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L'impegno cristiano

nel mond o
di
Michael Waldstein

Communio (Italian) 203-204 (2005) 167-175

La teologia balthasariana dell'impegno cristiano nel mondo è, come


ogni ambito della sua teologia, profondamente giovannea. La mia rela-
zione si articola in quattro parti: la prima presenta il punto di partenza
giovanneo; la seconda va al cuore della teologia balthasariana dell'im-
pegno cristiano nel mondo, che è basata sul punto di partenza giovan-
neo; la terza discute la descrizione da parte di Balthasar degli aspetti
che piu caratterizzano il mondo moderno; la quarta presenta gli ele-
menti che Balthasar propone per l'impegno cristiano proprio in questo
mondo moderno.

Il punto di partenza giovanneo

In Giovanni il concetto di «mondo, cosmos» ha spesso un senso


profondamente negativo. li Gesu giovanneo definisce «il principe di
questo mondo» (Gv 12,31; 14,30; 16,11; cfr. l Gv 5,19) come una
menzogna, la principale e la piu radicale di tutte le menzogne. La men-
zogna consiste in questo: il principe di questo mondo «dice ek ton
idion, il falso, parla del suo» (Gv 8,44), come se egli fosse un inizio as-
soluto. Gesu, invece, dice di se stesso: «lo non ho parlato [ex emautou]
da me, ma il Padre che mi ha mandato, egli stesso mi ha ordinato che
cosa devo dire e annunziare» (Gv 12,49). Si può comprendere la diffe-
renza fondamentale tra Gesu e il principe di questo mondo solo in ter-
mini trinitari: Gesu esiste, agisce e parla a partire dal Padre che lo man-
da; il principe di questo mondo agisce e parla come se esistesse da se
stesso. Egli pone se stesso al di fuori del rapporto originario con il Pa-

