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INTRODUZIONE

Quando un bambino nasce ha un organismo eccezionalmente capace e dotato di sistemi


senso-motori ben funzionanti. Fin dai primi giorni di vita è capace di apprendere
associazioni tra simboli e risposte e il ruolo del significato e della familiarità degli eventi
diventa subito importante.
Presta attenzione in maniera preferenziale a fattori con caratteristiche nette del tipo acceso-
spento, luci in movimento e suoni intermittenti. Nel momento in cui si comincia ad
acquisire rappresentazioni interiori o schemi dei fenomeni, si concentra verso situazioni che
somigliano a quelle familiari o poco diverse perchè il nostro cervello è diviso in due
emisferi, ciascuno dei quali riceve informazioni ed invia segnali anche alla parte opposta del
corpo.
Questo è un percorso caratteristico dello sviluppo del bambino che segue precise dinamiche
che gli consentono di comprendere e acquisire capacità sempre più complesse. La persona
che si prende cura di lui, solitamente la mamma, gli fornisce generalmente esperienze
piacevoli riducendo il suo dolore e la disperazione. Il piccolo risponde a sua volta con
vocalizzi, sorrisi, diventando giorno dopo giorno sempre più recettivo. Al contraio quando
vive in un ambiente monotono e impersonale tende ad essere carente dal punto divista
cognitivo ed emotivo e non reagisce alle persone in maniera socializzata.
Il bambino di un anno che è stato trascurato in tal modo sembra possedere una notevole
capacità di recupero se il suo ambiente cambia consentedogli libertà di esplorare il suo
mondo e di stabilire rapporti di interazione con adulti e altri bambini.
Anche le azioni motorie come gli schemi mentali nel bambino si siluppano rapidamente e
presto infatti presenta una buona capacità di coordinazione motoria.
A questo punto il bambino è diventato una creatura complessa capace di conoscenza e
raziocinante, che ha acquisito alcune nozioni e idee sul mondo circostante e sui modi per
affronatrlo.
La percezione visiva, per es, è il canale principale di accesso sensoriale al sistema nervoso.
Infatti il suo apporto è sempre chiamato in causa nel processo di apprendiemnto ma in
generale è indispensabile in molteplici contesti. Nello specifico possiamo dire che la retina f
partire un’informazione che viaggia lungo il binario del sistema nervoso per giungere alla
corteccia cerebrale. Lungo il tragitto la percezione iniziale si arricchisce di significati e si
plasma secondo i modelli di organizzazione dell’esperienza propri dei centri di elaborazine
di volta in volta raggiunti.
La vista predomina sulle altre modalità sensoriali e l’estensione d’area dedicata nel cervello
è molto ampia.
Come visto il percorso di sviluppo del bambino è un itinerario ricco di emozioni ed è per
questo che quando è in arrivo un bambino si creano molte aspettative. È difficile che nel
periodo dei nove mesi di gestazione i genitori possano pensare ad eventuali disturbi psichici
o psicofisici. Accetatre che il proprio figlio abbia un problema del genere non è facile anche
quando ci si rende conto che le responsabilità non sono dei genitori. Madri e padri tuttavia
possono e devono assumersi la responsabiltà di far si che i figli vengno aiutati il più presto
possibile. Prima il disturbo viene diagnosticato e curato, prima il bambino potrà cominciare
a condurre una vita soddisfacente.

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CAP. 1 VERSO L’APPRENDIMENTO
L’esperienza fondamentale della persona è senza dubbio la comunicazione che porta a
sviluppare il comportamemnto sociale che in una società come la nostra risulta
indispensabile.
All’interno del libro si è studiato come i bambini sin dalla nascita abbiano un potenziale
intellettivo razionale, oggettivo e scientifco che li fa essere aperti a ogni possibilità, senza
pregiudizi e valutano secondo un principio autonomi e indipendente: serve o non serve/
piace o non piace/si mangia o non si mangia. Per cui si può dire che il metodo messo in atto
dal bambino è quello sperimentale dove la sita, l’udito, l’odore, il gusto e il tatto hanno
molta importanza.
Il modello familiare educativo adottato dai genitori, sicuramente sarà molto importante
perchè è proprio attraverso questo che al bambino viene chesto di attribuire un significato
simbolico di bene o male ad ogni cosa che incontri nel suo cammino. L’immagine simbolica
dell’oggetto in questione si fisa nella memoria e risulterà un condizinamento rigido e
obbligato. Per cui ogni qual volta il bambino userà la propria autonomia conoscitiva per
sperimentare comportamenti liberi e flessibili, il suo cervello sarà aggredito dal modello
familiare educativo dei genitori che lo condizioneranno.
Così condizionato, da adulto sarà capace ancora di esercitare una sua critica, ma non con un
criterio oggettivo, valutando le caratteristiche intrinseche dell’oggetto sottoposto alla sua
attenzione, la eserciterà invece seguendo il criterio soggettivo impresso dal modello
familiare che risponde alla domanda “bene o male”.

Nell’uso comune l’espressione intelligenza ha un signififato vago e spesso viene confusa


con cultura, con educazione o molto spesso con intuizione. In realtà l’intelligenza è data da
tre fattori:
 le capacità innate degli individui;
 la sua personale esperienza;
 l’esperienza indiretta che acquista attraverso la comunicazione con gli altri;
non esiste un mezzo attendibile per misurare l’intelligenza perchè nessuno sa esattamente
cosa sia. Quello che si può dire è che sicuramente questa facoltà di comprendere e
conoscere è in parte ereditata e in parte acquisita attarverso l’esperienza ambientale. Ciò che
è sicuro è che un bambino molto intelligente non sarà necessariamente precoce nel
camminare o nel parlare ma dimostrerà eccezonale dinamismo, vivacità e capacità
percettive. Esplorerà il suo ambiente con insolita energia e curiosità. È necessario però che
queste capacità siano sollecitate e per cui l’ambiente di riferimento è senza dubbio
importante. Quando sapere e potere si uniscono e vengono a contatto con la realtà creano
l’esperienza. Per cui la competnza è l’unione del sapere, del potere e dell’esperinza.
Questo a testimonianza che l’intelligenza non è più considerata una cosa che si ha, ma un
carattere che si sviluppa.
Secondo l’opinione comune, attraverso i giudizi e le votazioni di profitto dà dei giudizi circa
l’intelligenza degli allievi. In realtà permette soprattutto di valutare altri elementi quali la
memoria,la buona volontà, la tenacia.
I metodi psicologici invece permettono una completa e pratica valutazione dell’intelligenza
e del carattere, in modo da poter giungere alla previsione dei risultati che un certo soggetto
potrà raggiungere nella vita. Sono metodi diretti che studiano le funzioni mentali
dell’individuo nella loro applicazione a problemi cncreti. Il risultato finale della prova viene

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valutato mediante un confronto statistico con il risultato ottenuto da altri individui posti
nella medesima situazione.
I reattivi mentali vengono divisi secondo due criteri:
reattivi di efficenza che studiano gli aspetti conoscitivi della personalità e si suddivisono a
loro volta in reattivi di intelligenza, di attitudine e d acquisizione. I reattivi mentali misurano
soltanto una porzione dell’intelligenza di un individuo e in particolare la sua capacità di
ragionare, di comprendere dei vocaboli e di usare dei simboli.
I reattivi di personalità che studiano gli aspetti affettivi o cmq il carattere e si suddividono in
questionari, reattivi obiettivi della personalità e tecniche proiettive.
La variabile che distingue un bambino da un altro è la sua eredità biologica la quale è
diversa per ogni bambino. La seconda variabile è rappresentata dall’effetto dell’ambiente
fisico e sociale, su una moltitudine di carattere ereditati, fra i quali va inclusa la sua
sensibiltà alle pressioni ambientali.

Il cervello è la vera macchina operativa del nostro corpo, è l’origine dell’unicità dell’uomo.
Questo organo è usato per regolare eprogrammare ogni attività del corpo umano; l’attività
più elevata e complessa di questa struttura è quella psichica e si sviluppa nella corteccia di
due emisferi contrapposti, uno dominane l’altro recessivo.
La superficie del cervello è di colore grigio mentre la parte interna è bianca. Il colore bianco
è dato da una sostanza detta mielina che riveste le fibre nervose midollari. Il cervello oggi
svolge gran parte di quelle attività che in una fase precedente dell’evoluzione biologica
arano esplicate dal midollo allungato, ossia dal cervello arcaico.
Per quanto rigurda la fidiologia del cervello si sono localizzate alcune regioni specializzate
per determinare funzioni mentali e fisiologiche e si possono anche osservare quali funzioni
vengono alterate o abolite quando il cervello subisce una lesione. In una parte di questo
territorio si svolgono le operazioni mentali che costituiscono il fondamento del pensiero e dl
linguaggio. E qui si compiono anche importanti associazioni che permettono di stabilire una
correlazione tra suono della parola pronunciata e la forma della parola scritta, o fra le
dimensioni di un oggetto e il suo aspetto esteriore.
Come si diceva il cervello è suddiviso in due emisferi che svolgono sia funzioni analoghe
(vedi la presenza dei nervi ottici) ma anche specifiche. Nella maggior parte delle persone
infatti il centro della parola è situato nell’emisfero sinistro mentre le operazioni non verabali
sono controllate dall’emisfero destro. Negli adulti una lesione all’emisfero sinistro può
portare seri disturbi sulla capacità di usare le parole così una lesione dell’emisfero destro
può menomare la capcità di distinguere le forme o i colori. Nel bambino piccolo è meno
probabile che una lesione dell’emisfero sinistro ritardi lo sviluppo del linguaggio o che
provochi un danno permanente, mentre un’uguale lesion nel cervello adulto sarebbe causa
di danni irreversibili.
Per quanto riguarda il controllo motorio, questo è compito dell’emisfero cerebrale opposto:
l’emisfero sinistro controlla i movimenti del lato destro del corpo e viceversa.
Il cervello occupa il maggiore spazio rispetto a tutti gli altri organi e all’età di 7 anni il suo
sviluppo generale è compiuto contrariamente all’ apparato scheletrico che completa il suo
sviluppo a 20 anni circa. Il bambino continuando a dipendere dall’ adulto farà si che il suo
cervello acquisisca informazioni e si organizzi con il tempo.
Tale trasformazione avviene anche in vista di uno dei processi più importanti che
avvengono proprio nel cervello ossia il processo di apprendimento.
Si sono studiati diversi tipi di apprendimento:

