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Relazione sui Chitarristi-compositori ed Editori/Librai

Musicali del primo Ottocento in Italia.

Introduzione
Per cercare di dare una corretta fisionomia alla ricostruzione del mondo musicale,
della situazione chitarristica e di quella degli Editori/Librai musicali nell’Italia del
primo Ottocento, bisogna fare un piccolo passo indietro al secolo precedente: il
Settecento, in particolare la seconda metà, per analizzare quella che era la situazione
antecedente a ciò che è oggetto della ns relazione.

Nel Settecento, il monopolio musicale era in gran parte dominato esclusivamente


dalle Copisterie musicali che operavano nelle botteghe dei pochi Editori/stampatori
presenti in quel periodo soprattutto a Venezia, Bologna e Napoli. Ci si rivolgeva ai
copisti, per avere i manoscritti delle arie d’opera alla moda che circolavano nei
Teatri, e che venivano poi ridotte con l’accompagnamento soprattutto di chitarra/arpa
o clavicembalo. La chitarra, tranne alcune rare eccezioni era spesso usata (in
particolare nell’ultimo ventennio del secolo), da cantanti-virtuosi come ad esempio:
G. B. Velluti, Giuseppe Millico, Gerolamo Crescentini, Giuseppe Lanza, Felice
Blangini ecc. Questi cantanti/virtuosi, se ne servivano per accompagnare con garbo
ed eleganza, e con una discreta perizia tecnica le proprie Arie, Romanze, Cavatine e
Canzoni, costituendo un vastissimo repertorio (che continuerà in seguito per quasi
tutta la prima metà dell’Ottocento), tra i più consistenti e rappresentativi di
quell’epoca.

A partire dalla seconda metà del Settecento vi fu per lo strumento un periodo di


grandi mutamenti sia musicali, sia in parte meccanici, sia organologici: in particolare
l’abbandono della notazione intavolata, sostituita con l’adozione della moderna
notazione mensurale - sebbene inizialmente in maniera primitiva, ovvero senza la
divisione delle varie parti polifoniche, ereditata forse dalla scrittura per violino a cui
la chitarra era affine, e dall’uso delle corde semplici al posto delle corde doppie dei
cori della chitarra barocca. Testimonianza di questa innovazione, tra i primi ad
aderirvi furono i bresciani Giacomo Merchi e suo fratello Giuseppe Bernardo, che
pubblicarono a Parigi musiche per chitarra con la moderna notazione intorno agli
anni 1760/1761. Inoltre già allora, essi sostennero fortemente la maggiore duttilità
d’uso delle corde singole. Infine, dopo un periodo di sperimentazioni organologiche
con la chitarra a cinque corde, intorno all’ultima decade del Secolo, la grande novità
fu l’immissione da parte dei liutai (forse del napoletano Fabbricatore…?) (V. 2
Chitarra Fabbricatore), della sesta corda nel registro dei bassi.
Nel frattempo in Italia i pochi Editori musicali presenti, continuavano nella
consuetudine, ereditata nel Seicento e da quasi tutto il Settecento, di pubblicare anche
musiche istrumentali o da ballo accanto a quelle vocali, con la produzione di
melodrammi che avevano nella maggioranza dei casi contenuti di genere
storico/mitologico. Testimonianza di ciò, è l’analisi dei Cataloghi dei principali
editori musicali come ad esempio l’editore bolognese Luigi Marescalchi: tra l’altro
egli stesso compositore, avendo studiato nella sua città natale con il celebre Padre
Martini, che in quel periodo storico, era considerato il massimo teorico musicale
d’Europa, a cui tra gli altri, si rivolse un giovane Mozart sostenendo in uno dei primi
viaggi in Italia un esame di armonia e composizione nella città di Bologna, ove anche
l’importante studioso risiedeva.