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dre. Questa è la menzogna per eccellenza, contraria alla verità che per
eccellenza si trova nel rapporto originario del Figlio con il Padre che Lo
ha mandato.
Missione e filiazione sono molto simili l'una all'altra. In Giovanni, il
Padre con cui Gesti è in rapporto è molto spesso «il Padre che mi ha
mandato», o semplicemente «Colui che mi ha mandato». È corretto in-
ferire dal vangelo di Giovanni, come fa Tommaso d'Aquino, collegan-
do in modo radicale la missione con la Persona eterna del Figlio. La
personalità del Figlio, in quanto persona distinta dal Padre, sussiste nel-
la sua figliolanza, nel suo rapporto originario con il Padre. Persona e
rapporto originario sono identici. La missione del Figlio nel mondo è lo
stesso rapporto originario, visto in riferimento all'incarnazione e al-
l' opera di salvezza. Persona e missione sono di conseguenza identiche
(cfr. Summa Theologiae I, 43 ). Questa identità può essere presa come
assioma fondamentale della teologia di Balthasar dell'impegno cristia-
no nel mondo.
Finché il mondo, inteso in senso negativo, è antitrinitario in opere e
in parole, non lo si deve amare. «Non amate il mondo, né le cose del
mondo! Se uno ama il mondo, l'amore del Padre non è in lui; perché
tutto quello che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concu-
piscenza degli occhi e la superbia della vita [o superbia della ricchezza],
non viene dal Padre [ek tou patros], ma dal mondo [ek tou kosmou]»
(l Gv 2,15-16). Di pari passo con la menzogna antitrinitaria del prin-
cipe di questo mondo, il mondo si definisce, dunque, attraverso una
forma di desiderio e di superbia che tenta di ignorare il rapporto ori-
ginario con il Padre, il rapporto per cui egli è «dal Padre [ek tous pa-
tros ]». li genitivo dell'asserzione «l'amore del Padre non è in lui» può
essere probabilmente inteso sia come un genitivo oggettivo, il nostro
amore per il Padre, che come genitivo soggettivo, l'amore del Padre per
noi. Se amiamo il mondo, l'amore del Padre, in questi due sensi, non è
in noi.
Eppure, l'affermazione chiave del Gesti giovanneo è che il Padre
ama il mondo. «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Fi-
glio unigenito [ ... ].Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giu-
dicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui» (Gv
3,16-17). «In questo si è manifestato l'amore di Dio per noi: Dio ha
mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vi-
ta per lui» (l Gv 4,9). «E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il
Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo» (l Gv 4,14).
Giovanni descrive il fine di questa missione come espiazione (hila-
smos). «Egli è vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per
i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo» (l Gv 2,2). «Ecco l'a-
gnello di Dio, ecco colui che toglie [o porta via] il peccato del mondo!»
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(Gv 1,29). In tutti questi testi il mondo nella sua interezza è oggetto del-
l' amore e dell'azione redentiva di Dio. La ragione per cui il Padre può
amare il mondo in modo tanto radicale sta nel fatto che, nonostante lo
sforzo di ignorare il rapporto originario, il mondo esiste in tale rapporto
originario. «Il mondo fu fatto per mezzo di lui» (Gv 1,10), attraverso il
solo ed unico Verbo del Padre. Il fatto che il mondo abbia origine nel
Verbo del Padre spiega perché la menzogna del principe di questo
mondo è davvero una menzogna. Quando parla di se stesso, contrad-
dice il fatto fondamentale che egli non esiste da se stesso, ma esiste co-
me creatura dal Padre attraverso il Verbo.
La salvezza del mondo implica, nella sua realtà piu profonda, un ri-
torno alle origini. Essa implica il riconosciment o della creazione quale
rapporto originario con il Padre nel Figlio. Ora, la salvezza non è sol-
tanto un ritorno alla creazione, ma mira a orizzonti futuri aperti. «Ha
dato loro il potere di diventare figli di Dio» (Gv 1,12). Gli esseri uma-
ni dimoreranno nel luogo del Figlio unigenito di Dio, nello scambio
d'amore tra il Padre e il Figlio. «Padre, voglio che anche quelli che mi
hai dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria,
quella che mi hai dato; poiché tu mi hai amato prima della creazione del
mondo» (Gv 17,24).
Questo fine futuro determina profondament e il tempo presente. La
personalità del Figlio, identica al suo rapporto originario con il Padre e
con la sua missione, personalizza coloro che ricevono «il potere di di-
ventare figli di Dio». Si può definire tutto questo come analogia di
missione. n piccolo avverbio come, kathos, lo si può ritrovare in tutto il
vangelo di Giovanni come avverbio di analogia. «Come [kathos] tu mi
hai mandato nel mondo, anch'io li ho mandati nel mondo» (Gv 17 ,18).
Questa analogia di missione implica anche un'analogia d'amore, che di-
scende in modo triplice dal Padre attraverso il Figlio fino ai discepoli.
«Come [kathos] il Padre ha amato me, cosi anch'io ho amato voi» (Gv
15,9). «Vi do un comandament o nuovo: che vi amiate gli uni gli altri,
come [kathos] io vi ho amati» (Gv 13,34). «Questo è il mio comanda-
mento: che vi amiate gli uni gli altri, come [kathos] io vi ho amati» (Gv
15,12).

Il cuore della visione balthasariana dell'impegno cristiano nel mondo

Partendo da questa base giovannea si può comprendere immedia-


tamente perché l'amore cristiano per il mondo, l'impegno cristiano nel
mondo, basato sulla missione del Figlio nel mondo, sta al cuore piu
profondo della teologia di Balthasar. Essere un discepolo, essere coin-
volti nel dialogo trinitario tra il Padre e il Figlio è inseparabile dall'es-

