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Accanto alla trattatistica moralistica di Carlo e Federico Borromeo, e alla loro propaganda a favore
di una pittura che fosse devota e “honesta”, ad alimentare il dibattito artistico seicentesco era la
pittura fiamminga coeva (Rubens, Van Dyck) e, per conseguenza, quella veneta del Tintoretto e di
Tiziano.
Era l’antitesi Poussinismo ≠ Rubensismo forte sia in Italia che in Francia
A Roma, il circolo a capo del biografo Giovanni Bellori e del pittore e restauratore Carlo Maratta,
trova in Poussin il proprio punto di riferimento e parametro artistico, e in Raffaello e Annibale
Carracci i suoi predecessori. (Partito “romano” classicista) • A questo versante dell’esaltazione
classicista fa opposizione il partito del veneziano Mario Boschini e del bolognese Cesare Malvasia
che esaltano i valori puramente pittorici del tocco, del tono, della cromia e dell’invenzione.
Celebrano la pittura di Tiziano e Rubens. (Partito “lombardo”)
I due partiti si “uniscono” nella comune condanna caravaggesca. Mancini, Baglione e Bellori sono
gli autori delle prime monografie su Caravaggio, nelle quali tuttavia l’artista non era celebrato bensì
messo in discussione.
Proliferano le storiografie artistiche regionali per colmare le lacune vasariane, con nuove
considerazioni sull’antico. Si instaura una parabola di continuità artistica con il passato.
Il collezionismo come metodo per ordinare e suddividere le cose, così da migliorare l’apprendimento
e la comunicazione.
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Neoclassico e Preromantico Nel XVIII secolo è la Francia la dominatrice della letteratura artistica,
grazie anche all’invenzione dei “salons” che porteranno all’affermarsi della critica d’arte in senso
proprio. Nello stesso periodo compaiono i primi scritti della scuola tedesca e di quella inglese. In
Inghilterra si affermarono, contrastandosi reciprocamente, il Classicismo e l’Anticlassicismo. Il
maggiore rappresentante del Classicismo fu Joshua Reynolds, famoso pittore e primo presidente
della Royal Accademy, legato ancora all' “Idea del Bello” del Bellori. L’Anticlassicismo fu
rappresentato con efficacia da William Hogarth, il grande pittore e incisore inglese. Egli scrisse il
trattato “The analysis of beauty” in cui, partendo dalle opere teoriche di Leonardo e Lomazzo,
giunse a considerare come “perenne forma di bellezza” la figura serpentinata michelangiolesca. In
questa temperie si formarono due poetiche che avranno ripercussioni notevoli nella cultura europea.
Una fu la poetica del “bello pittoresco”, ovvero la poetica del paesaggio come “varietà”. L’altra fu la
poetica del “bello sublime”, ovvero del sentimento di sgomento, finitezza e terrore provocato dalla
visione della natura infinita; essa trovò la sua formulazione più completa negli scritti di estetica di
Edmund Burke. Questa antitesi, che nella storia dell’arte e della letteratura verrà definita come la
“querelle” tra “neoclassici” e “preromantici”, troverà sviluppi interessanti anche negli altri paesi
europei. In Francia, alla polemica tra i continuatori delle regole accademiche e i propugnatori delle
nuove tendenze, si affiancò la nascita nel 1737 dei “salons”. Questo evento provocò l’esigenza di
una Critica d’Arte attenta all’attualità, alle nuove tendenze artistiche e volta a indirizzare il “gusto”
del pubblico. La figura centrale della critica d’arte francese fu Denis Diderot. I suoi scritti, come le
relazioni sui “salons” scritte dal 1759 al 1781 e l'“Essai sur la peinture”, svolsero funzione
d’opposizione nei confronti dei giudizi accademici. Egli esaltò la libertà del giudizio, in linea con lo
spirito dell'“Encyclopédie”, di cui era fondatore. Nello stesso periodo vennero pubblicate le opere
dei classicisti tedeschi, tra le quali spiccano per estrema importanza i lavori di Johann Joachim
Winckelmann. In “La storia dell’arte dell’antichità” (1764) egli concepisce una storia dello stile
divisa in periodi di formazione, fioritura e decadenza attraverso l’analisi delle opere d’arte, un
metodo che verrà sviluppato nel secolo seguente. Winckelmann contribuì alla diffusione del
“neoclassicismo”, fiorito anche grazie alle scoperte archeologiche di Ercolano (1738) e di Pompei
(1748). L’opera di Winckelmann e quella dei suoi epigoni ebbero valenti oppositori:
- Diderot e gli artefici dello “Sturm und Drang”, che rimproveravano l’oblio della natura (lasciare
che il "genio" sviluppasse da sé le sue capacità intellettuali: al contrario, irrazionale per gli Stürmer
und Dränger era la fredda e accademica imposizione di norme e regole che, attraverso una
disincantata profondità storica, venivano collocate in un passato troppo remoto e dunque viste come
inattuali ed inutili)
- I paladini del “revival gotico” e della tradizione tedesca, tra i quali il giovane Goethe
Settecento in Italia: L’Italia, pur rimanendo con il suo immenso patrimonio artistico fonte
d’ispirazione per tutti questi autori, assunse un ruolo di secondo piano nella letteratura artistica.