Impresario teatrale, raffinato copista, commerciante di edizioni musicali, si associò a


Venezia con il violinista-compositore Carlo Canobbio, entrambi ebbero un periodo di
attività editoriale che, pur coprendo soltanto l’arco degli anni 1773-75, diedero un
forte impulso all’editoria musicale della città, con un rilevante contributo alla ripresa
della musica stampata a Venezia: produssero infatti in quel triennio, ca.71 edizioni:
36 vocali e 34 strumentali, appoggiandosi per la distribuzione delle opere a due
incisori-editori locali: Alessandri & Scattaglia, che continuarono anche dopo la
cessazione del binomio editoriale sopramenzionato ereditandone il gusto per il tipo di
repertorio nella produzione musicale. Conclusa l’impresa veneziana, Marescalchi
continuò a tessere una fitta rete di scambi commerciali con altri editori di musica, sia
in Italia, sia all’estero. Traslocò in seguito a Napoli, aprendo nel 1785 una
Calcografia/Copisteria, intitolandola: La Calcografia Filarmonica, ottenendo grazie
ai consistenti appoggi politici di cui godeva, il privilegio di avere una privativa, vale
a dire una sorta di esclusiva per la produzione della stampa musicale da parte del Re
Ferdinando IV° di Napoli, di cui godette i favori per oltre una decina d’anni. (V. 3
Catalogo Marescalchi).

Tornando alla chitarra, l’insufficienza nel Paese di importanti editori musicali a


disposizione, limitava fortemente i contatti tra i pochi centri chitarristici esistenti. La
circolazione di composizioni dedicate espressamente allo strumento, avveniva tramite
la divulgazione di opere generalmente manoscritte, uscite da copisterie che erano
dislocate soprattutto nelle grandi città, in modo più che altro locale, chiuso alle novità
ed ai fermenti esterni, con la conseguenza di rappresentare un freno allo scambio di
idee e contatti tra i musicisti. Tuttavia, in alcuni casi tra cui quello appunto
dell’editore Marescalchi, si può notare nel periodo di attività a Napoli una abitudine
nella produzione di edizioni dedicate alla chitarra. (V. 4 Canzone di Millico). E’
inoltre di estremo interesse il rinvenimento di un brano di Ferdinando Carulli, dal
titolo: Minuetti e Contraddanze, pubblicato negli anni giovanili del chitarrista
(1792/95), da parte della Copisteria Marescalchi, nella tonalità di Sol maggiore,
scritto su 2 pentagrammi (violino e basso), che prevede la scordatura della 5°corda
da La a Sol e della 6° in Re. (V. 5 Frontespizio Carulli/Marescalchi), ben prima
quindi del tentativo di scrivere su due pentagrammi, attuato una ventina di anni dopo
dal chitarrista spagnolo Fernando Sor a Parigi, con la sua Op.7.

La chitarra in Italia agli inizi del secolo.

L’avvento delle guerre napoleoniche (1796-1813) e il conseguente quadro di


instabilità politica economica e sociale, introdusse in Italia una ventata di interessi
mode e novità culturali, importate dalla Francia. Attraverso i passaggi con il vicino
Piemonte Napoleone diede l’impulso a consuetudini importate dai territori d’oltralpe
che fecero della capitale Parigi, uno dei due centri culturali e musicali a cui guardava
l’intera Europa: (l’altro era Vienna attraverso la porta orientale di Trieste).

Tra questi vi fu certamente anche il gusto per la pratica di suonare la chitarra, che
finalmente si presentava attraverso l’introduzione della 6° corda e la perdita delle
corde doppie, come uno strumento “completo”, pronto ad essere facilmente
trasportato per fare musica in accademie casalinghe o in ogni altra occasione
pubblica e privata. Ecco quindi, che l’abitudine a maneggiare il nuovo strumento, si
diffuse lentamente ma inesorabilmente in tutte le città. Inizialmente dal nord Italia
(con la sola eccezione di Napoli…) per poi riversarsi rapidamente su tutto il territorio
nazionale. A riprova di questo vi sono i ritrovamenti delle tante raccolte di fondi
musicali chitarristici: musiche manoscritte e a stampa dell’epoca presenti in ogni
Biblioteca di città piccole e grandi composte da tantissimi nomi di amatori e
dilettanti locali.

Per questo motivo accanto alle figure dei grandi virtuosi, peraltro in gran parte
autodidatti sul nuovo strumento come: Carulli, Giuliani, Carcassi, Molino, Gragnani
e Legnani, si può notare una foltissima schiera di chitarristi-compositori dilettanti e
amatori, qui da intendersi nell’accezione per il proprio gusto o diletto, quindi non
musicisti dichiaratamente professionisti. Piccoli e grandi nuclei di chitarristi, erano
presenti ed operanti in ogni piccola o grande città d’Italia. Musicisti da considerarsi
certamente artisticamente inferiori ai nomi dei chitarristi-virtuosi sopraddetti, ma che
diedero prova di possedere una propria originalità, componendo opere di discreto
livello musicale e tecnico, spesso molto piacevoli e di buon gusto. Queste figure
cosidette minori, costituirono l’ossatura del grande interesse che si stava sempre più
manifestando nel Paese.

