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Il Nuovo Areopago 22 (2003) 132-144

Il matrimonio nell’antropologia
di Giovanni Paolo II

Michael W aldstein

e uno vuole capire l ’antropologia di Giovanni Paolo II, non c ’è m iglior


S ingresso della Gaudium et Spes 24: «A nzi, il Signore G esù, quando
prega il Padre perché “tutti siano u n o... com e noi siam o uno” (Gv 1 7 ,2 1 -
22) mettendoci davanti orizzonti impervi all’umana ragione, ci ha suggeri­
to una certa sim ilitudine tra l ’unione delle divine Persone e l ’unione dei
figli di D io nella verità e carità. Questa sim ilitudine rivela che l’uom o, il
quale in terra è la sola creatura che D io ha voluto per se stessa, non può
trovare pienamente se stesso se non attraverso un sincero dono di se stes­
so» (Gaudium et Spes, 24).
In un affascinante articolo sulla rivista “Anthropotes”, Pascal Ide ha rin­
tracciato questo testo attraverso l ’im m ensa opera letteraria di G iovanni
Paolo II1. Questo è certamente un filo d ’oro intrecciato ovunque nella stof­
fa del suo insegnamento.
La Gaudium et Spes 24 contiene tre tesi principali. La tesi fondamentale
riguarda la Trinità e il suo riflesso n elle relazioni umane. Q uesto è un
nuovo accento nell'insegnam ento cattolico ufficiale, sebbene sia im plicito
n ell’intera tradizione cattolica. Giovanni Paolo II la svela spesso in partico­
lare per la relazione umana tra uomo e donna: la com unione tra l ’uomo e la
donna è un’immagine della Trinità.
La seconda tesi è che D io vuole il bene degli esseri umani per se stessi.
1. P. Ide, Une theologie du don: Les occurrences de Gaudium et spes, n. 24, §3 chez Jean-
Paul II, “Anthropotes” 17 (2001) pp. 149-178; 313-344.

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Poiché gli esseri umani sono gli unici esseri razionali sulla terra, essi sono
gli unici che possono coscientem ente possedere un bene com e un bene.
Questa è la ragione per cui D io non li vuole sem plicem ente com e m ezzi,
ma com e fini, o piuttosto, com e capaci di raggiungere i fini nel modo più
pieno. E gli li tratta com e persone e non sem plicem ente com e cose. In
questa form ulazione, la tesi è strettamente correlata al principio formulato
da Immanuel Kant: «A gisci in modo tale da trattare la natura umana sia
nella tua stessa persona che nella persona di ogni altro essere umano,
com e scopo, mai com e un puro m ezzo»2. N ei suoi scritti precedenti alla
sua elezion e a Papa, G iovanni Paolo II definisce questo principio «la
norma personalistica»3.
La terza tesi è che la persona umana trova se stessa solam ente nel dono di
sé, seguendo il paradosso che Gesù formula nei Vangeli: «Colui che vuole
salvare la sua vita la perderà, ma colui che perde la sua vita a causa m ia e a
causa del Vangelo la salverà» (Mc 8, 35).
Il m io intento in questo saggio è di offrire un’introduzione all’antropologia
di Giovanni Paolo II esaminando la seconda e la terza tesi della Gaudium
et Spes 24: la norma personalistica, «N oi dobbiamo trattare le persone
com e fini e non com e puri mezzi»; e il principio della vita della persona ad
esso strettamente legato, «N oi possiam o solamente trovare noi stessi nel
dono sincero di noi stessi» . Q uesti sono i due fondam entali assiom i
n e ll’antrop ologia di G iovanni P aolo II, il prim o proprio a ll’in iz io
dell’antropologia, l’altro proprio alla fine.
Per capire l ’antropologia di Giovanni Paolo II è m olto utile un confronto
con la antropologia di Immanuel Kant. Kant è il grande maestro dell’antro­
pologia moderna con un influsso vasto, in parte tramite H egel. È piuttosto
evidente che G iovanni Paolo II ha imparato m olto dal personalism o di
Kant. Infatti, c ’è una somiglianza sorprendente tra l ’etica sessuale di Kant
e la Gaudium et Spes 24 nel suo sviluppo in Giovanni Paolo IL
La chiave principale d ell’etica sessuale di Kant è la seconda tesi della
Gaudium et Spes 24, la “norma personalistica”. Non si deve usare la perso­
na com e puro m ezzo di piacere. Il mero uso riduce la persona a cosa ed è
contrario alla dignità della persona. S i trova anche la terza tesi d ella

2. I. K ant , Grundlegung zur Metaphysik der Sitten (1785), Gesammelte Schriften, vol. 4.
(Berlin: Königlich-Preußische Akademie der W issenschaften zu Berlin, 1902-) 4.429.
3. K. W ojtyla, Love and Responsibility (San Francisco 1993), pp. 25-28.

