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Meer Antonia Erica, VBLL

Il 900
(libro). Nell’ultimo quarto dell’ottocento la scienza e la tecnica continuano i loro
sviluppi. La rapida espansione dell’industria è alla base della prima crisi economica
nell’età contemporanea, la cosiddetta grande depressione (1873-1896) causata dal
fenomeno della sovrapproduzione industriale. La visione del mondo quindi cambiava
così radicalmente da proporre agli artisti. Contemporaneamente, il diffondersi della
fotografia contribuì ad accentuare la crisi di identità della pittura. In questo stesso
periodo dell’arte impressionista volge al tramonto.
Ci accorgeremo che l’arte comincerà a cambiare. Ci allontaneremo dalla visione
puramente reale, dalla visione della realtà, cioè che se, ad esempio, confrontiamo un
lavoro del neoclassicismo, o Canova o Courbet con gli artisti del 900 (come Klimt),
vedremo che c’è una diversità di rappresentazione. Munch il grido, è molto lontano
dal reale, anche se per raccontare l’opera parte da un’esperienza personale, quella di
aver vissuto personalmente l’esperienza stessa, di aver sentito quelle sensazioni di
disagio.
L’arte è espressione della realtà.
Nel 900, la città si trasforma. Si trasforma anche l’animo umano che diviene sempre
più isolato. Freud cerca di capire la mente umana.
TUTTO Ciò INFLUISCE SULL’ARTE.

In questo periodo, dal punto di vista artistico, entra in gioco un qualcosa che aiuterà a
spronare gli artisti a creare qualcosa di nuovo. La fotografia utilizzata per reportage
di guerra, era una documentazione. Poi utilizzata per fare ritratti. Già Degas la
utilizzerà. Diventerà essa stessa un’arte.

Dopo l’impressionismo, in questo clima nuovo, gli artisti si pongono una domanda:
cosa fare?? Seguire le teorie scientifiche oppure rappresentare un mondo interiore??
-Gauguin, Van Gogh (interiore), Signac e Seurat (scientifico)-
Utilizzano temi sempre impressionisti: momenti all’area aperta.
Teorizzano l’utilizzo di un colore primario accostato al suo complementare. C’era un
chimico Chevreul (forse inventore mayonese), dice che se noi accostiamo 2 colori
complementari. Accostano colori attraverso puntini.

PUNTINISMO. Nasce con Seurat e Signac.


Non mischiano i colori, li accostano perché l’immagine si formerà poi nel nostro
occhio, dicono. I personaggi risulteranno bloccati, atmosfera sospesa, i personaggi
non hanno volume. (Piero della Francesca).
Mentre in questo c’era volume, in Seurat e Signac non c’è volume.
Come se i personaggi fossero piatti.

SEURAT G. pag115
1886- data importante. Avviene la scelta degli artisti di andare verso qualcosa di
intimo o scientifico. L’ultima mostra. Non parteciperanno impressionisti importanti,
ma i giovani (Signac, Gauguin, Van Gogh….). il problema del puntinismo era quello
degli impressionisti: rappresentare sempre la LUCE.
Per ottenerla bisogna accostare colori complementari: contrasto simultaneo, è la
teoria che applicò Seurat, partendo dall’idea che ciascun colore influenza la visione
del colore vicino.

LE BAGNANTI e UNA DOMENICA POMERIGGIO… pag117-8


2 temi impressionisti.
Signori seduti a riva della senna, si godono momenti di tranquillità, bella giornata di
sole. Ombre molto lunghe. Linea d’orizzonte molto alta.
Non ci sono particolari, vediamo tutto l’insieme. Tutto con puntini.
Nel dipinto compare la fatica del lavoro, rappresentata dal ponte ferroviario sullo
sfondo e dalle ciminiere fumanti: in riva, in primo piano, si riposano i lavoratori,
alcuni immersi con i piedi in acqua e altri completamente. Una luce meridiana, quasi
abbagliante, illumina i cinque protagonisti in primo piano. Questa è una
composizione calibrata, che l’autore concepisce pezzo a pezzo, eseguendo schizzi a
olio e disegni per ogni figura, poi montata insieme alle altre. Il quadro fu rifiutato
dalla giuria del Salon e il pubblico mostrò di non comprendere la rappresentazione di
figure tutte di profilo, senza relazioni tra loro.

Tutto studiato scientificamente nella seconda opera.


Il dipinto fu esposto all’ultima mostra degli impressionisti nel 1886 e fu l’opera più
vista. Le figure sono collocate a coppie, in gruppi di tre, disposte di spalle o di
profilo. Nella composizione vi è ironia, che allude a una società eccessivamente
formale: tutti sono imprigionati in abiti rigidi, in una scena sul tempo libero. La
composizione fu realizzata in studio, ma una raccolta di disegni testimonia che furono
studiati con sopralluoghi dal vero.
Vi sono molte linee orizzontali (alberi, persone in piedi), oblique (ombre), e curve. Il
centro, è occupato dalle uniche due figure in posizione frontale.
La bambina è l’unica che guarda colui che dipinge.
Studio della composizione (sezione aurea. Sezione divisa in 3 parti).
A destra signora con scimmia, la seconda quella centrale e la terza, personaggio
sdraiato. In proporzione tra loro.
Tema impressionista, dove abbiamo signore alzate e sedute.
In 1 piano abbiamo signora di profilo. Forme semplificate, senza particolari.
Persone o DI PROFILO O DI FACCIA. Atmosfera sospesa. Vestita alla maniera del
tempo. (cuscino dietro sedere). Sospese cioè non compiono l’azione.
C’è spazialità. In lontananza alberi. Bella giornata di sole. Luce da sinistra.
CÉZANNE
Si discosta da quello che era il gruppo di Monet e altri… perché la sua pittura rispetto
allo spazio, ha considerazioni diverse. Noi dicemmo che per gli impressionisti, la
realtà non poteva essere racchiusa in struttura geometrica. Cézanne utilizza procedure
per rappresentare spazio in maniera definita.
Studia all’accademia, quindi ha una preparazione accademica. È un personaggio
particolare, cioè è ipocondriaco, piace stare da solo, i soggetti sono la campagna e
natura morta, spesso vista con un punto di vista particolare.
Un’opera dove possiamo capire lo spazio, è

La casa dell’impiccato: pag118


Opera che risale al ’73, viene presentata alla prima mostra degli impressionisti.
Paesaggio campestre, senza abitanti, senza ombre e fatto di pochi colori (ocra, avorio,
verde, azzurro). In primo piano c’è la strada, c’è un varco a V, attraverso il quale
vediamo paesaggio che si sviluppa dietro. Linea orizzonte alta. Da un lato, a sinistra,
c’è un albero e dietro questo, c’è una casa. Dall’altro lato c’è la montagna, con altre
case sullo sfondo.
Lo spazio di Cezanne è uno spazio molto diverso, spazio definito. Anche gli oggetti,
cose, sono ben visibili. Tutto rientra in una costruzione della composizione.
Costruzione geometrica sia di oggetti, sia rappresentazione.
Non abbiamo persone, è solo un paese semplice, dove la campagna è l’unico
soggetto.

I giocatori di carte pag121


L’idea di Cezanne, era quella che tutta la realtà può essere ridotto a forme
geometriche.
L’interesse non è rivolto al mondo contadino, bensì alla logica del gioco (pittura
mentale).
Rappresentazione: 2 personaggi, contadini, si incontrano in un caffè, in una sala,
dove era possibile giocare a carte. I 2 si trovano uno di fronte all’altro, poggiano mani
sul tavolo, dove le braccia ci incontrano in un punto centrale della composizione, cioè
la bottiglia.
Dietro c’è una sorta di struttura di legno, dietro forse è uno specchio/finestra.
Quello di sinistra, ha la schiena appoggiata alla sedia; il braccio superiore è un
cilindro, lo stesso lo sono il corpo, il cappello… tutto riconducibile a una forma
geometrica. L’altro non è rigidamente strutturato. È posto in avanti, braccia sempre
geometriche. Tavolo, sembra traballare. La tovaglia anche. Il dipinto appare costituito
da variazioni su abbassamenti di tono di tre colori: giallo, rosso, blu.
In basso schema composizione. Lo spazio è costruito su una griglia di orizzontali e
verticali.
In questo schema si inseriscono le diagonali incrociate. Tutta basata su linee verticali,
orizzontali. Triangolo nella creazione della posizione delle braccia. Sembra tutto
sbilanciato, che stia tutto per cadere.
Donna con caffettiera pag120.
Risale al 1895.
Donna, ridotta a forme geometriche, in primo piano, seduta vicino al tavolo su cui c’è
la caffettiera e tazza. La donna sembra una piccola montagna blu, solida, il corpetto è
un esagono, figura poligonale, piantata in mezzo alla stanza con l’espressione ruvida
di una donna del sud. Sul grembo spiccano le mani di un colore terroso che contrasta
con l’azzurro.
Dietro c’è porta, geometria. Cezanne rappresenta madame Cezanne, la moglie
dell’artista.
La tovaglia non scende in maniera morbida, ma rigida.