Parallelamente alle figure dei virtuosi più rinomati che furono invece in quegli anni
costretti, per trovare successo fama e gloria all’esilio - a causa del crescente successo
nella Madre Patria per la Musica d’Opera, di conseguenza ciò costituiva un
affievolimento d’interesse per la Musica strumentale.
In Francia, Germania, Austria e nella pur lontana, per quei tempi Inghilterra e Irlanda
invece, la platea di amatori era molto più capillare, sensibile ed interessata tra il
pubblico di simpatizzanti dello strumento: basti pensare che nel 1820, a Parigi a
quell’epoca, su una popolazione di ca. 200.000 abitanti, vi operavano oltre una
trentina di insegnanti di chitarra. Questo favorevole interesse e curiosità nei confronti
dello strumento, permetteva un grande fervore nell’allestimento di concerti pubblici e
privati, nella stampa delle proprie composizioni tra i tanti Editori musicali presenti in
città, e non da ultimo, la folta schiera di appassionati del ceto in gran parte nobile e
aristocratico, fornito di grandi disponibilità finanziarie, che richiedevano lezioni
private.

Nei primissimi anni dell’Ottocento in Italia (V. 6 Elenco principali editori chitarra), i
primi ad accorgersi di un esponenziale crescente interesse verso la chitarra, furono un
esiguo numero di piccoli librai-editori di piccole dimensioni, ma molto agguerriti e
determinati che, avendo intravisto la possibilità di incrementare i loro guadagni
grazie alla curiosità che lo strumento suscitava tra gli appassionati/amatori, non
esitarono ad avvalersi per questi progetti editoriali dei migliori incisori/tipografi in
circolazione. Proponendo infatti una serie di edizioni molto accattivanti e curate nei
frontespizi, nell’uso di carta di buona qualità e nei caratteri usati per imprimere la
stampa, invitavano il pubblico degli intelligenti a far parte con sottoscrizioni in
associazioni periodiche, che avevano lo scopo di ottenere, raggiunto un numero
sufficiente di sottoscrittori per la copertura delle spese, uno sconto sui prezzi di
pubblicazione.

In secondo luogo, la possibilità di avere a disposizione le ultime novità di autori-


chitarristi sia locali che d’importazione. Le edizioni prodotte, si presentavano sia
sotto forma di Arie favorite con accompagnamento chitarristico, estraendole dalle
opere che venivano rappresentate nei vari Teatri, sia attraverso composizioni
strumentali soliste e d’insieme con altri strumenti, firmate da compositori-chitarristi
locali, ma anche d’importazione, generalmente d’oltralpe. In questo modo facendo
seguito all’usanza degli editori francesi per la pubblicazione di Giornali per chitarra
o lira (V.7 Giornale di Meissonier), venivano immessi anche in Italia partendo dal
Piemonte e dalla Lombardia, delle edizioni periodiche mensili, che avevano la finalità
di diffondere una conoscenza diretta verso le musiche di alcuni strumentisti
principalmente locali, ma, anche come detto in precedenza, di autori stranieri.

L’Editoria musicale per chitarra a Torino e in Piemonte.

Arrivati a Torino dove si erano radicati da oltre un secolo nel commercio librario e
cartografico, tra i primissimi a pubblicare in Italia questi “Giornali” espressamente
dedicati alla chitarra, furono i F.lli Reycend, di chiare origini francesi ma con
diramazioni familiari in altri Paesi europei (principalmente Portogallo, Olanda e
Francia). La prima edizione stampata, fu un’opera per chitarra del milanese Antonio
Nava dal titolo: (V. 8) Sonatine Agreable/Pour Lyre, ou Guitare/ Composèe &
Dedièe/ a Mademoiselle Louise Noli / par Antoine Nava / Ouvre 21. Nel Settembre
del 1809, i Reycend iniziarono la pubblicazione anche di un Journal de Guitare ou
Lyre, che consisteva in una raccolta mensile di 16 pagine, raggiungendo annualmente
ca. le 200 pagine. Questo Giornale, fu pubblicato fino a tutto il 1816, cambiando
nome intorno al 1813 in: Recueil de Guitare (V. 9 Journal de Guitare e V. 10
Recueil de Guitare ou Lyre dei F.lli Reycend); i nomi dei chitarristi-compositori
presenti erano: Giuseppe Anelli, Wenceslas Cerruti, Valentino Molino, Carlo M.
Alessio Sola, i milanesi: Antonio Nava e Luigi Moretti, Jean Comoglio, Denis
Mussone e Guglielmo Adami-Vinatier. (V.11 Catalogo Edizioni Reycend e V.12
quello di Felice Festa). Sia i F.lli Reycend, sia uno dei loro primi incisori di musica
Felice Festa, erano stati un anno prima coinvolti insieme nella Società che avviò,
come vedremo in seguito, la futura nascita della più grande impresa di Edizioni
Musicali in Italia, che dal gennaio del 1808 nascerà a Milano: Casa Ricordi. (V.13-
14-15-16-17-18, v. Frontespizi Reycend-Festa, e pezzi del Journal dei Reycend.

