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Il podio e lo schermo.

La musica per film nella programmazione


delle orchestre sinfoniche EIAR e RAI

Maurizio Corbella

«L’arte che si scrive su commissione non


è affatto una cattiva arte».1

Questo articolo sviluppa alcune chiose alla TAVOLA SINOTTICA raccolta in coda
a questo volume, concepita in risposta allo stimolo, trasmessomi dal curatore, a
interessarmi al peso e alla presenza della musica per film nella storia della pro-
grammazione delle orchestre sinfoniche dell’EIAR/RAI. La proposta di Andrea
Malvano nascondeva un’insidia, col tempo però trasformatasi nel principale mo-
tore di questa ricerca. Si trattava cioè di avventurarsi in un territorio dallo statuto
precario, quello di un non-genere – o, per parafrasare Roberto Calabretto, di un
genere dalla difficile identità2 – come la musica per film, per osservarlo al di fuori
del proprio contesto naturale, lo schermo, e per giunta forse proprio in quel luogo
che molti hanno reputato, con argomentazioni ragionevoli, il meno adatto alla sua
fruizione: la sala da concerto. È infatti evidente che, nel tragitto dallo ‘schermo’
al ‘podio’, la natura della fruizione musicale si modifica radicalmente, e ciò ha
tanto più valore se si considera che la sala da concerto, a partire dai primi decenni
del Novecento, è il luogo in cui si definiscono i canoni e i riti dell’ascolto strut-
turale ‘modernista’,3 laddove la sala cinematografica è d’altra parte il luogo in

1
Grigorij Michajlovič Kozincev a proposito della musica di Šostakovič per il suo film
Hamlet (op. 116); passaggio riportato da Paolo Rabotti nel programma di sala del concerto del
12 aprile 1990, Orchestra Sinfonica di Torino della RAI diretta da Hubert Soudant, Archivio
dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI.
2
ROBERTO CALABRETTO, La difficile identità della musica per film, in S. CANAZZA – M. CA-
SADEI TURRONI MONTI (a cura di), Ri-mediazione dei documenti sonori, Udine, Forum 2006,
pp. 126-258.
3
È questo un argomento oggetto di riflessioni nella contemporanea indagine musicologica,
soprattutto in area anglosassone. Il mio riferimento è in questo caso una relazione di Nicho-
las Cook, presentata nel 2013 presso la Fondazione «Giorgio Cini», nell’ambito della confe-
renza ‘Musical Listening in the Age of Technological Reproducibility’, recentemente
pubblicata: NICHOLAS COOK, Seeing Sounds, Hearing Images: Listening Outside the Moder-
nist Box, in G. BORIO (ed.), Musical Listening in the Age of Technological Reproducibility, Far-
nham, New York – London, Routledge 2016, pp. 185-202.
120 Maurizio Corbella

cui va configurandosi una affatto nuova forma di esperienza multimediale in cui


la musica ha ruolo determinante.
Nel commentare la svolta concertistica di Ennio Morricone, avvenuta negli
anni Ottanta e destinata ad avere un peso sulla nozione stessa di ‘concerto sinfo-
nico’ almeno presso il pubblico del mainstream contemporaneo, Sergio Miceli
ricorreva a un passo di Umberto Eco, posto da quest’ultimo a conclusione del suo
celebre saggio del 1964 sul cattivo gusto.4 Eco aveva usato la musica allora detta
«ritmo-sinfonica» per esemplificare l’ambiguità del concetto di Kitsch, capace di
stare a volte «dalla parte del messaggio, a volte dalla parte dell’intenzione di chi
lo fruisce o di chi lo offre da fruire come prodotto diverso da ciò che esso è».5 Se,
a grandi linee, il genere ritmo-sinfonico, «per il suo volere amalgamare le piace-
volezze della musica da ballo, le arditezze del jazz e la dignità del sinfonismo
classico»,6 svolge una funzione meramente effettistica e surrogante contenuti ‘di
ritorno’, nel caso di un compositore naturalmente talentuoso come Gershwin, esso
trova per Eco una sua «necessità strutturale». E tuttavia,

nel momento in cui questa composizione [si riferisce in particolare a Rhapsody in Blue]
(legittimamente ascoltabile come distensivo e onesto stimolo di rilassamento e fanta-
sticheria) viene eseguita nella grande sala da concerto, da un direttore in marsina, per
un pubblico inteso a celebrare i riti tradizionali del sinfonismo, si fa inevitabilmente
Kitsch, perché stimola reazioni non commisurate alle sue intenzioni e possibilità. Viene
decodificata alla luce di un codice che non è quello di origine.7

Miceli applicava quindi per analogia questo argomento alla musica per film di
Morricone, che troverebbe perfetta necessità strutturale entro la sede per cui è
stata concepita (il cinema), ma al contrario si presterebbe a travisamenti di co-
dice allorché approda alla sala da concerto.8 Allo stesso tempo Miceli – che, come
vedremo in chiusura di questo scritto, aveva seguito il debutto concertistico di
Morricone fin dalle sue primissime fasi – evitava cautamente di prendere una po-
sizione unilateralmente critica verso tale fenomeno, poiché in qualche modo av-
vertiva (scrivendo nel 1994) che il processo di ridefinizione avviato dal

4
SERGIO MICELI, Morricone, la musica, il cinema, Parma – Milano, Mucchi – Ricordi
1994 (Le sfere, 23), pp. 303-305.
5
UMBERTO ECO, La struttura del cattivo gusto, in ID., Apocalittici e integrati, Milano,
Bompiani 1964, pp. 65-129, in particolare 126-128: 126.
6
Ivi, p. 127.
7
Ibid.
8
Un’ulteriore complicazione dei piani si manifesta quando, proprio sull’onda dell’esplo-
sione di popolarità del Morricone ‘concertista’, si assiste alla migrazione del ‘rito’ della sala
da concerto verso spazi ancora diversi, come i palasport o la grande arena, tradizionalmente
adibiti a diverse tipologie di musica dal vivo.
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compositore romano sulla propria musica e forse sulla musica per film tout court
era in pieno svolgimento e portava Morricone stesso a esprimersi in modi ambi-
valenti riguardo alla propria attività, a seconda delle sedi e delle occasioni in cui
veniva interpellato.
A vent’anni di distanza dallo scritto di Miceli e a cinquanta da quello di Eco –
in un momento storico in cui ascoltare la Rhapsody in Blue in una sede sinfonica
è diventata cosa normale e guardare Morricone in diretta televisiva dirigere l’Or-
chestra Sinfonica Nazionale della Rai ha più il sapore di una consacrazione che
non di una provocazione9 – occuparsi di musica per film nelle programmazioni
sinfoniche può significare assumere una prospettiva storiografica nei confronti di
quelle «interferenze di codice» che nel corso del XX secolo si sono moltiplicate
facendo emergere nuovi campi semantici (non necessariamente d’interesse este-
tico ma neanche prive a priori) dell’espressione musicale, permettendo a que-
st’ultima di rigenerarsi come materia viva e agire in profondità sulla formazione
del gusto.10

Quale musica, quali orchestre?

Il primo film sonoro italiano, Resurrectio di Alessandro Blasetti,11 racconta di


un direttore d’orchestra che, dopo essere giunto a un passo dal suicidio per ra-
gioni amorose, riconquista fiducia nella vita e nell’arte grazie all’incontro for-
tuito con una donna. La vicenda ruota intorno a un concerto che il Maestro Gadda
(interpretato da Daniele Crespi) dapprima sembra voler disertare e infine dirige
di fronte alle due donne che sono rispettivamente causa della sua rovina e della
sua rinascita (anzi, della sua ‘resurrezione’): la locandina del concerto, inquadrata
(FIG. 1), ci informa che il programma è composto da quattro composizioni, le
prime delle quali (che sono anche le uniche che ascoltiamo nel film) sono attri-
buite rispettivamente a «E. Amedeus» e «A. Escobar», nomi immaginari che gio-
cano sulle credenziali del reale compositore delle musiche del film, Amedeo
Escobar (1888-1973).

9
Mi riferisco alla diretta di RAI 5 del concerto del 23 marzo 2012 trasmessa dall’Audito-
rium «Arturo Toscanini» di Torino con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI diretta da
Morricone (cfr. SINOSSI).
10
Per una discussione dell’interferenza di codice in musica, cfr. PHILIP TAGG, Music’s Mea-
nings: A Modern Musicology for Non-Musos, New York – Huddersfield, The Mass Media
Music Scholars’ Press 2012, pp. 182-188.
11
Come ampiamente noto, Resurrectio fu realizzato nel 1930 ma distribuito nel 1931, suc-
cessivamente a La canzone dell’amore (Gennaro Righelli, 1930), che è in effetti il primo film
sonoro italiano uscito nelle sale.
122 Maurizio Corbella

FIG. 1: Resurrectio, fotogramma: locandina del concerto

Secondo un topos che avrebbe presto conosciuto illustri continuatori – a co-


minciare dalle due versioni di The Man Who Knew Too Much di Alfred Hitchcock
(1934 e 1956) –, il cinema si pone apertamente in Resurrectio il problema di rap-
presentare il rito collettivo e solenne della sala da concerto, e la musica per film
quello di ‘mimetizzarsi’, grazie al suo insito sincretismo, in quella che tra le sue
matrici è considerata la più ‘nobile’, vale a dire la musica sinfonica. Non è un
problema da poco, tant’è vero che la scena madre di Resurrectio viene presto cri-
ticata per il suo impiego di mezzi musicali reputati inadeguati al luogo rappre-
sentato. Dalle pagine de «Il lavoro fascista», Mario Labroca – figura autorevole
nelle sue molte vesti di critico, compositore, organizzatore musicale e politico at-
tivo anche nell’ambito cinematografico12 – pur lodando la fattura del film, stig-

12
Allievo di Gian Francesco Malipiero, Labroca (1896-1973) fu direttore della Sezione
Musicale della Direzione Generale dello Spettacolo dal 1930. Compose egli stesso musica
per film e documentari, ed ebbe un ruolo di spicco nella Cines diretta da Emilio Cecchi (cfr.
PAOLO CATTELAN, Il pavone e il principe degli scocciatori alla fiera degli indolenti. Da Pi-
randello a Ruttmann: le avventure di Malipiero musico-cineasta, in G. MORELLI (a cura di),
Retroscena di Acciaio. Indagine su un’esperienza cinematografica di G. Francesco Mali-
piero, Firenze, Olschki 1993 (Studi di Musica Veneta, 19), pp. 127-244: passim). Dal 1948 al
1958 fu condirettore insieme a Giulio Razzi della Direzione Centrale Programmi della Rai (cfr.
JOHANNES STREICHER, Labroca, Mario, in Dizionario biografico degli italiani, LXIII, 2004
<http://www.treccani.it/enciclopedia/mario-labroca_(Dizionario_Biografico)/> [febbraio
2015]; cfr. anche MARIO LABROCA, L’usignolo di Boboli (Cinquant’anni di vita musicale),
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matizza la discrepanza tra l’atteggiamento «ieratico» del pubblico inquadrato nella


sala da concerto e la «convenzionalità» della partitura di Escobar, sollevando un
problema di ‘morale’ realistica:

La musica eseguita nel film del genere non giustifica né i successi frenetici che la mac-
china da presa registra fedelmente, né, come nel caso di Resurrectio, le pose ieratiche
degli spettatori; perché non eseguire in questo secondo caso invece del convenzionale
poema di Escobar un frammento di una grande opera sinfonica? Di una applicazione
del genere si avvantaggerebbe in maniera enorme anche la cultura musicale del pub-
blico.13

La musica di Escobar, dunque, è avvertita come inappropriata al contesto al-


tamente connotato (e feticizzato) della sala da concerto. Del resto, a proposito di
realismo musicale – tema molto dibattuto alle origini del cinema sonoro – c’è da
sottolineare che, nonostante Escobar fosse «valente musicista, con alle spalle una
lunga carriera di violoncellista in orchestre sinfoniche sotto la direzione dei più
celebri maestri dell’epoca»,14 in Italia non poteva esibire, agli occhi di Labroca e
dell’establishment musicale del suo tempo, un pedigree di compositore ‘accade-
mico’, essendo semmai noto (e ancor oggi ricordato) per il suo contributo al jazz
italiano.15 Nel contesto culturale italiano vi sono inoltre barriere più rigide, al-
meno sul piano ideologico, tra il sinfonismo e la musica per film rispetto alla si-
tuazione contemporanea in altri paesi, soprattutto d’area anglosassone, in cui
compositori come Gershwin si impongono quali figure trasversali ai canoni della
musica ‘leggera’, del jazz e del sinfonismo. Lo stesso Arthur Benjamin (1893-
1960), compositore australiano autore delle musiche per The Man Who Knew Too
Much, non ha gli stessi problemi di legittimazione socioculturale del suo collega
italiano, quando, nel film di Hitchcock, compone un brano dal respiro sinfonico
come la cantata per coro, soprano e orchestra Storm Clouds, che verrà ampliata
da Bernard Herrmann per il remake del film. Ma il problema del realismo musi-
cale non passa esclusivamente attraverso la reputazione del compositore:
Hitchcock può infatti ambientare la sua scena madre in uno dei templi della mu-

