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Lo scartamento

Lo scartamento, pari a 1435 mm, è la distanza tra le due rotaie che compongono il binario, ed è estremamente
importante mantenere costante questo scartamento in ogni punto della linea per assicurare al treno una circolazione
sicura e confortevole. Lo scartamento si misura tra i bordi interni dei funghi delle due rotaie, in particolare 14 mm
sotto il piano di rotolamento. Questo, sulle linee gestite da RFI è pari a 1435 mm, ma non in tutto il mondo.

Lo scartamento – allargamento in curva dello scartamento


Ci sono situazioni dove i 1435 mm potrebbero significare un gap di sicurezza per quanto riguarda la circolazione del
convoglio: questo ad esempio nelle curve con raggi inferiori al valore limite di 275 m. In queste curve è necessario
cautelarsi sul fatto che, essendo il raggio molto piccolo, la forza centrifuga in curva è molto grande e la ruota esterna
del treno potrebbe saltare provocando lo svio del veicolo. Di conseguenza in queste curve è indispensabile aumentare
lo scartamento (minore è il raggio, più aumenta lo scartamento).

Lo scartamento si allarga mantenendo la rotaia esterna in posizione e spostando verso l’interno della curva la rotaia
interna di un valore pari a Δ. In particolare, l’allargamento deve essere realizzato in modo graduale in modo tale da
dare continuità di contatto tra le ruote e le rotaie: si introducono quindi dei raccordi di scartamento, delle variazioni
lineari di Δ in modo tale da raggiungere il Δ max voluto.

Lo scartamento – raccordi di scartamento


I raccordi di scartamento si inseriscono tra il rettifilo e la curva, in entrata e in uscita dalla curva. Se tra il rettifilo e la
curva si prevede un raccordo parabolico, il raccordo di scartamento si fa coincidere col raccordo parabolico e in
particolare si inserisce nella seconda parte del raccordo parabolico, ossia il treno entra nel raccordo parabolico a
scartamento ordinario e poi svolge il raccordo di scartamento raggiungendo l’allargamento voluto in entrata alla curva:
la variazione è di tipo lineare.

Se tra il rettifilo e la curva non c’è un raccordo parabolico, il raccordo si inserisce all’interno della curva, nella parte
iniziale della curva, in modo tale che il treno passi dal rettifilo alla curva incontrando in entrata il raccordo di
scartamento. Per quanto riguarda la lunghezza, si calcola a partire dal tasso di incremento per metro
Raccordo parabolico

Curve senza raccordo parabolico

La stabilità del veicolo in curva


Quando il treno percorre una curva, all’interno della curva incontra la forza
centrifuga, pari a:
Più il treno è pesante o veloce o con raggio della curva piccolo, più la forza centrifuga aumenta. La forza centrifuga è
un problema sia perché spinge il treno verso l’esterno della curva, sia perché con questa traslazione le sue ruote
spingono pesantemente contro la rotaia esterna, usurandola, sia perché a causa di essa diminuisce drasticamente il
comfort di marcia.

Inizialmente RFI, in funzione del tipo di treno che percorre la linea, ha stabilito un valore massimo di accelerazione
centrifuga che può sopportare il treno; fissando però l’accelerazione centrifuga, si limita drasticamente la velocità dei
treni, influendo negativamente sulla capacità della linea ferroviaria. Per mantenere la stessa velocità sarebbe
necessario aumentare il raggio della curva, ma questo significherebbe avere notevoli difficoltà di inserimento della
curva nel territorio.

RFI, quindi, ha deciso di trovare una soluzione agendo sull’armamento, andando ad imporre una sopraelevazione della
rotaia esterna rispetto a quella interna. Questo fa insorgere una sollecitazione contraria alla forza centrifuga che quindi
compensa in parte la forza centrifuga stessa: il treno, quindi, è sottoposto solo a una porzione della forza centrifuga
totale, per cui si muove con maggior sicurezza di circolazione.
Si può dividere l’accelerazione che agisce sul convoglio in due componenti:
- una componente compensata dalla sopraelevazione;
- una componente non compensata, che è quella percepita realmente dal passeggero.
L’obbiettivo è fare in modo che la componente compensata sia la più grande possibile, perché in questo modo rimane
scoperta solo una piccola parte di forza centrifuga; tuttavia per compensarla tutta bisognerebbe avere una
sopraelevazione tale che il treno risulterebbe sbilanciato rovesciandosi verso l’interno della curva. È quindi fisiologico
per il treno avere una parte di forza centrifuga non compensata.