Una decina di anni dopo con l’avvio della restaurazione intorno al 1819, anche gli
editori Tagliabò e Magrini, inizieranno la loro attività editoriale proponendo un’
associazione rivolta ai professori e dilettanti di chitarra, de: il Giornale d’Euterpe,
che prevedeva un fascicolo mensile di musiche per chitarra di ca. 160 pagine annuali,
divisibile in 12 distribuzioni. Sarà pubblicato fino al 1826, quando il nome fu prima
cambiato con le Ore d’Euterpe e in seguito in: Le ore di Tersicore; qui possiamo
osservare una produzione più folta ed organica, con Autori più conosciuti assieme ad
altri locali di meno rinomanza: M. Giuliani, L. Legnani, A. Diabelli, F. Carulli, A.
Nava, Giuseppe Blanchi, Carlo Casati, Wenceslas Cerruti, Detoma, Francesco
Nevissano, Benedetto Razzetti e Paolo Rocca. (V. 19 Frontespizio Metodo Razzetti).
(V.20 Elenco Catalogo Magrini).

La chitarra a Milano e in Lombardia.

La situazione della musica e della chitarra a Milano agli inizi dell’Ottocento, non si
discostava molto da quella di Torino e del Piemonte riguardo alla musica strumentale
e alla chitarra in particolare: l’unica differenza si osserva nella maggiore quantità di
Teatri a disposizione: Lentasio, Carcano, il Filodrammatici, il S. Radegonda, Il Re e
La Canobbiana; nella proverbiale efficienza ed intraprendenza dei milanesi e, in
particolare nella nascita, grazie al progetto dell’architetto Piermarini avvenuta ca. un
ventennio prima (1778) del più famoso ed importante Teatro italiano ed europeo: La
Scala.
Anche a Milano troviamo nei primissimi anni del secolo una certa penuria di editori
dediti alla stampa musicale, ad eccezione di un piccolo nucleo di incisori/ stampatori:
tra questi Giovanni Re, che fu il primo in assoluto nel 1806, ad esordire con la stampa
per musica e seguendo la moda all’epoca imperante dei francesi, pubblicò ancor
prima dei librai torinesi Reycend, un Giornale dedicato esclusivamente alla chitarra,
lo intitolò semplicemente: Biblioteca di musica per chitarra. Si presentava con un
fascicolo al mese, di autori in gran parte locali, e prevedeva la pubblicazione di:
sonate, variazioni, rondò, capricci per una o due chitarre di: A. Nava, L. Moretti, L.
Sommariva, F. Carulli, F. Gragnani. La sua non cospicua attività editoriale (ca. 50
pubblicazioni) durò fino al 1811, ma già dal 1809, si fregiava del titolo di Incisore e
stampatore del Regio Conservatorio.

Curioso rimane anche il caso di Giacomo Antonio Monzino (V. 21 Ritratto Monzino),
figlio di Antonio Monzino, capostipite di una gloriosa dinastia di liutai, che aprì nel
1750 in Contrada della Dogana 4037 (sotto l’insegna della Sirena), un laboratorio di
liuteria; nel frontespizio del suo primo Catalogo di edizioni musicali, si legge il
seguente titolo: Catalogo di musica stampata di proprio fondo da Antonio Monzino/
Fabbricatore d’istrumenti e corde armoniche/ vende pure tanto all’ingrosso che al
minuto corde di Napoli/ Roma e Padova /. E tiene altresì corde ad uso dei
fabbricatori di capelli, e per battere la lana e cotone/non che un assortimento
de’migliori strumenti d’arco di classici autori specialmente cremonesi. Nato nel
1772, ed entrato a lavorare nel laboratorio paterno di liuteria, ne uscì alcuni anni
dopo, preferendo dedicarsi completamente alla musica, in particolare alla chitarra e al
violino che aveva studiato negli anni giovanili. Grazie a questa passione egli operò
sempre nei primi anni dell’Ottocento, per la creazione di una attività in proprio di
editoria musicale, richiedendo la collaborazione per le stampe, sia di Giovanni Re, sia
di altri validi incisori musicali, tra cui Luigi Scotti, anch’egli professore di violino e
copista nei vari Teatri milanesi dell’epoca.