Venezia, Neri Pozzi Editore 1959). Riferendosi in particolare a tale attività presso la radiote-
levisione, Ermanno Comuzio ebbe a sottolineare la «preziosa […] opera di attivi e fervorosi
“traits-d’union” fra il mondo della musica e quello del cinema, come un Mario Labroca o un
Fernando Previtali» (ERMANNO COMUZIO, L’evoluzione della musica cinematografica italiana
attraverso la trasmissione TV “Colonna sonora”, in G. PELLEGRINI – M. VERDONE [a cura
di], Colonna sonora, Roma, Edizioni di Bianco e Nero 1967, pp. 79-87: 83).
13
LABROCA, s.t., «Il lavoro fascista», 3 giugno 1931, p. 3; ripubblicato nel booklet del-
l’edizione DVD del film (Ripley’s Film), p. 17.
14
ADRIANO MAZZOLETTI, Il jazz in Italia: dalle origini alle grandi orchestre cit., p. 69.
15
Ivi, pp. 68-70 e passim.
124 Maurizio Corbella

sica mondiale, la Royal Albert Hall, con una delle prime orchestre al mondo, la
London Symphony Orchestra. È lecito supporre che il giudizio di Labroca sa-
rebbe potuto essere differente se Blasetti pure avesse ambientato la sua scena in
un contesto riconoscibile e con un organico di prestigio – quali ad esempio l’Au-
gusteo di Roma con la sua orchestra residente (prossima a diventare Orchestra
dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia) – invece che in un fittizio «Conser-
vatorio Massimo» con un’orchestra ‘anonima’ (le musiche del film sono inter-
pretate dell’Orchestra della Cines diretta da Pietro Sassoli)16 (FIG. 2).

FIG. 2: Resurrectio, fotogramma: totale della sala da concerto

Nel cinema italiano delle origini v’è dunque anche un problema di tipologia
d’organico che demarca gli ostacoli di natura socioculturale, prima ancora che
estetica, tra musica sinfonica e cinematografo. Vengono in mente le parole con cui
Ildebrando Pizzetti, componendo la Sinfonia del fuoco per Cabiria (Giovanni Pa-
strone, 1914), esplicitava a D’Annunzio la sua volontà di marcare, tramite la scrit-
tura orchestrale, lo scarto tra le orchestrine da cinematografo e l’«orchestra di
prim’ordine e un coro non meno buono [trattato] senza riguardi, a quattro cinque
e anche a più parti»,17 chiamati a eseguire la propria composizione. E tuttavia,

16
Informazioni tratte dal soggetto del film, incluso nei materiali extra del DVD.
17
ILDEBRANDO PIZZETTI, Lettera a Giovanni D’Annunzio, 16 febbraio 1914, cit. in MI-
CELI, Musica per film, cit., pp. 141-142n.
Il podio e lo schermo 125

proprio l’esperienza di Pizzetti con il kolossal di Pastrone si rivela – come noto


– monca, e in ogni caso incapace di alimentare in Italia una tradizione di conver-
genza tra sinfonismo e cinema comparabile a quella in atto in altre zone europee
e americane (si pensi a nomi come Šostakovič, Prokof’ev, Honegger, Eisler, Mei-
sel, Huppertz, Steiner, Korngold e, appunto, Herrmann). Tra le eccezioni a que-
sta tendenza italiana va naturalmente annoverata la Rapsodia satanica composta
da Mascagni per l’omonimo film di Nino Oxilia (1915, ma presentato nel 1917),
composizione che, a differenza della Sinfonia del fuoco, approderà in forma par-
ziale al cartellone dell’Orchestra Sinfonica di Roma dell’EIAR in un concerto te-
nutosi nella Basilica di Massenzio il 1° agosto 1934 – il caso più antico da me
reperito di musica per film eseguita da una delle compagini sinfoniche dell’ente
radiofonico.
Sotto il problema della legittimazione culturale si cela anche un ostacolo legato
alla prassi produttiva. A quanto emerge da alcuni documenti, pare infatti che con
l’avvento del sonoro le società cinematografiche più importanti, quali la Società
anonima Stefano Pittaluga, commissionassero tramite le proprie edizioni musicali
brani musicali ai compositori su cui esercitavano i propri diritti di ri-utilizzo. Le
composizioni, salvo casi isolati, non erano dunque concepite per un film specifi-
co ma venivano commissionate e archiviate dalla casa produttrice la quale era poi
libera di impiegarle nella sincronizzazione di film diversi, nell’incisione discografica
e nella distribuzione radiofonica. Ai compositori poteva essere richiesto di scri-
vere per tipologie d’organico già prefissato a seconda del genere di musica, che
poteva variare dall’orchestrina di musica leggera a un’orchestra sinfonica comunque
di piccole dimensioni (questo evidentemente anche per fronteggiare problemi di
saturazione della ripresa sonora cinematografica) con pianoforte conduttore.18
In questo senso il cinema è anche una fucina formidabile cui la radio attinge
per costruire la propria offerta musicale tra la fine degli anni Venti e l’inizio degli
anni Trenta. Come ebbe a osservare Roberto Leydi, per la messa in circolo di mu-
sica definita «leggera»19 il cinema rimane in Italia «un veicolo per certi versi più
attivo del disco, che pur è suo coetaneo e, almeno fino alla metà degli anni Trenta,

18
Nel carteggio tra Camillo De Nardis e la Pittaluga, le tipologie di organico sono così di-
stinte: «per il genere di musica leggera / ottavino / flauto / oboe / clarinetto / quintetto d’ar-
chi (due parti primo violino) / un corno / tromba / trombone / batterie / pianoforte / fagotto /
per il genere di musica sinfonica / ottavino / flauto / oboe / due clarinetti / fagotto / due corni
/ due trombe / tre tromboni / arpa / celeste / timpani / batteria / pianoforte / quintetto d’archi
(due parti primo violino)»; l’intero carteggio è commentato e trascritto in ANTONIO CAROC-
CIA, ‘Camillo De Nardis e il cinema’: Documenti inediti, in M. SALA (ed.), From Stage to
Screen: Musical Films in Europe and United States (1927-1961), Turnhout, Brepols 2012
(Speculum Musicæ, 19), pp. 37-60: 46.
19
Per una dettagliata trattazione delle accezioni del termine «leggera» nella programma-
zione radiofonica italiana, cfr. FRANCO FABBRI, Il Trentennio: «Musica leggera» alla radio
126 Maurizio Corbella

della stessa radio, che muove negli anni Venti i suoi primi passi».20 Con l’avvento
del film sonoro e la conseguente crisi delle orchestrine da cinematografo, non si
esaurisce però il processo di riadattamento di musica per film messo in atto dalle
orchestre radiofoniche e discografiche, in arrangiamenti di tipologia e organico
variabili a seconda del genere musicale di partenza.
Proprio l’EIAR, che sistematizza la sua offerta musicale all’inizio degli anni
Trenta in concomitanza con le prime esperienze italiane di cinema sonoro, può es-
sere una cartina di tornasole per verificare il peso e la presenza della musica per
film, non tanto nella vita musicale italiana (difficilmente sondabile nella sua re-
altà quotidiana per scarsità di fonti dirette), quanto nel complesso sistema di pro-
paganda e monopolio messo in moto dal regime. Quando l’EIAR inaugura le prime
stagioni ufficiali delle compagini sinfoniche di Roma e di Torino – quest’ultima
nata dalla fusione delle radio-orchestre di Milano e Torino e votata all’esibizione
pubblica, a differenza di quella romana che per alcuni anni si esibisce prevalen-
temente in diretta radiofonica nel silenzio delle sale di ripresa – ha il problema di
legittimare le proprie compagini rispetto alle grandi istituzioni sinfoniche già pre-
senti sul territorio nazionale (prime fra tutte quelle dell’Augusteo di Roma e della
Scala di Milano). Tale legittimazione non può che avvenire per mezzo del grande
repertorio lirico-sinfonico tradizionale, mentre l’importanza strategica delle altre
musiche (operetta, jazz, «ballabili», canzoni e musica tratta dal cinematografo)
viene distribuita tra le numerose compagini ‘moderne’ dell’ente. L’Annuario del-
l’EIAR del 1929 così descrive la programmazione musicale della radio e la distri-
buzione del repertorio tra i vari ensemble:

I principali generi musicali possono raggrupparsi come segue:


Composizioni sinfoniche;
Musica da camera;
Cori con o senza accompagnamento;
Composizioni per solisti (strumento o canto) con o senza accompagnamento;
Oratori;
Opere e pezzi di opera;
Operette e pezzi di operette;
Musica da ballo;
Musica varia.

italiana, 1928-1958, in A I. DE BENEDICTIS – F. MONTELEONE (a cura di), La musica alla radio,


1924-1954. Storia, effetti, contesti in prospettiva europea, Roma, Bulzoni 2015, pp. 225-243:
238 (ringrazio Franco Fabbri per avere cortesemente acconsentito alla lettura delle bozze
quando il volume era in corso di stampa).
20
ROBERTO LEYDI, Le fortune (o le sfortune) di Gershwin in Italia, in G. VINAY (a cura di),
Gershwin, Torino, EDT 1992, pp. 305-342: 306.
Il podio e lo schermo 127

I mezzi di esecuzione sono: la grande e la piccola orchestra, il quintetto, quartetto o trio;


l’organo, la banda, l’orchestra a plettro, i cori, i solisti strumentali, il jazz-band.
I vari generi di musica devono, compatibilmente coi mezzi di cui è dotata ogni sta-
zione trasmittente, essere in ogni stazione coltivati, in giusta misura, alternati fra le
varie stazioni da giorno a giorno e nello stesso giorno, in modo da presentare al pub-
blico dei complessi di programmi variati e tali da accontentare nel miglior modo pos-
sibile i vari gusti degli ascoltatori.21

Qui si cela una delle principali difficoltà della presente disamina: è arduo oggi,
a partire dai materiali in nostro possesso, disegnare con accuratezza la geografia
delle compagini orchestrali dell’EIAR. Di sicuro sappiamo che ogni principale
sede dell’ente (oltre a Milano, Torino e Roma, anche Napoli, Genova, Bolzano,
Trieste e Bari), vantava uno o più ensemble radiofonici (quasi mai sinfonici, ma
perlopiù cameristici e da ballo), e che alcuni di essi erano adibiti al repertorio de-
finito, «vario» o «variato», che nel 1929 occupa metà della programmazione mu-
sicale totale della radio.22 Il termine «vario» caratterizza non tanto una produzione
musicale specifica, quanto programmi misti, che attingono a repertori che spa-
ziano dalla canzone al movimento di sinfonia, attraverso numeri operistici e ope-
rettistici. È in questo contesto che preferibilmente compaiono numeri musicali
tratti dal cinematografo. La trasversalità della programmazione «varia» è di per
sé interessante, perché si collega all’impossibilità di racchiudere la musica per
film entro un genere specifico e quindi prelude l’eventualità di ritrovare que-
st’ultima in svariate vesti e contesti, come per esempio il concerto jazz e il con-
certo sinfonico.
A differenza di altre emittenti radiofoniche europee, l’EIAR ha qualche anno di
ritardo nell’approntare trasmissioni specificamente adibite a «musica di film», o
almeno questa è l’impressione che ricavo da uno spoglio dei primi numeri del
«Radio orario» e del «Radiocorriere».23 Il dato più antico che ho reperito in tal
senso è una trasmissione del 1932, rubricata con il titolo «Musica di operette e
films sonori: Canzoni e danze, col concorso della Radio-orchestra N. 1»,24 che tra-
smette per le regioni settentrionali (emittente di Milano-Torino-Genova-Trieste-

21
S.N., I programmi radiofonici, in Annuario dell’Eiar del 1929 [anno] VII, Archeotipo-
grafia di Milano 1929, pp. 60-61.
22
Secondo i dati riportati nel Programma tipico di una stazione radiofonica italiana du-
rante un mese di trasmissione normale (Ivi, p. 83) la somma delle voci «Musica varia (quin-
tetto-quartetto)» (28%) e «Musica da ballo e varia» (6%) risulta nel 34% della
programmazione radiofonica totale, a fronte di una programmazione musicale che occupa il
56% del palinsesto.
23
Tali bollettini contengono infatti anche un elenco sommario dei palinsesti delle princi-
pali emittenti internazionali.
24
«Radiocorriere», n. 48, 1932, p. 56.
128 Maurizio Corbella

