
MACARIO, F., Il fomat, p. 51. L'autore del testo riflette sulla diffusione del format in ambiti completamente
diversi, ma riscontra che tutti gli ideatori di qualsiasi settore specifico si sono imbattuti nella difficoltà
oggettiva di tutelare il loro prodotto. A suo avviso vi è un filo conduttore che unisce gli interessi di tutti gli
operatori e collega fenomeni apparentemente diversi, si tratta della “ricerca di un'adeguata protezione della
creazione intellettuale”. I creatori di format, insomma, aspirano a vedersi riconosciuta la qualifica di “autore”
nel senso più giuridicamente intellettuale del termine.

35
Quanto osservato spiega perché il format sia diventato non di rado protagonista di
dibattiti, convegni, ricerche e persino proposte di legge89. L'ambito in cui l'introduzione e il
ricorso al format hanno provocato maggiori mutamenti è stato quello televisivo. Non per nulla
gli operatori del settore si sono trovati spesso impreparati nell'affrontare le nuove implicazioni
economiche e giuridiche, sottese all'adozione di questo nuovo prodotto.

Soprattutto a partire dagli anni '8090, per delle ragioni che si approfondiranno
successivamente, in seguito al crescente ricorso al format, soprattutto da parte delle emittenti
televisive, si è presentato il problema di inquadrare questo nuovo prodotto nell'ordinamento
giuridico al fine di fornire adeguata copertura alla florida contrattualistica atipica germogliata
intorno ad esso. Come si può evincere da quanto detto prima, il format può raggiungere i suoi
obiettivi solo se è originale e innovativo e se riesce a comunicare in maniera corretta e
completa il suo messaggio, ovvero se il suo autore riesce a tradurre bene la sua idea in una
forma convincente e gradita ai destinatari.

L'importanza della creatività e della novità del prodotto e il ruolo dell'atto creativo che
precede la realizzazione del format lo fanno accostare al concetto di “opera dell'ingegno”
regolato dalla legge speciale sul diritto d'autore, senza contare che il suo campo d’azione è
costituito prevalentemente dal mondo dell’intrattenimento televisivo, che è un settore
disciplinato appunto dalla legge testè citata. Per questo motivo, il primo tentativo italiano,
comunque piuttosto tardivo, di spiegare cosa esattamente sia un format, e quindi di
individuare i requisiti in base ai quali possa essere considerato “opera dell’ingegno”, è venuto
dalla Società Italiana degli Autori ed Editori, un ente di gestione collettiva che ha dovuto
rispondere all'appello degli operatori del settore per sopperire, almeno coi suoi strumenti, alla
lacuna normativa. Nel Bollettino SIAE n°66 del 199491, si trova la definizione di cosa rientri
nella categoria dei format con riferimento all'ambito televisivo – teatrale: “un’opera
dell’ingegno avente struttura originale esplicativa e compiuta nell’articolazione delle sue fasi
sequenziali e tematiche, idonea ad essere rappresentata in un’azione radiotelevisiva o teatrale,
immediatamente o attraverso interventi di adattamento o di elaborazione o di trasposizione,

89
Numerose iniziative si sono svolte per sostenere l'urgenza di una qualificazione legislativa del format. In
particolar modo, come si vedrà nei prossimi capitoli, la SIAE si è fatta promotrice presso i vari operatori del
mondo dell'intrattenimento televisivo di incontri e gruppi di lavori finalizzati alle redazione di un codice di
deontologia che possa regolare i comportamenti tra gli “addetti ai lavori”, prevenendo quindi il sorgere di
spiacevoli contestazioni, e alla presentazione al Parlamento di una proposta di legge che definisca e disciplini
in maniera univoca il format, in particolar modo quello televisivo.
90
Il primo rilevante intervento della giurisprudenza sui format risale proprio alla fine degli anni'80. Cfr. Pretura
di Torino, 8 aprile 1987, cit., p. 554.
91
FABIANI, M., Per una tutela del format televisivo, in Bollettino della Società Italiana degli Autori ed
Editori, Anno 74, numero maggio-giugno 2002, p. 70.

36
anche in vista della creazione di multipli. Ai fini della tutela, l’opera deve comunque
presentare i seguenti elementi qualificanti: titolo, struttura narrativa di base, apparato scenico
e personaggi fissi”.

1.3 Format e diritto d'autore

Nella definizione della Società Italiana degli Autori ed Editori il format viene presentato
come un'opera dell'ingegno, dando per scontata una sorta di definizione giuridica,
un'inclusione che invece, a livello legislativo, non è mai stata sancita.

A dire il vero, il problema era emerso in Italia già negli anni '6092 e da allora il dibattito
è diventato sempre più aperto e ricco di spunti, ma si è dimostrato infruttifero sul piano
legislativo. Nella nozione di format proposta dalla SIAE si nota un'assimilazione tra lo
schema di un programma televisivo e una forma di spettacolo equiparabile al teatro e al
cinema. In effetti, le numerose caratteristiche che il format ha in comune con tali aspetti
dell'intrattenimento hanno portato i commentatori ad associarlo ad essi e quindi a tentare di
far rientrare il nuovo prodotto, sin dalla sua comparsa, tra le opere meritevoli di tutela ai sensi
della legge speciale 22 aprile 1941, n°63393. Questa legge è solo l'ultimo atto di una lunga
evoluzione normativa intorno alla tematica del rapporto tra “opera” e “autore” e tra “diritti
dell'autore” e “interessi della collettività”. Infatti, il concetto stesso di diritto d'autore discende
dal riconoscimento di un valore dell'opera creata per l'impatto che essa avrà sul patrimonio
culturale. Al creatore di un nuovo apporto culturale viene assegnata una tutela sulla sua
produzione ed un diritto ad una remunerazione per il suo sforzo creativo, poiché si vuole
incentivare in questo modo l'ideazione di nuove opere che possano giovare alla comunità94.

Vi sono, quindi, due istanze diverse confluite nella ratio che ha originato il dibattito e
poi la normazione sul diritto d'autore: da una parte emerge “l'esigenza di favorire e incentivare
nell'interesse generale, il lavoro e gli investimenti95 volti alla realizzazione di opere
92
Si vedano, ad esempio, gli spunti forniti da DE SANCTIS, V., In tema di opere cinematografiche e di opere
televisive, in Il diritto di autore, 1965, p. 126, e FABIANI, M., Lo spettacolo radiofonico e televisivo nella
disciplina del diritto d'autore, in Rivista di diritto industriale, 1961, I, p. 63.
93
Cfr. LAX, P., E' possibile parlare di soggetto televisivo?, in Il diritto di autore, 1987, p. 557. Ma in realtà
ancora prima che si utilizzasse il termine format già DE SANCTIS, V., In tema di opere cinematografiche e
di opere televisive, cit., p. 131, si interrogava sulla possibilità di inserire le opere televisive ed in particolar
modo i nuovi generi di programmi che fanno della televisione un “mezzo autonomo di espressione artistica”.
94
Cfr. PROSPERETTI, E., TOZZI, F., VISCO COMANDINI, V., I format televisivi tra acquisto di know-how
e tutela della proprietà intellettuale, cit., p. 5, in cui viene affrontato il concetto di “ottimo sociale”.
95
Cfr. TOZZI, F., Il format televisivo: prospettive di tutela giuridica, cit., p. 430. La tutela dell'investimento
economico è principalmente di matrice anglosassone. A detta dell'autore, a causa del progresso tecnologico
sono state considerate opere dell'ingegno prodotti industriali che oggettivamente non avrebbero i requisiti per

37
dell'ingegno”96. Si tratta di una concezione piuttosto utilitaristica perché ritiene che,
apprezzando la tutela accordata alle loro opere, gli autori si sentano spronati a creare ancora e
a determinare in tal modo un rinnovamento costante del bagaglio di conoscenze del popolo di
cui fanno parte. D'altra parte, il riconoscimento giuridico ad opere fortemente eterogenee, il
cui contenuto culturale non è sempre evidente o la cui utilità risulta discutibile, trova la sua
giustificazione nella concezione giusnaturalistica per la quale qualsiasi persona detiene per
natura la proprietà dei risultati del proprio lavoro. L'interesse della collettività alla “propria
educazione estetica e culturale e, più in generale, ad una dimensione ludica dell'esistenza”97
segna il limite dei diritti riconosciuti all'autore. Poiché il valore di un'opera in rapporto alla
collettività e soprattutto le modalità di fruizione da parte della gente mutano costantemente,
seguendo le trasformazioni dei contesti socio-culturali e il progresso tecnologico, il diritto
d'autore “contiene in sé i germi del cambiamento”98, è destinato ad evolversi e arricchirsi.

Fino alla fine del Medioevo 99 il problema di tutelare gli interessi degli autori
praticamente non esisteva, poiché, a causa dello scarsissimo livello di diffusione
dell'alfabetizzazione, erano davvero pochi i fruitori delle opere e ancora minore era il numero
dei creatori100. Lo stretto legame tra diritto ed evoluzione tecnologica è confermato
dall'evidenza che il primo bisogno di una forma di tutela si manifestò contestualmente
all'introduzione di una potente innovazione tecnica: con l'avvento della stampa a caratteri
mobili, il mercato delle opere letterarie si rivoluzionò101 e la circolazione dei testi fu

meritare la tutela autoriale, ma ai quali essa si applica solo in virtù dell'impatto economico che tali prodotti
hanno.
96
Cfr. AUTERI, P., FLORIDIA, G., MANGINI, V., OLIVIERI, G., RICOLFI, M., SPADA, P., Diritto
industriale, proprietà intellettuale e concorrenza, cit., pp. 482 – 483. Si tratta della cosiddetta “concezione
utilitaristica” per la quale la certezza di un riconoscimento all'autore è funzionale ad un incremento
dell'attività creatività e, dunque, della produzione di opere dell'ingegno da cui la collettività trae giovamento.
97
Cfr. Cfr. AUTERI, P., FLORIDIA, G., MANGINI, V., OLIVIERI, G., RICOLFI, M., SPADA, P., Diritto
industriale, proprietà intellettuale e concorrenza, cit., p. 34.
98
Cfr. CATARINO, D., I telegiornali, i reportage ed i magazine televisivi, in NIVARRA, L., I diritti televisivi
nell'era digitale, cit., p. 9.
99
Cfr. SIROTTI GAUDENZI, A., Il nuovo diritto d’autore, la proprietà intelelettuale nella società
dell'informazione, Maggioli Editore, Rimini, 2008, IV edizione, p. 34. Presso i romani l'opera si identificava
con il supporto materiale: chi deteneva il manoscritto, sia che lo avesse acquistato o ricevuto dall'autore, sia
che lo avesse realizzato, deteneva i diritti patrimoniali. Era, però, presente un corrispondente dell'attuale
denuncia di plagio: l’actio iniurarum aestimatoria, che era una sorta di diritto di inedito.
100
Inoltre, la concezione di opera, poi, era strettamente legata alla letteratura, alle trattazioni scientifiche e al
settore delle arti figurative, in cui però si lavorava principalmente su commissione e gli artisti consideravano
normale la cessione di ogni prerogativa sulla loro opera al committente.
101
Cfr. BALLARINO, T., Diritti dell'uomo e diritti d'autore e connessi, in UBERTAZZI, L. C., TV, Internet e
new trends di diritti d'autore e connessi, Atti del convegno di Bologna del 18 settembre 2001, Quaderni di
AIDA n. 7, Giuffré Editore, 2003, p. 1. L'autore prende in prestito l'espressione “galassia Gutemberg”,
coniata da Mac Luhan, per indicare come la situazione degli autori sia completamente cambiata a causa
dell'introduzione della stampa, , inventata nel 1455 dal tipografo tedesco Johann Gutenberg: prima, al limite,
qualche autore poteva accusare un concorrente di copiare le sue idee, dopo si iniziò a porre il problema della
circolazione di riproduzioni non autorizzate delle opere anche oltre i confini nazionali.

38
incrementata notevolmente con un impatto importante sulla diffusione della cultura. Per
ottenere un controllo sugli stampati e prevenire la diffusione di idee inadeguate (eretiche o
liberali) tra la popolazione fu introdotto il sistema dei “privilegi librari”, tramite i quali
l'autorità concedeva ad uno stampatore il diritto di praticare la tecnica della stampa e
divulgare determinati testi che erano già stati sottoposti alla “censura preventiva”102 ed
avevano ottenuto l'imprimatur. Certo, questo sistema non tutelava gli autori, ma, piuttosto, la
prerogativa dei governanti di censurare le idee e gli interessi economici degli editori che
avevano acquistato i manoscritti e possedevano gli strumenti per la stampa; tuttavia, gettò le
premesse per una nuova visione del valore dell'opera.

La concezione moderna del diritto d'autore come diritto reale spettante al creatore di
un'opera, da poter far valere verso tutti, nasce nel clima favorevole dell'Illuminismo. In tale
periodo, il cosiddetto Statuto della regina Anna103, emanato in Gran Bretagna nel 1710104,
costituì il primo atto teso al riconoscimento e alla legittimazione dell'opera ideativa dell'autore
105
. La norma in questione pose le basi per la codificazione del successivo copyright che poi
ha influenzato tutti i paesi di common law. Il Copyright, come significa lo stesso termine, è il
diritto di copiare: l'oggetto di tale diritto è l'opera e non la personalità dell'autore, e appare
rivolto a salvaguardare prioritariamente i diritti degli editori. In questo si riscontra una
notevole differenza con la concezione del diritto d'autore dei paesi latini. Già confrontando le
prime codificazioni anglosassoni con quelle continentali si nota che le due realtà reagiscono
diversamente al bisogno di disciplina nel mercato artistico-editoriale. Da questa iniziale
differenziazione originano le basi per la dicotomia common law - civil law, che caratterizza
ancora ai nostri giorni i due regimi legislativi e giurisprudenziali anche in tema di protezione
autoriale.

Un altro aspetto importante del diritto d'autore venne messo in luce durante la
rivoluzione francese: sotto le pressioni degli scrittori di sceneggiature teatrali106, nel 1791 fu

102
Cfr. SIROTTI GAUDENZI, A., Il nuovo diritto d’autore, la proprietà intelelettuale nella società
dell'informazione, cit., p. 35.
103
L'atto del 1710 era intitolato Legge per l'incoraggiamento del sapere, la quale prevede che gli esemplari dei
libri stampati vengano posti sotto il controllo degli autori o dei loro aventi diritto per i periodi menzionati
nel presente testo, quindi, tale legge era stata concepita proprio per incentivare la produzione culturale e
favorire la circolazione dell'istruzione e delle opere utili.
104
Cfr. AUTERI, P., FLORIDIA, G., MANGINI, V., OLIVIERI, G., RICOLFI, M., SPADA, P., Diritto
industriale, proprietà intellettuale e concorrenza, cit., p. 481.
105
Cfr. BALLARINO, T., Diritti dell'uomo e diritti d'autore e connessi, in UBERTAZZI, L. C., TV, Internet e
new trends di diritti d'autore e connessi, cit., p. 4. All'autore veniva riconosciuto il diritto esclusivo di
riprodurre l'opera per una certa durata variabile in base ai casi e la possibilità di iscrivere col proprio nome
l'opera nei registri della corporazione dei librai, in questo modo venivo riconosciuti da una parte dei diritti
patrimoniali sul successo e le ristampe dell'opera e poi il diritto morale alla paternità dell'opera.
106
Guidati da Baumarchais, chiedevano che l'Assemblea riconoscesse loro dei diritti sullo sfruttamento della

39
promulgato dal re Luigi XVI uno dei principali interventi normativi a sostegno della proprietà
intellettuale, poiché in esso viene riconosciuto all'autore ha il diritto esclusivo di disporre
della sua opera e questa facoltà è considerata “sacra”107 al punto da essere valida per tutta la
sua vita, e anche per alcuni anni dopo la morte. Il diritto d'autore è quindi equiparato ad un
diritto di proprietà, ma si tratta di una proprietà un po' particolare: l'oggetto di tale proprietà
non è una cosa già esistente di cui ci si appropria e che, poi, si può cedere in maniera
impersonale. L'autore, infatti, possiede l'opera che ha creato per il fatto di averla realizzata lui
stesso, partendo da una sua idea e imprimendovi inevitabilmente le caratteristiche della sua
personalità; tale produzione, quindi, è talmente personale che forma in un certo senso un
tutt'uno con l'autore stesso108. L'alienazione del bene è possibile, ma resterà un legame
indissolubile tra l'opera e l'autore che farà sì che l'editore, l'interprete o il lettore siano solo
degli “intermediari” tra il pensiero dell'autore e il pubblico. In virtù delle nuove disposizioni,
il diritto d'autore, da mera facoltà di sfruttamento commerciale del proprio lavoro, si elevò al
rango di depositario di una componente morale.

Nel contesto del Positivismo apparve un'importante definizione dell'opera in rapporto al


suo valore per la collettività: Josef Kohler introdusse l'espressione “bene immateriale” e
spiegò che l'opera d'arte non consisteva nel libro che veicolava il pensiero dell'autore bensì
nella sua creazione estetica109. In questa definizione si può ravvisare quella distinzione tra
corpus mysticum (il contenuto innovativo, l'idea) e corpus mechanicum (il supporto che
contiene tale idea, quindi la forma concreta che essa assume per essere comunicata al
pubblico) che nelle elaborazioni legislative del XX secolo permetterà di distinguere l'oggetto

loro opera da parte di altre compagnie e altri teatri.


107
Cfr. SIROTTI GAUDENZI, A., Il nuovo diritto d’autore, la proprietà intelelettuale nella società
dell'informazione, cit., p. 36. Restano celebri le parole pronunciate dal relatore Isaac René Guy Le Chapelier
(1754-1794) durante la discussione: “Un droit exclusif est conféré aux auteurs parce que leur propriété est la
plus sacrée, la plus inattaquable, la plus personnelle de toutes les propriétés, est l'ouvrage fruit de la pensée
d'un écrivain […] il faut que pendant toute une vie et quelques années après leur mort personne ne puisse
disposer sans leur consentement du produit de leur génie”.
108
Cfr. BALLARINO, T., Diritti dell'uomo e diritti d'autore e connessi, in UBERTAZZI, L. C., TV, Internet e
new trends di diritti d'autore e connessi, cit.p. 3. Si veda KANT, I., Von der Unrechtmäßigkeit des
Büchernachdrucks, in cui il filosofo tedesco distingue il libro inteso come oggetto fisico, dal discorso che
contiene e dai pensieri che veicola. In un certo senso, si può identificare la distinzione tra supporto, forma e
contenuto. Il libro è un bene materiale che può essere acquistato e in quel caso diventa proprietà di chi lo
compra. L'acquirente ottiene, quindi, un diritto reale su di esso che comprende la facoltà di riprodurlo
liberamente. La conoscenza, invece, non è un oggetto fisico su cui si può far valere la proprietà. Quindi, essa
resta comunque all'autore, anche se le sue idee vengono riprodotte fisicamente innumerevoli volte e se
vengono condivise e pensate da tutti, egli non viene privato di nulla. Il libro, però, è paragonabile ad un
discorso effettuato per il tramite di un altro. L'editore attraverso l'oggetto che pubblica fa da intermediario al
messaggio dell'autore e parla a nome di quest'ultimo. E' indispensabile che l'autore autorizzi un editore a
comunicare il suo discorso al pubblico, ma questo rapporto si giustifica proprio nella presenza di un
destinatario finale che senza tale medium non avrebbe accesso alle opere.
109
Cfr. AUTERI, P., FLORIDIA, G., MANGINI, V., OLIVIERI, G., RICOLFI, M., SPADA, P., Diritto
industriale, proprietà intellettuale e concorrenza, cit., p. 7.

40
del diritto d'autore e di delineare i suoi limiti fisici, legati, appunto, alla modalità di
esteriorizzazione del pensiero dell'autore. Oggi, con i nuovi risultati raggiunti dall'evoluzione
tecnologica, si è messa in discussione la persistenza di questo modello. Infatti, progressi come
l'introduzione dei dispositivi digitali o le postazioni interattive del web rendono confuso il
confine tra il contenuto e la sua forma e per la giurisprudenza è diventato complesso
identificare il tutelabile dal non tutelabile quando dovrebbe essere l'esteriorizzazione a
fungere da differenziale e non mancano i sostenitori della “dematerializzazione del corpus
mechanicum”110.

La prima legge sul diritto d'autore del neonato Regno d'Italia fu emanata da Umberto I
con il Regio decreto 19 settembre 1882 n. 1012111. Era stata concepita principalmente per le
opere a carattere letterario ed aveva accolto gli altri casi, elencati dall'art. 2112, solo nella
misura in cui la loro comunicabilità al pubblico derivasse da una fissazione per iscritto o fosse
paragonabile ad una pubblicazione113. Erano ammesse alla tutela solo le opere dello spettacolo
teatrale e/o musicale, i testi letterari o di trattazione scientifica, i discorsi tradotti per iscritto e
le opere appartenenti alle arti figurative. Di fatto, queste erano le uniche modalità attraverso le
quali, al momento dell'emissione della legge, si riteneva plausibile che potesse esprimersi la
creatività e che potessero rendersi comunicabili le idee innovative degli autori. E' interessante
notare che il regio decreto operava già una distinzione, seppur implicita, tra due componenti
fondamentali del diritto d'autore: quella patrimoniale con gli artt. 8 e 9114 e quella morale con
110
Cfr. TOZZI, F., Il format televisivo: prospettive di tutela giuridica, cit., p. 435.
111
Cfr. Il Regio decreto 19 settembre 1882 n. 1012, entrato in vigore il 21 ottobre 1882, e poi nel 1925 dalla
successiva legge sul diritto d'autore, raccoglieva istanze diverse e doveva uniformare un quadro legislativo
complesso e frammentato, ereditato in ciascuna regione dai governi precedenti.
112
Ai sensi dell'art. 2, infatti, la riserva all'autore del diritto di pubblicazione di un'opera si applica nei seguenti
casi: “la stampa o altro simile modo di pubblicazione delle improvvisazioni, delle letture e degli
insegnamenti orali, quantunque fatti in pubblico e trascritti mediante la stenografia o altrimenti; la stampa o
altro simile modo di pubblicazione delle opere o composizioni adatte a pubblici spettacoli; la
rappresentazione o l’esecuzione di un’opera o di una composizione adatta a pubblico spettacolo, di un’azione
coreografica e di qualunque composizione musicale, tanto se inedita, quanto se pubblicata; la esecuzione di
opere d’arte fatte sopra abbozzi dell’autore; i discorsi tenuti in adunanze pubbliche sopra argomento di
interesse politico o amministrativo e quelli specialmente tenuti nelle Camere legislative possono essere
liberamente pubblicati e riprodotti negli atti delle sedute e ne’ giornali. Ma non possono essere riprodotti né
come pubblicazione speciale di uno o più discorsi di un individuo, né come parte della raccolta delle sue
opere.”
113
E' emblematico l'art. 23, inserito nel Capo III “Modi di accertare la pubblicazione di un'opera e il diritto di
autore”, che recita “Le dichiarazioni riguardanti un’opera adatta a pubblico spettacolo, un’azione
coreografica e una qualunque composizione musicale, inedite, per le quali si vuole riservare il diritto
esclusivo di rappresentazione od esecuzione, dovranno essere accompagnate da un manoscritto dell’opera”.
All'epoca, infatti, era difficile immaginare che si potesse avere un'altra forma di fissazione dello spettacolo al
di fuori di quella fatta per iscritto e ci fa sorridere pensare che oggi, per qualsiasi registrazione o candidatura
è richiesto in base ai casi un track-demo o un video dimostrativo.
114
In cui viene stabilito che l'autore ha il diritto di concedere o negare l'autorizzazione alla pubblicazione, alla
rappresentazione e all'eventuale modificazione dell'opera per quarant'anni dalla prima pubblicazione,
trascorsi i quali, per altri quarant'anni, l'autore, o il suo erede, non può più vincolare la divulgazione della sua
opera, però ha comunque il diritto di percepire una remunerazione economica per ogni copia realizzata.

41
gli artt. 3 e 12115, ma entrambi possono essere alienati e trasmessi liberamente dall'autore.

Nell'ottocento grazie allo sviluppo della tecnica, la stessa opera poteva essere diffusa e
sfruttata contemporaneamente in molti luoghi diversi116, emerse, come nuova caratteristica
dell'opera, l'ubiquità, e le fiorenti legislazioni nazionali, rette dal principio di territorialità, si
rivelarono inadeguate. La Convenzione d'Unione di Berna per la protezione delle opere
letterarie e artistiche 117, stipulata nel 1886118, si inserisce nell'ambito degli accordi
internazionali che mirano a garantire un livello minimo di tutela a tutti i cittadini sia nello
stato di appartenenza che all'estero119. La protezione prevista è molto alta e per questo motivo
alcune nazioni inizialmente preferirono non sottoscriverla120. L'Art. 4 spiega l'espressione
“opere letterarie ed artistiche” con esempi concreti e con la dicitura finale “tutte le produzioni
nel campo letterario, scientifico, e artistico, qualunque ne sia il modo o la forma di
espressione”. Questo articolo è stato ampliato121 per garantire tutela ai prodotti via via protetti
dalle legislazioni nazionali degli stati unionisti e alle nuove opere frutto della vertiginosa
innovazione tecnica del XX secolo 122, in particolar modo oggi menziona anche “le opere
115
Essi introducevano il diritto riservato all'autore di ridurre, adattare o variare la sua opera e di farne o
autorizzarne la traduzione, intendendo con esso sia la traduzione dalla lingua di prima scrittura ad una
straniera, sia la trasformazione da una forma d'arte ad un'altra.
116
Ciò favorì la circolazione di molte opere a livello europeo e internazionale e la moltiplicazione e la diffusione
di traduzioni, autorizzate e non.
117
Cfr. CHIMIENTI, L., Lineamenti del nuovo diritto di autore, Giuffé editore, Milano, 2006, VII edizione, p. 6.
E' interessante notare che questo accordo ha davvero un ampio potere sul piano internazionale, si pensi che il
Consiglio dell'Unione Europea con una decisione, ossia con una misura vincolante che entra
automaticamente in funzione nella legislazione nazionale dei Paesi a cui è indirizzata, ha imposto a tutti gli
Stati membri che non la avevano ancora sottoscritta l'adesione entro il 1° gennaio 1999.
118
Cfr. Convenzione fra l'Italia e gli altri Stati, per la tutela delle opere letterarie ed artistiche firmata a Berna il 9
settembre 1886, entrata in vigore in Italia nel dicembre 1887. Essa ha subito diverse modifiche importanti
nell'arco della sua storia, talvolta per adeguarsi all'evoluzione delle necessità, talvolta per favorire l'adesione
di nuovi paesi all'Unione. La revisione di Parigi è stata ratificata dal Parlamento italiano con la legge n. 399
del 20 giugno 1978 ed ha portato all'adeguamento della legge sul diritto d'autore attraverso il D.P.R. n. 1979.
In particolar modo esso ha: introdotto l'esplicita menzione all'opera fotografica nell'art. 2; ampliato la tutela
del diritto morale alla difesa dell'opera estendendo il concetto dell'art. 20; aumentato la durata dei diritti
patrimoniali sulle opere cinematografiche (passata da 30 a 50 anni). in UBERTAZZI, L., GALLI, P.,
SANNA, F., Codice del diritto d'autore, Quaderni di Aida, Giuffré Editore, 2003, p. 278.
119
Agli artt. 1 e 2 venne introdotto il “principio di assimilazione”, inteso come il dovere degli Stati aderenti di
trattare il “cittadino unionista” al pari di un proprio cittadino. Nel testo rivisto a Parigi il 24 luglio 1971 il
principio di assimilazione è regolato dall'art. 5.
120
Cfr. AUTERI, P., FLORIDIA, G., MANGINI, V., OLIVIERI, G., RICOLFI, M., SPADA, P., Diritto
industriale, proprietà intellettuale e concorrenza, cit., p. 485. Oggi più di 150 nazioni in tutto il mondo hanno
aderito alla Convezione di Berna. Poiché diversi Stati, inizialmente, si rifiutarono di firmarla per non
adeguarsi ad un livello di protezione così alta, nel 1952 fu stipulata a Ginevra la Convenzione universale del
diritto d'autore. La sua importanza, però, si è ridotta a partire dal 1989 quando gli Stati Uniti hanno aderito
alla Convezione di Berna e molti altri stati ne hanno seguito l'esempio, svuotando così del suo scopo la
Convenzione di Ginevra.
121
Inoltre, nella versione attuale della Convenzione di Berna, che è il frutto della revisione di Parigi del 1971, il
contenuto di questo articolo è stato spostato nell'art. 2.
122
Oggi è praticamente una minuziosa elencazione di possibili opere dell'ingegno. La scelta di esplicitarle una
per una in luogo del consueto vago riferimento a potenziali nuove forme di espressione dell'intelletto, è
servita forse a non lasciare dubbi sull'interpretazione da dare e ad allargare la protezione ai diversi nuovi
prodotti creativi, anche quando questi ultimi non erano stati ancora ponderati dalle legislazioni nazionali, ma

42
cinematografiche, alle quali sono assimilate le opere espresse mediante un procedimento
analogo alla cinematografia”.

La legge italiana si aprì ad una nuova e più ampia definizione di “opera dell'ingegno”
con il Regio decreto legge 7 novembre 1925 n. 1950, “Disposizioni sul diritto di autore”123,
che abrogava la legge del 1882. Questa normativa riconosce l'importanza acquisita dalle
nuove tipologie di opere dell'ingegno, cinematografia e fotografia124 in primis, e dai nuovi
strumenti tecnici che modificano, ampliandole, le tradizionali concezioni di diffusione,
riproduzione, comunicazione, pubblicazione e modificazione delle opere. L'art. 9125 specifica,
infatti, per ciascuna delle esclusive riservate all'autore dall'art. 8, le varie modalità innovative
di sfruttamento e, aggiungendo sempre l'espressione “ed altri strumenti analoghi”, lascia
aperta la possibilità che il diritto si adatti a nuovi imprevedibili sviluppi della tecnica. Inoltre
il regio decreto recepisce i dettami della Convenzione di Berna sui diritti morali dell'autore
all'art. 42126.

Negli anni successivi, a livello internazionale, ci si occupò di inquadrare e risolvere le


nuove problematiche legate alla radiodiffusione: infatti, grazie al progresso tecnologico si era
arrivati a poter addirittura fissare una rappresentazione dal vivo di un'opera su un supporto
che permetteva, poi, di diffonderla e sfruttarla economicamente in differita rispetto alla
realizzazione. A Roma nel 1928 venne fatta un'importante revisione della Convenzione di
Berna127, e su proposta proprio del governo italiano 128 il diritto dell'autore ad autorizzare la
realizzazione si accrebbe di una nuova componente: l'esclusiva sulla “comunicazione
dell'opera”, da far valere contro usi dell'opera effettuati tramite la radio e poi attraverso la
stavano già acquisendo un crescente valore culturale e di mercato.
123
Questo decreto legge è entrato in vigore il 10 settembre 1926, è stato convertito dalla legge 18 marzo 1926 n.
562, ed è stato abrogato dalla legge 22 aprile 1941 n. 633.
124
Anche se l'art. 31 afferma che il diritto d'autore su tali opere ha una durata limitata: vent'anni dalla prima
pubblicazione contro i cinquant'anni dopo la morte dell'autore riservati alle altre opere dall'art. 26.
125
In particolare, la facoltà di “rappresentare”, un tempo limitata allo spettacolo dal vivo, include anche la
proiezione per mezzo della cinematografia; la facoltà di “diffondere” comprende l’uso di tutti i possibili
mezzi di diffusione meccanica, come il telefono o la radiotelefonia; la facoltà di “pubblicare” prevede l’uso
della stampa, della fotografia, del poligrafo, ma anche la trascrizione di qualsivoglia tipo di intervento orale
(improvvisazioni, letture, insegnamenti) mediante la stenografia, la dattilografia o altrimenti, e inoltre la
recitazione in pubblico di scritti o discorsi (il verbo pubblicare è quindi inteso nella sua accezione di
comunicare); la facoltà di “riprodurre” comprende l’uso di tutti i mezzi di riproduzione meccanica, come il
cinematografo, il fonografo, i dischi, i rulli, i cilindri.
126
Nell'art. 42 si legge che “La cessione, anche assoluta ed esclusiva, dei diritti spettanti all’autore di un’opera
dell’ingegno, non comprende, salvo patto in contrario, il diritto di traduzione, riduzione od adattamento
dell’opera”, ovvero che mai il cedente può rinunciare ad una parte dei suoi diritti.
127
Resa necessaria proprio dalle nuove scoperte della tecnica che aprivano nuovi orizzonti di sfruttamento delle
opere dell'ingegno. Anche in questo caso la tutela autoriale per mantenere la sua efficacia ha dovuto ampliarsi
e seguire l'innovazione tecnologica, in modo da avere sempre gli strumenti giusti per evitare gli usi illeciti
delle opere tutelate.
128
Cfr. BELLANI, V., CHIMIENTI, L., Il diritto d'autore nella prassi contrattuale, dottrina, griurisprudenza e
formulario, Giuffré Editore, p. 318.

43
televisione. Tale nuovo strumento di comunicazione veniva considerato come una minaccia
per la diffusione non autorizzata di opere protette, non si era ancora immaginato che esso
potesse diventare strumento di creazione di nuove opere dell'ingegno.

Nell'immediato dopoguerra furono effettuate numerose riflessioni a livello mondiale sui


diritti spettanti ai singoli individui in tutti i settori della vita e, in una serie di conferenze e
riunioni tra esponenti delle varie nazioni, furono identificati alcuni valori da difendere
prioritariamente. Tra essi non viene esplicitamente menzionato il diritto d'autore, ma se ne
ritrova la ratio:

 tutela accordata ai “prodotti culturali” dalla Dichiarazione Universale dei Diritti


dell'Uomo129, che riconosce “il valore supremo dello sforzo dell'ingegno umano”130 e il diritto
alla “protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica,
letteraria e artistica di cui egli sia autore”131;

 nella “serie di principi appartenenti alla sfera etico morale”132 che la Convenzione per
la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali133 si impegna a garantire, tra
i quali spicca, all'art. 10, la “libertà di espressione” in cui rientrano sicuramente le opere
create in ambito artistico e letterario, ma anche in tutti gli altri ambiti in cui possono
esprimersi la creatività e il libero pensiero;

 nel Patto dell'ONU sui diritti economici, sociali e culturali134 che menziona all'art. 5.3
la “libertà indispensabile per la ricerca scientifica e l'attività ricreativa” e all'art. 15, comma 1,
lettera c), “il diritto di ogni individuo […] a godere della tutela degli interessi morali e
materiali scaturenti da qualunque produzione scientifica, letteraria o artistica di cui egli sia
l'autore”135. Questo riferimento al diritto d'autore obbliga gli Stati aderenti al patto a prendere
tutte le misure per proteggere sia i diritti patrimoniali che quelli morali nel proprio territorio
nazionale 136.
129
Adottata all'Assemblea Generale della Nazioni Unite il 10 dicembre 1948.
130
Cfr. SIROTTI GAUDENZI, A., Il nuovo diritto d’autore, la proprietà intelelettuale nella società
dell'informazione, cit., p. 50.
131
Il comma 2 dell'art. 27 mantiene distinti i diritti morali da quelli patrimoniali e si riconosce l'importanza di
entrambi per promuovere l'attività culturale di ciascun individuo.
132
Cfr. SIROTTI GAUDENZI, A., Il nuovo diritto d’autore, la proprietà intelelettuale nella società
dell'informazione, cit., p. 51.
133
Firmata il 4 novembre del 1950 a Roma dai Paesi fondatori del Consiglio d'Europa con l'obiettivo di costruire
una sorta di ius commune di riferimento per i cittadini dei Paesi aderenti.
134
Nel 1966, furono firmati a New York, due importantissimi Patti dell'ONU, uno riguardante “i diritti civili e
politici”, l'altro incentrato su “i diritti economici, sociali e culturali”.
135
Cfr. BALLARINO, T., Diritti dell'uomo e diritti d'autore e connessi, in UBERTAZZI, L. C., TV, Internet e
new trends di diritti d'autore e connessi, cit., p. 9.
136
Cfr. FALACE, V., GAMBINO, A. M., Scenari e prospettive del diritto d'autore, atti del Convegno di Roma ,
27, maggio 2008, Edizioni ART, 2009, p. 16.

44
La legge speciale 22 aprile 1941 n°633 disciplina la protezione di alcune opere
dell'ingegno elencandone i requisiti e le caratteristiche. In particolar modo, l'art. 1 sancisce
che “Sono protette ai sensi di questa legge le opere dell'ingegno di carattere creativo che
appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro ed alla
cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione”. L'ultima frase sembra
lasciare aperto uno spiraglio per tutte le altre possibili realizzazioni introdotte dall'evoluzione
della tecnologia; in particolare si può immaginare che nella previsione del legislatore si
volesse evitare di precludere l'applicazione della legge a future forme di espressione dell'arte e
della cultura permesse appunto dalle nuove tecniche. Ciò consentirebbe di ampliare la nozione
di “opera dell'ingegno” ai prodotti dei nuovi media.

Proprio per questa sua ambiguità, l'art. 1 è stato oggetto di interpretazioni controverse
da parte della dottrina e della giurisprudenza. Da una parte l'elencazione degli ambiti di
appartenenza delle opere viene intesa in maniera tassativa, poiché non è pensabile che si
svolga attività creativa al di fuori di tali settori della cultura, dall'altra parte la dicitura
“qualunque ne sia il modo o la forma di espressione” permette di interpretare in maniera
esemplificativa le tipologie di opere che possono essere create all'interno delle sei materie di
riferimento per il diritto d'autore137.

Nella lettura della legge bisogna tener conto del contesto storico in cui è stata emanata,
un periodo caratterizzato dal mutamento e dall'introduzione di nuove tecnologie che
comportarono nuove forme di espressione. Da sempre, dall'invenzione della stampa a caratteri
mobili in poi e dal conseguente input alla diffusione dei testi fino all'attuale problematica
delle postazioni di scambio peer to peer e dell'incontrollabile proliferazione delle opere pirata,
il diritto si è occupato di “inseguire lo sviluppo tecnologico”138 e fornire strumenti di tutela
adeguati a proteggere le opere dell'ingegno nei vari contesti di evoluzione139, nella loro
produzione e nella loro fruizione da parte di terzi. Quindi, nell'applicazione del diritto
d'autore, è di primaria importanza una certa flessibilità nell'interpretazione delle norme e in
particolar modo di quelle che presentano una definizione più aperta, nel presupposto che “il
137
Tra gli altri SIROTTI GAUDENZI, A., Il nuovo diritto d'autore, Maggioli Editore, 2009, V edizione, p. 204,
e DE SANCTIS, V., In tema di opere cinematografiche e di opere televisive, cit., p. 125.
138
Vedi AUTERI, P., FLORIDIA, G., MANGINI, V., OLIVIERI, G., RICOLFI, M., SPADA, P., Diritto
industriale, proprietà intellettuale e concorrenza, cit., p. 489.
139
In questo senso anche ARE, M., L'oggetto del diritto di autore, cit., p. 8. Prendendo spunto dalla sentenza
della Cassazione Civile 8 novembre 1904, in Foro Italiano, 1904, II, p. 16, pronunziata quando ancora era in
vigore il Testo Unico del 1882, l'autore considera che la giurisprudenza abbia concesso la tutela ad una
fotografia e quindi abbia ritenuto arbitraria la limitazione della tutela alle sole opere letterarie, artistiche e
scientifiche (le uniche menzionate nell'elenco dell'art. 2 e dunque ufficialmente ammesse nel diritto d'autore)
con la giustificazione che si potesse ampliare la categoria delle forme di espressione e produzione
intellettuale “in relazione ai nuovi mezzi tecnici di estrinsecazione e realizzazione”.

45
legislatore non abbia volutamente inteso cristallizzare in un certo momento storico le possibili
attività creatrici della mente umana”140, ma anzi abbia voluto ipotizzare che con l'avvento di
nuove tecniche si sarebbero potuti allargare gli orizzonti della tutelabilità ad innovative forme
di espressione della creatività. Anche se, però, vi sono delle illustri eccezioni dottrinali che
tendono a sostenere una radicale chiusura nei confronti di ogni forma di innovazione e dunque
sostengono una lettura tassativa di ogni aspetto della legge141.

A fronte di una, più o meno, dichiarata apertura potenziale verso le possibili forme di
realizzazione dell'opera dell'ingegno e verso le nuove categorie meritevoli di tutela, si
riscontra, soprattutto, nella giurisprudenza una concreta tendenza ad interpretare in maniera
apparentemente più rigida e stringente le categorie di opere elencate al successivo art. 2.
Eventuali valutazioni di merito su “prodotti atipici”, che non siano espressamente menzionati
dal suddetto articolo, vengono eseguite “attenendosi a canoni rigorosamente restrittivi, in
guisa da garantire la tutela riconosciuta dall'ordinamento a quei soli prodotti dell'umano
intelletto che siano rappresentativi di un'effettiva genialità e della personalità dell'autore”142.
Tali prerequisiti sembrano essere molto più complessi rispetto a quelli formalmente richiesti
in materia di diritto d'autore e, nell'applicazione pratica, i giudici si sono dimostrati sempre
molto restii ad includere nell'elencazione dell'art. 2 sia nuove opere simili o assimilabili a

140
Vedi Pretura di Torino, 8 aprile 1987, cit., p. 561. Come si è visto nell'introduzione, questa sentenza
rappresenta uno dei rarissimi casi di concessione di tutela ad un format televisivo nella giurisprudenza
italiana. Nello specifico due emittenti, una locale e una nazionale, avevano mandato in onda, all'interno di
programmi molto diversi ma entrambi sportivi e legati al campionato di calcio, una rubrica con un gioco di
interazione tra pubblico e ospiti celebri. In sede di giudizio, la rete locale ha dimostrato di aver inserito per
prima tale spezzone nel suo programma, poiché frutto di una creativa idea del conduttore. Dal confronto tra
le due rubriche è emerso che lo schema della prima era stato riprodotto in maniera identica, senza nessun
accorgimento di differenziazione da parte della rete nazionale che quindi è stata inibita dal proseguire la sua
programmazione. Questa sentenza è la prova del fatto che l'incertezza del diritto incide negativamente sul
mercato: quando ci si limita a copiare, forti della mancanza di leggi, si comprimono gli investimenti in nuove
risorse creative e si preclude così il potenziale arricchimento culturale che deriva dall'innovazione e dai nuovi
spunti originali e che, nell'interesse della crescita del patrimonio culturale pubblico, la legge sul diritto
d'autore dovrebbe, in un certo senso, promuovere e tutelare.
141
Cfr. FABIANI, M., Ancora in tema di protezione di giochi o idee di programmi televisivi, in Il diritto di
autore, 1987, p. 614. L'autore sostiene infatti che un lavoro intellettuale per configurarsi come opera
dell'ingegno tutelabile ai sensi della legge n. 633 del 1941 deve presentarsi come “espressione formale [..] di
un contenuto intellettuale che rientri in una delle categorie tassativamente (e non esemplificativamente)
indicate dall'art. 1”. In realtà, quest'interpretazione restrittiva è stata più volte contraddetta da altri commenti
della dottrina, non solo in epoca moderna, quando lo sviluppo tecnologico ha dimostrato la possibilità di
esprimere la creatività e l'originalità attraverso forme di rappresentazione sempre nuove, bensì anche negli
anni immediatamente successivi all'emanazione delle legge del diritto d'autore. Si veda DE SANCTIS, V., In
tema di opere cinematografiche e di opere televisive, cit., p. 125.
Si segnala inoltre SIROTTI GAUDENZI, A., Il nuovo diritto d'autore, Maggioli Editore, 2009, V edizione, p.
204 - 205, in cui l'autore afferma che senza nessun dubbio che l'elencazione di cui agli artt. 1 e 2 “non deve
affatto intendersi come tassativa” proprio come se il legislatore avesse voluto “lasciare aperta la possibilità di
invocare la protezione espressa dalla legge 633/41 a favore di una moltitudine di opere intellettuali non
necessariamente riconducibili alle categorie espressamente previste dalla fonte normativa”.
142
Cfr. Pretura di Roma, 8 giugno 1987, in Il diritto di autore, 1987, p. 568.

46
quelle già contenute in essa, che prodotti di tecniche innovative la cui espressione formale non
sempre è perfettamente aderente all'interpretazione che di essa si dà per i prodotti
pacificamente tutelati. In questo senso, si comprendono bene le difficoltà che si sono
incontrate per modificare l'elencazione, aggiungendo al punto 9, le banche dati, prodotto
innovativo e di grande valore economico143 che ha richiesto addirittura un intervento
legislativo comunitario, prima di poter essere incluso tra le opere tutelate. In effetti, laddove
l'interpretazione rimaneva ambigua, ma il potenziale valore del bene era tale da richiedere un
intervento normativo, si è approdati ad una rivisitazione inevitabile degli istituti del diritto
d'autore, per seguire il ritmo inarrestabile del progresso tecnologico e della creatività nei vari
campi della cultura e dello spettacolo144.

L'Unione Europea, perseguendo obiettivi specifici di armonizzazione legislativa nei vari


ambiti di interesse della vita pubblica, ha notevolmente influenzato il processo di
aggiornamento della legge sul diritto d'autore. In particolar modo, ha accelerato la
regolamentazione delle nuove caratteristiche e delle nuove situazioni introdotte dalla
“rivoluzione tecnologica digitale e multimediale”145. Questa rivoluzione, che ha inciso
soprattutto sul piano della produzione e dello sfruttamento delle opere, ha “creato un netto
stacco tra il passato e il presente, generando una nuova era postindustriale nella quale il bene
incorporale, «immateriale» prevale, per interesse economico e necessità di riconoscimento e
protezione giuridica, sul bene materiale cui, nei secoli, è stata assicurata oggettività giuridica”
146
.

L'attuale dicitura dell'art. 2 afferma:

143
Infatti l'inserimento esplicito delle banche dati nella legge è stato necessario per offrire una garanzia efficace
di tutela a un nuovo prodotto tecnologico di cui all'epoca dell'emissione della legge non era stata prevista né
la creazione né la diffusione. Il D.lgs. 6 maggio 1999, n. 169 ha appunto modificato la legge 633/1941. Per
adattare il concetto di “creatività”, requisito indispensabile per tutte le opere dell'ingegno tutelate dal diritto
d'autore, alle banche dati, si è detto che “la scelta o la disposizione del materiale costituiscono una creazione
intellettuale dell'autore”. Cfr. Decreto Legislativo 6 maggio 1999, n. 169, Attuazione della direttiva 96/9/CE
relativa alla tutela giuridica delle banche di dati, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 138, 15 giugno 1999.
In realtà, però, questo nuovo prodotto è stato un po' forzatamente inserito nell'ambito di applicazione del
diritto d'autore: più che la tutela del creatore sembra ravvisabile l'interesse economico al ritorno
sull'investimento effettuato, una situazione simile a quella che ha fatto sorgere i diritti connessi.
Sarebbe auspicabile un'analoga evoluzione legislativa per i numerosi nuovi beni materiali e immateriali,
introdotti grazie all'evoluzione tecnologica, che attualmente non sono minimamente regolati né tutelati, e che
hanno come unica colpa quella di essere stati ideati molto tempo dopo l'emanazione della legge.
L'interpretazione del diritto d'autore sembra essersi fossilizzata su pregiudizi e chiusure che, in parte,
tradiscono lo spirito con cui era stata concepita dal Legislatore per tutelare i nuovi prodotti dell'ingegno e le
nuove forme di consumo e diffusione di essi che non erano stati inseriti, perché non ancora concepiti, né
concepibili, nella precedente legge del 1925.
144
Cfr. LONGHINI, S., Diritto d'autore e format televisivi: prospettive e attualità, cit., p. 423.
145
Cfr. CHIMIENTI, L., Lineamenti del nuovo diritto d'autore, cit., p. 9.
146
Ibidem.

47
“In particolare147 sono comprese nella protezione:

1) le opere letterarie, drammatiche, scientifiche, didattiche, religiose, tanto se in forma


scritta quanto se orale;

2) le opere e le composizioni musicali, con o senza parole, le opere drammatico-


musicali e le variazioni musicali costituenti di per sé opera originale;

3) le opere coreografiche e pantomimiche, delle quali sia fissata la traccia per iscritto
o altrimenti;

4) le opere della scultura, della pittura, dell'arte del disegno, della incisione e delle
arti figurative similari, compresa la scenografia;

5) i disegni e le opere dell'architettura;

6) le opere dell'arte cinematografica, muta o sonora, sempreché non si tratti di


semplice documentazione protetta ai sensi delle norme del Capo V del Titolo II;

7) le opere fotografiche e quelle espresse con procedimento analogo a quello della


fotografia sempre che non si tratti di semplice fotografia protetta ai sensi delle norme del
Capo V del Titolo II;

8) i programmi per elaboratore, in qualsiasi forma espressi purché originali quale


risultato di creazione intellettuale dell'autore148. Restano esclusi dalla tutela accordata dalla
presente legge le idee e i principi che stanno alla base di qualsiasi elemento di un programma,
compresi quelli alla base delle sue interfacce. Il termine programma comprende anche il
materiale preparatorio per la progettazione del programma stesso.