La sopraelevazione
Dal punto di vista pratico, la sopraelevazione si realizza inclinando la traversa mantenendo la rotaia interna alla quota
di progetto e alzando progressivamente quella interna.

Bisogna quindi imporre variazioni graduali chiamati raccordi di sopraelevazione.


Si definiscono tre tipologie di sopraelevazione:
- Sopraelevazione teorica: è quella che compensa totalmente la forza centrifuga. Non è un valore realizzabile in
situ e vale 160 mm;
- Sopraelevazione effettiva, che considera la presenza di una componente di accelerazione non compensata,
consente di compensare solo una porzione di forza centrifuga, quindi il convoglio in curva è soggetto solo ad
una quota di forza;
- Sopraelevazione ridotta, che si utilizza in particolari condizioni dove la sopraelevazione effettiva è troppo
elevata (si usa ad esempio negli adeguamenti delle gallerie esistenti poiché è necessario consentire ai convogli
il passaggio in galleria). Non c’è una formula a differenza delle altre due, perché il valore ce lo dice la condizione
al contorno, l’ambiente in cui la utilizziamo.
La sopraelevazione teorica (ht) si determina scrivendo l’equazione di equilibrio della componente orizzontale delle
forze esterne agenti sul rotabile.
Si studia un veicolo sul quale agisce il peso sul suo baricentro e la forza centrifuga applicata verso l’esterno della curva.
Per studiare l’equilibrio del veicolo in curva, quindi, bisogna imporre che la componente orizzontale del peso e la forza
centrifuga si equivalgano.

Nel corretto dimensionamento della sopraelevazione concorrono diversi fattori. I treni lungo una linea non presentano
tutti la stessa velocità, quindi le forze centrifughe hanno modulo diverso.
Il valore massimo della sopraelevazione è condizionato dalle conseguenze che si innescano nel caso di marcia lenta
del convoglio o di treno fermo in curva. In tali condizioni, infatti, la sopraelevazione potrebbe creare disturbo ai
viaggiatori (a brodo di una vettura ad assetto trasversale inclinato rispetto all’orizzontale), sollecitare eccessivamente
la rotaia interna del binario, con pregiudizio alla conservazione dello scartamento ed eventuale pericolo di svio in
conseguenza dell’eccessivo attrito tra bordino e rotaia interna. Infine, un valore troppo elevato di sopraelevazione
potrebbe ridurre eccessivamente, in caso di marcia lenta e concomitante azione del vento, il grado di sicurezza al
ribaltamento dei veicoli.

In virtù dei fattori esaminati, il valore da assegnare alla sopraelevazione della rotaia esterna deve essere scelto
rispettando due condizioni:
- La sopraelevazione deve essere contenuta entro un limite massimo, da non superare, pari a 160 mm (limite
imposto da RFI);
- Il calcolo della sopraelevazione deve essere riferito a una velocità media, per tener conto delle diverse
categorie di treni ammessi a circolare.

La seconda condizione impone per i treni più veloci (velocità superiore a quella media di calcolo) una compensazione
soltanto parziale dell’accelerazione centrifuga. Per i treni più veloci è necessario considerare la presenza, alle massime
velocità, di un’accelerazione centrifuga non compensata, chiamata accelerazione efficace ae.

Nasce una forza centrifuga efficace Fe definita come:

Si va quindi a calcolare ae per poi calcolare h:


Scrivendo ora h in termini diversi:

Sulle specifiche di RFI si trovano diverse formule per trovare il valore di sopraelevazione:
Nelle specifiche di RFI si trova il difetto. Le formule campite di seguito in verde sono quelle più comunemente utilizzate.
Il valore di h cambia in base alla tipologia di treno, ai treni pesanti corrispondono sopraelevazioni più elevate, a treni
ad assetto variabile corrispondono sopraelevazioni meno elevate.
I treni sono classificati in funzione del rango, che è un indicatore che indica che tipo di treno circola sulla linea in termini
di carico trasportato. I treni si dividono in treni di rango A, B, C, P, dove i treni di rango A sono quelli merci e P ad
assetto variabile come quelli dell’AV.
I cartelli con le scritte bianche su sfondo nero indicano la velocità massima dei treni in funzione del loro rango, quello
più in alto il rango A, quello più in basso il rango C.