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sere mandati nel mondo, nel mondo che il Padre ha tanto amato da da-
re il suo unico Figlio.
Nella visione giovannea v'è un atto fondamentale che sostiene e de-
termina tutti gli altri. In esso il Figlio di Dio spinge il Padre a mandar-
lo nel mondo e si abbandona alla guida del suo Spirito d'amore. È da
quest'atto fondamentale che tutto il resto nella vita di Gesti fluisce, il
suo morire come il suo soffrire. «Si può definire quest'atto fondamen-
tale, che precede ogni altra azione e passione, come il suo autoabban-
dono alla volontà del Padre e al concretizzarsi e al manifestarsi di que-
n
sta volontà nello Spirito Santo». 1 fatto che Balthasar sottolinei che
questo atto fondamentale precede ogni altra azione e passione è estre-
mamente importante. L'atto fondamentale di autodonazione o auto-
consacrazione e abbandono a Dio è il centro di tutto. Viene prima del-
la distinzione tra azione e contemplazione, nella misura in cui è un te-
nersi pronto a impegnarsi nell'una e nell'altra, benché esso stesso non
possa essere semplicemente descritto come un atto di vita contempla-
tiva o attiva. Viene anche prima della distinzione tra la chiamata spe-
ciale agli stati imperniati sui consigli di povertà, castità e obbedienza e
la vita cristiana piti ordinaria, in cui non avviene una scelta particolare
di questo genere. Sia coloro che vivono lo stato imperniato sui consigli
che coloro che non devono vivono le loro vite al di fuori di questo atto
fondamentale. n significato dei consigli evangelici è di esprimere que-
sto atto in modo particolarmente radicale e completo, in accordo con
una specifica elezione divina, una specifica chiamata.
n Gesti giovanneo parla spesso di «portare frutto», in particolare nel-
l'immagine del vino e dei tralci (Gv 15,1-11). n suo atto fondamentale di
autoabbandono al Padre che lo manda porta frutti anche dove termina
l'azione umana autosospinta, cioè nella sofferenza e nella morte. «Se il
chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muo-
re, produce molto frutto» (Gv 12,24). n concetto biblico di fecondità,
mostra Balthasar, va perciò oltre i concetti che appartengono ad atti at-
tivi e formativi nel mondo, come intenzione, fine, raggiungimento, pro-
fitto e successo. Le azioni umane concepite in questo modo sulla base
dell'intenzione e del fine sono sempre limitate nel loro potere. È soltan-
to nell' autoabbandono del Figlio al Padre, nella sua sofferenza e morte,
che il potere d'amore del Padre può essere pienamente attivo nella sua
vera infinità. n dono della vita eterna sarà infinito, e quindi il potere at-
traverso cui il Padre lo dà deve essere anch'esso infinito.
«[L'illimitato autoabbandono del Figlio al Padre] può essere usato

1
H.U. von Balthasar, Gottbereites Leben. Der Laie und der Riitestand. Nach/olge
Christi in der heutigen Welt,Johannes Verlag Einsiedeln, Freiburg i. B. 1994; 14.

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dal Padre per l'infinità. È il materiale piu prezioso che può essergli of-
ferto -perché non è rassegnazione, ma amore attivo, bruciante -e da
questo materiale egli può formare tutto ciò che vuole. Bisogna anche di-
re che senza questo materiale egli non può formare ciò che vuole. Ad
esempio, non può "riconciliare a sé il mondo" "creando" l'abbandono
amante del Figlio "che non aveva conosciuto peccato" (2 Cor 5,19),
poiché per questo passaggio misterioso ha bisogno proprio di questa il-
limitata disponibilità, che permette a se stessa di essere plasmata per
tutto ciò che il Padre vuole. Diversamente, l'esito sarebbe solamente li-
mitato; sarebbe meramente umano, benché buono e piacente a Dio; sa-
rebbe il risultato di progetti e iniziative umani, ma mai il regno di Dio.
. I limitati progetti umani possono contribuire alla venuta del regno so-
lo a condizione che sgorghino non dal principio del proprio finito pro-
gettare, ma dal principio della perfetta disponibilità per il Padre nello
Spirito Santo. [ ... ] La disponibilità amante del Figlio, in cui questi
conduce se stesso a offrirsi, non è meno infinita che la disponibilità
amante del Padre a salvare il mondo dando suo Figlio, e il piano di Dio
può accadere attraverso il potere di questa stessa disponibilità, nel-
l' opposizione tra chi manda e chi è mandato (nell'unità dello Spirito
che realizza questa missione). Quest'unico gesto del Dio trino ed uni-
co è il suo perfetto ed insuperabile atto di volgersi al mondo. Nessuna
particolare azione cristiana rapportata al mondo del prossimo merita il
nome di "cristiana", nessuna merita il nome di "cristiana" se non è "co-
struita sul fondamento di Cristo" »2 •
In tale testo Balthasar elabora il punto chiave a partire dal quale si
può comprendere tutta la sua descrizione dell'impegno cristiano nel
mondo. In particolare, egli vi chiarisce il motivo per cui Balthasar ha tan-
to fortemente preferito uno stato di vita secondo i consigli evangelici,
che non implica separazione dal mondo, ma pieno impegno nel mondo
come laico. La proposta radicale della sequela di Gesti nella sua vergi-
nità e povertà, in obbedienza al Padre che lo manda nel mondo, è pro-
fondamente giovannea. Corrisponde anche, argomenta Balthasar, alle
esigenze dell'attuale momento storico. È caratteristico del mondo odier-
no che la piena partecipazione alla sua vita richieda un alto grado di for-
mazione professionale. I membri di un istituto secolare devono essere
saldamente radicati nella vita professionale e vivere questo radicamento
esprimendo l'amore in modo radicale attraverso i consigli evangelici.
Sotto questa luce è anche evidente il motivo per cui Balthasar senti-
va una profonda affinità con Luigi Giussani e il suo movimento Co-
munione e Liberazione, in particolare con i Memores Domini, che vi-

