Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Le prime immagini del film ci mostrano l’arrivo delle nuove reclute, che a loro volta si
trovano davanti allo smistamento dei cadaveri, e le voci di “benvenuto” di chi si appresta a
lasciare il Vietnam. Le sensazioni che si provano all’arrivo e alla partenza sono enfatizzate
dallo scambio di “sguardi rivolti allo spettatore” tra Chris e un oramai reduce, il quale senza
proferire parola ci annuncio ciò in cui ci imbattiamo. Le situazioni che si presentano sono
quelle peggiori la giungla del sud-est asiatico, oltre alle insidie naturali come serpenti e
insetti, presenta agguati ogni qualvolta ci si imbatte, per cui si chiede Chris se l’inferno è
l’impossibilità della ragione questo posto è l’inferno.
Oliver Stone, che ha combattuto per un anno in Vietnam, attraverso Chris Taylor non solo
racconta una sua esperienza personale ed esprime quelle che sono state le sue riflessioni,
ma mette in mostra la relazione tra l’America e la guerra. Il fronte interno fortemente
scosso dalle contestazioni e dai contrasti tra “falchi” (interventisti) e “colombe” (pacifisti),
più accesi quest’ultimi che, come il protagonista, credevano in una società più giusta, ma a
cui il disincanto porta a chiedersi perché il conflitto tra Barnes e Grodin lo vinca sempre
Barnes, cioè il male. Il conflitto si apre durante il massacro ai danni di un villaggio abitato
da civili (ispirato al massacro di My lai), dove i seguaci di Barnes si lasciano andare, o
perlomeno si mostrano disposti, alle più crudeli efferatezze e alle quali Chris non si lascia
trascinare. Ciò lo porta ad un brusco risveglio dal “Sogno Americano” nello stesso modo
del sergente Grodin, il quale gli confessa di essersi arruolato tre anni prima con i suoi stessi
ideali, con la stessa voglia di non tradirli, per poi scoprire che i reali traditori erano coloro
che occupavano i posti più alti. I reali traditori erano le classi dirigenti e politiche che si
servivano dei propri cittadini per perseguire i propri interessi nascosti dietro la retorica
della conquista della libertà. Emblematica a questo proposito è l’immagine della sua morte
in ginocchio e braccia alzate. Il tenente Wolfe è l’immagine invece di quelle istituzioni che
si mostrano inadeguate alla gestione del conflitto, si troverà a dover chiedere ad un suo
inferiore di grado, Barnes, di non lasciarsi scavalcare nell’impartire ordini alla squadra e poi
trovarsi l’altro subordinato, Grodin, che, memore di quanto già accadutogli in una battaglia
precedente a Ia Drang, gli evidenzia lo sbaglio nel calcolo delle coordinate.
Chris quando sorvola in elicottero la giungla alla fine del film, afferma che ogni
sopravvissuto abbia combattuto una guerra contro se stesso e ne sia uscito vincitore e nel
film in effetti non vediamo mai chiaramente il nemico se non per l’istante in cui viene
scovato, le scene di battaglia si concentrano sulle sensazioni dei protagonisti, l’insicurezza
e la preoccupazione di Chris nella prima situazione di pericolo, le pressioni psicologiche
dovute alla scelta di schierarsi dalla parte del bene o del male durante l’aggressione ai
civili, per concludere con la liberazione di qualsiasi catena emotiva durante l’ultima azione
di guerra che lo porterà finalmente ad uccidere l’odiato Barnes. Conflitto interno alla stessa
persona, allo stesso plotone, fino alla stessa nazione. Non
possiamo non pensare ad un altro capolavoro sul Vietnam, Apocalypse now di Francis Ford
Coppola, innanzitutto per l’interpretazione dei protagonisti, Martin Sheen padre interpreta
il capitano Willard e Charlie Sheen figlio interpreta Chris Taylor, ma pur non eguagliando
mai la magnificenza di Apocalypse now, con Platoon Oliver Stone da materialità all’ orrore
che ha segnato le personalità del colonnello Kurtz e del capitano Willard in Apocalypse
now, dove Coppola interiorizza il conflitto tra bene e male nelle coscienze dei suoi
personaggi e lo cela dietro un linguaggio più sofisticato, Stone lo esplicita con le immagini e
con una retorica più semplicistica. Entrambi contribuiscono a mostrare ciò da cui sorge la
cosiddetta “Sindrome del Vietnam”, composta secondo Jonathan Neale dalle immagini dei
sacchi di plastica contenenti cadaveri, gli sguardi persi nel vuoto, i corpi carbonizzati dal
Napalm e soldati che appiccavano incendi a capanni di paglia.