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 apprendimento meccanico che è basato sulla ripetizione. È un tipo di
apprendimento importante sia per i bambini che per gli adulti. Si tratta di un tipo di
procediemnto che comporta impare una piccola porzione dell’insieme ogni volta, e
successivamente ripetere la parte imparata per assicurarsi che non venga
diemnticata e poi procedere ad imparare un’altra porzione. Non si deve mai però
cercare di imparare a memoria tanto in una volta sola perchè potrebbe accadere di
non imparare nulla. CRITICHE: un processo di apprendimento meccanico di
questo tipo ben poco si adatta al coinvolgimento dei processi mentali superiori
(sintesi, creatività, comprensione, valutazione critica) e colui che apprende viene
messo una posizione di estrema passività.

 Apprendiemnto associativo dove il materiale appreso viene ricordato


sostanzialmente nella stessa forma in cui si è presentato la prima volta. Per
esempio, l’apprendiemnto associativo avviene quando si memorizzano liste di
numeri o di nomi e si ricorda il nome in base a una sua caratteristica.
Occorre dire che l’apprendiemnto procede attraverso piccoli rinforzi ma è difficile
comprendere in modo soddifacente come questo avvenga esclusivamente per intuizione.
L’intuizione è la comprensione immediata e improovisa di una realtà. Questo modo di
apprendere in un unico atto non è compatibile con l’apprendiemnto per gradi, a meno che i
piccoli avanzamenti non si sommino internamente fino a dare luogo a quella immediatezza
che si chiama intuizione.
A parte ciò è chiaro che nell’apprendimento gioano una gran parte l’zione e la stessa
ripetizione degli atti sostenuta da un’adeguata motivazione.
La capacità di apprendiemnto è fondamentale per l’intelligenza, anzi può essere considerata
uno dei fattori principali tant’è che dovrebbe essere sempre presa in considerazione
all’interno dei percorsi didattici della scuola.
Apprendiemnto non significa, anche se lo comprende, imparare nozioni o acquisire capacità
specifiche come l’uso del linguaggio. Apprendimento significa l’acquisizione da parte del
bambino di comportamenti nuovi per effetto della sua interzione con l’ambiente:
acquisizione di comportamenti nuovi e modificazione di quelli precedenti che variano da
bambino a bambino in seguito a l’esperienza di ognuno.
Lo sviluppo della capacità di apprendere nei bambini è graduale:
è caratteristico dei bambini piccoli classificare per es. come cani tutte le cose che hanno
quattro zampe e che si muovono. Poi, con il passare del tempo, imparano a differenziare i
cani dalle altre creature a quattro zampe. E così avviene anche per tutti gli altri oggetti e fatti
del mondo circostante: le percezioni inizialmente globali e indifferenziate diventano più
particolareggiate e specifiche. Questo processo naturalmente, è legato alla crescente
capacità del bambino di incorporare i dati specifici in concetti astratti.
L’apprendiemnto inoltre non può essere scisso da altri elementi che lo integrano come la
formazione ossia la capacità di produrre cultura . la formazione ha luogo in un interscambio
con il mondo ed avviene anche grazie all’educazione e si estende anche all’istruzione e di
conseguenza alla scuola.
Nelll’epoca attuale formazione significa un complesso che comprende istruzione ed
educazione. La scuola non è più la sola a formare al livello culturale l’individuo, ma è solo
una delle tante agenzie educative.

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COMUNICAZIONE il bambino fin dai primi giorni di vita comunica con la mamma
attraverso il pianto o il sorriso che servono a richiamare la sua attenzione e a farsi consolare
e coccolare. All’inizio la comunicazione tra i due passa soprattutto attraverso un buon
contatto corporeo. Entro i primi tre mesi inizia a comunicare i suoi bisogni e le sue
emozioni con i primi vocalizzi e produce versetti sempre più modulati. I primi suoni che il
bambino emette sono uguali in tutto il mondo quindi non dipendono dall’ambiente ma fanno
parte di una programmazione linguistica che è scritta nel DNA umano.
Tra i quattro e i sei mesi il bambino inizia a sillabare. Questo fenomeno, noto come
lallazione, diventa gradualmente più complesso e variato fino alla ripetizione di sillabe, che
tanti genitori scambiano per protoparole. In realtà non si può ancora parlare di linguaggio.
In genere nello sviluppo tipico le prime parole compaiono tra i 9 e i 13 mesi. Esse sono
prevalentemente legate al contesto di riferimento o connesse con le attività in corso.
Gradualmente il linguaggio assume la sua caratteristica peculiare: quello di essere un
sistema simbolico ed astratto, utilizzato per descrivere oggetti assenti fisicamente, oltre che
presenti, o eventi passati e futuri. A 16 mesi il vocabolario medio di un bambino italiano è
di circa 50 parole. La relativamente immatura capacità produttiva è compensata da una
maggiore abilità di comprensione verbale. Poi a 18 mesi si assiste al fenomeno
dell’esplosione del vocabolario: i bambini cioè incrementano rapidamente il numero di
parole prodotte, imparano anche più termini in una settimana, tantochè a 20 mesi il numero
di vocaboli a disposizione del bambino è triplicato. A un anno si nota il fenomeno
dell’olofrase, cioè il bambino con una sola parola esprime una frase più complessa. Ad
esempio può dire “pappa” per esprimere “voglio la pappa”. Con l’espansione del
vocabolario, a partire dai 18 mesi, aumenta anche la capacità di comporre frasi, che
contengono, intorno ai due anni, anche due o tre parole. Tra i 24 e i 36 mesi lo sviluppo
grammaticale ha una rapida accelerazione, che conduce all’acquisizione dei meccanismi
morfosintattici salienti nella propria lingua madre. Anche la lunghezza media delle frasi
continua ad aumentare. Compaiono le prime proposizioni dichiarative, è presente l’accordo
soggetto-verbo. Dai tre anni in poi la struttura sintattica dei periodi si fa sempre più
complessa, includendo le prime proposizioni subordinate, anche se sono presenti ancora
delle difficoltà dal punto di vista grammaticale con gli articoli, con i plurali dei nomi e con
l’uso dei pronomi, che in genere necessitano della scolarizzazione per essere completamente
padroneggiati In ogni caso, soprattutto perché stiamo considerando l’età evolutiva, bisogna
sempre ricordarsi delle differenze individuali. Esistono cioè bambini più precoci, come
bambini che pur iniziando a parlare più tardi ugualmente a tre anni hanno uno sviluppo
linguistico nella media. Molto infatti dipende anche dall’ambiente e dalle stimolazioni che
si ricevono all’interno dello specifico contesto evolutivo. E’ sicuramente un fattore
stimolante per lo sviluppo delle capacità linguistiche parlare e comunicare molto con il
proprio bambino. Questo è valido a tutte le età. In particolare dopo i tre anni è utile anche
leggere racconti al bambino coinvolgendolo attivamente nel dialogo, facendogli delle
domande. Non bisogna dimenticare che affinchè ciò che è determinato dal patrimonio
genetico di ognuno possa giungere alla sua espressione è importante l’incontro con
l’ambiente. In tal senso poter contare su degli stimoli ambientali adeguati facilita
l’acquisizione di determinate abilità.

Le tappe evolutive dello sviluppo del linguaggio riconoscono che:


 2-3 mesi esista pianto differenziato, inizio dei vocalizzi;

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 6-7 mesi intonazione, melodia, alternanza dei turni (prima parli tu, poi parlo io),
iterazione sillabica consonante vocale (papapa-dadada);
 9-13 mesi comprende 75 - 300 parole, fa segnali ritualizzati (mostrare, dare,
indicare), richieste ritualizzate (usa l'adulto come mezzo per raggiungere un
oggetto), prime parole singole (riferite specie a padre, madre, cibo, parole-segnale
di saluto e scambio);
A 2 anni comprende 300 - 650 parole, usa circa 200 parole, combinazione di due parole e
frase nucleare (ad es. mamma là); a 3 anni comprende sopra/sotto/davanti/dietro, usa circa
800 parole, frase nucleare espansa (soggetto-verbo-oggetto) o coordinazione tra due frasi,
genere, plurale, articoli, aggettivi, pronomi; a 4-5 anni usa circa 2000 parole, usa frasi
subordinate, forme interrogative, forme passive.
Si dice che l’origine del linguaggio e il suo ruolo nell’evoluzione umana è nel mondo
liquido e sonoro della vita fetale. La prima forma di linguaggio che si sviluppa è infatti
proprio quella che inizia per empatia nell’utero materno. Una forma particolare di
comunicazione che si instaura tra madre e feto e che, pur essendo senza parole, è la sola
capace di preparare le basi dell’evoluzione linguistica e mentale successiva alla nascita. I
bambini hanno un linguaggio tutto loro ed è importante che gli adulti non usino questo
linguaggio ma pronuncino la parola nel modo esatta.