Natura morta con mele e arance pag119


Siamo nel 1899, Cezanne ha 60 anni.
Visione particolare. Alcune cose viste dall’alto come il piattino, l’alzatina
frontalmente. La tovaglia bianca e sgualcita con cura, crea motivi geometrici molto
strutturati. (anche con Degas nella tavolozza). La natura morta è disposta in obliquo
rispetto al piano dipinto. Questo espediente rende il dipinto più dinamico.
L’inquadratura, poi, lascia fuori alcune parti dei teli, riservando al centro la frutta
dipinta. Quasi perfettamente al centro delle diagonali si trova la mela isolata, dipinta
sulla destra del piatto.

VAN GOGH
È un autodidatta. Van Gogh è uno dei miti della storia dell’arte. Nacque nel 1853 in
Olanda, e morì suicida a 37 anni, si era accostato alla pittura solo 10 anni prima
perché fino ad allora aveva svolto diversi temporanei (come andare nelle miniere a
predicare, col padre). Partito dal suo villaggio olandese, trovò impiego nella
stamperia d’arte a Londra. Soffrì di crisi depressive, alternate dal desiderio di
esprimersi: la sua pittura racconta lo squilibrio delle sue emozioni.
Anche guardando altri artisti. Dipinge per sua necessità.

Primo lavoro:
Mangiatori di patate (1885).
Racconta di una famiglia di contadini (2 coppie e una bambina di profilo) che si
ritrovano attorno alla mensa serale, mangiano il prodotto del loro lavoro. Cena
misera: patate. L’ambiente che rappresenta la povertà e la durezza del lavoro nei
campi.
Tetto di legno, illumina l’abitazione solo la lampada a olio al centro del tavolo.
Volti imbruttiti. Artista a cui si ispira è Millet.
Si sposta, 1886, a Parigi, incontra gli impressionisti. All’ultima mostra partecipa.
Il suo lavoro si concentra il 10 anni.

Gli autoritratti pag125


La pittura è più diversa. È fatta da virgole. Assimila pittura di impressionismo
(pennellata leggera) e puntinismo, ma elabora questa pittura. La trasforma, appunto,
in virgole. La genialità è appunto questa tecnica. La pittura rappresenta il suo stato
d’animo.
Nella sequenza di questi autoritratti, l’artista si manifesta come un individuo dalla
personalità multipla. La stesura pittorica cambia ogni volta.

Chiesa di Auvers-sur-Oise pag 127.


Risale al 1890. Il blu domina la scena. Al centro del dipinto domina l’edificio della
chiesa. In basso, il terreno è coperto da una fitta vegetazione illuminata dal sole. A
partire dal bordo inferiore del dipinto divergono due stradine che corrono ai lati
opposti della chiesa.
Sulla strada di sinistra cammina una contadina. Sembra un po’ intimorita e si tiene in
disparte dal grande edificio sacro. In questo dipinto Vincent Van Gogh abbandonò
l’idea di dipingere oggetti con una massa identificabile. Infatti l’immagine della
Chiesa è un po’ deformata. L’edificio, sembra oscillare. Nell’insieme, l’aspetto
risulta inquietante anche a causa dei colori violenti e contrastanti.

Autoritratti pag125
Gli autoritratti di Van Gogh sono la rappresentazione del modo in cui l’artista
concepisce il suo ruolo: un personaggio non integrato nella società, ma proprio per
questo capace di vedere oltre i confini comuni, come una guida per la società stessa
che lo esclude. I suoi ritratti diventano fotografie dei suoi stati d’animo, documentano
le diverse fasi emotive della sua esistenza.

Autoritratto 1889
In questo dipinto, un olio su tela realizzato nel 1889, un anno prima della sua
morte, Van Gogh indossa una giacca azzurra e posa davanti ad uno sfondo turchese, i
cui le virgole sembrano in continuo movimento e in contrasto con la posizione
immobile del pittore. I colori azzurro e turchese sono ovunque e si pongono in vivo
contrasto con l’arancione dei capelli e della barba. Lo sguardo accentuato dal
colore verde degli occhi e i lineamenti del volto sembrano mostrare un Van
Gogh triste e irato, già profondamente segnato dalla pazzia.

Autoritratto con l’orecchio bendato e pipa


Van Gogh aveva in mente di creare una cooperativa di pittori. Fitta una casa gialla
per invitare i pittori, questa casa sarà rappresentata in uno dei suoi più importanti
quadri. Tra questi pittori fu invitato anche Gauguin, che era un conoscente del fratello
Theo. Gauguin ordinava quadri da quest’ultimo. Attraverso il fratello, Van Gogh
conobbe questo artista con una personalità diversa dalla sua: Gauguin era pieno di se,
Van Gogh, al contrario, aveva una personalità fragile ed emotiva. La convivenza tra i
due non andò a buon fine, e Gauguin andò via. Per la rabbia, Van Gogh si mozza
l’orecchio. Da quel momento, la salute di Van Gogh peggiora, diventa sempre più
critica, si indebolisce ed è costretto ad andare in una casa di cura per rimettersi
mentalmente e fisicamente. In questa casa realizza molti quadri. Tra questi, dipinge
se stesso senza orecchio. L’Autoritratto è stato realizzato davanti a uno specchio.
Lo rivela il fatto che la fasciatura si trovi all’orecchio destro, anziché al sinistro,
quello che in realtà l’artista si era mutilato.
Vincent van Gogh si raffigura di tre quarti, l’espressione del viso è tesa, in bocca ha
l’amata pipa. Il fumo della pipa costruisce cerchi, onde e segni che trasmettono un
senso di movimento e di energia.
Il colore è steso a pennellate distinte in piccole aree vicine l’una all’altra: ciò
conferisce all’immagine un aspetto vibrante. Gli occhi sono iniettati di sangue,
rivelando il suo stato d’animo depresso e tormentato: è il primo sintomo della
malattia mentale che lo porterà al suicidio.
La carica drammatica del ritratto è accentuata dall’uso dei colori complementari, dal
cappello blu sullo sfondo arancio e dal vestito verde sul fondo rosso.

La camera da letto pag126


Quando parliamo della tela che ritrae la camera di Van Gogh, ci riferiamo quasi
sempre alla versione conservata ad Amsterdam.
Devi sapere però, che Van Gogh dipinse altre due copie, (molto simili) di questo
soggetto nel 1889: una si trova all’Art Institute di Chicago, mentre l’altra si trova al
Musée d’Orsay. Quando Van Gogh dipinse la prima versione della sua camera ad
Arles, era il 1888; qualche tempo dopo, Vincent venne ricoverato nell’ospedale della
stessa città, e mentre si trovava lì, ci fu un terribile alluvione che danneggiò la tela.
Non potendo riparare il proprio disegno, il pittore decise di realizzare altre due copie,
di cui, quella di Chicago è più o meno della stessa dimensione, mentre quella al
Musée d’Orsay è più piccola. Le tonalità sono molto chiare e pulite, e non c’è
nemmeno un colore più acceso, come se nella stanza regnasse la pace. Van Gogh è
riuscito ad ottenere questo particolare effetto utilizzando i colori primari (rosso e
verde) accostandoli ai colori complementari, ottenendo dei bellissimi risultati come
il rosso scarlatto per la coperta del letto, il verde per i vetri della finestra ed un verde
pallido per i cuscini fino al blu della caraffa sul tavolino ed il lilla per le mura.
La composizione è formata da linee rette, riuscendo ad eliminare questa scomoda
prospettiva, che dà la sensazione di instabilità.

Campo di grano con corvi pag127


Molto probabilmente, questa tela è stata realizzata nel mese di luglio del 1890,
proprio nelle ultime settimane di vita del pittore.
Secondo alcuni critici si tratterebbe dell’ultimo quadro dell’artista, che lo avrebbe
realizzato come preannuncio del suo suicidio o come ideale lettera di addio. La tela
non è, quindi, il “biglietto del suicida”. È comunque la più efficace rappresentazione
del dramma interiore che lacerava il pittore in quei giorni, quando più che mai si
sentiva solo e sfinito. Van Gogh la dipinse riversandovi tutta la disperazione, la
rabbia e persino il rancore che lo tormentavano. Un campo di grano giallissimo,
tagliato da tre viottoli che vanno in direzioni diverse, appare scosso dal vento, come
un mare agitato; uno stormo di corvi neri, resi con semplici linee nere zigzaganti, si
leva in un basso volo scomposto, come di avvoltoi che planano verso un cadavere.
Una tempesta, quasi presaga di lutto, incombe su questo paesaggio, anticipata da
nubi nere e minacciose.

