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LA NASCITA E LO SVILUPPO

DEI COMUNI
CAPITOLO I: i comuni in Italia
Nell’XI secolo l’Italia compì un grande cambiamento, passando dall’età feudale
basata sui rapporti di fedeltà tra signori e vassalli a quella conosciuta come età
comunale.
I contadini residenti all’interno del feudo, che ricevevano garanzia e protezione da
parte del signore, sceglievano di smettere di aver paura ed uscivano per lavorare la
terra e crearsi una maggiore autonomia, così iniziarono a comparire i primi borghi al
di fuori delle mura del feudo.

CAPITOLO II: un grande sviluppo in tutta Europa e il


continuo scontro tra papa e imperatore
A partire dall’anno Mille in tutta Europa si verificò una fase di forte espansione
demografica ed economica, gli scambi commerciali si intensificarono e le città ebbero un
ruolo centrale nello sviluppo economico-sociale.
Alcuni membri della nobiltà feudale abbandonarono i loro castelli nelle campagne
trasferendosi in nuovi insediamenti, dove formarono insieme ai mercanti più ricchi un
gruppo di potere, chiamato spesso dei “magnati”.
Durante questo periodo storico di riorganizzazione dei centri abitati i poteri che
governavano l’Italia erano la monarchia e il papato, in continuo scontro tra
loro.
Il papa si considerava investito dei suoi poteri direttamente da Dio e si poneva nei
confronti della Cristianità come autorità spirituale e politica. Questa concezione
universalistica (valida cioè per tutti gli uomini) del potere pontificio fu alla base di
continue lotte con il potere monarchico.
Come il papa anche l’ imperatore cercava di rivendicare il proprio potere e di avere la
meglio sulla chiesa.
L’autorità centrale rappresentata dall’impero viveva una crisi profonda per due
motivi:
- i contrasti con il papato per la lotta alle investiture, oltre a minare la legittimità su
cui si basava l’autorità imperiale, avevano permesso alle città più importanti di
ricevere concessioni e privilegi dall’imperatore o dal papa a seconda di quale parte
avessero deciso di sostenere;
- il riconoscimento del diritto di lasciare in eredità il proprio feudo ai figli, avvenuto
con l’emanazione della Constitutio de feudis nel 1037, aveva avviato un processo di
rafforzamento dei poteri locali a discapito di quello centrale.
In questo contesto, sempre più città si dotarono di forme di autogoverno che presero
il nome di comuni.
CAPITOLO III: la storia del comune
La storia del comune è caratterizzata da tre fasi: consolare, podestarile e popolare.
Nella fase consolare (XI-XII secolo) il potere era detenuto dai consoli, i quali
svolgevano funzioni prevalentemente militari e giudiziarie; alcuni organi importanti
erano:
-il consiglio Maggiore, che si occupava degli affari generali dello Stato;
-il consiglio Minore, che affrontava invece le questioni più importanti.
Il modello comunale si diffuse anche in altre parti d’Europa, ma solo nell’Italia
centro-settentrionale si verificarono le condizioni per fare dei comuni delle istituzioni
davvero autonome dal potere centrale.
Non mancarono tuttavia occasioni di ostilità fra questi ed il potere monarchico: ad
esempio nel 1152, dopo la sua incoronazione, Federico I Barbarossa intraprese una
campagna militare indirizzata a riportare in auge il potere del re, cercando quindi di
reprimere quello dei comuni che andava via via espandendosi.
Per attuare questo progetto spesso decise di radere al suolo molti comuni che non
volevano piegarsi al suo volere e deportare gli abitanti nelle città più pacifiche o che
avevano accettato di sottomettersi al monarca.
In questo periodo fu molto importante la battaglia di Legnano poiché, dopo una
tenace resistenza, il comune di Milano (all’epoca in lotta con Federico I) trionfò,
dando vita nel 1183 alla pace di Costanza, in cui venne ufficialmente riconosciuta dal
re l’indipendenza dei comuni.
Nella fase podestarile (fine XII secolo) il potere era affidato ad un podestà.
In questo periodo acquisirono grande importanza le corporazioni di mestiere, dette
anche Arti: in origine esse raggruppavano coloro che svolgevano lo stesso mestiere,
ma con il passare del tempo assunsero funzioni politiche e pubbliche, tanto che per