2
Ibid., pp. 15-16.

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vono la vita dei consigli nel mondo. L'opera principale di Balthasar
sull'impegno cristiano nel mondo, In Gottes Einsatz leben, fu redatto
sulla base di un ritiro che Balthasar diede insieme a Giussani ai mem-
bri di CL.

Qual è la caratteristica piu tipica del mondo moderno?

Se la teologia giovannea della missione nel mondo rappresenta il


cuore della teologia balthasariana dell'impegno cristiano nel mondo, la
questione logicamente successiva è: quali sono le caratteristiche del
mondo in cui i cristiani sono mandati in questo preciso punto della sto-
ria, l'epoca moderna? La cultura della modernità, secondo l'analisi di
Balthasar, è modellata da due movimenti spirituali principali: in primo
luogo la liberazione, in particolare in forma di emancipazione, e in se-
condo luogo il potere, in particolare sotto forma di potere tecnico sul-
la natura. I due movimenti, benché in apparenza opposti sotto diversi
aspetti, sono intimamente legati l'uno all'altro, sono due facce della
stessa medaglia. In quanto segue metterò in luce soprattutto il secondo
aspetto.
Vorrei iniziare con la descrizione balthasariana della forma auten-
tica della libertà umana, basata sul cuore giovanneo della sua teologia.
Da un lato intendo me stesso come avente il potere di automovimen-
to, il potere che i Padri greci della Chiesa, seguendo gli stoici, chia-
mano aut' exousion, autopotere. Dall'altro lato, non ho potere sulla
mia origine e i miei scopi, ma in entrambi i casi dipendo da altri e, piu
generalmente, da Dio, il mio principio e la mia fine, Colui che mi dà
l'essere ed è la mia pienezza. Sia a livello dei rapporti umani, come nel
matrimonio, che in relazione a Dio dipendo da altri che liberamente si
aprono a me.
Di conseguenza, il nucleo di una vita umana autenticamente libera
consiste nella consapevolezza del nostro rapporto originario con Dio
creatore (Dio come Alfa), chiamati ad essere figli nel Figlio di Dio (Dio
come Omega), grati per il dono dell'essere (Alfa), bisognosi e suppli-
canti il dono della pienezza (Omega). Per questo motivo, il nucleo di
una vita autenticamente umana consiste nell'attività, inseparabilmente
attiva e ricettiva, che ho discusso sopra. Maria è l'esempio creaturale su-
premo di questa indivisibile autodonazione a Dio: <<Sono la serva del
Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Le 1,38).
Una volta che questo nocciolo di vita autenticamente umana è chia-
ramente identificato, si può vedere, in contrasto, dov'è il vero punto fo-
cale del male. «Ogni forma in cui il sé tenta di separarsi dalla sua fon-
dazione in Dio e arriva a fondarsi in se stesso è un tentativo di realizzarsi