Firenze). L’anno dopo è la radio-orchestra n. 4, probabilmente con sede a Roma


o Napoli, a trasmettere una fantasia di «motivi di film» di Nico Dostal (1895-
1981), compositore austriaco autore di operette e di musiche per il cinema, e la
canzone one step Gioventù (testo di B. Cherubini, musica di C. A. Bixio) tratta dal
film La signorina dell’autobus (Nunzio Malasomma, 1933).25 La prassi di nu-
merare le radio-orchestre senza identificarle con il luogo di stanza appare fre-
quente almeno fino a quando cominciano le trasmissioni dell’Orchestra Cetra,
guidata da Tito Petralia, dalla sede di Torino.26 Dopo il 1935, con la direzione
della Cetra passata prima a Claude Bampton, poi a Pippo Barzizza, Petralia sarà
a capo di altri complessi, denominati in diverse maniere – Radio-orchestra di Pe-
tralia, Orchestra d’archi di Petralia, Orchestra di ritmi e balli dell’EIAR –, mentre
Angelo Cinico (in arte Cinico Angelini) dirigerà l’Orchestra da ballo. Questa ap-
parente ‘sistemazione’ delle compagini non annulla tuttavia, anche in epoca avan-
zata, le molte variabili in gioco che ci impediscono una netta attribuzione dei
generi musicali agli organici dell’EIAR, testimoniate nel fatto che l’Archivio del-
l’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI ospita un enorme fondo inventariato
sotto l’etichetta «Orchestra B», che contiene anche musica degli anni Quaranta,
a suggerire che una volta che le compagini sinfoniche di Roma e Torino si stabi-
lizzano nelle loro stagioni concertistiche, una consistente fetta del repertorio ra-
diofonico veniva ‘smaltita’ da radio-orchestre anche di medio-grandi dimensioni
che probabilmente all’occorrenza potevano attingere all’organico delle orchestre
sinfoniche.
Stante questa premessa, possiamo quindi supporre che il tragitto radiofonico
tipico di una musica proveniente da una pellicola di successo non contemplasse
di norma il passaggio dalle compagini sinfoniche dell’EIAR, neppure quando la
musica avesse caratteristiche formali e d’organico che l’avvicinavano al reperto-
rio sinfonico; come si è visto, queste ultime si risolvevano già presso lo stabili-
mento cinematografico in edizioni per orchestra da camera, magari in forma di
suite, facilmente ri-eseguibili dalle radio-orchestre EIAR.27 Tale è il destino che

25
Le trasmissioni sono per l’emittente meridionale (Roma-Napoli-Bari), cfr. «Radiocor-
riere», n. 48, 1933, p. 35; n. 52, 1933, p. 51.
26
Mazzoletti scrive che «il primo programma [dell’Orchestra Cetra] fu mandato in onda
alle ore 13 del 15 ottobre 1933» (MAZZOLETTI, Il jazz in Italia, cit. p. 327); secondo le mie ri-
cerche sul «Radiocorriere», la prima trasmissione dell’Orchestra Cetra risulta essere del 14 set-
tembre 1933, alle 13.10. Segnalo infine che Fabbri indica come anno di fondazione
dell’Orchestra il 1930 (FABBRI, Il Trentennio: «Musica leggera» alla radio italiana, cit., p.
238).
27
Esistono naturalmente eccezioni di grandi orchestre sinfoniche accreditate nell’esecu-
zione di produzioni cinematografiche ad alto budget nell’epoca fascista. Un noto caso è Sci-
pione l’africano (Carmine Gallone, musica di Ildebrando Pizzetti che dirige l’Orchestra e il
Coro dell’Opera di Roma, 1937).
Il podio e lo schermo 129

tocca per esempio alla citata musica di Resurrectio, che circola in quegli anni in
una versione di 9 minuti edita da Carisch per un ensemble diretto da Edoardo De
Risi,28 che verrà in seguito rieseguita per la radio anche dall’Orchestra Cetra di Pe-
tralia.29
Alla luce di queste riflessioni, che si trasformano in problematiche metodolo-
giche, ho deciso di strutturare i seguenti paragrafi secondo un ordine tematico-cro-
nologico, provando cioè a individuare dei filoni entro cui la musica per film viene
incasellata nelle occasioni in cui raggiunge la sala da concerto. Ho tenuto a con-
cedere spazio anche alla traiettoria opposta, per così dire, cioè a quegli episodi in
cui è l’orchestra sinfonica a essere a vario titolo coinvolta in produzioni cinema-
tografiche e televisive, ponendo così a sua volta problemi di rappresentazione e
statuto non secondari. Ecco perché un paragrafo è dedicato ad alcune produzioni
cinematografiche e televisive in cui una delle compagini sinfoniche della EIAR/RAI
compare in qualità di interprete e/o ‘attore’.

Da Gershwin a Gershwin: musica (per film) «sincopata» negli anni Trenta

Il 10 febbraio 1933 Daniele Amfitheatrof (1901-1983) dirige l’Orchestra Sin-


fonica di Torino dell’EIAR nella prima esecuzione nazionale della Rhapsody in
Blue in versione orchestrale30 e ne cura personalmente la trascrizione per due pia-
noforti e orchestra per il celebre duo pianistico francese formato da Jean Wiéner
e Clément Doucet. Questo può anche dirsi il primo appuntamento che l’EIAR ri-
serva alla musica cosiddetta ritmo-sinfonica, bissato due settimane dopo dalla
prima torinese di An American in Paris, diretta ancora da Amfitheatrof. È forse
significativo che proprio Amfitheatrof sia prossimo a sviluppare una carriera le-
gata a doppio filo al mondo cinematografico, in Italia componendo le musiche
per La signora di tutti (unica pellicola italiana di Max Ophüls, 1934), e in Ame-
rica diventando specialista cinematografico a Hollywood negli anni Quaranta.31

28
Resurrectio [parti staccate a stampa], Milano, A. e G. Carisch e C. s.d., Archivio del-
l’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, Torino, Fondo Orchestra B3, Cartella 85 «Regi-
strazione pianoforte». La dedica (p. 1 della parte di pianoforte conduttore) recita: «Con sincera
amicizia al M°. Cav. Edoardo De Risi». Riguardo a De Risi, scrive Mazzoletti: «Dalla fine
degli anni Venti [Escobar] lavorò molto come autore di colonne sonore, che venivano poi di-
rette da Edoardo De Risi, il fondatore dell’Orchestra Jazz Columbia con cui Escobar suonò e
incise nell’autunno 1931» (MAZZOLETTI, Il jazz in Italia, cit. p. 70).
29
Il brano fa parte di un «concerto di musica varia» dell’Orchestra Cetra trasmesso il 29
settembre 1933.
30
Cfr. S.N., EIAR: Annuario dell’Anno XIII. Dieci anni di radio in Italia, Società Editrice
Torinese 1935, p. 200.
31
Di origini russe e allievo di Respighi, Amfitheatrof fu direttore artistico delle sedi EIAR
130 Maurizio Corbella

In quegli stessi mesi il legame tra musica ritmo-sinfonica e cinema, già saldo negli
Stati Uniti, trova anche in Italia un terreno di sperimentazione proprio al ritmo
«sincopato» di Gershwin: ne è testimonianza il documentario Impressioni di vita
n°1/Ritmi di stazione diretto da Corrado D’Errico nel 1933, che si fonda su un
montaggio di brani tratti da An American in Paris.32
Come in una sorta di contrappasso, il contesto «sincopato» rappresenta il primo
canale attraverso cui la musica per film accede, seppure in misura molto limitata,
alla sala da concerto, secondo un iter graduale. È infatti un altro duo pianistico for-
mato da Enrico Bormioli e Alberto Semprini e direttamente ispirato ai colleghi
d’oltralpe Wiéner e Doucet,33 a fungere da tramite tra i due mondi. Il duo intra-
prende una fortunata carriera discografica incidendo parafrasi di temi tratti da Tin
Pan Alley, Broadway, il jazz, l’opera, l’operetta e il cinema. Il 19 maggio 1936
esegue un concerto radiofonico «di musica sincopata» insieme all’Orchestra Cetra
di Petralia, in cui compare, tra le altre, una fantasia dal film Broadway Melody of
1936, adattamento cinematografico dell’annuale rivista di Broadway che in quel
caso ospita musiche di Nacio Herb Brown.34
Dieci mesi dopo, il 9 marzo 1937, alla compagine formata da duo pianistico e
orchestra ritmica, si aggiunge l’orchestra sinfonica. L’involontario tono antifra-

di Genova e Trieste nel quadriennio 1929-1932 per poi ricoprire una carica dirigenziale nel-
l’Orchestra Sinfonica di Torino tra il 1932 e il 1937. Sarà lui il compositore invitato da Enzo
Masetti a parlare della musica per film americana nella collettanea La musica nel film (cfr. DA-
NIELE AMFITHEATROF, La musica per film negli Stati Uniti d’America, in E. MASETTI [a cura
di], La musica nel film, Roma, Bianco e Nero 1950 [Quaderni della Mostra Internazionale
d’Arte Cinematografica di Venezia], pp. 118-128).
32
BEATRICE BIRARDI, Non solo propaganda. Musica e documentario nel primo Novecento
italiano, in R. GIULIANI (a cura di), La musica nel cinema e nella televisione, Milano, Gue-
rini 2011, pp. 145-175: 154.
33
MAZZOLETTI, Il jazz in Italia, cit., p. 312 n. 3. Così l’autore: «Non ci si stupisca della pre-
senza di un duo pianistico […]. Il periodo dal 1915 al 1935 si potrebbe infatti definire l’epoca
del duo pianistico. Se ne potrebbero citare innumerevoli esempi: basti il caso dell’orchestra
di Paul Whiteman [che per prima portò in Europa la Rhapsody in Blue, nda] […]. Anche in
Francia, Clément Doucet e Jean Wiéner ottennero grande successo, al pari di Enrico Bormioli
e Alberto Semprini in Italia negli anni Trenta» (Ivi, p. 38).
34
Questo il programma completo tratto dal «Radiocorriere» (n. 21, 1936, p. 23): «Hugh:
Ancora triste. Semprini: Sguardo sognante, blues per due pianoforti e orchestra. Strauss-Bor-
mioli: Parafrasi da concerto sul valzer Il bel Danubio blu, per due pianoforti. Petralia: Ven-
demmia, per due pianoforti e orchestra. Conrad: Continental, per due pianoforti. N. H. Brown:
Fantasia sul film Follie di Broadway 1936 per due pianoforti e orchestra. Ellington-Jackson:
Rapsodia». Un’incisione Parlophone (91943) firmata dal duo pianistico insieme all’orchestra
Cetra di una versione fox-trot di You Are My Lucky Star (Stella mia), una delle più celebri me-
lodie di Brown tratte dalla rivista del 1936, è conservata presso l’Istituto Centrale per i Beni
Sonori ed Audiovisivi di Roma.
Il podio e lo schermo 131

stico che emerge dall’esibita nonchalance con cui il connubio jazz/orchestra è


presentato sul «Radiocorriere» lascia intendere a mio parere l’eccezionalità del-
l’evento: siamo infatti nel periodo più delicato e ambiguo del rapporto tra il re-
gime e le musiche americane, prima fra tutte il jazz, e nel momento in cui l’EIAR
tenta di operare un controllo più capillare sulla propria programmazione. In tale
contesto, la dichiarazione di seguito riportata appare quanto meno singolare:

Né il libero accesso in una sala da concerto dato […] alla Radio-Orchestra e il con-
nubio di questa con l’orchestra sinfonica dell’Eiar, sono fatti che richiedono spiega-
zioni. Infatti quello che ancora dieci anni fa poteva sembrare una profanazione, oramai
è ammesso come cosa spiegabile e giusta. Poiché è risaputo che il jazz, come com-
plesso e come repertorio, non è una forma d’arte trascurabile. La forma poi del jazz sin-
fonico […] non solo ha trovato accesso nei programmi dei concerti sinfonici, ma è tale
per le sue caratteristiche di stile e il suo strumentale da influenzare la produzione mu-
sicale moderna.35

Il fatto che la trasmissione radiofonica sia annunciata per l’area settentrionale


farebbe pensare che si tratti della stagione sinfonica di Torino, tuttavia non ho re-
perito traccia di questo concerto nella base dati dell’Archivio dell’Orchestra Sin-
fonica Nazionale della RAI, né nella dettagliata cronologia dei concerti torinesi
curata da Giorgio Pugliaro.36 Non possiamo pertanto escludere che il concerto, pur
annunciato, non sia stato infine realizzato (forse anche per i toni troppo liberali del
«Radiocorriere»?).
A ogni modo, il programma si apre con due dei cinque tempi della Tänzerische
Suite: Concerto grosso per jazz band e orchestra, op. 26 (1929), di Eduard Kün-
neke, compositore tedesco autore di numerose operette e musiche per film sia
muti che sonori, prosegue con la Rhapsodie pour orchestre et saxophone di De-
bussy, seguita da una composizione intitolata Evoluzioni di Ennio Arlandi, diret-
tore e compositore tortonese più volte sul podio dell’Orchestra di Torino nel
1933-34 e poi ancora nel 1951 (ma che ebbe a collaborare anche con il Trio Le-
scano), e una parafrasi per due pianoforti soli composta da Semprini «su motivi
di film sonori: a) Kern: Roberta; b) Berlin: Top Hat».37 Le canzoni oggetto di pa-
rafrasi sono Smoke Gets in Your Eyes, Lovely to Look At di Kern e Cheek to Cheek
e The Piccolino di Berlin. È interessante che l’estensore della presentazione si
adoperi per legittimarne le caratteristiche formali:

Le melodie del film Roberta sono conosciute dai pubblici italiani in seguito al grande
successo ottenuto dal film stesso. Si distinguono da tante altre per la nobiltà della loro
espressione difficilmente uguagliabile.

