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La famiglia Valastro composta dalla madre, il nonno, i fratelli N’toni e Cola e le sorelle Lucia

e Mara risiede in un piccolo comune costiero nei dintorni di Catania, Acitrezza. Qui come
tante altre famiglie del posto vive precariamente di pesca e la loro attività è gestita da
grossisti senza scrupoli che traggono profitto sulla loro pelle, acquistando a cifre bassissime
la merce pescata. Il maggiore dei fratelli Valastro, N’toni, cerca di protestare contro gli
abusi cercando di coinvolgere tutti gli altri pescatori, arrivando fino ad essere arrestato
dopo una colluttazione con uno dei grossisti, Lorenzo. Quando viene scarcerato
comprende che è solo in questa lotta, quindi, ipoteca la casa di famiglia per mettere da
parte denaro per pagarsi le spese per rendersi autonomo dai grossisti. Quando tutto
sembra andare per il verso giusto una tempesta in mare travolge e distrugge la loro barca,
salvandosi miracolosamente si ritrovano senza lavoro, indebitati e nessun grossista sembra
volergli dare una seconda opportunità. N’toni si ritrova disoccupato a vagare per botteghe
e osterie divenendo agl’occhi di tutti un ubriacone nullafacente, il fratello Cola dopo aver
tentato di farsi strada nell’illegalità decide di lasciare il paese alla ricerca di un futuro
migliore, la sorella Lucia continua ad intrattenere una relazione con il maresciallo di
Acitrezza, don Giovanni, e la sorella Mara continua ad occuparsi della casa, dalla quale
verranno poi sfollati, con il sogno di sposarsi con il ragazzo che ama, il muratore Nicola,
ormai sfumato.
Con Luchino Visconti si era aperto il dibattito sulla questione Neorealista nel 1943 in
merito al film Ossessione, dopodiché fino al 1948 si occupa di teatro, soprattutto perché
contrariato dalla nascente smania di attribuire l’etichetta di neorealista ai suoi film come
gli altri film del periodo, in quanto considerava le etichette dei confini, cioè dei limiti alla
sua voglia di fantasticare.
“La terra trema” nasce con il progetto di un documentario di propaganda commissionato
dal PCI in vista delle elezioni che si sarebbero svolte a breve, Visconti poi si discosta da
questo progetto con l’obbiettivo di realizzare un film che sarebbe stato il primo di una
trilogia sul sud Italia del dopoguerra, ma anche in questo caso realizzerà solo il primo di
questi film ma poi non proseguirà quelli che erano i suoi intenti.
Con la tendenza neorealista nasce un nuovo concetto di italianità, la compresenza nel
territorio nazionale della pluralità di culture e particolarismo locali tutt’altro che omogenei,
i registi oltre che spostarsi in strada si muovono oltre i confini locali alla scoperta di un
paese e di tradizioni fino ad allora soffocate, si ha una vera e propria ricerca di diversità
con numerosi registi che dalle regioni settentrionali si avviano verso il sud e viceversa
diversi registi meridionali si spostano al nord. Ed è quello che fa Luchino Visconti in questo
caso, originario dell’aristocrazia milanese decide di immergersi in un territorio arcaico e
primitivo come la Sicilia popolare e proletaria, in cui la lingua parlata, il dialetto siciliano,
conferisce un carattere identitario e distintivo in generale del luogo ma particolarmente
importate è il fatto che lo si concepisca come strumento di lotta e di resistenza degli
sfruttati contro gli sfruttatori, come ci dice la didascalia d’apertura; “la lingua italiana non è
in Sicilia la lingua dei poveri”.
C’è molto lavoro nella stesura dei dialoghi, Visconti elabora un sistema complesso diviso in
varie fasi; innanzitutto crea una struttura principale ricavata dai dialoghi de I malavoglia e
dopo averla sottoposta agli interpreti ne ricava ulteriori indicazioni per mettere appunto la
versione definitiva. A questo punto Franco Zeffirelli, assistente ai dialoghi e ai costumi,
sottopone il testo ai vecchi di Acitrezza per ottenerne le sfumature più arcaiche e strette
possibili, a questo punto i pescatori lo dovranno imparare a memoria.
“La terra trema” è forse uno dei pochissimi film che possono vantare di essere stati girati
totalmente in presa diretta, facendo emergere quindi la materia prima come intesa per il
Neorealismo, gli attori sono realmente pescatori, muratori e anziani, così come gli ambienti
sono reali. Ma c’è però una forte tensione figurativa in Visconti che lo porta ad avere una
cura maniacale nell’allestimento delle immagini, il film è composto da tante inquadrature
continue e riprese in profondità di campo, dove il regista sistema con attenzione tutto ciò
che si trova in primo piano e anche quello che vediamo dietro i protagonisti delle
sequenze, ovvero sullo sfondo. Visconti utilizza molto anche la composizione del
cosiddetto quadro nel quadro, cioè incorniciare un personaggio in un riquadro del set in
questo caso ottenuto dalle finestre, lo notiamo in alcuni dialoghi in particolare tra Mara e il
muratore Nicola e tra Lucia e don Giovanni.