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oltre la propria libertà; è un'avidità di potere». 3 È evidente che questa
descrizione del male corrisponde alla descrizione giovannea del diavolo
come bugiardo, le cui menzogne consistono nel parlare da se stesso piu
che dal Padre. Questo non significa affermare che tutte le forme di po-
tere sono malvagie. Al contrario, come sostiene la tradizione teologica
greca, la aut exousion o autopotere è un aspetto essenziale della libertà
umana. Questo significa, comunque, che «il potere è in modo partico-
lare occasione e ambito della decisione - piu in particolare della deci-
sione finale tra Dio e il demonio». 4 Qui Balthasar è d'accordo con Ago-
stino, che vede la brama di potere, la libido dominandi, come caratteri-
stica centrale della città dell'uomo in contrasto con la Città di Dio.5
Un punto ulteriore è implicito in questa analisi del peccato, un pun-
to già citato sopra. Autorealizzazione, cioè liberazione come emanci-
pazione, e avidità di potere sugli altri sono intimamente connesse come
le due facce di una sola medaglia.
n potere, nel senso appena discusso, include l'intero ambito del po-
tere umano, dall'uso delle cose o di se stessi per perseguire il piacere fi-
no al potere politico. n potere, in questo ampio senso, è tanto vecchio
quanto l'umanità. E ancora, un tale potere non è in se stesso necessaria-
mente malvagio, ma è un luogo privilegiato e un'espressione del male.
La modernità, argomenta Balthasar, è definita nella sua essenza da
una particolare forma di potere. È definita dal ruolo di una ragione
strumentale che cerca sopra ogni cosa di ottenere un potere manipola-
tivo sulla natura. Questo potere non ha bisogno di ricordare la propria
origine e scopo, non ha bisogno di ricevere. Può arrivare a concepirsi
come un punto di partenza assoluto che impone al mondo le sue opi-
nioni. La conseguenza è che tende a ridurre il mondo a mera esteriori-
tà, in se stessa priva di significato. nmondo concepito dagli esseri uma-
ni in modo che si addica ai fini del dominio tecnico non è un oggetto
neutrale, non è cioè ciò che spesso molti descrivono come un'immagi-
ne della natura di tipo scientifico, libera da valori. È vero il contrario:
in esso è presente una decisione per l'ideale di una ragione strumenta-
lizzata che considera il mondo come materiale grezzo per il potere
umano. E si viene a creare cosi un mondo artificiale che in parte riflet-
te tale decisione. La natura di questo mondo artificiale è piu che evi-
dente nelle grandi città del nostro pianeta, dove la gente può vivere per
lunghi periodi in contatto quasi esclusivo con i suoi stessi artefatti e sen-

3 H.U. von Balthasar, Theodramatik. III. Die Handlung,Johannes Verlag, Einsiedeln


1980, p. 134 [Teodrammatica. IV I.;azione, tr. it. di Guido Sommavilla, Jaca Book, Mi-
lano 1986].
4 Ibid., 136.
5 Agostino, La città di Dio, 13,14; 15,4; 18,49.

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za contatto reale con il mondo naturale. In una situazione come questa,
il creatore della natura diviene invisibile, cosi come l'ordine da lui po-
sto nella natura, compresa la natura umana. Non meraviglia il fatto
che, in linea di principio, tendiamo ad essere ciechi all'insegnamento
cattolico circa la sessualità. Una ragione strumentalizzata come questa,
con il mondo che essa crea, è per diversi aspetti una struttura di pec-
cato. Questa struttura di peccato si esprime in una modalità globale e
intricata di vedere, intendere e agire che domina la vita di popoli in cui
si svolge la vita degli individui. È questo il motivo per cui il problema
dell'impegno e dell'azione umani nel mondo della modernità non è in
primo luogo un problema morale, ma un problema metafisica e teolo-
gico che riguarda l'essere e il comprendere.