35
D. V., Musiche sincopate dirette da Tito Petralia, «Radiocorriere», n. 10, 1937, p. 41.
36
GIORGIO PUGLIARO, Cronologia dei concerti, cit., pp. 227-347.
37
«Radiocorriere», n. 10, 1937, p. 22.
132 Maurizio Corbella

Esse sono «smok gest in your eyes» [sic] di carattere appassionato ed intimamente
espressivo, presentato dapprima in forma incisiva che va man mano smorzandosi sino
ad assumere il suo vero carattere caldo ed intimo, l’altro «Lovely to lookat» [sic] ha
come caratteristica principale un senso vivo di gaiezza che si potrebbe definire pri-
maverile, esso rimbalza da un pianoforte all’altro in un giuoco elegante di svisamenti
che ne accentuano il carattere spensierato, per poi concludere nel primo tema (smok
ecc. [sic]) la parafrasi, in un grandioso che dà quasi un senso jeratico della inimitabile
melodia.
La melodia principale di Top hat è «cheek to cheek» (guancia a guancia) ed è compo-
sta di un numero di battute superiore all’usuale, sì da conferire ad essa un carattere di
maggior respiro, aderendo in tutto al preciso senso delle parole. […]
Per l’altra melodia «The Piccolino», fu nell’intenzione dell’autore di creare un ritmo
che si adattasse alla nostra sensibilità (nel film la scena si svolge a Venezia). Questa
canzone si snoda lentamente fra i due pianoforti, a poco a poco aumenta il suo ritmo,
sino a scoppiettare stringente al parossismo ritmico finale.
Queste due trascrizioni portano inconfondibilmente il segno delle personalità di Bor-
mioli e Semprini, sì da costituire due numeri del loro repertorio ove le più raffinate ca-
pacità di tocco e di interpretazione si uniscono al travolgente dinamismo che è pure una
caratteristica saliente dei nostri due pianisti.38

Da notare come ricorra ancora una volta il termine «jeratico» – già incontrato
nella recensione di Labroca a Resurrectio – riferibile all’atteggiamento solenne e
grave del pubblico della grande sala da concerto (cfr. FIG. 3): siamo, come già ri-
cordato, negli anni in cui si vanno definendo i canoni e i rituali dell’ascolto ‘strut-
turale’ e in cui è vivo il dibattito riguardo alla possibilità che esso si realizzi anche
tramite il medium radiofonico. L’aggettivo non può non rimandare alla distin-
zione tra high-brow e low-brow music entrata nell’uso in Italia anche attraverso
il fraintendimento di Enrico Rocca nel suo Panorama dell’arte radiofonica del
193839 che, come spiega finemente Franco Fabbri, «scambia eyebrow, sopracci-
glio, con brow, fronte, e […] introduce un riferimento all’attenzione non presente
nella metafora frenologica inglese»40.

38
Ibid.
39
ENRICO ROCCA, Panorama dell’arte radiofonica, Milano, Bompiani 1938.
40
Cfr. FABBRI, Il Trentennio: «musica leggera» alla radio italiana, cit., p. 230.
Il podio e lo schermo 133

FIG. 3: Resurrectio: fotogrammi: primi piani di spettatori

Nonostante in questo concerto i temi cinematografici siano affidati a due pia-


noforti solisti senza orchestra, dieci mesi più tardi il duo Bormioli-Semprini viene
affiancato finalmente dalla grande orchestra per l’interpretazione di musica per
film. È il 14 gennaio 1938, George Gershwin è scomparso da sei mesi, e il duo,
oltre a parafrasi di popolari canzoni da film americani proposte con l’identica for-
mula di pianoforti soli già ricordata, si concentra sulla Rhapsody in Blue, nella tra-
scrizione per due pianoforti e orchestra curata questa volta da Semprini, che
nell’occasione è anche autore di una Fantasia per due pianoforti e orchestra su
motivi del film Shall We Dance. La pellicola del 1937 rappresenta il tardo approdo
di Gershwin alla rivista cinematografica e in Italia, al momento del concerto, non
è ancora uscita nelle sale.41 Questo concerto è inserito a pieno titolo nella sta-
gione sinfonica dell’EIAR, e si contraddistingue per un programma se possibile an-
cora più insolito del precedente, specie se consideriamo il clima di persecuzione
razziale ormai alle porte in Italia (le leggi razziali vengono ufficialmente varate
nell’autunno-inverno del 1938): tre compositori ebrei, Ernst Křenek, Alexandre
Tansman e Gershwin compongono un cartellone dall’alto tasso di ‘esotismo’, cui
partecipano anche i cantori e danzatori tradizionali polacchi del Dana Ensemble
e la principessa nativa americana Lushanya Mohcli della tribù Chickasaw. Che il
nome di Křenek, autore della Marcia allegra eseguita in apertura del concerto, sia
assente dall’articolo di presentazione del «Radiocorriere» (ricordato solamente

41
Uscirà con il titolo Voglio danzar con te il 2 giugno 1938. Ciononostante, la musica ar-
riva in Italia prima del film: il disco inciso da Greta Keller per Decca (506 A-B), contenente
They Can’t Take That Away From Me e Let’s Call the Whole Thing Off (con il baritono Brian
Lawrence) è recensito da «Cinema» nel dicembre del 1937 (MARIA TIBALDI CHIESA, Dischi
di film, «Cinema», n. 36, 25 dicembre 1937, p. 445).
134 Maurizio Corbella

nella locandina) è un dato forse non casuale: la musica e gli scritti di Křenek sono
infatti banditi in Germania dal 1933, e nel 1938 il compositore è ormai prossimo
a emigrare negli Stati Uniti.42 Eppure il programma, per il suo alternare musica
di matrice ‘folklorica’, jazz, ritmo-sinfonica, e musica che oggi definiremmo po-
pular, desta curiosità:

Parte prima:
1. Krènék [sic]: Marcia allegra;
2. Canzoni indiane per una voce e orchestra: a) Invocazione al sole, b) Canzone del
canotto, c) Dalla terra delle acque azzurre, d) Canzone dello scialle, e) Lamento
dell’abbandonata, f) Brindisi del rito religioso Peyota [sic] (Cantatrice: Mohcli
Lushanya);
3. Tansman: Sonatina transatlantica, a) Fox trot, b) Spiritual e blues, c) Charleston.
Parte seconda:
1. Canzoni popolari polacche: a) Ritornando dalla chiesa, b) W. Dan: I. Kujawiak,
danza popolare, II. Un’avventura in campagna, III. Canto dei barcaioli (Dana En-
semble: Denilowski Wladyslaw; Bogdanowicz Tadeusz; Jaslowski Tadeusz; Po-
giel Mieczyslaw; Wyocki Adam;
2. Musiche per due pianoforti soli: a) Warren: Settembre sotto la pioggia, b) Brown:
Follie di Broadway 1938, parafrasi per due pianoforti (Duo Pianistico Bormioli e
Semprini);
3. Cinque canzoni moderne: a) Stern-Eloy: Express Sky Bridge, b) W. V. [sic] Handy:
St. Louis Blues, c) R. Jeczynski: Wien, Wien, d) W. Donaldson: Jungle Fever, e)
Bixio: Canta, canta per me.
Parte terza:
dedicata alle composizioni di Giorgio Gershwin: a) Rapsodia in blue [sic], adattamento
per due pianoforti e orchestra (Duo Pianistico Bormioli e Semprini), b) Fantasia per
due pianoforti e orchestra sui motivi del film «Voglio danzare con te» (Shall We
Dance): a) Su danziam (Shall We Dance), b) Se tu dici (Let’s Call the Whole Thing
Off), c) Non ti potrò scordar (They Can’t Take That Away From Me), d) Felice e for-
tunato (I’ve Got Beginner’s Luck), e) Zum zum (Slap That Bass).43

Musica per film come ‘poema sinfonico’

Sebbene l’Italia conosca il caso abbastanza unico di una compagnia cinema-


tografica, la Lux Film, che dal 1934 fino alla metà degli anni Cinquanta – sotto
la presidenza di Riccardo Gualino e la direzione di Guido Maggiorino Gatti, en-
trambe personalità di spicco nella vita musicale torinese e testimoni partecipi della

42
Cfr. GARRETT BOWLES, Křenek, Ernst, in Grove Music Online. Oxford Music Online, Ox-
ford University Press <http://www.oxfordmusiconline.com.pros.lib.unimi.it/subscriber/arti-
cle/grove/music/15515> (febbraio 2015).
43
«Radiocorriere», n. 2, 1938, p. 37.
Il podio e lo schermo 135

fondazione dell’Orchestra Sinfonica di Torino dell’EIAR44 – persegue tra i suoi


obiettivi programmatici quello di accostare compositori dalla reputazione acca-
demica al mondo del cinema,45 non si registra una sensibile apertura delle istitu-
zioni concertistiche verso il repertorio cinematografico nel corso degli anni Trenta.
Tra i casi isolati c’è quello malipieriano delle «“musiche di Acciaio” (le Sette
invenzioni), sostituite al Torneo notturno già programmato» per la notte di Natale
del 1933, eseguite dall’Orchestra del Teatro Augusteo diretta da Mario Rossi,46
che verranno parzialmente riprese dalle orchestre dell’EIAR negli anni successivi.
Le Sette invenzioni sono segnalate in repertorio dall’EIAR già nel 1936,47 mentre
le Quattro invenzioni, originariamente composte per Acciaio ma escluse dal film,
sono eseguite il 16 aprile 1937 a Torino sotto la direzione di Rito Selvaggi.48
Accanto al genere «sincopato», il poema sinfonico sembra essere il principale
deputato all’ibridazione con la musica per film, soprattutto perché trova nel do-
cumentario un fertile terreno d’impiego. Come osserva Beatrice Birardi, «già dai
primi anni Trenta, da una parte con [l’istituto] LUCE, dall’altra con la casa di pro-
duzione Cines […], si avvia (in ambito documentaristico) un sistema virtuoso di
ingaggi di musicisti e tecnici del suono, che raggiungerà le punte massime fra il
1938 e il 1943, con il coinvolgimento di direttori d’orchestra di prim’ordine».49 I
compositori intravvedono nel documentario un luogo protetto da eccessivi com-

44
Cfr. GUIDO M. GATTI, Torino musicale del passato, in GATTI et al., L’Orchestra Sinfo-
nica e il Coro di Torino della Rai, cit., pp. 11-29. Su Gatti e la Lux, cfr. ROBERTO CALABRETTO,
Gatti, Rota e la musica Lux. La nascita delle colonne sonore d’autore, in A. FARASSINO (a
cura di), Lux Film, Milano, Il Castoro – Fondazione Pesaro Nuovo Cinema Onlus 2000, pp.
89-101. Scrive Antonio Ferrara: «[…] Gatti fu senza dubbio, nei venti anni che seguirono
l’avvento del sonoro, il principale animatore in campo musicale del dibattito sulla musica per
film, la cui entità e vivacità non è stata ancora adeguatamente valutata. Fu lui, inoltre, l’anima
organizzativa di quei congressi internazionali di musica di Firenze, svoltisi dal 1933 al 1950
nell’ambito delle manifestazioni del Maggio musicale fiorentino, nei quali questo tema di di-
scussione ebbe un posto di primissimo piano» (ANTONIO FERRARA, Rota, musicista abituale
della Lux Film, in R. GIULIANI – S. MICELI (a cura di), Bernard Herrmann & Nino Rota: Atti
del Convegno Internazionale [Conservatorio di Santa Cecilia, Roma 9-10 settembre 2011],
Lucca, Libreria Musicale Italiana, in corso di stampa [Quaderni di Musica/Realtà]).
45
Ricordo, tra gli altri, i nomi di Giorgio Federigo Ghedini, Nino Rota, Giuseppe Rosati,
Ildebrando Pizzetti e Goffredo Petrassi.
46
PAOLO PINAMONTI, «Io mi occupo di sentimenti, non di cartoline illustrate». Dagli ab-
bozzi delle musiche per Acciaio alla colonna sonora del film alla partitura delle Sette in-
venzioni, in MORELLI (a cura di), Retroscena di Acciaio, cit., pp. 51-126: 52.
47
«Radiocorriere», n. 1, 1937, p. 6; XIII, n. 15, 1937, p. 33.
48
S.N., Concerto sinfonico diretto dal Maestro Rito Selvaggi (gruppo Torino, ore 21), «Ra-
diocorriere», n. 15, 1937, pp. 43-44. Anche in questo caso, la base dati dell’Archivio del-
l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai non reca traccia del concerto.
49
BIRARDI, Non solo propaganda, cit., p. 150.
136 Maurizio Corbella

promessi, in cui soprattutto possono cimentarsi in forme medie o lunghe senza sot-
tostare all’imposizione – tipica del cinema di finzione – di scrivere musica «leg-
gera».