CAP.2 LO SVILUPPO DEL BAMBINO


Il bambino appena nato:
 ha occhi piccoli, naso piatto e testa che donodola.
 Il suo corpo è sproporzionato: la testa rappresenta un quarto della lunghezza totale.
 Movimenti spasmodici, respirazione poco profonda, battito cardiaco è frequente e
variabile.
Il bambino appena nato ha già compiuto un grande viaggio che risulta particolarmente
travagliato: per nove mesi circa ha vissuto in un ambiete comodo e riparato dove non
doveva pensare a nulla perchè la macchina metabolica della mamma pensava a soddisfarlo
in tutto. Poi all’improvviso è stato espulso e non in maniera rapida infatti servono parecchie
ore durante le quali il bimbo subisce parecchi traumi basta pensare che le ossa si
sovrappongono a causa delle contrazioni dell’utero. Quando il bambino riesce finalmente ad
uscire subisce altri piccoli ma nello stesso tempo grandi traumi: gocce negli occhi, gli viene
aspirato dal naso e dalla bocca del muco che potrebbe ostacolargli la respirazione, gli hanno
reciso il cordone ombelicale che lo teneva unito alla madre e lo hanno avvolto in panni che
gli risultano un po’ ruvidi.
Ciò che è ancora più importante è che subito dopo la nascita il bambino deve modificare la
propria funzione circolatoria in modo che il sangue venga ossigenato nei polmoni, ha
attivato i muscoli che permettono ai polmoni di espandersi e infine ha esplulso il fluido
degli alveoli polmonari affinchè possano contenere l’aria. Ha dovuto poi adattarsi ad un
nuovo tipo di nutrizione e soprattutto di assunzione degli alimenti e ancora ha dovuto
adattarsi ad una temperatura molto più variabile di quella a cui era abituato, dove i suoini
non sono più attutiti. Dove non c’è solo il buio ma anche la luce.
È molto sorprendente come i bambini piccolissimi riescano a rispondere alle sensazioni
tattili: è in grado di udire anche se non sa individuare la sorgente del suono, socchiude gli
occhi se la luce è troppo viva, segue con lo sguardo un oggetto che si muove. Quando
piange si quieta se preso in braccio.

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Nel primissimo periodo della vita il neonato reagisce agli stimoli con tutto il corpo: con il
tempo impara a dirigere la mano verso ciò che vuole senza muovere il tronco, infine riesce a
coordinare i movimenti degli occhi e del braccio, della mano e infine della dita per compiere
azioni semplici fino a quelle pù complesse.
Comincia ad affrontare una varietà di esperienze e sensazioni come la fame, il caldo, il
freddo e il dolore che l costringono a fare qualcosa per alleviare il disagio. La reazione
tipica è piangere quando ha fame, emettere vocalzzi quando è eccitato muoversi con energia
quando sente dolore.
Dal primo mese al al dodicesimo mese, il bambino fa una serie di conquiste fondamentali
per la sua autonomia:
ciò che caratterizza il bambino di un mese è sicuramente il pianto che è e sarà finchè non
apprenderà il linguaggio, l’unico mezzo a disposizione per comunicare che qualcosa quello
che sentono:fame, sete, freddo ecc….
Con il passare dei giorni l’aspetto del bambino comincia a mutare. Inizia a controllare il
movimento degli occhi e il suo sguardo diventa fisso, è più attivo a mostrare umori
diversi:manifesta i primi segni del suo temperamento. Le sue reazioni sono ancora quasi
tutte istintive ma fin da ora si può cominciare a stimolarlo con delicatezza. Il momento più
ricco di stimoli e sensazioni è durante l’allattamento, perché il suo coinvolgimento diventa
totale, tutti i suoi sensi sono sollecitati. Il bambino al secondo mese affina le sue facoltà
sensoriali e la percezione dell’ambiente. È capace di vedere alla distanza di trenta, quaranta
cm e riesce a concentrare lo sguardo sugli oggetti di suo interesse: figure colorate, in
movimento. In questa fase è come ipnotizzato dalla voce della madre, che ormai conosce
benissimo. Sente gli odori, a cui attribuisce un valore familiare e affettivo, come quello del
latte che associa al seno.
Il sistema nervoso è in continuo sviluppo, i suoi movimenti diventano decisamente più
armoniosi, anche se non sempre ben coordinati. Questo è il momento per cominciare a
portarlo in giro per la casa: guarda con attenzione gli oggetti e tenta di afferrarli, distingue le
voci e cerca la provenienza dei suoni, incomincia a scoprire il mondo succhiandolo. Siamo
quindi in quella fase che Freud chiama “fase orale” che caratterizzerà tutta la primissima
infanzia del bambino: infatti a tre mesi il bambino cerca di scoprire ciò che lo circonda
mettendo tutto in bocca.
Dà segni di “memorizzazione”, inizia a riconoscere e a differenziare i membri della
famiglia, aumentando le espressioni del viso, si esplora il viso, bocca, occhi con le mani.
Già dai primi mesi si può delineare un po’ quella che sarà la sua personalità, stando magari
attenti agli gli stati emotivi più frequenti, il grado di socievolezza, la tolleranza alla novità.
Si pensa che i bambini siano come delle pagine bianche ossia plasmabili del tutto ma come
si può delinare anche da queste prime caratteristiche, non è del tutto vero: nelle loro cellule
sono insite certe possibilità e tendenze che formano il substrato del comportamento.
Per quanto riguarda il linguaggio è bene che la mamma parli al piccolo con un tono dolce e
pacato per trasmettergli sicurezza e per abituarlo al linguaggio stesso.
A quattro mesi il bambino affina ancora meglio i propri sensi come per es. la vista. Ora
riesce a focalizzare oggetti sempre più lontani, ha sviluppato la capacità di coodinare i
movimenti degli occhi con quelli delle mani che si possono sollecitare attraverso il gioco.
Migliora anche l’udito, ed infatti ora quando lo si chiama risponde al suono della voce e se
usiamo spesso il suo nome, presto imparerà a rispondere. I vari gorgoglii si trasformeranno
in sillabe, risate ed urletti. Scopre il sorriso consapevole che riserva alle persone di famiglia.

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A cinque mesi il bambino scopre la propria immagine allo specchio a cui sorride e sviluppa
un comportamento sociale, distingue i familiari dagli sconosciuti, ai quali riserva spesso
reazioni di diffidenza.
Dal sesto mese viene raggiunta la tappa della lallazione, ossia della ripetizione della stessa
sillaba. Il bambino non si accontenta più di sperimentare con la bocca, vuole anche toccare,
manipolare, sbriciolare e in questo modo esercita il tatto e la mobilità delle dita. Tipico è
“l’ansia da separazione”, incomincia a capire che la sua mamma è fuori di lui e i movimenti
di lei sono indipendenti dai suoi desideri. Questo periodo non è facile, il bambino soffre
molto per questa scoperta.
Dal settimo mese in poi il bambino diventa sempre più curioso e abile nel manipolare i suoi
giochi. Dimostra di avere memoria riconoscendo bene anche le persone che vede
saltuariamente ed è in grado di riconoscere un oggetto nuovo in mezzo a tanti altri. Procede
gattono avanti e indietro, sta seduto da solo, grida per attirare l’attenzione, allontana con la
mano ciò che non gli piace, comincia a manifestare i suoi sentimenti reagendo ad es. con il
pianto quando mamma si allontana, saluta e batte le mani.
A nove mesi il bambino Diventa ogni giorno sempre più attivo e socievole, ritrova un
oggetto che ha visto nascondere, si annoia nei giochi ripetitivi, può ricordare un gioco fatto
il giorno prima, regge solo il biberon per bere.
A dieci mesi il bambino scopre la sua indipendenza: quando mangia vuol fare da solo, se
desidera una cosa in particolare la indica ripetutamente. Gattona velocissimo per casa e
tenta di attaccarsi ad un appoggio per sollevarsi. Si staccherà all’improvviso traballando un
po’ sulle gambe ma alla fine compierà il suo primo passo. Alcuno bambini iniziano a
pronunciare le parole più semplici come mamma, papà o pappa. A undici mesi chiederà la
mano per poter camminare da solo ad un anno. Il bambino è in grado di agire con maggior
consapevolezza: sta imparando a pensare e a parlare per comunicare il suo pensiero ed è in
grado di compiere movimenti di alta precisione, come voltare le pagine di un libro o mettere
i cubi uno sopra l’altro.