I.;in/anzia come principio guida dell'impegno cristiano nel mondo

Balthasar offre un orientamento per l'impegno cristiano nel mondo


in molti modi differenti e in vari luoghi della sua vasta opera. Ad esem-
pio, insegna un modo piu profondo di guardare alla natura in una del-
le sue opere di gran lunga maggiori, Wahrheit der Welt, ripubblicata
con il titolo Theologik I, in cui egli ricorre ai Padri Greci, a San Tom-
maso e a Goethe per andare oltre una comprensione meramente mec-
canicistica della natura e sviluppa una visione dei trascendentali come
autocomunicazione dell'essere.
Forse la piu utile di queste opere è quella che ha scritto per ultima,
Se non diventerete come questo bambino. In quest'opera presenta anco-
ra una volta, con magistrale semplicità e lucidità, il cuore giovanneo del-
la sua teologia, meditando sul mistero dell'infanzia. All'inizio del capi-
tolo intitolato Vivere come bambini di Dio scrive:
«Forse la pretesa cristiana che manteniamo viva la nostra condizio-
ne di figli di Dio è diventata piu difficile da quando l'uomo tecnologi-
co cerca in misura crescente di formare e amministrare da se stesso ogni
cosa. li materialismo crede di poter comprare la libertà umana da se
stesso attraverso il dogma dell'ateismo, ma il positivismo fa la stessa co-
sa quando vieta ogni questione genuinamente filosofica e limita l' oriz-
zonte del pensiero significante a fatti concreti e riscontrabili. L'uomo
tenta di afferrare e comprendere l'enigma della sua origine, ma può far-
Io solo creando in misura crescente se stesso, e noi stiamo camminan-
do decisamente giu per la strada che porta alla capacità di creare l'uo-
mo. Questo sviluppo priva piu che mai del suo valore il mistero mera-
viglioso dell'infanzia. Ma finché l'ideale dell'uomo che crea se stesso è
infallibilmente autodistruttiva - se si trasforma in. un golem -l'opposta
immagine guida della cristianesimo mantiene la sua piena e persino

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crescente validità; l'immagine guida della nascita da Dio, dell'essere fi-
gli di Dio anche quando si è adulti, attivi e inventivi»6 •
Immediatamente dopo questo testo profetico, Balthasar spiega che
cosa significa vivere come un figlio di Dio. Mette in luce quattro pun-
ti. Il primo è che viviamo il mondo come un miracolo, come qualcosa
di meraviglioso, di sempre piu grande, semper maius, perché Colui che
lo ha creato, che lo porta all'essere e che lo guida verso il suo fine è
semper maius. Il secondo è che viviamo in gratitudine, nella consape-
volezza del dono della vita che abbiamo ricevuto, espresso im maniera
suprema nella Eucarestia, che prende il nome dalla parola greca che si-
gnifica rendimento di grazie. Penso sia importante notare che Balthasar
no'n considera il miracolo e la gratitudine semplicemente come pretese
morali. Essi sono pretese morali, ma, piu profondamente, sono radica-
ti nell'autentica natura dell'essere. Il terzo, e qui si vede ancora una vol-
ta la convergenza con Giussani, è un senso vivo per l'intimo mistero
della Chiesa come presenza di Cristo. Il quarto punto riguarda l'uso del
tempo. Quando un bambino gioca, non usa l'agenda per organizzare il
suo tempo. Riceve ed usa il tempo con una pienezza originaria. Questi
quattro punti sono fondamentali per dirigere l'impegno cristiano nel
mondo. Si potrebbero affermare molte altre cose su ciascuno di essi.
Visto che sono un laico, sposato e padre di un certo numero di figli,
di quattro maschi e anche di quattro femmine, vorrei concludere con una
sorta di testimonianza. Uno dei fini principali del matrimonio e della pa-
ternità, mi sembra, è per i padri di imparare dai loro bambini. «Se non ti
converti e non diventi come questo bambino ... », dice Gesti. I genitori
hanno il privilegio di essere vicini ai bambini e quindi all'immagine gui-
da dell'impegno cristiano nel mondo. Se i genitori sono disposti a farsi
coinvolgere nel mondo di fantasia dei loro figli, possono capire meglio
che cosa significa esistere. Lo stesso è vero per i nonni. Essi hanno anco-
ra da imparare, e possono imparare. La famiglia, come ha detto spesso
papa Giovanni Paolo II, è una scuola di umanità, e soprattutto tra colo-
ro che imparano a questa scuola ci sono i genitori e i nonni.

(Traduzione dal tedesco di Riccardo Nanini)

Nota biografica
Michael Waldstein è preside dell'Istituto Teologico internazionale di Gaming (Au-
stria).

6
H.U. von Balthasar, Wenn thr nicht werdet wie dieses Kind, Schwabenverlag, Ost-
fildern 1988, 34 [Se non diventerete come questo bambino. Quattro meditazioni cristo-
logiche, tr. it. di Maria Cristina Salati, Suor Maria dello Spirito Santo e Antonella Ric-
cio, Piemme, Casale Monferrato 1995].

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