Non di rado il compositore si trova a dover scrivere dieci-quindici minuti continui di


musica, cercando di organizzare i materiali nel modo più adatto a conferire corpo e si-
gnificato a un susseguirsi di immagini mute. Per questo, nel documentario, è raro il ri-
corso a forme brevi – preferite nell’ambito del cinema a soggetto – mentre si
privilegiano forme più ampie quali il tema con variazioni, la forma sonata o il rondò,
utilizzate però non in maniera rigida, ma adattate di volta in volta alla necessità del fil-
mato.50

Tra le giovani leve con un ruolo di ‘ponte’ tra il mondo della musica per do-
cumentario e l’EIAR, c’è Carlo Alberto Pizzini (1905-1981), allievo di Respighi
con cui porta a conclusione il Corso di perfezionamento presso il Conservatorio
di Santa Cecilia nel 1934, prima di entrare a far parte della Direzione programmi
dell’ente radiofonico a Torino nel 1936, «svolgendo attività di musicista e diret-
tore d’orchestra in ambito radiofonico, e assumendo altri importanti incarichi,
prima all’interno dell’EIAR, e poi della RAI».51 Nel 1934 egli compone la musica
per il documentario LUCE Pane nostro, diretto da Cesare Cavagna, pellicola so-
stanzialmente muta (priva anche dello speaker) che illustra il processo di prepa-
razione del pane, dalla coltivazione del frumento all’infornata.

Il musicista opta per un commento sinfonico di ampio respiro, costruito secondo la


forma del tema con variazioni, per il quale attinge parzialmente a preesistente proprio
materiale: il tema principale di carattere popolaresco è, infatti, suggerito dallo «studio
di ambiente paesano laziale», poco prima composto, intitolato Strapaese (1933), lavoro
realizzato sul modello dei poemi sinfonici respighiani; per la scena dei balli contadini,
nella parte finale del documentario, Pizzini utilizza poi, senza riadattarlo, un brano
giovanile, la Tarantella (1922), in assoluto la sua prima composizione orchestrale.52

La musica di Pizzini è frequentemente programmata dalle orchestre dell’EIAR:


la citata Strapaese debutta nel 1933 con l’Orchestra di Roma diretta da Alberto
Paoletti.53 Nel 1935 Pizzini stesso dirige l’Orchestra di Torino in un programma
che vede, oltre Strapaese, anche il suo Poema delle Dolomiti. È solo nel 1940
che la suite tratta da Pane nostro giunge sul podio dell’Orchestra di Torino, diretta

50
Ivi, p. 156.
51
Ivi, pp. 154-155 n. 24.
52
Ivi, p. 157.
53
Informazioni ricavate dal sito web curato dagli eredi del compositore, contenente anche
materiali d’archivio <http://www.carloalbertopizzini.it> (febbraio 2015).
Il podio e lo schermo 137

da Armando La Rosa Parodi, il 21 aprile e il 1° ottobre. Riguardo alla suite, così


si esprime il retorico testo di presentazione del «Radiocorriere»:

Carlo Alberto Pizzini, nel comporre le musiche sinfoniche del film […] da cui è tratta
la Suite sinfonica che si eseguisce in questo concerto, si è ispirato all’elogio che Be-
nito Mussolini ha fatto del pane:
Italiani!
Amate il pane – cuore della casa – profumo della mensa – gioia dei focolari.
Rispettate il pane – sudore della fronte – orgoglio del lavoro – poema di sacrificio.
Onorate il pane – gloria dei campi – fragranza della terra – festa della vita.
Non sciupate il pane – ricchezza della patria.
Il più soave dono di Dio – il più santo premio della fatica umana.
In questa composizione il Pizzini non si è limitato al semplice commento della visione
cinematografica, ma ha voluto che il discorso musicale seguisse il suo particolare e
naturale sviluppo, pur cercando la continua aderenza alla fotografia.54

L’anno 1940 coincide con l’esplosione in Italia del genere del documentario,
incentivata dall’ingresso sulla scena della compagnia milanese INCOM, concor-
rente del LUCE, che ha ricadute considerevoli sullo statuto della musica:

[…] le aziende mettono a disposizione [dei musicisti] risorse talmente consistenti da


fare invidia anche ai maggiori produttori operanti nel cinema commerciale.
Sono ingaggiati direttori d’orchestra di primo livello, quali Fernando Previtali, Ugo
Giacomozzi, Mario Rossi e Giuseppe Morelli, mentre le musiche sono affidate a grandi
complessi orchestrali ampliati fino a comprendere strumenti quali pianoforte, vibra-
fono, celesta, xilofono (tale tendenza verso il suono orchestrale denso, tipica di molti
film dell’epoca, spesso inficia la resa finale delle pellicole, specialmente quando non
bilanciata da orchestrazioni attente ai limiti degli apparecchi di ripresa sonora o inca-
pace di trovare un equilibrio con gli altri elementi della colonna sonora).55

Il primo dei due concerti diretti da La Rosa Parodi, che ospita anche tre delle
Sette invenzioni di Malipiero, è diviso in due sezioni coese intorno a temi extra-
musicali, intitolate rispettivamente «Il lavoro» e «Roma».

Parte prima: Il lavoro


1. Pizzini: Suite sinfonica, dal film Pane nostro: a) Introduzione, b) Alba sui campi,
c) La mietitura, d) La trebbiatura, e) La danza sull’aia, f) Finale;
2. Gavazzeni: Canti d’operai lombardi: a) Rude e sostenuto, b) Moderato e grave, c)
Rapido e marcato;
3. Carabella: Aprilia;
4. Malipiero: Tre invenzioni, da Sette invenzioni (Musiche dal film Acciaio).

54
S.N.,
Concerto sinfonico, «Radiocorriere», n. 17, 1940, p. 11.
55
BIRARDI, Non solo propaganda, cit., p. 159.
138 Maurizio Corbella

Parte seconda: Roma


1. Beethoven: Coriolano, Introduzione;
2. Strauss: Dal poema All’Italia: a) Nella campagna romana, b) Fra le vestigia di
Roma;
3. Schumann: Giulio Cesare, Introduzione;
4. Respighi: I pini della via Appia, dal poema sinfonico Pini di Roma.

Sebbene solo due siano le composizioni con dichiarato ascendente cinemato-


grafico – ma non dimentichiamo che lo stesso Ezio Carabella è uno dei maggiori
specialisti dello schermo negli anni Trenta – non credo di commettere una forza-
tura affermando che in quel momento storico il poema sinfonico sia diventato un
genere sostanzialmente ‘intermediale’ che suggerisce o implica un immaginario
(cinematografico) anche laddove l’immagine non è presente. D’altra parte siamo
negli anni in cui proprio i poemi sinfonici di maggior successo di Respighi danno
vita a documentari musicali, quali le due pellicole di Mario Costa, Fontane di
Roma (1938) e Pini di Roma (1941), quest’ultima che accredita l’interpretazione
dell’Orchestra Sinfonica di Roma.56

La radio al cinema, il cinema in TV: Ecco la radio! (1940), Intermezzo radiofo-


nico (1949) e Colonna sonora (1966)

La rilevanza di Pizzini nell’ambiente EIAR è confermata dal fatto che in quello


stesso 1940 il compositore romano è chiamato a scrivere le musiche per un me-
diometraggio che per molti versi rappresenta il ‘canto del cigno’ dell’ente radio-
fonico – la guerra alle porte – e che è stato giustamente interpretato come un
prototipo di ‘intermedialità’ ante-litteram: «un film che solo apparentemente si
piega alle esigenze di promozione radiofonica per porsi come momento di rifles-
sione finale sul periodo di forte sperimentazione sonora – radiofonica, ma non
solo – appena concluso».57
Ecco la radio! (38’’, Giacomo Gentilomo, EIAR, 1940), definito «radio-rivi-
sta», illustra i progressi compiuti dall’ente radiofonico di Stato. Il film immagina
e rappresenta audiovisivamente una giornata-tipo della radio italiana, ripercor-
rendo il palinsesto dall’esordio mattutino alla fine delle trasmissioni. È un’idea
particolarmente ricorrente nell’ambiente EIAR di quegli anni, in cui certamente

56
Ivi, p. 164.
57
PAOLA VALENTINI, Ecco la radio! Visibile e udibile nel cinema italiano degli anni Trenta,
«La Valle dell’Eden», in G. CARLUCCIO, G. ALONGE e F. VILLA, Cinema e visibilità, II, 4,
2000, pp. 111-130: 114. Per un inquadramento del genere del film radiofonico e in particolare
l’analisi delle caratteristiche intermediali di questa pellicola, cfr. EAD., Presenze sonore: Il
paesaggio sonoro in Italia tra cinema e radio, Firenze, Le Lettere 2007, pp. 203-233.
Il podio e lo schermo 139

entra la coscienza degli enormi investimenti compiuti dal regime per costruire
uno strumento di propaganda che si annunci come particolarmente decisivo in
vista dell’entrata in guerra. L’idea della giornata-tipo emerge per esempio anche
nella patinata edizione dell’Annuario EIAR del 1938:

La Radio si introduce nella vita quotidiana in molteplici forme e con molteplici fun-
zioni, per ricordare, suggerire, riferire, divertire, istruire, distrarre. La giornata del-
l’uomo acquista in bellezza ed in armonia perché attraverso l’interpretazione
radiofonica vengono messi in evidenza gli aspetti morali e spirituali della vita, quelli
cioè che differenziano l’uomo dal bruto.
Vogliamo seguire la Radio in una delle sue normali giornate?58

La forma narrativa scelta dal film di Gentilomo consente alla musica di rico-
prire svariati ruoli drammaturgici, dal classico commento cinematografico al-
l’auto-rappresentazione della propria funzione svolta nei palinsesti. È dunque
l’occasione di vedere all’opera alcune delle compagini radiofoniche più rappre-
sentative dell’ente: le orchestre sinfoniche di Roma e Torino, dirette rispettiva-
mente da Previtali e La Rosa Parodi, e le «orchestre da camera» – così definite nei
titoli del film – vale a dire l’Orchestra d’archi di Petralia, l’Orchestra Cetra di
Barzizza e l’Orchestra da ballo di Angelini. Dal nostro punto di vista, ancor più
che nella drammaturgia filmica, è a livello della composizione musicale che la di-
stribuzione dei ruoli si fa interessante, fornendoci un ritratto delle varie accezioni
con cui il cinema dialoga con il medium radiofonico in relazione al ruolo della
musica on- e off-screen. In altre parole, la musica composta per il film è essa
stessa composita, con i titoli che recitano «Musiche sinfoniche di Carlo Alberto
Pizzini, canzoni di Pippo Barzizza e Tito Petralia». Le «musiche sinfoniche» di
Pizzini sono particolarmente interessanti perché sposano le tendenze che ho fin
qui evidenziato come rappresentative della musica per film in sede di concerto, e
cioè la componente ritmo-sinfonica, qui rappresentata da una parafrasi della me-
lodia di Strangers in the Night, presente sin dai titoli e riaffiorante in più punti nel
film, e la componente ‘programmatica’ o da ‘poema sinfonico’, evidente sin dalla
titolazione dei vari episodi scelta dal compositore: «Prato Smeraldo (Largo)» (dal
nome del luogo in cui sorgeva la stazione a onde corte di Roma, in funzione fino
al 2007), «Acque e montagne (Andante calmo)», «La fonderia (Pesante)». L’or-
ganico a disposizione di Pizzini è molto ampio, da grande orchestra sinfonica con
aggiunta di percussioni, batteria e vibrafono, e il ritrovamento delle parti nel fondo
dell’Orchestra di Torino conservato presso l’Archivio Storico lascia intendere che
quella compagine fosse responsabile dell’incisione (cfr. FIG. 4).