COORDINAZIONE SENSO MOTORIA


Il primo stadio per quanto riguarda la coordinazione senso motoria consiste nello spingere
avanti un ginocchio a fianco del corpo (28 settimane). Verso i 9 mesi i bambini imparano a
strisciare ossia a muoversi con l’addome in contatto con il paviemnto. Questo perchè a
questa età i muscoli del torace, le braccia e le gambe non sono abbastanza forti per sostenere
tutto il peso del corpo.
A 10 mesi comincia a procedere a carponi appoggiandosi sulle mani e sulle ginocchia e
questo comporta acquisire un nuovo coordinamento ed equilibrio, mentre la locomozione
carponi su mani e piedi, è lo stadio finale della progressione prona, è subito dopo. È anche
possibile che i bambini saltino uno dei due stadi dello sviluppo, anche se cmq di solito il
percorso è completato tutto.
Uno dei primissimicontrolli motori osservabili inun bambino avviene di solito pochi giorni
dopo la nascita e, cmq, mai più tardi di alcune settimane dopo e si manifesta con la
coordinazione del movimento degli occhi che gli consente di seguire un oggetto in
movimento. Durante il secondo mese riesce ad accompagnarlo con la testa. Generalmente
un bambino nei primi tre mesi ha un marcato conrollo sui movimenti della testa e del collo
ed infatti ben presto impara a girare la testa in direzione di una luce o di un suono che
percepisce.

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Altra tappa per quanto riguarda la coordinazione senso motoria il controllo visivo e
l’afferrare un oggetto: all’età di un mese il bambino fisserà l’oggetto senza però cercare di
afferrarlo; a due mesi e mezzo comincerà a cercare di prenderlo mancando però di molto il
bersaglio; a quattro mesi solleverà la mano nelle vicinanze dell’oggetto, spostando
alternativamente lo sguardo dalla mano all’oggetto arrivando a volte a toccarlo. Verso i
cinque mesi riuscirà a stendere il braccio verso l’oggetto toccandolo facilmente. A sei mesi
riesce a prendere con le mani gli oggetti che inizialmente riuscva ad afferrare soltanto con
gli occhi (perciò erano chiari visivamente ma erano difficlmente raggiungibili). A questa età
riuscirà a tenere in mano i suoi giochi come la palla riuscendola a muovere da una mano
all’altra ed acquisisce il controllo volontario sui movimenti delle sue braccia e mani, il suo
controllo motorio dalle spalle, al tronco ai fianchi. A questo punto il bambino riesce a
sedersi anche se inizialmente ha bisogno di aiuto. Generalmente è proprio a sei/sette mesi
che il bambino riesce a sedersi liberamente e a padroneggiare il suo spazio. Verso i
sette/otto mesi il coordinamento volontario raggiunge le gambe fino al ginocchio ed il
bambino impara a camminare a carponi o cmq a muoversi strisciando sul sedere con l’aiuto
delle braccia, mani, gambe e piedi.
Verso il nono/decimo mese il bambino cercherà di alzarsi in piedi questo perchè il controllo
motorio scende alle parti inferiori delle gambe e ai piedi fino ad arrivare all’età di un anno
circa quando conquista la posizione eretta. A questo punto cercherà di muovere i suoi primi
passi. È interessante notare come il bambino si alza senza paura a manda avanti la testa, il
collo e il tronco, mentre i piedi e le gambe rimangono fermi. Un secondo dopo il bambino
muove il piede, con un movimento tacco punta, e fa i suoi primi passetti per poi ricadere
seduto. È chiaro quindi che il controllo della mobilità del bambino parte dalla testa e
attraversa tutto il corpo fino a giungere ai piedi.
È chiaro che lo sviluppo senso motorio del bambino segue della tappe ben precise ma è pur
vero che sono essenziale un ambiente stimolante che porti il bambino a concentrarsi sugli
oggetti cui tendere il braccio e la mano o cmq un oggetto da puntare con lo sguardo. I
bambini non stimolati presentano dei ritardi per es. Nel puntare gli oggetti. È cmq
importante dire che un ambiente stimolante porterà profitto solo quando il bambino ha
raggiounto un certo grado di maturità. Di solito a quattro mesi il bimbo studia gli oggetti
attraenti e cerca di afferrarli, è a questo punto che occorre mettergli a disposizione oggetti
che posasano cattuare la sua attenzione. Allo stesso tempo occorre stare attenti nel non
bruciare le tappe con stimoli a cui il bambino non è in grado di fornire una risposta e questa
è una delle cause di turbamento che lo possono affliggere.
Per cui: il controllo motorio inizia dalla testa e culmina con il libero moviemnto e la
deambulazione. Le capacità di movimento in un bambino crescono soprattutto nel primo
anno di vita e continuano ad aumentare nel secondo anno, periodo nel quale il bambino
inizia a giocare e correre. Allo stesso tempo il controllo motorio si fa più raffinato e
differenziato mano a mano che il bimbo guadagna il controllo sui muscoli più sottili delle
labbra, della lingua, della laringe e della bocca che costituiscono il meccanismo della parola
e impara a parlare.
Nel terzo anno di vita il pensiero del bambino si sviluppa: dalla percezione, dalla memoria e
dall’immaginazione per arrivare alla capacità di formulare cponcetti, domande e idee.

L’atto psicomotorio: non è solo una successione di impulsi fisiologici, ma anche un modo
con il quale un individuo si pone in relazione con l’ambiente, in pratica è l’espressione di un
processo psichico diretto ad un fine. Dal movimento spontaneo privo di finalità si giunge,

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infatti, all’istituzione di schemi, alla loro memorizzazione e al trasferimento di quella
determinata azione in condizioni analoghe. È importante operare sul piano psicomotorio
affinchè il corpo si educato sedcondo un sistema relazionale e di orientamento. In questo
modo si interviene sull’impulsività cercando si creare dei meccanismi di controllo corporeo,
di orientamento e di organizzazione spazio-temporale per permettere al bambino di
identificarsi più liberamente, per rendersi autonomo.

Schema corporeo: immagine che esiste nella mente relativa alla conoscenza o all’intuizione
globale del corpo, in rapporto alle sue diverse parti, agli oggetti e allo spazio circostante.
Questa conoscenza è il risultato dei vari rapporti che l’individuo stabilisce con il suo
ambiente il cui risultato, molto graduale, si completa verso i dodici anni. È importante che
l’organizzazione dello schema corporeo sia completa altrimenti il bambino incontrerà delle
difficoltà nel percepire esattamente le cose. Le turbe dello schema corporeo non riguardano
solo la conoscenza del proprio corpo o delle sue varie posizioni ma sono riferite anche
all’utilizzazione del corpo stesso: il bambino che nion conosce ben il proprio corpo e le sue
possibiltà di movimento non è in grado di di instaurare con gli oggetti e con l’ambiente dei
rapporti soddisfacenti diventando in questo modo insicuro, ansioso, chiuso oppure
aggressivo perchè dubita di sè e delle proprie capacità. Difficoltà vengono riflesse anche
nell’apprendimento scolastico come nel saper leggere, oppure nella scrittura, nei concetti
logico-matematici oppure in movimento goffi o scoordinati. Un bambino che non riesce a
riprodurre gesti o sequenze di movimenti, non è in grado di riprodurre neanche graficamente
linee rette oblique e curve. Per riuscirlo infatti a fare con la matita deve essere prima in
grado di sentire con il suo corpo una determionata posizione o situazione (deve per cui
viverle con il proprio corpo).
La finalità essenziale che l’educazione psicomotoria si propone è quella di condurre il
bambino ad ottenere una giusta percezione del proprio corpofissando nella mente tutte le
posizioni, sia quelle relative alla sua globalità che in rapporto con le sue parti; di far
raggiungere al bambino una capacità di equilibrio e di autarlo nel suo processo di
lateralizzazione ossia stabilire quale parte del suo corpo abbia carattere dominante, destra o
sinistra, per migliorarne l’uso. Inoltre è importante far conquistare al bambino la capacità di
vincere le paure e le incertezze che si riscontrano e far in modo che raggiunga scioltezza e
disinvoltura in tutti i suoi movimenti.
Comportamento motorio:
dalla nascita ai tre anni il comportamento motorio del bambino è globale e le sue
ripercussioni emozionali sono incontrollate.
Da una confusa senzazione di essere parte di tutto, il bambino passa a una progressiva
distinzione del sè.
È senza dubbio importante il dialogo tonico, ossia il rapporto con gli adulti ma specialmente
con la mamma che è la prima immagine che colpisce la mente del piccolo soprattutto
quando lei si china su di lui e a questa immagine il bimbo risponde con un sorriso. Questo
primo riconoscimentodi un qualcosa che esiste fuori di lui è il primo passo verso l’atto
concettuale.
La seconda tappa corrisponde la periodo che va dai tre anni ai sette e viene definito come il
periodo della discriminazione percettiva cioè il bambino passa dallo stadio globale a quello
differenziato ed analitico.