9) le banche di dati di cui al secondo comma dell'articolo 1, intese come raccolte di


opere, dati o altri elementi indipendenti sistematicamente o metodicamente disposti ed
individualmente accessibili mediante mezzi elettronici o in altro modo. La tutela delle banche
di dati non si estende al loro contenuto e lascia impregiudicati diritti esistenti su tale
147
Proprio l'inserimento da parte del Legislatore dell'espressione “in particolare” fa propendere per
un'interpretazione esemplificativa dell'elenco successivo. Cfr. DE SANCTIS, V., In tema di opere
cinematografiche e di opere televisive, cit., p. 125.
148
Anche l'introduzione del software tra le opere tutelate, analogamente a quella delle banche dati, è il risultato
di un lungo processo cominciato negli anni '80 con una serie di sentenze e normative nazionali, e culminato
poi con una trattazione a livello comunitario e l'emanazione della direttiva 91/250/CEE, recepita nel nostro
ordinamento giuridico con il D.Lgs. 518 emanato il 29 dicembre 1992.
Una problematica causata dall'introduzione del software nella legge n° 633/1941 è un sospetto allargamento
della tutela al contenuto del prodotto, infatti nella distinzione tra “codice sorgente” (comprensibile all'uomo)
e “codice oggetto” (incomprensibile all'uomo, ma destinata all'uso da parte dell'elaboratore) non si è
individuato nettamente il confine tra espressione dell'idea e idea stessa. Per tale incertezza si veda SIROTTI
GAUDENZI, A., Il nuovo diritto d’autore, la proprietà intelelettuale nella società dell'informazione, cit., p.
202.

48
contenuto.

10) le opere del disegno industriale che presentino di per sé carattere creativo e valore
artistico.

Nei punti 1, 2, 3 e 6, l'articolo presenta numerose opere dell'ingegno che vengono


realizzate nel settore dello spettacolo, ma a nessuna di esse si può assimilare direttamente il
format in modo da ammetterlo al rango di opera tutelabile poiché notevoli sono le differenze e
le peculiarità dello schema di programma rispetto agli altri prodotti dell'intrattenimento.

La definizione della SIAE, che finora rimane l'unico testo di riferimento che dia
indicazioni per il riconoscimento ufficiale delle caratteristiche di un format, pone bene
l'accento su alcuni aspetti indispensabili per stabilire in cosa consista.

In primo luogo, esso sottolinea l'originalità dell'idea che sottosta al programma, ma è


proprio l’essenza dell’originalità l’aspetto del prodotto più controverso, inafferrabile e meno
definibile in concreto, considerato il carattere composito che tanti format presentano,
l’apporto multiforme di cui si avvalgono, nonché le variazioni particolari di cui si
arricchiscono e grazie a cui si modificano rispetto all’originale per adattarsi al pubblico
prescelto dai nuovi autori. Infatti in numerosi procedimenti giudiziari tra emittenti televisive e
creatori di format, i giudici, prima ancora di pronunciarsi sulla tutelabilità o meno di un
format in astratto, hanno contestato l’inconsistenza e/o la banalità delle idee base149, tentando
con tale considerazione preliminare di inficiare ab imis ogni possibile appello alla legge sul
diritto d'autore.

In secondo luogo, lo stesso testo richiede l'idoneità dell'opera alla rappresentazione,


sottintendendo che sia indispensabile un livello di compiutezza tale da renderne
immediatamente possibile la messa in scena. Dietro questo secondo principio, c'è il concetto
cardine della legge 633/1941, ovvero che nessuna tutela è riconosciuta alla mera idea, poiché
“questa costituisce solo una cellula embrionale, la fase genetica che farà da spunto alla
creazione dell'opera”150. Ne consegue che bisogna distinguere con chiarezza il format da un
semplice schema di programma abbozzato e privo di compiutezza, ed è indispensabile
individuare tra i due concetti un confine che permetta di concedere una giusta tutela al primo
e invece faccia rimanere il secondo nel “limbo delle mere idee”, che seppur originali e
creative, se prive di realizzazione concreta, restano non tutelabili dalla legge. “L'idea deve

149
Cfr. Tribunale di Roma, 27 gennaio 2000, in Il diritto di autore, 2000, p. 547, di cui si parlerà nelle prossime
pagine.
150
Cfr. FABIANI, M., Per una tutela del format televisivo, cit., p. 69.

49
considerarsi come una rappresentazione intellettuale priva di un modo di composizione che
abbia una sua organica forma di rappresentazione”151. Infatti, “il diritto di autore non tutela la
rappresentazione intellettuale interna, ma la forma data all'idea che reca l'impronta della
particolare personalità dell'autore”152.

Nella categoria di format vengono compresi casi del tutto eterogenei, “classificabili
lungo una linea ideale”, che va dal più vago al più definito: vengono contemplati casi la cui
consistenza è al mero stato di abbozzo e che pertanto non sono meritevoli di tutela, altri casi
invece, ben individuabili e solidi, i cui diritti dovrebbero essere disciplinati e protetti dalla
legislazione; ovvero ad un estremo vi è solo un “abbozzo di idea (specificato però ad un
livello tale da consentirne la riconoscibilità certo attraverso elementi caratteristici)”, mentre
all'estremo opposto vi è un dettagliato testo scritto o, talvolta, un video. “Considerata questa
linea immaginaria che va dal prodotto allo stato larvale, piuttosto vago, al lavoro ben definito
e compiuto, minuziosamente specificato (format bible), ne consegue che il diverso grado di
esteriorizzazione e formalizzazione dell'idea deve ritenersi il differenziale che può far
aspirare il format ai differenti livelli di tutela”153.

Una prima indispensabile distinzione, a livello dottrinale, va fatta tra format “ancora da
realizzare” e format “già realizzati”154. Mentre i format rientranti nel primo caso possono
presentare livelli diversi di estrinsecazione, essere delle mere tracce, dei semplici spunti o dei
testi già completi e pronti all'uso, nel secondo caso si tratta di veri e propri programmi che
hanno una forma compiuta data dalla concretizzazione avvenuta con l'allestimento e la
diffusione via etere155. Nel primo caso sono coinvolti principalmente gli interessi degli
ideatori dei format che cercano di ottenere il riconoscimento dei loro diritti morali e
patrimoniali e quindi aspirano ad un legittimo compenso da parte delle emittenti televisive o
dei committenti a cui hanno proposto il loro lavoro. Il secondo gruppo è sicuramente il più
importante per quel che riguarda i diritti economici. E' quello che finora ha generato e genera
il maggior numero di controversie tra società concorrenti, in particolar modo tra emittenti
televisive rivali nella conquista dell'audience e dei connessi, cospicui introiti derivanti dalla
vendita degli spazi pubblicitari.

Esaminando la giurisprudenza italiana e internazionale, emerge che raramente il format

151
Cfr. ZUCCHELLI, N., Ultime notizie sul “format”, cit., p. 109
152
Cfr. Tribunale di Roma, 27 gennaio 2000, cit., p. 544.
153
Cfr. PROSPERETTI, E., TOZZI, F., COMANDINI, V. , I format televisivi tra acquisto di know-how e tutela
della proprietà intellettuale, cit., p. 9.
154
Cfr. GRANDINETTI, O., La tutelabilità erga omnes del format di programmi radiotelevisivi, cit., p. 31.
155
Cfr. LAX, P., E' possibile parlare di soggetto televisivo?, cit., p. 559.

50
ha ricevuto tutela ai sensi del diritto di autore. Si possono distinguere alcuni criteri
d’interpretazione che negano la protezione ai format:

a) uno più strettamente legato al livello di esteriorizzazione;

b) un altro più concentrato sui requisiti di originalità e novità;

c) un terzo che, non riconoscendo le peculiarità di ciascuna tipologia di format, ha


individuato la necessarietà del ricorso ad alcune scelte ed ad alcuni imprescindibili elementi
rispetto all'argomento trattato156.

Infatti, nelle sentenze riconducibili al primo filone, si è posta l'attenzione


esclusivamente sulla differenza tra forma interna, forma esterna e contenuto dell'opera, che
verrà sviluppata nel prossimo capitolo, e si è negato l'accesso alla tutela proprio basandosi
sulla ferma concezione, talvolta trasformatasi in pregiudizio, che ciò che compone il format
sia principalmente contenuto157 e che in esso non sia abbastanza sviluppata la forma158, né
quella interna né quella esterna, su cui, invece, la legge garantirebbe la tutela. In modalità
diverse, i vari giudici, talvolta senza nemmeno approntare una pur sommaria valutazione dei
documenti sottoposti loro, si sono rifatti alla concezione che nega a priori tutelabilità ai
format poiché considerati “elementi embrionali di un'opera, semplici idee prive di espressione
formale […] e che necessitano di ulteriori processi di elaborazione e di integrazione altri
contributi creativi per raggiungere individualità e compiutezza di rappresentazione”159.

Dall'altra parte si trova un gruppo di decisioni in cui si è data grande importanza alla
creatività e all'originalità, requisiti che sono sì indispensabili per l'applicazione della legge,
156
Cfr. GRANDINETTI, O., La tutelabilità erga omnes del format di programmi radiotelevisivi, cit., p. 32.
L'autore opera una suddivisione differente: “mancanza di concretezza espressiva”, “inammissibile tutela del
contenuto”, “attività spontanea e imprevedibile dei partecipanti”. Alla luce di numerose altre sentenze si
ritiene di poter ampliare e modificare come sopra tale definizione dei “filoni” della giurisprudenza. In
particolar modo, le prime due tendenze profilate da GRANDINETTI si basano su un unico principio in
quanto è proprio l'incompletezza, o il mancato riconoscimento, di un sufficiente grado di estrinsecazione
dell'idea a far sospettare che si stia tutelando il contenuto; la terza tipologia di pronunce riguarda un gruppo
ristretto di format di cui si parlerà tra alcuni capitoli e, comunque, l'eccessivo spazio lasciato alla spontaneità
dei concorrenti/personaggi va interpretato come un “buco” nello schema predeterminato e quindi può essere
ricondotto all'incompletezza sul piano formale.
157
Cfr. Pretura di Roma, 26, novembre 1987, in Giurisprudenza Italiana, 1988, parte I, sezione 2, p. 322. Il
Pretore adito ha negato che lo schema del programma Sogni di..., imperniato sull'idea di offrire ai concorrenti
la possibilità di realizzare i propri desideri, regolarmente depositato presso l'Ufficio della proprietà letteraria,
artistica e scientifica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, potesse essere tutelato rispetto al cosiddetto
“gioco dei sogni” inserito nella trasmissione Fantastico mandata in onda dalla RAI, in quanto difettante degli
indispensabili requisiti di compiutezza formale.
158
Cfr. SAVINI, A., Programmi e giochi televisivi, in Giurisprudenza Italiana, 1988, I, sez. II, p. 336. L'autore
sostiene che ciò che si vorrebbe proteggere in un gioco televisivo non è la sua “forma di espressione”, che tra
l'altro essendo largamente dipendente dalla libera attività dei concorrenti non potrebbe essere tutelata in
quanto non predeterminata dall'inventore, bensì il “sistema del gioco”, la sua struttura di base che è
comunque un concetto astratto, dunque indubbiamente “estraneo alla tutela”.
159
Cfr. Tribunale di Roma, 27 gennaio 2000, cit., p. 547.

51
ma per i quali non è fissato un livello minimo. In diversi casi, soprattutto in settori differenti
da quello del format, la giurisprudenza ha riconosciuto la tutela anche a prodotti che
presentavano un apporto creativo ridotto160 o un livello modesto di originalità161 purché essi
risultassero dotati di una chiara estrinsecazione formale e/o derivati da un notevole
investimento economico 162. Invece, anche se completi sul piano della forma espressiva,
poiché supportati da un ricco corredo documentale, alcuni format sono stati esclusi dalla
tutela in quanto ritenuti carenti, appunto, sul piano della creatività163.

All'ultimo insieme appartengono delle pronunzie in cui i giudici hanno sostenuto che la
scelta di un tema per il format implichi l'utilizzo praticamente forzato di una serie di elementi
e di una certa loro combinazione, più o meno fissa in base al tipo di schema 164. A loro avviso,
quindi, non ci sarebbe nessun intervento attivo del creatore del format, ma una sequenza
obbligata dalla quale non si può assolutamente prescindere una volta effettuata l'opzione.

E', dunque, indispensabile comprendere quale sia la relazione tra le caratteristiche del
format e i requisiti richiesti dal diritto d'autore per valutare se, a prescindere
dall'atteggiamento diffidente della giurisprudenza, siano essi riscontrabili o meno in questo
nuovo prodotto. Auspicando una codificazione ufficiale del format si presuppone che essa
sarà accompagnata da modalità di interpretazione e applicazione della legge studiate ad hoc

160
Cfr. Pretura di Torino, 8 aprile 1987, cit., p. 562. Il Pretore per giustificare la protezione accordata ad una
sfida al calciobalilla, diventata elemento essenziale di attrazione in un programma sportivo di una rete locale,
ha affermato: “la prevalente giurisprudenza nega che tra i requisiti di tutelabilità dell'elaborato intellettaule
figuri anche il valore artistico dell'opera, appartenendo tale valutazione ad un metro di considerazione del
tutto estraneo alla previsione normativa e si accontenta di un grado di creatività anche modesto”.
Tale presa di posizione ha incontrato diverse critiche, in particolar modo si riporta quella di SAVINI, A.,
Programmi e giochi televisivi, cit., p. 335, in cui l'autore sottolinea che anche accettando il grado modesto di
creatività non si dovrebbe prescindere dal quid novi che invece sembra del tutto assente nello schema tutelato
“incapace di rappresentare un elemento anche piccolo sopravvenuto nel patrimonio conoscitivo della
collettività, un novum benché minimo rispetto al preesistente”.
161
Cfr. BIFERALI, G., TASSONE, B., La tutela del format in Cassazione, tra principi generali e merito
dell'opera, in Il diritto di autore, 2011, I, p. 111, in cui si spiega come il concetto di creatività prescinda da
“un'assoluta novità e originalità, ritenendo tutelabili anche idee modeste e nozioni semplici”.
162
Si pensi al caso dei software e delle banche dati, di cui si parlerà più avanti, che sono stai inseriti nella legge
anche per tutelare l'investimento economico.
163
Cfr. Tribunale di Roma, 27 gennaio 2000, cit., p. 547. Nella causa si contrapponevano la società
Artespettacolo, creatrice del format Aspettando il festival e la RTI, accusata di aver realizzato il programma
Viva Napoli sfruttando proprio l'idea e le informazioni fornite dalla attrice. Il giudice ha negato la tutela
asserendo che “deve escludersi che il format dell'attrice presenti carattere di novità oggettiva ed apporti nel
mondo esterno qualcosa che prima non esisteva recando impressa l'impronta personale dell'autore. Si tratta,
invero, di uno schema predisposto secondo gli usuali modelli tipici delle competizioni canore […] E'
assolutamente impossibile individuare un qualsiasi contributo creativo”.
164
A livello internazionale il caso di Opportunity Knocks incarna proprio l'archetipo di questa tendenza
giurisprudenziale. In giudicante ha sostenuto che gli elementi costituenti il gioco, sui quali Grant pretendeva
di poter vantare la paternità, erano in realtà comuni e necessari per la realizzazione di qualsiasi programma
televisivo basato su una competizione, dei giudici e un premio finale. Non è stato valutato minimamente se e
come la creatività dell'autore avesse impresso in tali elementi la sua personale visione. Cfr. KLEMENT, U.,
Protecting television show formats under Copyright Law, cit., p. 54.

52
per la fattispecie inserita, infatti “quando si codifica un genere nuovo di opere si regolamenta
anche, ex novo, la misura e la forma dei requisiti essenziali per il riconoscimento della tutela,
stabiliti in astratto dall'art. 1 della Lda”165.

1.4 Sulla ricorrenza nel caso del format dei presupposti per l'accesso alla tutela prevista
dalla legge sul diritto d'autore

La legge sul diritto d'autore tutela la produzione creativa, intesa come apporto di un
individuo al patrimonio culturale collettivo. Dunque “l'atto originario”, la conditio sine qua
non, il prerequisito affinchè sia possibile accedere al diritto d'autore è il fatto di creare
qualcosa: “il sorgere di una tutela giuridica dipende dalla realizzazione, “concretizzazione” o
esteriorizzazione dell'opera, [...] è indispensabile che l'ideatore si trasformi in autore166,
produca ed esterni un'attività creativa.
Non è necessaria nessuna formalità costitutiva167, però non è sufficiente che si elabori e
condivida un pensiero creativo. Esso dev'essere esteriorizzato poiché “le idee, anche se nuove
ed originali, sono escluse dalla tutela d'autore qualora non siano adeguatamente estrinsecate
ed elaborate in un'autonoma forma espressiva”168. Proteggendo l'essenza del pensiero, infatti,
si arriverebbe a creare un “monopolio delle idee”169 e ciò negherebbe il principio stesso della
tutela autoriale, nata, come si è già detto, per compendiare le esigenze di arricchimento
culturale della comunità umana e la necessità di offrire garanzie morali ed economiche agli
autori per gratificare la loro attività e spronarli a produrre. Il diritto, dunque, “non protegge
l'idea in sé, ma la rappresentazione intellettuale originale come modo di essere dell'idea
organicamente composta ed espressa”170, ovvero la forma che assume l'idea e attraverso la
quale il pensiero dell'autore viene veicolato al destinatario.
Il concetto di forma, però, è molto vasto e ambiguo: per comprenderne la portata
165
Cfr. BELLANI, V., CHIMIENTI, L., Il diritto di autore nella prassi contrattuale, cit., p. 711.
166
Cfr. SIROTTI GAUDENZI, A., Il nuovo diritto d’autore, la proprietà intelelettuale nella società
dell'informazione, cit., p. 62. L'autore ricorre all'etimologia della parola poeta all'etimologia della parola
“poeta” per collegare il diritto d'autore al compimento di un'azione, l'estrinsecazione di un pensiero.
“L'espressione poeta, con cui si indica il livello più alto di autore conosciuto, evidenzia la propria radice
greca: πoιέω, infatti, significa fare, agire e - quindi – poeta è colui che agisce, colui che fa. Utilizzando un
pleonasmo, quindi, potrebbe ben dirsi che chi agisce è poeta” dunque autore”.
167
In questo aspetto il diritto d'autore differisce dal copyright. Nei Paesi di common law si compie un
procedimento formale prima di ottenere l'accesso alla tutela. La Convenzione di Ginevra del 1952, che come
si è visto era stata stipulata per allargare una protezione minima comune anche alle nazioni che non avevano
voluto sottoscrivere la più rigida Convenzione di Berna del 1882, prevedeva una formalità costitutiva ben
lontana dalle concezioni della tutela autoriale di matrice franco-italiana.
168
Cfr. BERTANI, M., Tutela dei format di programmi televisivi, cit., p. 699.
169
Cfr. MARI, G., La protezione del “format” nel sistema della legge sul diritto d'autore, cit., p. 95.
170
Cfr. ZUCCHELLI, N., Ultime notizie sul format, cit., p. 110.

53
bisogna specificarne il significato nell'ambito della legge sul diritto d'autore. Il pensiero in
quanto immateriale per rendersi conoscibile necessita di una estrinsecazione che lo renda
suscettibile di percezione sensibile da parte degli altri e la forma è proprio l'espressione di tale
pensiero, l'impressione di esso su di un corpo materiale171. I due piani rimangono separati: da
una parte vi è quello trascendente dell'idea astratta, che potrà successivamente e/o in altri
contesti assumere altre forme e che sarà comunque possibile dedurre dalla forma concreta in
cui è stato tradotto e che ne reca evidentemente l'impronta; dall'altra parte vi è un supporto
fisico, un corpus mechanicum, che è il risultato del processo di “materializzazione”172 del
corpus mistycum, delle idee.
La rappresentazione esterna passa dunque per una personalizzazione del pensiero, dei
valori, delle nozioni, attraverso la “particolare visione e organizzazione dell'oggetto”173
operata dall'autore per comunicarlo e farlo conoscere agli altri. Ciò sarebbe la forma che,
però, a sua volta, in base al tipo di opera, non è facilmente intuibile e soprattutto presenta al
fruitore due piani di interpretazione: uno più superficiale, dato dalla percezione fisica della
conformazione materiale174 dell'opera; l'altro, più intellettuale, che è il frutto di una riflessione
sulle scelte specifiche dell'autore. In questo senso rimane di grande attualità la teorizzazione
dello studioso Joseph Kohler 175, a cui si fa spesso riferimento da parte della giurisprudenza e
della stampa specializzata. Egli spiega che in ogni opera si possono individuare un contenuto,
una forma interna, una forma esterna176.
Il contenuto consiste nell'argomento e nei fatti che contraddistinguono l'opera, nelle
idee, negli avvenimenti, nelle intuizioni in quanto tali, ossia “a prescindere dal particolare
modo in cui sono scelti, coordinati ed esposti”177.
La forma interna consiste nella struttura espositiva. Essa è il risultato di “una cernita, di
una valutazione in base alla quale taluni elementi sono portati in primo piano ed altri lasciati
nello sfondo”178. Quindi riguarda la maniera personale in cui l'autore ha compiuto la scelta, la

171
Cfr. ARE, M., L'oggetto del diritto di autore, cit., p. 134.
172
Cfr. ARE, M., L'oggetto del diritto di autore, cit., p. 127.
173
Cfr. ARE, M., L'oggetto del diritto di autore, cit., p. 126.
174
Cfr. ARE, M., L'oggetto del diritto di autore, cit., p. 138.
175
Ampiamente citata da gran parte della dottrina, in particolar modo qui si fa riferimento al testo Das
Autorrecht del 1886, riportato da ARE, M., L'oggetto del diritto di autore, cit., p. 140.
176
Diversi commentatori italiani hanno raccolto il pensiero dello studioso tedesco e lo hanno condensato in
formule sintetiche più o meno equivalenti: qui si seguono sostanzialmente quelle di GRANDINETTI, O., La
tutelabilità erga omnes del format di programmi radiotelevisivi, cit, pp. 43 - 44.
177
Cfr. AUTERI, P., FLORIDIA, G., MANGINI, V., OLIVIERI, G., RICOLFI, M., SPADA, P., Diritto
industriale, proprietà intellettuale e concorrenza, cit., p. 495.
178
Si veda ARE, M., L'oggetto del diritto di autore, cit., p. 140. Per l'autore la forma interna è il frutto di una
“attività coordinatrice” dell'intelletto, finalizzata alla composizione. Essa “sceglierebbe l'essenziale, lo
separerebbe dal non essenziale, articolerebbe il caos di impressioni e le porrebbe in collegamento” e in
questo senso la si può interpretare come la selezione, l'organizzazione, l'associazione e l'elaborazione del

54
coordinazione e la disposizione degli argomenti.
La forma esterna è il rivestimento esteriore, ciò che è “percettibile attraverso i sensi”179.
Questa distinzione, nonostante le numerose critiche che le sono state mosse180, rimane
quella più utilizzata per individuare quale parte dell'opera vada indagata per valutarne, poi, i
requisiti della creatività e la eventuale tutelabilità. Dunque, l'espressione formale è
indispensabile, quanto il carattere creativo, ma entrambi i requisiti sono strettamente correlati
al genere dell'opera181. La distinzione tra forma interna e forma esterna appare più nitida se la
si inserisce in un contesto reale.
A sostegno dell'argomentazione volta a dimostrare che l'abbozzo di un'opera può e deve
essere riconosciuto e tutelato se presenta un contenuto individuabile ed una significazione
chiara ancorché incompleta, ed anche per approfondire la questione dell'essenza costitutiva
dell'opera dell'ingegno può essere d'aiuto l'esempio di una grande opera d'arte iniziata e non
portata a compimento, la Pietà Rondanini, e il confronto tra essa e l'altra opera più nota che si
trova in San Pietro.
Nelle due opere di Michelangelo, appunto la Pietà Rondanini e la Pietà vaticana, il
contenuto si identifica nella rappresentazione dell'episodio evangelico a tutti noto, la forma
interna si riscontra nella disposizione plastica dei volumi dei corpi dei due personaggi
rappresentati, la forma esterna è ravvisabile nelle linee, nelle volute, negli effetti di luce –
ombra che lo scalpello magistrale (si lasci passare la metonimia) dell'artista ha scolpito nel
marmo. Che fra le due sculture ci sia una differenza nella forma esterna è fin troppo evidente,
così come ce n'è altrettanta nella forma interna; quest'ultima però si riflette nel contenuto a tal
punto che lo rende diverso. Un'osservazione attenta, che non si limiti agli aspetti formali,
coglie nella tensione che vibra nella composizione più tarda, nella postura dei corpi della
contenuto. E' importante notare che, secondo l'autore, rientra nella forma interna ciò che non sia
“immediatamente percettibile con i sensi e richieda invece per essere inteso l'intervento di una superiore
attività di intellezione”, proprio perché è necessario ricostruire il senso dato dall'autore alle associazioni
percepibili coi sensi, p. 148.
179
Cfr. ARE, M., L'oggetto del diritto di autore, cit., p. 152. L'autore specifica che “l'immediata percettibilità
fisica” si riferisce solo a ciò che si può percepire attraverso la vista e l'udito.
180
Cfr. AUTERI, P., FLORIDIA, G., MANGINI, V., OLIVIERI, G., RICOLFI, M., SPADA, P., Diritto
industriale, proprietà intellettuale e concorrenza, cit., p. 495, in cui vengono citate le opinioni divergenti di
alcuni interpreti che vedono nella protezione concessa a certi aspetti della forma interna una copertura del
contenuto. In particolar modo, si accenna alla posizione dubbia della storia e della trama nelle opere letterarie
e al senso stesso di proteggere opere di carattere utilitario le cui informazioni e regole dovrebbero, a loro
avviso, rientrare nell'ambito del contenuto.
181
Cfr. BELLANI, V., CHIMIENTI, L., Il diritto di autore nella prassi contrattuale, cit., p. 711, in cui le autrici
portano una serie di esempi utili a capire come le caratteristiche richieste dalle correnti interpretazioni del
diritto d'autore risentano delle peculiarità del settore artistico – letterario a cui la legge speciale n°622/1941 si
rivolgeva inizialmente. “Nell'opera pittorica la concreta espressione si rinviene nel tratto lasciato dal pennello
dell'artista, nella poesia è presente nella sequenza delle parole. Anche la creatività è strettamente collegata al
genere dell'opera. Differente è infatti l'apporto creativo per la realizzazione di un software da quello richiesto
per la composizione musicale”.

55
madre e del figlio, nel rapporto dinamico fra di essi e nell'effetto cinetico che producono
lungo l'asse verticale un significato molto diverso circa il contenuto escatologico che è insito
nella seconda opera rispetto all'altra182.
Questa breve digressione di natura critico-estetica è utile a definire alcuni aspetti
fondamentali della materia qui trattata di facile fraintendimento, soprattutto quando si
applicano tali categorizzazioni al format. La forma interna gioca in realtà un ruolo chiave
nella definizione del contenuto. Quest'ultimo, innovativo o appartenente al patrimonio
culturale collettivo, resta sospeso, inerme, vago, finché non “si manifesta […] nella
rappresentazione o visione personale della realtà”183 effettuata da un autore attraverso il filtro
delle sue emozioni, esperienze, concezioni. Accade, quindi, che l'elaborazione artistica di una
stessa idea di fondo, attraverso la cosiddetta forma interna, ne influenzi a tal punto il
contenuto da cambiarlo sul piano sostanziale.
Una dimostrazione ancora più chiara di tale assunto si può ritrovare se si esaminano per
esempio tre grandi romanzi dell'ottocento: “Madame Bovary” di Flaubert, “Anna Karienina”
di Tolstoj ed “Effi Briest” di Fontane. Una scorsa sommaria alla trama di essi individuerebbe
nell'adulterio femminile l'idea di fondo comune che ha ispirato gli scrittori francese, russo e
tedesco; una lettura superficiale evidenzierebbe l'origine dell'inquietudine delle tre
protagoniste nella condizione della donna nella società del tempo e nel suo rapporto con
l'uomo all'interno della famiglia. Un'analisi più attenta dell'ambientazione, del contesto socio-
culturale di ciascuna delle opere, nonché della dinamica psicologica delle protagoniste con gli
altri personaggi, che esula da questo studio, farebbe emergere weltanschaaungen decisamente
diverse fra i tre autori, significati e messaggi, veicolati proprio attraverso la forma interna e
riguardanti la persona e istituzioni come il matrimonio, assai differenti .
I tre elementi costitutivi di un'opera individuati da Kohler, che comunemente e per
semplicità di ragionamento si considerano separatamente, in realtà operano in modo
interdipendente e si rapportano l'un con l'altro senza obbedire ad alcun ordine, nè cronologico
né gerarchico 184. Se è vero che il contenuto iniziale, l'idea ispiratrice, sta alla base dell'opera
182
Si può ipotizzare che il Buonarroti, essendo già avanti con gli anni all'epoca delle realizzazione della “Pietà
Rondanini”, abbia espresso una visione più cupa della vita, del senso dell'esistenza umana, del valore stesso,
dell'incarnazione e della morte di Cristo per la redenzione dell'uomo.
183
Cfr. AUTERI, P., FLORIDIA, G., MANGINI, V., OLIVIERI, G., RICOLFI, M., SPADA, P., Diritto
industriale, proprietà intellettuale e concorrenza, cit., p. 496. Nell'utilizzo del termine “manifesta” da parte
degli autori potrebbe ravvisarsi proprio un'implicito paragone tra la forma interna e una sorta di rivelazione
del sentire dell'autore. L'elaborazione del pensiero non può essere tutelata quando non è del tutto sviluppata,
quando rimane semplice idea astratta o quando si esprime in maniera incompleta, ricorrendo a “forme
espressive elementari che non siano idonee a rappresentare con un minimo di organicità idee e sentimenti”.
184
Cfr. ARE, M., L'oggetto del diritto di autore, cit., pp. 126 - 140. L'autore distingue i concetti secondo la
tripartizione classica ma sottolinea a più riprese come tale suddivisione sia per lo più simbolica e
convenzionale e presenti diverse contraddizioni.

56
che assume forma esterna ed interna, è vero anche che quest'ultima lo plasma fino a renderlo
qualcosa di nuovo. E però questo contenuto “finale” si ottiene in quanto e solo in quanto c'è
già a priori, nella mente dell'artista, nel suo modo di concepire e descrivere un'idea185.
Il cosiddetto contenuto di un'opera non sempre coincide con ciò che molte sentenze
della giurisprudenza identificano in toto con lo spunto ideativo, con lo schema di progetto, ma
talvolta è consustanziale alla forma, assume consistenza man mano che la forma interna (e
pure quella esterna) si estrinseca. Il format, sia quello ideato per gli spettacoli televisivi (talk
show, giochi etc.), sia quello progettato per la pubblicità e per gli eventi, è un prodotto in fieri
che non ha, e per sua natura non può avere 186, lo stesso grado di definizione e completezza
della forma che invece si riscontra nelle opere scritte, grafiche, pittoriche, musicali, filmiche
sia quelle per il cinema che quelle per la televisione, le cui modalità di presentazione e
fruizione sono generalmente187 fisse.
Nel caso del format non si può semplicemente applicare la rigida distinzione tra forma
esterna, forma interna e contenuto così come è stata concettualizzata in più di un secolo di
storia del diritto d'autore, poiché un'estrinsecazione completa e più o meno stabile, come
quella che si desume dalle opere tradizionali188, si avrà solo dopo la messa in opera,
analizzando il risultato finale.
Il format è uno schema, in particolar modo nel caso della televisione, degli eventi e
della pubblicità, è “una breve descrizione”189 in cui si illustrano i caratteri identificativi e le
caratteristiche inderogabili del prodotto che si deve creare, si elabora un programma di
massima in cui si elencano eventi e personaggi e si cerca di trasmettere al destinatario il
risultato finale di ciò che si è progettato. E' vero che, soprattutto chi non conosce le dinamiche
del settore di riferimento, incontrerà delle difficoltà nell'immaginare da tale progetto il
programma definitivo, ma è anche vero che risulta evidente, anche all'osservatore medio,
quando dietro due prodotti non c'è soltanto un'idea identica, ma anche lo stesso processo
creativo, quando insomma si tratta di plagio.
Le caratteristiche del format, se ben espresse, sono reperibili anche nelle “poche” righe
in cui un ideatore di talento può riassumerle. Così come ad un appassionato di musica, per
185
La “Pietà Rondanini”, insomma, con il suo messaggio peculiare c'è già nella scelta di quel particolare blocco
di marmo da parte del Buonarroti e nella sua lavorazione lungo la linea della verticalità.
186
Cfr. BERTANI, M. Tutela del format di programmi televisivi, cit., p. 700.
187
Anche se in verità si trovano opere grafiche in cui contenuto e forma cambiano in base al punto di
osservazione.
188
Un dipinto, un'opera scultorea o un romanzo una volta che siano stati completati e messi a disposizione del
pubblico non subiranno modifiche o rimaneggiamenti. Chi ne fruirà al momento della prima pubblicazione e
chi ne potrà godere negli anni, se non nei secoli successivi, godrà della stessa identica opera.
189
Cfr. RAGGI, V., Il format package e la tutela autorale del format, cit., p. 544, in cui si afferma che la brevità,
comunque, non è considerata in nessun modo sinonimo di superficialità.

57
riconoscere un motivetto è sufficiente che qualcuno lo accenni con una lallazione intonata,
priva di musica e di parole, allo stesso modo, ad un vero intenditore potrebbero bastare poche
indicazioni scritte per comprendere l'originalità di un progetto di format ed intuirne la
realizzazione futura. Invece, attualmente la convinzione diffusa è che i format siano “semplici
idee prive di espressione formale da cui sia desumibile il requisito della creatività e che
necessitano, generalmente, di ulteriori processi di elaborazione e di integrazione con altri
contributi creativi per raggiungere individualità e compiutezza di rappresentazione”190. La
prassi giurisprudenziale ha negato191, quindi, la tutela d'autore in via di principio “in base ad
una classificazione del format come mera idea elaborata”192.
E' vero che per essere apprezzato e fruito dal pubblico, tale prodotto deve subire delle
altre lavorazioni, che esso “rappresenta una mera fase interna del processo di produzione che
condurrà al programma televisivo”193, ma è altrettanto vero che molti di essi, quando vengono
consegnati al futuro realizzatore contengono già tutti gli elementi che serviranno a dar vita al
prodotto finito, qualunque sia la destinazione: pubblicità, evento culturale, programma
televisivo ecc..., che non sono il format, bensì l'applicazione di esso ad un determinato
contesto, la sua trasposizione in un'altra forma. Dunque, il problema che si potrebbe
presentare è semmai quello di stabilire un livello minimo di estrinsecazione del progetto per
garantire al giudice la possibilità di verificare la presenza o meno dei caratteri della creatività
e dunque stabilire quale sia il concetto di forma interna e forma esterna rispetto al contenuto
nel caso specifico (del format).
Essendo il mondo della televisione il più incline all'utilizzo dei format, sono stati degli
esperti di diritto degli audiovisivi194 ad elaborare per primi un'ipotetica distinzione tra i
possibili gradi di esteriorizzazione che tale modello di spettacolo raggiunge, finalizzata ad
individuare dei criteri stabili di classificazione del format lungo un'ipotetica scala di
ammissibilità alla tutela ai sensi della legge n. 633/1941.
Secondo il livello di esteriorizzazione raggiunto si possono distinguere:

190
Cfr. Tribunale di Roma, 13 ottobre 2005, cit., p. 537.
191
Come si vedrà nei prossimi capitoli, in realtà, la giurisprudenza si è pronunciata principalmente su casi
riguardanti il settore televisivo e non sempre la riduzione della nozione di format a quella di semplice idea è
stata la causa unica di rifiuto delle richieste di tutela, ma essa è stata determinante in gran parte delle
pronunzie e lo è soprattutto in riferimento ai settori diversi da quello televisivo, nei quali al format non viene
davvero riconosciuto quasi nessun valore.
192
Cfr. BERTANI, M. Tutela del format di programmi televisivi, cit., p. 700.
193
Cfr. PROSPERETTI, E., TOZZI, F., COMANDINI, V., I format televisivi tra acquisto di know-how e tutela
della proprietà intellettuale, cit., p. 13.
194
Nel caso specifico si tratta di BERTANI, M. Tutela del format di programmi televisivi, cit., p. 699. La cui
iniziale suddivisione è stata ripresa da MARI, G., La protezione del “format” nel sistema della legge sul
diritto d'autore, cit., p. 95.

58
 le opere originali e compiutamente espresse195, ovvero quei format che rispondono
perfettamente ai requisiti generali della legge sul diritto d'autore, senza necessitare di ulteriori
adattamenti. Si tratta di “un'idea o complesso di idee, organicamente elaborate, costituenti il
risultato dell'attività della mente umana, caratterizzate dal requisito della creatività, inteso
come originalità e novità oggettiva, tradotto in una forma esterna percepibile che, esprimendo
materialmente l'idea, estrinsechi la personalità dell'autore”196. Questi schemi sono completi
nella misura in cui possono immediatamente dar luogo ad una rappresentazione, ovvero la
loro “tutelabilità deriva da un'analisi sulla possibile realizzazione immediata dello schema di
programma”197. Sembra di poter riprendere la definizione fornita dalla SIAE e completarla
alla luce degli aspetti caratteristici del format che sono indispensabili per renderlo operativo:
quando “le scene, i luoghi, la linea tematica, le regole del gioco, le scenografie, le
caratteristiche del conduttore, dei protagonisti e le modalità di successione delle varie fasi
della trasmissione”198 sono indicate compiutamente e dettagliatamente e tali componenti
risultano conformi ai requisiti di espressione formale e creatività il format avrà piena dignità
di opera dell'ingegno199 tutelata separatamente dalla sua messa in onda;
 le opere incomplete200, comprendono le creazioni dell'ingegno costituite da alcune
parti già perfettamente compiute, e dunque utilizzabili, e altre parti non del tutto definite. I
format rientranti in questa tipologia potranno godere della protezione del diritto d'autore201,
ovviamente nei limiti delle parti tutelabili;
 le idee elaborate202, raggruppano tutti quei progetti elaborati solo in maniera
schematica, che non presentano una specificità e un'autonomia tali da renderli distinguibili
rispetto ad altre produzioni dello stesso genere già esistenti e diffuse al pubblico203. Anche se
tali idee di format sono già costituite da una “traccia concreta per un'ulteriore attività
creativa”204, in quanto spesso hanno già una loro identità seppur non del tutto delineata, esse
necessitano di ulteriori interventi creativi che le completino205. Il problema è sempre legato
195
Cfr. MARI, G., La protezione del “format” nel sistema della legge sul diritto d'autore, cit., p. 95.
196
Cfr. Pretura di Torino, 8 aprile 1987, cit., p. 562.
197
Cfr. ZUCCHELLI, N., Tutelabilità degli schemi di trasmissioni televisive, in Il diritto di autore, 1995, p. 276.
198
Cfr. LONGHINI, S., PISI, S., Format o non format, questo è il dilemma..., in Il dirito d'autore, 2011, I, p. 63,
in cui gli autori sottolineano che il concetto di “struttura narrativa” così come è desumibile dalla definizione
fornita dalla SIAE non può applicarsi ai numerosi tipi di programmi basati su format e anche il requisito dei
“personaggi fissi” deve essere adattato alle esigenze dello schermo.
199
Cfr. ZUCCHELLI, N., Tutelabilità degli schemi di trasmissioni televisive, cit., p. 276.
200
Cfr. MARI, G., La protezione del “format” nel sistema della legge sul diritto d'autore, cit., p. 95.
201
Cfr. MARI, G., La protezione del “format” nel sistema della legge sul diritto d'autore, cit., p. 95.
202
Cfr. BERTANI, M., Tutela dei format di programmi televisivi, cit., p. 699.
203
Cfr. MACARIO, F., Il format, cit., p. 58.
204
Cfr. Pretura di Roma, 30 giugno 1988, in Foro Italiano, 1989, parte I, p. 911.
205
Cfr. RAGGI, V., Il format package e la tutela autorale del format, cit., p. 551. In cui l'autrice sottolinea che in
molti casi le cosiddette “idee elaborate” saranno portate a termine da soggetti diversi dagli ideatori. Il format

59
alla mancanza di “una forma espressiva sufficientemente definita”206 che permetta di cogliere
proprio le differenze che rendono il format originale rispetto al contesto e dunque meritevole
di tutela;
 le mere idee, sono del tutto prive di autonomia e non presentano un livello
interessante di rappresentazione formale, di conseguenza “vagano libere nell'aria”207.
Il confine tra ciò che rientra nella definizione di opere incomplete e ciò che invece è
destinato a rimanere privo di tutela è molto labile e, in ogni caso è affidato alla discrezionalità
dei giudici che valutano le singole situazioni. Dunque, tra le mere idee e i format completi e,
almeno teoricamente tutelabili, si apre una vasta “zona grigia” popolata dall'incertezza208.

Nella realtà commerciale sono stati sviluppati una serie di prodotti – format, dotati di
caratteristiche diverse e nati proprio dalla necessità di rendere il più possibile percettibile e
comprensibile il loro potenziale di utilizzazione ai possibili acquirenti. In un certo senso
corrispondono a delle fasi intermedie dello sviluppo del format, dalla bozza di schema ad una
visione a trecentosessanta gradi, che include informazioni che esulano dallo schema tecnico-
produttivo. Quindi, si può individuare un parallelo tra questi prodotti e i livelli di
estrinsecazione di cui si è parlato sopra:

 il format – programma209 o format - paper, è il più schematico ed essenziale, indica


solo alcune informazioni essenziali per costruire la parte fissa di alcune trasmissioni,
manifestazioni o pubblicità basate in larga parte su aspetti non direttamente prevedibili e
controllabili o comunque deliberatamente lasciati aperti210;

 il format – soggetto211, contiene una vera e propria trama, è equiparabile ad un


soggetto cinematografico o ad un canovaccio teatrale in quanto “tende a fissare ed a
predeterminare lo svolgimento di diversi momenti di una rappresentazione”212;

 format – package, questo prodotto esiste solo per format già utilizzati altrove, che
quindi possono essere venduti con un “kit di accompagnamento”213, ovvero una sorta di
– non definito subirà così delle trasformazioni successive che possono rientrare nell'ambito dell'adattamento,
delle elaborazioni creative o della costituzione di un'opera composta.
206
Cfr. BERTANI, M., Tutela dei format di programmi televisivi, cit., p. 699.
207
Cfr. MACARIO, F., Il format, cit., p. 51.
208
Cfr. BERTANI, M., Tutela dei format di programmi televisivi, cit., p. 699.
209
Cfr. RAGGI, V., Il format package e la tutela autorale del format, cit., p. 551.
210
Cfr. RAGGI, V., Il format package e la tutela autorale del format, cit., p. 551. In ambito televisivo il format –
programma è utilizzato per la categoria dei telequiz, dei giochi a premi, dei talk-show e dei reality, in cui
talvolta il conduttore si affida solo ad uno modello di riferimento che sviluppa in maniera varia assecondando
le situazioni che si creano in studio.
211
Cfr. RAGGI, V., Il format package e la tutela autorale del format, cit., p. 551.
212
Cfr. Tribunale di Monza, 26 maggio 1994, in Il diritto di autore, 1995, p. 266.
213
Cfr. RAGGI, V., Il format package e la tutela autorale del format, cit., p. 555.

60
“pacchetto all inclusive”214 costituito solitamente da una serie di elementi di grande utilità per
la realizzazione del programma: “una guida esplicativa dell'idea di base o dei particolari per
realizzarla nonché una videocassetta dimostrativa, i dati di ascolto del programma, ricerche
statistiche sullo stesso e infine, la «production bible»215, in cui sono specificati nei minimi
particolari tutti gli accorgimenti da seguire per la corretta attuazione”216.

Come si è visto, il problema della carenza di esteriorizzazione del format può essere
risolto analizzando proprio le consuetudini del mercato degli scambi commerciali. Certamente
è più facile ottenere la tutela a posteriori per un format che sia già stato trasformato in un
programma, la cui forma può essere documentata da registrazioni e vario materiale
informativo. Per garantire una qualche protezione anche ai format non ancora compiuti, ma
già abbozzati, per quelli che insomma rimangono sospesi tra le idee elaborate e le opere
incompiute, si potrebbe ipotizzare di fissare, a livello normativo, un grado minimo
indispensabile di estrinsecazione e dei criteri validi per giudicarlo.

L'art. 1 della legge n°633/1941 prevede che la presenza del requisito della creatività sia
indispensabile al riconoscimento dell'opera dell'ingegno, ma la definizione di tale concetto in
termini di valutazioni concrete è da sempre al centro di controversie. In concreto, “la
creatività dovrebbe esprimere l'individualità rappresentativa dell'autore che, riversandosi
nell'opera creata, sia in grado di differenziarla da tutte le altre217”. L'autore, sviluppando
un'idea, anche già nota o di pubblico dominio, deve imprimere ad essa la sua personale
“impronta”218 interpretativa. L'opera dell'ingegno, dunque, deve esprimere un quid novi, un
apporto del singolo al preesistente patrimonio intellettuale comune219, ed un quid pluris, una
visione personale e diversa da quelle degli altri che rafforzi il nesso tra l'opera e il modo di
sentire dell'autore stesso220.

In linea di principio, quindi, per essere considerata degna della tutela autoriale, un'opera
deve mostrare originalità e novità nell'espressione creativa e, ovviamente, deve manifestare in
modo evidente tali caratteristiche nella forma esterna data all'opera dall'autore e non soltanto
214
Cfr. Tribunale di Roma, 13 ottobre, 2005, in Il diritto dell'informazione e dell'informatica, 2007, p. 541.
215
Tale “Bibbia della produzione” è un testo scritto o ancor meglio un video estremamente specificato che serve
all'ideatore per trasmettere a chi produrrà definitivamente il format tutti i suggerimenti e le regole
indispensabili per realizzarlo esattamente nel modo in cui è stato concepito.
Si veda anche PROSPERETTI, E., TOZZI, F., VISCO COMANDINI, V., I format televisivi tra acquisto di
know-how e tutela della proprietà intellettuale, cit., p. 8, in cui si spiega come la format-bible sia il centro del
know-how trasmesso tra venditore ed acquirente.
216
Cfr. Tribunale di Roma, 13 ottobre, 2005, cit., p. 541.
217
Cfr. RAGGI, V., Il format package e la tutela autorale del format, cit., p. 548.
218
Cfr. SAVINI, A., Programmi e giochi televisivi, cit., p. 338.
219
Cfr. ARE, M., L'oggetto del diritto di autore, cit., p. 49.
220
Cfr. ZUCCHELLI, N., Ultime notizie sul format, cit., p. 109.

61
nella semplice idea che essa sottintende.

Nel caso del format, il suo carattere innovativo si sostanzia nell'espressione dell'idea
attraverso modalità che non siano già state sfruttate in passato e che non facciano parte del
background culturale di un popolo 221. In questo senso non si può neanche pensare di offrire la
tutela a programmi che ripropongono attraverso il piccolo schermo, per esempio, giochi
popolari222, entrati a far parte della tradizione e dell'uso comune da più o meno lungo tempo: il
gioco dell'oca, la battaglia navale, il mercante in fiera, l'albero della cuccagna. Simili
intrattenimenti ludici, anche se vagamente rielaborati e o dotati di accorgimenti necessari alla
messa in onda televisiva, appartengono incontrovertibilmente al patrimonio collettivo.

Per quanto concerne l'originalità rispetto alle altre opere simili, si pongono due
problemi: da una parte, per riscontrare la presenza o meno del cosiddetto quid pluris è
necessario operare un confronto tra l'opera e un campione di riferimento. Ma il format, in
quanto prodotto recente non ancora delineato nelle sue caratteristiche peculiari, rientra tra
quelle opere che sono considerate “prive di un genus riconosciuto”223 e dunque difficilmente
valutabili sul piano dell'originalità. Sotto un altro profilo alcuni giudici hanno dimostrato di
agire sulla base del presupposto che, per realizzare un format di un certo genere, siano
necessari per lo più determinati elementi fissi e che su questi ultimi si possano apportare solo
modifiche vaghe e marginali, considerate non sufficienti a caratterizzare come creativa la
costruzione dello specifico format224, in quanto inadatte a veicolare la personalità dell'autore o
comunque privi di concreta realizzazione.