La produzione editoriale iniziata intorno al 1808, era caratterizzata dai nomi di


musicisti in gran parte locali e pur rivelandosi non foltissima, fu costante nell’arco di
un ventennio, contribuendo costantemente alla diffusione di un repertorio
chitarristico, in concorrenza con altri iniziali editori musicali della città. Nel suo
primo Catalogo Editoriale databile 1813, su un totale di 61 opere complessive, ben
37 sono dedicate alla chitarra sia da sola, sia in riduzione con il Canto, sia d’insieme
con altri strumenti; gli Autori presenti oltre a quasi tutte le opere comprensive anche
di un Metodo op. 18 dello stesso Giacomo Monzino, sono: A. Nava, L. Moretti, F.
Carulli, F. Gragnani, e i dilettanti amatori: Melzi, Migliavacca, Romersi. (V. 22 e 23
Cataloghi n.1 e n. 2) (V. 24 e 25 Frontespizi Edizioni Monzino).

Il 1808 sarà un anno particolarmente fecondo nella vita musicale milanese: nasce
infatti, sul modello di quello parigino, il Conservatorio di Musica, che vedrà come
primo direttore Bonifacio Asioli, e si avvarrà dell’insegnamento di alcuni tra i più
prestigiosi musicisti dell’epoca: Alessandro Rolla per il violino che fu anche per
trent’anni direttore dell’Orchestra della Scala, Francesco Pollini per il pianoforte,
Ambrogio Minoja per il clavicembalo. L’altro importante evento fu costituito, grazie
al sodalizio tra Giovanni Ricordi (V. 26 Ritratto G. Ricordi), violinista e copista dei
Teatri Fiando (poi Gerolamo) e Carcano, l’incisore-tipografo piemontese Felice
Festa (V. 27 Ritratto Festa), che dal Piemonte nel frattempo si era trasferito a
Milano, ed i librai-editori sempre piemontesi F.lli Reycend, di quella che in seguito
diverrà la più grande impresa editoriale musicale italiana: Casa Ricordi. (V. 28
Stabilimento Ricordi- Teatro alla Scala e V.29 contratto Ricordi-Festa) Anche qui a
testimonianza della notorietà che la chitarra si stava conquistando in quegli anni, la
prima edizione stampata in calcografia sarà un’opera per chitarra del chitarrista-
compositore milanese Antonio Nava dal titolo: Le Stagioni dell’anno/ in quattro
sonate a solo/ opp. 4/5/6/7. Non solo, anche il n. di lastra 2 (V. 30 Fronte Nava
Stagioni e Giornale Vocale) e 3 saranno destinate alla chitarra, la n. 2°, sempre di
Nava, ha un titolo curioso: “Metodo per comporre molti Valz per chitarra con 2
tavole” (V. 31 Fronte Nava Capricci); il 3° numero di lastra è del cantante di origini
partenopee Nicola Bassi e si intitola: “Sei Ariette per Canto coll’accompagnamento
di chitarra”. Il primo Catalogo delle edizioni Ricordi che vedrà la luce nel 1814 e il
successivo del 1815 (V. 32/33 I° e II° Catalogo Ricordi), (posteriore di un anno
quindi a quello pubblicato da Monzino), su un totale di 139 edizioni stampate, ben 61
sono quelle dedicate alla chitarra. I nomi dei chitarristi-compositori presenti, oltre a
molte opere di Nava, sono: Giuliani, Carulli, Gragnani, L. Moretti, Luigi Agliati,
G.B. Coppa, G. Monzino, Francesco De Salvo, Giangiacomo Appiani, Bernardino
Berretta, Antonio Castello, Mosè Bersani, Luigi Sommariva, Pietro Parrini,
Giuseppe Pasini, Luigi Tonelli, Pietro Chiera, Giuditta Frotta, Carlo Gherardini,
Angelo Lodi, G.B. Beneggi, Gaudenzio Cattaneo, Vincenzo Colla e Giuseppe Rossi.
Le forme musicali usate da questi primi chitarristi sono generalmente: Temi con
variazioni, Fantasie, Sonate, Monferrine, Valzer, Serenate, Contraddanze,
Perigoldini, Duetti, Trii, Quintetti per chitarra d’insieme con altri strumenti, oltre ad
Arie, Cavatine e Duetti con accompagnamento chitarristico (V.34 interni primo e
secondo catalogo). (V. 35 Frontesp. Ed. Ricordi-Giuliani e altri).