PAUL GAUGUIN
Paul Gauguin nasce a Parigi nel 1848 ma cresce in Peru', nel 1872 torna a Parigi,
dove diventa amico di Van Gogh. Questa amicizia pero,' avra' vita breve, il padre era
un giornalista repubblicano pertanto quando cade la repubblica e' costretto a
scappare… Si reca in Bretagna e poi in Polinesia dove morira' nel 1903; per quanto
riguarda il suo operato, egli era autodidatta, inizia a lavorare a 35 anni data la sua vita
tormentata e dominata dalla poverta' ma nonostante questo e' pieno di se e decide di
non seguire nessuna scuola d'arte perche' per lui l'arte impressionista doveva essere
superata in quanto troppo legata alla natura e bisognava invece rappresentare il
mondo interiore e per farlo egli usa il colore il quale doveva essere intenso. Nel 1886
partecipa all'ultima mostra degli impressionisti ma la sua pittura si diversificava
molto da quest'ultimi, sappiamo infatti che a quel tempo c'erano due vie da seguire:
quella scientifica dove si studiava la teoria del colore con autori come Seurat e Signac
e poi c'era quella dove si seguivano le proprie sensazioni e il proprio istinto con
autori come Gauguin. Con la voglia di trovare ispirazione tra i luoghi incontaminati si
reca in Bretagna dove ha inizio il periodo Bretone in cui si senti' molto influenzato
dai simbolisti: egli pero' intendeva rappresentare il pensiero influenzato dai
simbolisti: egli pero' intendeva rappresentare il pensiero senza parole ma solamente
attraverso l'immagine ed il colore, a differenza dei simbolisti.

La visione del Sermone


Quest'opera contiene tutti gli elementi della poetica di Gauguin, egli vuole
rappresentare cio' che provava la gente nel credere di assistere alla lotta fra Giacobbe
e L'Angelo dopo aver ascoltato il sermone. L'albero crea un arco che divide in modo
simbolico la realta' dall'immaginazione con due prospettive e due colori diversi.
Questi sono complementari: rosso-verde e nero-bianco (come i vestiti delle donne).
Inoltre non c'e' una prospettiva infatti le sagome dei corpi sono piatte e le forme sono
aree di colore astratto (come il prato rosso).
Due dimensioni: quella reale delle persone che assistono al combattimento e quella
immaginaria delle lotta di Giacobbe, quest'ultimo e' un personaggio biblico che lotta
contro le avversita' e per dipingere la lotta il pittore si ispira a diverse opere tra cui:
quella di Hokusai che presenta una scena di lotta tra due lottatori di sumo, ma anche
"La lotta di Giacobbe e l'Angelo nella chiesa di Saint- Sulpice" di Delacroix.

Il Cristo giallo
Opera che presenta una novita' nel tema. Ambientato in campagna il cristo occupa
tutta l'immagine,sotto la croce ci sono le 3 Maria della tradizione Cristiana che hanno
le sembianze di 3 donne bretoni qualsiasi. Il colore dominante e' il giallo il
quale,insieme agli altri colori,e' applicato a campiture piatte pertanto non c'e' chiaro
scuro e quindi nemmeno volume. La linea d'orizzonte e' molto alta infatti riusciamo a
vedere bene la campagna; l'opera esprime la liberta' di espressione e quindi un
antinaturalismo.

DOVE VENIAMO, CHI SIAMO, DOVE ANDIAMO


L'opera piu' bella di Gauguin, dipinta dopo aver avuto la notizia della morte della
figlia e dopo aver tentato il suicidio. Ci troviamo all'interno di un ambiente naturale e
idealizzato, vi sono dodici figure umane e numerosi animali. A partire da destra in
basso un bambino di pochi anni dorme tranquillo sull'erba. Accanto a lui poi tre
giovani donne sedute sorvegliano il suo sonno. Due di loro guardano centralmente
verso lo spettatore mentre la terza è seduta di schiena con il volto di profilo. Dietro il
gruppo, verso il centro due figure femminili in ombra che avanzano, indossano
lunghe tuniche e sembrano uscire da un antro buio. Quasi al centro un giovane
polinesiano in piedi accoglie dei frutti, indossa solo un panno intorno ai fianchi e ha
le mani alzate verso i rami in alto. Verso sinistra un ragazzo seduto a terra di profilo
addenta un frutto. Accanto a lui infine giocano due gatti e una capra seduta e
tranquilla. In prossimità dell'angolo di sinistra è seduta una giovane con il corpo
coperto solo da un panno stretto intorno ai fianchi. È rivolta verso una donna molto
anziana seduta e raccolta. Ha le mani strette intorno al volto e gli occhi chiusi. Ai
suoi piedi un uccello bianco trattiene una lucertola tra le zampe. Una donna infine è
raffigurata in secondo piano in piedi e di profilo, alla sua sinistra si trova una grande
statua di un idolo. ll terreno presenta parte di una vegetazione e dei piccoli animali.
Sul fondo si intravede la superficie del mare e a sinistra una grande isola montuosa. Il
tutto viene dipinto come un Eden e l'opera non e' altro che su quella che e' la vita. una
meditazione

La vita di Gauguin è improntata come abbiamo visto sul viaggio. Lui si trasferì in
isole contaminate dove realizza opere il cui soggetto e la figura femminile. Questa
figura era diversa dall’idea di bellezza occidentale. È una fanciulla che si presenta
nuda, canone che in Occidente non c’era. Gli sfondi delle opere dove sono
rappresentate sono paesaggi incontaminati.

Orana Maria pag133


La Orana Maria fu dipinta da Paul Gauguin appena giunto a Tahiti (1891).
Una giovane donna tahitiana è in piedi sulla destra e porta sulle spalle un bambino.
Intorno al capo di entrambe è posta una sottile aureola dorata. La donna sorride e
guarda verso l’osservatore dell’opera. Indossa un ampio pareo decorato color rosso
mentre il bambino è nudo e si abbandona poggiando il capo su quello della madre.
In primo piano su di un tavolo, è posata molta frutta esotica. In secondo piano invece
due giovani sono rivolte verso la donna e pregano con le mani giunte oppure fanno un
semplice saluto. A sinistra poi un angelo dalle ali azzurre e gialle sembra guidarle.
Oltre le figure, verso lo sfondo si sviluppa un paesaggio tahitiano. Si vedono alberi
fioriti e cespugli e pare un paradiso tropicale. A destra infine si intravedono alcune
capanne tra le palme, alte mentre in alto le montagne nascondono la vista del cielo.
Abbiamo dunque due rappresentazioni del Vangelo: l’annunciazione e l’adorazione
dei Magi. Tecnica: figure piatte, circondate da linea marcata che gli stacca dal fondo,
troviamo il chiaroscuro.

HENRI DE TOULOUSE-LAUTREC pag136


Nasce nel 1864. Fu un artista eccentrico, non era povero ma proveniva da una
famiglia nobiliare, discendente da Carlo Magno. Per lui i genitori riservarono una
carriera diversa da quella che poi intraprese. Per via di varie situazioni familiari,
come il divorzio tra i suoi genitori, resta con la madre, che lo accontenta nella sua
scelta. Dopo una caduta egli riportò una malattia il problema alle ossa, queste infatti
non gli crescevano. Nonostante la buona situazione economica, Toulouse,
frequentava sempre bordelli, caffè, bar. Muore giovanissimo, a 37 anni per sifilide e
alcol. Egli fu un grande disegnatore. Tratti pittura: energico, immediato.

Au moulin rouge pag136


Il dipinto che risale al 1892, è una sorta di istantanea sulla Parigi notturna. I clienti si
sedevano ai tavolini riposando e discorrendo. Da questa comoda posizione potevano
osservare gli altri clienti e commentare la serata. Quello rappresentato, probabilmente
è il locale che frequentava il nostro pittore. Infatti l’artista aveva un tavolo a lui
riservato sul quale disegnava e dipingeva, non solo, lui assisteva anche al ballo del
can can. Infatti lo vediamo anche rappresentato sullo sfondo del dipinto, l’uomo con
il cilindro sul capo e la giacca nera.
Sulla destra, con il volto illuminato di colore verde e capelli gialli, compare May
Milton una cantante inglese. In fondo alla sala sulla destra, vi è la star che si pettina
davanti ad uno specchio e una donna accanto ad essa che con le mani nei fianchi lo
serva. Inoltre vediamo dei personaggi seduti ad un tavolo: una donna di spalle con i
capelli arancioni, una donna abbastanza anziana e tre uomini con il cilindro, vestiti di
nero.

Henri fu un grande fumettista, uno che realizzò ma che anticipò anche i manifesti
pubblicitari. (pagina 36) in basso realizza il manifesto in maniera anche ironica.
Nella scena dipinta, si vede la cantante sul palco. La testa della donna si trova, però,
fuori dal bordo del dipinto, in alto a sinistra. Le sue mani sono coperte da lunghi
guanti neri che la rendono immediatamente riconoscibile ai suoi contemporanei.
La giovane donne seduta in primo piano è, invece, la soubrette del Cafè di Parigi.
La cantante indossa un elegante abito nero che esalta la sua linea slanciata.
Inoltre, il cappello alla moda, anch’esso nero, mette in evidenza il colore arancione
dei suoi capelli. In mano, la giovane, stringe, poi, un ventaglio che dona un certo
fascino al suo personaggio. Davanti a lei una coppa di champagne indica il carattere
disinvolto e mondano della donna. Toulouse-Lautrec ha dipinto il volto della
soubrette con un’espressione provocante e decisa, consapevole del proprio charme.
Alla destra della donna c’è il compagno, vestito in modo formale. Porta una lunga
barba bionda come i capelli. Prima del palcoscenico vi sono rappresentate le parti
superiori di alcuni strumenti come per indicare che in quel luogo le persone si
sarebbero divertite ballando o ascoltando buona musica. LITOGRAFIA: stampe che
si ottengono stampando sul metallo.

Secondo manifesto, pag137, in alto.


