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Effortless Mastery: Musica “senza sforzo”

L’assenza di sforzo, cui si riferisce il titolo, è l’espressione naturale del nostro più elevato
stato di coscienza, quello stato trascendente che rappresenta la condizione originaria dalla
quale proveniamo e verso cui tendiamo. Per suonare senza sforzo è necessario imparare a
liberarsi dall’ego e dalle tirannie del pensiero, a essere gentili con sé stessi, a lasciar andare
le paure. Sono obiettivi che potrebbero apparire difficili o accessibili solo a pochi eletti, se
non fossero presentati in modo così avvincente ed entusiasta da convincere il lettore che si
tratta di potenzialità presenti in ognuno di noi, che possono essere risvegliate tramite una
pratica appropriata.
Molto interessante l’analisi delle paure e delle disfunzioni che ci impediscono di accedere a
questo stato più ampio e completo di noi stessi, e che Werner individua principalmente nel
bisogno ossessivo di essere bravi. “Come ho suonato?” è la domanda più comune che si fa
il musicista e che, tuttavia, limita maggiormente la sua libertà creativa. L’aspettativa del
risultato, la preoccupazione di come verrà giudicato prevalgono sul piacere e la gioia di
suonare. Paure e convinzioni limitanti si traducono inoltre in tensioni fisiche, posture rigide e
inibite e in una respirazione superficiale. In realtà, dice Werner, è proprio chi non ha timore
di fallire ad essere più in grado, paradossalmente, di raggiungere il successo.
Musicare
Federica Righini e Riccardo Zadra
31 Gennaio 2020
echi
Musica “senza sforzo”:
la lezione di Kenny Werner

Storie personali, esempi di grandi musicisti, spunti dalla filosofia orientale, fino alla
spiritualità e alla mistica: il pianista statunitense sfida le consuetudini per portare i musicisti
ad una performance effortless. L’autorevole commento di due specialisti al suo libro,
“Effortless Mastery”, ora disponibile nella traduzione in italiano.

Effortless mastery, del pianista e didatta statunitense Kenny Werner, potrebbe intitolarsi “Lo
Zen e l’arte di suonare”, tanti sono i riferimenti alle discipline orientali applicati alla musica.
Con grande coraggio e il costante slancio verso una visione “alta”, Werner sfida le nostre
attitudini più radicate, i nostri abituali modi di pensare e di fare musica, per ispirarci ad una
visione che non teme di attingere alla spiritualità e alla mistica. Il mondo del jazz costituisce
lo sfondo principale dell’opera, tuttavia non mancano interessanti osservazioni e riferimenti
alla musica classica e ad altri generi musicali. Attraverso storie personali, esempi tratti dalla
vita di grandi musicisti, spunti dalle filosofie orientali e quattro ampie meditazioni guidate
(registrate con la voce dell’autore su Cd allegato), Werner ci conduce in un viaggio che
stravolge l’atteggiamento prevalente in gran parte della formazione e della pratica musicale
tradizionale.
L’assenza di sforzo, cui si riferisce il titolo, è l’espressione naturale del nostro più elevato
stato di coscienza, quello stato trascendente che rappresenta la condizione originaria dalla
quale proveniamo e verso cui tendiamo. Per suonare senza sforzo è necessario imparare a
liberarsi dall’ego e dalle tirannie del pensiero, a essere gentili con sé stessi, a lasciar andare
le paure. Sono obiettivi che potrebbero apparire difficili o accessibili solo a pochi eletti, se
non fossero presentati in modo così avvincente ed entusiasta da convincere il lettore che si
tratta di potenzialità presenti in ognuno di noi, che possono essere risvegliate tramite una
pratica appropriata.
Molto interessante l’analisi delle paure e delle disfunzioni che ci impediscono di accedere a
questo stato più ampio e completo di noi stessi, e che Werner individua principalmente nel
bisogno ossessivo di essere bravi. “Come ho suonato?” è la domanda più comune che si fa
il musicista e che, tuttavia, limita maggiormente la sua libertà creativa. L’aspettativa del
risultato, la preoccupazione di come verrà giudicato prevalgono sul piacere e la gioia di
suonare. Paure e convinzioni limitanti si traducono inoltre in tensioni fisiche, posture rigide e
inibite e in una respirazione superficiale. In realtà, dice Werner, è proprio chi non ha timore
di fallire ad essere più in grado, paradossalmente, di raggiungere il successo.
La seconda parte del libro presenta le strategie per liberarci dai condizionamenti e dalla
paura, per esprimere l’individualità e la grandezza presenti in ognuno di noi. L’intenzione è di
renderci capaci, quando suoniamo, studiamo e ascoltiamo, di rimanere il più possibile in
contatto con la fonte della musica divina interiore; quello che Werner chiama lo “Spazio”.
«Sono un maestro, sono grande; le note sbagliate non esistono; tutte le note che suono
sono le più belle che abbia mai sentito…». Affermazioni come queste possono sembrare
ingenue o ridicole alla nostra mente razionale limitata, ma, in questa prospettiva,
costituiscono proprio il ponte che ci connette ad un livello di consapevolezza più ampio.
A nostro parere, il maggior pregio del libro – ora disponibile nella versione italiana – sta nella
capacità dell’autore di generare nel lettore un irresistibile richiamo verso il senso profondo
del fare musica, verso le sue radici e motivazioni primordiali. Al di là delle paure, delle
incertezze, degli schemi storici e culturali, ci spinge a ritrovare quel luogo interiore in cui
risiede la perfezione e nel quale gioia, piacere e realizzazione sono disponibili in quantità
illimitata.

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