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Scheda del Don Giovanni

Il personaggio di Don Giovanni ha una lunga storia che bisogna conoscere nel dettaglio (saggi di
Niola e Guccini).
Gli atti del Don Giovanni di Mozart e Da Ponte sono due, con un'ouverture, un “Finale primo”
(quello con la morte di DG) e un “Finale secondo”, con tutti gli altri personaggi che si ritrovano
insieme a cantare la morale della storia in un grande concertato conclusivo.

L'ouverture è bipartita, cioè “alla francese” (quella “all'italiana” è tripartita): una parte introduttiva
Andante (in re minore) e un Molto Allegro (in re maggiore). Rispecchia glukianamente i contenuti
dell'opera ed è stata scritta all'ultimo. L'Andante simbolizza il COMM, perché re minore è la
tonalità che rimanda a lui. L'Andante è caratterizzato dal ritmo puntato, che ricorre varie volte nel
corso dell'opera come “Leitmotiv del COMM”. C'è anche il famoso disegno con la sincope (il
“lamento della creatura”) che ritornerà alla fine dell'opera. Il Molto Allegro allude a DG. È scritto in
forma sonata, quindi: Esposizione con il primo tema in re maggiore, ponte modulante, si arriva in la
maggiore (dominante) che viene confermata da un secondo tema. Poi c'è lo Sviluppo, poi la
Ripresa: primo tema in re maggiore e secondo tema pure in re maggiore. Alla fine si modula in fa
maggiore che è il tono della prima aria di LEP.

Introduzione con la prima aria di LEP: tipica aria “di scontento” (ne canta una anche Despina in
Così fan tutte). Le quattro strofe di LEP sono su quattro gradi ascendenti della scala, quindi il
malcontento aumenta di intensità (“Notte e giorno faticar”). L'introduzione consta di quattro
numeri, con 1) l'aria di LEP, 2) sortita di DA e DG (che cantano nello stile dell'opera seria mentre
LEP commenta il loro litigio nello stile dell'opera buffa), 3) sortita del COMM, con la sfida a duello
(DG non vorrebbe battersi), 4) morte del COMM (sulla stessa settima diminuita su cui riapparirà
alla fine dell'opera) e sublime terzetto COMM, DG e LEP, con accompagnamento di terzine citato
da Beethoven nel “Chiaro di luna”. Finora tutto si è svolto nell'ambito della legge dell'onore cui
obbedisce un aristocratico come DG. Questi quattro primi numeri incompatibili con le convenzioni
dell'opera buffa (“dramma giocoso”): litigio drammatico, duello e morte COMM. Ritmo
drammatico altissimo. Disorientamento spettatori viennesi alla prima.

Caratterizzazione LEP: è il braccio destro di DG ma anche la sua coscienza critica, è una figura di
“Epimeteo” ma è anche il doppio del padrone e l'emulo di DG. Fondamentali le sue due arie: la
prima, in apertura, e quella della “lista” (il catalogo delle conquiste di DG), nel prosieguo del I atto.

Scena terza: recitativo accompagnato di DA poi duetto con DO, spezzato da due ritorni del
recitativo. Il recitativo di DA rientra nella categoria del “lamento”, topos dell'opera barocca (“quel
sangue, quella piaga”). Quando rinviene, DA scambia DO per DG. Cosa è accaduto nella sua
camera? In ogni caso, DA cerca vendetta, DO giura di dargliela. Dopo il giuramento, attacca la
seconda parte del duetto, quasi con funzione di cabaletta, col le voci di DA e DO appaiate.
DO è il perfetto “servente” della sua promessa sposa. E' tenero e affettuoso. Ha due arie “Dalla sua
pace la mia dipende”, nel primo atto e “Il mio tesoro intanto” nel secondo atto

Scena quinta. Entra in scena DE, “dama di Burgos”. E' una precedente conquista di DG: forse ex
fidanzata, forse sposa piantata. Sua aria di sortita “Ah chi mi dice mai quel barbaro dov'è” (che
diventa un terzetto con DG e LEP). Aria semplice, A – A' (con una coda virtuosistica). Appartiene al
tipo dell'aria “infuriata” (parodizzando così l'opera seria: DE vuole solo riprendersi DG). DE è un
personaggio fondamentale perché ha a che fare con tutti gli altri, mettendo in rapporto i vari livelli
sociali dell'opera.