L’artista dipinge in primo piano una sagoma di un uomo molto magro, quasi come se
non avesse le ossa, scavato in viso. In fondo alla sala vi sono i personaggi anche qui
sotto forma di sagome nere che assistono al ballo della donna bionda, al centro della
sala, che ha una gonna molto ampia di colore bianco e una camicetta rossa.

HENRI ROUSSEAU pag138


Detto anche il doganiere, perché questa era la sua mansione, il suo mestiere.
Abbandona gli studi e viene rinchiuso anche in orfanotrofio, per via di un furto
commesso. Ci fu la guerra in. Prussia e lui si arruola. Dopo, torna a Parigi e si dedica
alla pittura. Si tratta di un artista naif, dedito alla pittura spontanea, ingenua,
primitiva. Era un autodidatta, non frequentò mai scuole artistiche.
Tutto ciò che rappresenta lo assimila grazie alla sua fantasia e alla sua capacità
rappresentativa. Il pittore rappresenta quasi sempre giungle o foreste. Non ha mai
viaggiato, ma guardava solo delle stampe. In un primo momento, la sua pittura non
viene accettata perché non mi è prospettiva e le immagini sono sospese.

La zingara addormentata pag138


Opera che risale al 1897. Nel dipinto, viene raffigurata in primo piano una zingara
dalla pelle scurissima, vestita con un abito lungo e colorato, che dorme al chiaro di
Luna, con in mano un bastone e con a fianco una giara per l’acqua ed un mandolino,
mentre un leone lentamente le si avvicina, ma senza aggredirla. L’ambientazione è
surreale, con il cielo che assume una colorazione blu intensa ed astratta. Da sfondo
troviamo un deserto completamente arido, rappresentato al chiaro di Luna, che rende
il contesto magico. Composizione organizzata su un piano orizzontale: montagne,
mare, terreno, criniera e coda del leone, vestito della donna. Possiamo immaginare il
luogo, ma non identificarlo.
Il sogno pag138
Opera che risale al 1910. Si intravede, in primo piano, una donna nuda, che giace su
un divano rosso, col corpo rivolto verso l’osservatore, mentre il suo volto, ritratto di
profilo, guarda alla sua sinistra, sognando di essere trasportata in un paesaggio
tropicale, al suono di un incantatore di serpenti che è posto al centro dell’opera.
Attorno, la donna è circondata da piante, fiori, belve feroci, dall’incantatore di
serpenti e dal serpente. Da sfondo, il paesaggio della giungla e la luna che illumina il
paesaggio circostante.
Nel dipinto possiamo ammirare personaggi dall’aspetto fiabesco come scimmie,
uccelli esotici, un elefante, un leone, una leonessa, immersi in un’atmosfera surreale e
al contempo stesso misteriosa. Le forme sono piatte e aguzze.
La guerra
L’opera risale al 1894. Il dipinto vuole esprimere il rifiuto di ogni forma di violenza.
Al centro dell’opera, possiamo ammirare una donna armata, brutta e selvaggia, che
tiene in mano una spada e una fiaccola e che cavalca con impeto un cavallo.
Nella parte inferiore dell’opera, vengono riprodotti tutti gli effetti devastanti della
guerra. Ciò lo si deduce dagli innumerevoli cadaveri, con i corvi che se ne cibano e
dalla visione di alberi spogli ed i rami spezzati, che danno vita ad un panorama di
desolazione che allude inequivocabilmente alla morte. L’artista utilizza colori che
richiamano al dramma: infatti, il verde, simbolo della speranza, è del tutto assente e
dominano, invece, le tonalità del nero e del rosso, colori rispettivamente del lutto e
del sangue. Nell’opera, a diminuire la drammaticità della guerra, solo l’uso del colore
rosa per disegnare le nuvole e dell’azzurro sgargiante a colorare il cielo.
La struttura è piramidale: alla base, troviamo i cadaveri e via via altri soggetti sino ad
arrivare alla donna che è rappresentata al vertice della composizione.

IL SIMBOLISMO pag143
Il simbolismo è un movimento artistico e culturale che nasce in Francia nella seconda
metà dell’Ottocento coinvolgendo arti figurative, poesia e musica. La sua data di
nascita ufficiale è il 18 settembre 1886. Il Simbolismo nasce in contrapposizione al
realismo, con l’obiettivo di penetrare al di là delle apparenze del reale: per gli
artisti simbolisti la realtà autentica non va individuata nell’esistenza oggettiva delle
cose, ma nelle idee. Il Simbolismo vede affermarsi temi legati alla religione,
alla mitologia, al sogno e l’eroismo.

GUSTAVE MOREAU pag143


Pittore simbolista francese, nasce nel 1826 a Parigi e muore nel 1898.
Fu precursore ed anticipatore del movimento simbolista, testimone della cultura
decadente nella sua vita così come nelle opere, e si dedicò allo spirito e alla
rappresentazione degli aspetti più oscuri e sconosciuti dell’animo umano con colori
vivi e chiaroscuri dorati, dal forte impatto visivo e cromatico.
Le diverse tematiche come il mito classico, la Bibbia, la cultura cristiana, la
spiritualità orientale, furono rappresentate con cura maniacale. Ogni opera era infatti
preceduta da numerosi schizzi a matita, oppure ripetuta più volte in maniera
ossessiva, con piccole variazioni. In Moreau la mitologia, in particolare, ebbe un
ruolo determinante, in quanto unica via per svelare l’inesprimibile.

ORFEO
Gustave Moreau in questo dipinto (1865) interpreta il mito classico di Orfeo.
In letteratura fu descritto in antichità da Ovidio. L’abilità canora e musicale di Orfeo
aveva permesso al protagonista di piegare al suo volere le bestie feroci del regno dei
morti. Dopo la morte dell’amata Euridice si esibì ammaliando le Menadi.
Orfeo però si rifiutò di cedere alle loro lusinghe. Per questo le Menadi si vendicarono
sbranandolo e gettando i suoi resti nel fiume Ebro.
Gustave Moreau interpretò il mito aggiungendo un epilogo alla morte di Orfeo.
(Nella tradizione, Le Menadi smembrarono il corpo di Orfeo gettandolo nel fiume
Ebro.) Moreau immaginò che le Menadi non avessero disperso le parti smembrate
che furono invece ritrovate da una donna. La donna impietosita poi dalla sorte del
cantore e indignata dal comportamento delle Menadi, pose la testa decollata di Orfeo
sulla sua lira. Nel dipinto Moreau fa incrociare gli sguardi dei due protagonisti che si
trovano così uniti per l’eternità. Sullo sfondo viene rappresentato un paesaggio di
collina. Al centro vi è la donna con una veste in tessuti preziosi ed elaborati, i capelli
raccolti in una treccia tiene tra le mani la testa di Orfeo. Sullo sfondo vi è un’alta
roccia su cui possiamo vedere dei cantori. Atmosfera cupa, colori scuri. Giù a destra
ci sono 2 tartarughe simbolo di resilienza e forza.

PIERRE PUVIS DE CHAVANNES


Pierre Puvis de Chavannes, nato a Lione il 14 dicembre 1824, figlio di un ingegnere
minerario, discendente da una antica famiglia di Borgogna, studia in un collegio di
Lione. Destinato a diventare un ingegnere minerario come il padre, deve interrompere
gli studi per una grave malattia e durante un viaggio in Italia, affascinato dalle opere
d'arte ammirate, decide di diventare pittore.

RAGAZZE IN RIVA AL MARE


1887. Ciò che vediamo rappresentato sono tre donne che sembrano tutte uguali.
Questi hanno atteggiamenti diversi: una rivolta verso l’osservatore è seduta a terra ed
è poggiata con il busto ad una roccia e tiene le mani tra i capelli; l’altra e in secondo
piano di spalle sdraiata a terra; la terza è in piedi sempre di spalle, si sistema i capelli
ed è rivolta verso il mare, questa tiene, come tutte le altre, la parte superiore del corpo
nuda mentre quella inferiore è coperta da un telo bianco.
Questa forse è un’allusione alla delicata fase di passaggio dell’adolescenza, tema caro
ai simbolisti.
I corpi delle tre donne, anatomicamente perfetti, sono definiti da una nitida linea
scura, i contorni tendono ad appiattire l’immagine facendole apparire ritagliate e
successivamente composte come in un montaggio fotografico. Vi è equilibrio
compositivo. I colori sono stesi attraverso larghe campiture opache e senza
ombreggiature.

IDEISMO
L’idealismo è l’espressione delle idee, mediante forme ed è uno dei canoni
fondamentali del simbolismo. Si coinvolgono le sensazioni, l’interiorità, ogni artista
si esprime secondo la rappresentazione soggettiva, secondo la propria cultura e
proprio mondo. Si fa strada anche l’emotività. Si cerca di suscitare sensazioni
attraverso i colori e le linee.
Nelle tele simboliste troviamo allegoria, leggende e personaggi immaginari.
DIVISIONISMO pag145
In Italia, il messaggio simbolista fu recepito da pittori che trassero ispirazione dal
puntinismo, ribattezzato Divisionismo. Quest’ultimo, sviluppatosi a cavallo tra l’800
e il 900, studia la natura e i problemi sociali. A differenza del puntinismo, che usava
pennellate giustapposte, il divisionismo utilizza pennellate allungate e sovrapposte.
La natura era il soggetto che guidava i divisionisti. La tecnica pittorica è
caratterizzata da contorni sfumati, colore spumoso, forte contrasto chiaroscurale.
Dal punto di vista tecnico, i divisionisti utilizzano filamenti irregolari che si
accostano e si sovrappongono.