Molti di questi autori si trovano nel Catalogo Ricordi e anche di altri editori, con la
presenza di una o massimo 2 edizioni stampate: ciò è dovuto al fatto che non sono da
considerarsi dei veri e propri chitarristi come invece è il caso di altri nomi presenti.
Bisogna infatti considerare che, all’epoca, era normale abitudine dedicarsi allo studio
di più strumenti della stessa famiglia, molti di loro sono in gran parte violinisti,
violisti o violoncellisti e forse la pratica di scrivere sul solo rigo della chiave di
violino, venne mutuata proprio da questa consuetudine: basti pensare alla familiarità
con la chitarra avuta da Niccolò Paganini o da Francesco Molino, che in alcuni
frontespizi di sue composizioni per chitarra si fregiava del titolo di: Violinista di Sua
Maestà/il Re di Piemonte e Sardegna. In effetti, aveva fatto parte anni prima in
qualità di violinista dell’Orchestra della Cappella Regia di Torino. Tornando a Casa
Ricordi, negli anni seguenti alla pubblicazione dei suoi primi due Cataloghi di
Edizioni, le opere per chitarra saranno fino alla terza decade dell’Ottocento
incrementate anche da molti altri nomi, creando così la produzione più folta tra tutti
gli editori dell’epoca in Italia. (V. 36 interno del Catalogo Ricordi 1838 e Frontesp.
vari).

Un altro noto editore era presente in quei primi anni a Milano, apparteneva ad una
gloriosa famiglia di mercanti-editori-incisori musicali: gli Artaria. Fondatore della
casa milanese fu Ferdinando, nipote di Giovanni Artaria, il capostipite del ramo
tedesco degli editori di Mannheim e cugino di Carlo e Francesco, primi titolari della
casa viennese. Ferdinando era stato alcuni anni prima a Vienna per prendere pratica
con il commercio librario e nel 1805 iniziò l’attività della ditta milanese aprendo un
negozio di libri, musica, stampe e carte geografiche nel: Coperto dei Figini.
Contrariamente però al ramo di editori viennesi, basti pensare al fatto che Domenico
Artaria, fu in quegli anni il principale editore di Mauro Giuliani, oltre a tanti altri
chitarristi a lui coevi. A parte qualche sporadica edizione, non risulta un interesse
particolare nei riguardi della chitarra: sembra infatti che dopo alterne vicende in cui
entrarono con una gestione disinvolta per non dire scorretta della Ditta, anche i figli
Epimaco e Pasquale Artaria, la loro mancanza di oculatezza li costrinse nel 1837 a
vendere tutte le lastre musicali (ca.500) fino ad allora edite, a Giovanni Ricordi.

Più tardi intorno al 1825, Ricordi dovrà sempre più guardarsi dalla concorrenza che
gli avrebbe rivolto uno dei tanti suoi giovani lavoranti: lo aveva assunto nel 1816, per
imparare il mestiere nella bottega: Francesco Lucca. Le edizioni di Lucca (V. 37
frontesp. Lucca), risultano assai curate, particolarmente apprezzate per la chiarezza
grafica e per la qualità dell’inchiostro e della carta, ed erano inoltre vendute ad un
prezzo contenuto. Inizialmente, si produsse tendenzialmente per una prevalenza di
musiche strumentali, tra cui anche autori-chitarristi: A. Nava, F. Carulli, Giuliani,
Legnani, oltre ai meno conosciuti: B. Razzetti, Gaetano Sisto, F. Castelli, ed altri.