In termini di difetto di sopraelevazione, RFI dà sia un valore minimo che un valore eccezionale.
I raccordi di sopraelevazione
Il progettista non può non usare la sopraelevazione in curva, a meno di non diminuire drasticamente la velocità dei
treni riducendo tantissimo la capacità giornaliera. Un regime di circolazione efficiente non può non avere
sopraelevazioni in curva.
Ogni discontinuità però deve essere molto graduale: il passaggio tra tratti sopraelevati e tratti normali deve avvenire
attraverso rampe di sopraelevazione, raccordi inseriti in ogni transizione tra rettifilo e curva, sia in entrata che in
uscita alla curva, perché il rettifilo ha una sopraelevazione nulla e la curva ha una sopraelevazione effettiva.
Si aggiunge un po’ di sopraelevazione ogni metro, fino a raggiungere l’h effettiva.

Quando andiamo a realizzare questo raccordo in sito non possiamo semplicemente alzare la rotaia esterna
mettendo degli spessori che ne aumentino la quota. Per realizzare la sopraelevazione, infatti, non si alza la rotaia, ma
si inclina la traversa in modo da inclinare tutto il piano di rotolamento. Si porta così in alto la rotaia esterna e si lascia
ferma quella interna.

Dobbiamo poi calcolare la lunghezza dei raccordi, sapendo che questa ci deve permettere una variazione graduale e
lineare tra rettifilo e curva e viceversa.

Come si calcola la lunghezza del raccordo L?


Dobbiamo prendere in considerazione due parametri: contraccolpo e velocità di rollio.

Il contraccolpo (c)
È la variazione dell’accelerazione centrifuga non compensata che agisce in curva sul convoglio, limitando molto il
comfort del passeggero. Il contraccolpo condiziona di più il comfort del passeggero in termini di percezione della
curva rispetto alla velocità di rollio.
Se voglio avere un alto comfort, il passeggero non deve sentire le curve, il contraccolpo deve essere il più basso
possibile, si devono percepire le curve come dei rettilinei.

∆anc · vmax m
c= [ 3]
3.6 · L s

Valore di comfort per linee ad alta velocità 15 m/s3

Imponendo il valore del contraccolpo c possiamo calcolare la lunghezza L. può succedere che non ci sia abbastanza
spazio per ottenere il contraccolpo e, in questi casi, si possono usare valori eccezionali.

∆anc · vmax
L= [m]
3.6 · c
La velocità di rollio (r)
Il rollio è una velocità angolare che il veicolo subisce sul piano ortogonale alla sua
corsa, ortogonale al suo verso di percorrenza. Effetto verso il centro della curva
che il passeggero percepisce. Anche questo criterio si riferisce alla stessa
sollecitazione del contraccolpo.
Si parte dalla formula che ci dà la velocità r e poi si calcola l in modo da contenere
la velocità di rollio.
∆h · vmax m
r= [ 3]
3.6 · L · S s

∆h · vmax
L= [m]
3.6 · r · 1500

L e h insieme ci consentono di tracciare il raccordo di sopraelevazione come se fosse un triangolo rettangolo di cateti
l ed h.

I raccordi di transizione
Finora abbiamo visto che, nel momento in cui disegniamo la transizione tra rettifilo e curva, siamo di fronte ad una
situazione un po’ contorta perché nella discontinuità tra i due, per garantire sicurezza di circolazione e comfort di
moto, siamo costretti ad inserire molti raccordi.
Se la curva è stretta abbiamo un raccordo di scartamento. Se la curva ha un raggio >275 m invece non lo abbiamo.
Indipendentemente dal raggio della curva abbiamo un raccordo di sopraelevazione, che dobbiamo inserire a cavallo
tra rettifilo e curva: metà nel rettifilo e metà in curva.
Un altro elemento è il raccordo di transizione che ci consente di eliminare la discontinuità che si crea tra rettifilo e
curva circolare.
Dobbiamo quindi inserire vari raccordi: sicuramente quelli di sopraelevazione e transizione e, in casi particolari,
anche quelli di scartamento.

Abbiamo due opzioni per l’inserimento:


- inserire un raccordo per volta, realizzando una successione, ma ci servirebbero curve lunghissime;
- i raccordi di sopraelevazione e di transizione si fanno coincidere: si inseriscono nello stesso tronco di linea sia il
raccordo planimetrico di transizione, che ci consente la variazione di curvatura, sia quello di sopraelevazione che ci
consente la variazione della sopraelevazione della rotaia esterna.