GIOVANNI SEGANTINI
Segantini nacque nel 1858 e morì nel 1899, era figlio di un venditore ambulante.
La madre morì giovane. Giovanni, che aveva appena 7 anni, fu affidato alle cure della
sorellastra a Milano, dove trascorre anni di solitudine e tristezza. Imparò la
professione di calzolaio, lavorò in un negozio di fotografia e fu assistente di un
pittore di pannelli decorativi. Frequentò l’Accademia di Brera a Milano e ottenne il
suo primo successo con il dipinto «Il Coro della Chiesa di Sant’Antonio».
Fu affascinato dalle opere di Millet, amava la natura che si trasferì in montagna.
La natura è vista attraverso un’ottica spirituale.
Giovanni Segantini è considerato un grande innovatore della pittura alpina.

MEZZOGIORNO SULLE ALPI pag145


Opera del 1891. Testimonia l’interesse per la vita dei pastori e dei contadini e per i
valori della natura. La luce divisionista, tradotta in filamenti o piccoli tratti di colore
puro accostato, assume un valore simbolico. Tutta la sua pittura si caratterizza per gli
effetti illuministici, spesso spettacolari dipinti en plein air.
Al centro dell’opera vediamo una ragazza, una contadina che sta portando al pascolo
le sue pecore. La donna viene colpita dal sole e per ripararsi oltre al cappello utilizza
la mano. I colori sono puri, l’azzurro è un colore primario, mentre il verde è un colore
complementare. La donna guarda in un punto che non è di fronte a lei, indossa un
lungo vestito azzurro e nella mano sinistra tiene un sottile bastone di legno.

ANGELO MORBELLI
Nasce ad Alessandria nel 1853 e muore a Milano nel 1919. Compì i primi studi ad
Alessandria, mostrando attitudine soprattutto nell’ambito musicale, ma questa
attitudine fu ostacolata da una malattia che gli procurò una lenta e progressiva
sordità. Si dà alla pittura. I temi affrontati da Morbelli sono legati al sociale, alla
solitudine, all’incapacità di comunicazione.

UN GIORNO DI FESTA
Morbelli dipinse la prima opera dedicata al Pio Albergo Trivulzio nel 1883.
La struttura era un ricovero per malati oltre che ospizio per anziani.
L’artista non affrontò tale tema per rappresentare poeticamente l’avanzata età.
Piuttosto, fu interessato a rendere l’aspetto sociale del luogo. La grandezza del salone
esalta la sensazione di solitudine degli ospiti. Tale effetto è esaltato anche dalle
posture degli anziani (schiene ricurve). L’ambiente, silenzioso e arredato con le
panche ordinate, ricorda l’interno di una chiesa. Il titolo allude ad un giorno di festa
che, evidentemente, per gli ospiti era simile ad ogni altro giorno.
L’unico riferimento alla festività è il visitatore che si intravede a sinistra.
Da notare la scelta di Morbelli di rappresentare solo parzialmente il visitatore a
sinistra. Questo taglio crea un senso di mistero rispetto alla sua identità.
Nonostante i colori caldi e la presenza dei raggi del sole, l’atmosfera è
profondamente malinconica e si coglie una sensazione di immobilità.

IL NATALE DEI RIMASTI


(1903) Il grande salone del Pio Albergo Trivulzio di Milano è vuoto.
Solo cinque ospiti sono presenti tra i banchi. Gli anziani sono assorti e sembrano
immersi in pensieri malinconici. Alcuni sono in ombra, altri colpiti dalla luce.
In posizione centrale un uomo vestito pesantemente con un cappello a visiera è
appoggiato sulla panca. Il suo volto è chinato in basso e gli occhi sono chiusi.
Di fronte a lui pare di scorgere un cero. In basso, sullo schienale della panca la luce
del sole, che filtra dalle vetrate, crea un’ombra a forma di croce.
Verso destra, un altro ospite, parzialmente illuminato, dorme appoggiato al banco. Gli
altri tre ospiti sono lontani, ai bordi del salone, immersi nell’ombra.
Uno di loro appoggia le mani sull’alto calorifero per scaldarsi.
L’ambiente è interamente occupato dalle file di panche ordinate, leggermente scostate
a sinistra dell’opera. Le sedute, inoltre, sono coperte da lunghi cuscini bianchi. Le
pareti dell’ampio salone sono spoglie e alte. La porzione inferiore è coperta da un
colore leggermente più scuro. Infine, nella parete di sinistra si apre una porta in
legno. Questo è uno dei dipinti di Morbelli associati alla tematica della solitudine che
affliggeva i vecchi ricoverati negli ospizi.
La luce non rappresenta, in senso sentimentale, la speranza, quanto piuttosto la
volontà razionale dello stesso artista, di "mettere in luce", denunciare, una realtà
sociale insopportabile.
A livello compositivo, il ripetersi di linee oblique della disposizione prospettica delle
panche, occupa, ossessivamente, tutta la metà inferiore del quadro. L'altra metà è
occupata dal muro grigio e anonimo, lungo il quale passa la suora.

GAETANO PREVIATI pag146


(1852-1920) Si forma a Milano. L’incontro con Grubicy lo portò al divisionismo che
ne interpretò con pennellate sottili e filamentose. Rispetto agli altri artisti la pittura di
Gaetano è meno reale, si rifà all’estasi, profondità dell’inconscio.
L’immagine è più spirituale.

MATERNITÀ
1890/1. L’opera suscitò polemiche alla triennale di Milano sia per lo stile che per il
significato oscuro. Il dipinto è suddiviso su tre fasce cromatiche. La parte alta, il
cielo, è risolta con un azzurro tendente al grigio. La fascia centrale, invece,
rappresentata dalle figure tende a grigio argento. Infine, la parte inferiore è occupata
dal prato. I contrasti di luminosità sono piuttosto deboli. Il paesaggio è illuminato
dalla luce solare che proviene dal fondo. Previati utilizza filamenti più lunghi.
Ambientato in un paesaggio esterno. La prospettiva geometrica non contribuisce a
costruire lo spazio che viene organizzato grazie alla disposizione delle figure in
primo piano. C’è sovrapposizione. La forma dell’opera è rettangolare con
orientamento orizzontale. La sua inquadratura ampia permette una vista panoramica
della scena. Infatti, gli Angeli e la Madre con il Bambino occupano l’intera larghezza
del dipinto. Invece, al cielo è riservata una limitata porzione in alto. Nella fascia
centrale, infine, sono collocate le figure che si succedono ritmicamente da sinistra a
destra. Le figure di Maria e del Bambino sono protette da una nicchia, a sinistra,
formata dagli angeli.

CONFRONTO: LE DUE MADRI (SEGANTINI)


Una giovane madre si trova all’interno di una stalla con in braccio il suo bambino.
La donna è seduta su di uno sgabello da mungitura a tre gambe.
È vestita con un semplice abito lungo che arriva fino ai piedi coperti da poveri
zoccoli. Il capo è avvolto da un fazzoletto chiaro annodato. Il suo viso è chinato in
basso, gli occhi chiusi e sembra dormire serenamente. Tra le sue braccia riposa, poi,
il neonato. Il piccolo dorme sulle ginocchia materne. È avvolto da un panno che
ricopre interamente il suo corpo. Il piccolo braccio sinistro scivola in basso lungo la
gamba della madre.
A sinistra, invece, una vacca si ciba da una mangiatoia. A terra, il suo vitello riposa
tranquillamente mimetizzato tra la paglia. Al centro dell’immagine, una lampada
schermata da un foglio, illumina debolmente la scena. La luce mette in evidenza il
piccolo che dorme tra le braccia della madre. I muri della stanza sono scuri e il
pavimento nella stalla è ricoperto di paglia. Segantini confronta le due madri: la
mucca è come un essere umano uguale alla donna. Egli confronta l’amore della
donna per il suo bambino e quello della mucca per il suo vitello. Questa è
un’immagine simbolica perché ci rimanda all’iconografia della vergine con il
bambino, o pietà di Michelangelo.
Previati è un artista più visionario e va verso il sogno. Infatti, notiamo, che
nell’opera rappresenta i personaggi come in una sorta di paradiso (angeli),
immersi nella natura. Rappresentazione più sacra.
La tecnica utilizzata è quella dei filamenti.
Segantini si preoccupa di cogliere l’elemento illuministico (più attento alla luce),
Previati cerca di rappresentare l’idea della maternità, quindi va oltre la visione.
Questo lo accomuna al simbolismo europeo perché ciò che amo nelle forme che
sono indefinite.
GIUSEPPE PELLIZZA DA VOLPEDO
Nasce nel 1868 e muore nel 1907. Si formò all’Accademia di Milano e Bergamo. La
scelta di includere nel proprio nome la provenienza della cittadina di Volpedo
testimonia l’attaccamento alla terra contadina che lo portò a indagare i temi sociali.