accedere a qualsiasi carica del comune era necessario essere iscritti ad una di queste.
Infine, il comune entrò nella fase popolare (XIII secolo), contraddistinta dalla
presenza di nuove figure sociopolitiche, come il capitano del popolo.
All’interno dei comuni durante il XIII secolo si assistette a una complessa
stratificazione sociale, in cui si possono identificare tre classi:
-un’aristocrazia inizialmente composta dalla piccola nobiltà feudale alla quale si
andarono ad aggiungere i grandi feudatari;
-un popolo grasso, composto dai grandi mercanti e dai banchieri che avevano
accumulato grandi ricchezze e prestigio sociale;
-un popolo minuto, composto da artigiani e lavoratori salariati e contadini che
risiedevano all’interno delle mura cittadine.
L’ORGANIZZAZIONE CULTURALE
Molti parlano del Medioevo come di un periodo buio dal punto di vista della cultura e, in
effetti, se confrontato con i nostri tempi e con la visione del mondo odierna, è così.
Tuttavia bisogna considerarlo anche come un’epoca di fioritura culturale che ha condotto
verso l’Umanesimo e il Rinascimento, in particolare occorre fare una divisione tra Alto e
Basso Medioevo, dato che questi due periodi sono
caratterizzati da profonde differenze.
Con la caduta dell’Impero Romano la cultura antica va principalmente perduta o relegata
in monasteri per la copiatura e le città preesistenti vengono abbandonate o si
spopolano. Questa epoca è chiamata alto medioevo e termina nell’anno mille.
Tutta la letteratura fino al rinascimento è dominata dall’allegoria, ovvero l’uso delle
parole non per il loro significato ma per simboli che sono legati alle suddette parole.
Questo porta alla creazione di libri e di raccolte di storie che parlano delle proprietà
benefiche o malefiche di pietre e gemme solamente basandosi sul loro nome e sui
simboli che si potevano nascondere dietro di essa (bestiari e lapidari). I libri sono rari e
per gran parte dell’alto medioevo monopolio ecclesiastico, tuttavia, con la rinascita
dell’anno mille e l’avvento delle università tornano a circolare i libri, rimanendo
costosissimi per la mancanza di materiale e per la scrittura a
mano, ricompare la punteggiatura da tempo scomparsa e i libri diventano non solo un
oggetto pratico ma anche un simbolo sociale di ricchezza e sapere, al contempo
diventando più piccoli e maneggevoli, adatti a spostamenti e frequenti consulti. Nel
corso del basso medioevo gli intellettuali diventeranno una élite
inaccessibile ai più, quindi relegando il sapere ad una classe aristocratica.
La cultura alto-medievale ha numerosi punti di riferimento e correnti di pensiero:
ALLEGORIE:
La visione delle cose dell’uomo medievale era pervasa di simboli e allegorie, ovvero i
significati e collegamenti nascosti dietro ad oggetti e animali, avevano più gradi di
complessità e comprensione:
Letterale, allegorico, morale, anagogico. Un chiaro utilizzo di questa visione allegorica e
fortemente incentrata sull’uso e significato delle parole sono le raccolte di descrizioni di
animali e minerali che erano diffuse nel medioevo, chiamate rispettivamente bestiari e
lapidari, essi descrivono le proprietà magiche degli oggetti e a volte animali fantastici che
non esistevano, poiché essi utilizzando le parole già esistenti inventavano animali
basandosi su tutti i rimandi e significati del termine.
RAZIONALISMO:
Corrente di pensiero guidata da Tommaso d’Acquino che tramite il pensiero filosofico
interpretava il mondo e cercava collegamenti con dio seguendo la logica e la ragione.
MISTICISMO:
Corrente di pensiero opposta a quella di Tommaso d’Acquino e guidata da San
Bonaventura.
UNIVERSALISMO:
L’uomo medievale vedeva il mondo e la società come uno schema universale rigido nel
quale esistevano solo due figure chiave: L’imperatore per il potere temporale, e il papa
per il potere spirituale. La società è divisa in tre classi: i religiosi, i combattenti, i
lavoratori.
ENCICLOPEDISMO:
nell’alto medioevo un uomo si poteva considerare dotto se aveva una conoscenza molto
vasta di tutti gli argomenti, anche se lacunosa.
In questo periodo Isidoro di Siviglia realizza un opera enciclopedica chiamata
Etymologiae che indaga l’origine delle parole e i loro significati simbolici.