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Gaudium et Spes 24. Kant concepisce l ’unione sessuale com e dono di sé.
Nonostante questi punti di stretto contatto, la visione del matrimonio di
Kant è l ’esatto opposto di quella di Giovanni Paolo II.
N ella sua Metafisica dei costumi, Kant scrive: «Le relazioni sessuali (com-
mercium sexuale) sono l ’uso reciproco da parte di un essere umano degli
organi e delle facoltà sessuali di un altro (usus membrorum et facultatum
sexualium alterius). È o un uso naturale attraverso cui un essere della stes­
sa specie può essere concepito, oppure un uso innaturale fatto o con una
persona dello stesso sesso o con un animale che non appartiene alla specie
umana. Queste trasgressioni della legge sono chiamati vizi innaturali (cri-
mina carnis contra naturam) e vizi innominabili. Devono essere compieta-
mente respinti, senza altra qualifica o eccezione, perché essi offendono la
natura umana nella sua vera persona.
A desso, l ’unione naturale tra i sessi accade sia per istinto ( vaga libido,
venus volgivaga, fornicatio ) che per legge. Q uest’ultima è il matrimonio
(matrimonium), l ’unione di due persone per il possesso reciproco per tutta
la vita delle loro caratteristiche sessuali. Lo scopo di metter al mondo ed
educare i figli può essere la ragione per la quale la natura ha instillato nei
sessi una reciproca inclinazione g li uni verso gli altri, ma per la legalità di
questo legam e non è richiesto che chi si sposa lo riconosca com e suo fine.
Altrimenti il matrimonio si esaurirebbe quando termina la fase della pro­
creazione. Perché, sebbene sia basato sul piacere (Lust) per l’uso reciproco
delle loro caratteristiche sessuali, il rapporto coniugale non è accidentale,
ma necessario in accordo con i principi legali della ragion pura. C ioè,
quando un uom o e una donna vogliono godere sessualm ente insiem e,
devono necessariam ente sposarsi. Q uesta necessità deriva dai principi
legali della ragion pura. Perché l ’utilizzo che un sesso fa degli organi ses­
suali di un altro è un godim ento per il quale una parte dona se stessa
all’altra (sich dem anderen hingibt). In questo atto, un essere umano fa una
cosa di sé, che è contraria al diritto dell’essere umano di possedere la pro­
pria persona C iò è possibile ad una sola condizione. Quando una persona
ne acquista un’altra com e una cosa, anche quest’ultim a corrispondente­
mente acquista la prima, in questo modo la persona riguadagna di nuovo se
stessa e ricostituisce la propria personalità. Ora l’acquisto della parte fìsica
di un essere umano è allo stesso tempo una acquisizione dell’intera perso­
na, perché la persona è un’unità assoluta. Per questa ragione, il dono e