Per quanto riguarda il primo aspetto, possono svolgere un ruolo chiave le associazioni di
settore225 e gli archivi televisivi226, attraverso i quali si potrebbe ricostruire un vero e proprio
magazzino dei format già creati che potrebbe fungere sia da punto di riferimento per costruire
l'evoluzione e il patrimonio già solidificato di ciascun genere, sia da fonte di ispirazione per
nuovi prodotti.

221
Cfr. SAVINI, A., Programmi e giochi televisivi, cit., p. 337, in cui l'autore afferma che “l'impronta di una
personalità originale, il cosiddetto carattere creativo, ricorre solo allorché l'opera dell'uomo venga a
rappresentare, nel campo del preesistente patrimonio intellettuale comune, un quid novi, un unicum originale
consistente nella novità concettuale manifestata ovvero nella particolare soluzione espressiva dell'idea
concepita”.
222
Cfr. ZUCCHELLI, N., Ultime notizie sul format, cit., p. 109.
223
Cfr. RAGGI, V., Il format package e la tutela autorale del format, cit., p. 549.
224
Cfr. KLEMENT, U., Protecting television show formats under Copyright Law, cit., p. 54.
225
Come si vedrà, sia la SIAE che la FRAPA permettono il deposito di format presso i loro archivi per offrire
una prova di esistenza dello schema ad una certa data e inoltre intervengono nelle eventuali controversie
come consulenti proprio per valutare similarità e differenze tra schemi diversi.
226
Cfr. PROSPERETTI, E, TOZZI, T., VISCO COMANDINI, V., I format televisivi tra acquisto di know-how e
tutela della proprietà intellettuale, cit., p. 27.

62
Guardando alla seconda problematica, bisogna ritenere, per assurdo, che, se le
condizioni da essa prospettate fossero reali, tutti i format che rientrano in un certo genere
dovrebbero essere uguali, non solo a livello di idea, ma anche in tutto lo sviluppo della loro
espressione formale. Il che equivarrebbe, per esempio nel caso dei talk show, ad affermare che
il celebre “Maurizio Costanzo Show”227 sia identico a “Porta a Porta” o a “Uomini e donne”,
solo perché, trattando tutti e tre di interazione orale tra persone, richiedono la presenza di un
conduttore – mediatore e di alcuni individui disposti a parlare, di norme per la
regolamentazione degli interventi dei diversi interlocutori-ospiti, di uno studio in cui siano
fisicamente presenti delle persone e in cui siano predisposte delle postazioni con sedie e
microfoni. E' evidente che, se così fosse, non avrebbe più senso nemmeno rivolgersi a degli
ideatori di format e la programmazione televisiva, la pubblicità, le manifestazioni culturali e
persino i negozi sembrerebbero davvero una trasposizione nella realtà delle più pessimistiche
distopie sull'omologazione228.

Bisogna, però, ammettere che talvolta nella scelta di un tema, di un genere o di un


argomento è scontato il ricorso a determinati altri elementi inevitabili: si vengono così a
creare delle combinazioni tra tematiche che si possono definire “obbligatorie”. Questo
concorre a limitare l'apporto creativo dell'autore nell'associazione229 degli aspetti
contenutistici della sua opera e nella loro estrinsecazione formale e tutelabile. In proposito è
utile approfondire il concetto con un paragone tra quanto detto in riferimento all'ambito dello
spettacolo ed un fenomeno individuato e ampiamente studiato in linguistica. Nell'analisi delle
strutturazioni lessicali si definiscono “collocazioni”230 le serie di parole, per lo più due o tre
termini, o espressioni che si presentano insieme in gran parte dei contesti di utilizzo. Il legame
tra le componenti della collocazione può essere così forte che quando un lettore/ascoltatore si
imbatte in uno dei termini, immediatamente vi associa l'altro o gli altri, evocando non più il
significato della singola parola ma quello acquisito dal diverso valore “significante”, prodotto

227
Cfr. LONGHINI, S., Diritto d'autore e format televisivi, prospettive e attualità, cit., p. 427, in cui l'autore
spiega che spesso nel caso dei format “l'enunciazione schematica contiene già la rappresentazione dello
svolgimento dei vari temi” per questo motivo già dal progetto sarebbe desumibile un diverso “modo di fare
talk-show”.
228
Ci si riferisce alle più grigie ipotesi di annullamento di qualsiasi creatività o differenza prospettate nei vari
film, racconti e spettacoli che si sono, più o meno esplicitamente, ispirati al romanzo 1984 di George Orwell.
229
Il termine viene qui inteso nel senso dato da Kohler. Cfr. ARE, M., L'oggetto del diritto di autore, cit., p.
140.
230
Cfr. BERTRAND, O., SCHAFFNER, I., Le français de specialité, Les Edition de l'Ecole Polytechnique,
2008, p. 98. Una collocazione è un'associazione abituale ed automatica di una parola con un'altra all'interno
di una frase, che produce una combinazione fissa concettualizzabile tra un'espressione idiomatica e
un'articolazione libera. La conoscenza delle collocazioni è fondamentale per la conoscenza di una lingua. I
binomi che si creano sono percepiti come gli unici possibili dal parlane di madrelingua

63
dalla loro associazione231. Allo stesso modo la scelta di affrontare un determinato argomento,
tema o pensiero può comportare talvolta il ricorso “necessario” a specifici termini, strumenti,
immagini, luoghi etc., e ad una loro sistemazione quasi predeterminata, invariabile in quanto
imposta proprio dalla scelta compiuta232.

La giurisprudenza esclude la tutela del contenuto anche quando esso è originale, ma si


comporta in maniera restrittiva anche nei confronti di tutte le componenti che sono
indispensabili per sviluppare una specifica idea. Si tratta della cosiddetta “merger doctrine”233
(la dottrina della fusione) per la quale se un'idea può essere espressa solo attraverso una forma
(o poche forme), quest'ultima si fonde con l'idea stessa e dunque non può essere soggetta alla
tutela del diritto d'autore234. Tale teoria è completata dal concetto di “scenes à faire”235, ovvero
il principio per cui le espressioni che sono indispensabili e naturalmente associate al
trattamento di una certa idea vengono considerate come delle idee e dunque non possono
essere tutelabili. La ragione è sempre quella di favorire la collettività e la circolazione delle
idee: quest'ultima sarebbe scoraggiata nel momento in cui l'unico modo di affrontare un certo
argomento fosse riservato alla privativa di chi lo ha utilizzato primariamente236.

La “necessarietà” dei vari elementi dipende anche dal modo in cui si affronta un
determinato soggetto e deve essere valutata caso per caso 237. E' importante ribadirlo: bisogna
231
Si riportano come esempi emblematici: “bandire un concorso”, “debite distanze”. In base al contesto possono
presentare gradi diversi di esclusività dell'abbinamento.
232
Nella sentenza Pretura di Roma, 8 giugno 1987, cit., p. 569, il giudicante ha negato la tutela al programma
L'anima gemella, basato sull'idea di far incontrare dei single, che, a detta del suo ideatore, era stato copiato
nella rubrica Incontri del programma Studio 5. Tra le motivazioni del rifiuto spicca il fatto che, essendo
l'incontro tra cuori solitari l'idea-base (non tutelabile) dei due programmi e tenendo conto che per svilupparla
non si può prescindere (dunque essi sono aspetti da sviluppare necessariamente una volta scelta la specifica
idea) dalla creazione di occasioni per favorire i contatti tra i soggetti implicati negli appuntamenti romantici,
non si possono ravvisare tra le due trasmissioni similarità che attengano all'ambito della tutela.
233
Cfr. SIPRUT, J.J., Are ideas really free as the air? Recent developments in the law of ideas, cit., p. 120.
L'autore riporta la causa Rice contro Fox Broadcasting, del 2003, nella quale il titolare dei diritti sul video
The Mystery Magician, incentrato sulla presentazione e dimostrazione di numerosi giochi di prestigio,
accusava di plagio un'emittente televisiva che aveva realizzato e mandato in onda una trasmissione proprio
sulle illusioni create dai professionisti della magia.
234
Cfr. SIPRUT, J.J., Are ideas really free as the air? Recent developments in the law of ideas, cit., p. 120.
235
Cfr. SIPRUT, J.J., Are ideas really free as the air? Recent developments in the law of ideas, cit., p. 120.
236
Un esempio estremo di questo rischio viene presentato sempre da SIPRUT, J.J., Are ideas really free as the
air? Recent developments in the law of ideas, cit., p. 125. Nel caso Lapine contro Seinfeld la scrittrice di un
libro di ricette per insegnare ai genitori come “nascondere” cibi salutari nei piatti dei loro bambini ha
richiesto la tutela del copyright contro una casa editrice che stava pubblicando un volume incentrato sui
trucchi per spingere i bimbi a mangiare inconsciamente cose sane. La corte ha negato la tutela asserendo che
una volta scelto come argomento, quindi come idea di fondo, la corretta alimentazione dei più piccoli è
necessario trattare di ricette e vegetali. Esistono degli aspetti che necessariamente compaiono e si sviluppano
nel momento in cui si sceglie un certo tema centrale.
237
La valutazione effettuata nel caso della sentenza del Tribunale ordinario di Roma, IX sezione civile, n.
42730/11, del 26 settembre 2011, si rivela molto utile. Il giudice, infatti, ha analizzato il programma
Ballando con le stelle confrontandolo con le altre gare di ballo ed ha selezionato dei “caratteri di
individualità” unici nel loro genere che differenziano il format RAI da tutte le produzioni simili. Ha, poi,
asserito che la presenza di tali identici caratteri anche nella trasmissione Baila era il frutto di una

64
introdurre criteri efficaci e formule di analisi complete sulla valutazione dei vari generi di
format che permettano di individuare nell'approccio specifico scelto dall'autore quanto ci sia
di “inevitabile” e quanto sia il frutto del suo personale estro creativo. Anche in questo caso le
generalizzazioni possono essere molto pericolose238.

contraffazione e non, come asserito dai ricorrenti, una scelta necessariamente imposta dal tema trattato.
238
Come si è visto, nel caso di Opportunity Knocks il giudicante ha ritenuto che non vi fosse nel programma
niente di particolarmente nuovo o personale rispetto alle trasmissioni dello stesso genere.

65
66
2) I POSSIBILI FORMAT TELEVISIVI

2.1 Storia e caratteri dell'uso dei format in televisione

Un breve riepilogo delle tappe dell’affermazione delle TV nella società e nella realtà
culturale italiana è indispensabile per approfondire, in un secondo momento, il discorso di
merito su ciò di cui la ricerca si occupa.
Il 3 gennaio del 1954 Fulvia Colombo, prima annunciatrice della storia della televisione
italiana, annunciò : “La R.A.I. - Radiotelevisione Italiana inizia oggi il suo regolare servizio
di trasmissioni televisive”. Quell’annuncio segnò l'inizio di una nuova epoca nella
quotidianità dei cittadini italiani. Alle 14.30 circa di quella storica giornata, dopo la cerimonia
inaugurale e gli interventi ufficiali, furono davvero in pochi gli italiani che videro la sigla
della prima trasmissione e il volto del primo presentatore della televisione italiana. Lo show si
chiamava Arrivi e partenze239 e consisteva in una serie di interviste240 a personaggi italiani e
stranieri in partenza o in arrivo negli aeroporti e nei porti italiani. Era il primo format
televisivo della TV italiana e i due presentatori – intervistatori erano i giovanissimi Armando
Pizzo (1925-2011) e Mike Buongiorno (1924-2009), due personalità che hanno sicuramente
lasciato un'impronta personale nella storia della televisione italiana. In particolar modo il
secondo, che era stato scelto personalmente dall’allora direttore del telegiornale Vittorio
Veltroni (1918-1956), è stato per oltre cinquant'anni il vero volto del nuovo modo di fare
intrattenimento ed è ricordato da tutti come “il padre” di tutti i game show.
La neonata TV rappresentava uno strumento di aggregazione e acculturamento di un
popolo che ricostruiva sé stesso materialmente e moralmente e consolidava la sua identità
coniugando passato e presente. Per l'Italia era il momento dell’inizio del boom economico, nel
corso del quale la nazione sarebbe passata da un'economia di sussistenza, principalmente
basata sull'agricoltura, ad un progressivo abbandono del mondo rurale in favore di una
crescente industrializzazione e dalla conseguente diffusione dei consumi di massa. Il
televisore si impose rapidamente tra gli status symbol più ambiti dal nuovo cittadino italiano

239
Cfr. GRASSO, A., Storia della televisione italiana, Garzanti, Milano, 2004, p.20.
240
Cfr. FABIANI, M., Lo spettacolo radiofonico e televisivo nella disciplina del diritto d'autore, cit., p. 64. Lo
show Arrivi e Partenze, dunque, rientra nella definizione che l'autore dà di “spettacoli radiofonici e
radiovisivi” che a suo avviso indicherebbe le trasmissioni che “si svolgono sulla base di un canovaccio o di
un'idea schematica o programmatica o di un gioco e nelle quali il contenuto propriamente detto è costituito da
improvvisazioni, da interviste, da domande e risposte su argomenti di cultura, di storia, di arte, di attualità, da
«numeri» isolati di artisti invitati a partecipare alla trasmissione, da letture, recitazioni o esecuzioni di opere o
brani di opere riunite in una forma unitaria nello spettacolo”. Questa classificazione ricavata negli anni '60
sulla base dei palinsesti del periodo in realtà è ancora molto attuale e dimostra come alcune caratteristiche
peculiari della televisione fossero già evidenti nel primo periodo della sua attività.

67
dell’era industriale, e fu subito chiaro che questa nuova forma di intrattenimento - spettacolo
avrebbe influenzato profondamente gli stili di vita e le abitudini della popolazione, fino a
diventare indispensabile. Consapevole di dirigere uno strumento potentissimo di informazione
e diffusione della cultura, lo staff amministrativo della RAI, in particolar modo con il direttore
generale Ettore Bernabei, impresse un orientamento piuttosto pedagogico – divulgativo alla
programmazione quotidiana241. Introdusse il telegiornale delle 20.30, le notizie sportive, i
programmi critici e soprattutto gli sceneggiati, che erano degli adattamenti televisivi di grandi
opere letterarie (come l'Odissea, i romanzi di Tolstoj, di Manzoni, di Cronin, di Bacchelli),
rese accessibili a tutti attraverso il piccolo schermo. Per utilizzare una definizione del tempo,
essa era la “televisione semplice mezzo di diffusione”242, ovvero rappresentava soltanto un
mezzo di informazione, al pari del giornale e della stampa243, e di comunicazione di fatti,
avvenimenti e opere che esistevano a prescindere dalla TV244 e per le quali essa era solo un
altro mezzo di espressione, per lo più secondario. Pian piano, però, si fece largo un nuovo
filone televisivo quello dell'entertainment. Questa parola inglese racchiude in sé due aspetti
che sono diventati fondamentali nella concezione stessa della televisione: spettacolo e
divertimento. La produzione televisiva si orientò sempre più verso la creazione di programmi
di intrattenimento in cui la creatività giocava un ruolo determinante per catturare e mantenere
l'attenzione degli ascoltatori.
A partire dalla seconda metà degli anni'70, con l'avvento di nuovi canali e soprattutto
con l'ingresso nel mercato delle televisioni private, guidate da logiche più strettamente
commerciali, si assistette ad un vero e proprio cambio di orientamento nella concezione degli
show televisivi e del loro scopo. Il ruolo del palinsesto non era più quello di dispensare
programmi culturali per diffondere la scolarizzazione e promuovere l’acculturazione, bensì
quello di catturare grandi porzioni di pubblico in alcune fasce orarie da “vendere” poi agli
inserzionisti pubblicitari. La televisione divenne a tutti gli effetti un terreno di competizione
tra emittenti diverse, che investivano cospicue risorse per mettere in onda programmi sempre

241
Emblematica è la lunga serie di trasmissioni intitolate Non è mai troppo tardi, condotta dal maestro Alberto
Manzi nella seconda metà degli anni '60 e rivolta alla popolazione non alfabetizzata.
242
Cfr. DE SANCTIS, V., In tema di opere cinematografiche e televisive, cit., p.130.
243
Per quanto riguarda la comparazione tra i diritti dei cosiddetti TG e quelli dei tradizionali media di
informazione si veda lo studio di CATARINO, D., I telegiornali, i reportage ed i magazine televisivi, in I
diritti televisivi nell'era digitale, a cura di NIVARRA, L., cit., p. 11. L'autrice analizza l'attività giornalistica
come “lavoro creativo di rielaborazione della notizia” e paragona la mediazione tra informazione e pubblico
finale compiuta dai giornali tradizionali a quella solo apparentemente più scarna dei “giornali televisivi”.
Giunge, dunque, ad affermare che non vi sono sostanziali differenze tra i TG e i quotidiani né sotto il profilo
della natura dell'opera né sul piano dell'attribuzione dei diritti patrimoniali che sono disciplinati dagli artt. 38
e 79 della legge sul diritto di autore.
244
Per il concetto di eventi adattati alla televisione si veda LOFFREDO, E., La trasmissione televisiva di eventi
culturali e sportivi, in I diritti televisivi nell'era digitale, a cura di NIVARRA, L. cit., p. 43.

68
più appetibili per gli italiani.
In questo panorama di concorrenza per la conquista dell'audience245, le emittenti hanno
iniziato a cercare al di fuori delle proprie risorse creative le idee per i loro programmi e,
soprattutto, ha cominciato a farsi largo l'abitudine di cercare all'estero programmi già
collaudati con successo da copiare in toto o adattare al pubblico locale.
Così, si è diffuso il modello di spettacolo noto come format televisivo. Questo termine
oggi ci fa immediatamente pensare a decine di programmi di successo che vengono riproposti
serialmente con nuovi personaggi e piccole variazioni ad ogni edizione246, ma che
complessivamente si attengono ad un “canovaccio”247 di base che li rende perfettamente
distinguibili da altri programmi. Il format si compra da chi lo crea, spesso in maniera un po'
standardizzata, ma facilmente adattabile alle esigenze dello specifico pubblico. Per chi lo
acquista si presenta come una “valigetta da prestigiatore”: dentro ci sono tutte le istruzioni e
gli elementi necessari per garantirne l'impeccabile realizzazione in maniera rapida e in
autonomia, ma con la sicurezza di proporre qualcosa di già rodato altrove.
Come si è visto all’inizio, con il termine inglese format si intende un “formato
particolare” che abbia caratteristiche specifiche e inconfondibili, una formula unica che, anche
se riprodotta, rimane riconoscibile e peculiare e che nell'ambito televisivo ha assunto il
significato implicito di “formula per il successo”. Il primo format “di importazione” entrato
nei palinsesti italiani fu proprio Lascia o raddoppia?248. Il programma condotto da Mike
Bongiorno era in realtà l'adattamento italiano di Quitte ou double?, un format francese a sua
volta derivato dal game show americano The $64,000 Question249. Il primo big-money quiz
show della televisione era stato introdotto dalla CBS nel 1955250. Era strutturato in maniera
245
Reso ancora più competitivo dall'introduzione del sistema di rilevamento dello share curato dall'Auditel.
L'organizzazione, che si definisce “autorevole e imparziale” nonostante sia finanziato dagli operatori del
settore, esiste dal 1986 e si occupa di rilevare, 24 ore su 24, gli ascolti della televisione italiana. Nel sito
ufficiale si legge che “la misurazione degli ascolti è un elemento fondamentale per la pianificazione degli
spazi pubblicitari, risorse di cui la TV vive”. Cfr. www.auditel.it.
246
Dal Grande Fratello a Chi vuol essere milionario?, da Le Iene a Ballando con le stelle, sono tutte
trasmissioni basate su schemi standardizzati che ad ogni edizione o puntata vengono semplicemente
“addobbati” con nuovi personaggi, nuovi elementi, nuove storie di contorno che si inseriscono nella struttura
fissa, riempiendo i buchi lasciati da ciò che è stato “sfruttato mediaticamente” negli episodi precedenti.
247
Per utilizzare un'espressione ricorrente tra i commentatori che sostengono la potenziale assimilazione del
format al soggetto teatrale. In particolar modo si veda Tribunale di Monza, 26 maggio 1994, cit., p. 263, in
cui il giudice definisce il format come uno schema “costituito essenzialmente dalla indicazione di una
sequenza di azioni, avvenimenti, eventi, organizzati intorno a dei contenuti, al fine di dar luogo ad una
rappresentazione di carattere unitario, che potrà avere di volta in volta contenuto ludico, drammatico,
didattico, etc.” in questo senso tale forma artistica risulta paragonabile ad un testo teatrale.
248
Il programma andò in onda tutti i giovedì alle 21.00 dal 26 novembre 1955 fino al 1959 e divenne un vero
fenomeno mediatico, tanto da ispirare persino la cinematografia. GRASSO, A., Storia della televisione
italiana, cit., p. 43.
249
Cfr. JONES, M., How to protect a TV format, in Managing Intellectual Property, cit., p. 50.
250
The $64,000 Question fu sospeso già nel 1958, ufficialmente per dei sospetti su vincite pilotate. In questo
caso, come in molti altri, il format originale si esaurisce prima di quelli derivati da lui che si rivelano, spesso,

69
molto più meccanica e fredda del corrispondente italiano: non c'era spazio per la valletta (Edy
Campagnoli), per gli interventi dei più o meno noti “padrini esperti” o dei “divi di passaggio”,
né tanto meno per l'approfondimento psicologico e umano delle storie e delle emozioni dei
concorrenti251. Mike Bongiorno, a differenza di Hal March, l'anchorman di The $64,000
Question, credeva molto in quell'aspetto ludico ed emozionale che definiva il “contorno
spettacolare”252. Queste differenze hanno costituito una delle chiavi del successo
dell'adattamento del format originario al pubblico italiano più sensibile all'emotività, alla
teatralizzazione delle emozioni e, probabilmente, ancora legati ad un concetto di spettacolo
che risente dell'eredità del melodramma e della commedia dell'arte. Gli elementi peculiari
dell'adattamento italiano hanno caratterizzato, poi, gran parte dei telequiz che si sono
succeduti nella televisione italiana, dopo la fine di Lascia o raddoppia?253. Inconsapevolmente
Mike Bongiorno e il suo staff hanno definito le caratteristiche del format del telequiz
“all'italiana” imprimendovi la loro personale concezione delle dinamiche di interazione con i
concorrenti, il gioco, gli ospiti etc. Il “contorno spettacolare”, così intriso della personalità e
delle scelte del conduttore, può essere paragonato al concetto di “cornice”254, ovvero a quella
parte dello spettacolo “in diretta” che non solo viene prestabilita e organizzata, ma che in
molti casi può incidere sulla spontaneità delle reazioni e l'imprevedibilità dei personaggi e
delle situazioni.
Uno dei primi format televisivi che hanno raggiunto una dimensione internazionale è il
Big Brother, ideato da Endemol255. Esso, rimane senza dubbio il format televisivo più
conosciuto ed esportato nel mondo256. La prima edizione del Big Brother andò in onda nei
più longevi e persino più apprezzati dal pubblico. Si potrebbe, forse, ipotizzare che essendo questi ultimi il
frutto di un adattamento mirato ad uno specifico target e ad un determinato contesto socio-culturale, essi
siano curati meglio in ogni loro dettaglio per garantire davvero il ritorno economico dell'investimento
effettuato per acquistarne la licenza e realizzarne la versione locale.
251
BUTTAFAVA, G., Un sogno americano, in American Way of Television – Le origini della TV in Italia,
Sansoni, Firenze, 1980.
252
Cfr. GRASSO, A., Storia della televisione italiana, cit., p.44.
253
Cfr. GRASSO, A., Storia della televisione italiana, cit., p. 53, in cui l'autore sostiene che la fine di Lascia o
raddoppia? è strettamente legata alla riforma della scuola media e all'elevazione dell'obbligo scolastico. Un
accesso più diffuso alla cultura segnava la fine della missione didattica del telequiz che aveva riempito bar,
cortili, cinema e “case di vicini” con persone assetate di curiosità che avevano imparato la lingua e la cultura
dell'Italia, finalmente davvero unita dalla visione dei programmi sulla TV nazionale.
254
ALVISI, C., Spunti in tema di tutela del cosiddetto schema di trasmissione televisiva, in Rivista di Diritto
Industriale, 1995, II, p. 222. L'autrice afferma che può eventualmente essere tutelata “quella parte di
programma che fa da cornice all'evento reale, ovvero le forme con le quali si sia provveduto ad interferire
con l'evento rappresentato e, dunque, le concrete modalità con le quali lo si sia modificato, indirizzato e
provocato, se ed in quanto esse risultino sufficientemente definite ed espressive nell'individualità della
rappresentazione”.
255
La “leggenda” vuole che sia stato ideato il 4 settembre del 1997, durante una riunione degli olandesi John De
Mol e Paul Römer, per John De Mol Produkties, una parte indipendente di Endemol. La prima edizione,
andata in onda su canale Veronica, prevedeva che 9 partecipanti restassero rinchiusi per un totale di 106
giorni in una casa senza alcun contatto col mondo esterno.
256
Il format è stato chiaramente ispirato dal romanzo di George Orwell Nineteen Eighty-Four, pubblicato nel

70
Paesi Bassi dal 16 settembre al 30 dicembre 1999 e il successo fu tale che quattro milioni di
olandesi, con un record del 27,5 per cento di share, preferirono trascorrere la penultima serata
dell’anno davanti al televisore per seguire la puntata conclusiva dello show e assistere
all’assegnazione del premio di 250,000 guilders al vincitore Bart Spring in’d Velt257.
Immediatamente il format approdò in altre otto nazioni: Germania, Spagna, Stati Uniti, Gran
Bretagna, Portogallo, Svizzera, Svezia e Belgio. La sua popolarità e diffusione si è ampliata di
anno in anno e nel 2002 già 2 miliardi di persone avevano visto il Grande Fratello in tutto il
mondo, 70 nazioni diverse hanno realizzato la loro versione dell’originale Big Brother
modificando le regole iniziali e spesso trasformando notevolmente il format di edizione in
edizione per adattarlo alle specifiche preferenze nazionali e mantenere sempre alta l'attenzione
dei telespettatori. Le nazioni in cui il format si è rivelato più longevo sono Brasile, Germania,
Italia, Gran Bretagna, Spagna e Stati Uniti. Nelle ultime tre sono stati addirittura ideati dei
format - appendice, in cui alcuni vincitori e concorrenti delle edizioni precedenti si ritrovano
per una versione speciale258.
La prima edizione della versione italiana del Grande Fratello andò in onda dal 14
settembre al 21 dicembre del 2000, prodotta da Aran Endemol di Marco Bassetti e condotta da
Daria Bignardi. Per 99 giorni i dieci partecipanti si sfidarono per conquistare il montepremi di
250.000.000 £. Anche in Italia il fenomeno Grande Fratello riportò un grande successo,
provato dagli straordinari record di ascolti ottenuti dalla puntata finale del 21 dicembre 2000:
il Grande Fratello “con 16.019.000 di telespettatori e il 59.97% di share, si è aggiudicato il
titolo di programma di intrattenimento più visto nella storia delle Reti Mediaset.”259. Inoltre, è
stato il quinto programma più visto in Italia nel 2000, preceduto soltanto dalla puntata
conclusiva dello storico Festival di Sanremo e dalle finali e semifinali degli Europei di calcio.
1949, incentrato su una distopia in cui la dittatura controlla costantemente i suoi sudditi attraverso delle
telecamere. Lo slogan “Big Brother is watching you”, nel libro, si riferisce ad un misterioso fratello
maggiore-dio che non sembra avere nessuna consistenza di persona reale, ma che, come un essere
onnisciente, vede e sa tutto, senza però farsi mai vedere. Così, nel format televisivo, l’entità Grande Fratello
stabilisce le regole, le prove e le punizioni da infliggere ai concorrenti, però non si concretizza mai in un
personaggio reale, non ha un volto, né una voce. Il telespettatore, invece, gioca un ruolo determinante nel
percorso dei partecipanti: attraverso lo strumento del televoto – l'apoteosi della democrazia televisiva – può
scegliere quale dei concorrenti, tra quelli nominati dagli altri inquilini della Casa, dovrà abbandonare il gioco.
Come in una campagna politica ciascun concorrente può cercare di sedurre l'audience per puntare al premio
finale parlando, raccontandosi e adottando uno specifico comportamento, forte di essere “spiato” dai suoi
sostenitori durante l'appuntamento serale settimanale, le strisce quotidiane e gli sfoghi nel cosiddetto
“confessionale” (una stanza in cui il concorrente può isolarsi dagli altri e parlare alle telecamere; il nome
italiano richiama, ovviamente, il libero e intimo racconto della confessione religiosa) e fino a 24 su 24 dai i
clienti delle pay tv.
257
Cfr. TONI, J., Big Bother: Why Did That Reality TV Show Become Such a Phenomenon?, Australia:
University of Queensland Press, 2002, p. 6.
258
Rispettivamente “Celebrity” nel Regno Unito, “VIP” e “El rencuentro” in Spagna e “All Stars” negli USA.
259
Cfr. MEDIASET GROUP, Comunicato stampa 956, Press release ratings, Cologno Monzese, 22 dicembre
2000, in http://www.mediaset.it/corporate/salastampa/2000/comunicatostampa_956_en.shtml

71
Di anno in anno sono cambiati i personaggi, i conduttori e gli opinionisti, il merchandising e
alcune regole, ma alla dodicesima edizione la struttura è ancora ben riconoscibile e distinta
rispetto a quella di altri programmi analoghi. Non soltanto il contenuto, l'idea orwelliana di
spiare delle persone, è rimasto immutato, bensì anche la “forma interna”, il modulo narrativo,
la sequenza di eventi, la tipologia di personaggi implicati e le modalità per creare e
“controllare” le loro interazioni attraverso i meccanismi del Confessionale e delle
Nomination.
E' considerato il primo vero reality show italiano e di fatto ha davvero cambiato il modo
di concepire la TV di intrattenimento, introducendo un nuovo rapporto tra gli ascoltatori e i
protagonisti. Ha attuato una vera rivoluzione mediatica aprendo le porte a una nuova idea di
programma televisivo “in bilico tra un voyeuristico reality show, un game show giocato al
ritmo di nomination ed eliminazioni in grado di far emergere concorrenzialità e
individualismo, e talvolta persino la cattiveria dei partecipanti, e un talk show destinato a
tradurre in curiosità e chiacchiera gli avvenimenti della Casa”260. Di certo il Grande Fratello
ha avuto un'influenza decisiva sulla “cultura” televisiva italiana261 e il suo impatto è
testimoniato anche da una frase storica del giudice Tommaso Marvasi. In occasione del
ricorso di Mediaset contro Youtube262 per la tutela dei propri diritti di produttore e
dell’esclusività sui video e le immagini del programma: il giudice ha disposto la rimozione
immediata dai server del portale video di tutti i contenuti illecitamente caricati e ha definito il
Grande Fratello “il reality più importante e famoso della TV italiana”263. Questa sentenza ha,
in un certo senso, palesato un'opinione, già ufficiosamente condivisa da molti sociologi,
sull'importanza che i programmi televisivi hanno nella creazione del bagaglio culturale di un
popolo. Fin dalla prima edizione, il Grande Fratello ha scatenato critiche furiose e polemiche
infinite che sono state, poi, riproposte ogni anno, ma di certo i giudizi negativi, gli attacchi e
le censure hanno favorito la curiosità verso il programma e hanno inciso sulla formazione
della cosiddetta “identificabilità”264. La cui maggior prova di successo è “la sua centralità
nell'universo televisivo, con decine di imitazioni e parodie (la più riuscita delle quali è
proposta dalla Gialappa's Band con il loro Mai Dire Grande Fratello)”265.

260
Cfr. GRASSO, A., Storia della televisione italiana, cit., pp. 696-697.
261
Cfr. GRASSO, A., Storia della televisione italiana, cit., p. 696.
262
Cfr. Tribunale di Roma, IX sezione civile, 16 dicembre 2009, sentenza 5418/08 e il relativo commento di
MAGGIO, E., Tribunale di Roma: rilevante precedente in tema di responsabilità del provider e di diritto di
autore degli editori su internet, in www.dim.it, 12 maggio 2011.
263
Vedi Tribunale di Roma, IX sezione civile, 16 dicembre 2009, sentenza 5418/08.
264
Cfr. PROSPERETTI, E., TOZZI, F., VISCO COMANDINI, V., I format televisivi tra acquisto di know-how e
tutela della proprietà intellettuale, cit., p. 7.
265
Cfr. GRASSO, A., Storia della televisione italiana, cit., p. 697.

72
Il Big Brother è stato il modello per numerosi successivi format di imitazione, generati
proprio dal nuovo bisogno di surrogati del Grande Fratello per riempire i mesi in cui il
programma non viene trasmesso: L’isola dei famosi, La Talpa, La fattoria, Music farm, etc.
Tutte le trasmissioni successive, più per esigenze di differenziazione che non per reali timori
giuridici, non hanno “copiato” la struttura del Grande Fratello, la sua “immagine totale”266,
esse hanno potuto soltanto prendere ispirazione dalla stessa idea di base, ma l'hanno
interpretata attraverso forme espressive diverse che si cono concretizzate in elementi peculiari
e caratteristiche inconfondibili. Infatti, i famosi dell'isola devono dimostrare le loro abilità in
contesti a limite della sopravvivenza, mentre i concorrenti di La Talpa devono combattere
contemporaneamente le insidie di un ambiente ostile e la presenza di un “traditore” nel
gruppo, etc. Si tratta, comunque, di gruppi di persone tenute lontane dalla realtà e sottoposte a
varie prove e selezioni, ma nel complesso la sommatoria delle varie componenti dei
programmi evidenzia più le differenze che le similarità tra loro. E' molto difficile distinguere
il limite tra l'idea-base, più o meno condivisa nel patrimonio culturale collettivo, ma
comunque non tutelabile, e la forma espressiva che essa ha assunto attraverso lo specifico
format, soprattutto se si considera lo schema a netto dei contributi spontanei e personali dei
vari concorrenti267.

Il Grande Fratello è il “fiore all'occhiello” della produzione di Endemol Italia, in


origine società italiana indipendente di produzione, poi confluita nella società olandese e
adesso integrata nel gruppo Mediaset 268. Attuando quest'integrazione verticale269 la società ha
maggiori possibilità di mantenere un vantaggio competitivo sulle altre. Oggi, la holding

266
Riprendendo la definizione di CASLOWITZ, C., Trade dress and section 43(A) of the Lanham Act:
protection for “total image” of the visual displays of software applications, cit., p. 187.
267
Cfr. SIPRUT, J.J., Are ideas really free as the air? Recent developments in the law of ideas, cit., pp. 122 -
123. Commenta e spiega una sentenza del 2003 in cui il giudice si è trovato a decidere proprio sulla base del
confronto diretto tra i singoli elementi. La CBS Broadcasting Inc. accusava la ABC Inc. di aver copiato il suo
format Survivor per realizzare I'm a Celebrity – Get Me out of Here, di averne imitato lo stile, l'aspetto e le
caratteristiche emotive. Prima di pronunciarsi il giudice ha esaminato singolarmente ogni componente di
ciascuno dei programmi: il tono, i luoghi, le musiche, i rituali per le eliminazioni, finanche le modalità di
arrivo dei personaggi e i momenti delle loro giornate. Successivamente ha considerato ciascun programma
come un'entità completa, data appunto dalla sommatoria dei suoi elementi tipici. Alla fine ha affermato che,
anche se entrambi i programmi erano basati su un'idea comune, ciascuno aveva adottato una forma diversa di
esprimerla che trasmetteva concetti e sensazioni differenti.
268
Cfr. PICA, P., Endemol, debiti a 3 miliardi, ma rilancia sulle acquisizioni, in Corriere della Sera, 21 agosto
2010, p. 47. La società di produzione è presente nel mercato dal 1986. Era stata fondata dall'attuale
presidente dell'intero gruppo, Marco Bassetti, e da sua moglie Stefania Craxi e inizialmente si chiamava “La
Italiana Produzioni Audiovisive”. Nel 1989 la società è stata ristrutturata nell'assetto societario e è stata
trasformata in “Aran”. Nel 1998 è confluita nella holding olandese e ha cambiato il suo nome in Endemol
Italia. Successivamente, nel 2007, è stata acquisita da un consorzio costituito da Mediaset Group con uno dei
fondatori di Endemol, John de Mol, e la banca Usa Goldman Sachs.
269
Cfr. PROSPERETTI, E., TOZZI, F., VISCO COMANDINI, V., I format televisivi tra acquisto di know-how e
tutela della proprietà intellettuale, cit., p. 29.

73
olandese, è specializzata nella realizzazione di prodotti per piattaforme on line270 ed ha una
posizione di leadership nella produzione di format televisivi nel panorama globale, presente
con 80 società operative in 26 Paesi del mondo, e italiano, produce ogni anno circa 1500 ore
di programmazione televisiva per il territorio nazionale271. Anche format in onda sul servizio
pubblico, quali Affari tuoi, La prova del cuoco e Che tempo che fa sono prodotti
commercializzati dall'azienda di Bassetti.

L'importanza di Endemol nel panorama internazionale è dimostrata sia dal giro d'affari
che crea e dal valore che le è stato assegnato – 130 milioni di euro per Edemol Italia secondo
una stima del 2007, in occasione della manovra di ristrutturazione societaria del 2007, e 1
miliardo di euro la cifra proposta da Time Warner per acquisire l'intera holding272 - sia,
soprattutto, dalla quantità di vertenze giudiziarie in cui la Endemol , i suoi prodotti e gli
interessi economici coinvolti comportano.

L'attività di Endemol Italia è caratterizzata da un altro successo che forse esprime ancor
meglio il ruolo che stanno giocando i format nel patrimonio culturale italiano273: Chi vuol
essere milionario?274. Questo telequiz, sulla scia di quelli di Mike Bongiorno, incanta da 10
anni il pubblico italiano. “È la tua risposta definitiva? La accendiamo?”275 è la frase più
ripetuta tra sketch, battute e dialoghi tra amici è in realtà il momento centrale di Chi vuol
essere miliardario?276. La doppia domanda da cui è costituita è, non solo il leit-motif dello
spettacolo, ma la trovata geniale con cui avvincere e coinvolgere i telespettatori277. Oltre ad
270
Cfr. SACCHI, M. S., Bassetti ristruttura Endemol, in Corriere Economia , Corriere della Sera, 18 maggio
2009, p. 6.
271
Si tenga conto che nonostante la società sia integrata al gruppo Mediaset, essa produce circa 800 ore annue di
trasmissioni televisive per la RAI.
272
Cfr. REUTERS, T., Time Warner offers 1 bln euros cash for Endemol, in The guardian, www.guardian.co.uk,
12 dicembre 2011.
273
Inteso, in maniera un po' libera, come quel complesso di conoscenze condivise che caratterizzano un popolo
in un'epoca storica e ne costituiscono, in un certo senso, l'identità. Cfr. Art. 2 della Convenzione per la
salvaguardia del patrimonio immateriale, UNESCO, Parigi, 17 ottobre 2003, in cui si afferma che con
l'espressione “patrimonio culturale immateriale” s’intendono “le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le
conoscenze, il know-how – come pure gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali associati agli
stessi – che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui riconoscono in quanto parte del loro patrimonio
culturale”.
274
Trasmesso in Italia nella fascia preserale di canale 5, è in realtà tratto dal format inglese Who wants to be a
Millionaire? prodotto dalla TV ITV e da Celador. Il suo successo è stato tale che ha raggiunto punte di 9
milioni di telespettatori.
275
Il senso distintivo dello slogan si evince proprio dalla diffusione che certe espressioni di programmi televisivi
hanno tra la gente comune. Le catchphrase che vengono memorizzate e riutilizzate nella vita quotidiana, sino
a diventare quasi delle espressioni idiomatiche, sono la prova della notorietà della trasmissione e di un format
che ha saputo combinare bene i suoi elementi. Si pensi alle espressioni tipiche di: Lascia o raddoppia?, Il
gioco dei pacchi, Striscia la notizia, C'è posta per te. Frasi caratteristiche pronunciate ad ogni puntata dal
conduttore e che hanno finito con l'entrare nel gergo comune.
276
In onda da lunedì 22 maggio al 10 giugno del 2000, diventato poi “Chi vuol essere milionario?” dal 11
marzo 2002 in seguito all’adozione dell’euro.
277
Gerry Scotti, con questa fortunata battuta ed altre dello stesso tipo, duetta magistralmente con in concorrenti,

74
una presenza diffusa nel globo intero e ad un'abbondanza di tentativi, non sempre riusciti, di
imitazione278, Chi vuol esser milionario? Vanta anche la consacrazione del filmica attraverso
alcune apparizioni in film italiani279 e soprattutto grazie al celebre lungometraggio
cinematografico The millionaire che ha commosso gli spettatori del globo intero. In realtà, il
lungometraggio sull'India ha anche indirettamente suscitato riflessioni sulla globalizzazione
non solo della televisione e del cinema, ma dell'immaginario, delle speranze e dei sogni che
uniscono i giovani provenienti da ogni dove attraverso “le realtà” raccontate nel piccolo e nel
grande schermo

Lo sviluppo dei format ha avuto un'accelerazione negli anni '90 ed è culminato nella
creazione della prima fiera del commercio di format nel 1999 a Monte Carlo 280 e in una
crescita esponenziale del giro d’affari legato ai format televisivi, che si attestava nel biennio
2002-2006 intorno ai 6,8 miliardi di euro ed è passato nel biennio 2006-2008 a 9,3 miliardi di
euro, secondo i dati del The FRAPA Report 2009: TV Formats to the World281 .

Nel panorama globale, alcuni paesi mostrano maggiore dinamismo ed efficienza


produttiva nel settore come rivela la classifica redatta in occasione del MIPTV di Cannes del
2010, che vede come maggior esportatore globale di format la Gran Bretagna. La nazione
vende, infatti, il 41% dei format in circolazione, seguita, al secondo posto, dai Paesi Bassi che
coprono circa il 18% del mercato e, infine, al terzo posto, dagli Stati Uniti con il 13%282.

2.2 Creazione e potenzialità dei format televisivi

Un format in ambito televisivo, deve sedurre il pubblico, fidelizzarlo e incidere nella


sua memoria eventuali prodotti da promuovere, le pubblicità degli sponsor o il merchandising
legato al format stesso. Oggi più che mai, con l'avvento del digitale terrestre e l'aumento dei
canali disponibili, l'obiettivo dello share è al centro di ogni scelta delle emittenti. Come si è
già detto, proprio questa nuova dimensione commerciale ha modificato il panorama
televisivo, obbligando tutti gli operatori a ridurre al minimo il rischio di insuccesso. Il

verso i quali ha un atteggiamento sornione ed affabile che è il suo punto di forza. Per tale ragione è stato
premiato come il presentatore al mondo col maggior numero di conduzioni del format Who Wants To Be a
Millionaire?.
278
Se il plagio non ottiene il successo dell'originale è anche a causa del know-how che solo chi ha creato
davvero il format detiene e può comunicare.
279
Per esempio nella serie “I liceali 3” o nel film “Caterina va in città”.
280
Cfr. GOTTLIEB, N. E., Free to air? - Legal protections for TV program formats?, cit., p. 256.
281
Cfr. AA.VV., Formats to the World – FRAPA Report 2009, in www.onscreenasia.com, 1 dicembre 2009.
282
Cfr. BROOK, S., Britain leads the way in selling global TV formats, in The guardian, 5 aprile 2010, p. 7.

75
problema teorizzato della “demonizzazione del flop televisivo”283, di grande attualità, è
sicuramente uno dei fattori che ha influito maggiormente sulla crescita esponenziale del
mercato dei format. Per paura del rischio di insuccesso, strettamente legato alle trasmissioni
inedite, i produttori televisivi preferiscono puntare su “prodotti sicuri, […] formule già
sperimentate e collaudate che, pur non eliminando completamente l'alea (lo spettro)
dell'accoglimento negativo, la riducono al minimo”284.

Gradualmente si è diffusa la consuetudine di non investire risorse nella creatività e


nell'innovazione, preferendo l'acquisto di format esteri già rodati, o copiando e adattando
programmi già in onda su altre reti (italiane e straniere). La mancanza di un quadro normativo
di riferimento, in un certo senso, favorisce gli episodi di plagio, poiché anche se l'imitazione è
ben intuibile a livello teorico, è davvero difficile dimostrarla in concreto285. Oggi, poche
grandi e potenti case di creazione e produzione dei format hanno il monopolio del mercato e
vendono i loro format a livello intercontinentale286. Possiamo dire che anche le
programmazioni televisive hanno risentito della “globalizzazione”. Ad una omologazione
dell'entertainement, però, non ha fatto seguito un coordinamento delle legislazioni nazionali
in materia di diritto d'autore e, in verità, nessuno Stato ha ancora varato una legge che
riconosca e tuteli ufficialmente il format287, e che quindi dia delle garanzie a chi lo crea, a chi
lo acquista e a chi lo mette in onda. Le case di produzione internazionali si sono trovate ad
affrontare procedimenti giudiziari per lo stesso format anche in nazioni diverse288. I singoli
283
Vedi LOFFARI, G., La tutela del format, in Il diritto della nuova economia, a cura di MASCHIO, F., Padova,
2002, p. 711.
284
Vedi RAGGI, V., Il format package e la tutela autorale del format, cit., p. 545.
285
Anche perché, come si è visto, spesso ciò che viene copiato è soltanto l'idea di fondo che, per definizione,
non si può e non si deve tutelare.
286
Cfr. MARI, G., La protezione sul “format” nel sistema della legge sul diritto d'autore, cit., p. 7. I maggiori
produttori del panorama globale sono: Endemol, FreemantleMedia, BBC, Granata, Celador, Strix Television.
287
Cfr. GRANDINETTI, O., La tutelabilità erga omnes del format di programmi radiotelevisivi, cit., pp. 67 –
73, in cui l'autore analizza le legislazioni di Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti in cui sono state adottate
soluzioni diverse, legate alla concorrenza sleale, alla malafede dei contraenti o alla tutela dei singoli elementi,
ma non si è comunque riusciti a tutelare davvero il format come schema di riferimento.
KLEMENT, U., Protecting Television Show formats under Coyright law: new developments in common law
and civil law countries, cit., pp. 53 – 79, descrive la situazione delle legislazioni di Nuova Zelanda, Gran
Bretagna, Australia, Stati Uniti e Germania evidenziando le oggettive difficoltà riscontrate, anche nelle corti
estere, nel valutare la posizione del format rispetto alle normative vigenti nei rispettivi Paesi, tutte tra l'altro
più recenti della legge italiana.
288
Per esempio la Endemol nel biennio 2003-2004 ha dovuto affrontare due cause per il format del suo
programma Big Brother addirittura in continenti diversi. In Olanda, davanti alla Suprema Corte, ha dovuto
difendersi dalle accuse di aver copiato lo schema alla base del programma Survivor realizzato da Castaway
Television Productions Ltd&Planet 24 Productions Limited. Poco tempo dopo, in Brasile, la Endemol
insieme all'emittente TV Globo ha fatto causa a TV SBT, poiché quest'ultima, dopo aver richiesto e visionato
informazioni dettagliate sul format del Big Brother, si era rifiutata di aderire agli accordi di licenza proposti,
ma aveva realizzato un programma, Casa Dos Artistas, molto simile a quello della casa di produzione
olandese, la quale intanto aveva venduto il suo format all'emittente TV Globo, e che faceva uso di tecniche,
modalità e dettagli palesemente copiati dal Big Brother. CHALLIS, B., COAD, J., Format fortunes: Is there
a legal recognition for the television format right?, cit.

76
giudici hanno valutato autonomamente il caso loro sottoposto, arrivando a verdetti differenti e
ricorrendo a motivazioni e interpretazioni delle leggi talvolta addirittura contrastanti289.

L'Italia spicca nella lista dei maggiori importatori di schemi di programma, vi è una
“netta sperequazione del flusso di format in ingresso rispetto a quello in uscita”290. Eppure
sono numerose le piccole case indipendenti di produzione di format e i giovani che
intraprendono costosi percorsi di studio per diventare autori televisivi. Il problema maggiore è
proprio la refrattarietà delle emittenti televisive nei confronti dell'innovazione e del rischio
che ne consegue. Per loro è molto più comodo acquistare o imitare idee d’oltralpe e d'oltre
oceano e spendere poche energie per renderle “più nuove” o “più adatte”, piuttosto che
investire e correre il minimo rischio di insuccesso. Al limite, se non si è comprata nessuna
licenza ufficiale, si rischierà un processo senza veri vinti né vincitori, poiché sembra ancora
lontano il tempo in cui il format sarà elevato al rango di opera dell'ingegno, meritevole di
tutela.

