Udii tra il sonno le ciaramelle, Paolo Vita Finzi (pubblicata l’ultima ho udito un suono di ninne nanne. volta nei primi anni ’80) Ci sono in cielo tutte le stelle, ci sono i lumi nelle capanne. LE CARAMELLE - di Paolo Vita Finzi Sono venute dai monti oscuri le ciaramelle senza dir niente; Oggi ho impastato le caramelle, hanno destata ne' suoi tuguri le caramelle d’erba trastulla: tutta la buona povera gente. gocce di miele, raggi di stelle, lievi che sembran fatte di nulla. Ognuno è sorto dal suo giaciglio; accende il lume sotto la trave; Colto ho le bacche sulla pendice sanno quei lumi d'ombra e sbadiglio, presso la Torre, sul rivo a specchio, di cauti passi, di voce grave. tratto ho la scorza dalla myricae nei praticelli di Castelvecchio. Le pie lucerne brillano intorno, là nella casa, qua su la siepe: D’ogni sapore, d’ogni profumo, sembra la terra, prima di giorno, ho messo un poco, senza far torti: un piccoletto grande presepe. polpa di pesche, spire di fumo, voci di bimbi, brusio degli orti. Nel cielo azzurro tutte le stelle paion restare come in attesa; E v’ho mischiato rose e mortella, ed ecco alzare le ciaramelle zirli di tordi, fiocchi di neve, il loro dolce suono di chiesa; l’erica, il vischio, la pimpinella e il blando e uguale suon della pieve. suono di chiesa, suono di chiostro, suono di casa, suono di culla, Poi con lo zucchero sciolto nel pianto suono di mamma, suono del nostro coperto ho il nocciolo d’ogni pastiglia: dolce e passato pianger di nulla. le asciuga il vento del camposanto che fra i cipressi freme e bisbiglia. O ciaramelle degli anni primi, d'avanti il giorno, d'avanti il vero, Mentre singhiozza da presso il rivo or che le stelle son là sublimi, fra il gracidare delle ranelle, conscie del nostro breve mistero; dolce è il mio piangere senza motivo assaporando le caramelle. che non ancora si pensa al pane, che non ancora s'accende il fuoco; Volete ribes, menta, lampone, prima del grido delle campane gusto di fragola, gusto d’arancia? fateci dunque piangere un poco. Son dolci e acidule quelle al limone come le lacrime lungo la guancia. Non più di nulla, sì di qualcosa, di tante cose! Ma il cuor lo vuole, C’è la cedrina, ci son le more, quel pianto grande che poi riposa, c’è l’amarena, c’è il ratafià: quel gran dolore che poi non duole; e chi le succhia sente nel cuore una dolente felicità. sopra le nuove pene sue vere vuol quei singulti senza ragione: sul suo martòro, sul suo piacere, vuol quelle antiche lagrime buone!