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l ’accettazione (Hingebung und Annehmung) per godimento di un sesso da
parte dell’altro, non è solo permesso per la sola condizione matrimoniale,
ma è possibile solo in questa condizione di scambio reciproco. Che questo
diritto personale sia tuttavia allo stesso tempo anche un diritto verso una
cosa è chiaro, perché quando uno degli sposi si è smarrito o si è dato in
possesso ad un altro, l ’altro coniuge ha il diritto in qualsiasi momento e
senza alcuna condizione di riprenderselo in proprio potere com e fosse una
cosa.
Per la stessa ragione, la relazione tra persone sposate è una relazione di
uguaglianza di p ossesso... Come conseguenza solo la monogamia è una
forma possibile di matrimonio, perché nella poligam ia la persona che si dà
altrove, riguadagna solo parte della persona alla quale si è data invece nella
sua interezza e perciò si riduce ad una sem plice cosa»4.
I contatti tra l ’antropologia di Kant e la concezione del matrimonio di
Giovanni Paolo II, soprattutto com e espresso nella Familiaris Consortio,
sono sorprendentemente vicini, e tuttavia l ’intera dottrina del matrimonio
non potrebbe essere più lontana. La antropologia di Kant è profondamente
opposta alla antropologia di Giovanni Paolo II.
La prima cosa che si nota mancante nel trattato di Kant è l ’amore sponsale.
Giovanni Paolo II afferma nei suoi primi scritti che la norma personalistica
è strettamente connessa al comandamento d ell’amore: si può condurre a
«la persona deve essere amata, non sem plicem ente usata». Tuttavia il
m odo in cui Kant applica la norma personalistica, mostra che l'amore
sponsale è piuttosto assente dalla sua concezione di matrimonio. Il matri­
monio per lui è solo una questione di piacere sessuale, di godim ento sen­
suale dei due sessi reciprocamente. Ma il godim ento sensuale d ell’ organo
di un altro viola la norma personalistica in ogni caso. G li uomini e le donne
si donano reciprocamente i loro organi per l’unico ed esclusivo scopo del
loro piacere. Darsi in questo modo, e Kant è concorde su questo punto, è
contrario alla dignità della persona. Un tale dono di se stessi davvero
minaccia la persona riducendola a un mera cosa da usare.
Non è chiaro se il tentativo di Kant di salvare le relazioni sessuali da que­
sto disastro attraverso il matrimonio, funzioni davvero.Il godim ento sen­
suale di un’altra persona, sostiene Kant, viola la norma personalistica in

4. I. Kant , Metaphysik der Sitten, Akademieausgabe 6.277-8.

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ogni singolo caso. Quando i due sposi acconsentono reciprocamente di
essere posseduti l ’uno d all’altro com e un mero oggetto di piacere, loro
perdono loro stessi e si riducono ad un mero oggetto di uso contrario al
diritto che loro hanno su loro stessi.
Come accade esattamente che essi possano riconquistare loro stessi nella
loro autonomia e ricostituirsi com e persone nonostante la perdita di auto­
nom ia n ell’unione sessuale? Sembra essere il caso di un uomo che ha
paura di perdere una cospicua somma di denaro in un casinò. C osì lui
compra il casinò. La natura del denaro non è violata dal suo stratagemma.
Il denaro che l ’uomo possiede prima che lo perda ritorna a lui dopo la sua
perdita. La sua precedente ricchezza è ristabilita senza nessun effetto
negativo (eccettuata la perdita di drammaticità di fare enormi scom m es­
se). Allora, se la m oglie prende un possesso spersonalizzante di suo mari­
to, il marito riguadagna realmente la sua autonomia attraverso il fatto di
avere un permanente possesso spersonalizzante di lei com e una cosa attra­
verso il contratto m atrim oniale? P ossono due relazioni contrarie alla
dignità della persona cancellarsi reciprocamente e ristabilire tale dignità?
E di n uovo, il denaro non è danneggiato quando passa d alla m ano
d e ll’uom o al casin ò (perché lu i perde al g io co ) e allora dal casin ò
a ll’uomo (perché lui possiede il casinò). un È caso di sem plice sottrazione
e addizione. Questa sem plice sottrazione e addizione non funziona nel
caso di perdita della propria dignità com e persona. Anche se gli sposi si
donano reciprocamente il possesso permanente di loro stessi attraverso il
contratto matrimoniale, essi non possono riconquistare la loro dignità per­
sonale nel concreto atto di prendere un possesso sessuale spersonalizzante
d ell’altro. I due possessi non si cancellano a vicenda, ma il danno d ell’uno
si somma all’insulto d ell’altro.
Se si introduce il fattore amore, che è centrale per Giovanni Paolo II, la
situazione è completamente differente. Giovanni Paolo II vede l ’atto ses­
suale, l ’atto dell’unione coniugale, com e un linguaggio innato (Familiaris
Consortio 32) connesso con il significato nuziale del corpo (Familiaris
Consortio 37). Per sua stessa natura così com e creata da D io, e indipenden­
temente da qualunque scelta o decisione compiuta dagli esseri umani, il
corpo dell’uomo ha il potere di esprimere amore, di parlare d ’amore nel
suo linguaggio naturale. In accordo con la sua natura, la relazione sessuale
non è spersonalizzante, ma è un profondo completamento della persona.