Dietro il florido commercio dei format, poi, ci sono, talvolta, logiche che sfuggono agli
ignari telespettatori e persino alla giustizia. Le recenti cronache ci hanno rivelato addirittura la
creazione di fondi neri proprio sotto la copertura dell'ordinaria vendita di format291.
Comunque, tralasciando gli aspetti estremi dell'illegalità, è noto che molte compravendite di
format tra emittenti diverse o case di produzione ed emittenti sono in realtà animate da
interessi bilaterali: il format concesso in uso fa parte di un pacchetto che prevede favori e
garanzie, prelazioni sui programmi futuri, coproduzioni, finanziamenti e accordi con gli
inserzionisti da assecondare. Spesso queste alleanze si ripercuotono negativamente sul
mercato poiché creano monopoli di grandi holding, abusi di posizione dominante e
concentrazioni che annullano la concorrenza e rendono inoppugnabili le barriere d'entrata del
settore292.
289
Nei due casi della nota precedente, per esempio, la Suprema Corte olandese si è pronunciata in favore della
tutelabilità del format Survivor poiché, come ha dichiarato il giudice, esso è il risultato di “una combinazione
unica di dodici elementi” che se copiati creerebbero un illecito per il copyright, ma ha anche affermato che il
programma Big Brother non è una copia di Survivor essendo basato su elementi diversi; la Corte di giustizia
brasiliana, invece, ha valutato che le numerose similarità tra il format della Endemol e quello di TV SBT non
riguardassero soltanto l'idea di fondo, bensì anche le scelte tecniche, artistiche ed economiche alla base della
realizzazione del programma, e ha confermato la tesi dell'accusa che tale somiglianza non fosse una casualità
ma il frutto di una “rude copia”. Cfr. JONES, M., How to protect a TV format, cit., p. 52.
290
Vedi MARI, G., La protezione sul “format” nel sistema della legge sul diritto d'autore, cit., p.92.
291
Cfr. Tra gli altri RANDACIO, E., Mediaset, Mills e Mediatrade, 20 anni di accuse per Berlusconi, nella
sezione R'E le inchieste, di www.repubblica.it, in cui si spiega che “Mediaset sovrafatturava il prezzo dei
format televisivi acquistati dalle case di produzioni statunitensi” per creare dei fondi neri extrabilancio ed
evadere il pagamento delle tasse.
292
Per questo motivo era stato emanato nel 1989 il Regolamento (CEE) n. 4064/89, con cui si è dichiarato che la
concentrazione è incompatibile con il mercato comune. Un caso concreto richiamo a questo principio è stato
rapprensentato dalla sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee, Quarta Sezione ampliata,

77
Nonostante lo scarso incoraggiamento che viene loro offerto, alcuni giovani cercano di
dare fiato alla loro ansia di affermazione e alla loro vivacità attraverso iniziative come IF TV
293
, un festival che da due anni si svolge a San Benedetto del Tronto. Nell’ultima edizione
sono stati ben centocinquanta i concorrenti che hanno partecipato alla competizione, il cui
anelato premio era la realizzazione e la trasmissione del loro programma televisivo sul
prestigioso palinsesto di Italia 1294, mentre tutti i numeri zero295 in gara saranno trasmessi sul
nuovo canale Mediaset Italia 2296. Il concorso è il momento centrale di un evento che vuole
promuovere la ricchezza della creatività. Vi possono concorrere tutte le proposte di autori
professionisti e non professionisti, che abbiano caratteristiche di originalità e innovazione
nell’ambito della programmazione televisiva di ogni genere.

Queste iniziative ci dimostrano che comunque il mercato ricerca nuovi talenti e idee
originali che possano fornire spunti per programmi di successo. Sfogliando le
programmazioni a ritmo di zapping col telecomando, però, si ha l'impressione di vedere
sempre e solo del “già visto”. Le trasmissioni si ripetono e si copiano l'un l'altra e, anche
quando ci si trova all'estero, si vede la stessa televisione che in Italia 297, talvolta appena
modificata affinché sia adatta al pubblico del Paese straniero in cui è messa in onda 298, ma
comunque priva di vere differenze.

del 28 aprile 1999, nella causa Endemol Entertainment Holding BV contro Commissione delle Comunità
europee, in http://eur-lex.europa.eu.
293
Come si legge sul sito www.if-tv.tv, il Festival IF TV vuole costruire un ponte tra le giovani generazioni
industriose e le produzioni televisive, per promuovere nuovi spunti e idee da contrapporre alla tendenza di
ripetere all’infinito di schemi narrativi collaudati e sicuri. I 91 giovani autori in concorso con i loro video
pilot di un'ipotetica prima puntata del programma, presentati per partecipare alla competizione, potranno,
forse, contribuire al cambiamento della TV, portando nuovi modi di vedere e concepire le dinamiche del
palinsesto e cercando di sfruttare i giorni dell'evento per far conoscere le loro produzioni. “Format tv che per
qualità e inventiva ci fanno ben sperare non solo sul futuro del festival, ma anche sul futuro della televisione
– è stata la dichiarazione di Leo Zani, direttore artistico della kermesse – la partecipazione di molti
professionisti del piccolo schermo segna inoltre l’interesse del mercato verso la nostra manifestazione”.
294
Cfr. Comunicato Stampa, 28 agosto 2011, in www.if-tv.tv. Il vincitore dell'edizione di quest'anno, svoltasi dal
22 al 27 agosto 2011, è stato il format “Bella Zio”, dell’autore e regista milanese Giuseppe Longinotti, già
conosciuto al pubblico televisivo e agli operatori del settore in quanto collaboratore di “Le Iene”.
295
I numeri zero o pilot sono delle puntate di prova del programma che gli ideatori di format realizzano per
presentare il proprio prodotto ai potenziali acquirenti.
296
Cfr. www.tv.mediaset.it/mondotv/if_tv/
297
Infatti, non solo i celebri Grande Fratello e Chi vuol essere milionario? sono presenti in numerose nazioni e
continenti, ma anche programmi come Forum, Karaoke, Matricole e Meteore, Il Brutto Anatroccolo (Cfr.
MARI, G., La protezione sul “format” nel sistema della legge sul diritto d'autore, cit., p. 92), La ruota della
fortuna, Uomini e Donne sono stati esportati in diverse nazioni (come si può costatare facilmente viaggiando
all'estero).
298
Per esempio, il luogo in cui gli ospiti della casa del Grande Fratello possono parlare liberamente al pubblico,
sfogarsi con la redazione e lanciare appelli senza essere sentiti dagli altri concorrenti si chiama
“Confessionale” soltanto nelle edizioni del programma in Spagna e Italia, paesi cattolici che associano ancora
un valore religioso di espiazione alla confessione delle proprie emozioni e sensazioni, invece, nelle versioni
realizzate in Olanda e Germania si utilizzano rispettivamente le più neutre espressioni di “stanza dei segreti”
e “parlatorio”. Cfr. GRASSO, A., Storia della televisione italiana, cit., p. 697.

78
Per i produttori di format la scelta tra to make or to buy, spesso si riduce ad una scelta di
convenienza economica in senso stretto, poiché con l'attuale situazione del mercato,
caratterizzato da un “diffuso scimmiottaggio di giochi indovinelli, confessioni, programmi
strappalacrime, confidenze, indagini parapoliziesche e simili che obbediscono a modelli
standardizzati ruotando attorno ad un'idea centrale fissa”299, anche un'ottima idea originale e
nuova rischia di non garantire nessun profitto. Per questo motivo le garanzie fornite con essa
possono influenzare l'acquirente in maniera decisiva. La scarsa produzione in Italia di format
originali è, infatti, da imputare a “un problema di storia del mercato italiano”300, si potrebbe
dire che vi è, da una parte, una scarsa propensione al rischio e, dall'altra, una solida tradizione
di importazione proprio perché attraverso l'emulazione di opere già ben riuscite altrove si
riduce l'incertezza. Quindi è ben diffuso il ricorso a programmi “di cui si dispone di una
cassetta e di una track record di ascolti di successo”301 che offrano al potenziale acquirente la
certezza delle grandi potenzialità del programma. Di fatto, poi, il caso Mike Bongiorno ci ha
dimostrato come l'azione di adattamento che si compie in Italia prima di introdurre i
programmi li rende così “italiani” da non far quasi sospettare la matrice estera.

Gli adattamenti alle specifiche caratteristiche del pubblico nazionale non sono onerosi e
spesso non sono nemmeno necessari. Il pubblico mondiale, infatti, è ormai omologato; la
cultura e la sensibilità nazionale dei singoli paesi, specialmente nell’Occidente non
costituiscono una discriminante significativa per il successo di uno spettacolo: basti tener
presente che programmi quali il Grande Fratello o Chi vuol esser milionario? sono approdati
in Italia e in numerosi paesi mantenendo più o meno la stessa struttura e ottenendo ovunque
un enorme successo.

Proprio per questo, a fianco dei creatori, si sono sviluppate delle nuove professionalità,
gli autori specializzati nell'adattamento dei format acquistati dall'estero. In questo modo, le
case di produzione o le emittenti hanno già a disposizione formule ben rodate e garantite e
possono dedicare il tempo e le risorse, che si sono risparmiate, al miglioramento del format
299
Cfr. ZUCCHELLI, N., Tutelabilità degli schemi di trasmissioni televisive, cit., p. 274.
300
Cfr. BURATTO, F., I format: adattamento e creazione, l'esempio di Magnolia (quelli dell'Isola dei famosi e
di X Factor...), in www.job24.ilsole24ore.com, 02 marzo 2009. Il giornalista riporta un'intervista a Francesca
Canetta, la quale si occupa di sviluppo, produzione, ricerca e adattamento di format per il mercato italiano in
qualità di amministratore e socio fondatore di Magnolia insieme a Giorgio Gori e Ilaria Dallatana.
301
Cfr. BURATTO, F., I format: adattamento e creazione, l'esempio di Magnolia (quelli dell'Isola dei famosi e
di X Factor...), cit. Magnolia si presenta al pubblico come la società di produzione televisiva indipendente
“leader” nella produzione, creazione e adattamento di format di intrattenimento per i principali network
televisivi e media interattivi in Italia. Tra i titoli più celebri messi in circolazione da questa casa di
produzione spiccano Markette, Paint your life, Cortesie per gli ospiti, Camera café, Il mercante in fiera,
L'eredità, Italia's Next Top Model, Ma come ti vesti?!. Occupandosi sia di format originali che di prodotti
importati e riformulati per essere inseriti nel contesto locale, Francesca Canetta dà una visione di insieme del
mercato italiano come un po' rigido e restio alle sfide innovative.

79
stesso. L'adattamento, infatti, è un lavoro intenso che richiede competenza e sagacia, gli autori
devono “pescare nell'immaginario collettivo nazionale e in archetipi già fissati dalla storia
televisiva, cinematografica e del costume di ciascun Paese”302 per trovare modelli di
riferimento in cui il pubblico possa facilmente riconoscersi e riconoscere le tipizzazioni
socioantropologiche usuali della comunità o della nazione di appartenenza. Per ottenere un
adattamento efficace è indispensabile che il format originario sia “aggiustato”303 sulla base
delle preferenze locali e lo studio di questa componente sta diventando un chiave di successo
di grande importanza304. Ovviamente, un format che di per sé si presti bene ad essere “calato”
nelle varie culture ha un maggior valore economico, poiché sarà più semplice operare su di
esso la cosiddetta “traduzione culturale”305, che è appunto la trasformazione di alcuni elementi
in base al contesto socioculturale finale.

Anche se il format è stato licenziato in maniera formale e dunque è accompagnato dal


format-package e dall'eventuale bagaglio di conoscenze e competenze del suo ideatore, il suo
utilizzo richiede sempre e comunque un notevole lavoro di adattamento, che dev'essere svolto
dalle società di produzione. “Per esempio, il tono e l'enfasi dell'italiano Beato fra le donne
sono radicalmente diversi dal programma tedesco Mann O Mann, di cui il primo è una
verisione autorizzata”306. L'abilità nell'adattamento si dimostra intervenendo su “alcuni
ingredienti del programma: puntando su quelli più vicini alla sensibilità locale e tralasciando
quelli più distanti o mescolandoli in tal modo che la formula del programma non cambi ma il
clima generale sia più adatto al pubblico nazionale”307.

Ma come si arriva da un'idea a un format? E cosa può succedere ad un format una volta
che è stato creato? “Creare format per la Tv è un lavoro affascinante, fatto di regole e
soprattutto creatività”308. I termini “creazione” e “creatività” sono legati a doppio filo quando
302
Cfr. SORICE, M., Programmi in scatola, Il format nella TV globale, cit., p. 28. In cui l'autore, analizzando il
cast di concorrenti di alcune edizioni del Grande Fratello vi individua dei “tipi ricorrenti”, personaggi che
sepppur dotati individualmente di aspetti caratteriali e personali diversi, nell'interazione di gruppo e nelle
dinamiche della Casa si inseriscono all'interno di uno schema che sembra prestabilito. Si ha l'impressione che
vi siano dei ruoli fissi riconducibili a un modello di riferimento: col susseguirsi dei concorrenti cambiano i
visi, si potrebbe dire gli interpreti, ma il personaggio rimane. In ogni Casa del Grande Fratello c'è un bullo,
una ragazza seducente, un intellettuale, etc.
303
Secondo la terminologia di settore che traduce, un po' impropriamente, il termine “adjust”.
304
Cfr. GOTTLIEB, N. E., Free to air? - Legal protections for TV program formats?, cit., pp. 256 - 257.
305
Cfr. SORICE, M., Programmi in scatola, Il format nella TV globale, cit., p. 28.
306
Cfr. SPENCE, M., La tutela dei format scoperti negli archivi televisivi, in I diritti televisivi nell'era digitale, a
cura di NIVARRA, L.cit., p. 35. In cui l'autore indaga il rapporto che si viene a creare tra programmi originali
e adattamenti successivi di essi, autorizzati o meno.
307
Vedi SORICE, M., Programmi in scatola, Il format nella TV globale, cit., p. 28. L'autore cita l'esempio del
Grande Fratello che è caratterizzato da un'atmosfera più trasgressiva in Germania, mentre in Spagna prevale
un tono giocoso e festoso.
308
Cfr. SOLDATI, B., Come produrre e vendere un format, in QC2 – Quaderni di Comunicazione, Anno I,
numero 3, Ottobre- Dicembre 2007, p. 4.

80
si parla di format e la conferma dell'importanza di questi requisiti per l'affermazione di un
format rende ancora più incomprensibile il ritardo del legislatore nel disciplinare la materia.
Com'è stato già detto, l'art. 1 della l.d.a. stabilisce che sono protette le "opere dell'ingegno di
carattere creativo" e l'art. 6 della stessa legge dice che "il titolo originario dell'acquisto del
diritto di autore è costituito dalla creazione dell'opera, quale particolare espressione del lavoro
intellettuale". La legge quindi, ai fini della tutelabilità di un'opera, richiede che la creazione
sia il risultato di un'attività dell'ingegno umano. Il concetto di creatività, come si è visto, non è
definito omogeneamente dalla dottrina e dalla giurisprudenza. In termini generali, il carattere
creativo viene ricondotto ai concetti di novità e originalità. Di fatto, questi due aspetti sono
alla base del successo di un format: questo deve fondarsi su un'idea innovativa ed originale,
dare un apporto nuovo alla cultura e al contesto sociale in cui si diffonde, ovvero deve avere il
cosiddetto aliquid novi309, e dev'essere chiaramente distinguibile dalle opere precedenti e
dalle creazioni di altri autori. La differenziazione rispetto alle precedenti espressioni
intellettuali di altri autori è fondamentale. Anche un'idea poco originale e già usata da altri
può essere tutelata se viene interpretata in maniera personale. Diverse sentenze310 anno infatti
affermato che l'apporto di una piccola modifica ad un'opera precedente è suscettibile di creare
un'opera del tutto indipendente. Si tratta del cosiddetto quid pluris, che in un certo senso è
utilizzato da molti produttori come escamotage per evitare di incappare in un illecito. Infatti,
apportando intenzionalmente ad un'opera (possibilmente già famosa e di successo) delle
modifiche non eccessivamente profonde, ma sufficienti a evitare la violazione effettiva del
diritto d'autore, si elude il rischio di plagio.

Il punto di partenza per creare un format non è quindi diverso da quello per la creazione
di un'opera dell'ingegno: bisogna avere una buona idea, un'intuizione nuova e brillante, “lo
spunto può venire da un fatto di cronaca, un esperimento scientifico, la trama di un film o un
libro, una frase sentita per caso, il titolo di un giornale, lo slogan di una pubblicità e così via.
Di solito non servono grandi idee, basta anche un'idea piccola, purché sia precisa, chiara,
raccontabile in un paio di frasi e soprattutto «fattibile» (cioè con costi realizzativi
proporzionali alla durata e alla possibile collocazione del programma). Le strade da
intraprendere possono essere due: o proporre un'idea completamente nuova o partire da
un'idea tradizionale e trovare chiavi di lettura innovative”311. L'idea poi dev'essere esposta,

309
Cfr. RAGGI, V., Il format package e la tutela autorale del format, cit., p. 548; in cui l'autrice spiega il
concetto di originalità richiesta dal legislatore come un “contenuto soggettivamente innovativo”.
310
Cfr. GOTTLIEB, N. E., Free to air? - Legal protections for TV program formats?, cit., pp. 238 – 239, che
riporta Sheenhan contro MTV Network.
311
Cfr. SORICE, M., Programmi in scatola, Il format nella TV globale, cit., p. 32.

81
bisogna che essa acquisti una forma espressiva, che ne permetta la presentazione, il più
esaustiva possibile, ad un soggetto terzo, che sia un potenziale acquirente o un finanziatore
della produzione. E' necessario costruire uno schema dettagliato perché “il format è la
declinazione drammaturgica di un'idea che prevede e descrive lo sviluppo e lo schema di un
programma televisivo”312.

Il primo passo da compiere è la redazione del paper format, una descrizione su carta del
concept e dei meccanismi del programma. Deve essere un documento sintetico, ma completo,
e deve contenere:

 Titolo del programma e genere televisivo (talk show, reality show, game show, fiction,
ecc.);
 Concept, ovvero l’idea di base intorno a cui ruota tutto lo sviluppo del format tv;
 Format “propriamente detto”, ossia una suddivisione temporale di ciò che avverrà nel
corso del programma;
 Bozzetto del set (molto utile specie nella presentazione di programmi di
intrattenimento);
 Indicazioni generali su durata, host (eventuale profilo del conduttore), pubblico e
fascia oraria proposta;
 Contenuti del copione di un numero pilota o almeno una sinossi di una puntata zero313.

E' importante depositare il format creato presso l'apposita sezione della SIAE (di cui si
parlerà più avanti), allegando informazioni dettagliate che permettano di distinguere al meglio
le caratteristiche dello specifico schema di programma. Tale deposito potrà essere utilizzato in
caso di controversie per dimostrare la priorità cronologica della creazione, ma, la SIAE non si
occupa di valutare la tutelabilità o meno del format depositato. Ovviamente, più ricca e
completa sarà la documentazione allegata al momento del deposito, maggiori saranno le
possibilità di dimostrare, in caso di contenzioso, che l'opera sia stata effettivamente plagiata.
In questo senso, l'ideale è riuscire a realizzare un pilot, o puntata zero, che da una parte risolve
i problemi legati alla fissazione dell'idea su un supporto e al limite dell'eventuale applicabilità
della legge l.d.a. alla sola forma espressiva e non al contenuto, dall'altra permette di aver una
visione d'insieme del programma, più completa nei vari aspetti che lo caratterizzano. In
312
Ibidem.
313
Cfr. Gettare le basi di un'idea televisiva, in www.aliacom.it/format-tv.html. Aliacom è un'agenzia per la
comunicazione istituzionale e sociale. Si occupa di ideare e produrre programmi televisivi, grazie ad uno staff
di giornalisti, copywriter, autori, esperti nella stesura di testi che hanno lavorato per programmi di
informazione, intrattenimento e fiction. Nella presentazione che fa della propria attività, l'agenzia sottolinea
più volte il valore dell'originalità dell'idea di base.

82
questo modo, però, i costi da sostenere aumentano tantissimo. Bisogna dotarsi degli strumenti
e della location per effettuare le riprese ed è indispensabile definire il format nei minimi
dettagli per rendere la “prova generale di trasmissione” fluida e convincente.

Chi crea il format deve comunque sottostare alle regole delle emittenti anche quando
presenta loro il suo schema di programma. Spesso, proprio perché le emittenti non hanno
tempo e risorse da dedicare ai nuovi format, prendono in considerazione solo progetti di
trasmissione dettagliatissimi, nei quali ogni aspetto è descritto minuziosamente e corredato da
un’adeguata documentazione che ne comprovi la validità in termini di audience. Ovviamente,
nell'individuare il genere, la fascia oraria e i destinatari, il creatore del format deve fare una
scelta ponderata che lo porterà poi ad adeguare tutta la sua idea al target di pubblico
potenziale, individuato dalle scelte precedenti. Non basta avere un'idea nuova e originale,
bisogna trovare il pubblico giusto a cui proporla, il modo giusto per trasmetterla. Per le
emittenti è essenziale poter valutare a pieno tutto il potenziale di ciascun format e un semplice
documento scritto non è esaustivo. “Negli ultimi anni è diventato davvero molto difficile che
una emittente decida di produrre un “paper format”314; diciamo che senza una "cassetta in
mano" e, anche meglio, una storia di emissione di successo in altri paesi, la strada è tutta in
salita”315.

Per quanto riguarda i diritti di diffusione dei format, nella fortunata eventualità che
l'emittente prenda in considerazione e poi decida di produrre e trasmettere il format, si apre un
nuovo percorso irto di ostacoli per i creatori, quello di ottenere una remunerazione per il loro
lavoro. Creare un format è un'attività dell'ingegno umano, come tale richiede uno sforzo. Chi
idea format deve documentarsi moltissimo prima di mettersi a lavoro. E' necessario che studi i
programmi analoghi nel panorama nazionale e internazionale, che conosca la storia e
l'evoluzione dello specifico genere televisivo di cui ci si occupa, che valuti bene l'equilibrio e
lo sviluppo del programma, che definisca il ruolo del conduttore, dei personaggi e gli spazi di
eventuali inserzionisti. Poiché i dati dell'Auditel sono comunque l'obiettivo primario
dell'emittente e uno dei fattori di maggior influenza sulle scelte di programmazione, quando si
crea un format si devono anche stilare delle previsioni di share che devono essere coerenti
con le abitudini dell’utenza del presunto target di riferimento. E' fondamentale valutare le
caratteristiche dei destinatari format, infatti, “la genesi di tali prodotti arriva a conclusione di
una approfondita ricerca che intessa il gusto e l'orientamento del pubblico, il gradimento
314
Ovvero un semplice format – progetto, nuovo e mai realizzato, nemmeno sotto forma di video pilot; lo si
distingue da l format-package che è invece un format che è già stato realizzato in un programma che quindi è
garantito da risultati in termini di audience, sponsorizzazioni e correzioni di eventuali problemi sorti.
315
Cfr. SOLDATI, B., Come produrre e vendere un format, cit. p. 5.

83
mostrato per prodotti analoghi o, ancora, i punti di forza dei personaggi ivi contemplati”316.

Non esistono delle vere e proprie tabelle per stabilire la remunerazione di un format. In
generale per i diritti dei format che si acquistano nel mercato internazionale si tiene conto:

• del tipo di formato (genere e provenienza territoriale);

• della fascia oraria per la quale viene programmato;

• dell'emittente per la quale viene prodotto.

Tuttavia, quando il format è di provenienza italiana viene trattato in “maniera


completamente diversa”. Addirittura, molte emittenti cercano di non riconoscere nessuna fee
per il format che viene sottoposto loro, e che poi utilizzano indebitamente317.

Un caso esemplare di questa consuetudine italiana, già citato nell'introduzione, riguarda


il programma Le Iene che viene trasmesso ancora oggi ottenendo sempre molto successo.
Nella sentenza del Tribunale di Roma, del 13 ottobre 2005, la parte attrice accusava un
intermediario e responsabile di produzione di aver diffuso i suoi format TG3 e mezzo e Bestial
Market, consegnandoli ad alcune emittenti televisive, che poi li avevano rielaborati e
trasformati nei programmi Le Iene e Tacchi a spillo, andati in onda nel 2001 sulla rete
televisiva Italia 1. La creatrice dei due programmi chiedeva che fosse riconosciuta la paternità
dei suoi format, che fosse accertato l'infedele espletamento da parte del produttore
dell'incarico fiduciario ricevuto da lei e che egli e i “titolari” dei format successivamente
messi in onda fossero condannati al risarcimento del danno. Adduceva come prova il deposito
dei format presso la SIAE, ma purtroppo, come è stato già detto, di per sé “tale adempimento
non comporta alcun preventivo accertamento della sussistenza dei requisiti di tutelabilità
richiesti dalla legge 633/1941”318. Nello specifico, il giudice ha dichiarato: “la giurisprudenza
prevalente nega rilevanza creativa agli schemi di programmi televisivi in quanto elementi
embrionali di un'opera, semplici idee prive di espressione formale da cui sia desumibile il
requisito della creatività e che necessitano, generalmente, di ulteriori processi di elaborazione
e integrazione con altri contributi creativi per raggiungere individualità e compiutezza di
rappresentazione. In altri termini, la mancanza di traduzione espressiva impedisce di
considerare lo schema di un'opera televisiva di per sé come un'opera dell'ingegno, prevista e
tutelata dal diritto d'autore.”319.

316
Cfr. RAGGI, V., Il format pakage e la tutela autorale del format, cit., p.549.
317
Cfr. SOLDATI, B., Come produrre e vendere un format, cit. p. 6.
318
Cfr. Tribunale di Roma, 13ottobre 2005, sentenza n. 21754, cit., p. 541.
319
Cfr. Tribunale di Roma, 13 ottobre 2005, cit., p. 541.

84
Non solo si è ribadita la centralità dell'espressione formale, ma si è definita come
insufficiente al fine di effettuare una valutazione la descrizione letteraria, cioè l’illustrazione
letterale, più o meno dettagliata, di una possibile trasmissione televisiva. Secondo il giudice,
infatti, da tale corredo documentale non era possibile desumere la presenza dei caratteri di
“originalità e novità del lavoro, né tantomeno la personalità dell'autore”. La causa si è
conclusa con la dichiarazione dell'insussistenza dei presupposti per la condanna di nessuna
delle parti citate in giudizio e, “considerata la particolarità della vicenda e la novità delle
questioni giuridiche trattate”, anche le spese sono state suddivise tra le parti. Ufficialmente,
quindi, il giudizio non ha riconosciuto nessun diritto all'attrice-autrice e ha legittimato
l'operato di chi ha preso spunto dal suo schema di programma per realizzare dei guadagni.
Non essendovi, poi, per di più, i requisiti di attività di impresa nel lavoro dell'ideatrice, le è
stata anche preclusa la possibilità di appellarsi alle leggi in materia di concorrenza sleale e
tutela del segreto.

Considerata la rilevanza degli interessi coinvolti, non sorprende che questa sentenza
abbia avuto e continui ad avere un’eco tanto vasta. La trasmissione Le Iene show,
parzialmente derivata dal format dell'attrice, riscuote grande consenso tra i giovani320 per il
suo duplice carattere: per un verso spettacolo scanzonato e trasgressivo, scoppiettante nel
linguaggio, avvincente nel montaggio, divertente per l’uso di espedienti come la candid
camera; per un altro verso giornalismo irriverente, impegnato a denunciare e castigare,
almeno moralmente, i vizi, le magagne, gli illeciti diffusi nei diversi ambiti della società
italiana.

Essa ha sicuramente adottato una formula di successo che coniuga i più efficaci aspetti
della satira letteraria e televisiva. Orbene, in virtù del peso di tale programma e
dell’importanza della sua genesi, non si può non avere l’impressione che, nel rigetto della
citazione della ricorrente321, abbia prevalso l’approccio eristico della difesa di una delle due
parti convenute, piuttosto che il paziente confronto e la valutazione di tutti gli elementi di
prova. Non si può e non si vuole, come logico, criticare la decisione del giudice, ma non si
può non rilevare che, a fronte dell’eccezione preliminare, in linea con la giurisprudenza
prevalente, - dell’inammissibilità dello schema progettuale dell’attrice come opera tutelabile e
dell’esclusione delle cassette VHS come prova - siano state trascurate sia un’analisi testuale e
concettuale del testo depositato alla SIAE, sia, soprattutto, un confronto ragionato fra questo e
la documentazione scritta allegata a corredo della trasmissione argentina, di cui il programma
320
Cfr. www.televisionando.it.
321
Cfr. RAGGI, V., Il format package e la tutela autorale del format, cit., p. 544.

85
italiano è stato considerato la trasposizione nel nostro Paese.

Intuitivamente, e probabilmente, sotto il retaggio della tradizione letteraria e plastico-


figurativa italiana ed europea, pagano-classica e giudaico cristiana, si ha l’impressione che
l’asse portante del format prodotto in Italia sia legato a rimandi ai “bestiari” come emblemi
delle debolezze dei difetti delle perversioni umane. Il titolo adottato nella versione italiana,
che identifica anche in modo inequivocabile il ruolo e lo stile dei conduttori, allude all’idea di
fondo che è quella di “pascersi” e di “pascere” metaforicamente anche il pubblico, delle
“carognate” che la gente, comune e non, tende a commettere. Sia detto fra parentesi: si vuole
credere e si spera, che l’interesse del pubblico verso questo tipo di trasmissione, sia motivato
anche da un più o meno conscio desiderio catartico.

Ebbene, al titolo e al contenuto del format in questione, sembra più corrispondere la


definizione Bestial Market pensata dalla soccombente ricorrente italiana, piuttosto che il titolo
della trasmissione concedente argentina che suona: Caiga quien Caiga322.

Non si può non esser certi della giustezza della sentenza italiana, ma un approfondito
raffronto incrociato fra testi e registrazioni video italiani e materiale cartaceo e filmato
sudamericano avrebbe fugato meglio ogni dubbio.

Questa sentenza ben descrive la posizione in cui si trovano i creatori di format in Italia e
in gran parte del mondo, soprattutto quando non sono supportati da grandi case di produzione.
Le emittenti o le case di produzione richiedono schemi di programmi molto dettagliati e
completi prima di procedere ad esaminarli. Spesso, però, una volta visionati, “si rifiutano di
riconoscere agli ideatori l'esistenza di diritti sui format proposti loro, procedendo, talvolta,
persino al riadattamento dei materiali ricevuti al fine di accrescere la difformità del prodotto
finito rispetto all'idea di base, eliminando così, tra i due prodotti, ogni legame che possa dar
luogo ad ipotesi di plagio”323. In questo senso, chi crea non solo non riceve nessuna
remunerazione per il suo lavoro, che, come è stato dimostrato, prevede la non facile
traduzione di un'idea in uno schema di programma che sia originale e innovativo e che possa
essere appetibile per lo specifico pubblico a cui si rivolge, ma, inoltre, è costretto ad assistere
all'appropriazione da parte di qualcun altro del frutto del suo lavoro creativo.

Non esiste una statistica ufficiale che quantifichi i casi di presunto raggiro e plagio. Il
clamore di alcune vicende, le eco che hanno avuto sulla stampa e sulla rete324, lasciano capire
322
Cfr. DABROSWSI, A., Caiga quien caiga, www.monografias.com.
323
Cfr. RAGGI, V., Il format pakage e la tutela autorale del format, cit., p.545.
324
Si pensi al caso di Ballando con le stelle ampliamente commentato in PROSPERETTI, E., Ballando con i
format: brevi considerazioni sulla ordinanaza cautelare del Tribunale di Roma, sez. IP, 26.09.2011, in Diritto

86
che i singoli creatori di format spesso sono “strozzati” tra una giurisprudenza che non
riconosce loro nessun diritto, da un lato, e le grandi emittenti o case di produzione, dall’altro,
le quali, approfittando dell'incertezza normativa intorno agli schemi di programma, si
appropriano delle novità e eludono le accuse di plagio. E questo vacuum legislativo non è più
giustificabile giacché la compravendita di format è un business internazionale che muove
risorse economiche nell'ordine di miliardi di dollari.

2.3 Verso un diritto d'autore dei programmi televisivi

Come si è già detto, con la nascita e la diffusione della televisione, negli anni '50, si è
fatto strada un nuovo modello di tempo libero, dominato dai film e dai programmi televisivi, e
lentamente si è passati dall'uso della TV come semplice strumento di informazione e
accrescimento della propria cultura alla più complessa concezione di TV di intrattenimento
che ha il compito di divertire il pubblico e occupare le sue giornate. Abituati alle logiche della
radio e del teatro e, soprattutto, ad una visione per lo più provinciale, o al massimo regionale,
del concetto di successo, i primi operatori della neonata televisione non presero coscienza
della dimensione assunta dalla comunicazione televisiva e dell'impatto potenziale delle
trasmissioni su un pubblico sempre più vasto e soprattutto sparso su tutto il territorio
nazionale, fino anche al di fuori dei confini.
Agli inizi dell’era televisiva di massa non si è nemmeno posto il problema del plagio di
programmi televisivi di intrattenimento. Trascinati dal fervore entusiastico dell'innovazione,
della produzione e del successo nessuno si preoccupava di riconoscere all'ideatore di un
programma televisivo un qualsivoglia diritto sul frutto della sua fatica e delle sue ricerche e,
in ogni caso, le legislazioni sul diritto d'autore non avevano previsto alcuno strumento di
ricorso in caso di imitazioni totali o parziali di “programmi televisivi”. Il problema ha iniziato
a porsi per gli schemi di gioco e i concorsi a premi 325 che hanno spopolato a partire dalla fine
degli anni '50, sulla scia del successo dei quiz show americani. Sulla loro valutazione vi è un
“consolidato orientamento giurisprudenziale che nega dignità di opera dell'ingegno” ad essi
ed alle cosiddette idee elaborate di spettacolo radiotelevisivo perché si ritiene, spesso con
pregiudizio, che siano privi di originalità e creatività326. La televisione, di fatto, veniva
considerata come un semplice diversivo leggero per la popolazione del boom economico e i
Mercato Tecnologia, www.dimt.it, 28 ottobre 2011, e in VECCHI, G., Programmi televisivi e proprietà
intellettuale: la tutela (inesistente) del format, in www.medialaws.eu, 10 novembre 2011.
325
Cfr. FABIANI, M., Ancora in tema di protezione di giochi o idee di programmi televisivi, cit., p. 614.
326
Vedi LAX, P., E' possibile parlare di un soggetto televisivo?, cit., p. 557 con ampia giurisprudenza , in
particolar modo riporta e commenta Pretura di Roma, 9 dicembre 1986 (inedita).

87
suoi programmi di intrattenimento equiparati agli spettacolo popolari delle “feste di paese”
pur se dilatati dall'etere. Semplicemente si prendeva atto di queste nuove consuetudini: non si
era assunta ancora consapevolezza dei grandi interessi economici che venivano mossi.
Gli opinion makers li ignoravano e li consideravano con sufficienza. Le numerose
polemiche insorte negli anni '60 327 nei confronti di tali forme di spettacolo sono la prova
dell'atteggiamento snobistico di molti intellettuali. Si ha quasi l'impressione che la
delegittimazione, più o meno manifesta, da loro espressa sul prodotto televisivo come
fenomeno di arte e di cultura inferiori328 si sia ripercossa in una forma di disattenzione e
distacco da parte della giurisprudenza.
Un certo cambiamento di prospettiva si è presentato negli anni'80 con l'apertura
dell'etere alle reti private329 e con la conseguente subordinazione degli obiettivi di audience a
precise logiche commerciali. Le reti private, infatti, non potendo disporre di introiti sicuri,
quali il canone TV, né di altri sussidi, hanno fondato sin dall'inizio, non solo il loro successo,
bensì la loro stessa sopravvivenza sulle entrate pubblicitarie che privilegiano esclusivamente
l'indice di ascolto. La vendita degli spazi pubblicitari di ciascuna fascia oraria ha praticamente
introdotto una nuova unità di misura del successo di un programma: il grado di attenzione e la
fedeltà da parte del pubblico ad una trasmissione sono diventati gli elementi più importanti
per attirare sponsorizzazioni. Si è attuata una vera rivoluzione nelle logiche di creazione degli
show televisivi poiché si è passati dall'obiettivo di favorire la diffusione dell'informazione e
della cultura, che erano gli obiettivi “sociali” delle reti nazionali del servizio pubblico, a
quello di catturare i telespettatori in modo da “incollarli” allo schermo con appuntamenti
ricorrenti e trasformarli in potenziali clienti per le aziende in cerca di pubblicità.
L'originalità, la creatività e il valore culturale della trasmissione sono passate spesso in
secondo piano, scavalcate dalla necessità di proporre in tempi stretti un programma capace di
sedurre il pubblico e soddisfare le aspettative degli sponsor.
La prima conseguenza di questa svolta è stata una corsa all'accaparramento del
programma televisivo più efficace e, quando non è stato possibile utilizzare il modello

327
Valga per tutte la polemica tra Umberto Eco e Mike Bongiorno, riportata da GRASSO, A., Storia della
televisione italiana, cit., p. 43.
328
Si pensi anche all'idea diffusa e condivisa che la televisione non meritasse di essere annoverata nel diritto
d'autore, in quanto considerata semplice strumento di comunicazione di opere dell'ingegno preesistenti e
compiute a prescindere dallo strumento di fruizione. Cfr. FABIANI, M., Lo spettacolo radiofonico e
televisivo nella disciplina del diritto di autore, cit., in particolar modo p. 63.
329
Dopo un ventennio di monopolio della RAI, gli anni '70 furono segnati da un grande momento di crisi a
causa della comparsa di numerose antenne libere, straniere e locali, che conquistavano le frequenze senza
nessuna regolamentazione, erodendo l'esclusiva dell'azienda pioniera. Per questo motivo, gli anni '80 si
caratterizzarono per la proliferazione incontrollata di network privati e per l'introduzione di nuove tipologie
di intrattenimento, poco consone agli intenti culturali della RAI.

88
originale, si è optato per un surrogato o, più spesso per un'imitazione non autorizzata. La
seconda conseguenza, meno evidente, ma forse più importante per la società, è stato un
abbassamento del livello qualitativo generale dei programmi, accompagnato dalla riduzione
del valore culturale delle trasmissioni, le quali si sono sempre più omologate e sono divenute
vieppiù “banali”, nel senso che il diritto d'autore dà a quest'aggettivo330. Guardando al passato
e soprattutto al contesto di nascita del diritto d'autore, sembra plausibile pensare che la
mancanza di una normativa di riferimento a tutela di tale specifico mercato della creazione
possa essere la causa dell'inaridimento della produzione. Lasciando “incustodito” il campo
della cultura televisiva, si sta un po' tradendo sia il valore della creazione intellettuale come
potenziale fonte di arricchimento della mente, sia la regola secondo cui il diritto in generale
deve adeguarsi all'evoluzione delle esigenze e dei contesti in cui opera.
Come si è detto, il format è stato oggetto di dibattiti, sentenze e interessanti ipotesi
dottrinarie, ma non si è ancora, innescato un intervento normativo atto a regolare il mercato
economico intorno a questo prodotto in maniera da favorire la produzione del settore. E'
interessante notare che le logiche di domanda-offerta per il format hanno portato alla
creazione e alla diffusione di “contratti atipici” di cessione e concessione tra creatori, case di
produzione ed emittenti. La mancanza di una disciplina della materia potrebbe inficiare la
validità di questi contratti331, ma questo rischio, però, non ha impedito il proliferare della
produzione e, meno che mai, ha frenato la crescita esponenziale del valore economico
generato dalla compravendita degli schemi di programmi televisivi.
Al di là degli aspetti contrattuali, è utile osservare che molti appelli in favore di una
tutela del format giungano insistentemente dagli addetti alla materia del diritto d'autore. Come
si è detto, la prima definizione di format è stata elaborata nel 1994 proprio dalla SIAE,
l'organismo italiano preposto alla vigilanza sui diritti degli autori. Tale ente si è fatto inoltre
promotore di alcune importanti iniziative mirate a sollecitare tutti i soggetti interessati a farsi
carico delle responsabilità proprie di ciascuno. In primo luogo, ha costituito un “ufficio di
registro”332 dei format, in cui è possibile depositare gli schemi di programma ideati, corredati
330
La banalità, infatti, è la mancanza di originalità e novità. In diverse sentenze i giudici hanno definito “banali”
format che riprendevano idee già utilizzate in altri programmi che si ritengono, in un certo senso, già entrate
nel patrimonio collettivo.
331
Cfr. ZUCCHELLI, N., Ultime notizie sul format, cit., p. 106.
332
Cfr. LONGHINI, S., PISI, S., Format o non format, questo è il dilemma..., cit., p. 72. In cui si fa riferimento
al Decreto Legge 30 aprile 2010, n°64, in Gazzetta Ufficiale, 30 giugno 2010, n° 150, coordinato dalla Legge
di conversione 29 giugno 2010, n°100, entrata in vigore dal 1 luglio 2010, che prevede che la SIAE curi un
registro pubblico speciale per le opere cinematografiche e audiovisive. RAGGI, V., Il format package e la
tutela autorale del format, cit., p. 550. L'autrice sottolinea che nella definizione della SIAE si può già
rimarcare una propensione dell'ente ad ammettere il format tra le opere dell'ingegno, tanto che il deposito,
che come si vedrà ha natura meramente cautelativa, avviene presso il un dipartimento della sezione OLAF –
Opere Letterarie ed Arti Figurative.

89
di apposita documentazione esplicativa, in modo da fornire agli autori la certificazione
dell'esistenza del prodotto ad una certa data, nel caso dell'insorgere di controversie giudiziarie.
Tale deposito, tuttavia, “non ha alcuna efficacia costitutiva ed alcuna rilevanza
nell'accertamento dei requisiti di tutelabilità dell'opera dell'ingegno”333, esso può essere
invocato esclusivamente per provare la priorità dell'idea334.
Oltre a ciò, l’ente ha convocato nel 2007 un gruppo di lavoro formato da autori, editori,
produttori, operatori delle emittenti radiofoniche e televisive statali e private per redigere il
“Codice di deontologia del format”335 al fine di “delineare un nucleo di principi fondamentali
e condivisi che possano, in attesa dell'emanazione di una compiuta disciplina normativa,
conferire un minimo di regolamentazione alle utilizzazioni commerciali dei format”336.
Contemporaneamente, ha esortato il governo a sopperire al più presto alla mancanza di una
specifica normativa a tutela del format e si è anche fatta carico di redigere una bozza per un
progetto di legge da discutere in Parlamento 337. Tutto ciò è sintomo inequivocabile di una
consapevolezza di responsabilità ormai maturata negli anni che aspetta solo una codificazione
ufficiale. Non è possibile rimandare ulteriormente “l'individuazione di una tutela per il format
333
Cfr. MARI, G., La protezione del “format” nel sistema della legge sul diritto d'autore, cit., p. 93. Inoltre,
sentenza Tribunale di Roma, 13 ottobre 2005, cit., p. 541, in cui il giudice De Masi negando la tutela a due
schemi di programmi regolarmente depositati presso la Sezione DOR della SIAE, che la parte attrice
sosteneva esser stati utilizzati per la creazione di due programmi Mediaset, asserì che “il deposito presso la
SIAE è privo di rilevanza atteso che tale adempimento non comporta alcun preventivo accertamento della
sussistenza dei requisiti di tutelabilità richiesti dalla Legge 633/1941”.
334
Cfr. Bollettino SIAE, gennaio-febbraio 2001, p. 35 e specifica sessione “Perché depositare”del sito web
ufficiale www.siae.it, in cui si specifica la sezione DOR accetta il deposito dei format purché inediti e che la
registrazione si limita a fornire iuris tantum la prova dell'esistenza del format ad una certa data, inoltre, si
dichiara che “non possono essere accettati dalla SIAE format di spettacoli – come quelli consistenti in giochi
o programmi didattico/giornalistici – che nella loro stesura definitiva non rientrerebbero tra le opere tutelate
dalla DOR”.
335
Cfr. LONGHINI, S., PISI, S., Format o non format, questo è il dilemma..., cit., p. 61.
336
Cfr. Dichiarazione del Presidente Giorgio Assumma, riportata nel comunicato Format: il 7 giugno autori e
produttori riuniti in SIAE per codice deontologico, Ufficio Stampa SIAE in www.siae.it, 22 maggio 2007.
Nel comunicato si sottolinea come il format sia diventato una delle maggiori risorse dell'industria
dell'intrattenimento, la quale sta risentendo del “vuoto di disciplina e di tutela normativa” su questo prodotto.
337
Cfr. Arriva un progetto di legge per la tutela del format, nella sezione Ufficio Stampa SIAE in www.siae.it,
17 giugno 2008; La SIAE presenta una legge per tutelare i format TV, in www.televisionando.it, 18 giugno
2008. Il presidente Giorgio Assumma è intervenuto all'incontro “Fuori l'autore”, organizzato dall'Anart –
Associazione Nazionale Autori Radiotelevisivi per discutere della problematica situazione degli associati che
continuano a reclamare il riconoscimento dei propri diritti sulle trasmissioni ideate, e ha dichiarato “La
mancanza di una chiara normativa sulla tutela del format” ha dichiarato l'avvocato Assumma “ha determinato
situazioni giuridiche di serio imbarazzo di fronte alle quali la magistratura si è quasi sempre trovata a negare
la protezione legale a questo tipo di prodotto, che pure è alla base di tutte le produzioni audiovisive”. La
proposta di legge elaborata dalla SIAE è costituita da due articoli che mirano a integrare il format nella legge
633/1941. Infatti l'art. 1 prevede che i format dotati dei requisiti di novità e compiutezza espressiva
indispensabili per la qualificazione come opere dell'ingegno siano espressamente inseriti nell'elencazione
dell'art. 2 l.d.a., in un ipotetico 10-bis. L'art. 2, invece, garantisce la ridotta tutela dei diritti connessi ai
progetti di prodotti audiovisivi che non siano ancora adeguatamente sviluppati, in questo caso si prevede la
creazione di un apposito Capo I – quater, contenente gli articoli 78 – quinquies e seguenti, che dovrebbe
definire la modalità di deposito dei progetti presso un apposito registro speciale affidato alla SIAE, la durata
e i soggetti del diritto connesso.

90
338
televisivo, oggetto di un mercato di notevole rilevanza economica” che rientra in una serie
di “nuovi beni” che, essendo oggetto di diritti, andranno garantiti da indebite appropriazioni
altrui, proprio perché è “doveroso salvaguardare il bene intellettuale che genera proventi
economici che rappresentano la retribuzione dell'ingegno degli autori e sopratutto, l'incentivo
alla creatività e alla produzione culturale del nostro Paese”339.
Il contributo della SIAE dimostra che si rende necessaria un'apposita codificazione del
format che venga riconosciuta e inserita tra le disposizioni previste dal diritto di autore340.
L'interpretazione continua ad essere affidata ai giudici, i quali si trovano a valutare ogni
singolo caso che si presenta loro come una quaestio facti, strettamente connessa alla
peculiarità del format specifico e dalla quale, dunque, non si può desumere una regola
generale. Permane, però, il preconcetto per cui la tutela del format rischia di trascinare il
diritto d'autore nella “sfera dell'impalpabile”341, ovvero di portare all'estremo di voler
proteggere persino le idee in quanto tali, il che “ingesserebbe”342 la libera circolazione del
pensiero, in contrasto con i principi fondamentali del diritto d'autore. Questa “ritrosia dei
giudici a tutelare mediante il diritto d'autore il risultato dell'attività ideativa ed elaborativa
necessaria per la produzione degli schemi di programmi televisivi”343 perde di credibilità nel
momento in cui, confrontando i diversi schemi di programma che sono stati sottoposti al loro
giudizio, e spesso sommariamente accusati di non detenere il minimo requisito di
estrinsecazione, si percepiscono le differenze concrete tra i vari generi di format che,
ovviamente, rendono più o meno esternalizzabile l'idea di fondo.
In termini generali, il format televisivo è “lo schema del programma, la sua struttura,
l'impalcatura attraverso e per mezzo della quale l'utilizzatore può dare vita al programma vero
e proprio”344. A prescindere dall'attuazione del requisito di estrinsecazione del diritto d'autore,
per essere comunicato al mondo esterno esso deve assumere una forma esteriore, completa e
dettagliata in proporzione alle necessità del contesto di utilizzo e del destinatario. L'idea,
invece, è “priva di un modo di composizione che abbia una sua organica forma di
rappresentazione”345 e per questo non solo non è tutelabile, ma è praticamente priva di un
338
Testo dell'intervento del Prof. Alberto Maria GAMBINO nella qualità di neopresidente del Comitato
Consultivo permanente sul diritto d'autore, Salone del Ministro per i beni e le attività culturali, Roma, 18
luglio 2007.
339
Ibidem.
340
Cfr. BIFERALI, G., TASSONE, B., La tutela del format in Cassazione, fra principi generali e merito
dell'opera, cit., p. 108.
341
Cfr. FERRO LUZZI, Federico, Gli spettacoli televisivi: varietà, talk show, programmi di “TV verità” (da
Blob al Baol), in NIVARRA, L., I diritti televisivi nell'era digitale, cit., p. 2.
342
Cfr. ZUCCHELLI, N., Ultime notizie sul format, cit., pp. 115 - 116.
343
Cfr. BERTANI, M., Tutela dei format di programmi televisivi, cit., p. 701.
344
Cfr. LONGHINI, S., Diritto d'autore e format televisivi: prospettive e attualità, cit., p. 425.
345
Cfr. LONGHINI, S., Diritto d'autore e format televisivi: prospettive e attualità, cit., p. 425.