Altri editori che a Milano pubblicarono sporadicamente nelle prime decadi


dell’Ottocento edizioni per chitarra furono: Luigi Bertuzzi (in particolare Metodi,
come il Transunto per chitarra di Bonifacio Asioli); Giuseppe Antonio Carulli, che
dal 1816 aveva la mansione di portinaio del Conservatorio di Milano, iniziò a
stampare musica intorno al 1822, fregiandosi anch’egli del titolo di Editore
dell’Imperial Regio Conservatorio. Qualche anno dopo, egli si associò con Secondo
Colombo, (V. 38 Frontespizio Canzone Pollini) anch’egli piccolo editore musicale,
che aveva pubblicato una Canzone con accompagnamento di chitarra del pianista
Francesco Pollini come primo saggio della Nuova Stamperia Musicale; il Carulli
pubblicò varie opere per sola chitarra e con accompagnamento di flauto su temi di
Mercadante e Rossini da parte di Pietro Bottesini.

Sarà utile allo scopo di delineare una fisionomia il più precisa possibile, fare un breve
cenno alle altre città che nel primo Ottocento (soprattutto nell’Italia del nord e del
centro) avevano case editrici che pur non dedicandosi come gli editori sopraddetti in
maniera assidua alla stampa in proprio di composizioni per chitarra, tuttavia
disponevano di un Archivio dove era possibile trovare edizioni musicali per chitarra.

A Novara: Francesco Artaria; a Padova: Pietro Prosperini; a Udine: Luigi Berletti; a


Trieste: Braig, Coen, Mollo e Vicentini; a Trento: Monauni; a Venezia: Aglietti,
Barozzi, Bertoja, Gallo, Picotti, Zamboni & Maina, Zatta; a Parma: Bodoni e
Tovagliari; a Modena: Gaddi; a Livorno: Carboncini, Gilardi, Micali e Toti; a
Perugia: Baduel; A Siena: Porri; a Macerata: Cortesi.

Chitarristi ed Editori musicali a Firenze, Bologna, Roma e Napoli.

A Firenze nel primo Ottocento, la vita musicale e chitarristica era alquanto


movimentata sebbene un po’ disordinata, come nello spirito dei toscani e dei
fiorentini in particolare. All’inizio del secolo vi furono delle stampe sporadiche di
pezzi per chitarra da parte di antichi librai-editori che provenivano dalla tradizione
settecentesca, come i Pagani titolari già nel Settecento di una Stamperia del Giglio, o
come Pagni & Bardi, calcografi e mercanti di stampe o ancora, il libraio Ranieri Del
Vivo. Una attività più consistente si deve al libraio-editore Giovanni Chiari, che già
nel 1815, con annunci sulla Gazzetta di Firenze, pubblicizzava la vendita o il
noleggio di Metodi per la chitarra francese. Il primo vero editore musicale che
intorno al 1816 aprì un Gabinetto di Musica e Calcografia all’Insegna dell’Orfeo,
sulla Piazza di San Lorenzo fu Giuseppe Lorenzi. (V. 39 Frontesp. Carulli). La sua
attività commerciale vide un grande fermento dal 1816 al 1825, per poi affievolirsi o
addirittura cessare verso la fine degli anni venti dell’Ottocento; ebbe poi una
significativa ripresa, tramite il figlio Ferdinando intorno agli anni quaranta
dell’Ottocento. Nel primo decennio di attività, autori per chitarra furono: Gragnani,
Carulli, Giuliani, Legnani, Sor, Giuseppe Boccomini e Luigi Picchianti; ma si
annovera anche una serie di autori vocali con accompagnamento per chitarra di
ariette e duetti da camera di Felice Blangini, Natale Mussini e Michele Bolaffi.

Un altro editore e negoziante di musica, attivo dal 1820 a Firenze e poi in seguito
anche a Bologna dal 1826 fu Gaspero Cipriani. (V. 40 41 Frontesp. Picchianti) Nel
suo negozio, che era situato nella centralissima Via de’Calzajoli al Canto della Nave,
vendeva edizioni proprie e di altri editori come Ricordi; il repertorio per chitarra sola
o con altri strumenti è costituito da variazioni, pot-pourri, fantasie e valzer, in gran
parte opera del chitarrista e teorico Luigi Picchianti e di Francesco Calegari,
chitarrista anch’egli che in seguito diverrà prima socio e poi unico proprietario (dal
1830) della Ditta Cipriani, nel periodo bolognese. La Ditta Cipriani inoltre, aveva in
quegli anni, anche una Succursale/Deposito e Archivio di musiche presso Fedele
Gilardi a Livorno (V.42, 43, 44, 43, 45, 46, 47 opere Catalogo Cipriani). Altri editori
fiorentini che pubblicarono edizioni ed autori per chitarra furono anche: Lorenzo
Faini, Angiolo Luccherini ed altri.