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Ancora (si nota) l ’importanza di Gaudium et Spes 24: « l’uomo non può
compiersi pienamente se non attraverso un sincero dono di sé».
Il carattere naturale di questo linguaggio è uno degli aspetti più caratteriz­
zanti. Ciò che esprimiamo nell’unione attraverso il corpo, che lo vogliam o
o m eno, è il dono di sé. Non si può togliere il significato n u z ia le del
corpo, benché se ne possa parlare in maniera contraria, attraverso bugie
sessuali. Ho letto una volta un articolo sulla rivoluzione sessuale nel quale
l ’autore lamentava che la rivoluzione non aveva portato ad una piena libe­
razione. Aveva cercato a lungo e approfonditamente, ma non aveva trovato
una donna che godesse del piacere sessuale fine a se stesso. Tutte le donne
che aveva incontrato e con cui aveva avuto relazioni, successivam ente gli
avevano fatto domande. E sse volevano una relazione con lui. E lui no.
Sembra che le donne siano m olto più consapevoli del linguaggio del corpo
di quanto non lo siano gli uomini. Tuttavia, nonostante l ’autore dell’artico­
lo non sentisse personalmente il significato dell’atto sessuale com e dono di
sé, avente conseguenze al di là del sem plice piacere sessuale, il suo corpo,
a dispetto delle sue intenzioni, rivelava il dono di sé. Tramite il suo corpo
egli mentiva alle donne che usava, anche se chiariva la situazione a parole.
Non c ’è da stupirsi che le donne non fossero soddisfatte.
Questa nozione di linguaggio naturale del corpo è al cuore della conce­
zione di sessualità di G iovanni Paolo II. «Conseguentem ente la sessua­
lità, mediante la quale l ’uom o e la donna si donano reciprocamente attra­
verso gli atti propri ed esclu sivi degli sp osi, non è affatto qualcosa di
puramente biologico, ma riguarda l ’intim o nucleo della persona umana
com e tale. E ssa si realizza in un m odo veramente umano solo se è parte
integrante d ell’amore con cui l ’uom o e la donna si impegnano totalm en­
te l ’uno verso l ’altro fino alla morte. La donazione fisica totale sarebbe
m enzogna se non fosse segno e frutto della donazione personale totale,
nella quale tutta la persona, anche nella sua dim ensione tem porale, è
presente: se la persona si riservasse qualcosa la possibilità di decidere
altrimenti per il futuro, già per questo essa non si donerebbe totalm ente»
(Familiaris Consortio I I ).
Secondo Giovanni Paolo II, c ’è un modo di trattare le persone che è corri­
spondente alla concezione del matrimonio di Kant. C ’è una «mentalità
persistente che non considera l ’essere umano una persona ma una cosa, un
oggetto di scambio, al servizio egoistico del proprio interesse e mero pia­

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cere: le prim e vittim e di questa m entalità sono le donne» (Familiaris
Consortio 24).
Alcuni anni fa la stampa italiana sollevò una tempesta di critiche quando
Giovanni Paolo II disse che marito e m oglie possono commettere l ’equi­
valente d ell’adulterio l’un l ’altro, quando si usano solo per il proprio pia­
cere. Il com mento più comune fu «Non dovremmo godere del sesso prima
del m atrim onio, e non dovrem m o goderne dopo. Quando dovrem m o
goderne?». In realtà il punto che Giovanni Paolo II poneva non è affatto
difficile da capire. Chiunque ha vissuto una esperienza genuina di amore
può comprendere la differenza tra amare una persona e usarla com e una
cosa per il proprio piacere.
La differenza tra Kant e Giovanni Paolo II è particolarmente chiara nelle
loro argomentazioni contro la poligam ia. Secondo Kant, la poligam ia è
immorale perché la m oglie numero due non può ricevere indietro la sua
intera persona che ha perduto donandosi quando io l ’ho posseduta fisica-
mente. E il m otivo per cui non può riavere la sua intera persona è che
anch’io ho perso me stesso anche con la m oglie numero uno quando lei mi
ha posseduto sessualmente. D ivido la mia persona perdendo m e stesso tra
entrambe le m ogli. Il casinò è diventato proprietà comune alle due donne
cosicché nessuna può riavere indietro tutti i soldi che ha persi donandosi a
me n ell’atto sessuale, ma solo il 50%.
L’argomentazione di Giovanni Paolo II è m olto sim ile a quella di Kant, ma
allo stesso profondamente opposta. La poligam ia è sbagliata perché è con­
traria alla logica della com unione che ha origine dal dono.
«Una tale comunione è radicalmente contraddetta dalla poligamia: questa
infatti nega in modo diretto il disegno di D io quale ci viene rivelato all’ori­
gine, perché è contraria alla pari dignità personale dell’uomo e della donna
che nel matrimonio si donano con un amore totale e perciò stesso unico ed
esclusivo. Come scrive il Concilio Vaticano II «L’unità del matrimonio, con­
fermata dal Signore appare in modo lampante dalla uguale dignità persona­
le sia dell’uomo sia della donna che deve essere riconosciuta nel mutuo e
pieno amore» (Familiaris Consortio 19).
Q uale è la radice o il primo principio di queste differenze tra Kant e
Giovanni Paolo II? In primo luogo sta la concezione di autonomia in Kant.
M olto vicino a questa radice, m i sembra, è una certa concezione della rela­
zione tra la persona umana e la natura. Kant ha una relazione profonda­