Infatti, per avere un’opera in linea con la cultura europea si dovette aspettare “La Storia pittorica
dell’Italia” (1789) di Luigi Lanzi. In essa per la prima volta viene tracciato un quadro storico
complessivo dell’arte italiana, divisa in scuole regionali, e con attenzione verso gli artisti più
rappresentativi. L’internazionalizzazione della cultura europea e la nascita della nuova figura del
critico d’arte furono la base dello sviluppo ottocentesco della Storia dell’Arte. A questi fenomeni si
deve aggiungere il lento soccombere della teoria artistica scritta dagli stessi artisti a favore di quella
degli “esperti d’arte”, fossero questi collezionisti, conoscitori, critici o puri teorici. Ci si interrogava
sull’attendibilità delle fonti artistiche e il rapporto tra scienza e antiquario, influenza degli scritti di
Mebillon (1681) riguardo l’analisi delle caratteristiche formali per classificare la scrittura in periodi e
tipologie. Influenza del metodo causa-effetto newtoniano, passaggio di metodo dell’antiquario dalle
fonti letterarie a quelle basate su immagini e oggetti.
Intorno al Gran ducato di Toscana si concentrò un notevole interesse verso lo studio degli etruschi.
Anton Frnacesco Gori con il suo Museus Etruscum analizzava e illustrava i monumenti di quella
civiltà seguendo nuovi inclinamenti metodologici. Winkelmann tentò per primo una periodizzazione
individuandone tre stili differenti (approccio filologico- antiquario). L’approccio storico-religioso
(Bianchini, Montfaucon) promosse un’attenzione ideologica e stilistica verso le opere medievali, che
andavano diffondendosi nelle collezioni dell’epoca. Presero a diffondersi numerosi saggi letterali
corredati di illustrazioni circa l’architettura gotica, specie nell’ambiente anglosassone, opere la cui
influenza dilagò anche nel contesto contemporaneo.
Le schede delle opere, sempre più dettagliate, divennero spazio di discussione all’interno dei
cataloghi, seguendo un linguaggio accessibile in linea con l’apertura al pubblico delle collezioni.
1733 -> apre il museo Capitolino con immediata fortuna critica, con un catalogo in quattro volumi
affidati a Bottari, il quale utilizzando un modello antiquario, trattava le sculture come fonti per la
storia senza attenzione per stile e materia.
Catalogo Pio Clementino -> opera di Giambattista Visconti, differenziatosi nel linguaggio
comprensibile e legato al giudizio di qualità sulle singole opere rispetto alla cronologia e allo stile,
dettagliatamente descritte e correlate di illustrazioni, all’interno delle quali venivano rappresentate
non solo le singole opere ma anche l’allestimento della collezione.
1753-1757 Raccolta di stampe dei più celebri quadri della Galleria di Dresda, affidato a Carl Von
Heineken , 100 dipinti con pianta e prospetto, affidando ad incisori di grande rilievo il compito di
realizzare la parte figurativa prestando attenzione ad ogni differenza di stile; a completare le
immagini vi erano testo dettagliato e informazioni su tecniche, dimensioni, provenienza. Così molti
altri esempi, dedicandosi ad un pubblico più ampio rispetto ad i conoscitori, misero in rilievo
l’aspetto didattico del catalogo, mutandone gli aspetti editoriali.
Mechel
tra il 1778-81 venne chiamato a Vienna per riordinare la collezione imperiale d’Austria,
revisionando gli aspetti della fruizione imitando i criteri di classificazione della biblioteca rendendo
più chiara ai visitatori i legami tra le opere grazie alla presenza di cartellini identificativi.
il catalogo uscito nel 1783 era il rapporto diretto con la collezione, sottolineandone lo scopo
didattico. Metodo criticato per aver disparato i così detti ‘’ modelli da imitare’’ tra altre opere.
La situazione mutò ulteriormente nel contesto post-rivoluzionario e alla caduta della monarchia. Ad
esempio un museo con vocazione universale allestito nel palazzo del Louvre, sotto proposta del
primo ministro Jean-Marie Roland, dove non vi era un’organizzazione per scuole e cronologia,
allestendo come se si trattasse ‘’di un prato di fiori’’. Criticata successivamente da Le Brun per la
poca chiarezza didattica.