Aria di LEP “del catalogo”, rivolto a DE, che ne viene umiliata. Invenzione del comico dell'arte
Cicognini, adottata da Gazzaniga e Bertati. Aria bipartita: allegro in 4/4 a sua volta diviso in cinque
sezioni (A-B-C-B'-C'), in re maggiore. Seconda parte Andante con moto, ritmo di minuetto, in ¾,
sempre in re maggiore. LEP dice che non conta come sia una donna: bella, brutta, giovane, vecchia,
“purché porti la gonnella, voi sapete quel che fa”. Infallibilità di DG come seduttore e ruolo di LEP
di suo “contabile”. “In Ispagna sono già 1003”: sete di infinito di DG.

Scena settima, MAS e ZER e festa dei contadini. Allegro in 6/8 in sol maggiore. Strofe solistiche
degli sposi alternate a ritornelli corali. Ronda in 6/8 come allusione al piacere. DG si intromette e
cerca di poetare via ZER con l'aiuto di LEP. N. 6 Aria MAS (analogie con aria Figaro nelle Nozze,
“Se vuol ballare signor contino”). Risentimento di classe, ma tra l'aristocratico DG e il contadino
MAS non c'è partita.

Scena nona, duetto bipartito DG e ZER. Andante in la maggiore, 2/4 poi Allegro in la maggiore 6/8.
Simbolismo mozartiano del 6/8: è l'abbandono al piacere. N. 8 Aria di DE, che arriva a guastare i
piani a DG. Aria in stile arcaico, alla Händel, con grandi salti. Scena dodicesima, quartetto in si
bemolle magg, 4/4, DG, DA, DO, DE. Scena 13, recitativo accompagnato e aria in re magg in
forma A-B-A di DA. DA racconta a DO quello che è successo nel suo palazzo, con l'assalto di DG.
Segue aria tripartita di DO “Dalla sua pace la mia dipende”. A questo punto DO, DA e DE hanno
individuato il colpevole dell'assalto a DA e dell'uccisione del COMM.

N. 11 aria DG in si bemolle magg, 2/4 “dello champagne” (“Fin ch'han del vino calda la testa”).
Come forma si avvicina al rondò. Energia erotica pura. Segue aria bipartita di ZER Andante
grazioso in fa magg, 2/4 (“Batti, batti bel Masetto”: ZER si vuole fare perdonare), poi Allegro in fa
magg. 6/8 insieme a MAS: fanno pace e cantano inseme.

Finale dell'atto primo. Seguito di scene legate da una logica interna. Nel suo palazzo DG tenta
ancora di sedurre ZER. Quando spariscono insieme, si instaura il re minore, tono del COMM. Scena
XIX, arrivano le tre maschere (DO, DA e DE). Da una finestra del palazzo si sente il minuetto che
inizia a metà di una frase (dettaglio realistico). Adagio in 4/4 tagliato con passaggio “a cappella”
delle tre maschere: hanno paura, sentiamo la loro umanità indifesa. Puro umano (analogia con il
Quintetto degli addiii in Così fan tutte).
Ritmo marziale in orchestra e “Viva la libertà” di DG più coro (possibile prefigurazione della
rivoluzione). Tre danze sovrapposte: Minuetto, aristocratico, in 3/4 (DO e DA), Contraddanza, in
2/4, interclassista (DG e ZER) e Teitsch in 3/8 (rustico valzer danzato da LEP e MAS). Poliritmia. Il
procedimento di combinare un'orchestra sulla scena e una in buca è stato ripreso da Berg nel
Wozzeck. DG viene smascherato: Allegro in do maggiore, 4/4. Questo è un concertato tradizionale
di opera buffa. Pulsazione vivacissima, “Tutto, tutto già si sa”.

Secondo atto. Rispetto al primo atto c'è una sorta di “ripartenza”, lo sviluppo di una seconda trama.
Trama primo atto: caccia all'uccisore del COMM. Trama secondo atto: serie di eventi che portano al
castigo celeste di DG. La trama si sfilaccia: Da Ponte perde il riferimento dell'opera di Gazzaniga e
Bertati (che era in un atto solo), e la recupererà solo dalla scena del cimitero in poi. C'è il doppio
travestimento di DG e LEP: tipico espediente della Commedia dell'Arte. Alcuni momenti musicali
sublimi.
Primo momento sublime: terzetto DG, LEP e DE. DG e LEP ingannano DE con un canto di
seduzione ingannevole (DE pensa che LEP sia DG). DE risponde da donna innamorata, mentre gli
altri due si burlano di lei. Ciononostante, il colorito espressivo di questo terzetto (in forma tripartita
con la prima parte ripetuta: A-A-B-A) è quello della tenerezza amorosa (come nel “Quintetto degli
addii” di Così fan tutte, dove al di là della macchinazione c'è il sentimento autentico dei personaggi,
la loro umanità). “Discendi o m'uccido” di DG. Risate e canto in stile buffo di LEP. DE scende per
seguire LEP (che crede DG). Segue subito la “Canzonetta” di DG alla cameriera di DE: “Deh vieni
alla finestra”, accompagnato dal mandolino, in re maggiore (il suo tono). Congruenza del suono
“secco” del mandolino alla “secchezza” del cuore di DG. Struttura elementare: una strofa divisa in
due, 6/8 ritmo del richiamo all'amore.