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mente disturbata con la natura. Ciò non sorprende, perché egli accetta la
visione m eccanicistica della natura sviluppata da Cartesio e Newton. Ci
sono due chiarissime e distinte parti nella sua visione del mondo. Da un
lato sta la pura ragione, che non è parte della natura e d ell’intero mondo
d ella esp erienza, ma porta a priori in se stessa un ordine razionale.
D all’altro lato c ’è il mondo della natura e d ell’esperienza. La natura è
governata al suo interno da leggi m eccanicistiche comprese matematica-
m ente. L’esperienza è soggettiva, caotica e irrazionale, com e in David
Hume. C ’è un chiaro dualismo di persona e natura. In un certo m odo è
sim ile al dualismo tra spirito e materia n ell’antica religione gnostica. Hans
Jonas ha indicato le radici di questo dualismo. Ciò che dice riguardo l ’esi­
stenzialism o può essere applicato con qualche modifica anche a Kant.
«Un cambiamento nella visione della natura cioè d ell’ambiente cosm ico
d ell’uom o, è la base di questa situazione m etafisica che ha dato origine
a ll’esisten zia lism o m oderno e a lle sue im p licazion i n ic h ilistic h e ...
L’essenza d ell’esistenzialism o è un certo dualism o, una estraneità tra
l ’uom o e il mondo, con la perdita d ell’idea di un cosm o affine, un antico-
sm ism o antropologico»5.
«C ’è però una non trascurabile differenza tra il dualism o gnostico ed il
dualismo esistenzialista: l ’uomo gnostico è gettato in una natura antagoni­
sta, anti divina e perciò anti umana; l ’uomo moderno è gettato in una natu­
ra indifferente. Solo quest’ultimo caso rappresenta il vuoto assoluto, il bur­
rone veramente senza fondo. N ella concezione gnostica l’ostile, il demo­
niaco è ancora antropomorfico, familiare pur nella sua estraneità e il con­
trasto stesso dà direzione all’esistenza.
Nemmeno questa qualità antagonista è garantita alla natura indifferente
della scienza moderna, e da questa natura non si può ricavare alcuna dire­
zione. Ciò rende questo nichilism o infinitamente più radicale e più dispe­
rato di quanto il nichilism o gnostico possa mai essere per il suo terror
panico del mondo»6.
La sessualità umana è il punto nel quale la persona e la natura si incrociano
con particolare intensità. Per questo m otivo è piuttosto comprensibile che

5. H. J onas , Gnosticism, Existentialism and Nihilism in The Gnostic Religion: The


Message o f the Alien God and the Beginnings o f Christianity, Boston, 1963, pp. 320-
340, qui 325.
6. Ivi, pp.338-339.