91
qualsiasi valore di scambio.
A dire il vero in alcune sentenze346 è stata ufficialmente riconosciuta un'astratta
possibilità per il format di rientrare tra le opere protette “purché esso presenti elementi
sufficienti di originalità”347 , ma, poi, in concreto, non si sono riscontrati tutti i requisiti
teoricamente necessari per tutelare lo specifico format oggetto d'esame. Una piccola parte
della giurisprudenza348 ha cominciato riconoscere la tutela ad alcuni programmi già realizzati,
ma essi in realtà sono dei format che hanno “cambiato forma” poiché sono stati trasformati in
opere televisive complete. La concessione della tutela deriverebbe proprio dall'alto livello di
esteriorizzazione raggiunto 349, che però non riguarda più il format in sé ma il suo utilizzo da
parte dell'emittente televisiva che lo ha trasformato da schema di riferimento in un prodotto
finito con la realizzazione e la messa in onda. Queste sentenze sono state spesso criticate con
l'argomentazione che, non essendo tutelato il format in sé, non si trova lecito “salvaguardare”
un prodotto derivato da un'opera non tutelabile.
Una parte della dottrina 350, poi, si è soffermata sull'idea che le opere televisive pur non
essendo ufficialmente menzionate dalla legge sul diritto d'autore siano costituite da elementi
che, valutati singolarmente, appartengono ai generi letterari, artistico o scientifici
espressamente indicati dall'art. 1351, per cui basterebbe analizzare l'apporto creativo in
ciascuno di essi per giudicarne la tutelabilità o meno. Per gli operatori del mercato,
comunque, queste possibilità hanno un impatto ridotto poiché, per proteggono solo il prodotto
finale, che normalmente è messo in onda dalle emittenti, che, per la loro qualità
imprenditoriale, hanno più strumenti di ricorso, ma non proprio il format in sé352. Lo schema
che viene ideato, venduto e troppo spesso copiato, non è il programma finale realizzato sulla
base di esso, bensì un'opera autonoma, “definita e dotata di connotati esclusivi”353, che come
tale andrebbe disciplinata e protetta attraverso un regime specifico e non facendo ricorso alle
“regole proprie ai singoli tipi di opere in essa inseriti”354.
Con gli strumenti attuali offerti dal diritto d'autore il format può avere accesso ad una

346
Cfr. Tribunale di Monza, 26 maggio 1994, cit., p. 263.
347
Cfr. Tribunale di Monza, 26 maggio 1994, cit., p. 264.
348
Cfr. Pretura di Torino, 8 aprile 1987, cit., p. 554, e Tribunale di Roma, 23 settembre 2011, cit.
349
In particolar modo è il Pretore di Torino a sottolineare che la messa in onda del format corrisponde ad una
“rappresentazione scenica” da considerarsi come la massima espressione dell'esteriorizzazione dell'idea
possibile per il format. Cfr. Pretura di Torino, 8 aprile 1987, cit., p. 562.
350
Cfr. GRANDINETTI, O., La tutelabilità erga omnes del format di programmai radiotelevisivi, cit., p. 52.
351
Cfr. FABIANI, M., Lo spettacolo radiofonico e televisivo nella disciplina del diritto d'autore, cit., p. 85.
352
Cfr. GRANDINETTI, O., La tutelabilità erga omnes del format di programmai radiotelevisivi, cit., pp. 53 -
54.
353
Cfr. MICCICHE', A., Brevi considerazioni giuridiche sull'opera audiovisiva, cit., p. 527.
354
Cfr. MICCICHE', A., Brevi considerazioni giuridiche sull'opera audiovisiva, cit., p. 527.

92
tutela che può essere definita “indiretta”355, che protegge le opere già realizzate sulla base di
un format e alcuni elementi specifici che le costituiscono. La giurisprudenza citata ha
dimostrato che, in linea teorica, possono essere tutelate le puntate già prodotte e messe in
onda, quando si considera che esse siano completamente esteriorizzate in un programma
televisivo tutelabile. Anche se in sé un format non è tutelabile, se è stato “sviluppato,
elaborato, sceneggiato, completato di testi e scenografie, l'opera televisiva che ne deriva non
può essere copiata da altri senza il consenso dei suoi autori”356. Ciò nonostante appare molto
difficile dimostrare eventuali violazioni del diritto d'autore, in quanto esso tutela “le
espressioni di idee, comprese le trame intrigate, ma non le idee di per sé”357. Copiando il
“concetto generale” del programma, ma evitando accuratamente di imitare la forma concreta
di espressione assunta nell'originale, chiunque può eludere anche questa ipotetica protezione
agli episodi già compiutamente concretizzati358.Se il format si estrinseca in un'opera televisiva
tutelabile in quanto tale, è possibile, con adeguate valutazioni sulla creatività necessaria,
tutelare alcuni degli elementi359 che caratterizzano il programma derivante da esso:
a) il titolo del programma360 è tutelabile quando gioca un ruolo chiave nella
riconoscibilità dell'opera, ovvero quando utilizzando lo stesso titolo si rischia davvero di
confondere l'utente finale361. E' indispensabile, perciò, non solo che “l'opera intitolata sia

355
Cfr. GRANDINETTI, O., La tutelabilità erga omnes del format di programmai radiotelevisivi, cit., p. 53.
356
L'autore Cfr. BERTANI, M., Tutela dei format di programmi televisivi, cit., p. 707.
357
In un programma è veramente difficile che venga copiata un'intera sequenza, abbastanza grande da rendere
inopinabile il plagio. Cfr. SPENCE, M., La tutela dei format scoperti negli archivi televisivi, cit., p. 36.
358
Cfr. SPENCE, M., La tutela dei format scoperti negli archivi televisivi, in I diritti televisivi nell'era digitale, a
cura di NIVARRA, L.cit., p. 36.
359
Cfr. GRANDINETTI, O., La tutelabilità erga omnes del format di programmai radiotelevisivi, cit., p. 71;
MARI, G., La protezione del “format” nel sistema della legge sul diritto di autore, cit., p. 113. In particolar
modo gli autori si soffermano sul caso Sheenan contro MTV Networks, in Copyright Law Reports, 1992, che
rappresenta un tentativo della giurisprudenza degli Stati Uniti di accordare una forma di protezione al format
tutelando, appunto, i suoi elementi costitutivi. Nella specifica situazione è stata riconosciuto come tutelabile
un programma musicale in cui i due correnti sceglievano i videoclip sparando sullo schermo con delle pistole
laser, ma il concorrente accusato non è stato considerato responsabile di plagio poiché nella sua trasmissione
(per il resto del tutto identica) vi era un muro di televisori al posto dello schermo e si usava un comune
telecomando anziché le pistole laser. Le caratteristiche tutelate non erano state copiate.
360
Ai sensi dell'art. 100 “1) Il titolo dell'opera, quando individui l'opera stessa, non può essere riprodotto sopra
alta opera senza il consenso dell'autore. 2) Il divieto non si estende ad opere che siano di specie o carattere
così diverso da risultare esclusa ogni possibilità di confusione.3) E' vietata egualmente, nelle stesse
condizioni, la riproduzione delle rubriche che siano adoperate nella pubblicazione periodica in modo così
costante da individuare l'abituale e caratteristico contenuto della rubrica. 4) Il titolo del giornale, delle riviste
o di altre pubblicazioni periodiche non può essere riprodotto in altre opere della stessa specie o carattere se
non siano decorsi due anni da quando è cessata la pubblicazione del giornale”.
361
Cfr. SIROTTI GAUDENZI, A., I contratti nel diritto d'autore e nel diritto industriale, volume terzo, in
Proprietà intellettuale e diritto della concorrenza, UTET Giuridica, 2010, p. 132.

93
venuta ad esistenza”362 e sia, ovviamente, riconosciuta come opera dell'ingegno 363, ma
soprattutto che essa sia stata già pubblicata o comunque portata a conoscenza del pubblico e
diffusa364, poiché, appunto, l'utente medio deve davvero trovarsi nella condizione di non poter
distinguere un'opera dall'altra è altrettanto necessario che le due opere si rivolgano allo stesso
pubblico e siano dello stesso genere.
b) i testi recitativi delle singole puntate365, compresa l'interpretazione datane dal
conduttore e le prestazioni di quest'ultimo366;
c) le scenografie367;
d) i personaggi di fantasia368, purché essi siano così “fortemente caratterizzati da
362
Vedi ZUCCHELLI, N., Ultime notizie sul format, cit., p. 104.
Un esempio concreto si riscontra nella sentenza del Tribunale di Roma, 23 marzo 1999, in Il diritto delle
radiodiffusioni e delle telecomunicazioni, 1999, p.101, in cui è stata negata la tutela del titolo “La casa dei
sogni” ai ricorrenti che sostenevano di averlo ideato insieme ad uno schema di gioco a premi per un
programma televisivo che però non era mai stato realizzato concretamente.
363
In questo senso si è pronunciata la Corte di Cassazione, 4 settembre 2004, n. 17903, in Giurisprudenza
Italiana, 2005, fascicolo 7, la quale ha respinto la tutela del titolo di un'opera, nello specifico lo schema per la
trasmissione radiofonica o televisiva Rock Café, costituita solo da uno “schizzo”, asserendo che poiché il
progetto difettava del necessario requisito di originalità non lo si poteva ritenere un'opera compiuta e,
dunque, il titolo non poteva essere tutelato. Il giudice ha affermato che il titolo “è protetto ai sensi dell’art.
100 cit., non come bene autonomo, ma in quanto individua l’opera stessa, sicchè non può esistere un diritto al
titolo ove non esista l’opera dell’ingegno tutelata, da esso individuata”.
364
Cfr. ALVISI, C., Spunti in tema del cosiddetto schema di trasmissione televisiva, cit., p. 226.
365
I testi recitativi, qualora ne abbiano i requisiti, sono tutelabili come opere autonome dell'ingegno. Cfr.
BERTANI, M., Tutela dei format di programmi televisivi, cit., p. 708.
366
Per il quale, nell'eventualità in cui il programma o le parti che il presentatore “interpreta” siano riconosciuti
come opere dell'ingegno, si può ipotizzare un diritto connesso ai sensi dell'art. 80, Capo III riguardante
appunto il diritto degli artisti interpreti e degli artisti esecutori. Secondo cui “si considerano artisti interpreti
ed artisti esecutori gli attori, i cantanti, i musicisti, i ballerini e le altre persone che rappresentano, cantano,
recitano, declamano o eseguono in qualunque modo opere dell'ingegno, siano esse tutelate o di pubblico
dominio”. La ratio dei diritti connessi è la concessione di una tutela a chi, attraverso una specifica
interpretazione, dà un valore aggiunto ad un'opera dell'ingegno.
367
Le scenografie sono menzionate esplicitamente come opere comprese nella protezione al comma 4 dell'art. 2
della legge 633/1941.
368
Cfr. MARI, G., La protezione del “format” nel sistema della legge sul diritto di autore, cit., p. 91. Tali
personaggi devono presentare “caratteristiche biografiche, fisiche e psichiche dettagliate ed originali, idonee
a distinguerli dal genere umano, animale o fantastico al quale appartengono e tali da renderne prevedibili
comportamenti e reazioni”. L'autrice segnala una serie di sentenze internazionali che riguardano personaggi
celebri, i quali sono stati riproposti al pubblico attraverso opere dell'ingegno diverse, appartenenti anche a
generi differenti: in particolar modo cita Michey Mouse (nella causa Walt Disney Production contro Air
Pirates); Tarzan (per cui si sono contrapposti Burroughs e Metro Goldwyn Mayer); Superman (oggetto di una
lite tra la Warner Bros e la ABC); i Puffi (protagonisti dello scontro tra Sid & Marty Kroff Television e il
colosso Mc Donald's). Anche solo dal nome del personaggio e dalle tipologie di società coinvolte si può
desumere il valore economico sviluppato da tali “prodotti della fantasia”; un giro d'affari che attraversa
settori diversi proprio perché il personaggio, con il suo aspetto e la sua personalità inventati, può essere
tranquillamente traslato dai fumetti ai cartoni animati, dalla letteratura al cinema, dalla TV ai giocattoli o alle
figurine per i bambini, garantendo una sorta di rendita da merchandising. E' fondamentale che tale profitto sia
autorizzato e possibilmente parzialmente “restituito” all'ideatore del beniamino in questione.
Inoltre, GRANDINETTI, O., La tutelabilità erga omnes del format di programmai radiotelevisivi, cit., p. 51,
riporta un esempio emblematico della “caratterizzazione” tutelabile, dato da tre personaggi che hanno
accompagnato l'infanzia di alcune generazioni italiane: Topolino (Disney), Jerry (il furbo topolino che faceva
sempre ricadere la colpa sul gatto di casa, in Tom&Jerry), Topo Gigio (nato sul palcoscenico dello Zecchino
d'oro e poi approdato ad un'esistenza indipendente in un cartone animato che ne narra le vicende come in uno
spin off). Effettivamente, i tre topi presentano caratteristiche psicologiche e fisiche simili tipiche degli esseri

94
creare un unicum irripetibile”369 e da essere il “filo rosso”370 che lega tra loro prodotti diversi e
li rende, tramite appunto il personaggio, riconoscibili e più appetibili per il pubblico;
e) le espressioni ricorrenti e gli slogan371 se sono utilizzati costantemente in tutti
gli episodi diventano una caratteristica distintiva del programma372.
I summenzionati elementi, però, non sono sufficienti a tutelare il format, anzi ciò che di
esso si vuole proteggere, per evitare che venga copiato e utilizzato da altri, resta fuori da
questo tipo di tutela. Infatti, in primo luogo i singoli elementi astrattamente tutelabili, l’idea
portante, il complesso di procedure e dinamiche che lo contraddistinguono possono essere
facilmente sostituiti dall'utilizzatore “abusivo” con piccole modifiche (per esempio al titolo e
alla scenografia) senza arrecare danno al complesso del programma; in secondo luogo qualche
accorgimento sulle procedure e nel modo di coinvolgere il pubblico, che non sfiorano il
“cuore del format […] la linea tematica […] il nucleo di idee che costituiscono la trama del
programma televisivo”373, bastano ad aggirare l’ostacolo.

A differenza che nelle altre opere, l'idea che sta all'origine del format non si esaurisce

umani (parlano, camminano in posizione eretta, hanno le dita prensili), usano il linguaggio per interagire con
altri animali e talvolta anche con gli umani (è il caso del topo italiano), si rivolgono ad un pubblico di
bambini e sono associati ad una ricca gamma di prodotti di merchandising. I tre protagonisti, però,
differiscono completamente sul piano socio-psicologico, i loro caratteri, le loro attitudini, le vicissitudini in
cui sono coinvolti e persino i loro ipotetici passati (Topo Gigio, per esempio, nell'omonimo cartone animato,
arriva sulla Terra dallo spazio) sono talmente diversi che nessuno mette in dubbio la loro autonomia ed
inconfondibilità. Se anche si potesse individuare un'ispirazione reciproca, nessuno dei creatori potrebbe mai
essere accusato di plagio perché le forme esterne in cui si esprime il lavoro di creazione dell'identità specifica
del singolo personaggio mostrano un apporto originale e un profondo lavoro ideativo.
369
Cfr. Pretura di Roma, 2 maggio 1966, in Il diritto di autore, 1966, p. 393, in cui si sottolinea come in certi
casi “la preminenza e la compenetrazione del personaggio rispetto al soggetto è tale che la creatività
dell'opera si riscontra nel primo ancor più che nel secondo”. Nel caso specifico si faceva riferimento al
personaggio “James Tont”, interpretato da Lando brillante parodia italiana del celebre agente segreto “James
Bond”.
370
Vedi GRANDINETTI, O., La tutelabilità erga omnes del format di programmai radiotelevisivi, cit., p. 50, in
cui si riporta l'esempio dei film appartenenti alla serie di “Indiana Jones” che sono unificati proprio dalla
presenza costante del protagonista. Egli di volta in volta affronta avvincenti avventure diverse, ma è la
garanzia di vedere lo stesso personaggio, a cui gli spettatori si sono ormai affezionati, a fare da “richiamo per
il pubblico”.
371
Cfr. PLAIA, A., Spot televisivo ed archivi digitali (Brevi riflessioni sull'arte applicata), in NIVARRA, L., I
diritti televisivi nell'era digitale, cit. p. 24.
372
Essi possono essere tutelati ai sensi dell'art. 2598, punto 1), del Codice Civile, al pari dei marchi, come
“segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi e con i segni distintivi legittimamente usati da altri”,
in quanto rappresentativi del programma. Si pensi al caso “Cacao Maravigliao”, Pretura di Roma, 10 gennaio
1990, in Il diritto di autore, 1991, p. 558. Lo sponsor immaginario della trasmissione Indietro tutta! Di Renzo
Arbore e Claudio Mattone, giocava sull'invasività delle sponsorizzazioni nella televisione degli anni '80 e
sfruttava lo stereotipo della brasilianità dei fonemi coinvolti. Un produttore di cacao tentò effettivamente di
sfruttarne il successo dando il celebre nome al suo prodotto, ma il giudicante sancì che l'espressione originale
era tutelabile in quanto identificativa del programma televisivo.
In questo senso, anche la spiegazione di ALVISI, C., Spunti in tema del cosiddetto schema di trasmissione
televisiva, cit., p. 225, in cui si considera il fonema evocativo “di un'idea realizzata in modo embrionale ma
già delineata nella prima puntata della trasmissione televisiva e portata a compimento nelle successive
puntate della stessa”.
373
Cfr. BERTANI, M., Tutela dei format di programmi televisivi, cit., p. 708.

95
con l'esteriorizzazione o con la fissazione su un supporto. Il format è un punto di partenza.
Anche quando esso è completo sul piano dell'immediata rappresentabilità, sono comunque
numerosissimi gli interventi e le modifiche che si succedono dall'accettazione dello schema
alla realizzazione del programma per cui era stato concepito. Quindi, in un certo senso, non
sempre il programma televisivo riflette il format iniziale, lo schema da cui ha preso avvio374.

La ricchezza del format sta proprio nella sua versatilità, è uno strumento “malleabile” 375
nelle mani dell'emittente che lo acquista e può essere modificato e adattato facilmente376 a
pubblici, contesti e scopi diversi. Bisogna, però, ricordare che esso rispetto alla percezione
dell'autore è comunque un prodotto finito in cui egli ha impresso 0la sua personale idea
concretizzandola in “una espressione formale idonea a rappresentare all'esterno un contenuto
intellettuale informativo di sensazioni, sentimenti ed emozioni377”.

In questo senso, ritornano utili le parole pronunciate dal giudice della Corte d'Appello di
Milano 378 “l'oggetto del diritto d'autore non consiste nelle idee espresse nell'opera, ma nella
forma data all'idea; forma che, adeguandosi alle esigenze espressive proprie dei diversi campi
dell'attività creativa, reca, essa sola, l'impronta della particolare personalità intellettuale
dell'autore”379. Tale forma, come si è visto, risente delle peculiarità caratteristiche del settore
in cui si realizza l'attività creativa: la forma esterna richiesta per un'opera di letteratura, non è
la stessa per un prodotto delle arti figurative380. Il concetto di esteriorizzazione varia in base al
tipo di opera che si esegue ed è in continua evoluzione grazie al progresso tecnologico.
Questo aspetto deve essere preso in considerazione quando si valutano i format televisivi: si
tratta di un prodotto non presente nella legge in vigore, le cui caratteristiche specifiche non
sono state in nessun modo inglobate nel diritto d'autore e per il quale esistono dei “limiti
fisiologici alla possibilità di concretizzare l'idea”381 secondo i canoni tradizionali, che,
ricordiamo, sono strettamente pensati e codificati per opere conosciute e diffuse prima
dell'avvento dei programmi televisivi.

374
In questo senso si veda il concetto di “format derivati”, ovvero quei format che sono ispirati da uno o più altri
programmi televisivi, ma che talvolta risultano molto più organizzati e di successo rispetto alle fonti. Cfr.
PROSPERETTI, E., TOZZI, F., VISCO COMANDINI, V., I format televisivi tra acquisto di know-how e
tutela della proprietà intellettuale, cit., p. 29.
375
Cfr. BIFERALI, G., TASSONE, B., La tutela del format in Cassazione, tra principi generali e merito
dell'opera, cit., p. 112.
376
Cfr. RAGGI, V., Il format package e la tutela autorale del format, cit., p. 544.
377
Cfr. FABIANI, M., Per una tutela del format televisivo, cit., p. 69.
378
Cfr. Corte d'Appello di Milano, 17 marzo 1963, in Diritto d'autore, 1963, p. 496.
379
Nel caso specifico viene assolto l'ideatore del gioco Scarabeo, accusato di aver plagiato l'originale Scrabble,
rispetto al quale, però, presenta numerose differenze.
380
In questo senso anche SPENCE, M., La tutela dei format scoperti negli archivi televisivi, in I diritti televisivi
nell'era digitale, a cura di NIVARRA, L., cit, p. 36
381
Cfr. BERTANI, M., Tutela dei format di programmi televisivi, cit., p. 700.

96
Il format si fonda su un'idea già parzialmente sviluppata, attraverso la quale si può
intravvedere l'autore, idea che comunque può essere successivamente trasformata e
concretizzata in realizzazioni diverse rispetto allo schema originale e, in quest'eventualità,
bisogna valutare caso per caso quanto l'apporto della modifica alteri il format iniziale. In
questo senso, la nozione di format comprende tutte quelle realizzazioni dell'intelletto che
costituiscono un “contenitore per trasmissioni radio-televisive”382. Il termine “contenitore”
esprime benissimo la complessità che si cela dietro l'elaborazione di un format. Infatti, esso è
spesso paragonato ad un'opera complessa per la realizzazione della quale è imprescindibile il
contributo di professionalità diverse, il cui singolo apporto, però, non è rigorosamente
determinabile e distinguibile nell'opera finale. In questo senso diventa ancor più
indispensabile garantire al format una tutela poiché proprio la sua complessità diventa “il
centro di imputazione e discernimento […] degli interessi contrattuali, economici e, non
ultimi, di tutela”383 di numerose persone che svolgono un'attività economica di impresa.

Il dibattito sul format si inserisce in una più ampia e problematica trattazione, quella
sulla tutelabilità o meno delle cosiddette “opere audiovisive”. Con l'avvento della televisione
è emersa l'inadeguatezza della legge 633/1941 nella regolamentazione dei nuovi prodotti
introdotti nel mercato dell'audiovisivo, ma, nonostante siano passati oltre settant'anni dalla
codificazione “moderna” del diritto d'autore, la disciplina non è stata rielaborata in funzione
delle nuove necessità e le rare aggiunte inserite nel testo sono state imposte dalla normazione
comunitaria.
La citata legge sul diritto d'autore, per ovvie ragioni di anzianità, che la fanno risultare
datata, non “conosce” la televisione e soprattutto non tiene conto del potere che essa avrebbe
acquistato nel rivoluzionare il costume, la cultura, l'economia del paese, che nemmeno le
previsioni più fantasiose avrebbero lasciato immaginare ai tempi della sua promulgazione. La
legge n°633/1941 si riferisce esplicitamente al mondo della televisione soltanto con due
concise menzioni, quasi dei memorandum per ricordare al legislatore i suoi prossimi obblighi
di normazione: l'art. 203 recita “1] Con regio decreto potranno essere emanate norme
particolari per regolare il diritto esclusivo di televisione. 2] Finché non saranno emanate le
disposizioni previste nel precedente comma, la televisione è regolata dai principi generali di
questa legge in quanto applicabili”. In queste parole si intravvede l'intenzione del legislatore
di adottare una eventuale disciplina specifica per compensare i casi di inapplicabilità alla

382
Cfr. TOZZI, F., Il format televisivo: prospettive di tutela giuridica, cit., p. 430.
383
Cfr. PROSPERETTI, E., TOZZI, F., COMANDINI, V., I format televisivi tra acquisto di know-how e tutela
della proprietà intellettuale, cit., p. 1.

97
televisione delle norme già attuate per la cinematografia; con l'art. 78 ter, introdotto
recentemente384, viene assimilata la posizione giuridica del produttore di opere audiovisive a
quella, ufficialmente disciplinata, del produttore di opere cinematografiche per individuare le
facoltà spettanti loro proprio in quanto produttori di opere. Si legge “ 1] Il produttore di opere
cinematografiche o audiovisive e di sequenze di immagini in movimento è titolare del diritto
esclusivo: a) di autorizzare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in
qualunque modo o forma, in tutto o in parte, degli originali e delle copie delle proprie
realizzazioni; b) di autorizzare la distribuzione con qualsiasi mezzo, compresa la vendita,
dell'originale e delle copie di tali realizzazione. Il diritto di distribuzione non si esaurisce nel
territorio della Comunità Europea se non nel caso di prima vendita effettuata o consentita dal
produttore in uno Stato membro; c) di autorizzare il noleggio ed il prestito dell'originale e
delle copie delle sue realizzazioni. La vendita o la distribuzione, sotto qualsiasi forma, non
esauriscono il diritto di noleggio e di prestito; d) di autorizzare la messa a disposizione del
pubblico dell'originale e delle copie delle proprie realizzazioni in maniera tale che ciascuno
possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente. Tale diritto non si
esaurisce con alcun atto di messa a disposizione del pubblico. 2] La durata dei diritti di cui al
comma 1 è di cinquanta anni dalla fissazione. Se l'opera cinematografica o audiovisiva o la
sequenza di immagini in movimento sia pubblicata o comunicata al pubblico durante tale
termine, la durata è di cinquanta anni dalla prima pubblicazione o, se anteriore, dalla prima
comunicazione al pubblico dell'opera cinematografica o audiovisiva o della sequenza di
immagini in movimento”.
Bisogna prestare attenzione al concetto di “sequenze di immagini in movimento” che in
realtà è applicabile a qualsiasi tipo di trasmissione televisiva, a prescindere che si tratti di
un'opera creata ad hoc per tale medium, un evento trasmesso o semplicemente un collage di
immagini video, anche casuale. Per questo motivo sembra impossibile ipotizzare una
assimilazione tout court di tale prodotto audiovisivo allo spettacolo cinematografico385.

384
L'art. 78 – ter è l'unico articolo contenuto nel Capo I – bis Diritti dei produttori di opere cinematografiche o
audiovisive o sequenze di immagini in movimento, della legge 633/1941 che è stata così modificata con
l'emanazione del decreto legislativo 16 novembre 1994, n. 685, in attuazione della direttiva comunitaria n.
92/100/CEE del Consiglio del 19 novembre 1992, volta a disciplinare il diritto di noleggio, il diritto di
prestito e alcuni diritti connessi in materia di proprietà intellettuale, per i quali erano state riscontrate norme e
prassi molto diverse negli ordinamenti giuridici degli Stati membri. A detta del Consiglio delle Comunità
Europee, tali disomogeneità di trattamento in materia di diritto d'autore e diritti connessi debbono essere
eliminate per evitare che si creino barriere commerciali, alterazioni della concorrenza e del mercato.
385
Cfr. CATARINO, D., I telegiornali, i reportage ed i magazine televisivi, in NIVARRA, L., I diritti televisivi
nell'era digitale, p. 11.

98
3) RICONDUCIBILITA' DEL FORMAT A FATTISPECIE
TUTELATE DALLA LEGGE SUL DIRITTO D'AUTORE

3.1 Il format nell'insieme delle opere televisive

Il legislatore, si è visto, ha assimilato il mondo televisivo a quello cinematografico,


seppur con la riserva di una possibile normazione specifica per la televisione, ma non ha mai
fornito nessuna nozione giuridica di opera audiovisiva386. Il panorama televisivo si è evoluto
sul piano commerciale e contrattuale e le uniche definizioni dei prodotti che lo caratterizzano
discendono da ipotesi dottrinali. La prima doverosa distinzione, che si sarebbe dovuta fare,
nel mondo della telediffusione è quella tra “opere televisionate” e “opere televisive”387. Le
prime sono prodotti (quali film cinematografici, spettacoli teatrali, etc.) o eventi (incontri
sportivi, convegni, kermesse di vario genere, etc.) ideati e destinati prioritariamente ad altre
modalità di fruizione e che quindi generano ricavi a prescindere dalla loro diffusione
televisiva. Le seconde, invece, sono le opere concepite e realizzate esclusivamente per la
televisione, di conseguenza trasmesse unicamente attraverso tale mezzo. Anche se entrambe le
tipologie di opere utilizzano, per essere trasmesse, un sistema di riprese, inquadrature e scelte
di regia analoghe, esse presentano delle peculiarità che le rendono distanti sul piano del
diritto applicabile e sul piano del valore di mercato.
Parlando di trasmissione televisiva di un evento, che si tratti o meno un'opera
dell'ingegno, bisogna sottolineare che tali manifestazioni ricavano profitti non solo dalla
messa a disposizione dell'opera al pubblico dal vivo, ma anche (e spesso soprattutto) dalla
vendita dei diritti di fissazione e/o comunicazione ad emittenti televisive e altri imprenditori.
Per questo motivo, è d'obbligo aprire una parentesi sul rapporto tra “organizzazione di un
evento” e “diffusione televisiva” dello stesso, anche perché i diritti derivanti dipendono dalla
relazione tra le due attività e discendono da imprenditorialità differenti. Si deve distinguere tra
eventi che hanno già di per sé natura televisiva388, che vengono ideati e realizzati seguendo un
modello televisivo389 poiché la loro creazione è finalizzata alla trasmissione sul teleschermo

386
Cfr. GRANDINETTI, O., La tutelabilità erga omnes del format di programmi radiotelevisivi, cit.,p. 37, in cui
l'autore sottolinea che nell'introdurre nella legge n°633/1941 le modifiche richieste dalla direttiva comunitaria
n°92/100/CEE sui diritti connessi si è data per “presupposta la nozione di opera televisiva, senza specificarne
ed illuminarne i tratti essenziali”.
387
Cfr. MICCICHE', A., Brevi considerazioni giuridiche sull'opera televisiva, cit., p. 526.
388
Cfr. LOFFREDO, E., La trasmissione televisiva di eventi culturali e sportivi, in I diritti televisivi nell'era
digitale, a cura di NIVARRA, L., cit., p. 43.
389
In essi, quindi, si assiste ad una gestione delle tempistiche, ad una costruzione degli interventi e degli spazi
fisici (il palcoscenico deve diventare uno spazio di ripresa, è necessario adattarlo alle esigenze e ai limiti
delle telecamere) imperniata dello stile e delle dinamiche prettamente televisive. Gli stessi presentatori e gli

99
(si pensi al Festival di Sanremo, a Miss Italia, allo Zecchino d'oro, ma anche alle cosiddette
“partite del cuore”) ed eventi organizzati a prescindere dalla TV, strutturati per essere destinati
alla fruizione di un pubblico presente (spettacoli teatrali, eventi sportivi, convegni, opere
liriche e concerti) e adattati alla trasmissione televisiva per il diritto di cronaca o per
assecondare l'interesse collettivo alla diffusione delle cultura. Il primo gruppo, che secondo
una recente dottrina si può definire di “trasmissioni-evento” o “eventi-televisivi”390, di norma
comprende programmi che sono il risultato del lavoro di organizzazione effettuato dalla stessa
impresa radiotelevisiva che li trasmetterà, e per questo motivo, intorno ad ogni evento,
vengono creati una serie di corollari o eventi appendice (dibattiti, interviste, approfondimenti,
ovvero le cosiddette “esclusive” ), talvolta sotto forma di anticipi sulla trasmissione, altre
volte come commenti a posteriori sull'evento, per garantire una maggiore visibilità alla
manifestazione organizzata, per promuoverla presso il pubblico e suscitare attenzioni e
curiosità. In questo caso, l'impresa di creazione e produzione coincide con l'emittente
radiotelevisiva perciò ad essa spetteranno anche eventuali diritti d'autore, ove individuabili, e i
diritti di sfruttamento. Gli eventi che rientrano nel secondo gruppo, invece, sono posti in
essere da un organizzatore indipendente che può o meno detenere i diritti d'autore sull'opera
risultante dall'evento, in base all'esistenza dei criteri fissati dalla Lda. Le emittenti televisive
possono acquistare per via contrattuale i diritti di fissazione e di comunicazione al pubblico391.
Entrambe le tipologie di evento possono essere trasmesse in televisione in diretta o in
differita; le due versioni saranno molto diverse, ma soprattutto nessuna delle due sarà
effettivamente riconducibile all'originale vissuto dal vivo, poiché sempre “l'evento televisivo è
trasformato dall'innestarsi della ripresa televisiva”392. Infatti, il regista dovrà comunque
scegliere prima la posizione delle telecamere e poi le inquadrature da trasmettere e quelle da
oscurare; soprattutto, in caso di trasmissione posticipata, potrà selezionare le immagini in sede
di montaggio e dare persino un “taglio soggettivo” alla presentazione dell'evento393. Sul piano
contrattuale attraverso l'acquisto dei diritti sull'evento, l'emittente crea un programma (la
trasmissione dell'evento, modificata dalla ripresa) che “assume il valore di nuovo prodotto
artisti nelle loro performance sono obbligati a tenere conto delle due diverse prospettive a cui si rivolgono: il
pubblico in sala e i telespettatori.
390
Per la contrapposizione tra i concetti di “trasmissione - evento” o “evento – televisivo” e “trasmissione di
evento” si rimanda a LOFFREDO, E., La trasmissione televisiva di eventi culturali e sportivi, in I diritti
televisivi nell'era digitale, a cura di NIVARRA, L.cit., p. 43
391
Per l'acquisizione dei diritti sulla trasmissione degli eventi si vedano l'art. 51 e i seguenti, della Sezione IV
“Opere radiodiffuse” della legge n°633/1941.
392
Cfr. LOFFREDO, E., La trasmissione televisiva di eventi culturali e sportivi, in I diritti televisivi nell'era
digitale, a cura di NIVARRA, L., cit., p. 43, in cui l'autrice spiega minuziosamente le tipologie di variazione
che si riscontrano tra l'evento reale e la sua trasmissione televisiva, in particolare le trasformazioni tecniche e
le elaborazioni operate dalla regia.
393
Cfr. MICCICHE', A., Brevi considerazioni giuridiche sull'opera televisiva, cit., p. 528.

100
dello spettacolo”394. Nonostante le trasformazioni apportate dalla regia incidano sul modo in
cui l'evento è percepito dai teleascoltatori, il risultato del lavoro di ripresa e ri-trasmissione
televisiva di esso viene comunque considerato dalla giurisprudenza come semplice opera di
documentazione395. Ciò vale anche quando si tratta di opere dell'ingegno che per essere
trasmesse in televisione necessitano di un lavoro più complesso di riadattamento; infatti, il
regista deve compiere una vera e propria traduzione, poiché passa da una forma ad un'altra
completamente diversa, deve interpretare l'opera e riesprimerla nel nuovo ambito di diffusione
396
.
Le “opere televisive” in senso stretto nascono specificatamente per la trasmissione
televisiva e difficilmente avranno altre destinazioni d'uso che le rendano fruttifere. Si intuisce
l'importanza che per queste ultime hanno le sponsorizzazioni, che spesso rappresentano la
fonte primaria, se non l'unica, di finanziamenti per la produzione e la realizzazione dell'opera.
Per questo motivo un primo contributo alla definizione della nozione di opera televisiva
si riscontra in una direttiva comunitaria397 volta a uniformare la disciplina degli Stati membri
in materia di televisione, a favorire la produzione e la libera circolazione delle opere
audiovisive europee tra le nazioni aderenti all'Unione Europea - che era ancora CEE all'epoca
della normazione di cui si parla - ed a regolarizzare la vendita degli spazi pubblicitari delle
emittenti televisive. In particolar modo, già dalla prima proposta di direttiva398, si sottolineano
394
Cfr. LOFFREDO, E., La trasmissione televisiva di eventi culturali e sportivi, in I diritti televisivi nell'era
digitale, a cura di NIVARRA, L., cit., p. 48. Si possono così individuare diversi livelli dell'evento: il primo è
l'evento in sé fruibile da pubblico presente, il secondo livello è il prodotto della ripresa e dell'eventuale
montaggio, vi è poi il livello della ri-trasmissione televisiva che in base alle caratteristiche tecniche dei
televisori e delle emittenti può introdurre ulteriori distorsioni, da questo livello poi possono sorgere infiniti
livelli successivi che dipendono dalla modalità di percezione, dagli eventuali successivi utilizzi e riproduzioni
attraverso supporti differenti.
395
Cfr. MICCICHE', A., Brevi considerazioni giuridiche sull'opera televisiva, cit., p. 530, in cui l'autore
introduce il concetto di “regia ricognitiva”, intendendo con esso il lavoro intellettivo che il regista compie nel
selezionare le immagini da trasmettere al fine di favorire la conoscenza e la comprensione dell'evento da
parte di chi non lo ha vissuto in diretta e che, dunque, da una “mera e amorfa riproduzione” non potrebbe
coglierne l'essenza né percepirne la completezza.
396
Si vedano i due aspetti dell'attività di regia nella ripresa e trasmissione dell'evento, “intendere” e
“riesprimere” Cfr. MICCICHE', A., Brevi considerazioni giuridiche sull'opera televisiva, cit., pp. 530 – 531.
397
Si tratta della direttiva 3 ottobre 1989, n. 89/552/CEE “Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio,
relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati
membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi”. Tale direttiva riportata anche da
GRANDINETTI, O., La tutelabilità erga omnes del format di programmi radiotelevisivi, cit., p. 38, è stata
modificata a più riprese, da ultimo con la direttiva 2007/65/CE, ed è il frutto di un lungo dibattito, in sede
europea, sulla necessità di armonizzare le legislazioni nazionali dei singoli Stati membri riguardanti il settore
televisivo. La discussione è iniziata con l'adozione del Libro bianco della Commissione «Televisione senza
frontiere», il 23 maggio 1984, con cui si afferma l'adozione di una politica europea volta a favorire la
produzione di prodotti audiovisivi utili per “lo sviluppo di una cultura europea che tenga conto delle identità
di ciascuna nazione”. A livello comunitario, dunque, è stato riconosciuto al mondo degli audiovisivi un ruolo
importante nella costituzione del patrimonio culturale già a partire dagli anni '80.
398
Nell'ambito della politica comunitaria «Televisione senza frontiere», infatti, era stata elaborata, già nel 1986,
la proposta della “Direttiva del Consiglio relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative
regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività radiotelevisive”, con

101
da una parte l'importanza di permettere la trasmissione della pubblicità399 in tutti gli Stati,
dall'altra la necessità di controllare la quantità400 e il contenuto401 delle inserzioni pubblicitarie
inserite nelle trasmissioni. Nella redazione della proposta originaria venne elaborata anche
una definizione di «trasmissione radiotelevisiva» che potesse essere condivisa dai vari
destinatari: l'art. 21 la definiva come “la trasmissione iniziale o la ritrasmissione, via cavo o
via etere, nonché la trasmissione via satellite, in forma non codificata o codificata, di
programmi radiofonici o televisivi destinati al pubblico [...] il termine suddetto comprende la
comunicazione di programmi effettuata tra le imprese ai fini della ritrasmissione al pubblico”
402
.
L'Italia ha recepito la direttiva n°89/553/CEE con la legge 6 agosto 1990, n°223, e con
la legge 30 aprile 1998, n°122403. In entrambe le norme vengono specificate le condizioni
contenutistiche404 e i limiti temporali consentiti per la concessione di spazi pubblicitari
durante la trasmissione di un'opera audiovisiva. La successiva codificazione, effettuata con il
Decreto Legislativo 31 luglio 2005, n. 177, Testo unico dei servizi di media audiovisivi e

lo scopo di incentivare la libera circolazione, la promozione e la diffusione all'interno della Comunità


Europea delle trasmissioni radiotelevisive di ciascuno Stato membro che valorizzassero le espressioni
culturali, nonché sostenere il valore delle industrie europee. Cfr. La politica audiovisiva della Comunità,
Proposta di direttiva del Consiglio relativa all'attività di radiodiffusione, in Bollettino delle Comunità
Europee, supplemento 5/86, Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee,
1986.
399
Poiché essa “svolge un importante ruolo di stimolo in rapporto all'economia nel suo insieme. Essa incoraggia
la concorrenza e soprattutto, promuovendo la commercializzazione di nuovi servizi e prodotti innovativi,
contribuisce alla ristrutturazione e all'ammodernamento dell'industria”. Cfr. La politica audiovisiva della
Comunità, Proposta di direttiva del Consiglio relativa all'attività di radiodiffusione, in Bollettino delle
Comunità Europee, supplemento 5/86, Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità
europee, 1986, p. 12.
400
La durata dell'inserzione pubblicitaria dovrebbe essere limitata per far sì che essa “non sminuisca la funzione
della radio e della televisione come strumenti d'informazione, educazione, cultura e svago”. Cfr. Art. 6 in La
politica audiovisiva della Comunità, Proposta di direttiva del Consiglio relativa all'attività di
radiodiffusione, cit., p. 17.
401
Per rafforzare la protezione del consumatore, l'Unione Europea ha reso obbligatori attraverso la menzione
nella direttiva alcune restrizioni e vincoli contenutistici generalmente già inseriti nei codici di autodisciplina
delle aziende pubblicitarie nazionali. In particolar modo viene ufficializzato il divieto di promuovere il
tabacco, vengono esortati gli Stati a limitare le pubblicità sulle bevande alcoliche attraverso l'emanazione di
normative ad hoc, si proibiscono le discriminazioni di razza, sesso, religione o idee politiche, si inseriscono
norme più rigide per la pubblicità rivolta ai minori. Cfr. Il commento agli Artt. 8 – 9 – 10 in La politica
audiovisiva della Comunità, Proposta di direttiva del Consiglio relativa all'attività di radiodiffusione, cit., p.
18.
402
Cfr. Contenuto proposto per l'art. 21 in La politica audiovisiva della Comunità, Proposta di direttiva del
Consiglio relativa all'attività di radiodiffusione, cit. p. 31.
403
Da notare che con l'emanazione del Decreto Legislativo 31 luglio 2005, n. 177, Testo unico dei servizi di
media audiovisivi e radiofonici, sono stati soppressi alcuni articoli delle leggi in oggetto; in particolare l'art. 3
della legge n°122/1998, che verrà citato in seguito, è stato leggermente modificato ed è confluito nell'art. 37.
404
In particolar modo è indispensabile effettuare un controllo sui messaggi veicolati direttamente o
indirettamente dagli spot pubblicitari per evitare che siano veicolati messaggi discriminatori o offensivi (per
etnie, sesso, religione), che inducano al consumo di alcol o tabacco, pericolosi per lo sviluppo socio-
psicologico dei bambini. Per una maggiore tutela dei minori è stato anche emanato il Codice di
autoregolamentazione TV e minori, approvato il 29 novembre 2002.

102
radiofonici, sottolinea alcuni vincoli introdotti dalle leggi precedenti in materia di pubblicità e
definisce quest'ultima come “ogni forma di messaggio televisivo o radiofonico trasmesso a
pagamento o dietro altro compenso da un'impresa pubblica o privata nell'ambito di un'attività
commerciale, industriale, artigianale o di una libera professione, allo scopo di promuovere la
fornitura, dietro compenso, di beni o servizi, compresi i beni immobili, i diritti e le
obbligazioni”405. Inoltre, fornisce una prima vaga nozione di «programma televisivo»
associandolo al vicino concetto di «programma radiofonico», da intendersi entrambi come
“l'insieme, predisposto da un fornitore, dei contenuti unificati da un medesimo marchio
editoriale e destinati alla fruizione del pubblico, rispettivamente, mediante la trasmissione
televisiva o radiofonica con ogni mezzo; l'espressione «programmi», riportata senza
specificazioni, si intende riferita a programmi sia televisivi che radiofonici. Non si
considerano programmi televisivi le trasmissioni meramente ripetitive o consistenti in
immagini fisse”406.
Al comma 1 dell'art. 37 si afferma che “la pubblicità e gli spot di televendita possono
essere inseriti anche nel corso di un programma in modo tale che non ne siano pregiudicati
l'integrità ed il valore, tenuto conto degli intervalli naturali dello stesso nonché della sua
durata e natura, nonché i diritti dei titolari”407. In questa sottolineatura si coglie un esplicito
rimando ad un'analisi del valore dell'opera da interrompere, in quanto in base ad esso andrà
stabilito una sorta di confine tra l'intervallo quantitativo ammissibile e il rischio di arrecare un
pregiudizio all'opera. Oltre a ciò bisognerà considerare il contenuto pubblicitario in rapporto
al tipo di programma interrotto408. Il legislatore italiano, infatti, assecondando la direttiva
europea, reputa indispensabile un controllo capillare delle interruzioni promozionali in quanto
esse possono interferire da una parte come una forma di potenziale minaccia per i valori
fondamentali e recare ostacolo alla diffusione della cultura409, in particolar modo di quella
405
Decreto Legislativo 31 luglio 2005, n. 177, Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, Art. 2,
Definizioni, lettera u).
406
Decreto Legislativo 31 luglio 2005, n. 177, Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, Art. 2,
Definizioni, lettera a).
407
Decreto Legislativo 31 luglio 2005, n. 177, Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, Capo
IV – Disposizioni sulla pubblicità. L'art. 37, articolato in numerosi punti e commi, riprende la disciplina della
durata e della frequenza degli intervalli già inserita nella legge n. 122/1998 e dedica molto spazio alla
definizione dei contenuti vietati per le pubblicità, ponendo limiti più penetranti rispetto alle normazioni
precedenti.
408
In questo senso alcuni commi degli artt. 37 – 38 e 40 disciplinano in maniera molto severa le pubblicità e le
televendite che vengono trasmesse in fasce orarie principalmente consacrate a programmi destinati ai
bambini. E' importante che il contenuto sia sottoposto ad una maggiore sorveglianza per evitare che i minori
siano esposti a messaggi subliminali e condizionamenti in virtù della loro ingenuità.
409
L'art. 3 del Decreto Legislativo 31 luglio 2005, n. 177, Testo unico dei servizi di media audiovisivi e
radiofonici, elenca i Principi fondamentali della legge, ovvero i doveri, i vincoli e le priorità a cui debbono
attenersi gli operatori del settore e le finalità utili per la collettività che devono perseguire nello svolgimento
della loro attività. In particolar modo il comma 1 afferma che “Sono principi fondamentali del sistema

103
europea410 (intesa sia come circolazione del pensiero sia come diritto dei consumatori a trarre
giovamento da essa), la cui promozione è l'obiettivo della direttiva; dall'altra parte come una
violazione del diritto dell'autore all'integrità dell'opera ai sensi della legge n. 633/1941411.
Infatti, la frammentazione dell'opera causata dagli intervalli e la confusione emotiva
provocata dai messaggi delle pubblicità possono incidere sulla percezione che il pubblico avrà
dell'opera dell'autore e rischiano di compromettere una corretta comprensione delle
concezioni dell'autore stesso e del valore della sua creazione412. Per queste ragioni,
l'inserimento di spazi pubblicitari è disciplinato in maniera più severa nelle opere che si
ritengono più meritevoli della tutela accordata dal diritto d'autore; le interruzioni
promozionali, invece, ricevono più spazio nelle trasmissioni considerate meno rilevanti per il
raggiungimento degli obiettivi comunitari e non protette dalla tutela autoriale.
Si riscontra, dunque, una sorta di gerarchia interna alla generica famiglia dei prodotti
audiovisivi, redatta sulla base dei valori celebrati e delle priorità perseguite nelle politiche
comunitarie. Tale distinzione, tratteggiata dal legislatore comunitario e codificata, poi, a più
riprese, da quello nazionale, ha ispirato interessanti ipotesi di raggruppamento delle varie
tipologie di trasmissione in categorie omogenee, almeno sul piano del trattamento riservato
loro in materia di “quote di riserva di programmazione”413. L'implicito criterio del valore
dell'opera permette poi di utilizzare tale classificazione di riferimento per analizzare le
radiotelevisivo la garanzia della libertà e del pluralismo dei mezzi di comunicazione radiotelevisiva, la tutela
della libertà di espressione di ogni individuo, inclusa la libertà di opinione e quella di ricevere o di
comunicare informazioni o idee senza limiti di frontiere, l'obiettività, la completezza, la lealtà e l'imparzialità
dell'informazione, l'apertura alle diverse opinioni e tendenze politiche, sociali, culturali e religiose e la
salvaguardia delle diversità etniche e del patrimonio culturale, artistico e ambientale, a livello nazionale e
locale, nel rispetto delle libertà e dei diritti, in particolare della dignità della persona, della promozione e
tutela del benessere, della salute e dell'armonico sviluppo fisico, psichico e morale del minore, garantiti dalla
Costituzione, dal diritto comunitario, dalle norme internazionali vigenti nell'ordinamento italiano e dalle leggi
statali e regionali”.
410
In questo senso si veda il ventisettesimo “considerando” della direttiva n°89/552/CEE che afferma che “per
garantire un'integrale ed adeguata protezione degli interessi della categoria di consumatori costituita dai
telespettatori, è essenziale che la pubblicità televisiva sia sottoposta ad un certo numero di norme minime e di
criteri e che gli Stati membri abbiano la facoltà di stabilire norme più rigorose o più particolareggiate e, in
alcuni casi, condizioni differenti per le emittenti televisive soggette alla loro giurisdizione”. Quindi si
autorizzano i governi nazionali ad adeguare i principi generali europei ai casi concreti dei rispettivi territori.
411
L'art. 20 della legge n. 633/1941 recita “Indipendentemente dai diritti esclusivi di utilizzazione economica
della opera, previsti nelle disposizioni della sezione precedente, ed anche dopo la cessione dei diritti stessi,
l'autore conserva il diritto di rivendicare la paternità dell'opera e di opporsi a qualsiasi deformazione,
mutilazione od altra modificazione, ed a ogni atto a danno dell'opera stessa, che possano essere di pregiudizio
al suo onore o alla sua reputazione”. La tutela del diritto morale all'integrità dell'opera riguarda le modifiche
che comportano un concreto pregiudizio per la personalità dell'autore, ovvero che incidono sul modo in cui la
sua concezione verrà presentata al pubblico.
412
In questo senso si veda anche la sentenza del Tribunale di Roma, 30 maggio 1984, in Il diritto di autore,
1985, p. 68: “l’inserzione di messaggi pubblicitari nel corso della trasmissione televisiva di un’opera
cinematografica è suscettibile di ledere il diritto morale dell’autore qualora, tenuto conto delle qualità e della
natura del film, del momento, della frequenza e della durata delle interruzioni, esse costituiscono un atto in
danno all’opera”.
413
Cfr. GRANDINETTI, O., La tutelabilità erga omnes del format di programmi radiotelevisivi, cit., p. 35.