Segue l'Aria di DG “dei comandi”. E' un'aria di azione, come la precedente “dello champagne”.
L'aria ha una struttura particolare: è tripartita (a in fa maggiore, B in do maggiore, A' fa magg), ma
la parte B è a sua volta ripartita (quindi A- B (-b-c-b), A'. Con una coda (“Metà di voi qua
vadano...”: alternanza di settenari sdruccioli e tronchi, ritmo giambico). Carattere marziale, stile
tipico dell'opera buffa: poca melodia e insistenza sui gradi dell'accordo perfetto. La Coda è riservata
a Masetto: “Noi far dobbiamo il resto”: DG lo vuole picchiare.

Mozart si accorge che l'azione si sta sfilacciando, quindi inserisce ora un sestetto (DO, DA, MAS,
ZER, LEP, DE). A DE e LEP, che sono in scena da prima, si aggiungono DO e DA, annunciati dalle
trombe in re (solennità processionale: la tromba è tradizionalmente riservata alla regalità). Arrivano
anche MAS e ZER. DG non c'è, ma è il centro propulsore di questo sestetto. Mescolanza di comico
e di tragico (LEP è spaventatissimo), e mescolanza di stili diversi: LEP canta nello stile dell'opera
buffa (sillabico, senza salti), MAS e ZER nello stile dell'opera sentimentale, DO, DA e DE nello
stile dell'opera seria. Consta di due grandi pezzi, Andante e Allegro molto, entrambi in mi bemolle
magg, di struttura libera (il primo è una specie di rondò variato). Agnizione di LEP sul tono di sol
minore: “pietà, pietà, signori miei”, risposta: “No, no, morrà” in tipico stile gluckiano (sillabazione
secca, unisoni compatti, cascate di biscrome nei violini). Molto Allegro in mi bemolle, concertato in
tipico stile dell'opera buffa: “Mille torbidi pensieri mi s'aggiran per la testa”. Anche qui otto battute
a cappella: è in questione il “Reinmenschliches”, il puramente umano: la paura di LEP di essere
ucciso al posto di DG. Passaggio a cappella (con le voci che entrano a canone in stile vocale sacro)
in mezzo a un concertato d'opera buffa= dialettica dei generi musicali cara a Mozart.

N. 8 Aria di Don Ottavio “Il mio tesoro intanto”, con cui affida DA a DE, MAS e ZER. Aria di
vecchio tipo perché contiene un affetto solo, quindi è statica. Quest'aria è stata soppressa
nell'esecuzione viennese e sostituita con quella del primo atto “Dalla sua pace” perché il tenore
viennese la trovava troppo difficile per le lunghe tenute di fiato. È un'aria doppia: A-A-B-B.
Segue aria di DE “Mi tradì quell'alma ingrata”, scritta per il grande soprano Caterina Cavalieri per
l'edizione viennese e preceduta dal recitativo accompagnato “In quali eccessi o numi”. Alla fine di
questo recitativo c'è una dissonanza fortissima di seconda minore tra la parte dei bassi (do naturale)
e il do diesis dei violini: questo è un segno di grande tragicità. L'aria “Mi tradì quell'alma ingrata”,
come altre arie di questa parte dell'opera, viene spesso spostata di posto ma il posto giusto è qui
perché prepara ultimo tentativo disperato di DE di far cambiar vita a DG, alla fine. DE capisce che
non riavrà più DG e quindi non lotta più per averlo ma per salvarlo. DE prende coscienza
dell'abisso in cui sta precipitando DG. “Mi tradì quell'alma ingrata” è un'aria-rondò, con tre riprese
dell'aria principale, ogni volta che ritornano le parole iniziali dell'aria stessa.

Scena del cimitero: l'opera ritrova la sua spina dorsale (e la guida dell'opera di Gazzaniga e Bertati).
Recitativo di DG e LEP durante il quale DG si vanta di aver sedotto la “moglie” di LEP. Statua del
COMM: “Di rider finirai pria dell'aurora”. La declamazione della Statua insiste sulla stessa nota,
citando lo stile di Gluck nell'Alceste (Mozart l'aveva già fatto nell'Idomeneo). Declamazione sulla
stessa nota = caratterizzazione del sovrannaturale. DG non si spaventa e oltraggia la statua del
COMM invitandolo a cena, o meglio facendolo invitare da un terrorizzato LEP. Canto
accompagnato del COMM (“Ribaldo, audace, lascia a' morti la pace”) all'interno del recitativo
secco di DG e LEP: eccezionale soluzione musicale per rendere la drammaticità del momento.