II matrimonio nell’antropologia di Giovan n i Paolo II 1 3 9


le diverse relazioni con la natura mostrino con particolare chiarezza i diver­
si modi di comprendere la sessualità. In Giovanni Paolo II c ’è un chiaro e
forte senso del cosm o affine, che è strettamente connesso con la fede nel
creatore. Il corpo umano, con il linguaggio sessuale creato in esso da D io,
ha una profonda affinità con la persona. E sso è creato per la persona. Più
precisamente la persona umana è un essere fisico, corporale. Se qualcuno
picchia il mio corpo, picchia m e. L’aspetto fisico della persona umana è in
profonda armonia con l ’aspetto spirituale.
In Kant, il cosm o naturale non è un cosm o parentale nel quale la persona si
possa sentire a casa. C ’è una profonda incrinatura, una profonda divisione
tra persona e natura. Secondo Kant, la sessualità segue la sua strada al di
fuori dell’ordine “a priori” della ragione. L’istituzione del matrimonio è
una istituzione nella quale la ragione deve fare del suo m eglio per compen­
sare la perdita della dignità umana n ell’unione sessuale.
La relazione con la natura di Kant è chiaramente visibile in un’altra parte
del suo ragionamento laddove spiega il ruolo dei fig li nel matrimonio.
Ecco, di nuovo, quello che dice. «Lo scopo di metter al mondo ed educare i
figli può essere la ragione per la quale la natura ha instillato nei sessi una
reciproca inclinazione gli uni verso g li altri, ma per la legalità di questo
legam e non è rich iesto ch e ch i si sposa lo ricon osca com e suo fin e.
Altrimenti il matrimonio si esaurirebbe quando termina la fase di procrea­
zione». N ella concezione cattolica del matrimonio è richiesto che chi si
sposa riconosca vero per sé questo scopo. Se no, non sarà un matrimonio.
Non penso che la principale ragione per cui Kant esclude l ’intenzione dei
figli com e una componente necessaria al matrimonio sia l ’obiezione che
altrimenti g li sposi si separerebbero dopo aver allevato i figli. C ’è una
ragione più profonda. La natura può avere propri scopi, ma questi non
intaccano l ’ordine della persona che dipende a priori dalla ragione, non
dalla natura. Proprio com e la persona resta assente o violata e persa
n ell’atto sessuale com e dono di sé, così la persona resta estranea ai fini pro­
creativi della natura. L’unico contatto diretto tra la persona e la natura è la
necessità a priori della persona di riottenere indietro se stessa dopo averla
ceduta nell’atto sessuale.
Data la forma generale della relazione con la natura per Kant, è un po’ sor­
prendente che egli si pronunci in modo così deciso contro gli atti om oses­
suali e i rapporti con g li anim ali. «Q ueste trasgressioni alla legge sono

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chiamati vizi innaturali (crimina carnis contra naturam) e vizi innominabi­
li. Devono essere rifiutati completamente perché offendono l ’umana natura
nella sua essenza». Data la facilità con cui egli liquida lo scopo naturale
della procreazione, non vedo alcun supporto forte alla condanna della ses­
sualità in generale per Kant.
La concezione di Giovanni Paolo II sul fine della procreazione è piuttosto
diverso. N ella Familiaris Consortio 14 riprende la visione cattolica tradi­
zionale del Vaticano II. «Secondo il progetto di D io, il matrimonio è il fon­
damento di una più vasta comunità fam iliare, poiché l ’istituto stesso del
matrimonio e amore coniugale sono ordinati alla procreazione e alla educa­
zione dei figli, in cui trovare il loro coronamento». Immediatamente dopo
questo tradizionale paragrafo si trova un notevole paragrafo nel quale
Giovani Paolo II esprime un concetto caratteristico della sua antropologia.
«N ella sua più profonda realtà l ’amore è essenzialm ente un dono e l’amore
coniugale mentre conduce gli sposi alla reciproca “conoscenza” che li fa
“una carne sola”, non si esaurisce all’interno della coppia, perché li rende
capaci della massima donazione possibile, per la quale essi diventano coo­
peratori con Dio nel dare la vita a una nuova persona umana. Così i coniu­
gi, donandosi l ’uno all’altro, non donano solo se stessi, ma anche la realtà
dei figli, che sono il riflesso vivente del loro am ore, un segno permanente
dell’unità coniugale e una sintesi inseparabile e viva del loro essere padre e
madre» (Familiaris Consortio 14).
In questo paragrafo è da sottolineare che esso non colloca la procreazione
al di fuori dell’amore tra marito e moglie, ma subito e direttamente in
esso. La difesa dello scopo della natura è allo stesso tempo una difesa
dell’amore alla persona.
Nei decenni precedenti il Concilio Vaticano II un numero di autori cattoli­
ci hanno espresso insoddisfazione per la tradizionale enfasi sulla procrea­
zione come fine primario del matrimonio. E ssi tentarono di rendere mag­
gior giustizia all’aspetto di relazione personale tra m arito e m oglie.
Seguendo Dietrich von Hildebrand7, Herbert Dom s, per esem pio, sostenne
che mentre i figli sono il fine del matrimonio, l’unione di amore tra gli
sposi ne è il suo più profondo significato. In D om s, uno può avere
l’impressione che queste due cose, amore e generazione dei figli, stanno