A Bologna oltre al trasferimento della ditta Cipriani dal 1826, poi gestita come detto
prima dal chitarrista Francesco Calegari, gli unici editori che ebbero sporadicamente
un interesse verso la chitarra con una gestione perlopiù di manoscritti furono: Carlo
Bertinazzi e Gaetano Buttazzoni proprietario del più antico negozio e copisteria di
musica della città, aveva sede in piazza della Pace entrambi vendevano le edizioni di
Ricordi.

La situazione della chitarra e della sua editoria a Roma e Napoli.

A Roma nei primi anni dell’Ottocento la situazione editoriale della musica non era
florida e favorevole come nelle altre città. Il potere della Curia romana non era
propensa ad accogliere le novità provenienti dalle altre città italiane. Alcuni sporadici
tentativi nella stampa musicale furono compiuti, verso la fine del Settecento dal
tipografo Giuseppe Rotili, senza ottenere però, grandi successi. Nel 1809 di ritorno da
Milano, dove aveva collaborato con Ricordi come copista ed incisore, ed essere stato
egli stesso editore di alcune stampe musicali, Giulio Cesare Martorelli costituì
insieme a Pietro Piale, editore e mercante di Musica con negozio in n S. Carlo al
Corso. 428, una Stamperia Musicale, che però ebbe vita breve: dal 1811 al 1813 ca. I
primi lavori pubblicati furono: la Grammatica per ghitara francese ridotta ed
accresciuta dal Sig. Boccomini, chitarrista fiorentino che ebbe tra i suoi allievi Luigi
Picchianti; la Sinfonia della Camilla del Sig. Maestro Par (sic)/ ridotta dal Sig. Luigi
Moretti, oltre alla Gran Sonata (V. 48 Frontespizio Gran Sonata) e al Tema con dieci
variazioni e coda op.7 (V. 49 Fronte op.7) di Gabriello Melia, chitarrista romano che
nel 1823, compose addirittura la musica per un opera lirico-teatrale intitolata: Matilde
nel Castello dell’Alpi (V. 50 Fronte Opera Matilde), che fu poi rappresentata al
Teatro Valle di Roma. Nel 1821, nascerà il più grande stabilimento-litografico
musicale della città, fondato dal binomio Ratti & Cencetti, due strumentisti impresari
e copisti della Roma dell’epoca. La produzione di edizioni musicali per chitarra è
limitata ma importante: oltre ad una decina di n. d’opera di Melia, è curioso come il
n. 2 delle loro edizioni sia un’opera di Giuliani, le Variazioni op.118 (V. 51 Fronte
Op. 118 Giuliani-Ratti & Cencetti) unica stampa pubblicata presso un editore romano
durante la sua permanenza in città, dove tra l’altro scrisse le monumentali 6
Rossiniane opp.119-124 e le Giulianate op.148, nel triennio 1820-1823. Dopo il 1830
a Roma si produrranno anche altri piccoli editori, che avranno una non lunga durata
come ad esempio: il libraio Alessandro Caverni, Serafino Bartolo, Scipione De
Rossi, Pittarelli & Santinelli ed altri.

A Napoli la situazione della chitarra era più florida e stimolante grazie alla nascita nel
1817 della Calcografia e Copisteria dei Reali Teatri di Giuseppe Girard, già attivo
come editore dal 1809. Inizialmente aveva sede a: Strada Toledo n.165 e poi al 177,
possedeva inoltre un deposito/archivio di molti editori stranieri, tra cui Ricordi e il
parigino Schlesinger. Ottenuta già dal 1819 la fiducia del più grande impresario
musicale dell’epoca: Domenico Barbaja, gli fu concessa la privativa assoluta sui
pezzi estratti dalle opere e sulle partiture conservate nell’archivio dei Reali Teatri.

Per quanto riguarda la produzione strumentale tra cui le opere per e con chitarra, si
può osservare l’edizione di tutti gli ultimi lavori di Mauro Giuliani (V. 52 Fronte
opere Giuliani), nel periodo del suo trasferimento da Roma fino alla data della sua
morte avvenuta nel 1829 proprio a Napoli, ma, anche di altri chitarristi a lui coevi
come: Vito Interlandi, Gennaro Lavasinno, Johann Nisle, ed altri.

FINE.

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