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Il terzo periodo va dai sette ai dodici anni quando il bambino raggiunge l’elaborazione
definitiva dello schema corporeo per acquisire la capacità di rilassamento globale o
segmentario.
L’ingresso del bambino nella scuola materna è una grande opportunitànche gli consente una
prima esplorazione dello spazio al di fuori del proprio mondo familiare. In questi nuovi
spazi il bambino deve essere incoraggiato, è rassicurato dalla presenza di coetanei e da
adulti che devono essere un’ ottima fonte di stimolazioni. La scuola materna è essenziale
èper lo sviluppo senso mororio del bambino ed infatti è l’unico conteso dove non vengono
impartire informazioni nozioniostiche ma l’apprendere è il movimento vitale. Proprio per
questo viene costruita su misura del bambino e i suoi principi corrispondono a una forte
operatività conoscitiva ed affettiva. Ciò non significa però ch ela scuola materna non è
organizzata dal punto di vista metodologico o didattico, anzi è estremante organizzata tanto
da preparare il bambino a compiere un grande passo ossia il passaggio dalla scuola materna
alla scuola elementare.
Il bambino frequenta la scuola materna dai tre ai sei anni e in questo periodo il bambino
apprende con estrema velocità competenze linguistiche che gli consente di raccontare il
passato e di anticipare le azioni future.
Il mezzo che consente al bambino di considerare un’unità il fatto di parlare, comunicare e
muoversi allo stesso tempo è il corpo che rappresenta l’insieme delle esperienze compiute
nei primi anni di vita.
Le attività psicomotorie devono essere situate nel più ampio quadro dello sviluppo integrale,
armonico e completo della persona, dove le singole funzioni e facoltà sia fisiche che
intellettuali o morali, si sviluppano seguendo un ordine proprio, ma influenzandosi
reciprocamente.
Per cui l’educazione psicomotoria ha per mezzo il corpo del bambino che viene utilizzato
come tramite per costruire la personalità dell’individuo.
L’educazione psicomotoria è costruita siu basi scientifiche, parte dall’osservazione del
comportamento del bambino per aiutarlo a risolvere i suoi problemi attraverso il movimento
e le esperienze corporee. Si tratta di un concetto nuovo di educazione, che supera la vecchia
concezione di somministrazione di nozioni, cerca di stabilire un dialogo con il bambino
permettendogli di fare esperienze libere,senza imposizioni.
Le finalità dell’educazione che la psicomotricità si propone di raggiungere sono:
 Strutturazione dello schema corporeo quindi conoscnza e accetazione di sè;
 L’io in rapporto al mondo degli oggetti: conoscenza e accattazione del mondo degli
altri;
 L’io in rapporto al mondo degli altri: conoscenza e accettazione del mondo degli
altri;

Queste finalità si raggiungono attraverso la coscienza del proprio corpo, il controllo


posturale, la coordinazione dinamica, la coordinazione oculo-motoria, il linguaggio.

L’intelligenza sensomotoria, ossia l’insieme delle prime forme di conoscenze legate al


movimento che precede il linguaggio, si basa sul contatto e sull’uso che il bambiono fa degli
oggetti che caratterizzano il proprio ambiente. Attraverso il proprio corpo e il movimento, il
bambino conquista spazi sempre più grandi che lo conducono verso ciò che lo circondano e
gli permettono di stabilire i primi rappiorti sociali che costituiscono le basi di una futura
maturazione intellettuale e psichica. L’educazione psicomotoria perciò non deve essere un

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intervento occasionale e non programmato ma deve rappresentare uno strumento di crecita e
di sviluppo globale indispensabile, soprattutto quando emergono in lui difficoltà di
apprendimento.

Il sonno: alla nascita il neonato alterna brevi periodi di sonno a brevi periodi di veglia, di
giorno come di notte si sveglia per mangiare, questo ritmo è detto “ultrauterino”. Quando
dorme attraversa due fasi, il “sonno tranquillo” pochi movimenti del corpo, scarsa attività
del cervello, movimento degli occhi lenti, battito del cuore e respiro regolari. Il “sonno
attivo” può ruotare col corpo anche a 360° con piccoli movimenti automatici del corpo,
succhiare, sorridere, singhiozzare. Quando sogna il bambino spesso non distingue
l’immaginario dalla realtà. Fino a cinque anni, le varie avventure notturne sembrano reali
così come gli incubi. Ecco perché deve capire che sognare è un fattore positivo, e anche se il
sogno è brutto non significa essere cattivi. Le prime settimane riposa anche 16 ore al giorno
e più della metà è un sonno profondo che via via si riduce. Intorno al sesto mese comincia a
dormire parecchie ore di notte e stare più sveglio il giorno. Nel bambino il riposo è anche
fondamentale per favorire la crescita: durante le fasi del sonno profondo il suo organismo
secerne alcuni ormoni tra cui quello della crescita e l’apprendimento: la fase di sonno
profonda consente l cervello di assimilare tutte le cose che il bambino a fatto durante la
giornata. Problemi di sonno come le coliche ma anche per cause psicologiche ossia nei
cambiamenti nella vita del bambino come il ritorno al lavoro della mamma, l’inizio della
frequenza al nido. A due anni sono poi frequenti le varie paure: buio, rumori, animali
immaginari è necessario tranquillizzarlo senza prenderlo in giro, tenere una luce accesa sul
comodino.
Il bambino piccolo esplora il suo abiente, vocalizza, sorride, piange, agita braccia e gambe,
afferra ogni cosa che riesce a prendere. Ma la sua attenzione è cmq sempre rivolta verso
quegli oggetti che presentano un forte contrasto di colore o che si muovono. Gli occhi della
madre corrispondono bene a questi due requisiti proprio perchè il volto della madre è
intervallato da piccoli movimenti come quello delle labbra, degli occhi; il bambino così vi
concentra tutta la sua attenzione e trascorre lunghi intervalli di tempo gurdandolo ed
esplorandolo. Poi balbetta e la mamma gli sorride e gli parla, e di nuovo lui balbetta; il
sorriso come il balbettio sono reazioni comuni tant’è che sembrano appartenere ad uno
schema di azione fissa.
I sorrisi dei bambini sono delle reazioni involontarie a delle modificazioni della
stimolazione sensoriale; si verificano abbastanza spesso specie quando il bambino ha
appena mangiato e si addormenta.
Questa risposta involontaria che caratterizaza il sorriso cambia quando il bambino ha circa
due mesi lo stimolo che gli giunge è uditivo: il sorriso si trasforma in sorriso sociale. La
voce umana è la più adatta a provocare sorrisi più di qualsiasi altro suono.
All’età di quattro mesi il bambino sorride vedendo una riproduzione fissa del volto: per cui
non serve più il movimento della testa o di qualsiasi altra parte, non serve nemmeno la più
la voce anche se cmq sono elementi sempre importanti.
Questo comportamento cessa verso il quinto mese/sesto mese quando il bambino comincia a
sorridere in modo selettivo, dimostrando la sua preferenza per la mamma e distinguendo
così anche gli estranei a cui rivolge di solito un gemito. Con il suo sorriso intende dire che
riconosce l’aspetto di una persona e che comprende un evento nuovo dopo aver compiuto un
certo sforzo mentale.

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Alcune scuole di pensiero ritengono che il sorriso sia un riflesso condizionato, cioè
acquisito acquisito grazie all’interazione con le persone del proprio ambiente, altre che è un
comportamento innato che viene modificato dalle esperienza del bambino.
Il pianto: è una risposta che il bambino riesce a dare sin dalle sue primissimi momenti di
vita postnatale. Solitamente piange in risposta di un turbamento interno o esterno: quando
chi si prende cura di lui va ad alleviare il suo stato di angoscia, il piccolo rilassa i muscoli e
dopo essere stato preso in braccio poggia la testa sulle spalle e le abbraccia il collo.

Attaccamento: reazione prolungata di stimolo-risposta ogni qual volta il bambino ha una


necessità. Con il tempo il bambino apprende e riesce a riconoscere le persone che si
prendono costantemente cura di lui e per cui ben presto chi potrà permettersi di cullarlo, di
prenderlo in braccio se piange o cmq di soddisfare i bisogni del bambino, saranno poche
persone elette. Per questo discorso la mamma è la privileggiata: è legata al bambino da un
rapporto che nasce ancora prima che il piccolo venga alla luce e poi, atraverso numerosi
gesti tra cui l’azione dell’allattamento, crea quella dipendenza o meglio quello che viene
chiamato attaccamento infantile.

Ansia: nasce quando il bambino si trova difronte ad en evento diverso da quelli da lui
conosciuti: ansia nei confronti di un volto estraneo che porta al pianto; ansia dovuto
all’allontanamento della mamma (ansia da separazione 10 mesi) che scompare quando il
bambino diventa capace di rimediare in qualche modo a questa assenza. Man mano che il
piccolo cresce, conosce separazioni sempre più frequenti e diventa capace di rassicurare se
stesso, il bambino diventerà più tranquillo. È bene dire che la separazione del bambino di tre
anni lasciato per la prima volta all’asilo, comporta paure più complesse: la mamma che non
torna a prenderlo, paura degli altri bambini, insegnanti.