7. D. von Hildebrand, Die Ehe, München 1929.

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l ’una all’altra senza alcuna relazione intrinseca. L’unione di amore è un
evento nella coscienza personale; la procreazione è un evento biologico
nel corpo. I due possono essere uniti, ma essi non sono inseparabili. La
persona e la natura stanno l’una accanto all’altra. E sse possono entrare in
relazione, ma non sono intrinsecamente correlate. Forse si può vedere un
riflesso del dualismo kantiano in queste tesi.
Il paragrafo della Familiaris Consortio appena citato supera questo duali­
smo. L’ordinazione ai figli è un aspetto interiore d ell’amore coniugale. Non
è uno scopo esteriore che può essere attribuito o staccato dall’amore tra gli
sposi, ma esso è uno scopo specifico che appartiene a questo amore preci­
samente nella sua caratteristica di essere dono com pleto.
Una pagina nel libro Amore e Responsabilità, scritto da Giovanni Paolo II
circa due decenni prima di essere eletto Papa, illumina il punto centrale.
«La C hiesa... insegna e ha sempre insegnato che il fine primario del matri­
monio è la procreazione, ma che essa ha un fine secondario, definito nella
terminologia latina com e mutuum adiutorium (aiuto vicendevole). A parte
questi un terzo scopo viene menzionato: remedium concupiscentiae.
II... mutuum adiutorium (cioè aiuto vicendevole) menzionato nell’insegna­
mento della Chiesa circa gli scopi del matrimonio com e secondo in impor­
tanza dopo la procreazione non deve essere interpretato - com e spesso lo è
- nel significato di “mutuo amore”. Coloro che fanno così possono arrivare
erroneamente a credere che la procreazione com e fine primario è qualcosa
di distinto dall’amore, com e anche il suo terzo scopo, remedium concupi­
scentiae (cioè il legittim o appagamento del desiderio sessuale), mentre sia
la procreazione che il remedium concupiscentiae com e scopi del matrimo­
nio devono provenire dall’amore com e una virtù e così adattarsi alla norma
personalistica. Mutuum adiutorium com e scopo del matrimonio è allo stes­
so modo solamente un risultato dell’amore com e virtù. Non ci sono fonda­
menti per interpretare l ’espressione “mutuum adiutorium” nel significato di
“amore”. Come la Chiesa nel disporre gli scopi oggettivi dell’amore in un
ordine particolare, cerca di enfatizzare che la procreazione è oggettivamen­
te, ontologicamente, uno scopo molto più importante rispetto a che l ’uomo
e la donna vivano assiem e, si com pletino l ’un l ’altro e si sostengano l ’un
l ’altro (mutuum adiutorium), così questo secondo scopo è a sua volta più
importante dell’appagamento del desidero naturale. Ma non c ’è m otivo di
opporre l ’amore alla procreazione né di indicare che la procreazione abbia