I punti del tracciato dove inseriamo i raccordi sono in ingresso e in uscita ad ogni curva (dove avviene una transizione
tra rettifilo e curva), tra le curve policentriche se hanno r diversi e tra curve contrapposte, ricordandoci di tenere in
considerazione la lunghezza del tratto rettifilo in mezzo perché se questo è abbastanza lungo possiamo trattare le
due curve contrapposte come due curve isolate.

Non possiamo quindi fare a meno di questi raccordi, a meno che non abbiamo un tracciato composto da un unico
grande rettifilo.

La scelta di far coincidere i raccordi deriva sia da un problema di spazio (se fossero in successione si avrebbe bisogno
di spazi molto lunghi), ma anche dalla facilità di utilizzo del tracciato perché così il conducente sa che in un
determinato punto ci sono tutti i raccordi e deve prestare attenzione solo in quel punto. Dall’unione dei raccordi
otteniamo quindi dei vantaggi sia dal punto di vista della sicurezza di circolazione, sia dal punto di vista dell’esercizio
della linea ferroviaria.
Se li facciamo coincidere, nella progettazione dobbiamo fare tutto il possibile perché coincidano veramente, cioè che
abbiano la stessa lunghezza, quindi generalmente è buona norma determinare un valore di lunghezza che consenta
sia di variare la sopraelevazione, sia di variare la curvatura, perché stando insieme l’ideale è che abbiamo uguale
lunghezza.
I raccordi planimetrici o di transizione si introducono nel tracciato con lo scopo di produrre una variazione graduale
sia della curvatura, e quindi dell’accelerazione trasversale, sia della sopraelevazione.
Come raccordi di transizione non si utilizzano le clotoidi come per le strade, ma si usano le parabole cubiche perché
hanno uno sviluppo tale da consentire più facilmente di far variare curvatura e sopraelevazione. Forma geometrica
che si presta meglio ai nostri obiettivi.
x3
y=
6 ·L ·R

Si cercano delle coordinate di punti della parabola che, una volta congiunti, ci forniscono la curva della parabola.
La condizione dalla quale dobbiamo partire è che nella discontinuità rettifilo-raccordo e raccordo-curva ci sia
perfetta tangenza perché le rotaie si devono mantenere parallele anche in quei punti.
L’obiettivo che abbiamo è quindi quello di avere due transizioni perfettamente tangenti.

Si distribuisce la parabola simmetricamente metà sul rettifilo e metà sulla curva.

Al fine di ottenere una soddisfacente qualità per la circolazione occorre che il raccordo parabolico sia posizionato fra
rettifilo e curva circolare in maniera tale che, sia all'inizio che alla fine del raccordo stesso:
• ci sia contatto fra rettifilo e raccordo, da una parte, e fra raccordo e curva circolare, dall'altra;
• nei punti di inizio e fine raccordo le due curve a contatto abbiano la stessa tangente;
• nei punti di inizio e fine raccordo non ci siano discontinuità di curvatura.
Le tre condizioni vengono rispettate posizionando il raccordo parabolico simmetricamente a cavallo del punto di
tangenza.

I metodi per disegnare la parabola dei raccordi di transizione sono due: centro conservato e raggio conservato.

Centro conservato: il centro della curva nella quale si inserisce il raccordo resta fisso.
Dobbiamo collegare tra loro un rettifilo e una curva circolare. Tra rettifilo e curva l’elemento critico è la curva, quindi
il raccordo deve preservare l’elemento curva perché più pericoloso, per questo si mantiene fermo il suo centro.
Costruisco un raccordo che il passeggero non percepisce perché sfrutta il centro della curva, ma devo variare il
raggio per inserire il collegamento. I raccordi di transizione si realizzano andando a disegnare delle curve derivate
dalle curve primitive, che ne mantengono lo stesso centro, in modo che il passeggero non ne percepisca la presenza.
La modalità a centro conservato serve a far sì che il conducente non senta la discontinuità tra rettifilo-raccordo-
curva, ma in modo che percepisca il sistema come se fosse una unica curva più dolce.

Dovendo mantenere fisso il centro della curva/raccordo, l’unico elemento che posso cambiare è il raggio: la curva
derivata mantiene lo stesso centro della primitiva, ma ha un raggio minore.
Il parametro m mi dice lo scostamento, la distanza tra curva primitiva e derivata. È la differenza tra i raggi. Il
parametro m dipende dalla lunghezza del raccordo e dal raggio della curva primitiva, che conosco già.

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