CAP. TERZO IO, BAMBINO DIVERSAMENTE ABILE


Il rapporto con il proprio figlio, pewr qualsiasi genitore, ha inizio già durante il periodo
delle gravidanza. La coppia in attesa proietta sul bambino che nascerà una serie di fantasie e
di aspettative. Quando il bambino che nasce però è portatore di un handicap, mentale o
fisico che sia, i genitori vedono di colpo svanire tutte le loro aspetattive per quanto riguarda
quel “figlio perfetto” che desideravano.
La maggior parte dei genitori prova un’iniziale reazione di shock e passa un periodo di
comportamenti irrazionali, caratterizzati da pianti continui e sensazioni di impotenza.
Alla nascita del bambino molti genitori cercano di sfuggire alla realtà e attutiscono l’impatto
con il rifiuto che nei casi più gravi porta addirittura alla negazione dell’esistenza del figlio.
Spesso nascono dei sensi di colpa nei genitori che possono essere il risultato di idee circa
l’ereditarietà e la struttura genetica trasmessa la figlio. Bisognerebbe invece comprendere
che la struttura genetica è un qualcosa di talmente complesso che è impossibile far risalire la
responsabilità ai genitori per quanto riguarda ciò che è ha ereditato il figlio.
Il primo passo da fare è quello di far comprendere ai genitori di quanto sia importante la
loro unione con il bambino, in questo modo non potranno ostacolarlo durante il loro
percorso di crescita. È infatti fondamentale capire che ogni bambino non è semplicemente
quello che si presenta alla vista, ma è principalmente quello che diventerà nel futuro.
 L’arrivo di un bambino diversamente abile può portare può creare problemi per i
fratelli:è probabile che egli assorba molta parte dell’attenzione e del tempo della
mamma. L’atteggiamneto che i fratelli avranno ariguardo dipenderà esclusivamente

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dal modo adottato dai genitori. È indispensabile che questi non rinuncino agli
abituali livelli di vita e cmq alla routine o meglio che non adattino e trasformino
tutta la loro vita e di conseguenza quella degli altri figli, alla condizione del
bambino portatore di handicap. Infatti se è vero che la famiglia può provocare
frustazione al bambino minorato, anche questo ha i mezzi per provocare gravi
frustazioni ai componenti della famiglia con il risultato che l’integrazione del
bambino minorato risulti ancora più difficile.
 un bambino handicappato che lascia la famiglia per andare la prima volta a scuola è
molto probabile che sia ancora nel suo primo grado di sviluppo per cui ha bisogno
di una guida anche perchè risulta essere molto vulnerabile. Per questo motivo la
maestra ma anche i suoi compagni, dovrebbero essere bene informati dell’arrivo di
questo bambino per predisporre per lui un ambiente familiare. La figura
dell’insegnate è sempre stata molto importante sia per i bambini “normali” che per
quelli portatori di handicap:infatti sarà lei a preoccuparsi dell’appredimento e, a tal
proposito, un momento significativo, sarà quando i genitori nel credere nel percorso
educativo iniziato dal figlio, inizieranno un tipo di percorso continuativo in
famiglia. I docenti della scuola dell’infanzia devono organizzarsi per l’inserimento
e l’integrazione del bambino disabile nel gruppo classe. Importante è usare tutte le
risorse disponibili sia in ambito scolastico che exsta scolastico cercando di fissare
come obiettivo l’autonomia fisica e fisiologica, comunicativa, sociale, motoria e
cognitiva. Tutti questi obiettivi si possono raggiungere con un presupposto molto
importante: la collaborazione tra insegnati e genitori.

 Non tutti i disturbi mentali devono essere curati con i farmaci. A volta la terapia
comportamentale è quella più indicata. In questo tipo di terapia vengono isolati
determinati sintomi e obiettivi e ogni fase della cura è diretta a miminizzare quei
sintomi e a raggiungere quegli obiettivi. Non si tratta di psicoanalisi perchè non si
cerca di mettere alla luce traumi accaduti. La terapia può includere tecniche di
rilassamento tra cui respirazione profonda e visualizzazione mentale, assistenza ai
genitori e terapia familiare. I farmaci sono preswcritti solo dopo un’attenta
valutazione diagnostica e i genitori devono cercare di capire la patologia del figlio
facendo anche molte doamnde al medico e quindi evitare una posizione passiva.
 La depressione: può capitare che in certi individui, considerati particolarmente
vulnerabili, dopo un episodio molto significativo quale per esempio la perdita di
una persona cara, il fenomeno della depressione. Ma è importante ricordare che la
depressione non è data dal lutto in famiglia o dalla rottura con il ragazzo ma la
causa del disturbo depressivo ha origine nel cervello. Quello che determina la
predisposizione del bambino alla depressione è un struttura ereditata dai genitori
per cui la depressione è un disturbo ereditario, nel senso che i figli di persone
depresse hanno possibilità superiori alla media di sviluppare la malattia. La
depressione nei bambini o adolescenti presenta alcuni sintomi: incapacità di
concentrarsi, irritabilità, rabbia, stanchezza marcata, sentiemnti di inutilità,
alterazione del sonno e dell’appetito ma anche, soprattutto nell’edolescente,
l’incapacità di provare piacere. Il disturbo si presenta in maniera diversa nei
bambini e negli adolescenti: colpisce, a volte, lo sguardo dei bambini che spesso è
caratterizzato da occhi bassi o un’espressione vuota. Ciò che stupisce è che molti

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bambini hanno un’atteggiamento più oppositivo che depresso, sono irritabili,
capricciosi e sembra che tutto li infastidisca. Spesso amnifestano disturbi del
comportamento come l’iperattività o assenza di gioco normale. Alcuni bambini, ma
molto pochi, possono presentare ideazione di suicidio o spesso lamentano dolori di
mal di testa, di stomaco e mal di schiena. Negli adolescenti i sintomi del disturbo
depressivo sono più simili a quelli degli adulti come: umore debole, incapacità di
concentrazione,alterazione del sonno e dell’appetito, sentimenti di svalutazione e
pensieri di suicidio. Di solito i bambini ai quali è stato diagnosticato un disturbo
depressivo hanno anche disturbi di ansia, soprattutto l’ansia di separazione.
Diagnosticare un disturbo di ansia è molto difficile nel senso che può essere spesso
confuso con problemi dovuti a problemi di attenzione. La psicoterapia cognitiva
aiuta negli atteggiamenti depressivi, per migliorare le proprie doti di
socializzazione. La psicoterapia interpersonale, programma terapeutico specifico
per il distrurbo depressivo,si è rivelata utile inizialmente nella cura di pazienti
adulti affetti da forme leggere, poi è stata speriemntata con gli adolescenti. Se
combinata con una terapia farmacologica adeguata, aiuta il ragazzoa comprendere
la malattia e risulta particolarmente efficace, così come gli interventi a livello
familiare che aiutano sia i ragazzi che i genitori a capire il disturbo del figlio e a
migliorare l’ambiente in cui l’adolescente vive.
 Disturbo di attenzione con iperattività: si tratta di un disturbo comportamentale
che presenta 3 sintomi caratteristici:
DISATTENZIONE/IMPULSIVITA’/IPERATTIVITA’. Si può presentare in forme
lievi o più marcate. È facile scambiare tale disturbo con la vivacità o con il fatto
che moltio bambini sono particolarmente irrequieti. Invece i bambini con problemi
abbastanza gravi presentano problemi sempre e in qualunque ambiente: casa,
scuola, mentre giocano per cui si tratta di una malattia cronica e non episodica.
Spesso i segnali di disturbo si presentano già in età prescolare se nn primae con il
tempo tendono a peggiorare. Ed infatti se il disturbo viene ignorato, durante
l’adolescenza, il ragazzo potrebbe avere problemi come non avere amici,
disattenzione costante, impulsività, irrequietezza. Esistono tre tipi diversi di
disturbo da deficit di attenzione con iperattività: 1 meno comune, comportamento
iperattivo/ipulsivo con irrequietezza e incapacità di stare fermi (bimbi nn riescono a
stare in fila) 2 disattenzione e disorganizzazione (no iperattività) (bambini
compiono molti errori/diemnticano e perdono spesso le cose/sognano a occhi
aperti). La mancanza dell’irrequietezza rende difficile la diagnosi. 3 la più comune
e è la somma delle precedenti per cui vi è l’iperattività e disattenzione (se al bimbo
gli si dice di nn fare una cosa, è come se nn sentisse e la fa lo stesso. La diagnosi si
fa parlando con genitori e insegnanti e attraverso l’osservazione del bambino
stesso. Si chiedono informazioni sulle prestazioni scolastiche, sul comportamento
in classe e sul modo di interagire. È sicuro che una precoce identificazione del
deficit e un intervento tempestivo sono estremamente importanti.
 L’euneresi dal greco significa propriamente “urinare dentro”, sottointeso “nel
letto”. La maggior parte dei bambini smette di fare la pipì al letto all’età di 3
massimo 5 anni mentre per alcuni, se soffrono di neuresi, non è così: l’euneresi
ovvero l’emissione involontaria di urina almeno due volte alla settimana, per
almeno tre mesi, in bambini di età superiore ai 5 anni. Può verificarsi sia di giorno
che di notte. Generalemente ne soffrono più i maschi rispetto alle femmine con una