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precedenza sull’amore. Questi scopi possono inoltre essere solamente rea­
lizzati in pratica com e un singolo com plesso scopo»8.
In particolare l ’ultima frase di questo testo è importante. I fini del matri­
m onio sono inseparabili quando essi sono veramente perseguiti. Questa
inseparabilità è fondata nella vera natura della sessualità. Lasciatem i cita­
re di nuovo un pensiero chiave contenuto nella Familiaris Consortio 14.
«La coppia, donandosi l ’uno a ll’altro, non donano so lo sé stessi, ma
anche la realtà dei figli». Lo scopo della procreazione è parte della ragio­
ne per cui l ’atto sessuale è veramente unitivo. L’atto sessuale è un atto di
amore più com pleto quando è subordinato allo scopo primario del matri­
m onio, la procreazione. Un conflitto con quello scopo mina l ’espressione
di amore tra gli sposi.
Un figlio può essere generato al di fuori del contesto di amore tra un uomo
e una donna, nello stesso modo che l ’atto sessuale stesso è possibile al di
fuori di quel contesto. Ma la rimozione dell’atto sessuale e della procrea­
zione dall’amore è violenta, contraria alla natura d ell’atto sessuale com e
linguaggio di amore. L’unione sessuale rimossa dall’amore non è più un
atto sponsale nel vero significato. A llo stesso modo la procreazione rimos­
sa dall’amore non è più procreazione nel vero significato. Non avviene più
n ell’unico luogo che è degno e adeguato per l ’inizio della vita di una nuova
persona, cioè lo spazio di amore tra marito e m oglie.
Q uesta im p licazion e tra unione e procreazione è la ragione per cui
Giovanni Paolo II ha difeso con forza il giudizio dell’enciclica di Paolo VI
Humanae Vitae contro la contraccezione (Familiaris Consortio 28-35).
Giovanni Paolo II sostiene che la differenza tra contraccezione e pianifica­
zione naturale delle nascite «im plica in ultima analisi due concetti inconci­
liabili di persona umana e di sessualità» (Familiaris Consortio 32). Il con­
trasto fra Kant e Giovanni Paolo II mostra la verità di questa affermazione.
A lla fine dello stesso paragrafo egli sostiene che la contraccezione «colpi­
sce la stessa creazione di D io al livello della più profonda interazione tra
natura e persona». Natura e persona, che sembrano essere il cuore della
questione. Una opzione è che la persona e la natura siano divise l ’una
dall’altra, com e lo sono in Kant; altra è che esse sono unite, così che quan­
do uno ferisce una di esse, le ferisce entrambe.

8. K.W ojtyla, Love and Responsibilily, cit., pp. 66 e 68.

Il matrimonio nell'antropologia di Giovanni P a o l o I I 1 4 3


Concludo con una testimonianza personale. M ia m oglie ed io ci siamo spo­
sati 25 anni fa e abbiamo otto figli. A ll’inizio della nostra vita matrimoniale
noi non avevamo molto chiaro il significato della differenza tra pianifica­
zion e naturale d elle n ascite e con traccezion e. N o i abbiam o segu ito
l' Humanae Vitae, ma lo abbiamo fatto senza m olto percepire la verità del
suo insegnam ento. Questo non mi sorprende, perché noi avevam o poca
esperienza e la percezione morale è difficile e talvolta im possibile senza
esperienza. Applicando la pianificazione naturale delle nascite negli anni, ci
ha dato una vision e più chiara d ell'Humanae Vitae e della Familiaris
Consortio attraverso l ’esperienza. La nostra esperienza ci persuade che
Paolo VI e Giovanni Paolo II sono nel vero in questo punto e che la loro
posizione è profetica, a grande beneficio di matrimoni e fam iglie.
R icevere l ’intenzione del creatore con riverenza n elle nostre relazioni
com e marito e m oglie ci ha donato un senso di bellezza del matrimonio e
della fam iglia, che è la bellezza d ell’amore, un amore espresso nel lin­
gu aggio di una natura che non abbiam o creato. La natura è la casa
dell’amore, nella quale noi siamo a casa com e persone. Per noi, l ’insegna­
mento della Humanae Vitae e della Familiaris Consortio ci ha fatto perce­
pire l ’amore coniugale com e una benedizione, com e una sorgente di gioia
più che di difficoltà.
N oi abbiamo incontrato m olti sacerdoti e letto i lavori di m olti teologi
morali che vogliono essere com passionevoli con noi e non vogliono che il
Papa ci carichi della necessità di fedeltà a questo insegnamento sulla con­
traccezione. N oi apprezziamo la com passione, ma in questo caso la com ­
passione è fuori luogo rispetto ai fatti di vita com e ne abbiamo fatto espe­
rienza. N é mia m oglie né io siamo dei super-atleti morali. La nostra espe­
rienza non è quella di uno sforzo eroico in estrema difficoltà che produce
alla fine un dolce frutto. Il controllo delle nostre passioni è qualcosa di cui
abbiamo bisogno in m olte circostanze della vita e la necessità di astenersi
certe volte dal rapporto sessuale non spicca nella nostra esperienza com e
particolarmente gravosa. Anzi al contrario. Ci sono m olte altre lotte em o­
zionali che sono state per noi m olto più difficili. Le ricompense ricevute
dalla pianificazione naturale delle nascite sono state certamente m olto più
grandi degli sforzi. Per me, questa esperienza è una verifica personale della
visione del matrimonio n ell’antropologia di Giovanni Paolo II.

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