104
caratteristiche peculiari di ciascun gruppo e le potenziali tutele offerte dal diritto d'autore. In
particolar modo si possono individuare tre categorie di opere audiovisive414:
a) i lungometraggi cinematografici e i film prodotti per la televisione415, godono
di una protezione molto ampia sia rispetto alle interruzioni pubblicitarie416 che sul piano del
diritto d'autore417, inoltre sono ampiamente disciplinate e tutelate dalla legge nazionale418;

b) le serie televisive, romanzi a puntate, programmi ricreativi (tra questi ultimi


solo quelli dotati di una struttura paragonabile a quella di film o telefilm) e i documentari
414
Una quarta categoria che si potrebbe identificare è quella della trasmissione degli eventi e delle
manifestazioni, di cui si è ampiamente parlato sopra. Il legislatore considera tali opere alla luce della loro
completa autonomia rispetto alle modalità televisive, a cui debbono essere adattate con un procedimento che
forzatamente le snaturerà. L'art. 37 del Decreto Legislativo 31 luglio 2005, n. 177, Testo unico della
radiotelevisione recita: al comma 2 che “Nei programmi composti da parti autonome o nei programmi
sportivi, nelle cronache e negli spettacoli di analoga struttura comprendenti degli intervalli, la pubblicità e gli
spot di televendita possono essere inseriti soltanto tra le parti autonome o negli intervalli” e al comma 3 che
“L'inserimento di messaggi pubblicitari durante la trasmissione di opere teatrali, liriche e musicali e'
consentito negli intervalli abitualmente effettuati nelle sale teatrali. Per le opere di durata superiore a
quarantacinque minuti e' consentita una interruzione per ogni atto o tempo. E' consentita una ulteriore
interruzione se la durata programmata dell'opera supera di almeno venti minuti due o più atti o tempi di
quarantacinque minuti ciascuno”. Queste due indicazioni si basano sul presupposto che sia indispensabile far
coincidere le interruzioni pubblicitarie con dei momenti di pausa o di stacco individuabili nel contenuto della
trasmissione per non interferire con la percezione dello spettacolo così come esso era stato concepito per il
pubblico dal vivo.
415
In questa categoria rientrano numerose opere di fiction televisiva accomunate dalla modalità di realizzazione:
la metodologia, la tecnica, il linguaggio e il processo produttivo discendono dalla cinematografia. Esse sono
delle opere composte e si basano su un supporto letterario (soggetto e poi sceneggiatura) esattamente come le
opere cinematografiche, si discostano da esse solo in quanto “destinate specificamente allo sfruttamento
televisivo”, ma sono chiaramente assimilabili alle opere tutelate dall'art. 44 e seguenti della legge sul diritto
di autore, ove compatibili. Cfr. MICCICHE', A., Brevi considerazioni giuridiche sull'opera televisiva, cit., p.
535.
416
L'art. 8, comma 3, della legge n. 223/1990 recitava “In relazione a quanto previsto dalla direttiva del
Consiglio delle Comunità europee del 3 ottobre 1989 (89/552/CEE) l'inserimento di messaggi pubblicitari
durante la trasmissione di opere teatrali, cinematografiche, liriche e musicali è consentito negli intervalli
abitualmente effettuati nelle sale teatrali e cinematografiche. Per le opere di durata programmata superiore a
quarantacinque minuti è consentita una ulteriore interruzione per ogni atto o tempo. È consentita una ulteriore
interruzione se la durata programmata dell'opera supera di almeno venti minuti due o più atti o tempi di
quarantacinque minuti ciascuno”. Questo articolo è stato modificato dalla legge n. 122/1998 che ha
disciplinato in maniera diversa le opere in esso elencate, assegnando un grado di tutela minore alle opere
cinematografiche rispetto alle opere teatrali, liriche e musicali (per le quali è indispensabile mantenere il più
possibile la forma prevista dalla performance in diretta, esse come si è visto sono state ancor meglio regolate
dal Testo unico della radiotelevisione del 2005). L'art. 3, comma 3, infatti, afferma che “La trasmissione di
opere audiovisive, ivi compresi i lungometraggi cinematografici ed i film prodotti per la televisione, fatta
eccezione per le serie, i romanzi a puntate, i programmi ricreativi ed i documentari, di durata programmata
superiore a quarantacinque minuti, può essere interrotta soltanto una volta per ogni periodo di quarantacinque
minuti. E' autorizzata un'altra interruzione se la durata programmata delle predette opere supera di almeno
venti minuti due o più periodi completi di quarantacinque minuti”, questa dicitura è stata, poi, traslata nel
Decreto Legislativo 31 luglio 2005, n. 177, Testo unico della radiotelevisione, al comma 4 dell'art. 37. Dalla
costruzione di questo articolo si evince con chiarezza la diversità esplicita di trattamento riservata alle diverse
sotto - categorie di audiovisivi ed è chiaro l'intento del legislatore di stilare una graduatoria del valore dei
prodotti trasmessi in televisione in rapporto al loro apporto al patrimonio culturale collettivo.
417
Il legislatore, infatti, ha introdotto nella legge n. 633/1941 l'articolo 44 e seguenti proprio per disciplinare le
opere cinematografiche. Analizzando la struttura e l'organizzazione dei cosiddetti film per la televisione o
telefilm, come si è visto, può affermare che essi possano essere assimilati alle opere per il grande schermo in
applicazione dell'art. 203, comma 2.
418
In particolar modo, le opere cinematografiche sono disciplinate dalla legge 4 novembre 1965 n. 1213, Nuovo

105
sono assimilati sul piano delle riserve di programmazione419, ma non su quello del diritto
d'autore. Infatti, per le prime due categorie sembra plausibile (e molta dottrina420 si è
dimostrata concorde) l'applicazione delle norme che tutelano le opere cinematografiche in
quanto la trama e i personaggi sono prestabiliti, “preventivamente costruiti e ordinati
dall'autore verso un esito predeterminato e da questi conosciuto”421 prima della messa in onda.
Le altre due tipologie si trovano in una posizione diversa ed è molto difficile che sia concessa
loro la tutela del diritto d'autore poiché, nell'interpretazione comune, si considera che il loro
svolgimento sia affidato in gran parte all'abilità del conduttore e agli eventi che si creeranno in
studio durante la trasmissione e che derivano principalmente dalla spontaneità dei concorrenti;

c) tutte le altre opere televisive, ovvero i giochi televisivi422, i talk show423 e i


programmi ricreativi (non assimilabili ai film o ai telefilm), non ricevono nessuna tutela da
parte della disciplina comunitaria sulle pubblicità e inoltre, almeno finora, non sono stati
inseriti tra le opere degne della tutela autoriale, né tanto meno hanno potuto beneficiare di una
qualche protezione in sede di contenzioso, poiché, come si è visto, viene imputata loro
l'insufficienza dell'esteriorizzazione formale, l'eccessiva dipendenza dalla spontaneità e dagli
eventi “incontrollabili” e ,persino, la banalità o la mancanza di originalità.
Le ultime due categorie, pur essendo molto diverse sul piano dei diritti riconosciuti,
sono simili in quanto caratterizzate entrambe dalla serialità: ovvero si basano su un format che
“consiste in una narrazione, più o meno strutturata con qualche variazione da puntata a
puntata, suscettibile di modificarne l'esito e l'effetto spettacolare”424. L'apparente distanza si

ordinamento dei provvedimenti a favore della cinematografia, volta a incoraggiare e aiutare la valorizzazione
e la diffusione del patrimonio filmico nazionale, ritenuto di notevole interesse per fini culturali ed educativi.
Tale legge è tutt'oggi vigente, ma è stata modificata dalle seguenti norme: decreto legge 14 gennaio 1994
n.26 (convertito con modificazioni dalla legge 1 marzo 1994 n. 153); decreto legge 29 marzo 1995 n. 97
(convertito con modificazioni dalla legge 30 maggio 1995 n. 203); decreto legislativo 21 dicembre 1998 n.
492; legge 29 dicembre 2000 n. 400.
419
E' sempre l'art. 3 della legge n. 122/1998 a definire il rapporto tra la pubblicità e questo tipo di opere. Il
comma 3 esclude esplicitamente che tali opere possano essere trattate al pari di quelle filmiche, il comma 4
stabilisce che quando gli altri programmi, quelli non protetti dagli altri punti della legge, “sono interrotti dalla
pubblicità o da spot di televendita, in genere devono trascorrere almeno venti minuti tra ogni successiva
interruzione all'interno del programma”.
420
Cfr. GRANDINETTI, O., La tutelabilità erga omnes del format di programmi radiotelevisivi, cit., p. 38, in
cui l'autore difende l'assimilazione delle serie televisive ai lungometraggi cinematografici e ai telefilm anche
quando le prime abbiano un valore artistico inferiore; Cfr. MICCICHE', A., Brevi considerazioni giuridiche
sull'opera televisiva, cit., p. 533, l'autore analizzando le caratteristiche strutturali delle varie forme assunte
dalla fiction televisiva (soap operas, situation comedies, telenovelas, TV movies) arriva a sostenere che
l'unica differenza con l'opera cinematografica sia “la destinazione specifica” ovvero “l'utilizzazione esclusiva
in sede televisiva”.
421
Cfr. GRANDINETTI, O., La tutelabilità erga omnes del format di programmi radiotelevisivi, cit., p. 41.
422
Cfr. Art. 4 direttiva 89/552/CEE.
423
Cfr. GRANDINETTI, O., La tutelabilità erga omnes del format di programmi radiotelevisivi, cit., p. 41
424
Cfr. PROSPERETTI, E., TOZZI, F., VISCO COMANDINI, V., I format televisivi tra acquisto di know-how e
tutela della proprietà intellettuale, cit., p. 7.

106
assottiglia quando si guarda alla realtà commerciale di questi prodotti che in realtà sul
mercato sono sempre più richiesti nonostante l'alone di incertezza che offusca la loro
posizione giuridica.
La distinzione tra queste categorie diventa, poi, sempre meno nitida con l'avvento di
nuovi prodotti audiovisivi425 che rimettono in discussione le concezioni tradizionali. Infatti, i
progressi della tecnica comportano da una parte l'evoluzione delle forme di estrinsecazione
della creatività426 e, soprattutto, introducono nuove modalità di fruizione da parte dell'utente
finale427. In questo senso assume grande rilievo il concetto di “cross-medialità”428, ovvero il
passaggio dalle strutture rigidamente blindate in una tipologia, ai confini flessibili dei progetti
comunicativi multi - settoriali429. Come nelle avanguardistiche esperienze di teatro interattivo
425
Si pensi per esempio alle cosiddette situation comedy o sit-com: un genere di commedia molto in voga tra i
giovani e di cui molte reti stanno acquistando e proponendo format appetibili, caratterizzato dall'uso costante
di una singola ambientazione o comunque di poche ambientazioni (per esempio un appartamento, un ufficio
o un luogo di ritrovo) e la rappresentazione di un ristretto numero di individui che interagiscono tra loro (i
dipendenti, i membri di una famiglia, un gruppo di amici). Spesso esse si fondano davvero su idee a stento
abbozzate che assumono una forma definitiva solo nel momento del montaggio dei vari sketch ripresi e della
messa in onda nella versione definitiva. Sono prodotti ibridi, sospesi tra l'umorismo esplicito ed
estemporaneo degli spettacoli comici di intrattenimento (come Zelig o Colorado) e la caratterizzazione di
trama, luoghi e personaggi tipica, invece, delle serie televisive (nelle sit-com, però, ogni episodio è in un
certo senso indipendente dagli altri: si inserisce nella trama prncipale, ma può essere capito a prescindere da
essa). Tra gli esempi più celebri: Happy Days, Friends, La famiglia Bradford, La tata, Super Vicki,
l'italianissimo Casa Vianello, Camera Café (rifatto in Italia, ma basato su un format francese). Anche
l'opinione della dottrina si è divisa tra chi è propenso a considerarle al pari delle opere filmiche (Cfr.
MICCICHE', A., Brevi considerazioni giuridiche sull'opera televisiva, cit., p. 532) e chi le guarda con
diffidenza come delle semplici idee elaborate per cui si pretende tutela senza che ve ne siano i requisiti (Cfr.
PROSPERETTI, E., TOZZI, F., VISCO COMANDINI, V., I format televisivi tra acquisto di know-how e
tutela della proprietà intellettuale, cit., p. 7).
426
Si pensi alle potenzialità della fotografia digitale: essa ha introdotto un modo tutto nuovo di immortalare i
luoghi, gli avvenimenti, le cose e soprattutto sta aprendo infinite possibilità di trasformazione artistica del
materiale fotografico. Utilizzando dei comuni programmi per PC, il fotografo – artista può reinventare
qualsiasi cosa con creatività e imprimendo la propria personalità nella reinterpretazione di un paesaggio, di
un soggetto. Il giovanissimo “fotomanipolatore” svedese Erik Johansson, definito il surrealista dell'era
digitale, è allo stesso tempo il promotore e il simbolo di questa nuova tipologia di espressione artistica. Si
veda www.ericj.se.
427
L'evoluzione tecnologica, infatti, può applicarsi alle diverse fasi di creazione, realizzazione e utilizzo di
un'opera. Da una parte supporta gli artisti – creatori rendendo più agevole il loro lavoro: infatti innovazioni
quali la possibilità di incidere le tracce audio, di registrare video, di scattare e modificare immagini con
strumenti sempre più piccoli ed economici hanno reso accessibile a tutti, sia dilettanti che talentuosi destinati
al successo, una dimensione della produzione artistica prima riservata solo a chi ne aveva i mezzi economici.
Dall'altra parte si hanno degli effetti negativi proprio sui diritti dei creatori, la cui tutela, grazie allo sviluppo
tecnologico viene elusa con la pirateria, il plagio, la falsificazione “a portata di tutti”. L'utente, dunque, può
utilizzare, e talvolta sfruttare, le opere dell'ingegno con modalità sempre nuove che assecondano tutte le sue
esigenze, ma soprattutto può influenzare la fase di creazione o di realizzazione dell'opera.
428
Vedi SORICE, M., Programmi in scatola, Il format nella TV globale, cit., p. 11, in cui l'autore riporta gli
esempi di programmi televisivi di varia natura (dai reality show ai telegiornali) che hanno sfruttato il
progresso tecnologico per proporre dei servizi su diverse piattaforme di fruizione, ormai sempre più
complementari e talvolta addirittura intercambiabili nella vita quotidiana degli utenti finali: per esempio la
possibilità, offerta ormai da quasi tutte le emittenti più importanti, di rivedere TG, puntate di programmi o
telefilm direttamente sul sito internet della rete, oppure di ricevere notifiche e informazioni via sms.
429
La Endemol, casa di produzione di molti celebri format televisivi, è stata una delle prime ad arricchire la sua
offerta di prodotti con la realizzazione di servizi che si rivolgevano a tutte le piattaforme di fruizione da parte
degli utenti (internet, servizi via sms, stampa).

107
e sulla scia della nuova concezione di utente - attivo, anche il mondo della televisione si è
aperto alle nuove possibilità offerte dall'interazione tecnologica: il telespettatore può seguire i
suoi programmi preferiti anche quando è ben lontano dal televisore e può interagire con essi,
o averne almeno l'illusione, inviando e-mail, mms ed sms con i quali potrà offrire il suo
contributo, la sua opinione e addirittura influenzare l'esito di sondaggi, “elezioni” e
concorsi430.

3.2 La rappresentazione espressiva e i limiti dell'improvvisazione


Il ruolo del pubblico, presente in studio o coinvolto a distanza tramite gli strumenti della
tecnologia, è spesso determinante nei programmi. In alcuni casi, ciò incide negativamente
sulla possibilità di considerare il format di tali trasmissioni come un'opera già perfettamente
compiuta ed autonoma sul piano della forma esterna. A ciò si aggiunga il fatto che molte
trasmissioni (soprattutto i vari quiz show, reality show e talk show) sono basate su giochi,
sfide, dibattiti e interazioni tra conduttore, personaggi e/o concorrenti, i quali sono abbastanza
liberi di scegliere come partecipare, cosa dire e cosa fare: chi crea il format quindi non può
prevedere lo sviluppo del programma. Infatti, alcuni giudici431 hanno sostenuto che la
necessaria interazione con la spontaneità degli ospiti in studio è la prova che il format non ha
sufficiente compiutezza di per sé e dipenda dagli eventi e dalle reazioni imprevedibili che, in
quanto tali, non possono essere il frutto del lavoro creativo dell'autore e quindi non saranno
tutelate. Si rientra così nel circolo vizioso del pregiudizio, per cui non si effettua nemmeno
una valutazione delle caratteristiche creative dello schema e ci si ferma all'impressione
superficiale di incompletezza, data dallo spazio riservato agli interventi “liberi”.
In realtà, nel gruppo dei “programmi ricreativi”, dei giochi televisivi e dei talk show432
possono essere ricomprese tipologie di trasmissioni completamente diverse tra loro, i cui
schemi presentano vari gradi di specificazione della trama, dei personaggi, degli avvenimenti.
La spontaneità e l'imprevedibilità non sono affatto alla base di tutti i programmi di
intrattenimento, e sicuramente non sono presenti allo stesso livello 433. In base al genere
specifico, si può affermare che la compiutezza della “forma espressiva della futura opera

430
Il sistema del televoto, per esempio, è ormai inserito in moltissimi programmi di intrattenimento (dai talent
show ai vari reality) ed è un'altra fonte di profitto per le emittenti televisive.
431
Cfr. Pretura di Roma, 8 giugno 1987, cit., p. 566.
432
Cfr. GRANDINETTI, O., La tutelabilità erga omnes del format di programmi radiotelevisivi, cit., p. 40 – 41.
L'autore include i talk show nella categoria “giochi televisivi e programmi di intrattenimento” che analizza
dal punto di vista della “struttura narrativa” e dei “personaggi fissi” (nei termini, dunque, della definizione di
format elaborata dalla SIAE) per differenziarla dalle serie televisive.
433
Senza contare che a volte, in determinate trasmissioni, ne diventano l'elemento più qualificante e proficuo ai
fini dell’audience.

108
televisiva diminuisce in modo direttamente proporzionale alla misura dell'intervento nel
programma di soggetti estranei allo staff che lo realizza”434 e, dunque, con essa, si riducono le
possibilità di attrarre una tutela.
Anche il problema dell'improvvisazione è strettamente correlato alla concezione
tradizionale di forma esterna che, come si è visto, prevede non solo l'esternazione dell'idea,
ma una sua concretizzazione dettagliata ed esaustiva. In realtà la difficoltà di interpretazione
può essere superata valutando il “peso”435 che gli elementi predeterminati e “imposti”
dall'autore hanno su quelli discrezionali, quanto incide e che spazio occupa a livello
quantitativo ciò che l'autore del format originario descrive, rispetto alla totalità del
programma, e quanto invece non è sottoposto al suo diretto controllo. Ovviamente, ciascuna
tipologia di programma ha un minore o maggiore grado di predeterminazione inversamente
proporzionale allo spazio lasciato alla casualità. In ogni format, per definizione, ci deve essere
uno schema fisso, curato in ogni suo dettaglio e che si ripete serialmente, rimanendo stabile e
riconoscibile in ogni puntata. Questa “scatola”436 di riferimento, che di volta in volta viene
riempita con contenuti specifici, interventi più o meno spontanei o eventi incontrollabili, è ciò
che permette di differenziare quel format dagli altri. Essa è la struttura che il creatore vende
all'emittente, il frutto del suo lavoro creativo, e, dunque, ciò che egli vorrebbe poter tutelare.
Viene definita anche “cornice”437 in quanto abbraccia e inquadra l'evento reale attraverso delle
modalità che sono fisse, definite ed espressive dell'individualità della rappresentazione438. In
questo caso, il diritto d'autore non può, ovviamente, proteggere l'evento in sé, ma soltanto la
maniera concreta di presentarlo, commentarlo e interagire con esso439.
Ciascuna tipologia di programma offre uno spazio diverso all'improvvisazione ed è
importante valutare caso per caso applicando il “criterio della prevalenza”440, ovvero
misurando l'impatto e il valore di ciascuna delle due componenti nell'equilibrio generale della
trasmissione. Né va omesso che non di rado, addirittura, questi contenuti di presunta
spontaneità sono semplicemente simulati, ricreati da professionisti dello spettacolo per
illudere il telespettatore, e in realtà, dietro i “dialoghi improvvisati” e le “reazioni
estemporanee” in studio, ci sono minuziose spiegazioni e previsioni, studi approfonditi sulle

434
Cfr. BERTANI, M. Tutela del format di programmi televisivi, cit., p. 700.
435
Cfr. ZUCCHELLI, N., Ultime notizie sul “format”, cit., p. 113.
436
Cfr. SORICE, M., Programmi in scatola, Il format nella TV globale, cit., p. 6.
437
Cfr. ALVISI, C., Spunti in tema di tutela del cosiddetto schema di trasmissione televisiva, cit., p. 222.
438
Ovvero si possono ritenere originali e innovative rispetto all'approccio comune ad un determinato
soggetto/evento.
439
Cfr. Tribunale di Monza, 26 maggio 1994, cit., p. 266.
440
Cfr. ZUCCHELLI, N., Tutelabilità degli schemi di trasmissioni televisive, cit., p. 275. L'autrice mutua tale
concetto dalle teorizzazioni sul valore artistico di opera dell'ingegno delle pubblicità.

109
modalità di interazione, sul carattere e l'aspetto dei personaggi. Il maggior grado di
estrinsecazione dell'idea in una struttura narrativa coincide, in un certo senso, con la rigidità
dello schema rispetto alla spontaneità dei personaggi e la casualità degli eventi. Quando lo
schema di un programma televisivo “tende a fissare ed a predeterminare lo svolgimento dei
diversi momenti di una rappresentazione”441 è paragonabile ad un testo teatrale, anche sul
piano della tutelabilità.
In quei programmi in cui l'elaborazione creativa dell'autore è ridotta a piccoli spazi
marginali, poiché l'improvvisazione è considerata l'elemento caratterizzante dello spettacolo, e
ben difficilmente essa potrà essere contenuta nello schema precostituito442, la tutela potrà
esercitarsi solo su queste parti: è il caso per esempio della TV – verità e dei talk show in cui
non si possono tutelare né gli aspetti dell'idea creativa che non si siano manifestati attraverso
l'opera, né le situazioni e gli eventi che si creano a prescindere dal soggetto creatore e che
quindi non sono espressione della sua volontà443.
Il caso più controverso è quello dei quiz – show e dei game – show in generale che
suscitano dubbi fin dalla loro comparsa444. Per rientrare pleno iure nella tutela, questa
tipologia di format dovrebbe snaturarsi completamente, e diventare a tutti gli effetti una
sceneggiatura, “riconvertirsi in una dettagliata successione di comportamenti predeterminati
di tutti i soggetti della prevista attività, tale da non lasciare spazio alcuno alla deviazione dal
meccanismo e rimettendo le sole ipotesi di casualità agli eventuali oggetti materiali previsti
nel gioco ma non delle conseguenze di esse, da incanalare altresì in una «reattività», per così
dire, meccanica”445.

3.3 Le serie televisive


Vi sono dei casi particolari che si trovano proprio al limite tra l'ambigua situazione
giuridica dei programmi ricreativi e la tutela riconosciuta abbastanza pacificamente alle opere
televisive teoricamente assimilabili alla cinematografia. Si tratta di “casi limite del diritto
d'autore, dove vi è notevole incertezza sull'opportunità di includere fondatamente una certa
manifestazione o produzione dell'intelletto umano nelle opere dell'ingegno pleno iure e

441
Cfr. Tribunale di Monza, 26 maggio 1994, cit., p. 266.
442
Cfr. MACARIO, F. , Il format, cit., p. 60.
443
Cfr. LONGHINI, S., Diritto d'autore e format televisivi: prospettive e attualità, cit., p. 427.
444
Cfr. FABIANI, Sulla esclusa tutela, come opere dell'ingegno e come modelli di utilità degli schemi o sistemi
di giochi o concorsi, in Il diritto di autore, 1963, p. 496.
445
Cfr. SAVINI, A., Programmi e giochi televisivi, cit., pp. 336 – 337. In cui l'autore si mostra molto critico nei
confronti della sentenza della Pretura di Torino, 8 aprile 1987, cit., p. 565, in cui è stata data tutela ad un
gioco televisivo, categoria che ha suo avviso non presenta e non potrebbe presentare i requisiti dell'originalità
e dell'estrinsecazione formale se non “rinnegando del tutto sino a mutarla” la propria natura.

110
dunque nell'area della conseguente protezione”446. Queste “opere” rendono ancora più
problematica l'individuazione di criteri certi e stabili che permettano di distinguere il
tutelabile dal non-tutelabile.
Un caso emblematico è rappresentato dalle serie televisive basate su dei format. Il
mercato che si rivolge a tale tipologia di prodotti è cresciuto velocemente negli ultimi anni447 e
ha creato un notevole volume d'affari448. Quando si crea una nuova serie, spesso viene
elaborato soltanto uno schema narrativo, ovvero un format che è completo e dettagliato per
quanto riguarda la prima parte della trama ideata, il profilo dei personaggi implicati, i luoghi
che faranno da sfondo alle vicende, ma che dovrà essere definito meglio nel corso delle varie
fasi della produzione449. In detto schema si realizzano le sceneggiature di alcuni episodi
iniziali; solo successivamente la trama si definisce e si creano le altre puntate, adattando la
vicenda alle reazioni del pubblico 450. Il concetto di adattamento451 esiste anche nelle serie
televisive ed incide profondamente sulla loro realizzazione finale. Lo schema creato ad hoc
dev'essere adattato al gradimento dei fan e, talvolta, ai problemi sorti sul set; quello importato
dall'estero è destinato ad essere modificato per adeguarsi ai gusti, ai punti di riferimento e al
background culturale del Paese di destinazione452. In questo senso, i soggetti da cui derivano
446
Si veda la posizione molto critica di SAVINI, A., Programmi e giochi televisivi, cit., p. 331.
447
Anche in questo caso gli anni '80 sono stati il bivio poiché Mediaset ha importato le lunghe serie televisive
americane (Dallas, Beautiful, Supercar, MacGyver, etc.) e addomesticato il pubblico italiano a questa nuova
modalità di intrattenimento che è poi sfociata in tentativi, non sempre riusciti, di produzioni italiane. Per
un'analisi dell'avvento della lunga serialità nei palinsesti italiani si veda GRASSO, A., Storia della
televisione, cit., p. 560, in cui l'autore analizza il contesto di apparizione e le ragioni del successo delle serie
americane.
448
Si pensi alle serie televisive che si sono protratte per numerose stagioni, che hanno generato introiti ulteriori
con lo sviluppo e la vendita di DVD, colonne sonore e merchandising di vario genere: “College”, “Caro
Maestro”, “Fantaghirò”, “Carabinieri”, “Elisa di Rivombrosa”, “Tutti pazzi per amore”, create in Italia e,
poi, al grande successo di serie importate dall'estero e mandate in onda tout court dalle reti italiane, tra i più
noti e recenti spiccano “Buffy”, “Desperate Housewives”, “Doctor House-Medical Division”, “Ally Mc Beal”,
“Sex in the city”, “OC”, “Gossip Girl”.
449
Cfr. GRANDINETTI, O., La tutelabilità erga omnes del format di programmi radiotelevisivi, cit., p. 43.
450
Per cui capita che personaggi secondari diventino protagonisti o viceversa, oppure che si inseriscano nella
serie avvenimenti imprevisti del mondo reale che possono fare da sfondo alle vicessitudini dei personaggi.
451
Come si è già visto, nel momento in cui si acquista un prodotto è quasi sempre necessario trasformarlo per
renderlo più adeguato al contesto finale di fruizione. Resta da vedere se tali modifiche rientrino nell'ambito
delle elaborazioni creative, disciplinate dall'art. 4 legge n. 633/1941, oppure se concorrano insieme al
contributo del creatore originario a costruire un'opera collettiva, particolare rispetto a quelle storicamente
riconosciute e tutelate dall'art. 10 della legge sul diritto d'autore.
452
La serie televisiva “I Cesaroni”, in onda su Mediaset dal 2006 (www.icesaroni.it), è l'adattamento italiano
della serie spagnola “Los Serrano” (www.telecinco.es), che è stata trasmessa in numerose nazioni nella
versione originale (eventualmente sottotitolata nei paesi non ispanofoni), mentre è stata ricreata ed adattata in
Portogallo, Repubblica Ceca, Grecia e Turchia. In essa sono stati sostituiti i riferimenti culturali del popolo
spagnolo con i corrispettivi italiani, per esempio Madrid è diventata Roma, Barcellona è stata sostituita da
Milano; sono state apportate delle piccole modifiche alla trama per renderla più simile agli stereotipi locali,
ma le caratteristiche dei personaggi, le vicende e le componenti centrali che rendono la storia
complessivamente riconoscibile sono rimaste immutate.
Sempre dalla Spagna (www.teleblog.it) è stato importato il format “Médico de familia” (adattato anche in
Belgio, Finlandia, Germania, Portogallo e Russia) che ha dato vita alla serie “Un medico in famiglia”, in
onda sulla RAI dal 1998 (www.unmedicoinfamiglia.rai.it). In questo caso, la versione nazionale ha

111
le serie televisive sono molto diversi da quelli delle categorie di opere tutelate dall'art. 44 e
seguenti: anche se presentano una “struttura narrativa” e dei “personaggi fissi” definiti fin
dall'inizio, dovranno subire fasi intermedie di lavorazione che rendono più complessa
l'applicazione della normativa sulle opere cinematografiche agli autori delle serie. Non vi è
niente di veramente improvvisato, ma la realizzazione finale differisce molto dal modello
iniziale. Per questo motivo, la tutela dello schema originario non è affatto sicura e dipende da
una valutazione sulla concretezza espressiva del format.
La giurisprudenza italiana, recentemente, ha affrontato un caso particolare: un autore ha
accusato un produttore di aver utilizzato senza la sua autorizzazione e senza offrirgli nessuna
remunerazione lo schema per la realizzazione di una serie televisiva, che, in seguito, aveva
ottenuto un grande successo 453. La richiesta è stata rifiutata con la motivazione della mancanza
di un adeguato livello di esteriorizzazione che permettesse di analizzare il grado di creatività e
originalità dello schema iniziale. Nella pronuncia i giudici della Corte di Cassazione hanno
ripreso la definizione redatta della SIAE, confermando la legittimazione che le era stata già
riconosciuta attraverso un'altra storica sentenza della Cassazione454, e hanno dichiarato che,
anche se essa è stata concepita per gli spettacoli di intrattenimento, permette di “dedurre la
conferma della necessità, ai fini della qualifica di opera dell'ingegno in relazione alla quale
possa essere tutelato il diritto d'autore, di una struttura programmatica dotata di un grado
minimo di elaborazione creativa. Il che, quando appunto si tratti della rappresentazione
televisiva di una vicenda destinata a svilupparsi in una serie più o meno indefinita di episodi
con un contenuto narrativo da elaborare via facendo, postula l'individuazione iniziale almeno
degli elementi strutturali di detta vicenda, e quindi della sua ambientazione nel tempo e nello
spazio, dei personaggi principali, del loro carattere e del filo conduttore della narrazione”455.
Lo schema di una serie televisiva, considerata nella sua accezione di prodotto in evoluzione,

addirittura superato l'originale in termini di successo e longevità.


In entrambi i casi, le differenze tra la versione spagnola e il derivato italiano sono la prova di un meticoloso
processo di sostituzione del background di riferimento nazionale. Nell'adattamento si compie, insomma, una
sorta di “traduzione” del format, non solo linguistica, ma anche storica e culturale per rendere comprensibile
ogni aspetto dello schema nel passaggio dal bagaglio socio-culturale di una nazione a quello di un'altra.
453
Si tratta della sentenza della Corte di Cassazione n. 21172/2011, 13 ottobre 2011, che ha visto come
protagonista la celebre serie televisiva Distretto di Polizia, in onda su Mediaset e arrivata già alla dodicesima
stagione, con trasformazioni notevoli di personaggi e trama nel corso dei vari episodi che, ovviamente, non
riflettono più lo schema iniziale di cui la parte attrice denuncerebbe la copia.
Cfr. Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, pronuncia n. 21172, 13 ottobre 2011, su
www.medialaws.eu; e commentata in COLANGELO, Giuseppe, La tutela del format televisivo, in Il
Quotidiano Giuridico - Quotidiano di informazione e approfondimento giuridico, 2011, n° 16.
454
Cfr. Corte di Cassazione, pronuncia n. 3817/2010, 17 febbraio 2010, dettagliatamente riportata e commentata
in TASSONE, B., BIFERALI, G., La tutela del format in Cassazione, fra i principi generali e merito
dell'opera, cit., p. 107 e da MORELLI, D., Format tv: tutelabili anche le “divagazioni demenziali”?, in
www.medialaws.eu , 24 dicembre 2010.
455
Cfr. Sentenza della Cassazione civile, 13 ottobre 2011, n° 21172/2011, cit., p. 11.

112
per essere tutelato dovrebbe già contenere in forma “sufficientemente chiara e definita” gli
elementi chiave del suo sviluppo. Ciò non sempre è facile per il prodotto serie TV e in questo
senso esso è molto simile al format televisivo, eppure il primo viene comunemente
riconosciuto all'altezza della tutela e solo in rare occasioni456 i giudici hanno rifiutato il titolo
di opera dell'ingegno e comunque mai senza aver svolto un'attenta e minuziosa analisi dei
materiali forniti che permettesse, rapportata alle peculiarità dell'opera, di individuare o meno
il carattere della creatività. Il paragone tra le caratteristiche del format di programmi televisivi
e quello delle serie TV sottolinea la differenza di trattamento riservata al primo ed enfatizza il
sospetto di un ingiusto pregiudizio giuridico nei confronti di questo.

3.4 Dal mondo cinematografico a quello televisivo


Il precedente riferimento agli articoli 78 - ter e 203 della legge sul diritto d'autore offre
l'opportunità di un approfondimento sul rapporto tra cinema e televisione e, più propriamente,
in virtù del tema di fondo di questo lavoro, fra opere cinematografiche e opere televisive.
Entrambe le espressioni della sesta musa hanno in comune la progenitrice che è la fotografia
457
. Nella televisione, intorno agli anni '40, sono confluiti la tecnologia cinematografica e i
ritrovati dell'altro filone di studi tecno – scientifici, quello del telefono e della trasmissione
delle onde radio, che hanno rivoluzionato e continuano a far progredire la comunicazione.
Quando è stata messa a punto, così come accadeva per il coevo cervello elettronico,
nato per esigenze di intelligence e difesa militare, niente lasciava prevedere che l'una e l'altra
invenzione avrebbero invaso il pianeta, considerati i costi di costruzione e di gestione che essi
comportavano.
Agli strumenti comunicativi legati al computer si farà cenno in un'altra sezione di
questo studio, per quanto attiene alla TV, è noto ed è stato fin troppo ricordato che essa dopo il
suo avvio negli anni '40 negli Stati Uniti e la sua affermazione in Europa, si è estesa nel
resto del mondo con una diffusione rapidissima e una copertura che ha praticamente raggiunto
la totalità del pianeta.
Per la sua modalità peculiare di rivolgersi al pubblico, essa è stata percepita come
un'entità collocabile fra la radio e il cinema, genericamente ascrivibile ai sistemi
audiovisivi458.

456
In cui realmente il diverso grado di esternazione dell'idea può essere determinante per riconoscere o meno un
caso di plagio.
457
Si può sostenere che all'origine dell'attuale sistema audiovisivo ci siano i dagherrotipi e, ancor prima,
esperimenti risalenti allo stesso Leonardo consistenti nei primi tentativi di riprodurre e fissare le immagini in
modo diretto e non attraverso la mano del pittore.
458
Come indicato nel già menzionato, art. 203 comma 2.

113
Per quel che concerne la sua funzione di erogatrice di offerte di intrattenimento e di
spettacolo459, essa è stata considerata inizialmente e per molti anni una specie di ancella del
cinema 460. Mentre quest'ultimo trionfava da alcuni decenni rubando la scena anche al teatro e
al melodramma ed era impegnato a produrre opere destinate a conquistare il pubblico di tutte
le fasce sociali e di tutte le aree geografiche, potenzialmente la totalità della popolazione,
attraverso la moltiplicazione dei cinematografi461, la televisione muoveva i primi passi.
Inizialmente e per diversi anni rimase appannaggio di poche famiglie di estrazione borghese,
poi, lentamente conquistò la piccola borghesia e le classi popolari e passò dai centri urbani
alle campagne, contestualmente alla diffusione del benessere462.
Mentre l'industria della celluloide pensava di investire ingenti capitali ed essere sicura
di ricavare dagli incassi il doppio, il triplo, degli investimenti, gli operatori della TV potevano
contare su un pubblico di telespettatori assai ridotto e su risorse, provenienti dal canone e
dagli ancora esigui introiti pubblicitari, insufficienti a consentire investimenti capaci di
realizzare prodotti di qualità. In Italia, specialmente, ancora negli anni '60 e agli inizi dei '70 i
divi e le dive del cinema godevano di maggior prestigio e di compensi enormemente superiori
a quelli dei colleghi della TV e dei teatri, indipendentemente dai loro meriti artistici e capacità
interpretative.
A conferire vistosa preminenza al film cinematografico rispetto a quello televisivo463,
oltre allo strumento di veicolazione – fruizione, un megaschermo a colori contro quello che
all'epoca era solo un grigio quadrato di pochi pollici - erano la spettacolarità delle riprese, la
cura della regia, la precisione del montaggio, la ricercatezza della scenografia, dei costumi, la
bellezza delle musiche, il valore di tutti quei dettagli che il giro d'affari che ruotava attorno
alle case cinematografiche e le ambizioni dei loro operatori potevano mettere in campo, oltre
al fatto che il cinema era libero di operare nelle offerte tematiche quasi senza limiti e censure
mentre la TV si indirizzava ad un pubblico familiare medio che doveva restare protetto entro
certi schemi espressivi improntati al perbenismo.
Se questi elementi di contorno facevano la differenza almeno fino agli anni '80, e

459
Cfr. DE SANCTIS, V., In tema di opere cinematografiche e di opere televisive, cit., p. 131.
460
Non ci si riferisce solo alla qualità tecnica del prodotto (immagini etc.) bensì alla consistenza e alla cura
dell'allestimento e al valore intrinseco del prodotto.
461
Basti pensare alla crescita esponenziale del numero dei cinematografi non solo nei centri delle città ma anche
nelle borgate di periferia e nei centri più sperduti del territorio, in cui si organizzava una distribuzione
capillare secondo una gerarchia di proiezioni, le cosiddette “prima visione”, “seconda visione” etc. Il film
Nuovo Cinema Paradiso di G. Tornatore, che si potrebbe considerare un'opera “metacinematografica”,
rappresenta molo bene tele fenomeno.
462
Cfr. GRASSO, A., Storia della televisione italiana, cit. p. 50.
463
Cfr. PATRONI GRIFFI, U., I semilavorati della produzione televisiva, in NIVARRA, L., I diritti televisivi
nell'era digitale, cit., p. 79.

114
rendevano il prodotto cinematografico generalmente superiore all'omologo TV, per quel che
riguarda la loro essenza tipologica, la loro sostanza profonda, le due opere, pellicole
cinematografiche e telefilm, si potevano e si possono ritenere assolutamente analoghi.
Constatazione che è confermata, lo si ribadisce ancora una volta, dalle norme che le regolano.
Esse hanno identica modalità di estrinsecazione che consiste nella successione di immagini
ottenute col processo fotografico464; si avvalgono della stessa genesi compositiva e degli stessi
materiali di base: romanzi, prose teatrali, cronache, vicende storiche, testi letterari di varia
natura o, in alternativa, soggetto e sceneggiatura elaborati ad hoc da professionisti del settore
sulla base di ispirazioni proprie e/o su precise richieste e sollecitazioni altrui. Entrambe
beneficiano dell'apporto di altre figure professionali oltre a quelle citate e dell'ausilio di
competenze tecniche permanenti e occasionali: compositore delle musiche, scenografo,
costumista, truccatori, tecnici del suono, delle luci, esperti degli effetti speciali, macchinisti,
cascatori, etc. La presenza di tutti questi co-operatori, pur se nella maggior parte dei casi essi
vengono coordinati dal regista, conferisce a tali lavori il carattere di opere composte e,
talvolta, più specificamente, di opere collettive465. Sono composte in quanto il loro valore
artistico di insieme è il risultato complessivo della creatività e dell'impegno di più soggetti
operanti in equipe; sono collettive in quanto richiedono specifici contributi elaborati al fine di
ottenere particolari risultati estetici o tecnici466.
Sia i lungometraggi cinematografici467 che i telefilm hanno inoltre una doppia natura, di
opera e di prodotto468. La prima natura riguarda il fatto che essi sono frutto dell'ingegno; la
seconda che essi sono una realtà materiale, un corpo meccanico (già prima della messa in
onda) in cui si concretizza, in maniera visibile e fissa, il lavoro di un apparato di produzione
che fa riferimento appunto all'industria dello spettacolo. Gli studi di Hollywood, di Cinecittà e
gli studi televisivi sono infatti dei sistemi produttivi dotati di apparati logistici, di
strumentazioni, di amministrazioni gestionali e finanziarie; le diverse attività che vi si
svolgono e le varie professionalità che operano in essi convergono nella creazione dei film
(per il maxi o per il piccolo schermo) e dei programmi. L'opera composta è il risultato di un
amalgama ben riuscito fra i contributi di coloro che vi concorrono, tra i quali, normalmente,

464
Cfr. AUTERI, P., FLORIDIA, G., MANGINI, V., OLIVIERI, G., RICOLFI, M., SPADA, P., Diritto
industriale, proprietà intellettuale e concorrenza, cit., p. 518.
465
Ai sensi dell'art. 10 della legge sul diritto di autore.
466
Cfr. AUTERI, P., FLORIDIA, G., MANGINI, V., OLIVIERI, G., RICOLFI, M., SPADA, P., Diritto
industriale, proprietà intellettuale e concorrenza, cit., p. 519.
467
La distinzione tra “lungometraggi cinematografici” e “film televisivi” è stata introdotta proprio con la
direttiva n°89/553/CEE.
468
Cfr. AUTERI, P., FLORIDIA, G., MANGINI, V., OLIVIERI, G., RICOLFI, M., SPADA, P., Diritto
industriale, proprietà intellettuale e concorrenza, cit., p. 519.

115
hanno più peso, oltre al regista, il soggettista e/o sceneggiatore, l'autore della colonna sonora,
lo scenografo469. E' bene precisare en passant che soggettista e sceneggiatore non
necessariamente coincidono. Il primo è l'ideatore del contenuto narrativo e può anche essere
l'autore letterario del testo base, ma non l'estensore materiale della sceneggiatura e del
copione. Quest'ultima, nella maggior parte dei casi, richiede un adattamento dei dialoghi al
ritmo delle sequenze e delle scene che il regista vuole imprimere, ritmo che, come si può
facilmente immaginare, specialmente nella cinematografia moderna, esige tempi molto più
condensati di quelli della lettura. A questo scopo esistono professionisti470 che sono capaci di
rispondere alle esigenze dello spettacolo.
Opportunamente, nei casi su menzionati, alle diverse figure che mettono a disposizione
dell'opera il loro talento creativo, va accordato il titolo di coautori: “Il riconoscimento della
qualità di coautori implica innanzitutto l'attribuzione a tali persone del diritto morale, non solo
in relazione al rispettivo contributo, ma anche in relazione all'opera […] ma il riconoscimento
della qualità di coautore ha rilievo anche ai fini della titolarità e dell'esercizio dei diritti di
utilizzazione economica”471.
Ai fini del discorso di fondo, qui portato avanti, l'ulteriore ragionamento dell'autore
citato fa rilevare che l'art. 45 della legge n. 633/1941 attribuisce tali diritti “a chi ha
organizzato la produzione” e che essi spettano ai responsabili e detentori dello sfruttamento
cinematografico. In questo senso appartengono a tutti i coautori in comune, ma per ciò che
riguarda le parti suscettibili di utilizzazione separata, è possibile che i singoli autori, previ i
dovuti accordi – sceneggiatore per la parte letteraria, compositore per la parte musicale, etc. -
possano servirsene per un'utilizzazione separata purché, come recita l'art. 49 l.d.a. “non ne
risulti pregiudizio ai diritti di utilizzazione il cui esercizio spetta al produttore”.
In chiusura di questo paragrafo di raffronto tra le due realtà contigue di cui si è parlato è
utile fare il punto su una questione a proposito della quale, in alcuni precedenti
giurisprudenziali, in filigrana, e nelle affermazioni di taluni commentatori, più esplicitamente,
sono state espresse valutazioni non condivisibili. In esse si afferma che le serie televisive,
comunque denominate (telefilm, telenovelas, soap opera) siano in quanto tali scadenti472.
469
Cfr. PROSPERETTI, E., TOZZI, F., VISCO COMANDINI, V., I format televisivi tra acquisto di know-how
e tutela della proprietà intellettuale, cit., pp. 20 – 21.
470
Per ragioni di organizzazione e di efficienza esecutiva, le case produttrici di fiction e telefilm spesso
organizzano il lavoro tra un soggettista che traccia le linee generali e un gruppo di sceneggiatori che
provvede alla stesura dei copioni dei diversi episodi.
471
Cfr. AUTERI, P., FLORIDIA, G., MANGINI, V., OLIVIERI, G., RICOLFI, M., SPADA, P., Diritto
industriale, proprietà intellettuale e concorrenza, cit., p. 520.
472
Opinione sostenuta, tra gli altri, da GRANDINETTI, O., La tutelabilità erga omnes del format di programmi
radiotelevisivi, cit., p. 40, in cui l'autore dichiara che tali prodotti hanno “un valore artistico mediamente
inferiore” e cita come rara eccezione il caso della serie “Twin peaks” di David Linch.