IL QUARTO STATO pag146


(1898-1901). Un corteo di lavoratori è in cammino. La folla, compatta, avanza verso
il fronte del quadro con grande determinazione. Sui volti, infatti, si leggono fierezza e
la volontà di rivendicare i propri diritti. In primo piano, guidano il corteo a sinistra un
uomo anziano, al centro un giovane, mentre a destra una donna con in braccio il suo
bambino. Questi tre personaggi rappresentano le componenti della classe sociale più
umile dell’epoca.
Gli uomini e la donna in primo sono vestiti con abiti poveri ma dignitosi.
Il giovane uomo indossa una camicia con al di sopra un gilet. Sul capo porta un
cappello e la giacca è tenuta elegantemente da una mano e pende dietro la schiena.
La sua postura è calma e sicura. Infatti la sua mano destra sorregge la giacca senza
affanno mentre la sinistra è fermamente poggiata sulla tasca.
La donna, invece, sembra rivolgersi all’uomo per farlo desistere dal condurre la
manifestazione. I suoi piedi sono nudi. Anche il bambino che porta in braccio è nudo
e abbandonato nella stretta della madre. Gli uomini che seguono i tre personaggi,
gesticolano. A sinistra una donna segue il corteo, come altre donne sulla destra.
Un uomo con una giacca sulle spalle tiene per mano un bambino.
L’intenzione era quella di documentare le rivendicazioni sociali della sua epoca.
Il titolo dell’opera, Quarto Stato, si riferisce alla classe lavoratrice formata da operai
contadini e artigiani. Il termine nacque durante la rivoluzione francese per indicare lo
strato più basso della società’.
I lavoratori rappresentati nel dipinto manifestano per i propri diritti e sono quindi in
sciopero.
La massa dei lavoratori avanza compatta e quindi assume forza e potere per
contrattare il proprio giusto salario. Le figure in primo piano, due uomini e una donna
con il bambino hanno un gran significato simbolico.
La luce che colpisce radente gli uomini e illumina in pieno la donna, dà significato
alla loro figura. La sua immagine ricorda quella di una maternità cristiana.
Le figure sono più sfocate e oscurate verso il fondo. La luce è più intensa in testa al
corteo, e gli uomini procedono verso la fonte luminosa.
I lavoratori escono dall’oscurità dell’ignoranza per conquistare un proprio posto al
sole. Il dipinto fu ambientato a Volpedo. Linea di orizzonte alta. C’è staticità perché
l’opera è composta da linee verticali e orizzontali.
SECESSIONI
Tra l’ultimo ventennio dell’ottocento e la prima guerra mondiale nascono le
cosiddette secessioni: movimenti artistici caratterizzati dalla volontà di rottura con
l’arte ufficiale.
I primi gruppi secessionisti si formarono a Monaco, Vienna, Berlino.
La secessione di Monaco fu la più importante e si ebbe nel 1892, guidata da Franz
Von Stuck.
L’artista fu influenzato dallo svizzero Arnold Bocklin (1827-1901). Affascinato
dall’Italia, si trasferisce in Toscana dove viene ispirato dalle colline, appunto,
toscane.

L’ISOLA DEI MORTI


A Firenze, Arnold, dipinse l’isola dei morti (1880). Ne realizza 5 versioni. La terza
venne acquistata da Hitler, però andò perduta per via della guerra. L’opera era
inizialmente intitolata ‘un luogo tranquillo, ma di tranquillo non c’è nulla.
La scena, ambientata poco prima del tramonto, rappresenta un mare color petrolio,
denso e calmo. Il cielo, scuro e minaccioso, è velato da nubi compatte.
Un’esile imbarcazione è spinta a remi da un uomo visto di spalle che richiama il
personaggio classico e dantesco di Caronte.
Sulla prua si scorge una bara, posta di traverso e coperta da un telo sul quale è stata
deposta una ghirlanda intrecciata di fiori rossi. Una figura bianca, in piedi e vista di
spalle, potrebbe identificarsi con l’anima che accompagna il corpo. In primo piano ci
sono delle rocce e queste man mano si ergono verso l’altro, al centro vediamo dei
cipressi. L’isola, a forma di C, è sicuramente disabitata, infatti è costituita da rocce,
scarpate scoscese, pendii ripidi e impossibili da scalare. D’altro canto, la presenza
sulla barca della bara indica con certezza che si tratta di un cimitero solitario.
Böcklin dipinse, forse, un’opera che simboleggia il suo dolore per la morte di sei
figli.
L’opera ha dunque una valenza autobiografica.

ART NOUVEAU
L’Art Nouveau (“Nuova Arte”) è un movimento artistico-filosofico che nasce in
Francia tra la fine dell’Ottocento e le prime decadi del Novecento e si diffonde in
tutta Europa con nomi diversi nelle diverse nazioni: in Italia, ad esempio, l’Art
Nouveau è conosciuta come “Stile Liberty”; in Inghilterra come “Modern Style”; in
Spagna come “Modernismo”; in Austria come “Secessione”.
Il periodo storico dell’Art Nouveau coincide con quella che viene ricordata come la
“Belle Époque”.
È un’arte nuova: arte che contrasta con ciò che c’era prima.
È soprattutto arte basata su produzione di oggetti che piacciono alla borghesia.
Da un punto di vista visivo, le opere dell’Art Nouveau (dipinti, statue, architetture)
sono caratterizzate da un’accentuata eleganza decorativa e da linee dolci e sinuose
che si incontrano e si intrecciano armoniosamente.  L’Art Nouveau si ispira alla
natura stilizzandone gli elementi, tanto che in Italia lo stile Liberty è conosciuto
anche come “Stile floreale”. 
Una delle caratteristiche comuni a tutti i filoni dell’Art Nouveau, è proprio quella di
voler rendere esteticamente validi gli oggetti di uso comune, che le industrie
diffondono per salvaguardarli dalla banalizzazione della produzione in serie. Non è
una novità, in quanto, già nella metà dell’Ottocento, il prussiano Michael Thonet
aveva prodotto la sua famosa sedia in legno curvato.
La Thonet, venduta in decine di milioni di pezzi, era un perfetto mix di tecnica ed
estetica: realizzata con 6 soli pezzi, era robusta, essenziale, economica.

Gli elementi caratterizzanti del movimento sono:


- l’uso della linea curva
- l’uso del colore piatto
- il decorativismo
- l’aspirazione alla modernità
- il riferimento al mondo vegetale
- la ricerca di una nuova bellezza nei prodotti industriali
- la stilizzazione dei motivi ornamentali
- l’insistenza sulla figura femminile e sulla sua eleganza.

EDVARD MUNCH
Edvard Munch nasce nel 1863, rappresenta il più importante dei pittori norvegesi e
una figura di riferimento per la Secessione di Berlino; Il pittore visse e lavorò a
Berlino per molto tempo, ma le autorità tedesche chiusero poco prima dell’apertura la
sua prima mostra a causa della scabrosità dei soggetti, oltre a i temi, anche la tecnica
era fonte di scandalo giudicata una pittura libera che lasciava ampio spazio al ''non
finito'' con stesure sciatte di colore. La mostra censurata però lo rese ancora più
famoso e infatti si guadagnò l’ammirazione di molti giovani tedeschi che diedero vita
alla Secessione berlinese. Egli era figlio di un medico, a contatto con il mondo
ospedaliero, è sempre stato affascinato dalle tematiche del dolore mentale e fisico e
dal trattamento che la società riservava ai malati e ai marginali.
Molte sue opere infatti mostrano personaggi isolati tra la folla, in disparte.
Partendo dagli eventi tragici della sua vita, come la morte della sorella e poi della
madre, egli nei suoi quadri si interroga su questioni universali, sulla vita travagliata
dell’uomo nella società borghese, e si avvicina a temi come la morte e la malinconia.
Molto importante è anche l’utilizzo che fa della fotografia per riprendere infermieri,
malati e altre scene soprattutto in ospedale. Munch fu anche un grande viaggiatore e
infatti nel 1885 si sposta a Parigi dove viene influenzato dalla linea curva
caratteristica dell’Art Nouveau e dalla pittura simbolista; Inoltre lì è colpito da artisti
come Lautrec, Degas, Van Gogh e Gauguin. Sempre a Parigi visitò una mostra di
reperti Maya e una mummia in particolare lo ispirerà per i volti scavati come teschi
caratteristici dei suoi dipinti. Il suo intento era quello di esprimere, raccontare il
mondo interiore, ciò che ognuno di noi ha dentro e sente: quindi emozioni forti e
soggettive. Nelle sue opere si mescolano realtà interiori ed esteriori, nel corso della
sua attività artistica egli elaborò una serie di simboli ricorrenti per rappresentare stati
d’animo ed emozioni, anche i colori hanno spesso un ruolo simbolico nelle sue opere.