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proporzione di 3:1. l’euneresi infantile può apparire in tre diverse forme: FORMA
PRIMARIA nella quale il bambino, oltre i 4/5 anni, bagna il letto senza mai smesso
di fare la pipì al letto; FORMA SECONDARIA quando il piccolo, in un primo
tempo raggiunge il controllo della vescica, ma riprende inseguito a baganre il letto,
anche dopo molto tempo; FORMA AUTOMATICA nella quale il disturbo si
presenta non solo di notte, ma anche di giorno. L’euneresi secondaria è più
facilmente legata a situazioni ambientali sfavorevoli, quali stati di ansia, angoscia,
disorientamento, dovuti a situazioni nuove e magari non ben accettate dal bambino
(nascita di un fratellino/trasloco). Se il bambino non ha problemi psicologici,
l’euneresi termina al momento stesso in cui la situazione ritorna nella norma. Nei
casi in cui l’euneresi sia dovuta a stati di angoscia o insicurezza più importanti,
chiaramente anche il fenomeno dell’euneresi sarà più lento a scomparire e necessita
di maggiori attenzioni. Casi tipici sono quelli in cui il bambino si sente trascurato e
cerchi quindi di attrarre l’attenzione dei propri genitori in questa maniera. Vi sono
buone possibilità che il problema si risolva, ma esiste anche la possibilità che non
sia così, più a lungo il sintomo persiste, più è facile che il soggetto vada incontro a
ripercussionio sociali negative, compresi conflitti familiari. Se il disturbo persiste
per più di tre mesi è il caso di intervenire. Esistono varie teorie sulle cause nella
euneresi: secondo quella più diffusa, la causa primaria del disturbo sarebbe un
ritardo di sviluppo. In questi bambini alcuni sistemi, tra cui quello urinario e quello
cerebrale, non si sviluppano in equilibrio. Un’altra possibile causa è l’anormale
regolazione di un ormano secreto del cervello, detto ormone antidiuretico, che
determina la modalità di ritenzione idrica nel corpo. Durante la notte alcuni bimbi
hanno una secrezione insufficiente di questo ormone e il loro organismo produce
una quantità di urina maggiore della capacità della vescica. E ancora, dorse i
bambini affetti da eneuresi hanno semplicemente il sonno più profondo degli altri.
Per quanto riguarda la cura: è vero che ci sono dei farmaci che possono ridurre
l’emissione di urina stimolando il bambino a concentrarsi su ciò che deve fare. Per
eliminare però il problema alla radice è necessario che il piccolo si comporti
diversamente ossiail cervello deve imparare a sentire e ascoltare il messaggio
inviato alla vescica. Una cosa molto triste è che alcuni genitori provano imbarazzo
verso il comportamento del figlio mentre altri pensano che sia un comportamento
fatto a posta per farli arrabbiare. La verità è che l’enuresi non è intenzionale e anzi
uno dei motivi per cui questo disturbo provoca tante emozioni è che in alcuni casi
anche uno dei genitori ne soffriva ed è rimasto traumatizzato da quell’evento e ora
rivedrlo nel figlio gli provoca inquietudine. È bene dire che la cura
comportamentale avvenga di pari passo con un clima sereno in famiglia altrimenti
non è efficace: si insegna ai genitori a preparare un calendario dove annotare le
notti asciutte e quelle bagnate. Questo meccanismo, oltre a portare un controllo
monitorato, porta anche il bambino a diventare consapevole del problema e
addirittura basta questo, magari con un rinforzo come un piccolo premio, può
portare alla guarigione. TERAPIE COMPORTAMENTALI: bisogna sempre tenere
conto che il bambino non è in grado di risolvere il problema da solo e che
soprattutto non ha nessuna colpa. Un primo aspetto deve riguardare il non
responsabilizzare il bambino ma tranquillizzarlo spiegandogli il problema. Non
serve a nulla costringerlo a bere meno la sera o svegliarlo di notte e portarlo di peso
al bagno : questo ne impedirebbe anzi la crescita e la guarigione spontanea.

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 Sindrome di Down o mongolismo è una malattia genetica dovuta alla presenza di
tre cromosomi 21 anchè due. Se il cromosoma in più fluttua libero parliamo di
Trisonomia 21 libera ed è la causa più frequente della sindrome di Down, se invece
quel cromosoma 21 in più è legato a un altro cromosoma parliamo di trisonomia da
traslocazione, e se invece nella persona sono presenti cellule di due tipi diversi e
cioè alcuni con 46 altri con 57 cromosomi siamo difronte alla Trisonomia a
mosaico. Una caratteristica neurologica peculiare della sindrome di Down è la
degenerazione del sistema nervoso, che configura un quadro clinico simile alla
malattia di Alzhaimer. Questa patologia colpisce una parte delle persone con
dindrome di Down dopo i 35 anni. problemi di salute nelle persone Down in età
adulta comprendono: anomalie cardiache congenite e acquisite, malattie polmonari
croniche (entrambe con il 30%), epilessia (37%), demenza presenile tipo Alzheimer
(42%), problemi comportamentali (50%), perdita delle abilità cognitive (55%-
75%). Ci sono alcune caratteristiche fisiche comuni della sindrome di Down: -
forma degli occhi che sembrano un po’ a mandorla; -naso piccolo e a volte un po’
schiacciato; -orecchi minute; -bocca piccola; -cranio piccolo a base piatta; -faccia
tonda con fronte tondeggiante; -corpo tarchiato e arti corti; per quanto riguarda il
ritardo mentale possiamo dire che questo dipende da bambino a bambino, quello
che è però certo è che sarà cmq in grado di capire, imparare e ricordare quello che
ha imparato. La cosa più importante è sicuramente l’ambiente dove cresce: fino a
non molto tempo fa questa sindrome era considerata come un handicap gravissimo
e senza speranza. Oggi, grazie a vari studi, si è capito che occorre permettere al
bambino con tale sindrome di seguire un tipo di percorso che lo porti all’autonomia
e alla responsabilità perchè troppe volte, con un comportamento errato dei genitori,
non di permette al bambino di fare delle scelte, né di sfruttare le proprie capacità
relazionali, né di inserirsi in un contesto sociale adeguato. si può dire che, data una
situazione familiare, educativa e sociale adeguata, una persona con sindrome Down
può imparare tutto quello che è necessario per avere una vita relativamente
autonoma e soddisfacente. Sia i bambini che gli adulti con sindrome di Down
hanno dei probleimi di linguaggio: a volte questo risulta scarso e impreciso. Questo
può essere dvuto a: -un problemi riguardanti infezioni dei canali uditivi che portano
a problemi di linguaggio; -difficoltà a coordinare i movimenti della lingua, delle
labra etc; -oppure dei deficit relativi proprio all’apprendiemnto del linguaggio.
Comunque sia, gli studiosi concordano nel dire che dato lo sviluppo generale di una
persona con sindrome Down, ci si dovrebbe aspettare una migliore capacità di
esprimersi. In ogni caso la "terapia" non è specifica per il linguaggio, perché
riguarda tutte le aree di sviluppo che sono legate alle capacità psicomotorie del
bambino. Quando il bambino riuscirà a collegare la parola all’immagine che ha
nella mente, all’inizio potrà esprimere il suo pensiero con i gesti, e questa fase può
essere più prolungata nei bambini con sindrome Down, poi con il tempo anche con
le parole.

Alcuni dati sullo sviluppo nei primi anni di bambini con sindrome Down paragonati allo
sviluppo dei bambini senza sindrome Down dimostrano come, a parte il linguaggio, gli altri
dati non differiscono molto tra i due gruppi, anche se c'è tra i bambini con sindrome Down
una grandissima varietà tra un caso e l'altro. Ma in una percentuale dal 50 al 75 per cento
dei casi, i bambini con sindrome Down hanno uno sviluppo che appartiene ai valori medi.

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Per esempio un bambino "normale" tiene la testa dritta e in equilibrio in media a 3 mesi,
mentre un bambino con la sindrome intorno ai 5 mesi; mentre quest’ultimo cammina da solo
a 19 mesi, un bambino senza sindrome lo fa in media a 12 mesi. E ancora: un bambino con
sindrome di Down riconosce i genitori intorno ai 3 mesi e mezzo, mentre un bambino
"normale" a 2 mesi.

Nella comunicazione le differenze sono più accentuate: mentre un bambino "normale"


pronuncia le prime parole in media a 14 mesi, un bambino con sindrome Down lo fa in
media a 18 mesi, e se il primo esprime i suoi bisogni a gesti a 14 mesi circa, il secondo lo fa
solo a 22 mesi.

Accettazione sociale: quali ostacoli?

In numerosi studi è stato dimostrato che l’accettazione delle persone con ritardo mentale da
parte dei compagni di scuola e dei colleghi di lavoro è fortemente collegata al loro
comportamento sociale e non al loro aspetto o al grado di ritardo mentale. In altre parole un
bambino o un adulto con sindrome Down saranno accettati se si comportano in modo
accettabile e adeguato socialmente. Non sarà dunque il ritardo nell’apprendimento della
lettura e della scrittura o nell’esecuzione di un compito a determinare il rifiuto nei suoi
confronti, ma la causa di un’esclusione sociale sarà un comportamento infantile,
onnipotente o aggressivo. Un compagno di scuola non sopporterà tirate di capelli o botte in
testa, ma non si preoccuperà minimamente di giudicare il bambino con sindrome Down in
base ai suoi quaderni.

possibile formulare alcuni suggerimenti per i genitori?

Una persona con sindrome Down potrà avere una vita soddisfacente se i suoi genitori
cureranno fin dai primi anni di vita lo sviluppo delle capacità autonome e le regole di un
comportamento sociale maturo. Queste competenze sono indispensabili per un reale
inserimento nella scuola e nel mondo del lavoro, ma soprattutto per favorire una sicurezza e
una stima di sé e delle proprie capacità senza le quali una vita insieme agli altri può essere
difficile e improbabile. Ecco, quindi, alcuni suggerimenti per i genitori:

 La gentilezza. È importante stabilire una modalità gentile di rivolgersi ai figli che li


aiuti a capire che il genitore si aspetta che si comportino bene. Inoltre, cosi facendo, è
insegnato loro anche a rivolgersi ai genitori in modo più gentile le buone maniere
sono un investimento fondamentale per l’inserimento sociale di chiunque, quindi
anche del bambino con sindrome Down.
 Un passo per volta. È necessario curare al massimo gli aspetti legati
all’insegnamento dell’autonomia e delle buone maniere, perché nel caso di un
bambino con sindrome di Down è maggiore il rischio che si determini nei confronti
di qualsiasi apprendimento quell’atteggiamento passivo che i genitori chiamano
pigrizia e quell’indisciplina che finisce con il creare in ogni madre o padre un senso
di scoraggiamento e di impotenza.
 I complimenti. Naturalmente bisogna complimentarsi con un figlio solo se è stato
veramente bravo, se ha imparato bene qualcosa o se si è comportato bene, altrimenti
potranno insorgere in lui una sfiducia nel giudizio dei suoi genitori e delle confusioni

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che vanno evitate. Lo scopo è infatti quello di rinforzare solamente dei
comportamenti che siano buoni e non gli sbagli. I complimenti andrebbero
sottolineati soprattutto quando il figlio riesce ad essere bravo dopo qualche tentativo
non riuscito.
 La fermezza. Di fronte a un problema di comportamento del bambino con sindrome
di Down i genitori dovranno accordarsi su una linea comune da tenere con fermezza
ogni volta che si manifesta il comportamento indesiderato. Per esempio se la
situazione non è più sotto controllo, a volte può essere sufficiente ignorare il
comportamento indesiderato facendo finta di nulla. Oppure distrarre il bambino con
un’attività piacevole non appena si prevede l’arrivo del comportamento disturbante

Si può lavorare sui singoli problemi individualmente.