116
A determinare tali “stroncature” più o meno severe concorrono diversi fattori. In primo
luogo si crea un pregiudizio inconscio di fronte alla serie di in sé: nella seconda, nella terza
puntata viene a mancare o si affievolisce ampiamente l'appeal della novità, viene meno quel
quid novi che da molti è considerato elemento essenziale della creatività. E' come se si
generasse una sorta di effetto inflattivo che svaluta nella percezione di molti il valore
dell'opera seriale. Un secondo fattore, che è anche quello più determinante, palese e
condiviso, scaturisce dall'obiettiva modestia se non dalla banalità di tanti prodotti seriali, in
cui tutto lascia a desiderare, dal soggetto al doppiaggio finale.
In terzo luogo, è inevitabile che anche le serie più curate, quelle che si avvalgono di
sceneggiatori, registi, collaboratori e attori valenti, generino qualche effetto di saturazione.
Va detto, comunque, che la serialità non è un portato della TV473. Essa fa la sua
apparizione nel cinema, già in quello dei primi decenni: si pensi alla serie di film di Stan
Laurel e Oliver Hardy, per ricordare solo i più famosi personaggi del cinema comico USA
della prima metà del Novecento. I loro personaggi si configuravano come delle maschere e
affrontavano le avventure, diverse per ambientazione spaziale e temporale, secondo degli
schemi abbastanza ricorrenti perciò sembravano riproporre le maschere stereotipate del teatro
d'altri tempi.
Dopo il 1950 si sono susseguite innumerevoli serie cinematografiche riferite ai diversi
generi: comico, poliziesco, fantastico, drammatico, spionistico. Si pensi alla notissima serie di
James Bond474, l'impatto del cui primo film, agli inizi degli anni '60, andato ben oltre ogni più
rosea previsione, non solo ingenerò subito l'effetto replica cinematografica, ma indusse
l'autore Jean Fleming a proseguire di gran lena il suo lavoro di scrittore, peraltro non eccelso
sul piano strettamente letterario, come è attestato dalle critiche che da più parti gli sono state
rivolte475. La serialità nel mondo cinematografico ha avuto numerosi altri esempi: Indiana
473
La serialità da sempre ha caratterizzato anche il rapporto tra televisione italiana e pubblicità. Il caso più
celebre è sicuramente quello del Carosello che ha scanditto l'ora del “tutti a letto” di intere generazioni di
italiani dalla fine degli anni '50 alla fine degli anni '70. Fu il primo format a integrare una parte di spettacolo
ad una di pubblicità attraverso le avventure di alcuni personaggi, abbinati a specifici prodotto reclamizzati,
che col tempo si sono affrancati dal loro legame con il commercio ed hanno acquisito un valore autonomo di
punto di riferimento per il pubblico. Si pensi a Calimero di Ava, a Carmencita e Caballero di Lavazza, Omino
coi baffi di Bialetti.
Negli ultimi anni la serialità in pubblicità non ha mai raggiunto il valore artistico dell'appuntamento serale
con i quattro sketch di Carosello, che spesso erano il frutto di importanti registi e sceneggiatori del tempo, né
ha mai avuto lo stesso impatto sul pubblico. Alcuni spot a puntate, però, hanno comunque raggiunto un certo
successo: si pensi all'indimenticabile “Una telefonata allunga la vita” (Sip – Telecom) con i vari episodi –
mini film con Massimo Lopez che continua a sfuggire alla sua condanna a morte telefonando a qualcuno. Tra
le altre pubblicità seriali, decisamente di minor impatto, sia sul piano artistico che in termini di pubblico,
spiccano le vicende dei ragazzi della “TIM Tribù”, le avventure in paradiso del duo Bonolis – Laurenti con il
caffé Lavazza.
474
Cfr. GRANDINETTI, O., La tutelabilità erga omnes del format di programmi radiotelevisivi, cit., p. 49.
475
Tra tutti Umberto Eco. Queste critiche non impedirono il trionfale successo del genere e soprattutto del

117
Jones, Rocky, Rambo, Guerre Stellari, e più recentemente Harry Potter, per citare i più
celebri.
Va detto anche, ad onor del vero, che se qualche sequel si è mostrato decisamente al di
sotto dell'originale, qualche altro invece non è stato un'usurata riedizione, anzi l'ha persino
superato. Anche in Italia il fenomeno ha avuto il suo corrispettivo come è dimostrato dalla
fortunata serie di Don Camillo e da quella di Fantozzi.
Indubbiamente il film unico, quand'è realizzato in modo geniale e creativo rimane
indelebile nella memoria e costituisce un monumento nella storia della cinematografia: “Via
col Vento”476, “Casablanca”, “La ciociara”477, “Una giornata particolare”, “Nuovo Cinema
Paradiso”478, “Rain Man”479, “Matrix”, per ricordarne alcuni, sono e resteranno capolavori
indimenticabili. Però, prese le debite distanze, non si può negare che alcune serie sia del
cinema che della TV mantengono un alto apprezzamento e si possono considerare serie o film
cult. Ne è un esempio emblematico una piccola serie di telefilm, firmata dal grande regista
svedese Ingmar Bergman, dal titolo “Scene da un matrimonio”480, la quale ha tutti i requisiti
per essere considerata un'opera d'arte. Lo dimostra il fatto che, in seguito al grande successo
televisivo, in contrasto con la consuetudine, ne è stato prodotto un adattamento
cinematografico.
La serialità in sé stessa in un'opera composta e il singolo contributo che uno dei coautori
può offrire alla sua realizzazione non escludono che si rinvengano nell'uno e nell'altra i
requisiti dell'opera dell'ingegno.

3.5 Le “opere di utilità” e il valore economico nel diritto di autore: software, banche dati
e, forse, format
Le cosiddette “opere di utilità”481, come i programmi per elaboratore e le banche dati, si
caratterizzano per la loro utilità nei vari settori professionali. Perseguono finalità
esclusivamente pratiche o utilitarie, escludendo ovviamente lo scopo del godimento
intellettuale482, e assumono la forma di indicazioni operative e descrizione del funzionamento

personaggio, dovuti allo stile narrativo, alla situazione geo-politica del momento (Guerra Fredda e
contrapposizione dei blocchi), all'interpretazione riuscitissima dell'attore Sean Connery, sul cui successo
hanno continuato a vivere i vari attori che lo hanno sostituito.
476
Cfr. LANCIA, E., I premi del cinema, Gremese Editore, 1998, p. 33.
477
Cfr. LANCIA, E., I premi del cinema, cit., p. 98.
478
Cfr. LANCIA, E., I premi del cinema, cit., p. 180.
479
Cfr. LANCIA, E., I premi del cinema, cit., p. 268.
480
Concepito come una serie di sei episodi per la televisione, nel 1973, in seguito al successo ottenuto, fu
trasformato in un film per il cinema.
481
Cfr. BELLANI, V., CHIMIENTI, L., Il diritto di autore nella prassi contrattuale, cit., p. 710.
482
Cfr. BELLANI, V., CHIMIENTI, L., Il diritto di autore nella prassi contrattuale, cit., p. 710.

118
di strumenti o macchinari.
Sono opere utili nel senso che il loro contributo è di grande importanza, talvolta
addirittura indispensabile, per lo svolgimento di talune attività e per il raggiungimento di
obiettivi specifici, ma sono anche opere dell'ingegno protette dal diritto d'autore se vi è “un
apporto creativo anche modesto sul piano della forma espositiva e della scelta e
organizzazione del materiale informativo” e in quanto quindi la forma espositiva non sia
interamente condizionata al contenuto informativo” 483.
I programmi per elaboratore all'inizio della loro storia giuridica e dei reclami per la loro
protezione, negli anni '70, oscillavano tra l'inserimento nel diritto d'autore o nella tutela
brevettuale e la possibilità di ottenere una protezione sui generis484. L'attenzione
internazionale si è concentrata su di essi in seguito all'emanazione negli Stati Uniti del
Computer software Amendment Act485, nel dicembre del 1980, che ha dato l'avvio ad una serie
di regolamentazioni analoghe in Australia (1984), Francia, Germania, Gran Bretagna e
Giappone (1985), e infine Spagna (1987)486.
L'allora Comunità Europea, ritenendo il settore di grande importanza per lo sviluppo
dell'industria e del mercato economico europei, ha pubblicato il Libro verde sul diritto
d'autore e le sfide tecnologiche: problemi di diritto d'autore che richiedono un'azione
immediata, nel giugno del 1988, avviando un confronto sui nuovi prodotti da proteggere. Tale
dibattito è culminato, poi, negli anni '90 nelle scelte imposte alle legislazioni nazionali dalla
disciplina comunitaria con la motivazione che “L'approntamento di programmi per elaboratori
elettronici postula l'impiego di risorse umane, tecniche e finanziarie considerevoli, mentre
sarebbe possibile copiarli a costi sensibilmente inferiori a quelli che richiede la progettazione
originale. Per l'avvenire del settore europeo della creazione di «software» è quindi vitale che
in tutti gli Stati membri sussistano norme efficaci ed armonizzate a tutela delle iniziative e
degli investimenti del settore”487.
La direttiva 91/250/CE488 è stata recepita in Italia con il decreto legislativo n. 518, del

483
Cfr. AUTERI, P., FLORIDIA, G., MANGINI, V., OLIVIERI, G., RICOLFI, M., SPADA, P., Diritto
industriale, proprietà intellettuale e concorrenza, cit., p. 494.
484
Cfr. CHIMIENTI, L., Lineamenti del nuovo diritto d'autore, cit., p. 11.
485
Cfr. SIROTTI GAUDENZI, A., Il nuovo diritto d’autore, la proprietà intellettuale nella società
dell’informazione, cit., p. 203.
486
Cfr. CHIMIENTI, L., Lineamenti del nuovo diritto d'autore, cit., p. 11.
487
Cfr. Il diritto d'autore ed i diritti connessi nella Comunità europea, in Schede Europee, a cura della
Commissione delle Comunità Europee - Direzione generale X Audiovisivo, informazione, comunicazione e
cultura, Bruxelles, settembre 1991, p. 5.
488
Emanata dal Consiglio delle Comunità Europee, il 14 maggio 1991, la direttiva 91/250/CEE relativa alla
tutela giuridica del programmi per elaboratore, all'art. 1 indica come suo obiettivo principale quello di
impegnare gli Stati a tutelare i programmi per elaboratore mediante il diritto d'autore, al pari delle opere
letterarie e artistiche, ai sensi della Convenzione di Berna.

119
29 dicembre 1992, con cui è stata modificata la legge speciale n. 633/1941. Questa
introduzione è stata percepita da alcuni come “una forzatura delle norme, fatta con la finalità
di garantire una protezione facile”489 ad un prodotto completamente diverso rispetto alle opere
tradizionali. Il software è stato definito “espressione di un insieme organizzato e strutturato di
istruzioni (o simboli) contenuti in qualsiasi forma o supporto (nastro, disco, film, circuito),
capace direttamente o indirettamente di far eseguire o far ottenere una funzione, un compito o
un risultato particolare per mezzo di un sistema di elaborazione elettronica dell'informazione”
490
. In questo senso, i programmi per elaboratore possono essere interpretati come opere
scientifiche e in quanto tali, ne possono essere protette le rappresentazioni letterarie del
contenuto tecnico o scientifico, ma non il loro contenuto491. La distinzione tra forma e
contenuto in questo caso, però, è molto ambigua e intacca rischiosamente le basi del diritto
d'autore tradizionale. Infatti, da una parte “il valore del software, anche sotto il profilo
giuridico, non sta nel supporto su cui è registrato, ma nel suo contenuto ideativo e il pericolo
che corre il suo autore non è tanto che gli sia sottratto quel supporto, ma che sia plagiato
indebitamente da altri quel contenuto”492, quindi la tutela per essere efficace non può limitarsi
alla sequenza delle frasi che spiegano i procedimenti da adottare. Dall'altra parte, con la
protezione attuale si è approdati ad una incongruenza di principio: viene protetta sia la forma
letteraria comprensibile all'uomo, che quella digitale destinata alla macchina, che consiste
appunto in una serie di impulsi elettrici e sequenze di logaritmi che solo il computer può
comprendere, questa è l'essenza del software ed è un contenuto intrinseco493.
L'art. 2 della legge n. 633/1941 al comma 8) tutela espressamente i “programmi per
elaboratore, in qualsiasi forma espressi purché originali quale risultato di creazione
intellettuale dell'autore”. Si noti che non viene richiesto l'indispensabile requisito della
creatività intesa nel senso tradizionale, ma si chiede soltanto che il software sia il frutto di una
creazione intellettuale494, il prodotto di una attività dell'intelletto. Il suddetto articolo specifica,

489
Cfr. CHIMIENTI, L., Lineamenti del nuovo diritto d'autore, cit., p. 15. L'autrice utilizza l'aggettivo “facile”
riferendosi al fatto che la protezione del diritto d'autore è “svincolata da formalità legali” e garantita
praticamente a livello globale grazie alle convenzioni e ai trattati che sono stati stipulati dagli Stati.
490
Cfr. SIROTTI GAUDENZI, A., Il nuovo diritto d’autore, la proprietà intellettuale nella società
dell’informazione, cit., p. 201.
491
Cfr. CHIMIENTI, L., Lineamenti del nuovo diritto d'autore, cit., p. 16.
492
Cfr. BORRUSO, R., La tutela giuridica del software. Diritto d'autore e brevettabilità, Giuffré Editore, 1999,
p. 3.
493
Cfr. TOZZI, F., Il format televisivo: prospettive di tutela giuridica, cit., p. 434, in cui l'autore è molto critico
verso i rischi della nuova tendenza ad estendere i confini del diritto d'autore alla teoria del “sweat of the brow
doctrine”. La cosiddetta dottrina del sudore della fronte non guarda ai requisiti di tutelabilità classici e
richiede protezione anche per idee o fatti purché siano il frutto di lavoro ed investimenti.
494
La direttiva 91/250/CEE al comma 2 dell'art 1 specifica che “un programma per elaboratore è tutelato se
originale, ossia se il risultato della creazione intellettuale dell'autore. Per determinare il diritto alla tutela non
sono presi in considerazione altri criteri”.

120
inoltre, che dalla protezione “restano esclusi […] le idee e i principi che stanno alla base di
qualsiasi elemento di un programma”. In realtà, però, l'idea informatica, intesa come “la
soluzione di un problema intellettuale di natura matematica”495 espressa in un codice specifico
e unico che può essere inteso solo da un macchinario e sul quale non si possono operare
variazioni creative senza intaccarne il funzionamento496, sembra appartenere piuttosto
all'ambito del contenuto, per definizione non suscettibile di nessuna tutela del diritto d'autore,
che non a quello della forma tutelabile. Le giustificazioni addotte dai sostenitori di un “nuovo
diritto d'autore”497 si fondano sulla concezione che il linguaggio particolare dell'informatica
nella dialettica uomo – macchina sia equiparabile ad una lingua straniera e di conseguenza
asseriscono che, anche se direttamente incomprensibile agli esseri umani, la codificazione del
software è in realtà una narrazione dotata di forma espressiva completa498.
Le banche dati sono state inserite tra le opere dell'ingegno tutelate dal diritto d'autore
con il decreto legislativo 6 maggio 1999 n. 169, con il quale l'Italia ha recepito la direttiva
96/9/CE. Anche in questo caso l'ufficializzazione della tutela era stata preceduta da numerose
valutazioni su tali nuovi prodotti che hanno portato ad una definizione puntuale dei vari
aspetti delle banche dati in sede comunitaria. Da una parte, si è sottolineato il ruolo
insostituibile di “strumento prezioso per lo sviluppo del mercato dell'informazione all'interno
della Comunità” che esse svolgono attraverso la raccolta, l'organizzazione e la gestione “della
massa di informazioni” prodotte ogni anno dalla crescita esponenziale dei settori commerciali
e industriali499; dall'altra parte sono stati considerati i cospicui investimenti in termini di
risorse tecniche e finanziarie che devono essere sostenuti a fronte di una estrema facilità di

495
Vedi CHIMIENTI, L., Lineamenti del nuovo diritto d'autore, cit., p. 17.
496
Cfr. TOZZI, F., Il format televisivo: prospettive di tutela giuridica, cit., p. 434. L'autore asserisce che in realtà
l'indicazione, operata dal legislatore, nel meccanismo della decompilazione, dell'attività creativa effettuata
dall'ideatore di software, sia una fictio iuris, considerando che le “scelte creative” sono tutte prestabilite.
497
Cfr. TOZZI, F., Il format televisivo: prospettive di tutela giuridica, cit., pp. 434 - 438. L'autore utilizza
l'espressione “nuovo diritto d'autore” per riferirsi all'insieme delle recenti normative che hanno allargato la
tutela ai nuovi prodotti della tecnologia, tra i quali ovviamente i spiccano i software, le banche dati, le opere
multimediali, i videogiochi. In particolar modo, la direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, vertente “sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società
dell'informazione”, e il decreto legislativo 9 aprile 2003 n. 68 (in attuazione della suddetta direttiva) hanno
attuato una vera rivoluzione della tutela comprendendo tra le opere dell'ingegno i risultati di un lavoro
creativo-intellettuale espresso e realizzato con modalità innovative, che prima sarebbero state considerate
inadeguate a soddisfare i requisiti della legge. Si è assistito ad una “contestualizzazione” della ratio del
diritto d'autore che ha ammorbidito i rigidi preconcetti di quest'ultimo per assecondare le nuove tendenze
della società dell'informazione e le risposte fornite dall'Europa per disciplinarle.
498
Cfr. CHIMIENTI, L., Lineamenti del nuovo diritto d'autore, cit., p. 17. Per l'autrice il linguaggio binario in
cui si esprimono le formule matematiche che costituiscono la soluzione contenuta nel programma sarebbe
pacificamente equiparabile ad un'opera letteraria che rende tangibile l'idea del suo creatore.
499
Cfr. La direttiva 96/9/CE del Consiglio relativa alla tutela giuridica delle banche dati contiene oltre cinquanta
“considerando” nei quali vengono spiegate le numerose motivazioni che hanno portato alla redazione di una
normativa ad hoc per le banche dati. In particolar modo vengono qui citati il nono e il decimo
“considerando”.

121
copia e di utilizzo non controllati e di una generale inadeguatezza delle legislazioni nazionali
dei Paesi membri a tutelare questo prodotto500. Le istituzioni comunitarie, sono intervenute per
evitare che le differenze e le lacune esistenti nelle normative vigenti in tema di banche dati nei
vari Stati membri possano limitare la libertà per le persone fisiche e giuridiche di fornire beni
e servizi a livello europeo e precludere lo sviluppo del libero mercato interno all'Europa501. E'
stata elaborata una disciplina sui generis che tutela la banca dati, intesa come “la raccolta di
dati, opere o altri elementi indipendenti sistematicamente o organicamente disposti ed
individualmente accessibili grazie a mezzi elettronici o in altro modo502”, a patto che nella
scelta o nella disposizione del materiale sia ravvisabile l'espressione di una creazione
intellettuale dell'autore503. Ciò che viene tutelato è il sistema di classificazione, il criterio
scelto dall'autore per organizzare il materiale504 e permetterne la fruizione da parte di terzi: “il
contenuto non conta in sé e per sé ai fini della protezione che è riconosciuta al contenitore ed
all'organizzazione dei mezzi di navigazione ed interazione all'interno del contenitore”505.
E' evidente che l'introduzione delle nuove “opere utili” ha rivoluzionato le statiche
nozioni del diritto d'autore riservando ai prodotti innovativi un trattamento diverso rispetto a
quello rigidamente attuato nei confronti delle opere “classiche” e aprendo i confini della tutela
autoriale a tutte le “nuove tipologie di risultati industriali alla base dei quali sia rinvenibile

500
L'attenzione del quarto, del sesto e del settimo “considerando” è rivolta soprattutto alle disparità di
trattamento tra i prodotti di nazioni diverse e agli squilibri tra le difficoltà del lavoro di ricerca e
l'annientamento del suo valore che caratterizzano in maniera pericolosamente negativa il mercato europeo e
mondiale delle banche dati.
501
Tutto ciò rientra nei principi espressi dal Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea, firmato a Lisbona
nel 2007. In particolar modo, nella Parte III – Politiche e azioni interne dell'Unione, Titolo I – Mercato
interno, l'art. 26 (già articolo 14 del Trattato della Comunità Europea) afferma che “1] L'Unione adotta le
misure destinate all'instaurazione o al funzionamento del mercato interno, conformemente alle disposizioni
pertinenti dei trattati. 2] Il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata
la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali secondo le disposizioni dei trattati.”
e all'art. 56 del Titolo IV – Libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali, Capo III – I servizi,
specifica che “Nel quadro delle disposizioni seguenti, le restrizioni alla libera prestazione dei sevizi
all'interno dell'Unione sono vietate nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in uno Stato membro
che non sia quello del destinatario della prestazione”. L'obiettivo delle scelte europee è, quindi, quello di
garantire parità di diritti e di possibilità a tutti i cittadini dell'Unione, in particolar modo tutti coloro che
vendono beni o servizi devono essere messi nelle condizioni di muoversi liberamente all'interno dei “confini
europei” e proporre la loro professionalità e i loro prodotti in qualsiasi area dell'Unione Europea avendo la
garanzia che saranno tutelati i loro diritti..
502
Così recita il punto 8 dell'art. 2, legge n. 633/1941.
503
Questa specificazione è stata introdotta modificando l'art. 1 della legge sul diritto d'autore in occasione
dell'inserimento dei programmi per elaboratore (con il decreto legislativo 29 dicembre 1992, n. 518) e poi
delle banche dati (con il decreto legislativo 6 maggio 1999, n. 169).
504
E' bene ricordare che per riconoscere la tutela alla banca non si fa nessuna valutazione di merito sul materiale
che essa classifica e che quindi può essere più o meno tutelato, importante o abbondante senza pregiudicare
la proteggibilità della banca dati. Ciò che viene preso in considerazione è soltanto il sistema utilizzato per
gestire le informazioni raccolte. Cfr. SIROTTI GAUDENZI, A., Il nuovo diritto d’autore, la proprietà
intellettuale nella società dell’informazione, cit., pp. 256 - 257.
505
Cfr. CHIMIENTI, L., Lineamenti del nuovo diritto d'autore, cit., p. 70.

122
un'attività genericamente creativo-intellettuale”506. In particolar modo, si nota che l'art. 1, nella
nuova versione della legge n. 633/1941, distingue al comma 1 il “carattere creativo” come
requisito indispensabile per la protezione delle opere dell'ingegno appartenenti “alla
letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro ed alla cinematografia”,
dalla più generica “creazione intellettuale”507 che il comma 2 istituisce come componente
necessaria per il riconoscimento delle nuove opere.
Inoltre, appare difficile operare una scissione tra la forma di tali opere e il loro
contenuto508 e si avverte la sensazione che si stia, di fatto, proteggendo componenti dell'opera
che andrebbero qualificate come idee per favorire il mercato e gli investimenti nel settore
tecnologico. A rafforzare questa ipotesi, c'è il contenuto degli artt. 64-bis e 64-quater delle
legge n. 633/1941 riguardanti i programmi per elaboratore, nei quali si asserisce che il titolare
dei diritti può vietare ai terzi “non solo la riproduzione letterale, ma anche la riproduzione e
l'utilizzazione della forma interna consistente […] nella struttura, sequenza e organizzazione
delle istruzioni”509. Il dubbio rimane su quale sia il confine esatto tra l'istruzione in sé e il suo
contenuto, l'idea che essa esprime.
Analizzando alcune interpretazioni del format, nelle quali esso è stato definito come
“l'indicazione di una sequenza di azioni, avvenimenti, eventi organizzati intorno a determinati
contenuti, al fine di dare luogo ad una rappresentazione di carattere unitario che può, di volta
in volta, avere un proprio contenuto ludico, drammatico, didattico o di altro tipo”510 si
riscontra che tale concezione ricalca quella riguardante i software e le banche dati. Sulla base
di tale assunto, considerato che questi ultimi sono considerati “opere utilitaristiche” poiché
contengono istruzioni e sistemi di ricerca “utili” per il perseguimento di un dato fine,
considerato che il format è utilizzato come schema di base per creare programmi televisivi o
spettacoli, quasi “sillogisticamente” lo si potrebbe ascrivere alle cosiddette opere di
“letteratura scientifica, in quanto diretto a dare un'informazione sulle regole di produzione
dell'opera da esso derivabile”511.
506
Cfr. TOZZI, F., Il format televisivo: prospettive di tutela giuridica, cit., p. 435, in cui l'autore critica il fatto
che si stia assistendo ad una “mutazione della tutela d'autore, evolutasi verso la garanzia tout court dei
risultati del lavoro e degli investimenti altrui, tenendo in poco la comunicabilità e la formalizzazione di tali
risultati”.
507
Cfr. CHIMIENTI, L., Lineamenti del nuovo diritto d'autore, cit., p. 79.
508
Cfr. SIROTTI GAUDENZI, A., Il nuovo diritto d’autore, la proprietà intellettuale nella società
dell’informazione, cit., p. 209, in cui l'autore richiama e descrive la sentenza del Tribunale di Monza, 12
dicembre 1984, in cui il giudice, chiamato a pronunciarsi sulla tutelabilità di un videogame, aveva affermato
l'inesistenza di una forma espressiva del software considerandola inscindibile dall'idea stessa, quindi ne
aveva escluso la protezione.
509
Cfr. AUTERI, P., FLORIDIA, G., MANGINI, V., OLIVIERI, G., RICOLFI, M., SPADA, P., Diritto
industriale, proprietà intellettuale e concorrenza, cit., p. 503.
510
Cfr. LONGHINI, S., Diritto d'autore e format televisivi: prospettive e attualità, cit., pp. 424 – 425.
511
Cfr. BELLANI, V., CHIMIENTI, L., Il diritto di autore nella prassi contrattuale, cit., p. 712.

123
Inoltre, come il software512 ed alcune banche dati, anche il format è solo indirettamente
finalizzato al risultato del godimento intellettuale513: esso è solo una parte dell'atto creativo
che solo successivamente, in un'altra fase distinta, sarà completato attraverso la realizzazione
della trasmissione o dello spettacolo destinati ad essere fruiti dal pubblico. Esso, però, è
funzionale alla trasmissione definitiva nello stesso modo in cui lo è il software rispetto
all'obiettivo informatico prestabilito514, quindi rispecchia una funzionalità non obbligatoria515.
Ovvero non esiste un carattere unico del format, elaborato per un determinato scopo516, esso è
costituito da una serie di scelte peculiari che il suo ideatore compie con creatività in base al
contesto. Si potrebbe ipotizzare517 di distinguere il format in: “adattato”518 soltanto se alcuni
aspetti marginali sono stati modificati per esempio per questioni geografico-culturali, ma
l'originale è ancora vistosamente presente; “plagiato” quando tutti gli elementi caratterizzanti
o gran parte di essi sono stati copiati519. Ma esiste anche il caso di imitazione non
“condannabile” né sul piano giuridico né sul piano personale: infatti, un programma può
512
Cfr. AUTERI, P., FLORIDIA, G., MANGINI, V., OLIVIERI, G., RICOLFI, M., SPADA, P., Diritto
industriale, proprietà intellettuale e concorrenza, cit., p. 502. Gli autori specificano che il carattere
funzionale dei programmi per elaboratore è dato dal fatto che essi servono per far funzionare la macchina al
fine di ottenere da essa determinati risultati. Non bisogna confondere questo concetto con la funzionalità
intesa come necessarietà di un dato procedimento, il programmatore può scegliere come combinare le
operazioni e le funzioni del programma ottenendo “illimitate forme equivalenti”.
513
Cfr. BELLANI, V., CHIMIENTI, L., Il diritto di autore nella prassi contrattuale, cit., pp. 711 - 712.
514
Cfr. AUTERI, P., FLORIDIA, G., MANGINI, V., OLIVIERI, G., RICOLFI, M., SPADA, P., Diritto
industriale, proprietà intellettuale e concorrenza, cit., pp. 503 – 504. Secondo gli autori, è tutelabile il
programma nel suo complesso, o alcune delle sue parti, solo nella misura in cui non sia necessario “per
realizzare in modo efficiente la sua funzione”. Quindi la funzione sarebbe il contenuto, mentre ciò che si può
tutelare è la scelta e la codificazione di una alternativa per ottenere la specifica funzione che il programma si
propone di realizzare.
515
I programmi televisivi spesso affrontano tematiche simili poiché rispondono agli stessi bisogni del pubblico,
ma l'obiettivo di parlare, per esempio, di cucina alle casalinghe o di giustizia ai cittadini può essere raggiunto
attraverso “strade diverse” (citando proprio un'espressione utilizzata in tema di software in CHIMIENTI, L.,
Lineamenti del nuovo diritto d'autore, cit., p. 17).
Si pensi per esempio a “La prova del cuoco” e “Cotto e mangiato” perseguono entrambi l'obiettivo di
intrattenere il pubblico con delle ricette alla portata di tutti, ma intorno all'obiettivo centrale costruiscono un
programma completamente diverso fatto di elementi caratteristici e personalizzazioni inconfondibili, il
viaggio verso la meta assume in ciascuno connotati peculiari. Lo stesso discorso può essere fatto per
“Forum” e “Verdetto finale”: entrambi affrontano piccole cause giudiziarie che possono intercorrere tra
persone comuni, ma impostano in maniera differente sia il rapporto col pubblico che quello con il mondo
reale della giurisprudenza. Gli esempi sono infiniti, si pensi ai casi di “ Io canto” e “Ti lascio una canzone”,
di “X factor” e “Italia's got talent”, di “L'eredità” e “Chi vuol essere milionario”. Il problema è stabilire
quando, oltre all'obiettivo, è stata riprodotta anche una parte delle modalitè espressive per perseguirlo.
516
L'obiettivo, la funzione del software corrisponde nel format ad uno specifico target da raggiungere e al
messaggio da comunicare al pubblico di destinazione.
517
Alla luce delle teorie fin qui affrontate, chi scrive ritiene che sia possibile tracciare in questo modo un
modello di riferimento per valutare un format in rapporto ad un altro.
518
Nel caso di adattamento si ha quasi sempre una licenza di utilizzo del format originario, proprio perché si
tratta di una sorta di “traduzione” da una forma esterna ad un'altra, che però mantiene integro non solo il
contenuto, ma soprattutto la forma interna.
519
E' il caso esposto nella sentenza della Pretura di Torino, 8 aprile 1987, cit., p. 565, in cui viene dimostrato
come nel programma della RAI fossero stati utilizzati una serie di elementi caratteristici della trasmissione
del canale locale, i quali erano stati sapientemente combinati dal conduttore – ideatore della piccola rete
proprio per distinguere il suo programma sportivo dagli altri dello stesso genere.

124
essere copiato, però venir modificato profondamente al punto che ciò che rimane uguale è
solo l'idea remota di fondo520, quasi un'ispirazione, quindi non tutelabile.
Il format in sé non viene messo a disposizione del pubblico, viene scambiato e utilizzato
solo tra gli “addetti ai lavori”521: esattamente come il software, esso costituisce un passaggio
intermedio in un'attività più o meno professionale che porterà solo successivamente ad un
beneficio per l'utente finale. Per questo motivo, nel format la forma esterna e il livello di
esteriorizzazione non possono coincidere con quelli richiesti dal diritto d'autore per la tutela
delle altre opere dell'ingegno “tradizionali”, quelle che possono essere fruite direttamente dai
vari lettori, spettatori, visitatori, etc. Esso, come il software e le banche dati di uso aziendale,
si rivolge a un pubblico completamente diverso dall'utente finale e parla ai suoi destinatari nel
linguaggio e nella forma del settore in cui opera522.
Il diritto di autore è stato “adattato”523 , attraverso le esplicite aggiunte ad hoc all'art. 1 e
520
A prescindere dall'assenza di prove certe che attestino l'influenza di Survivor nella creazione del format del
Big Brother, ciò che accomuna questi due programmi e per difendere il quale i responsabili di Castaway
Television Productions Ltd hanno accusato di plagio Planet 24 Productions Limited, è un'idea, originale,
creativa e interessante, ma pur sempre una mera idea, uno spunto che ciascuno dei due programmi ha
sviluppato concretamente in un'espressione esterna completamente diversa. Il giudice della Suprema Corte
olandese chiamato a intervenire, dopo un'accurata analisi delle caratteristiche peculiari di ciascuno dei
programmi e dopo aver messo a confronto i vari elementi marcatori dell'individualità della singola
trasmissione, è giunto da una parte ad ammettere la proteggibilità del format Surivor in quanto costituito da
un insieme di elementi originali combinati in maniera creativa che per questo danno vita ad un risultato
unico; dall'altra parte, però, ha negato l'esistenza di plagio, in quanto a sua volta anche il Big Brother è il
risultato dell'assemblaggio di elementi che nella comparazione sono risultati diversi da quelli particolari di
Survivor. Cfr. PARSONS, M., XUN, Y., WHITE, V., Opportunity knocks for false idols?, cit., p. 19, in cui gli
autori sottolineano l'importanza di isolare gli elementi peculiari e identificativi di ciascuna produzione per
procedere ad una meticolosa analisi dell'eventuale plagio. E' utile valutare anche l'opinione di KLEMENT, U.
Protecting Television Show Formats under Copyright Law: New Developments in Common Law and Civil
Law Countries, cit., p. 59, in quanto si dà maggior importanza all'aspetto percettivo: “the total concept and
feel”, che implica il tono, la modalità di affrontare gli avvenimenti, il tipo di atteggiamento richiesto ai
partecipanti, le modalità di interazione tra loro.
521
Cfr. BELLANI, V., CHIMIENTI, L., Il diritto di autore nella prassi contrattuale, cit., p. 712, le autrici
sottolineano al pubblico arriverà il prodotto derivato dal format, il programma televisivo, mentre lo schema
di base sarà oggetto di negoziazioni e scambi solo tra gli operatori destinati ad utilizzarlo e trasformarlo per
mettere poi il prodotto finito a disposizione dei telespettatori. In questo senso, mancherà sempre nel format la
fase di “pubblicazione” intesa, appunto, come “messa a disposizione di un pubblico indefinito”. Lo stesso,
però, si può dire del software.
522
Il format infatti viene tradotto in un documento che contiene la descrizione dei profili psico-comportamentali
di personaggi, concorrenti e conduttori, del lay out dello studio o dei contesti di ripresa, le indicazioni sulle
inquadrature, l'atmosfera delle luci, le musiche, i dialoghi, gli strumenti, etc., informazioni da “dietro le
quinte” che, ovviamente, sfuggono all'occhio del telespettatore, ma che per chi organizza e gestisce la
produzione del programma sono determinanti e fondamentali.
523
Cfr. AUTERI, P., FLORIDIA, G., MANGINI, V., OLIVIERI, G., RICOLFI, M., SPADA, P., Diritto
industriale, proprietà intellettuale e concorrenza, cit., p. 503. In cui, parlando della particolare
interpretazione data al concetto di “forma espressiva” nel caso dei programmi per elaboratore, asseriscono
che rimangono comunque validi i principi di fondo del diritto di autore “anche se questi richiedono un
notevole adattamento”.
Si ritiene di poter utilizzare il termine “adattamento” in riferimento alla legge n. 633/1941, proprio nel senso
in cui è stato inteso finora, riferendosi al format, quasi come sinonimo della parola “traduzione”. Gli articoli e
i requisiti della legge del diritto d'autore, infatti, hanno assunto proprio un'altra forma esterna che ha reso
applicabili i principi di fondo, la ratio della stessa disciplina, alle esigenze introdotte dall'evoluzione
tecnologica.

125
all'art. 2, alle peculiarità dei nuovi prodotti della tecnologia per i quali la tutela si era resa
indispensabile per le stesse ragioni di mercato che avevano portato in origine alla creazione
del diritto d'autore. Si potrebbe, dunque, ipotizzare un'eguale trattamento per il format, che
rispetto a tali opere, strettamente tecniche, vanta un legame ben saldo col mondo dello
spettacolo e una maggiore similarità con le altre opere dell'ingegno sia in termini storici che in
termini di creazione -fruizione sia per gli ipotetici aspetti da proteggere.

3.6 Il format come elaborazione creativa, bozzetto teatrale, opera composta


Tra le varie ipotesi che la dottrina ha elaborato per tutelare il format attraverso una delle
fattispecie esistenti nel diritto d'autore, se ne riscontrano alcune particolarmente utili poiché si
ritiene che esse mettano in luce aspetti caratteristici della creazione e dell'utilizzo del
prodotto, in particolar modo del rapporto tra lo schema iniziale e ciò che verrà fruito dal
pubblico finale.
A prescindere dalla completezza o meno del format di partenza524, si potrebbe
giustificare la sua traduzione in forma audiovisiva come un'elaborazione creativa ai sensi
dell'art. 4525. Le elaborazioni creative sono protette “indipendentemente dall'opera originaria”
in quanto dotate di un particolare carattere creativo che le differenzia dalla prima opera.
L'elaboratore è titolare dei diritti d'autore526, ma resta comunque “debitore” nei confronti
dell'autore dell'opera originaria, il quale dovrà comunque autorizzare “tutte le forme di
modificazione, di elaborazione e di trasformazione dell'opera previste dall'art. 4”527. Infatti si
considera che “l'opera elaborata è frutto anche dell'apporto creativo dell'autore dell'opera
originaria e l'utilizzazione dell'opera elaborata costituisce allo stesso tempo utilizzazione
dell'opera originaria”528.
Seguendo questi principi, se si arrivasse a considerare il format al pari di un soggetto
cinematografico o teatrale, si potrebbe considerare come “opera derivata” il programma
televisivo, lo spettacolo o l'evento che viene realizzato attraverso la rielaborazione del
progetto e la sua traduzione da una forma (che, come si è visto, di norma è scritta) ad un'altra,
ovviamente nei limiti delle parti creative che dal format sono state trasposte nell'altra modalità
524
Poiché infatti l'applicazione dell'art. 4 prescinde dall'opera originaria.
525
L'art. 4 della legge n. 633/1941 recita che “Senza pregiudizio dei diritti esistenti sull'opera originaria, sono
altresì protette le elaborazioni di carattere creativo dell'opera stessa, quali le traduzioni in altra lingua, le
trasformazioni da una in altra forma letteraria od artistica, le modificazioni ed aggiunte che costituiscono un
rifacimento sostanziale dell'opera originaria, gli adattamenti, le riduzioni, i compendi, le variazioni non
costituenti opera originale”.
526
Cfr. art. 7 legge n. 633/1941.
527
Si veda art. 18 delle legge n. 633/1941.
528
Cfr. CEDON, P., Commentario al codice civile, Artt. 2555-2594 - Azienda - Ditta - Insegna - Marchio -
Opere dell'ingegno - Brevetti, Giuffré Editore, 2010, p. 396.

126
di fruizione. Il nuovo prodotto sarebbe tutelabile “nei limiti dell'apporto creativo reso
mediante il processo di elaborazione dell'opera esistente”529. Se ne deduce che, per ottenere la
protezione del diritto d'autore, l'opera derivata dovrebbe possedere degli elementi creativi tali
da farla considerare un'opera dotata di autonomia propria. Lo scopo del format, d'altronde, è
la trasmissione di conoscenza che può essere acquisita da altri per ricavare un'opera anche di
un genere completamente diverso, quindi nella sua stessa natura vi è insita ( in potenza ) la
successiva elaborazione. Addirittura, in alcuni casi si viene a creare un sistema complesso di
elaborazioni che si succedono, sommandosi e completandosi nel tempo. Si pensi ai format che
hanno fatto il giro del mondo e che sono stati sottoposti a numerosi rimaneggiamenti, dovuti
alle più varie esigenze del pubblico, della regia, del contesto di azione530. In questo modo si
viene a creare una sorta di “derivazione a catena” in cui “ogni elaborazione successiva invade
l'ambito di tutte le opere precedenti, a partire dall'originaria531.
La differenza tra elaborazione creativa e contraffazione è individuabile nel fatto che
quest'ultima attua una “sostanziale riproduzione dell'opera originale, con differenze di mero
dettaglio che sono frutto non di un apporto creativo, ma del mascheramento della
contraffazione532”. E' il caso di una celebre e recente sentenza533 che ha riconosciuto tutela ad
un programma televisivo ormai noto e conosciuto dal pubblico i cui “elementi
caratterizzanti”, ovvero quelli che hanno avuto un ruolo determinante nel suo successo, erano
stati riprodotti perfettamente nella trasmissione concorrente ed erano stati contornati da
“caratteri differenziali” che però a detta del giudicante costituivano “elementi marginali e non
sufficienti di per sé ad attribuire all'opera televisiva un gradiente creativo autonomo e diverso”
534
.
Il valore del format in realtà si misura sul fatto che molti soggetti desiderano

529
Cfr. CEDON, P., Commentario al codice civile, cit., p. 396.
530
Il contesto può essere influenzato da fattori molto diversi. In particolar modo si possono citare due
componenti determinanti: le scelte politiche del governo e i prodotti della concorrenza già presenti nello
specifico mercato. Cfr. PARSONS, M., XUN, Y., WHITE, V., Opportunity knock for false idols? - Copyright
protection for television formats in China, cit., p. 18, in cui si asserisce che il mercato cinese è sì in cerca di
nuovi format da inserire nei palinsesti, ma che essi debbono superare una rigida censura governativa, quindi
le emittenti locali si trovano costrette a modificare numerosi aspetti dei format che importano dall'Occidente
per asservire la normativa.
531
Cfr. PROSPERETTI, E., TOZZI, F., VISCO COMANDINI, V., I format televisivi tra acquisto di know-how e
tutela della proprietà intellettuale, cit., p. 22.
532
Cfr. SIROTTI GAUDENZI, A., Il nuovo diritto d’autore, la proprietà intellettuale nella società
dell’informazione, cit., p. 69.
533
Cfr. Tribunale ordinario di Roma, IX sezione civile, n. 42730/11 del 26 settembre 2011.
534
Cfr. Tribunale ordinario di Roma, IX sezione civile, n. 42730/11 del 26 settembre 2011. Il giudicante ha
emesso un'inibitoria nei confronti della messa in onda del programma Baila affermando che esso
rappresentasse una contraffazione, ovvero una violazione del diritto di proprietà intellettuale, in quanto “ad
una impressione immediata e sintetica dello spettatore”, appariva come riproducente la trasmissione
Ballando con le stelle.

127
appropriarsene535. Come un bozzetto di una scenografia teatrale536, anche il format è una bozza
di opera che comunque deve presentare elementi nuovi e non banali attraverso uno schema
dettagliato e innovativo che servirà, poi, a qualcun altro per realizzare un'altra opera
definitiva.
Per concretare il format in un'opera finita da destinare al pubblico finale è
indispensabile il ricorso ad un ulteriore apporto creativo. Infatti, vi è all'origine un'idea
iniziale di base, più o meno dettagliata, che viene poi sviluppata attraverso il contributo
successivo di uno o più altri autori537. In questo aspetto, si può ravvisare una notevole
vicinanza concettuale del format alle cosiddette “opere complesse”. Fra queste, bisogna però
fare una distinzione: le “opere collettive”538, in cui le singole parti realizzate dai diversi autori
rimangono comunque distinte e autonome, ma talvolta le stesse attività creative sono
precedentemente “concertate” per i fini dell'opera da creare539; le “opere composte”, che pur
realizzate da autori diversi e suscettibili di utilizzazione separata, si configurano come
“elementi essenziali di un insieme organico in cui le attività creative dei vari soggetti si
esprimono direttamente e solidalmente dando origine ad un effetto artistico unitario”540.
Dunque in questo caso il valore del singolo contributo si configura in maniera completamente
diversa convergendo nel fine comune perseguito dall'opera finale nel suo complesso. E infine
“le opere realizzate in comunione”541, per l'individuazione delle quali “è di fondamentale
importanza che vi siano i presupposti dell'indistinguibilità ed inscindibilità dei contributi”542 e
che il singolo apporto non possa essere sottratto senza travolgere l'intera produzione.
Difficilmente i format potrebbero rientrare in quest'ultima categoria poiché, come si è
visto, gli interventi di modifica allo schema iniziale vengono compiuti separatamente, spesso
molto tempo dopo che il format è stato creato da un ideatore e acquistato da un realizzatore.
535
Cfr. PROSPERETTI, E, TOZZI, T., VISCO COMANDINI, V., I format televisivi tra acquisto di know-how e
tutela della proprietà intellettuale, cit., p. 24.
536
Quando i bozzetti non costituiscono opera dell'ingegno ricevono comunque una tutela ai sensi dell'art. 86
della legge n. 633/1941 che deriva proprio dal fatto seppur non artisticamente rilevanti essi sono molto
richiesti e sfruttati nel mercato.
537
Cfr. MICCICHE', A., Brevi considerazioni giuridiche sull'opera televisiva, cit., p. 537.
538
Disciplinate all'art. 3 della legge n. 633/1941 come “opere costituite dalla riunione di opere o di parti di altre
opere, che hanno carattere di creazione autonoma, come risultato della scelta e del coordinamento ad un
determinato fine letterario, scientifico, didattico, religioso, politico od artistico, quali le enciclopedie, i
dizionari, le antologie, le riviste e i giornali”. Tali opere però sono “protette come opere originali
indipendentemente e senza pregiudizio dei diritti di autore sulle opere o sulle parti di opere di cui sono
composte”.
539
Cfr. PROSPERETTI, E, TOZZI, T., VISCO COMANDINI, V., I format televisivi tra acquisto di know-how e
tutela della proprietà intellettuale, cit., p. 21.
540
Cfr. TOZZI, F., Il format televisivo: prospettive di tutela giuridica, cit., p. 438.
541
Disciplinate dall'art. 10 della legge n. 633/1941 in cui si legge che “il diritto di autore appartiene in
comunione a tutti i coautori”.
542
Cfr. PROSPERETTI, E., TOZZI, F., VISCO COMANDINI, V., I format televisivi tra acquisto di know-how e
tutela della proprietà intellettuale, cit., p. 21.

128
Egli trasformerà o svilupperà alcuni aspetti in maniera diversa dallo schema iniziale, ma
quest'ultimo resterà invariato e potrà essere venduto da chi ne detiene i diritti ad altri possibili
compratori543. Vi sono, poi, una serie di elementi che pur considerati importanti perché
caratterizzano univocamente l'opera, possono comunque essere espunti o sostituiti senza
alterare il complesso della trasmissione544.
Più plausibile sembra l'ipotesi di associare il format alla concezione di “opera
collettiva” e dunque applicarne la relativa disciplina, anche se rimane il dubbio sulla
compatibilità del carattere composito di alcuni format545 con l'implicita esigenza che l'opera
collettiva consista in una “coordinata presentazione di più opere di uno stesso genere”546, e
alla definizione di “opera composta”, che si presta bene ad inquadrare le peculiarità produttive
di molti format in cui i contributi artistici delle singole parti si fondono per “dar vita ad una
nuova opera unitaria”547. In entrambi questi casi, il regista potrebbe essere ritenuto il titolare
dei diritti di utilizzazione se “imprime attraverso un incisivo lavoro di rielaborazione, di
coordinazione e di direzione, il timbro talora prorompente e comunque sempre inconfondibile
della sua personalità e del suo personale ingegno”548, ma comunque bisognerebbe riconoscere
un diritto all'ideatore del format di base come coautore dell'opera, in quanto la sua attività
potrebbe essere a tutti gli effetti considerata creazione del soggetto549.
L'applicazione al format di queste più generali fattispecie del diritto d'autore potrà

543
Si pensi alle grandi case di produzione o ai cosiddetti “intermediari” che acquistano gli schemi in una
nazione e li rivendono in un'altra. Il format di base è lo stesso, ma mettendo a confronto, però, i programmi
finali realizzati nei diversi paesi si possono riscontrare caratteristiche molto diverse che derivano, appunto,
dalle modifiche apportate allo schema iniziale dopo l'acquisto, durante la realizzazione “conclusiva” del
processo di creazione della trasmissione. Alla luce di questa comparazione sono ben distinguibili anche i
cambiamenti e gli interventi operati rispetto al format originario nei vari programmi in cui si concretizza.
544
Nuovamente si fa riferimento agli elementi “marginali” abilmente sostituiti in nuovi programmi – copia di
altri che talvolta hanno scagionato il produttore dall'accusa di plagio (si veda il caso Sheenhan contro MTV
Networks, già citato, trattato soprattutto in Cfr. GOTTLIEB, N. E., Free to air? - Legal protections for TV
program formats?, cit., pp. 238 – 239) mentre altre volte sono stati ritenuti la prova che, attraverso essi, si
volesse confondere proprio l'impressione di identità che il secondo programma suscitava rispetto al primo (in
questo senso la sentenza, già citata, del Tribunale ordinario di Roma, IX sezione civile, 26 settembre 2011, e
il commento ad essa di VECCHI, G., Programmi televisivi e proprietà intellettuale: la tutela (inesistente) del
format, cit.).
545
Infatti spesso i programmi televisivi sono il risultato dell'accostamento e dalla riorganizzazione di
caratteristiche e qualità riconducibili a generi artistici diversi. In questo senso è utile riprendere una datata,
ma pur sempre attuale, definizione di opere televisive formulata da DE SANCTIS, V., In tema di opere
cinematografiche e di opere televisive, cit., p. 126. In cui l'autore asserisce che “le opere radiofoniche e
quelle televisive sono costituite di elementi che, separatamente considerati, appartengono ai generi letterari,
artistici e scientifici espressamente elencati dalla legge.
546
Cfr. MICCICHE', A., Brevi considerazioni giuridiche sull'opera televisiva, cit., p. 538.
547
Cfr. PROSPERETTI, E., TOZZI, F., VISCO COMANDINI, V., I format televisivi tra acquisto di know-how e
tutela della proprietà intellettuale, cit., p. 21.
548
Cfr. MICCICHE', A., Brevi considerazioni giuridiche sull'opera televisiva, cit., p. 540. L'autore si rifa ad una
sentenza della Corte di Cassazione riguardante il regista di un'opera cinematografica e paragona il ruolo che
esso svolge nella produzione di un film a quello che ha nella realizzazione di un'opera televisiva.
549
Cfr. LAX, P., E' possibile parlare di soggetto televisivo, cit. , p. 562.