Tra il decimo e l’undicesimo secolo si assiste ad un progressivo cambiamento economico


e socio-politico, che interessa tutto il continente europeo, ma in particolare la Francia
meridionale e l’Italia. Questo ha un’impronta enorme sulla cultura, che presto ne
diventa l’espressione. Bisogna tenere conto che la cultura spesso nasca per mediare e
risolvere problemi e conflittualità, ed è proprio ciò che accade intorno all’anno mille.
Mentre i due poteri universali, Chiesa e impero, entrano in crisi e guerreggiano tra di
loro, si sviluppano in determinate aree d’Europa nuove forme di governo autonomo,
quali le corti feudali e i comuni. Corti e città sviluppano una serie di accordi di protezione
e tolleranza reciproca. Queste organizzazioni, che per la prima volta dalla nascita del
cristianesimo si trovano svincolate dal potere imperiale ed ecclesiastico, portano alla
nascita di una nuova mentalità e di una nuova visione del mondo, che vengono
incorporate nel concetto di cultura laica.

PROSA:
Romanzo cortese-cavalleresco: nasce nella Francia centro-settentrionale e si basa sulle
storie del ciclo bretone oppure sui racconti di Tristano e Isotta, ma questo più verso il
confine con la Germania.
Ha caratteristiche molto innovative dato che si concentra sull’esperienza avventurosa, di
solito di un cavaliere, che compie gesta valorose per conquistare una dama.
La donna è quindi come una seconda protagonista, oggetto di gioia, ricerca, dolore e
sofferenza, ma soprattutto oggetto dell’amore che l’uomo prova.
L’amore è il vero elemento trascinante del romanzo cortese-cavalleresco, è ciò che
trasforma la persona e ne ingentilisce il carattere e che diventa il simbolo della nobiltà
d’animo.
Questa forma letteraria nasce e si diffonde all’interno delle corti e ha lo scopo primario
di mettere un freno alla violenza della classe dei cavalieri, che erano molto poco gestibili.
CANZONI DI GESTA
Sono la forma letteraria più diffusa, se ne trovano le tracce in: Francia, Spagna, Russia
orientale e Germania del nord.
Hanno una struttura piuttosto rozza, ma testimoniano che la classe militare ha
un’enorme influenza sulla popolazione. Il loro scopo è esaltare i valori cavallereschi e
spingere la violenza dei cavalieri verso un nemico esterno, ovvero gli infedeli.

POESIA:
La poesia è in quegli anni l’espressione della letteratura raffinata, apprezzata da un
pubblico colto ed esigente.
Non presenta forme così varie come la prosa, ma si divide essenzialmente in poesia
religiosa e laica.

POESIA RELIGIOSA:
Nasce con la necessità della Chiesa di riacquistare credibilità.
Tuttavia con il passare degli anni essa diventa anche il portavoce del volere del popolo
nei confronti delle istituzioni ecclesiastiche.
Il primo esempio di poesia religiosa è “Il cantico delle creature”, la prima opera poetica
scritta in un volgare italiano, di San Francesco d’Assisi, che con la sua opera riesce a
rivoluzionare, almeno in parte, la Chiesa.