LA BAMBINA MALATA
1885 La bambina malata è la sua prima opera matura e autobiografica, il quadro fu
realizzato in quattro versioni e inaugurò la prassi della ripetizione dello stesso
soggetto con lo scopo di esplorare fino in fondo le emozioni che poteva suscitare un
determinato evento. Qui vediamo ritratta la sorella di 15 anni, Sofia, morta di
tubercolosi; Sdraiata nel letto, affiancata dalla madre che le cinge la mano. La stanza
è molto piccola e stretta, lo stesso spazio ci dà un senso di disagio e claustrofobia.
Vediamo pochi elementi come l'angolo di un comodino in basso a sinistra, una tenda
nell'angolo a destra. Il quadro è dipinto con colori freddi, toni scuri e l’unica
luminosità proviene dal colore chiaro del cuscino e dal volto pallido della ragazza.
Il quadro suscitò scandalo nonostante il tema della malattia fosse già un tema
comune, ma sconcertò la tecnica nervosa ed essenziale utilizzata per rappresentarlo:
la pittura ci appare graffiata e i colori scuri quasi sporchi.

LA MORTE NELLA STANZA DELLA MALATA


1893 Qui il soggetto del dipinto è la morte, una aura di morte che aleggia in tutta la
stanza. Vediamo in fondo alla stanza sempre la sorella Sofia malata posta però di
spalle seduta su una sedia, il padre di fronte a lei col capo chino che si porta le mani
al volto, accanto la moglie; Nella stanza ci sono anche i fratelli tra cui Munch stesso
di spalle in piedi verso la porta; In primo piano invece la sorella minore con un volto
scarno e cereo, quasi smarrito. Le pennellate sono rese in larghe campiture di colore,
il rosso del pavimento in netto contrasto con il blu dei vestiti, il tutto rende il senso di
uno spazio fluttuante, emotivo.

IL FREGIO DELLA VITA


Sempre a Berlino, Munch frequentò dei circoli intellettuali dove affrontavano temi
esistenziali, della psicologia, della morte e del sesso. È proprio partire da questi temi
che egli decise di creare una sequenza di dipinti che definì ''Il fregio della vita''.
Consiste in una sequenza di immagini, emozioni e ricordi dipinti con colori forti,
quasi violenti; Il fregio illustrava in maniera simbolica quella che poi l’artista
definiva ''la poesia della vita, dell’amore e della morte'' ovvero la lotta tra uomo e
donna chiamata amore. Infatti nel ciclo rientrano quadri come Il Bacio, Madonna,
Vampiro, La danza della vita e L’urlo.

MADONNA, 1894-95
Di questo quadro vi sono varie versioni, la prima è una litografia, in cui, la figura
della madonna, è contornata da una cornice sulla quale sono dipinti spermatozoi, che
si indirizzano verso un feto in basso a sinistra che rappresenta la vita.
Il feto non ha gli occhi e il volto non è ben definito, ci appare privo di speranza e le
braccia chiuse, conserte quasi come se volesse difendersi.
Non è facile dire cosa simboleggia il quadro, probabilmente la vita che nasce dal
piacere e dal peccato, forse la morte essendo il feto fuori dal grembo materno
condannato all’infelicità, o ancora il male che feconda ogni cosa. La figura della
Madonna è sensuale ma cadaverica al confine tra passione e malattia, rispetto alla
seconda madonna è più stilizzata ma comunque impudica, la vergine ritratta perde il
suo velo di castità e diventa provocante ma allo stesso tempo quasi macabra. Ciò che
Munch fa nei suoi quadri, e che ritroviamo anche in questo, è tradurre la sofferenza:
per esempio l’ansia viene rappresentata da aloni attorno alle teste, la follia
rappresentata dai colori sanguigni dei cieli e la paura dalle diagonali su cui corrono
strade, ponti, tetti.

L' URLO
Nel dipinto vediamo una figura umana serpeggiante, è frontale sessuata, simile ad un
teschio con gli occhi spalancati e la bocca aperta, da qui viene fuori il grido
identificato come il grido dell'intera umanità; le mani sono al volto che prendono la
forma di quest’ultimo. A destra del dipinto si sviluppa il mare con la sua isola
centrale. A circa tre quarti dell’altezza si trova poi la linea d’orizzonte, ondulata e
mossa. Da qui sale il cielo modellato da linee orizzontali e sovrapposte.  Infine, al
limite posteriore del sentiero si intravedono due sagome di uomini che procedono
affiancati. Il dipinto rappresenta attualmente una vera icona culturale della condizione
di sofferenza dell’umanità.  L’opera appartiene ad una serie di dipinti che Munch
realizzò in diverse versioni. Munch dipinse quattro versioni del celebre dipinto tra il
1893 e il 1910.
Secondo la sua testimonianza scritta, l’artista ebbe la sensazione di sentire “l’urlo
della natura” durante una passeggiata serale. Munch racconta di questo episodio
come se l'avesse vissuto personalmente, infatti dice di essersi immaginato di
camminare lungo questo ponte e avrebbe sentito all’improvviso il valore
dell’umanità, che vediamo espresso tramite il grido. Le linee curve sono spogliate da
qualsiasi decorativismo che aveva in mente l’Art N. Tutte le sue opere esprimono
quello che è il vissuto dell’artista.

                                       JAMES ENSOR


Nato a Ostenda il 13 Aprile 1860, da padre inglese e madre fiamminga, James
Ensor frequenta per due anni il liceo Notre Dame di Ostenda, ma evidentemente
appassionato di disegno segue dei corsi presso pittori locali.
James Ensor rimase per tutta la vita legato alla città natale dove visse da scapolo una
vita metodica e borghese. Era affascinato dalla casa paterna, ed in particolare dalla
bottega familiare che vendeva souvenir. È nella sua città che trova i soggetti che
affollano i suoi quadri: il mare, il porto, la stagione balneare, il carnevale e la casa
paterna.
ENTRATA DI CRISTO A BRUXELLES
del 1888-89, è tra i più famosi dipinti di Ensor e forse il suo capolavoro.
Raffigura Cristo che entra in città, su un asino, acclamato dalla folla che inneggia
l’ingresso con le palme. Gli striscioni con le scritte ed i cartelli colorati conferiscono
all'insieme l'atmosfera di una moderna manifestazione di piazza.
Ensor trasporta un episodio avvenuto nella storia di Cristo, in un periodo moderno, in
una moderna metropoli: Bruxelles, città fiorente.
Dal quadro vediamo una folla che avanza in schiere parallele.
Ogni personaggio non è riconoscibile nella parte superiore della tela, infatti ogni
personaggio diventa un puntino.
All’apparenza l’atmosfera ci sembra festosa, in realtà è una violenta accusa alla
società dei pupazzi (persone schiave delle mode e che non pensano con la propria
testa); vi è una denuncia: l’opera è composta da figure che non sono effettivamente
coscienti (Ecce homo).
I personaggi rappresentati indossano delle maschere, Cristo non la porta ma ha
un’aureola. Il tema mescola riferimenti religiosi insieme alla satira. Tra la folla,
infatti sono state individuate vere e proprie caricature dei principali uomini di potere
e cultura dell’epoca.
I colori sono stesi maniera piatta. Colpisce la luminosità e la deformazione dei volti.

SECESSIONE DI VIENNA
L'inizio del 900 è caratterizzato dalle successioni ovvero movimenti artistici segnati
da una forte volontà di rottura con l’arte ufficiale, da qui il nome secessione anche
sinonimo di separazione, distacco. I primi gruppi secessionisti si formarono a
Monaco, Berlino e soprattutto a Vienna. Gustav Klimt e la scuola di Arti applicate
furono importantissimi per la secessione di Vienna avvenuta nel 1897; in questo
periodo nacquero i laboratori viennesi di arti applicate che progettavano alto
artigianato volendo diffondere nuovi modi di arredare la casa, usare oggetti, vestirsi o
indossare accessori. Le tecniche classiche si trasformano in tecniche molto
particolari, in quanto la scuola viennese spingeva gli studenti ad un forte
rinnovamento, il tutto documentato dalla rivista “Ver Sacrum” ovvero “primavera
sacra” anche qui il titolo ci rimanda qualcosa che si rinnova: in architettura si
abbandonano le strutture con colonne e timpani e viene impostata un’arte adeguata ai
tempi.

OTTO WAGNER, 1841-1918


Guida della secessione fu Otto Wagner, famoso architetto, che avviò una revisione
dell’architettura in stile; Egli predilige la libertà di ogni artista sia in pittura che in
architettura e i motivi principali della sua attività furono il rifiuto della tradizione e la
fiducia nella libertà individuale. Wagner progettò per Vienna numerosi edifici come
la stazione della metropolitana sulla Karlplatz, la biblioteca universitaria e tante altre
architetture dove la decorazione e il colore prevalgono sulla struttura, come nella
Casa della Maiolica, decorata con ceramiche a motivo floreale.

PADIGLIONE DELLA SECESSIONE


Il gruppo di artisti formato da architetti, musicisti, scrittori e pittori della secessione
viennese decise di creare un palazzo ovvero “il palazzo della secessione”, realizzato e
progettato da Olbrich tra il 1898 il 1899. L'edificio nasce come centro del gruppo
secessionista ma anche come centro della migliore arte europea d'Avanguardia: tutto
l’edificio è pensato come un’opera d’arte, come un’unione di pittura, architettura e
decorazione il tutto secondo la concezione secessionista dell’epoca. Non abbiamo
colonne o timpani classici ma soltanto una struttura fatta da una serie di cubi o
rettangoli dipinti di un semplice colore bianco; Sulla sommità vi è una cupola dorata,
costituita da tantissime foglie d’alloro in ferro battuto ottonato. La facciata
dell’ingresso principale è decorata da tre maschere di Gorgoni, un fregio floreale e
due iscrizioni tra cui “Ver Sacrum”, queste decorazioni furono realizzate da Gustav
Klimt così come il fregio interno, conosciuto come il “fregio di Beethoven”, in onore
del musicista, rappresenta un racconto allegorico della ricerca dell’uomo alla felicità
a cui giunge attraverso l’arte.