Ultima aria di DA, che non compare più. Era necessaria per far cantare alla prima donna un'ultima
aria ma purtroppo spezza il flusso drammatico.

Cena a casa di DG. Tutto questo finale è un eccezionale saggio di musica drammatica, nel quale non
si riconoscono più né forme chiuse né recitativo, ma c'è la perfetta adeguazione della musica alla
azione scenica. C'è un'orchestrina sulla scena (cioè a casa di DG). Parte una serie di citazioni e
autocitazioni. Prima citazione: tempo 6/8, dall'opera Cosa rara di Martin y Soler, un compositore
amico di Mozart per il quale Da Ponte stava scrivendo un libretto contemporaneamente a quello del
Don Giovanni. DG esclama: “Bravi, cosa rara!”. Segue citazione in ¾ da I due litiganti di Giuseppe
Sarti e DG “Evvivano i litiganti!”. Terza citazione dalle Nozze di Figaro “Non più andrai farfallone
amoroso”, quasi una profezia. LEP ruba un pezzo di fagiano del padrone. Allegria di padrone e
servo.
Irrompe DE agitatissima. Canto sillabico, spezzato, quasi un grido. Vorrebbe far cambiare vita a
DG, che la prende in giro (“Brava!”). DG ribadisce i suoi valori: il buon vino e le “femmine”. DE
uscendo grida perché ha visto il COMM, e grida anche LEP, mandato ad aprire la porta, visto che
qualcuno bussa.

Scena 15: si fa avanti la musica che abbiamo ascoltato nell'ouverture, che infatti è stata tratta da qui
all'ultimo momento (forse addirittura la sera prima della “prima”). Il COMM appare su un accordo
di settima diminuita, lo stesso sul quale è caduto all'inizio dell'opera. Qui si aggiungono tre
tromboni: da sempre, nel melodramma, i tromboni sono i significanti delle potenze infernali.
L'orchestra riprende il ritmo trocaico (ritmo puntato) che è il significante del COMM. DG ordina a
LEP di portare un'altra cena per il COMM. Ribatte la Statua: “Non si pasce di cibo mortale / chi si
pasce di cibo celeste”. Le note cantate dal COMM su queste parole, con altre tre in orchestra,
formano una serie di dodici suoni che gravitano sulla tonica di re minore. Darius Milhaud ha scritto
a Luigi Dallapiccola che questa è la prima serie dedecafonica della storia.
LEP canta solo terzine (“La terzana d'avere mi sembra”) nello stile dell'opera buffa, che
contrappunta lo stile alto e solenne degli altri due. Viene ora un passo celeberrimo che Dallapiccola
ha definito “Il primo esempio di scrittura espressionista nel teatro d'opera”. Il COMM intima a DG
“Risolvi!” su tre note: fa, re naturale una sesta più su, e si naturale basso, una decima più sotto.
Attraverso questi salti Mozart vuole comunicare tensione estrema. “Dammi la mano in pegno” del
COMM sul suo tipico ritmo trocaico. Qui comincia il Più stretto, dove i dialogo diventa un botta e
risposta violentissimo tra la Statua e DG: “Pentiti!” del COMM, “NO!”, ripetuto tre volte di DG. “A
torto di viltate tacciato mai sarò. Ho fermo il cuore in petto, non ho timor, verrò”. La statua esce su
una linea di sei note lunghe decrescenti in re minore (“Ah tempo più non ho”).

Allegro: le fiamme dell'inferno circondano DG. Voci del coro maschile di gluckiana solennità.
Esclamazioni disperate di DG che brucia.

Scena ultima: grande concertato finale. Tutti dicono quello che faranno ora che DG è andato
all'inferno. Finale convenzionale ma necessario. A volte viene tagliato. Moralità sempliciotta: “E'
dei perfidi la morte / Alla vita sempre ugual”. Sulla parla “morte” le voci restano appese per quattro
battute a una nota lunghissima sulla prima sillaba di “Morte”: è un accordo tenuto in cui la triade di
re maggiore, cui si aggiunge il do naturale, diventa la settima di dominante di sol maggiore verso
cui si sta modulando. Senso di smarrimento e di rimpianto dei sopravvissuti: penseranno per sempre
a DG.

Lettura dell'opera di Roman Vlad e quattro interpretazioni critiche:


Kierkegaard, Niola, Guccini, Liszt

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