POESIA LAICA:
la poesia laica nasce nel sud della Francia, la Provenza, e prende per questo il nome di
poesia provenzale. Ha origine nelle corti, è scritta in lingua d’oc ed è basata sul concetto
di fin’amor, l’amore cortese. L’idea è la stessa del romanzo cortese-cavalleresco, ma si
sviluppa in maniera diversa. L’amor cortese ha un codice specifico, che di solito entra in
contrasto con quello religioso per una serie di aspetti, ed è riassunto in quattro idee: il
servizio d’amore, ovvero la devozione nei confronti della donna amata; l’amore
inappagato, che genera stimolo e desiderio continuo; l’amore che ingentilisce, ovvero
che rende l’animo più mite, misurato, fedele e aperto alle emozioni; infine l’amore
adultero, quello fuori dal matrimonio, che spesso era solo un contratto di convenienza, e
quindi passionale e vero.
Nasce la Scuola Poetica Siciliana, Federico II era interessato a espandere la sua area di
influenza nei territori dell’Italia centro-settentrionale. In questo modo le idee della
Scuola Poetica Siciliana si diffondono nelle nuove città dove daranno origine a due
correnti diverse:
il Dolce Stil Novo, una scuola poetica basata anch’essa sull’idea dell’amor cortese e delle
gioie che esso provoca nell’animo ma che scrive in volgare toscano, soprattutto
fiorentino e la Poesia goliardica, padroneggiata soprattutto dagli studenti universitari,
che in un volgare toscano molto forbito e ironico, polemizza sulle problematiche del
mondo e si burla di tutte le forme letterarie più serie.
ORGANIZZAZIONE POLITICA ED
ECONOMICA NEI COMUNI
Nel XI secolo si assiste a un complesso fenomeno urbanistico che caratterizzò
principalmente l’Italia centrosettentrionale,per poi espandersi successivamente in
alcune regioni della Germania centro-meridionale, in Francia e nelle Fiandre. La
popolazione raddoppiò e le città si imposero sui castelli e sulle abbazie, si svilupparono
nuove attività economiche e si formarono nuove organizzazioni politiche.
ORGANIZZAZIONE POLITICA:
• Le istituzioni politiche
La prima forma di organizzazione politica che gli abitanti dei comuni si diedero fu quella
del comune consolare. Il comune veniva governato quindi dai consules, i quali
prestavano giuramento di fedeltà davanti al popolo. Questi due consoli venivano
affiancati da un Consiglio di Anziani.
• Il diritto civile
Nei comuni per gestire la popolazione e il nuovo sviluppo economico, vennero create
soluzioni giuridiche innovative. Il diritto comunale venne forgiato da veri e propri giuristi
professionisti, i quali si dedicarono allo studio del Corpus iuris giustinianeo, cioè il diritto
romano originario. Questi furono poi chiamati Glossatori, il cui termine proviene dalle
“glosse” (annotazioni brevi ai margini di testi) che venivano fatte sui testi giuridici
romani. Il diritto comunale venne identificato come “diritto comune”, perché era rivolto
a tutta la popolazione e in tutti gli ambiti.
ORGANIZZAZIONE ECONOMICA:
In pochi decenni l’Europa passò da un’economia di tipo “chiuso” a un’economia di tipo
“aperto”, che si sviluppò attraverso i mercati e le reti commerciali. Il Mar Mediterraneo
ritornò ad essere il ruolo centrale dal punto di vista economico e fu dominato dalla
presenza di città e porti possedenti vastissime ricchezze. La rinascita delle attività
commerciali consentì l’emergere di un gruppo sociale che per secoli era quasi del tutto
scomparso in molte regioni europee: quello dei mercanti. I mercanti furono i veri artefici
della rinascita economica avvenuta tra XII e XIV secolo. Furono i mercanti ed i banchieri
pisani, veneziani, genovesi e fiorentini a far nascere per primi il concetto di compagnia.
Ogni compagnia era formata da una casa madre e da numerose filiali, teoricamente
indipendenti, ma tenute a lavorare in maniera coordinata e a venire in aiuto l’una
dell’altra in caso di necessità. Al servizio della compagnia c’erano flotte, carovane e, per
rendere più pratico e sicuro il viaggio dei commercianti, al posto dei contanti si usavano
lettere di cambio, ricevute che valevano tanto quanto la somma di denaro depositata
precedentemente presso un banco. I calcoli vennero sensibilmente semplificati
dall’introduzione delle cifre arabe. Per necessità nacque anche la figura del banchiere e
così la professione di cambiavalute, si trattava di un mestiere importante poiché
l’incremento delle attività commerciali aveva richiesto l’uso di monete pregiate per
eseguire le transazioni economiche più consistenti. Quindi, dopo la metà del XIII secolo,
le città più ricche coniarono nuove monete: A Firenze venne coniato il fiorino, a Genova
il genovino e a Venezia il ducato.
I COMUNI ITALIANI NEL
DUECENTO
IL CETO MERCANTILE:
Nella società odierna, per mercante si intende chi compra per rivendere.
Il mercante medievale non era un semplice intermediario tra produttore e consumatore,
bensì qualcosa di più complesso. Il mercante guadagna molto ma corre molti rischi come
ad esempio il fallimento.
I mercanti non solo comprano e vendono merci, ma si trasformano in uomini d’affari,
prestano denaro, creano banche e intermediazioni finanziarie, e possono diventare
imprenditori e produttori essi stessi di merci che poi vendono in tutta l’area del
Mediterraneo e in Nord Europa.
La figura economica del mercante, diventa man a mano sempre più importante e
indispensabile ma soprattutto svolge una funzione fondamentale nella cultura cittadina.