58
S.N., La radio vita della casa, in Annuario EIAR. Anno XVII, Società Editrice Torinese
1938, [pp. non numerate].
140 Maurizio Corbella

FIG. 4: CARLO ALBERTO PIZZINI, dattiloscritto elencante l’organico del brano


Titolo del film (Andante), dal film Ecco la radio!,
Archivio dell’Orchestra Sinfonica della RAI, Fondo Sinfonica To, cartella 543-B.

Per quanto isolato, l’esperimento di Ecco la radio! non è un caso unico: un


precedente che funziona quasi da archetipo di questo film è Radio italiana anno

59
Durata 15’, regista e compositori non accreditati.
Il podio e lo schermo 141

XVI, prodotto dal LUCE in collaborazione con l’EIAR nel 1937-38,59 in cui si ve-
dono all’opera l’Orchestra Sinfonica di Roma nella Sala A, l’Orchestra Cetra e
quindi l’Orchestra di Torino che esegue Nabucco in diretta radiofonica dal teatro,
sotto la bacchetta di La Rosa Parodi; il film Concerto, non datato e realizzato da
Giovanni Botarelli, prende spunto da brani di Mascagni eseguiti da una delle Or-
chestre sinfoniche EIAR da lui dirette e inquadrate a teatro, che evocano i «sogni
ad occhi aperti di un pubblico formato da esponenti delle forze armate, forse re-
duci di guerra».60 Si tratta di un filone del documentario musicale destinato ad
avere una certa continuità negli anni Quaranta e Cinquanta.61
Ma il film che riprende più direttamente la formula di Ecco la radio! è Inter-
mezzo radiofonico (Viaggio nei suoni), cortometraggio prodotto dalla INCOM nel
1949, per la regia di Edmondo Cancellieri con «musiche originali ed elaborazioni
sinfoniche» di Raffaele Gervasio. Lo spunto drammaturgico ancora una volta è co-
stituito dalla «radiovisione»,62 ma in questo caso si sovrappone anche una con-
densata e ben calibrata sintesi della storia della musica, che richiama un
importante precedente già diretto da Cancellieri, vale a dire Musica nel tempo
(15’’, INCOM, 1941), storia della musica ‘in miniatura’ con contributo originale e
adattamenti di Goffredo Petrassi. Protagonista indiscussa di Intermezzo radiofo-
nico, accanto alla radio, è l’Orchestra di Roma diretta da Previtali, sulla cui dire-
zione si sofferma la prima inquadratura della pellicola. La conformazione del film
consente di osservare in dettaglio i componenti dell’orchestra sia nell’atto di suo-
nare sia nei momenti preparatori alla trasmissione radiofonica. Vale la pena ri-
portare quasi integralmente la testimonianza d’eccezione offerta da Fedele
d’Amico a proposito di questo documentario:

Tra le multiforme [sic] attività dell’Orchestra Sinfonica di Radio Roma, è da segnalare


la sua partecipazione al documentario Intermezzo radiofonico girato dalla INCOM, per
la regìa di Edmondo Cancellieri.
Sul filo conduttore di un soggetto particolarmente felice agli effetti musicali, poiché
riassume un viaggio irreale nel mondo dei suoni, la nostra Orchestra ha dato vita ad una
raffinata ed audace creazione nella quale i motivi sonori si intersecano brillantemente
con quelli visivi.

60
Dalla scheda catalografica dell’Archivio storico dell’Istituto Nazionale LUCE <http://
www.archivioluce.com>.
61
Altri titoli sono: Armonie di primavera (12’’, Pietro Francisci, INCOM, 1940), girato con
il concorso del Maggio Musicale Fiorentino; Musica a Santa Cecilia (12’’, Giovanni Pao-
lucci, LUCE, 1942), in cui compare l’Orchestra di Santa Cecilia diretta da Bernardino Moli-
nari al Teatro Adriano; Armonie all’Aquila (13’’, Pasquale Lancia, LUCE, 1950), incentrato
sull’esecuzione del Benedictus dalla Missa Solemnis di Beethoven diretta da Herbert Von Ka-
rajan presso la chiesa di San Bernardino a L’Aquila. Un caso a parte è costituito dalla com-
parsa dell’orchestra dell’Augusteo diretta da Bernardino Molinari che esegue una propria
trascrizione del Largo dall’Inverno di Vivaldi presso la Basilica di Massenzio in una scena del-
l’importante film di finzione Lo squadrone bianco (Augusto Genina, Roma Film, 1936).
62
Cfr. VALENTINI, Presenze sonore, cit., pp. 219-220.
142 Maurizio Corbella

Valendosi di un giuoco cinematografico rapido e serrato, il documentario ama indugiare


su riflessioni, attese e ritorni che ne completano l’unità ideale. D’altra parte la pre-
senza di figure vive, complici degli spirituali atteggiamenti degli strumenti, lega la vi-
cenda a presupposti ed assunti umani.
Una grande Orchestra Sinfonica in azione. Poi, nell’intervallo del Concerto, gli stru-
menti si abbandonano ad un ruolo musicale che li anima sempre più in un crescendo
di melodie e di suoni. È un colloquio oltremodo piacevole e interessante; il colloquio
degli strumenti fatto con il linguaggio di Beethoven, Weber, Schumann, Chopin e Wa-
gner. Questo il soggetto del film.
La colonna sonora contribuisce in modo decisivo a fare di questo documentario
un’opera squisitamente musicale. Presentato recentemente al Festiva [sic] cinemato-
grafico di Venezia, Intermezzo radiofonico ha dimostrato come una grande orchestra
sinfonica, attraverso il felice connubio dei suoi singoli esecutori e dei vari strumenti
che la compongono, possa talvolta rendersi la vera protagonista di un film.63

Con l’avvento della televisione (1954) e la lenta modernizzazione della RAI,


che conosce un vero rinnovamento della programmazione musicale soltanto a
partire dal 1958,64 si modificano anche gli equilibri che riguardano la musica per
film. Siamo ormai in una stagione, gli anni Sessanta, in cui l’attività cinemato-
grafica inizia a caratterizzarsi per l’emergere di compositori specializzati, non ne-
cessariamente di formazione accademica, e di compositori provenienti
dall’avanguardia che trovano nel cinema un motivo di sperimentazione. Ma so-
prattutto è in questo periodo che si gettano i semi per il dibattito intorno allo sta-
tuto della musica per film nei confronti del cosiddetto cinema d’autore, e che
figure come Nino Rota e, a partire dalla metà degli anni Sessanta, Ennio Morri-
cone, rubano, per così dire, la scena, anche in virtù del loro rapporto privilegiato
con cineasti quali Fellini, Visconti, Leone e Pasolini.
Il valore storiografico che, in tale clima culturale, ha l’operazione di divulga-
zione messa in atto della rubrica televisiva Colonna sonora, ideata proprio da
Guido M. Gatti e realizzata da Glauco Pellegrini sotto la supervisione di Sergio
Pugliese, allora Direttore Centrale dei Programmi della Rai e di Luciano Chailly,
Direttore del Servizio Musica, non è stato ancora sufficientemente rimarcato. È
in questa trasmissione – i cui testi vengono in parte raccolti nell’omonimo vo-
lume curato da Pellegrini insieme a Mario Verdone con l’aggiunta di alcuni saggi
critici dello stesso Verdone e di Ermanno Comuzio, e di un’antologia di docu-
menti tratti dalla teoria cinematografica internazionale65 – che emergono alcune
delle testimonianze destinate a segnare la ricezione storiografica dei decenni a
venire, come ad esempio lo storico ‘autodafé’ di Alessandro Cicognini rispetto alla

63
[FEDELE D’AMICO], Orchestra Sinfonica di Roma della Radio Italiana, [Roma, Tip. Me-
naglia, stampa 1949]; ringrazio Filippo Arri per la preziosa segnalazione.
64
Cfr. FABBRI, Il Trentennio: «musica leggera» alla radio italiana, cit.
65
Cfr. PELLEGRINI – VERDONE (a cura di), Colonna sonora, cit.
Il podio e lo schermo 143

generazione di compositori del cinema neorealista, l’aspro giudizio di Malipiero


su Ruttmann a proposito della sua collaborazione ad Acciaio, la testimonianza di
Petrassi sulle proprie collaborazioni con De Santis e Zurlini, o le ormai classiche
e ipercitate dichiarazioni di Fellini e Rota sul loro sodalizio. In sostanza vengono
cristallizzate alcune delle linee interpretative che rispecchiano la riflessione cri-
tico-programmatica di Gatti, portandola a compimento e consegnandola alle ge-
nerazioni successive. Una discussione critica su questa importante tappa
nell’auto-rappresentazione della musica per film italiana esime dalle finalità di
questo articolo, ma ai nostri scopi preme sottolineare che, a seguito di una precisa
scelta editoriale, la RAI decide di fare interpretare le musiche scelte per Colonna
sonora dall’Orchestra Sinfonica di Roma, diretta dal ‘solito’ La Rosa Parodi, e
dall’Orchestra «di musica leggera» diretta da Piero Umiliani. Si tratta di una vera
e propria rimediazione di musica per film per il medium televisivo, cui non sono
probabilmente estranee anche motivazioni economiche (si limitano così gli oneri
di riproduzione meccanica dei numerosi segmenti cinematografici citati), che dal
mio punto di vista sposta e in un certo senso inverte, rispetto all’epoca fascista,
gli equilibri e la percezione di quello che la musica per film aveva rappresentato
fino a quel momento per il grande pubblico rispetto alla musica tout court. Pel-
legrini si dimostra pienamente consapevole della portata di questa operazione:

Dalla TV l’accettazione del programma arrivò con una proposta che, pur suscitando in
me qualche perplessità, doveva risultare non solo una felice intuizione, ma l’elemento
capace di rendere maggiormente vivo tutto il discorso, conferendogli, tra l’altro, una
sicura spettacolarità: l’utilizzazione, cioè, di due orchestre, la sinfonica della RAI-Ra-
diotelevisione Italiana e una di musica leggera, che Sergio Pugliese, allora Direttore
Centrale dei Programmi, chiedeva venissero impiegate sembrandogli importante far co-
noscere la musica dei film italiani anche attraverso esecuzioni orchestrali, far ascoltare
alcuni di quei commenti staccati dalle immagini cinematografiche.
[…] Ancora una volta, e prima che il lavoro vero e proprio cominciasse, il programma
mutava; ora, nell’economia del tempo a disposizione, doveva essere fatto posto alle due
orchestre, la cui presenza andava fusa alla parte antologica, alle dichiarazioni e alle
testimonianze degli autori, all’apporto dei critici, il che costituiva un nuovo problema
non essendo immaginabile la semplice, meccanica utilizzazione della musica, ascol-
tarla distribuita qua e là, nel corso della trasmissione, come si trattasse d’una musica
qualsiasi e non, in realtà, di musica cinematografica composta per vivere con le im-
magini di un determinato film.66

La soluzione escogitata dal regista, di utilizzare «molte fotografie dei film di


cui ascoltavamo la musica, fuse, impastate agli strumenti, nel corso dell’esecu-
zione orchestrale»,67 non sfugge all’occhio (anzi all’orecchio) critico di Ermanno
Comuzio, che non nasconde le sue perplessità:

66
PELLEGRINI, Un’esperienza di lavoro, in Ivi, pp. 54-74: 64-65.
67
Ivi, p. 66.
144 Maurizio Corbella

La formula è composita: presentazione di Giulietta Masina, brani di film, interviste a


musicisti, registi e critici, brani musicali eseguiti da complessi sinfonici e jazzistici e
ripresi come ad un concerto. Quest’ultima parte – insieme all’uso di fotografie fisse di
film – è la parte che ci ha convinto di meno in quanto è quella meno viva, più accade-
mica e che pare oltretutto avallare l’equivoco che una musica per film possa andare per
conto suo quando è davvero bella, ed essere eseguita in sede di concerto. Ciò può ap-
parire addirittura una specie di “promozione” di una pagina nata per il cinema, men-
tre si sa che la musica cinematografica ha in sé la sua nobiltà ed è valida soltanto in
rapporto alle immagini in movimento, con le quali fa tutt’uno. Ma forse non tutti i
brani di film occorrenti erano disponibili.68