Un ulteriore esempio riguarda l’organizzazione del Musèe des monuments Français (dall’epoca
gallo-romana al 1700) da parte del pittore Lenoir: una sala iniziale racchiudeva esempi di diverse
epoche che andavano dispiegandosi con successive sale organizzate per secolo. La luce andava
aumentando di sala in sala, evidenziando l’incedere cronologico. Alcuni aspetti storici furono inseriti
nel successivo catalogo che si dispiegava così come il museo.
(1815) decisione del congresso di Vienna di restituire le opere saccheggiate da napoleone ai loro
paesi di origine. Nasce cosi una discussione sulla loro appartenenza (statale , ecclesiastica e privata )
nascono cosi in Europa le prime istituzioni museali con una crescente professionalizzazzione degli
addetti ai lavori ( dibattitto che segnò l’europa sui marmi del partenone ) continua dialettica tra una
rigorosa analisi del passato su base positivista e il curvare la storia alle esigenze del contemporaneo.
Con la nascita dei musei e l’evoluzione della loro missione arte e cultura furono considerate le vie
maestre per il compito di dare forma sai all’individuo che alla collettività , in questo ambito rientra
la fondazione del museo di Berlino, che possedeva una delle raccolte di pittura più importanti
d’europa .
Per quanto riguarda l’allestimento , in una primo progetto Aloys Hirt (1759-1837) asegnava al
museo il compito di presentare una storia visibile dell’arte ispirata ai modelli elaborati nei decenni
precedenti a Vienna, Roma e Parigi dove Hirt ha vissuto tra il 1782 e il 1796, un museo in teso
come luogo di studio per intenditori e artisti. Nel 1823 una commissione presieduta da Wilhelm
von Humboldt di cu faceva parte lo stesso Hirt e L’architetto Friedrich Schinkel e gli storici dell’
arte Gustav Friedrich Waagen e Carl Friedrich von Rumohr , proposero una diversa concezione di
museo , non più come luogo che doveva rendere visibile l’evoluzione storica dell’arte ma come
spazio per comprendere e sperimentare la “bellezza” ( prima dilettare e poi insegare ). Waagen
( 1794- 1868 ) rappresentava un nuovo tipo di specialista in grado di collegare in gardo di collegare
la ricerca scientifica con il lavoro di funzionario museale, tra università e museo si formò il gruppo
di studiosi della “ scuola di Berlino “ che portò avanti una discussione sui metodi e sulle
competenze degli storici dell’arte , anche in concorrenza/ separazione con altre discipline come la
filosofia , la storia e l’archeologia. Il modello scientifico filologico favoriva ricerche circoscritte ,
incentrate sul legame tra autopsia dell’opera e critica delle fonti, il modello illuministico
enciclopedico subiva una trasformazione nei manuali e nelle costruzione storiografiche a carattere
universale.
Johann Gottlob von Quandt osservava che la suddivisione della storia dell’arte è una difficoltà in
cui s’imbatte chiunque non la guardi da un punto di vista più generale , da cui risulti il suo essere una
delle manifestazioni della storia dell’umanità , un’ottica dalla quale il fatto singolo scompare
dell’tutto , e che quindi in vece della suddivisione per scuole fosse da preferire una scansione
cronologica in epoche costruita attorno ai grandi maestri che attrassero nella loro orbita una qantità
di discepoli , animando intere età con il loro spirito . Due decenni più tardi a Londra Giovan battista
Cavalcaselle e Joseph a . Crowe reimpostarono la storia della pittura italiana su rinnovate basi
metodologiche e storiografiche.
Risultati convincenti furono raggiunti , dove il materiale raggiunto dalla erudizione settecentesca e i
nuovi risultati degli studi critici vennero intrecciati con un dichiarato intento didattico , finalizzato a
corsi di storia dell’arte all’università nelle accademie e nelle scuole professionali, ma anche nella
preparazione del pubblico al museo, la funzione di questi testi era di fornire un quadro d’insieme
comprensibile e aggiornato , anche senza conoscenze specifiche in cu collocare i singoli fatti e
opere , cosi i storici dell’arte cominciarono a scrivere anche per il pubblico della piccola e media
borghesia , che conosceva l’arte solo nei musei o nei volumi illustrati , si apriva dunque un nuovo
ambito di attività per gli storici, finalizzato alla formazione di un pubblico vasto attraverso scritti
pensati per una diffusione ampia.
Stendhal (1793-1842)
Marie-Henri Beyle, noto come Stendhal è stato uno scrittore francese. Amante dell'arte e
appassionato dell'Italia dove visse a lungo, esordì in letteratura nel 1815 con le biografie su Haydn e
Mozart seguite nel 1817 da una Storia della pittura in Italia e dal libro di ricordi e d'impressioni
Roma, Napoli, Firenze. Quest'ultimo fu firmato per la prima volta con lo pseudonimo di Stendhal,
nome forse ispirato alla città tedesca di Stendal, dove nacque l'ammirato storico e critico d'arte
Johann Joachim Winckelmann.