129
comunque compiersi solo a posteriori, allorquando il format avrà raggiunto lo stadio
successivo di produzione e si sarà manifestato anche al pubblico finale concretizzandosi in un
programma televisivo. Esse potranno essere utili per supportare le negoziazioni tra emittenti
e ideatori e fornire spunti per risolvere preliminarmente le questioni contrattuali
dell'assegnazione dei diritti.

130
4) L'ATTUALE DISCIPLINA GIURIDICA

4.1 L'iniziativa associativa e il deposito: il ruolo della SIAE

La Società Italiana degli Autori ed Editori, nata a Milano come associazione di


intellettuali nel 1882550 e riconosciuta ufficialmente come ente morale nel 1981, è entrata a far
parte della Confédération Internationale des Sociétés d'Auteurs et Compositeurs551. Oggi è un
“ente pubblico a base associativa”, ovvero riceve dei finanziamenti statali e opera su delega di
autori che scelgono volontariamente di associarsi e far gestire i loro diritti. In realtà, lo Stato
ha deliberato che alcuni specifici diritti possono essere fatti valere solo attraverso la SIAE552.
Essa detiene un monopolio legale giustificato dall'idea che una frammentazione dei ruoli
metterebbe a repentaglio la parità di trattamento di tutti gli ideatori di opere dell'ingegno553.
La SIAE ha sempre accolto le istanze degli autori dei vari generi e si è adoperata per
risolvere le problematiche intercorse tra i suoi associati o tra essi e il mondo esterno. Per
questo non stupisce che essa abbia messo in atto numerose attività di supporto per il mercato
dei format per sopperire al vuoto normativo della legislazione italiana, sotto la pressione degli
operatori del settore, in particolar modo degli autori televisivi, i quali si fregiano di tale
appellativo in attesa di un riconoscimento ufficiale della loro professionalità e dei diritti a cui
aspirano.
Come si è visto, è stata proprio la Società Italiana degli Autori ed Editori a elaborare,
nel 1994, la prima definizione di format554 che è diventata un modello di riferimento per la
dottrina ed è stata riconosciuta anche dalla recente giurisprudenza555. Essa risente tuttora
nell'impostazione e nell'approccio che adotta nell'affrontare le questioni di cui si occupa, del
retaggio socioculturale e delle problematiche estetiche dell'epoca delle origini. Questa sua
caratteristica iniziale si è riflessa nella sua ipotesi di definizione del format che infatti risulta
“intrisa” di caratteri tipici della letteratura teatrale. L'analogia tra l'impostazione dello

550
Cfr. SIROTTI GAUDENZI, A., Il nuovo diritto d’autore, la proprietà intellettuale nella società
dell’informazione, cit., p. 107, in cui si ricordano alcuni dei primi autori, illustri intellettuali dell'epoca, che vi
aderirono: Giosué Carducci, Felice Cavallotti, Edmondo De Amicis, Francesco De Sanctis, Giovani Verga,
Giuseppe Verdi.
551
E' un'organizzazione internazionale di natura privatistica. Nel 1956 ha approvato la Carta del diritto d'autore.
552
Art. 180, legge n. 633/1941.
553
Cfr. Sentenza della Corte Costituzionale, 15 maggio 1990, n. 241, in Il diritto di autore, 1990, p. 365.
554
Cfr. FABIANI, M., Per una tutela del format televisivo, cit., p. 69.
555
Si vedano le sentenze della Corte di Cassazione, già citate in precedenza, in cui i giudici si sono appoggiati
alla nozione espressa dalla SIAE legittimandola per futuri utilizzi: pronunzia n. 3817/2010, 17 febbraio 2010,
sulla creazione di format nell'ambito di un contratto avente ad oggetto altre prestazioni legato allo spettacolo,
e pronunzia n. 21172/2011, 13 ottobre 2011, sulla possibilità (negata) di tutelare il format di una serie
televisiva copiata prima della sua realizzazione.

131
spettacolo televisivo e la struttura delle opere teatrali, così come emerge da tale definizione,
ha dato lo spunto per ipotesi interessanti di equiparazione del format anche al soggetto
teatrale556.
La SIAE si è inoltre occupata di raccogliere le istanze delle varie categorie coinvolte nel
lavoro di creazione, produzione e messa in onda del format davanti ad un Comitato Tecnico
nel tentativo di concertare insieme l'elaborazione di un Codice deontologico557, che possa
diventare un modello contrattuale e comportamentale utile per definire e controllare la fase di
negoziazione tra autori/produttori/emittenti televisive, fase che è la più delicata e importante
ai fini della contrattazione e della determinazione del valore del format stesso. Talvolta, è
proprio in questa fase che il creatore disperde il valore aggiunto della sua opera spiegandola
dettagliatamente (e ingenuamente) al presunto acquirente dal quale invece non ottiene nulla in
cambio. L'utile iniziativa della SIAE non ha trovato una conclusione effettiva, anche perché è
stata scavalcata da altre importanti proposte558, ma ha sicuramente il merito di aver posto
l'attenzione su un aspetto oscuro del mercato, quello concernente la diffusa scorrettezza nelle
negoziazioni e le forzature contrattuali559, che vengono eclissati, successivamente all'avvio
del programma, dal clamore dei commenti sull'audience o sulla bravura dei conduttori.
Qualche anno fa, l'ente si è esposto in una presa di posizione che merita di essere
riportata per il valore che assume nella questione di cui qui si discute. Durante un incontro
dell'Anart – Associazione Nazionale Autori Radiotelevisivi – finalizzato all'organizzazione di
uno sciopero, sulla scia di quello analogo realizzato negli Stati Uniti, per denunciare la
difficile posizione contrattuale e l'assenza di una tutela per la categoria, il presidente della
SIAE è intervenuto e ha rivelato un progetto che si stava già portando avanti da tempo: la
redazione di una proposta di legge 560 per chiarire la posizione del format e del suo autore
davanti alla legge italiana, legittimarne il riconoscimento tra le opere tutelate dal diritto
d'autore e stabilire criteri oggettivi per la sua valutazione che rimpiazzino le arbitrarie
“valutazioni del merito e della destinazione” finora compiute impropriamente dai giudici in
materia di format, nonostante tale prassi fosse stata esclusa fin dalla legge del 1925561.
556
Cfr. MACARIO, F., Il format, cit. p. 57.
557
Cfr. Comunicato Stampa Format: il 7 giugno autori e produttori riuniti in SIAE per codice deontologico,
Ufficio Stampa SIAE in www.siae.it, 22 maggio 2007, con cui era stato annunciato l'inizio dei lavori.
558
Cfr. LONGHINI, S., PISI, S., Format o non format, questo è il dilemma..., cit., p. 61.
559
Cfr. Tribunale di Roma, 13 ottobre 2005, cit., p. 539. In cui la parte attrice denunciò, oltre al plagio dei
programmi che aveva sottoposto all'attenzione di un responsabile della produzione televisiva, l'inammissibile
proposta di rinunciare alla paternità del suo format consentendone l'attribuzione ad un soggetto già operante
nel mercato.
560
Cfr. Arriva un progetto di legge per la tutela del format, nella sezione Ufficio Stampa SIAE in www.siae.it,
17 giugno 2008
561
Cfr. BIFERALI, G., TASSONE, B., La tutela del format in Cassazione, fra principi generali e merito
dell'opera, cit., p. 113, in cui gli autori contestano l'operato di quella parte di giurisprudenza che chiamata a

132
La proposta di legge, di fatto, è stata presentata alla Camera dei Deputati il 30 luglio
2008 , ma, per quel che se ne sa, non ha ancora non ha ancora avuto seguito563.
562

Nella presentazione del testo, compiuta dai deputati Carlucci e Giulietti, viene delineata
la situazione attuale del mercato, in cui si ritiene che il format abbia “il valore di una proprietà
intellettuale, per cui l’autore ha la possibilità di vendere la licenza di produzione e, pertanto,
di trasmettere lo stesso programma in altri Stati e in altre lingue” e si paventano le
conseguenze e i rischi della mancanza di una disciplina adeguata a regolare questi scambi. Tra
l'altro, vi si sottolinea che “La giurisprudenza ravvisa in esso un generico schema ideativo,
privo di compiuta elaborazione e atto a fornire lo svolgimento di base relativo a un
programma televisivo o teatrale” e si evidenziano le ripercussioni negative che questa nozione
restrittiva potrebbe avere sui nuovi prodotti del settore audiovisivo che con il format
condividono l'assenza di una specifica normativa e soprattutto il grande successo in termini di
pubblico e giro d'affari creato.
L’articolo 1 prevede una modifica all’articolo 2 della legge n. 633 del 1941 che
introduca esplicitamente tra le opere protette dal diritto d’autore anche i format, che sarebbero
così considerati a tutti gli effetti tra le opere dell'ingegno. L’articolo 2 della proposta di legge
invece “disciplina la tutela dei diritti degli ideatori di progetti di produzioni audiovisive, che
presentino determinate caratteristiche, consentendo di opporsi alla riproduzione o alla
trasposizione non consentita dal progetto. Dispone, inoltre, che i diritti sui progetti durino
venti anni solari dall’avvenuto deposito del progetto presso un registro speciale tenuto dalla
Società italiana degli autori ed editori”. Infatti, con questo secondo articolo verrebbe
introdotto nella legge n. 633/1941 il Capo I-quater – Diritti degli ideatori di progetti di
produzioni audiovisive, contenente:
- Art. 78-quinquies. – 1. All’autore dei progetti di produzioni audiovisive, purché redatti
in forma scritta o fissati su documento equipollente, idonei a essere trasposti in un prodotto
singolo o seriale, contenenti la descrizione dettagliata degli elementi da cui il prodotto stesso è
caratterizzato, compete il diritto esclusivo di opporsi alla riproduzione o alla trasposizione non
assentita del progetto. In caso di ideazione del progetto attuata in esecuzione di un contratto di

valutare sulla legittimità o meno di un comportamento si dilunga in “considerazioni inerenti il modesto


valore” dell'opera in esame, compiendo così un'operazione “non necessaria, e soprattutto pericolosa (se non
anche forzata, tenendo a mente i limiti del giudizio di cassazione) che rischia di tradursi in una inammissibile
reintroduzione della valutazione del merito e della destinazione”.
562
Cfr. ATTI PARLAMENTARI, Camera dei deputati, n. 1575, Proposta di legge - Modifiche alla legge 22
aprile 1941, n. 633, in materia di protezione del diritto d’autore concernente le produzioni audiovisive,
d'iniziativa dei deputati Carlucci e Giulietti, presentata il 30 luglio 2008.
563
La proposta è stata assegnata alla VII Commissione Cultura in sede Referente il 20 ottobre 2008, con Parere
delle Commissioni: I Affari Costituzionali, II Giustizia, IX Trasporti e XIV Politiche dell'Unione europea.

133
impiego o di lavoro o di commissione si applica il disposto del secondo comma dell’articolo
88. Il deposito di un progetto di prodotto audiovisivo presso un apposito registro speciale, la
cui tenuta è affidata alla SIAE, oltre a determinare l’effetto di cui all’articolo.
- Art. 78-sexies, fa fede, sino a prova contraria, dell’esistenza del progetto a una data
certa e della persona dell’autore che per tale si è dichiarato. La tenuta del registro speciale e le
modalità del deposito dei progetti sono stabilite nel regolamento.
Art. 78-sexies. – 1. Il diritto di cui all’articolo 78-quinquies ha una durata di venti anni
solari dall’avvenuto deposito del progetto presso il registro speciale istituito ai sensi del
medesimo articolo.
Queste proposte, non a caso riportate integralmente, segnano un apprezzabile passo
avanti anche rispetto ai precedenti sulla via della ricerca della tutela per gli autori. La SIAE,
già dal 2001564, aveva predisposto un Registro presso la sezione DOR in cui è possibile
depositare i format inediti per avere una garanzia dell'esistenza del format ad una data
specifica. Questo sistema può rivelarsi utile in caso di contenzioso sulla paternità dell'opera o
sulla priorità temporale di una creazione, però è da chiarirsi che, nell'accettare tale onere, la
SIAE non verifica in alcun modo la presenza o meno dei requisiti di tutelabilità nell'opera ad
essa sottoposta. Il deposito “non ha natura costitutiva” 565 e non garantisce la protezione in
caso di contenzioso, infatti, in molte sentenze italiane, i giudici hanno negato la tutela a
prodotti566 che, seppur prontamente registrati presso la SIAE, non detenevano comunque i
requisiti richiesti dalla legge sul diritto d'autore.
Recentemente, inoltre, il Decreto Legge 30 aprile 2010, n°64 ha previsto che la SIAE
curi un registro pubblico speciale per le opere cinematografiche e audiovisive, legittimando
così l'operato dell'ente nei confronti delle opere del mondo dell'audiovisione567.

4.2 Il riconoscimento del format a livello internazionale: FRAPA


FRAPA è l'acronimo di Format Recognition and Protection Association. Si tratta di
un'associazione internazionale costituita nell'aprile del 2000 a Cannes. Le maggiori società del
settore mediatico si riunirono in un meeting mondiale per discutere riguardo al crescente
564
Cfr. Bollettino SIAE, gennaio-febbraio 2001, p. 35
565
Vedi Tribunale di Roma, 27 gennaio 2000, cit., p. 547.
566
Cfr. Sentenza del Tribunale di Roma, 13 ottobre 2005, cit., p. 541, in cui non viene concessa la protezione a
due schemi di programmi regolarmente depositati presso la Sezione DOR della SIAE, e che non sono stati
valutati degni di essere considerati “opere dell'ingegno”, e si specifica che “il deposito presso la SIAE è privo
di rilevanza atteso che tale adempimento non comporta alcun preventivo accertamento della sussistenza dei
requisiti di tutelabilità richiesti dalla Legge 633/1941”.
567
Cfr. Decreto Legge 30 aprile 2010, n°64, in Gazzetta Ufficiale, 30 giugno 2010, n° 150, coordinato dalla
Legge di conversione 29 giugno 2010, n°100, entrata in vigore dal 1 luglio 2010, e commento di
LONGHINI, S., PISI, S., Format o non format, questo è il dilemma..., cit., p. 72.

134
fenomeno della “pirateria televisiva”. La riunione nacque proprio dall'esigenza, condivisa da
tutti gli operatori del settore, di trovare una soluzione alla vulnerabilità dei format televisivi
rispetto al plagio. Creatori, produttori, distributori di format e rappresentanti di emittenti
televisive si trovarono insieme, uniti nell'intento di ideare un sistema per tutelare ciascuno i
propri interessi. Infatti, sebbene i giudici continuino ad associare i format a delle semplici idee
astratte, dunque non meritevoli di tutela giuridica, il mercato internazionale dei format muove
cifre in crescita esponenziale e produce un impatto commerciale davvero importante, senza
contare il valore culturale di un format, che è comunque il frutto di un lavoro creativo spesso
lungo e laborioso.
La mancanza di un'efficace normazione a tutela dei format genera un rischio a catena
che alla fine si ripercuote sulla qualità del prodotto che verrà offerto al pubblico finale, quindi
avrà conseguenze sulla cultura collettiva568. Infatti, per ideare un programma, le aziende
creatrici devono investire grosse risorse economiche e intellettuali, che sperano poi di riuscire
a recuperare rivendendo alle emittenti un prodotto che sia unico e nuovo e per il quale
potranno, quindi, “riscuotere” un valore di mercato più alto. Purtroppo, però, né i creatori, né i
produttori possono di fatto garantire l'esclusività all'acquirente finale, proprio perché, una
volta messo in onda, o anche semplicemente descritto da una fuga di notizie, il format potrà
essere facilmente copiato e riprodotto da un'altra società. Il valore economico di un prodotto
dipende dalla sua unicità e dalla possibilità di mantenere un vantaggio competitivo sui
concorrenti proprio grazie alla tutela di questo valore aggiunto. Nel momento in cui non è
possibile garantire la protezione dell'idea del programma, né tanto meno il riconoscimento
della sua originalità da parte del pubblico finale, il pregio del prodotto rischia di venire
danneggiato, poiché nessuno vorrà più investire nella ricerca, le emittenti televisive
prediligeranno copiare idee già rodate altrove, di sicuro successo e per l'utilizzo delle quali
568
L'art. 2 della Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale dell'UNESCO (firmata a
Parigi il 17 ottobre 2003), comma 1, afferma che nel concetto di “patrimonio culturale immateriale” sono
incluse “le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze, il know-how – come pure gli strumenti,
gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali associati agli stessi – che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli
individui riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale. Questo patrimonio culturale immateriale,
trasmesso di generazione in generazione, è costantemente ricreato dalle comunità e dai gruppi in risposta al
loro ambiente, alla loro interazione con la natura e alla loro storia e dà loro un senso d’identità e di continuità,
promuovendo in tal modo il rispetto per la diversità culturale e la creatività umana”.
Senza voler assimilare il mondo dell'intrattenimento televisivo alle più alte sfere dell'arte e della letteratura, si
deve, però, ammettere che i suoi prodotti hanno un'influenza non indiffente sull'insieme di valori, tradizioni,
punti di riferimento, abitudini comportamentali e stili di vita del popolo che vi si rapporta in un determinato
momento e in un determinato luogo. La televisione trasforma l'identità di chi la segue introducendo – anche
quando il telespettatore è del tutto incosciente di tale influenza – modelli linguistici, mode, attitudini,
desideri, atteggiamenti e persino tradizioni e valore. I personaggi e gli schemi televisivi, riflettono la società
da cui sono emersi, ma allo stesso tempo la ricreano, la trasformano e generano nuovi background, nuove
“conoscenze”, nuovi “valori”. In questo senso i programmi televisivi hanno un impatto notevole sulla
“cultura” di una società.

135
non dovranno nemmeno pagare delle licenze. Si corre il rischio di generare così un mercato in
cui si mettono in onda per lo più prodotti di “serie B”, a discapito dell'arricchimento culturale
collettivo 569 che invece sarebbe avvantaggiato dalla creazione e diffusione di programmi
sempre nuovi e originali, possibilmente modellati sull'audience di riferimento e orientati ad un
miglioramento sociale.
L’operato di FRAPA trova la sua base in tre principi:
 “Formats are the result of the intellectual work of their creators. Their creators should
therefore be in a position to reap what they have sown. Anyone using a format without paying
a reasonable licensing fee has wrongfully enriched him/herself at the expense of the creator”.
 Formats require investment. The development, production and distribution of a format
demand considerable financial resources. Investors need to be reassured that they will be able
to make a profit on their investment.
 “Format protection is a question of legal certainty. Those who can rely upon their own
economic power and are in a position to exert financial pressure when it comes to protecting
their formats will also want to know the commercial value of the product they are trading.
There is a clear gap between book value and market value”570.
Oggi sono più di cento le società che, in tutto il mondo, hanno aderito al progetto
FRAPA. Oltre alle numerose aziende europee che testimoniano come il mercato di questo
prodotto sia florido nel “vecchio” continente, vanno segnalate le adesioni di società
neozelandesi, canadesi, arabe e argentine571. Nello statuto ufficiale, l'associazione no-profit
dichiara come suo scopo formale assicurare che i format televisivi siano rispettati
dall'industria e protetti dalla legge come proprietà intellettuali: “FRAPA aims to ensure that
television formats are respected by the industry and protected by law as intellectual
property”572. Persegue questi obiettivi attraverso una serie di attività:
 formazione degli operatori del settore e creazione di linee guida per regolare il mercato
e favorire una concorrenza costruttiva e onesta;
 mediazione nelle dispute per plagio tra operatori e consulenza in caso di ricorso in
tribunale;
569
Bisogna considerare che alcuni format televisivi hanno davvero permesso un miglioramento del livello di
alfabetizzazione e acculturamento. Si pensi soprattutto ai programmi che negli anni '50 e '60 hanno
“scolarizzato” gli italiani afflitti da ignoranza e regionalismi, portando direttamente nelle loro case l'italiano
standard e conoscenze basilari di storia, geografia, letteratura. La televisione ha il potenziale di incidere sulla
cultura di un popolo e i programmi, soprattutto se banali, osceni, immorali, possono favorire la
degenerazione dei valori di riferimento e atrofizzare la curiosità, annullare gli stimoli, congelare l'interesse
per ciò che è nuovo, originale e diverso.
570
Cfr. http://www.frapa.org/about/background-aims/
571
Cfr. MARI, G., La protezione del “format” nel sistema della legge sul diritto di autore, cit., p. 91.
572
Cfr. http://www.frapa.org/about/history/

136
 redazione di un registro dei format che sia il mezzo per provare la paternità e il
momento di nascita di un'idea di format573.
A livello commerciale è evidente che il format abbia un valore, ma ciascun creatore e
produttore deve elaborare e perseguire delle strategie efficaci per proteggere autonomamente
il proprio format dallo spionaggio della concorrenza, poiché non esistono ancora gli strumenti
legali per farlo. In questo senso, FRAPA si inserisce nel quadro internazionale dando un
supporto ai suoi associati e cercando di creare un clima migliore nel mercato fratricida dei
programmi televisivi. Essendo un ente associativo richiede una fee di adesione, ma offre dei
servizi insostituibili. In particolar modo, il Paper Format Registy574 è un servizio attraverso il
quale chiunque crei un format può depositarlo presso l'archivio FRAPA che, in caso di
controversie, interverrà come parte neutra dichiarando la data di deposito e fornendo il
materiale originario come prova. In questo senso, viene suggerito ai creatori di depositare dei
dossier ricchi di spiegazioni dettagliate, eventuali immagini, DVD, e qualsiasi altro elemento
che possa presentarsi come distintivo e originale rispetto ad eventuali format simili. Inoltre,
l'associazione mette a disposizione un team di esperti che possono intervenire per fornire
consulenza e mediazione in caso di liti per la titolarità dei diritti575.

4.3 Concorrenza sleale e servile imitazione


Per gli autori è importante proteggere il proprio progetto dalla curiosità invadente dei
potenziali acquirenti e dei minacciosi competitors ed è indispensabile prendere tutte le misure
per evitare fughe di notizie e spionaggio “autoriale”. In mancanza di una normativa ufficiale,
si è visto, gli scambi avvengono attraverso licenze e contratti atipici, non sempre chiarissimi,
e il rischio di perdere il controllo sul proprio prodotto e non avere poi nessuno strumento per
rivalersi è altissimo.
Numerosi casi della giurisprudenza italiana hanno dimostrato che la malafede o
l'astuzia di una delle parti può danneggiare irreparabilmente il potenziale profitto del lavoro
dell'altra576. In gran parte dei casi gli acquirenti dopo aver visionato il materiale pagano le

573
Cfr. http://www.frapa.org/about/background-aims/
574
Cfr. http://www.frapa.org/format-registry, in cui viene spiegato come depositare il proprio format, (è possibile
anche ricorrere alla procedura on-line con un costo di 20 euro per gli associati, 50 euro per gli altri), ma
soprattutto si consiglia caldamente di consegnare schemi completi e dettagliati che sicuramente possono
avere un valore maggiore di prova in caso di contenziosi.
575
Cfr. MARI, G., La protezione del “format” nel sistema della legge sul diritto di autore, cit., p. 91.
576
Cfr. Pretura di Torino, 8 aprile 1987, cit., p. 565, in cui i produttori della trasmissione originaria, mandata in
onda su una rete minore e copiata dalla rete nazionale, hanno lamentato la defezione degli sponsor,
scoraggiati dalla perdita di audience del programma che era stata causata – a detta loro - proprio
dall'adozione, da parte della rete nazionale, dello stesso format che si era reso vincente sulla rete locale e ne
aveva incrementato gli ascolti.

137
fee577 e “acquistano” i diritti contrattati. Alcune volte, invece, i compratori rinunciano a
concludere il contratto ufficiale, però, successivamente, ormai resi edotti sulle caratteristiche
del format dal materiale illustrativo preparatorio che era stato loro sottoposto per le routinarie
valutazioni, sfruttando ed estromettendo l'ideatore, ignaro e ingannato, “inventano” un
programma identico o quasi a quello per il quale avrebbero dovuto pagare578. Spesso non si
premurano nemmeno di cambiare qualche piccolo elemento per confondere l'impressione di
plagio 579 perché tanto, come si è riscontrato, è quasi impossibile per il creatore “derubato”
ottenere il riconoscimento del lavoro di cui è stato defraudato.
La legge speciale n. 633/1941 prevede all'art. 102 che sia vietato “come atto di
concorrenza sleale, la riproduzione o imitazione sopra altre opere della medesima specie,
delle testate degli emblemi, dei fregi, delle disposizioni di segni o caratteri di stampa e di ogni
altra particolarità di forma o di colore nell'aspetto esterno dell'opera dell'ingegno, quando
detta riproduzione o imitazione sia atta a creare confusione di opera o di autore”580. Questa
norma, però, va intesa come una specificazione della più generale normativa sulla
concorrenza sleale prevista dal Codice Civile581. Quindi, in ogni caso, è davvero
indispensabile che il format sia definito e disciplinato dalla legge affinché i giudici siano
obbligati a compiere delle valutazioni sulla ricorrenza dei requisiti del diritto d'autore tenendo
conto delle peculiarità del prodotto specifico. Infatti, allo stato attuale, se viene escluso che lo
specifico format costituisce un'opera dell'ingegno, allora, è esclusa anche la possibilità di

577
La fee è il prezzo da pagare per utilizzare il format. Come nel caso del franchising, il pagamento è
paragonabile ad una affiliazione al marchio, che nel caso del format permette di godere dei vantaggi di uno
schema elaborato da qualcun altro dotato di adeguate competenze e creatività, o ancor meglio di un prodotto
già conosciuto e testato accompagnato da conoscenze, esprerienza e garanzie.
578
Cfr. JONES, M., How to protect a TV format, cit., p. 51. L'autore analizza il celebre caso, già citato, che vede
contrapporsi la casa di produzione Endemol titolare del format del Big Brother e l'emittente brasiliana TV
SBT ideatrice de un programma, Casa Dos Artistas. Egli sottolinea come quest'ultimo rifletta perfettamente
l'impostazione, il taglio, le scelte stilistiche del primo, tutte componenti essenziali che erano minuziosamente
descritte nella format-bible consultata “gratis” da TV SBT che ha poi sfruttato le conoscenze acquisite per
creare una copia “malamente mascherata” del Big Brother.
579
Cfr. KLEMENT, U., Protecting Television Show formats under Coyright law: new developments in common
law and civil law countries, cit., p. 54, in cui si affronta il caso della versione neozelandese non – autorizzata
del programma inglese Opportunity Knocks, di cui, come si è visto, è stato riprodotto l'intero format. Sono
stati utilizzati il titolo, le cosiddette catch-phrases ( “for so and so Opportunity Knocks”, “Make your mind
up time”, “This is your show, folks, and I do mean you”) ed anche l'innovativo meccanismo del
“claptometer” inventato dal creatore e conduttore del programma originale inglese.
580
Art. 102, legge 633/1941.
581
L'art. 2598 del Codice Civile – Atti di concorrenza sleale, recita “Ferme le disposizioni che concernono la
tutela dei segni distintivi e dei diritti di brevetto, compie atti di concorrenza sleale chiunque: 1) usa nomi o
segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri, o
imita servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare
confusione con i prodotti e con l'attività di un altro concorrente; 2) diffonde notizie e apprezzamenti sui
prodotti e sull'attività di un concorrente, idonei a determinare il discredito, o si appropria di pregi dei prodotti
o dell'impresa di un concorrente; 3) si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai
principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l'altrui azienda”.

138
ricorrere all'applicazione della normativa in materia di concorrenza speciale poiché le due
discipline (il diritto d'autore e l'art. 2598) “sono in rapporto di specialità e poggiano su
identico fondamento: si tratta di due cerchi concentrici”582.
In linea generale si creano due situazioni tipiche in base al tipo di venditore ed esse
comportano soluzioni diverse: se chi cede il progetto è un semplice creatore di format che non
ha alle spalle una consolidata attività imprenditoriale, non ci sono praticamente speranze che
gli sia riconosciuta una qualche tutela583; quando, invece, l'ideatore è una casa di produzione
avviata, anche se non per forza conosciuta, o il prodotto è già stato diffuso e ne sono, quindi,
facilmente individuabili la paternità e le caratteristiche peculiari, la società “defraudata” potrà
fare appello agli strumenti messi a disposizione dal Codice Civile per gli imprenditori.
La ratio delle normative in materia di concorrenza sleale è la repressione degli “abusi
commessi nell'attività d'impresa a danno dei concorrenti”584. Quindi la prima condizione
indispensabile per ricorrere all'art. 2598 del Codice Civile è che i soggetti, “la vittima e
l'attore dell'illecito585”, siano entrambi qualificabili come imprenditori, in quanto “il concetto
stesso di concorrenza presuppone lo svolgimento da parte dei soggetti considerati di una
identica attività imprenditoriale intesa alla produzione od al commercio dei medesimi beni od
alla prestazione dei medesimi servizi”586, e che uno di essi attui comportamenti “non conformi
ai principi della correttezza professionale ed idonei a danneggiare l'altrui azienda”587.
Per lamentare l'imitazione servile dei propri prodotti o servizi da parte dell'impresa
concorrente è assolutamente necessario che tale azione “sia fonte per il pubblico di una
oggettiva possibilità di confusione e disorientamento; in altri termini si esige che il
consumatore, indotto in errore dall'aspetto comune dei due prodotti sia attratto dall'impresa
imitante, pensando di rivolgersi a quella imitata”588. E' dunque indispensabile che vi sia
confondibilità tra le due imprese. Nel caso dei format, però, le emittenti durante la messa in
onda sono obbligate a rendere visivamente individuabile il loro marchio, dunque sono

582
Cfr. Tribunale di Roma, 27 gennaio 2000, cit., p. 548.
583
Cfr. Tribunale di Roma, 13 ottobre 2005, cit., p. 537, in cui appunto la parte attrice, non svolgendo attività
imprenditoriale non ha avuto accesso agli strumenti della concorrenza sleale e il giudice non ha ritenuto che
uno schema di programma potesse avere alcun valore ai sensi delle legge sul diritto d'autore.
584
Cfr. MACARIO, F., Il format, cit., p. 61.
585
Cfr. SIROTTI GAUDENZI, A., Il nuovo diritto di autore, Maggioli Editore, 2009, V edizione, p. 207.
586
Cfr. Pretura di Roma, 8 giugno 1987, cit., p. 567. Il Pretore specifica inoltre che “laddove siffatta identità
non sussista, quello dei soggetti dal quale venga dedotta una lesione dei propri diritti a contenuto
patrimoniale – se pure indirettamente connessi alla produzione od al commercio od alla prestazione dei
servizi, in quanto solo in tali ambiti destinati ad ottenere concreta realizzazione – potrà trovare adeguata
tutela nelle normative speciali sulla materia od in quella generale sull'illecito ma non in quella sulla
concorrenza”.
587
Cfr. TOZZI, F., Il format televisivo prospettive di tutela giuridica, cit., p. 432.
588
Cfr. Pretura di Torino, 8 aprile 1987, cit., p. 560.

139
costantemente identificabili589 e “l'uomo medio comune è certamente in grado di rendersi
conto del canale che sta guardando”590. Infatti, finora, anche quando si è riscontrato con
evidenza un comportamento scorretto591 da parte di un'emittente nei confronti dell'altra,
nessun soggetto è riuscito ad ottenere la tutela della concorrenza sleale.
Forse, però, il diffuso pregiudizio della giurisprudenza, che vede il format come una
“improteggibile” idea elaborata, ha influenzato anche le decisioni in materia di concorrenza
sleale irrigidendo le posizioni dei giudici. In questo senso si rivelano molto interessanti alcune
592
critiche che sono state mosse nei confronti dei giudici per l'atteggiamento rigido e
intransigente adottato nell'applicazione della disciplina della concorrenza sleale, la quale
potrebbe forse, essere intesa con maggior flessibilità. Tali accuse si basano sull'idea che la più
generale disposizione sugli atti illeciti dell'art. 2049 del Codice Civile potrebbe consentire ai
giudici di applicare in maniera estensiva e con flessibilità la normativa dell'art. 2598 CC
anche ad una fattispecie atipica come quella dei format. Finora, però, questa proposta non è
stata supportata né dal sosgtegno dei giudici né da concrete ipotesi di modifica
dell'interpretazione di tali norme.
In dottrina 593 è stata anche suggerita l'ipotesi di ricorrere all'azione per ingiustificato
arricchimento che prevede che “chi, senza una giusta causa, si è arricchito a danno di un'altra
persona è tenuto, nei limiti dell'arricchimento, a indennizzare quest'ultima della correlativa
diminuzione patrimoniale”594. La giurisprudenza595, però, ha sottolineato che per applicare tale
disciplina dovrebbe comunque essersi rinvenuta nel programma un'opera dell'ingegno e
bisognerebbe dimostrare che l'utilizzo improprio della sua esteriorizzazione abbia dato luogo
ad uno “spostamento patrimoniale privo di giusta causa”596.
Un importante strumento di tutela per gli autori che propongono ad altri le loro
creazioni è dato dalle disposizioni della disciplina sui contratti. L'art. 1337 del Codice Civile
introduce una sorta di “moralizzazione obbligatoria” degli scambi commerciali, da attuare
rispettando l'obbligo di tenere “comportamenti secondo buona fede”. In questo modo si
589
Cfr. MACARIO, F., Il format, cit., p. 62.
590
Cfr. FERRO LUZZI, F., Gli spettacoli televisivi: varitetà, talk show, programmi di “tv vertià” (da Blob a
Baol), in I diritti televisivi nell'era digitale, a cura di NIVARRA, L., cit., p. 4, in particolare nota 13.
591
Cfr. Pretura di Torino, 8 aprile 1987, cit., p. 559, in cui il Pretore ha dichiarato “non è dubitabile il rapporto di
pedissequa imitazione tra i due segmenti dello spettacolo dedicati alla disputa della partita di calciobalilla,
non sussiste, sotto altro profilo, il presupposto oggettivo della confondibilità dei prodotti, ripercuotendosi
direttamente sulla confondibilità delle imprese, che costituisce la ratio essenziale della tutela repressiva della
concorrenza sleale per imitazione servile”.
592
Cfr. MACARIO, F., Il format, cit., p. 63.
593
Cfr. MACARIO, F., Il format, cit., p. 63.
594
Come recita l'art. 2041 del Codice Civile.
595
Cfr. Tribunale di Roma, 13 ottobre 2005, cit., p. 542.
596
Cfr. Tribunale di Roma, 13 ottobre 2005, cit., p. 542, con questa motivazione il giudice ha escluso che nella
causa sussistessero il requisiti per l'arricchimento ingiusto.

140
impone ai contraenti di non compiere atti che potrebbero ledere l'altra parte non solo nel
momento della stipula del contratto, ma anche nelle fasi preliminari di negoziazione dello
stesso. Nei Paesi di common law si può ricorrere all'azione di “breach of confidence”597
attraverso la quale l'autore può tutelarsi da successivi comportamenti scorretti di coloro i
quali “hanno avuto l'opportunità di venire a conoscenza del contenuto del format in
anteprima”598. Tale sistema può essere utile nelle controversie tra un autore e un'emittente o
una casa di produzione se si riesce a dimostrare che il primo ha fornito la documentazione del
suo progetto e la seconda se ne sia servita per produrre un programma senza riconoscere i
diritti del primo. Tuttavia questa norma del common law potrebbe valere nel caso sia l'azienda
a tenere il comportamento sleale, non se una terza parte, estranea ai contatti iniziali tra le
prime due e che sia venuta a conoscenza del progetto, lo utilizzi per conto proprio599.

597
Cfr. TOZZI, F., Il format televisivo prospettive di tutela giuridica, cit. p. 432.
598
Cfr. MACARIO, F., Il format, cit., p. 64.
599
Cfr. MACARIO, F., Il format, cit., p. 64.

141
142
CONCLUSIONI
L'obiettivo dichiarato della presente ricerca intendeva essere quello di reperire nella
dottrina e nella giurisprudenza alcuni punti fermi che facessero da “pietre miliari” di un
tracciato giuridico cui riportare sia la regolamentazione certa del format in tutte le sue
applicazioni, prima fra tutte quella televisiva, sia la tutela autoriale per gli autori operanti nel
settore.
La complessità dell'argomento, le molteplici implicazioni che esso comporta, le fonti
che si sono consultate, le pronunzie giurisprudenziali, non di rado contraddittorie, non solo
non hanno fornito risposte univoche, ma, con i loro rimandi a tutte le materie collegate, hanno
finito col suscitare altre domande e porre altre questioni.
Il problematico inquadramento del format nel novero delle opere tutelate si spiega con
diverse ragioni: mancanza di concretezza espressiva, inammissibilità di tutela del contenuto,
attività spontanea, improvvisazione e imprevedibilità dei partecipanti che non conferiscono
compiutezza e stabilità al prodotto. Però, come si è visto, alcune sentenze hanno riconosciuto
la tutelabilità di determinati format sulla base di criteri e requisiti individuati di volta in volta.
Per chi scrive si è posta la necessità di seguire due percorsi di studio paralleli: uno teso a
sviluppare una collazione di sentenze (che è subito apparsa esposta al rischio di continue
aporie) per individuare filoni giurisprudenziali e concezioni ad essi sottese; un altro volto a
condurre un'indagine esplorativa nei campi affini al format (altri prodotti dello spettacolo,
della TV, dell'informatica), per capire se le norme che li regolano, in virtù di una tacita
“proprietà transitiva” adattata ad hoc, possano applicarsi anche all'oggetto del presente lavoro.
Esperita questa duplice, e ovviamente non esaustiva, indagine, si ha l'impressione che la
non soluzione della questione di fondo dipenda da un insieme di problemi, che si intersecano
e, a volte, si aggrovigliano in nodi che appaiono inestricabili.
Il primo di essi, che è preliminare e, anche, in un certo senso, metodologico, è costituito
dalla definizione di “opera dell'ingegno”, che è il requisito richiesto per il riconoscimento
della tutela autoriale. Il breve excursus cronologico che se ne è tracciato fino alla sua
affermazione nelle legislazioni nazionale e internazionale, indispensabile per capirne la
genesi, rivela quanto sia stato arduo comporre le ragioni storiche, economiche, etiche, morali
e culturali che lo contrassegnano.
Conciliare la genialità, che è un dono spirituale, con l'interesse economico sembra quasi
un ossimoro e tuttavia l'una e l'altro stanno alla base dell'approccio che la dottrina e la prassi
giudiziaria devono seguire.

143
Per ragioni storiche, riconducibili all'epoca romantica, “genialità” e “autore” hanno
avuto ed hanno una caratterizzazione idealistica, prevalentemente influenzata da modelli
letterari, cioè legati alla forma verbale. Anche in Italia, la concettualizzazione dell'opera di
ingegno ha un'identica origine. Mario Are, che è uno degli autori di riferimento per la
giurisprudenza italiana, affronta la tematica con una visione di chiara matrice neoidealistica.
Per lui l'entità intellettuale è “pensiero soggettivo ed individuale fissato in un momento del
suo divenire e reso concreto, prima ancora della sua estrinsecazione, dallo stesso soggetto
pensante nel suo intimo”600, con l'aggiunta però che l'intelletto soggettivo dell'autore si
distingue “dall'intelletto oggettivo, frutto attuale e remoto di una attività soggettiva di
pensiero oggettivatasi con l'ingresso nel comune patrimonio della cultura”.
Come si può constatare, queste parole, e moltissime altre omesse, offrono suggestivi
spunti per comprendere l'essenza della genialità e della creazione artistica che ciascuno può
far proprie senza esitazione. Consapevole della astrattezza di quelle enunciazioni, Are stesso
cerca di esplicarne meglio il senso collegando la creatività alla novità, all'originalità,
all'individualità, alla personalità, etc.. Nel tentativo di definire il quid novi e il quid pluris in
rapporto all'impronta individuale dell'artista – artefice dell'opera, incorre nel rischio di
ingenerare tautologie poco proficue che non offrono in fondo criteri inoppugnabili ai fini
dell'identificazione della genialità creativa.
Nessuno può aver dubbi, sulla base di tali presupposti filosofici e della propria
sensibilità ed educazione, a considerare opere dell'ingegno creativo il “Mosé” di
Michelangelo, la “Rotonda” del Palladio, “Chiare, fresche e dolci acque” di Petrarca,
“L'infinito” di Leopardi, “La nona” di Beethoven, etc...: gli artisti menzionati, pur avvalendosi
del patrimonio di conoscenze ed espressioni artistiche precedenti e pur attingendo al clima
culturale dell'epoca in cui operano ( gusto, ideologia, concezione estetica) si sono rivelati e
rimangono portatori di un personalissimo, insostituibile contributo alla ricchezza spirituale,
morale ed artistica dell'intera umanità.
Quando un'opera, importante come le precedenti, è espressa pienamente ed è percepita
come rappresentazione universale di sentimenti e o esigenze dell'umanità o della frazione di
essa, rispetto alla quale il suo autore si pone come portavoce ( “vate” o “nervo scoperto”),
gode di un consenso unanime e senza riserve; quando, però, quei medesimi requisiti, che sono
anche criteri di giudizio, che si riconoscono ad essa, vengono adottati per valutare opere
inedite o non ben determinate nella loro esteriorizzazione, come nel caso dei format, essi
risultano inadeguati e, data la loro impronta artistico-letteraria, finiscono con il disconoscere e
600
ARE, M., L'oggetto del diritto di autore, cit., p. 36 e ss.

144
penalizzare forme diverse e/o minori di estrinsecazione del talento creativo.
Perfino le distinzioni più sottili e raffinate finiscono con l'essere strumenti indicativi
che non hanno e non potranno mai avere la precisione dei dispositivi di misurazione
scientifica e non possono evitare che le decisioni finali vengano rimandate ai giudici. Questi,
pur se personalmente versatili e poliedrici, sono sempre uomini e perciò fallibili. D'altronde il
ricorso ad esperti può attenuare, non scongiurare che si commettano errori. Lo dimostra il
fatto che, in passato, e per forme d'arte note e suggellate dalla tradizione, editori, galleristi,
critici dell'arte e della letteratura hanno disconosciuto dei veri e propri geni come Mozart,
Foscolo, Van Gogh e, più recentemente, Guido Morselli; di contro, in qualche caso, hanno
considerato opera originale e quindi artistica la clonazione spregiudicata di qualche imitatore
e persino lo scherzo goliardico di studenti buontemponi, come nel caso della burla delle false
teste di Modigliani.
Un secondo grande problema è rappresentato dal format in quanto tale. Essendo esso un
prodotto recente, non ha ancora un patrimonio pregresso e consolidato di genere cui fare
riferimento per poter stabilire, attraverso opportuni e mirati confronti, la misura di creatività,
novità ed originalità dell'opera nuova. Come si è dimostrato però, il format non è una pura
idea priva di rappresentazione, anzi i fiorenti scambi commerciali hanno portato gli operatori
del settore a differenziare la formula che lo identifica in diverse tipologie di sottoprodotti, che
vanno dal paper-format al format-package, in forma scritta più o meno dettagliata ed
eventualmente corredati da altro materiale informativo in base alle esigenze degli acquirenti.
La televisione in generale costituisce infine un altro problema. Infatti, il contesto
televisivo, che è l'ambito della maggior applicazione e diffusione del format, è caratterizzato
da una regolamentazione rigida e pervasiva, con la quale sono disciplinate le assegnazioni
delle frequenze, i livelli di concorrenza e concentrazione delle imprese, i limiti di durata e
contenuto delle pubblicità, ma, come accennato nell'introduzione, non dispone di nessuna
definizione giuridica di opera televisiva né di una normativa che contempli la vendita e
l'utilizzo di tale tipologia di opere. Nonostante siano trascorsi settant'anni dalla sua
apparizione, benché si siano apportate revisioni alla legge sul diritto di autore e ci siano state
prese di posizione da parte di molti operatori al fine di far emanare una legge quadro sul
sistema televisivo, perdura la mancanza di una legge ad hoc nell'ordinamento italiano. Si è
cercato di sopperire a questo vuoto, come si è visto nel corso della trattazione, facendo ricorso
alla legge testé menzionata del diritto di autore per le questioni di merito, mentre per tutti gli
altri aspetti di ordine legale si è interfacciata detta legge con quelle in vigore negli ambiti
collegati: disciplina del lavoro, della concorrenza, diritto civile, legge sull'artigianato, etc.

145
Avvalendosi di tali strumenti, la giurisprudenza italiana, che a ragione può vantarsi di
essere espressione della “patria del diritto”, si è sforzata di supplire a tale carenza in virtù
della completezza e del rigore con cui sono normati i comparti legislativi contigui sopra
elencati. Negli ultimi decenni, inoltre, essa ha dovuto assorbire una nuova esigenza sempre
più pressante, che è quella di contemperare e integrare le norme e le procedure nazionali con
quelle internazionali e, soprattutto, con le direttive europee che, non di rado, si discostano
nello spirito e nella lettera dalle prime. Per esempio, l'esplicita ammissione dei software e
delle banche dati alla tutela autoriale, imposta dall'Europa, ha obbligato ad una riformulazione
dei requisiti del diritto d'autore che si adattasse alle peculiarità espressive di questi nuovi
prodotti della tecnologia. Tali peculiarità presentano molte analogie con quelle dei format,
quindi si potrebbe tener conto di questo precedente per estendere la tutela anche a questi
ultimi.
Questa è un'altra ragione, se non la principale, per cui è diventato ormai
improcrastinabile emanare una legge sul sistema televisivo e i mass media. E in tal caso è
auspicabile che venga riservato il dovuto spazio al format, principalmente per individuare e
fissare, in modo più dettagliato e prescrittivo di quanto si è fatto finora, le sue peculiarità, le
sue modalità di progettazione, presentazione, contrattazione ed estrinsecazione.
Naturalmente, nella circostanza, sarà utile fornire precise indicazioni non solo riguardo
alla tutela e allo scambio dei format tra le aziende televisive e/o quelle di mediazione, che già
dispongono di risorse legali e finanziarie per cautelarsi per conto proprio da plagi e raggiri,
ma, soprattutto, e magari di intesa con la SIAE e eventuali apposite associazioni di categoria,
sarà opportuno prevedere dei dispositivi di salvaguardia a favore dei giovani autori. Essi,
sprovvisti come sono di risorse, per forza maggiore non possono andare molto oltre
l'ideazione e la progettazione verbale e grafico-descrittiva del format cioè sono costretti a
limitare la loro attività alle fasi iniziali; alle fasi che sono vaghe e “precarie” ovvero non
stabilizzate in una forma definitiva. Bisogna trovare il modo di riconoscere e offrire qualche
garanzia a questo stadio del lavoro intellettuale che è pur sempre concreto. Poiché se è vero,
come viene lamentato da più parti, che TV pubbliche e private si stanno omologando e stanno
appiattendo le loro offerte, è vero anche che uno dei possibili rimedi contro la tendenza al
conformismo imperante può essere rappresentato dalla selezione di nuovi talenti e
dall'attenzione e dall'incoraggiamento nei confronti del loro lavoro.

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