Poi Francesco Rosi, anch’esso collaboratore, evidenzierà quello che poi verrà definito
l’uomo di quinta, cioè un personaggio posizionato a lato destro dell’inquadratura ripreso
solo in parte, tagliato a metà tra campo e fuori campo, una sorta di soggettiva leggermente
scostata. A questo tipo di lavoro gli attribuito la funzione di duplice ruolo del personaggio,
quello di protagonista della sequenza e anche quella di osservatore, divenendo dunque
una funzione quasi autoriflessiva dentro il quale lo spettatore può sia immedesimarsi che
rimanere anch’egli esterno.
Infine uno dei momenti di maggiore ispirazione mitologica del film è la sequenza della
scogliera durante la tempesta marina dove vediamo le tre donne Valastro appostate in
piedi su uno scoglio, con le onde che gli si infrangono contro, mentre osservano il mare al
largo cercando di scorgere i fratelli e figli, inquadrate dal basso e avvolte dal vento e dalle
loro vesti nere.
Proprio le vesti, soprattutto gli abiti dei pescatori, trasandati e strappati, diventano
elementi preziosi indossati da questi, in virtù della loro miseria che emanano e che
rispecchia la loro condizione sociale, André Bazin dirà che i pescatori sono avvolti negli
stracci come i principi nei loro broccati.
In virtù del suo carattere ideologico, il film si presenta come una vera e propria denuncia
del sistema capitalistico, con annesso il tentativo non andato a buon fine da parte degli
operai di appropriarsi dei mezzi di produzione. I pescatori sono sottoposti a sfruttamento
selvaggio, prima dell’alba si avviano in mare dove compiono tanta fatica (come ci dice
anche la voice over), rischiando la vita in alcuni casi ma poi quando devono vendere sono
costretti ad accettare i prezzi miseri imposti dai grossisti. A questo regime di ingiustizia i
vecchi sono oramai abituati e non hanno intenzione di rovesciare questo sistema, al
contrario i giovani dimostrano maggiore presa di coscienza, ma sarà solo N’toni a passare
ai fatti quando ipoteca la casa per mettere da parte una piccola somma per pagarsi le
spese di andare a vendere ciò che pesca in autonomia, senza passare dai grossisti.
Questo può essere letto come l’appropriazione dei mezzi di produzione del proletariato,
ma emerge anche la mancanza della coscienza di classe necessaria al ribaltamento dei
rapporti di forza, infatti la famiglia Valastro sarà l’unica a ribellarsi e non verrà vista di
buon’occhio nemmeno dagli altri operai oltre che inasprire l’avversione dei padroni nei
loro confronti. Quindi quando N’toni perderà tutto durante il nubifragio in mare si
ritroverà più solo di prima, e nessuno vorrà dargli un’ulteriore possibilità di lavoro,
perdendo anche la casa ipotecata.
Emerge a questo punto un elemento abbastanza radicato nell’immaginario neorealista,
cioè la coscienza infantile, quella dei bambini che pagano le colpe dei padri. Sarà una
bambina l’unica persona capace di approcciarsi con affetto a N’toni, quando questi con un
intenso sguardo in macchina denuncerà proprio la mancanza di solidarietà e tutto l’odio
che ancora riceve, e il necessario bisogno di un interesse collettivo per raggiungere la tanto
desiderata emancipazione.
Come in “Ossessione”, Visconti stravolge i principi consolidati nelle commedie degli anni
Trenta attraverso lo sgretolamento dei sogni e della famiglia. Il sogno dell’emancipazione
di N’toni, che il tentativo e la successiva disillusione nel finale del film lo vediamo
imbarcarsi di nuovo come subordinato, in una sequenza che ci lascia intendere condizioni
di lavoro ancora più pesanti. L’immagine della famiglia che già prima si dimostrava
diffidente nei confronti delle volontà di N’toni, nel momento della difficoltà andrà
addirittura a sgretolarsi completamente, dimostrandosi nel complesso del film tutt’altro
che un porto sicuro.
Le istanze Marxiste sono chiaramente sottolineate nel film, Visconti d’altronde ha sempre
esplicitato la sua adesione all’ideologia comunista. Quello a cui non viene fatto riferimento
nemmeno nei titoli di testa e di coda è l’altrettanto chiara discendenza da I Malavoglia di
Verga, da cui come abbiamo anche già detto sono ricavati i dialoghi. Ad aprire una piccola
discussione su questo argomento ha pensato Lino Miccichè, mettendo in evidenza le
analogie e i rapporti tra i personaggi. L’intero film può essere visto come un adattamento,
o meglio una rilettura del romanzo verghiano, rinnovato però da questo continuo intreccio
con l’ideologia politica. Un misto di innovazione e tradizione che già ha potuto esprimere
lo stesso Visconti in un suo saggio del 1941 intitolato appunto “Innovazione e Tradizione”,
un misto che è stata un po' la ricetta di tutta la produzione neorealista.

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