Il tempo delle celebrazioni: gli anni Ottanta

Nonostante lo spazio concesso alla musica per film dalla televisione – con Co-
lonna sonora e altre trasmissioni come Cinema e colonne sonore (1976) e L’Or-
chestra racconta, condotta da Piero Piccioni e andata in onda su RAI 2 nel 1976
– non si registrano particolari novità nella programmazione delle orchestre sin-
foniche della RAI nel corso degli anni Sessanta e Settanta. I due concerti diretti nel
1965 e 1966 a Milano da Nino Bonavolontà (figlio del Giuseppe Bonavolontà già
direttore di orchestre di musica leggera dell’EIAR) si distinguono per la singola-
rità della programmazione, che tocca titoli per lo schermo del tutto insoliti: si se-
gnala l’attenzione di Bonavolontà per autori sardi come Ennio Porrino o musiche
di ambientazione isolana come quelle di Valentino Bucchi per il film Banditi a Or-
gosolo di Vittorio De Seta (1960), frequentazione che può spiegarsi con il fatto che
Bonavolontà fu a lungo direttore del Teatro Lirico di Cagliari; o, ancora, la pre-
senza – caso unico da me registrato – di musica tratta da uno sceneggiato televi-
sivo, Il mulino del Po diretto da Sandro Bolchi nel 1963, da cui Adone Zecchi
aveva tratto una composizione per soprano, tenore e orchestra. Se ‘l’incasella-
mento’ dei generi musicali prodotto dalle orchestre EIAR aveva teso ad assimilare
la musica per film al poema sinfonico, in questi due concerti è molto più chiara,
anche per la convivenza con musiche tratte da balletti e opere teatrali, l’assimila-
zione al genere delle musiche di scena, ratificata dalla presenza di Begleitun-
gsmusik zu einer Lichtspielszene di Schönberg, quasi a voler segnalare l’avvenuta
ricezione della lezione di Eisler e Adorno in merito alla pratica musical-cinema-
tografica.69 Coerentemente con questa impostazione, si trova per esempio più

68
COMUZIO, L’evoluzione della musica cinematografica, cit. in Ivi, pp. 80-81.
69
«Schönberg’s music for an imaginary film, Begleitungsmusik zu einer Lichtspielszene,
op. 34, full of sense of fear, of looming danger and catastrophe, is a landmark pointing the way
for the full and accurate use of the new musical resources» (HANNS EISLER – THEODOR W.
ADORNO, Composing for the Films, New York, Continuum 1994 [1947], p. 37).
Il podio e lo schermo 145

volte traccia, nella programmazione in filodiffusione, delle musiche di Goffredo


Petrassi per Cronaca Familiare di Zurlini (1962), rubricate come «musiche di
scena» accanto a Jeu de cartes di Stravinskij.70
Occorre così attendere il 1981 per rintracciare un intero programma dedicato
alla musica per film da parte di un’orchestra sinfonica della RAI: si tratta del dop-
pio appuntamento estivo ospitato dal Luglio Pistoiese presso la Fortezza Santa
Barbara, in omaggio a Nino Rota scomparso due anni prima (1979), organizzato
da Pier Marco De Santi.71 La guida dell’Orchestra di Roma è affidata a un diret-
tore/compositore come Carlo Savina, legato a doppio filo alle vicende e all’este-
tica rotiane, che ebbe in larga parte anche la responsabilità di adattare per grande
orchestra le pagine di Rota non pensate per quella compagine.72
La scomparsa di Rota, innescando la riflessione storiografica su un composi-
tore per molti versi emblematico di una via tutta italiana alla modernità non
d’avanguardia,73 contribuisce a sdoganare anche in Italia la musica per film come
oggetto ‘sinfonico’, testimone raccolto a stretto giro da Ennio Morricone, chia-
mato da Gianluigi Gelmetti a co-organizzare la rassegna estiva Film in concerto,
tenutasi nel 1983 presso l’anfiteatro del Parco dei Daini a Villa Borghese.74
Il catalogo pubblicato in occasione della manifestazione si apre con una breve
prefazione di Gelmetti che tocca alcune questioni destinate ad avere ampia riso-
nanza nel discorso culturale degli anni a venire, soprattutto in relazione alla crisi

70
Cfr. «Radiocorriere», n. 12, 1975, p. 78; n. 10, 1976, p. 61.
71
La rassegna fu accompagnata da un catalogo curato dallo stesso De Santi, cfr. PIER
MARCO DE SANTI, Omaggio a Nino Rota, Assessorato Istituti culturali Comune di Pistoia,
1981.
72
Alcuni di questi adattamenti furono in seguito duramente criticati da Miceli, che, pur non
chiamando direttamente in causa Savina, li apostrofò come «una nutrita serie di “misfatti”
musicali – arrangiamenti concepiti secondo un metro di banale esteriorità, falsante comple-
tamente la delicata sostanza musicale dell’autore – adatti a ben più modesta causa» (MICELI,
s.t., in DE SANTI – CHIADINI [a cura di], Filminconcerto: Orchestra Sinfonica e Coro di Roma
della Rai, rassegna a cura di G. Gelmetti ed E. Morricone con la collaborazione di Rosella No-
bilia, Roma, RAI Radiotelevisione Italiana [1983], p. 9). Colgo l’occasione per ringraziare
Sergio Miceli per avere gentilmente condiviso con me la sua copia dell’ormai introvabile ca-
talogo.
73
La definizione è di Emilio Sala: «[…] il fatto che la tensione utopistica e rivoluziona-
ria […] tipica dell’avant-garde, in cui il nouveau si coniuga al futuro, non agiti la musica di
Nino Rota, non vuol dire che essa sia priva di novità, di un nouveau coniugato al presente»
(EMILIO SALA, I due timidi di Nino Rota. Un’opera intermediale a cavallo tra radio, cinema,
teatro e televisione, in F. LOMBARDI (a cura di), Nino Rota: un timido protagonista del Nove-
cento musicale, Torino, EDT 2012, pp. 125-148.
74
Con questo non si vuole ricercare una consequenzialità diretta tra le due rassegne, né
tanto meno suggerire che lo ‘sdoganamento’ della musica per film fosse un processo risoltosi
nello spazio di così breve tempo (chi scrive è semmai convinto che si tratti di un fenomeno
molto lento e contrastato non ancora conclusosi al giorno d’oggi).
146 Maurizio Corbella

di pubblico che le orchestre sinfoniche attraverseranno per tutto il decennio, unita


alla necessità di concepire nuove sfide di divulgazione:

Ho sempre sostenuto che non esistono musiche di serie A e serie B, anzi ritengo che il
musicista – sia esso interprete o compositore – che rifiuti il confronto fra le differenti
realtà musicali finisca irrimediabilmente per astrarsi o fossilizzarsi e corre, a mio av-
viso, seri pericoli di necrofilia musicale.
In questo contesto e con queste motivazioni va letta la proposta di FILM IN CON-
CERTO: ci troviamo di fronte a prodotti di grande consumo che, una volta accerta-
tane l’alta professionalità, è doveroso osservare con occhio critico e, perché no,
“curioso”.
La musica scritta per il cinema è un veicolo di grande immediatezza che unisce il com-
positore ad un pubblico assai vasto: un fenomeno, questo, che non sempre si verifica
nella musica del nostro secolo.75

«È la prima volta», scrive Vincenzo De Vivo sul «Radiocorriere», «che la mu-


sica scritta per il cinema viene guardata con occhio critico, sottratta al terreno
degli specialisti e inquadrata in un aspetto del tutto nuovo: quello del rapporto di-
retto del compositore con il pubblico».76 Segue un’intervista a Morricone che
mette al centro la legittimità estetica del suo operare in un campo di linguaggio
non sperimentale e soprattutto tonale, che ha come scopo primario la comunica-
zione con un pubblico largo. Alla domanda di De Vivo se sia possibile scrivere
musica sperimentale nel cinema, Morricone replica:

In linea generale rispondo di no. In alcuni casi eccezionali ho più coraggiosamente, e


con il consenso del regista, osato applicare a un film musica d’avanguardia, cioè la
musica che scriverei se non mi occupassi di cinema. […] Il fatto di dover scrivere mu-
sica tonale – anzi, come spesso mi si richiede, orecchiabile – non significa rinunciare
ad esprimersi né autorizza a fare un lavoro sciatto. Credo che ancora oggi scrivere una
melodia tonale (anche se non va di moda) con una certa originalità ed alcune proprietà
tecniche sia estremamente difficile. Quindi, anche se disprezzata, la ricerca di una pra-
tica melodica nel cinema è qualcosa che può stimolare per la sua arditezza storica.77

A queste dichiarazioni andrebbe applicato il filtro prospettico del clima di tra-


sformazione musicale e musicologica che è in corso in Italia tra la fine degli anni
Settanta e i primi anni Ottanta, entro cui si possono elencare le rivendicazioni
della nuova leva dei compositori Neoromantici, ospitate nella neonata rivista
«Musica/Realtà»78 – la quale tra le altre cose segnala un’apertura epocale verso

75
GIANLUIGI GELMETTI, [Prefazione], in P. M. DE SANTI – D. CHIADINI (a cura di), Fil-
minconcerto, cit., [p. 4].
76
VINCENZO DE VIVO, Il cinema diventa concerto, «Radiocorriere», n. 28, 1983, p. 92.
77
Ibid.
78
Quale musica: lettere di giovani compositori, «Musica/Realtà», n. 4, aprile 1981, pp. 67-93.
Il podio e lo schermo 147

generi quali la popular music e, appunto, la musica per film. Non è un caso che
il catalogo della rassegna romana, curato da De Santi (già ricordato animatore
delle manifestazioni pistoiesi in onore di Rota) ospiti due brevi contributi critici
di Miceli e Luigi Pestalozza, il primo ‘fresco’ della pubblicazione del saggio che
può per molti versi essere additato come fondativo per la storiografia musicale ita-
liana sulla musica per film,79 il secondo direttore della rivista summenzionata. I
due studiosi, alle prese con la controversa prassi della migrazione ‘dallo schermo
al podio’ della musica per celluloide, formulano i primi segnali di apertura verso
una realtà che ha a quel punto assunto dimensioni e urgenza non più rimandabili,
sul piano della popolarità e della funzione socioculturale. Miceli registra come il
fenomeno abbia conosciuto un’esplosione in Giappone e negli Stati Uniti e ora si
affacci anche in Europa e in Italia con ricadute di tipo estetico-ideologico da va-
lutare: la musica per film, ascoltata in situazioni dislocate come i concerti sinfo-
nici, vive dell’evocazione di orizzonti visivi e narrativi cinematografici, che
sopravvivono nell’immaginario dell’ascoltatore anche senza bisogno di riproporre
la visione del film, e dunque pone il problema di estetiche compositive diverse da
quelle tradizionalmente di casa negli auditorium concertistici. Il concerto diventa
quindi un’occasione per approcciarsi a quell’immaginario audiovisivo ponendo in
primo piano la prospettiva del compositore, rispetto al ruolo di secondo piano so-
litamente riservatole in sala cinematografica. Miceli si affida quindi a una serie
di considerazioni gravide di conseguenze che, a mio parere, centrano con fre-
schezza di intenzioni il cuore degli studi storiografici sulla musica per film, indi-
viduando una strada in gran parte lasciata intentata nel clima esacerbato in cui la
vicenda della storia della musica per film italiana si sarebbe addentrata negli anni
subito successivi, e che forse oggi è giunto il momento di ricominciare a percor-
rere.