Il problema del linguaggio può essere superato portando regolarmente e assiduamente il
soggetto da un logopedista specializzato.
La tendenza ad ingrassare va contrastata con una dieta equilibrata e molta attività fisica.
Infine il problema del ritardo mentale è il più importante da affrontare e il consiglio
generale è quello di stimolare l'attività intellettiva del soggetto con molteplici attività fin
dalla tenera età, senza pretendere grandi risultati. Un ruolo importantissimo è affidato ai
primissimi educatori, genitori e i familiari stretti, che non devono mai smettere di insegnare
anche le cose più ovvie. Gli affetti da questa sindrome presentano una socialità spiccata,
quasi incontenibile. È quindi consigliato e significativo far leva su questo elemento come
stimolo per l'apprendimento: quando parliamo di strutture educative, l'isolamento dalla
classe di appartenenza, spesso è controproducente: demotiva il ragazzo e rende faticoso il
mantenimento dell'attenzione. Altro stimolo molto forte si può ricevere da un animale
domestico (cane, gatto, cavallo) con cui viene instaurata un'amicizia profonda, che consente
al bambino affetto da sindrome di Down di superare alcune difficoltà in ambito relazionale.
La possibilità, inoltre di maturare la responsabilità verso un animale, è decisamente
formativa e contribuisce alla maturazione dell'autonomia. L'uso di strumenti elettronici è
produttivo. Come tutte le sindromi associate a ritardi mentali, infatti, anche il ragazzo
affetto dalla sindrome di Down, è particolarmente sensibile alla ritualità delle azioni e dei
comandi. Questo comporta anche una certa rigidità nell'apprendimento che deve destare
l'attenzione degli educatori, poiché qualora il ragazzo abbia appreso un comportamento
scorretto, diviene faticoso farne apprendere uno più adeguato. Per questo si consiglia di
avere molta attenzione nell'insegnare azioni, frasi e comportamenti, eventualmente mostrare
tutte le possibili strade e azioni da fare così che il figlio le apprenda subito tutte e poi utilizzi
quella che secondo lui è più semplice.

 L’autismo è considerato un disturbo che interessa la funzione cerebrale la persona


affetta da tale patologia mostra una marcata diminuzione dell'integrazione sociale e
della comunicazione. Normalmente i sintomi si manifestano come un ritiro
autistico sono: Comunicazione verbale e non verbale (Il 50% dei soggetti autistici
non è in grado di comunicare verbalmente. I soggetti che sono in grado di utilizzare
il linguaggio si esprimono in molte occasioni in modo bizzarro; spesso ripetono
parole, suoni o frasi sentite pronunciare (ecolalia). L'ecolalia può essere immediata
(ripetizione di parole o frasi subito dopo l'ascolto), oppure ecolalia differita
(ripetizione a distanza di tempo di frasi o parole sentite in precedenza). Anche se le
capacità imitative sono integre, queste persone spesso hanno notevoli difficoltà ad

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impiegare i nuovi apprendimenti in modo costruttivo in situazioni diverse da quelle
che li hanno generati in prima istanza.). Interazione sociale (Gli autistici mostrano
un'apparente carenza di interesse e di reciprocità relazionale con gli altri; tendenza
all'isolamento e alla chiusura sociale; apparente indifferenza emotiva agli stimoli o
ipereccitabilità agli stessi; difficoltà ad instaurare un contatto visivo: il bambino che
intorno ai due anni di età continui ad evitare lo sguardo degli altri mostra, secondo
diversi studi, la possibilità di sviluppare l'autismo. Gli autistici hanno difficoltà nell'
iniziare una conversazione o a rispettarne i turni, difficoltà a rispondere alle
domande e a partecipare alla vita od ai giochi di gruppo. Non è infrequente che
bambini affetti da autismo vengano inizialmente sottoposti a controlli per verificare
una sospetta sordità, dal momento che non mostrano apparenti reazioni, proprio
come se avessero problemi uditivi, quando vengono chiamati per nome.
Immaginazione o repertorio di interessi (Di solito un limitato repertorio di
comportamenti viene ripetuto in modo ossessivo; si possono osservare posture e
sequenze di movimenti stereotipati (per es. torcersi o mordersi le mani, sventolarle
in aria, dondolarsi, compiere complessi movimenti del capo, ecc.) detti appunto
stereotipie. Queste persone possono manifestare eccessivo interesse per oggetti o
parti di essi, in particolare se hanno forme tondeggianti o possono ruotare (biglie,
trottole, eliche, ecc.). Talvolta la persona affetta da autismo tende ad astrarsi dalla
realtà per isolarsi in un mondo virtuale, in cui si sente vivere a tutti gli effetti
(dialogando talora con personaggi inventati). Pur mantenendo in molti casi la
consapevolezza del proprio fantasticare, è con fatica e solo con delle sollecitazioni
esterne (suoni improvvisi, appello di altre persone) che riesce ad essere in varia
misura partecipe nella vita di gruppo). Importanza dell'ordine (Si riscontra una
marcata resistenza al cambiamento che per alcuni può assumere le caratteristiche di
un vero e proprio terrore fobico. Questo può accadere se viene allontanato dal
proprio ambiente (camera, studio, giardino ecc) o se nell'ambiente in cui vive si
cambia inavvertitamente la collocazione di oggetti, del mobilio o comunque
l'aspetto della stanza. Lo stesso può verificarsi se si lasciano in disordine oggetti
(sedie spostate, finestre aperte, giornali in disordine): la reazione spontanea della
persona autistica sarà quella di riportare immediatamente le cose al loro ordine, e se
impossibilitato a farlo manifestare comunque inquietudine. La persona può allora
esplodere in crisi di pianto o di riso, o anche diventare autolesionista e aggressiva verso
gli altri o verso gli oggetti. Altri soggetti, al contrario, mostrano un'eccessiva
passività, aprassia motoria e ipotonia[20] che sembra renderli impermeabili a qualsiasi
stimolo.) La gravità e la sintomatologia dell'autismo variano molto da individuo a
individuo e tendono nella maggior parte dei casi a migliorare con l'età, in
particolare se il ritardo mentale è lieve o assente, se è presente il linguaggio
verbale, se un trattamento valido viene intrapreso in età precoce. L'autismo può
essere associato ad altri disturbi, ma è bene dire che spesso maschera l'intelligenza
di una persona, e che esistono gradi di autismo differenti tra loro. Alcune persone
autistiche possiedono per esempio una straordinaria capacità di calcolo matematico,
sensibilità musicale o altri talenti in misura del tutto fuori dell'ordinario, come
realizzare ritratti o paesaggi molto fedeli su tela senza possedere nozioni di disegno
o pittura. Inoltre si manifestano nell'autismo: Ansità e disturbo del sonno.
Sicuramnete l’autismo ha bisogno di un intervento precoce, integrato tra famiglia-
scuola-istituzione integrato con un percorso di riabilitazione che va adattato alle

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caratteristiche soggettive, ricercate con una attenta valutazione per ogni individuo.
Nella fase diagnostica la collaborazione della famiglia è assolutamente necessaria e
strutturata in colloqui e questionari specifici. Esistono diverse checklist che
indagano sulle aree critiche della malattia:

 Funzioni comunicative

 Comportamento sociale

 Comportamenti ripetitivi
In una fase successiva, le valutazioni si approfondiscono in aree specifiche per stabilire lo
stato intellettuale, la capacità adattiva del comportamento, le funzioni senso-motorie e le
condizioni neurofisiologiche correlate.

Per molti questa malattia è dovuta a un conflitto emotivo così le varie tecniche utilizzate per
la cura, mirano proprio a stimolare le emotività del bambino e a creare un legame affettivo
con i familiari.

 Il contatto fisico e visivo che ha il genitore e il bambino è molto intenso, il bambino


è costretto in un abbraccio affettuoso, ma forzato, con uno dei genitori, in una
posizione che obbliga all'incontro di sguardi, accompagnato da un linguaggio
tenero e dolce ( baby-talking). La comunicazione diretta diventa quasi inevitabile e
generalmente il bambino da chiuso e passivo si attiva improvvvisamente
manifestando il suo rifiuto, reazione valutata positivamente in quanto espressione
intensionale di una sua volontà.
 Metodo Etodinamico: Si svolge in una stanza spaziosa dotata di attrezzature
(tavolo, sedie, divani, giocattoli) in cui il bambino è libero di muoversi e di
interaggire in attività ludiche con il genitore presente; al terapeuta spetta il compito
di stimolare il genitore a essere propositivo verso il figlio.

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