GLI ARTIGIANI:
Prima del Mille prevale in Europa un'attività artigiana limitata all'essenziale, svolta nelle
campagne per le esigenze della comunità di villaggio e per quelle delle corti di signori e
grandi proprietari. L'affermarsi dell'economia cittadina e di regolari relazioni di mercato
fra città e campagna assicurano, all'interno delle mura della città e nei borghi, una
divisione e specializzazione del lavoro. Ogni artigiano aveva una propria bottega, luogo di
produzione e formazione, possedeva gli strumenti del mestiere e si avvaleva dell’aiuto di
uno o due lavoranti e di due o tre garzoni apprendisti.

LE CORPORAZIONI E LE “ARTI”
Le corporazioni, che nel Medioevo erano conosciute come Arti o Mestieri, nei paesi
germanici venivano chiamate Gilde. Esse incarnano la forma di organizzazione del lavoro
più abituale nelle fiorenti città dell’Europa occidentale, a partire dalla prima età
comunale e fino a tutto l’Antico Regime. Le prime tracce dell'esistenza di associazioni che
riunissero coloro che esercitavano uno stesso mestiere, risalgono all'epoca romana, e
più precisamente al I secolo. La corporazione è quindi il sodalizio tra tutti coloro che, in
una determinata città, praticano lo stesso commercio o lo stesso mestiere, ovviamente
non ci si riferisce ad apprendisti e salariati, i quali non giocano alcun ruolo
nell’organizzazione corporativa, bensì solamente ai padroni. La corporazione è
sottoposta al controllo dell’autorità cittadina sia essa quella del comune o del principe. È
delegata a disciplinare l’esercizio del traffico, del commercio o del mestiere, in condizioni
di monopolio. In altre parole nessuno, senza essere iscritto all’Arte, poteva essere
autorizzato ad avviare e a portare avanti una propria attività. È la corporazione a
stabilire, nella più completa autonomia, prezzi, salari e condizioni di lavoro, fino alla
possibilità di negare il diritto di associazione e di sciopero a determinate categorie di
manodopera. Evidentemente non tutte le corporazioni hanno eguale prestigio, quelle
che radunano lanaioli, mercanti, banchieri, giudici, notai (conosciute a Firenze come
“Arti maggiori”) hanno maggior peso ed importanza rispetto a quelle dei mestieri
artigianali (chiamate “Arti minori”).

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