Per un compositore un pezzo di musica, ancorché destinato ad una funzione subordi-


nata, è prima di tutto… un pezzo di musica; minima o grande creatura viva oppure
semplice oggetto, oggetto scomposto e ricomposto con brandelli di esperienza, me-
moria, cultura, istinto, astuzia, mestiere, ingenuità. Ogni brano è più o meno consape-
volmente un frammento della propria storia e una sfida, anche se irrilevante, alla Storia;
è, a ben guardare, il segno di una modesta o immodesta confessione, di una rivela-
zione di sé, in quanto siamo convinti che l’autore, sebbene possa bleffare sulla tec-
nica, sui mezzi, difficilmente lo farà nei confronti della sostanza, della poetica. […]
Tutto questo per dire che, qui più che altrove, occorre non fermarsi alle apparenze.
Dietro la melodia più viscerale e adeguata a quella certa sequenza cinematografica può
esserci un lavoro segreto, una proposta altrimenti improponibile, una dichiarazione di
scetticismo oppure una professione di fede. Per questo un ciclo di concerti di musica

79
MICELI, La musica nel film: Arte e artigianato, Fiesole, Discanto – La Nuova Italia
1982.
148 Maurizio Corbella

per film è una ipotesi interessante oltreché insolita, a patto che lo spettatore voglia
guardare con nuova e diversa attenzione a quel piccolo-grande mistero che è il me-
stiere del compositore.80

TAVOLA SINOTTICA81
La musica per film nella programmazione delle Orchestre Sinfoniche EIAR/RAI

Data Luogo Orch/Dir/Interpr Programma


1° agosto 1934 Roma OSR/Mascagni Ponchielli: I Lituani, Sinfonia;
Čaikovskij: Sinfonia n. 6 (Patetica);
Mascagni: Rapsodia satanica, Scherzo,
Epilogo; Guardando la S. Teresa del
Bernini; Ratcliff, Intermezzo; Silvano,
Notturno; Le maschere, Sinfonia;
Rossini: La gazza ladra, Sinfonia.
9 marzo 1937 Torino OST/Petralia/ Künneke: due tempi del Concerto
Bormioli-Semprini grosso per jazz e orchestra;
Debussy: Rapsodia per saxofono e
orchestra; Arlandi: Evoluzioni;
Semprini (Kern, Berlin): Parafrasi da
concerto per due pianoforti e orchestra
su motivi di film sonori (Roberta e Top
Hat); Semprini: Blues; Fantasia rap-
sodica su temi di canzoni americane
per orchestra e due pianoforti.
16 aprile 1937 Torino OST/Selvaggi Geminiani: Andante per archi, arpa e
organo (trascr. Marinuzzi sr);
Čaikovskij: Serenata;
Malipiero: Quattro invenzioni;
Selvaggi: Suite balletto;
Turina: Danza fantastica.
14 gennaio 1938 Torino OST/Petralia/ PARTE PRIMA
Mohcli Křenek: Marcia allegra

80
MICELI, s.t., in DE SANTI – CHIADINI (a cura di), Filminconcerto, cit., pp. 9, 11.
81
Per la realizzazione di questa sinossi mi sono avvalso della consultazione della base
dati dell’Archivio dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, del fondo dedicato all’Or-
chestra di Milano della RAI conservato presso l’associazione culturale NoMus di Milano, e del-
l’incrocio di fonti indirette tratte dagli archivi storici di quotidiani quali «L’Unità» e «La
Stampa», oltreché naturalmente l’imprescindibile risorsa del «Radiocorriere», ora completa-
mente disponibile online. Ringrazio in particolare Filippo Arri, Andrea Malvano e Madda-
lena Novati per il loro supporto nella consultazione dei fondi archivistici. Ho abbreviato i
nomi delle orchestre sinfoniche di Roma, Torino e Milano e della nazionale della RAI, rispet-
tivamente in OSR, OST, OSM e OSNR.
Il podio e lo schermo 149

Dana Ensemble Canzoni indiane, per una voce


Bormioli-Semprini e orchestra: a) Invocazione al sole, b)
Canzone del canotto, c) Dalla terra
delle acque azzurre, d) Canzone dello
scialle, e) Lamento dell’abbandonata,
f) Brindisi del rito religioso Peyota
[sic];
Tansman: Sonatina transatlantica: a)
Fox trot, b) Spiritual e blues, c) Char-
leston.
PARTE SECONDA
Canzoni popolari polacche: a) Ritor-
nando dalla chiesa, b) W. Dan: I. Kuja-
wiak, danza popolare, II. Un’avventura
in campagna, III. Canto dei barcaioli;
Musiche per due pianoforti soli: a)
Warren: Settembre sotto la pioggia, b)
Brown: Follie di Broadway 1938, para-
frasi per due pianoforti (Duo Pianistico
Bormioli e Semprini);
Cinque canzoni moderne: a) Stern-
Eloy: Express Sky Bridge, b) W. V. [sic]
Handy: St. Louis Blues, c) R. Jeczynski:
Wien, Wien, d) W. Donaldson: Jungle
Fever, e) Bixio: Canta, canta per me.
PARTE TERZA (dedicata alle composi-
zioni di Giorgio Gershwin)
Gershwin: Rhapsody in Blue, adatta-
mento per due pianoforti e orchestra
(Semprini);
Semprini (Gershwin): Fantasia per
due pianoforti e orchestra sui motivi del
film Shall We Dance: a) Su danziam
(Shall We Dance), b) Se tu dici (Let’s
Call the Whole Thing Off), c) Non ti
potrò scordar (They Can’t Take That
Away From Me), d) Felice e fortunato
(I’ve Got Beginner’s Luck), e) Zum zum
(Slap That Bass).
21 aprile 1940 Torino OST/ PARTE PRIMA: Il lavoro
La Rosa Parodi Pizzini: Suite sinfonica, dal film Pane
nostro: a) Introduzione, b) Alba sui
campi, c) La mietitura, d) La trebbia-
tura, e) La danza sull’aia, f) Finale;
Gavazzeni: Canti d’operai lombardi:
a) Rude e sostenuto, b) Moderato e
grave, c) Rapido e marcato;
Carabella: Aprilia;
150 Maurizio Corbella

Malipiero: Tre invenzioni, da Sette in-


venzioni (Musiche dal film «Acciaio»).
PARTE SECONDA: Roma
Beethoven: Coriolano, Introduzione;
Strauss: Dal poema All’Italia: a) Nella
campagna romana, b) Fra le vestigia di
Roma;
Schumann: Giulio Cesare, Introdu-
zione;
Respighi: I pini della via Appia, dal
poema sinfonico Pini di Roma.
1° ottobre 1940 Torino OST/ Cherubini: Anacreonte, Introduzione;
La Rosa Parodi Schubert: Sinfonia n. 8;
Beethoven: Egmont, Introduzione;
Pizzini: Suite sinfonica dal film Pane
nostro;
Mulè: Vendemmia;
Rossini: La scala di seta, Introduzione.
25 giugno 1965 Milano OSM/Bonavolontà/ Prokof’ev: Suite di danze n. 2 dal
Santini Babini balletto Il fiore di pietra, op. 118:
Introduzione, Danza zingaresca, Ballo
siberiano, Solo della zingara;
Walton: Marcia funebre dal film Am-
leto
Rossellini: Vangelo minimo per orche-
stra: L’annunciazione, La grotta di Be-
tlemme, Il discorso sulla montagna,
L’ultima cena, Da Pilato ad Erode; La
flagellazione, Il calvario: agonia e
morte di Gesù, Tempesta sul Golgota;
Zecchi: Musica per Il mulino del Po,
per soprano, tenore e orchestra (dallo
sceneggiato televisivo di S. Bolchi);
Schönberg: Begleitungsmusik zu einer
Lichtspielszene, op. 34.
21 ottobre 1966 Milano OSM/ Bonavolontà Profeta: Largo e Finale dalla Suite per
archi;
Bucchi: Banditi a Orgosolo (dal film
omonimo di V. De Seta);
Morbiducci: Baccanale e Preludio,
Atto 4° dalla leggenda mitologica Mida;
Porrino (testo di E. Musci): Proser-
pina, poema sinfonico (voce recitante:
G. Bortolotto).
14 dicembre 1979 Milano OSM/Ferro/Gorini MUSICA NEL NOSTRO TEMPO
Schönberg: Begleitungsmusik zu einer
Lichtspielszene, op. 34;
Malipiero: Sesto concerto (delle mac-
Il podio e lo schermo 151

chine), per pianoforte e orchestra;


Šostakovič: Nuova Babilonia, suite
dalle musiche del film, op. 17: La
guerra, Parigi, L’assedio di Parigi,
Operetta, Parigi…, Versailles.
11 luglio 19818 Pistoia OSR/Savina/ OMAGGIO A NINO ROTA
Dell’Orso Rota: musiche da Lo sceicco bianco,
La strada, Le notti di Cabiria, La dolce
vita, Toby Dammit, I clowns, Roma,
Amarcord, Il Casanova
12 luglio 1981 OSR/Savina Rota: musiche da Zazà, Plein soleil,
The Glass Mountain, Napoli, Fantasmi
a Roma, Waterloo, Death on the Nile,
Rocco e i suoi fratelli, Il Gattopardo,
The Godfather, Romeo e Giulietta.
1° luglio 1983 Roma OSR/Kellogg FILM IN CONCERTO
Rota: musiche da La strada, 8 ½, The
Godfather, Rocco e i suoi fratelli, Il Ca-
sanova, War and Peace, Il Gattopardo,
The Godfather e altre.
7-8 luglio 1983 OSR/Jarre Jarre: musiche da La caduta degli dei,
Firefox, Pancho Villa, Ryan’s Daughter,
Dr. Zhivago, Lawrence of Arabia.
14-15 luglio 1983 OSR/Urbini/ Morricone: musiche da film di Sergio
Asciolla Dorow Leone e da Novecento, Un uomo a
metà, Il prato, Il deserto dei Tartari, La
tenda rossa, Il buono, il brutto e il cat-
tivo, C’era una volta il West, Giù la
testa, Marco Polo.
21 luglio 1983 OSR/Stahl Musiche da Gone with the Wind, West
Side Story, Star Wars, The Empire Stri-
kes Back, Psycho, Papillon, Star Trek,
Capricorn One, Masada.
23 marzo 1984 Milano OSM/Maga/ MUSICA NEL NOSTRO TEMPO
Šostakovič: Suite dalle musiche per il
Candeloro film Amleto: Preludio, Largo, Il ballo
al palazzo: Presto, Il fantasma: Largo,
Nel giardino: Moderato ma non troppo,
Scena dell’avvelenamento: Largo –
Moderato ma non troppo – Presto;
L’arrivo e la scena dei musicisti: Alle-
gro, Ofelia: Andante, Il duello e la
morte di Amleto: Allegro – Largo;
Lyathoshynsky: Concerto slavo per
pianoforte e orchestra, op. 54;
Miaskovskij: Sinfonia n. 27, op. 85.
17 luglio 1986 Torino OST/Boulez Boulez: Boulez-Répons (film di Robert
Cahen).
152 Maurizio Corbella

29 giugno 1989 Milano OSM/Dervaux/ REFRAINS – LA FRANCIA MUSICALE TRA I


Brunello DUE SECOLI
Satie: Cinema, ent’acte symphonique
de Relache;
Lalo: Concerto in Re minore per vio-
loncello e orchestra;
Saint-Saëns: Sinfonia n. 3 in Do mi-
nore.
12 aprile 1990 Torino OST/Soudant Šostakovič: Hamlet, suite dalle musi-
che per il film, op. 116 (prima esecu-
zione radiofonica).
17 giugno 1990 Milano OSM Collina MILANO ’90
Rota: 8 ½ (orch. Savina); Amarcord
(orch. C. Savina); La strada: suite dal
balletto; Variazioni su un tema gioviale;
Il Gattopardo (orch. Savina); The God-
father (orch. Savina).
8 settembre 1990 Roma OSR/Morricone/ Morricone: Il deserto dei Tartari;
Stewart Salvetta Sahara Dream (da The Secret of the
Ballista Sahara); I promessi sposi; Tre film di
Sergio Leone; Cinque canzoni; The
Mission (Gabriel’s Oboe, Falls, On
Earth as it is in Heaven).
13 febbraio 1992 Torino OST/Pfaff Šostakovič: Nuova Babilonia, suite
dalle musiche del film, op. 17.
27 agosto 1992 Milano OSM/Collina Rota: Guerra e pace; La strada; Romeo
e Giulietta; 8 ½; Amarcord; Waterloo;
The Godfather; Il Gattopardo.
agosto 2003 Stresa OSNR/Noseda Rota: La strada (suite dal balletto)
18 ottobre 2006 Torino OSNR/Noseda Šostakovič: Il tafano, suite dalle musi-
che del film, op. 97a.
15 dicembre 2012 Assisi OSNR/Morricone Gruber: Stille Nacht (orchestr. E. Mor-
ricone);
Gli angeli delle campagne (orchestr. E.
Morricone);
Ramírez: La peregrinacion (orchestr.
E. Morricone);
Franck: Panis Angelicus;
Berlin: White Christmas;
Morricone: Vuoto d’anima piena, can-
tata mistica in tre navate (su testo di F.
De Melis); I Magi randagi: “È nato!”;
Liguori: Quanno nascette Ninno (or-
chestr. E. Morricone);
Morricone: The Mission.
23 marzo 2013 Torino OSNR/Visco Morricone: Varianti su un segnale di
Morricone polizia; Fogli sparsi (suite da H2S, Il
clan dei siciliani, Metti una sera a cena,
Il podio e lo schermo 153

Maddalena); Modernità del mito nel ci-


nema di Sergio Leone (suite da Il
buono, il brutto e il cattivo, C’era una
volta il West, Giù la testa, Il buono, il
brutto e il cattivo); Cinema dell’impe-
gno (suite da La battaglia di Algeri, In-
dagine su un cittadino al di sopra di
ogni sospetto, Sostiene Pereira, La
classe operaia va in Paradiso, Vittime
di guerra, Queimada), Baaria (dalla
suite dedicata a Giuseppe Tornatore), Il
deserto dei tartari, Riccardo III, The
Mission.
4 luglio 2013 Sordevolo OSNR/Morricone/ Morricone: La vita e la leggenda (suite
(VR) Coro Lirico da The Untouchables, C’era una volta
Sinfonico di Verona in America, La leggenda del pianista
sull’oceano), Fogli sparsi; Modernità
nel cinema di Sergio Leone; Nuovo Ci-
nema Paradiso; Baaria; Omaggio a
Bolognini (suite da Per le antiche scale,
L’eredità Ferramonti), The Mission.

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