GUSTAV KLIMT (1862-1918)


Gustav Klimt nasce nel 1862 e muore nel 1918, studia all’Accademia delle Arti e
all’inizio della sua carriera si dedica principalmente alla decorazione di spazi
pubblici. Gli anni centrali della sua carriera furono quelli in cui i grandi intellettuali
iniziarono a scavare nelle profondità dell’Io ed è in questo clima di ricerca e
inquietudine che inizierà la sua carriera artistica; Klimt arriva ad una sintesi estrema
delle forme e ad appiattire lo spazio, favorendo fondi oro, ispirati ai mosaici
soprattutto di Ravenna che egli visito anche, e i fondali delle sue opere si arricchirono
di motivi decorativi che si legavano agli ambienti e agli abiti. Egli era molto
interessato ai processi naturali sia di nascita che di morte, inoltre aveva analizzato la
forma delle cellule vegetali attraverso delle lezioni con un famoso biologo: queste
nozioni influenzarono la sua arte come anche la pittura giapponese di cui Klimt
conosceva le stampe. Nel 1902 l’artista partecipa alla realizzazione del fregio interno
del padiglione della secessione, il famoso “fregio di Beethoven”; Tutto il fregio si
sviluppa su tre pareti per ben 34m, l’opera è dipinta a olio con inserimenti di
materiali diversi tra loro come polveri d’oro, vetri, madreperla, bottoni e anche
sabbia, il tutto realizzato prima su delle tavole e poi posizionate alle pareti. Sul fregio
Klimt rappresenta la nona sinfonia di Beethoven, troviamo l’opposizione di forze
come il bene e il male, attraverso la mediazione della poesia e della musica: unici
strumenti che salvano l'uomo; Successivamente Klimt elimino le figure maschili
favorendo l’immagine della femminilità, in alcune sezioni esaltava la gravidanza,
esibita senza pudore. Non solo per il fregio, ma anche per altri suoi lavori precedenti
ricevete una serie di critiche soprattutto quando realizzò dei pannelli per l’università
di Vienna in cui rappresenta sia l’allegoria della Medicina, con una donna sopraffatta
dalla morte e dalla malattia invece di essere guarita; sia quando rappresenta l'allegoria
della Giustizia, con un’immagine che celebra l’impossibilità di attuare la legge.

GIUDITTA II, 1909


Esistono due versioni del dipinto, la prima del 1902, in cui Klimt dipinge ispirato dal
mito di Giuditta e Oloferne: la storia narra le vicende della giovane vedova, Giuditta,
che per salvare la sua città seduce il generale delle truppe, Oloferne, per poi tagliarmi
la testa nel sonno. Klimt rende questa eroina una donna erotica e crudele,
caratterizzata da una forte sensualità, Giuditta è rappresentata mezza nuda con il seno
scoperto, il volto biancastro contrasta con i capelli scuri di lei; rispetto al primo
dipinto qui la sua figura si allunga delineando una silhouettes serpentina, a differenza
della prima dove è più ammaliatrice e ammiccante, nella seconda è più carnefice e
spietata anche lo sguardo ci appare arido, e le mani che tengono per i capelli la testa
di Oloferne ci appaiono come degli artigli rapaci. Le sue carni chiare emergono da un
abito nero caratterizzato da decorazioni fatte di forme geometriche e motivi lineari.

IL BACIO, 1907-1908
Il bacio fu dipinto da Klimt tra il 1907 il 1908 ed esprime la potenza del desiderio che
trasforma i corpi dei due amanti in un’unica cellula, rappresenta l’esaltazione
sensuale. Un'uomo e una donna si abbracciano al centro di uno spazio astratto,
l’uomo avvolge il viso della donna con le sue mani e teneramente si china sul volto di
lei, e notiamo che indossa una ghirlanda di foglie d’edera avvolta tra i capelli; La
giovane ha il viso reclinato di lato e poggiato sulla spalla sinistra, un braccio è
sollevato a cingergli il collo, mentre l'altro tiene la mano dell'uomo, il volto della
donna è chiaro e arrossato leggermente sulle gote, gli occhi sono chiusi e la sua
espressione è serena, quasi estatica, tra i capelli vi sono alcuni fiori che decorano la
capigliatura. I personaggi indossano dei vestiti ampi decorati con motivi astratti
molto colorati; la donna indossa una veste attillata che lascia scoperta la spalla e i
piedi, mentre l'uomo indossa una tunica dorata, decorata con motivi rettangolari. I
due sono su un prato caratterizzato da fiori coloratissimi, gialli, viola e azzurri,
avvolti da un’aura dorata mentre lo sfondo è monocromatico e bidimensionale; gli
amanti diventano una cosa sola, sospesi nel tempo e nello spazio indefinito.

FREGIO DI BEETHOVEN (OPERA DI KLIMT)


Klimt, nel 1902, realizza il fregio di B., che misura 200x24,4 cm, ed è custodito a
Vienna presso il Palazzo della Secessione.
Fu realizzato in occasione della XIV mostra secessionista viennese.
Ad essa aderirono 21 artisti della Secessione viennese. Il tema ovviamente era il
compositore. Caseina, smalti e intonaco su pannelli lignei incannucciati, frammenti di
specchio, bottoni, chiodi di tappezzeria, pezzi di vetro colorato e dorature: è questa la
tecnica e i materiali usati.
Klimt, in quest’opera, approda ad una rappresentazione stilizzata e bidimensionale.
Caratteristiche importanti:
- bidimensionalità
- simbologia
- decorativismo
- utilizzo dell’oro
La linea di contorno è imposta come primario elemento espressivo.
3 pareti:
 Prima parete lunga di fronte all’ingresso: “il desiderio della felicità”.
Le sofferenze del debole genere umano: le suppliche costituiscono la forza
esterna, la compassione e l’ambizione la forza interna, che muovono l’uomo
forte e ben armato alla lotta per la felicità.
 Parete più corta: “le forze ostili”. Il gigante Tifeo, contro il quale perfino gli
dei combatterono inutilmente; le sue figlie, le tre Gòrgoni: la malattia, la follia,
la morte. La volontà e la lussuria, l’eccesso. L’angoscia che rode. In alto le
affezioni e i desideri degli uomini che volano via.
 Seconda parete lunga: “il desiderio di felicità si placa nella poesia”. Le arti ci
conducono nel regno ideale dove possiamo trovare la pace assoluta, la felicità
assoluta, l’amore assoluto. Coro degli angeli del Paradiso. Gioia, meravigliosa
scintilla divina.
Il Fregio è articolato in una sequenza ritmica di episodi: il lungo viaggio
dell’individuo alla ricerca della felicità, tra forze del bene e del male, ispirandosi alla
filosofia di Shopenhauer.
COSA RACCONTA?
Prima parete: anelito della felicità; sofferenze dell’uomo e dell’umanità.
Seconda parete: forze del male, avverse e ostili. Ostacolano il cammino verso la
felicità.
Terza parete: si giunge alla felicità attraverso la poesia.
Nel primo pannello Le suppliche del debole genere umano: tre figure nude
implorano un cavaliere dall’armatura dorata, simbolo della Forza.
Nel secondo pannello le Forze ostili minacciano il cavaliere: il Gigante Tifeo, come
un gorilla, precede le figure di Morte, Follia, Malattia.
Nel terzo pannello L’anelito alla felicità si conclude con l’abbraccio tra due amanti,
probabilmente il Cavaliere e la Poesia.

ANTONI GAUDÌ (1852-1926)


È stato un architetto spagnolo di cultura catalana, massimo esponente del
Modernismo catalano.
Ha progettato una serie di abitazioni private: Casa Batlló, Parco Guell, Casa Milá…
- Architettura fantasiosa
- Prende spunto dalla natura (vegetale e animale), che osserva, analizza e studia
- Troviamo linee ondulate e non rette (Casa Battló)
CASA BATTLÓ
Facciata: Gaudí conservò solo le dimensioni e la forma delle finestre originali, per il
resto trasformò tutto in un quadro impressionista, combinando
materiali, forme e colori. Tanto è vero che, per rivestire le due facciate, anteriore e
posteriore, furono utilizzati materiali riciclati, frammenti di vetro e piastrelle a
costituire il mosaico (trencadís) colorato. Tale tecnica, venne utilizzata per tutte le
sue opere, e consisteva nell’incastro di tessere recuperate da porcellane e vetri rotti, al
fine di realizzare superfici colorate e di diverso genere, che potevano talvolta dare
vita a motivi floreali. La lucentezza della ceramica e del vetro, unita ad
una superficie leggermente ondulata, creano giochi di luci e ombre sulla casa che
assumono molteplici aspetti. 
La facciata principale venne progettata su diversi settori: nella parte
inferiore comprendente piano terra, piano nobile e primo piano, prevale la pietra.
La parte centrale invece è completamente ricoperta dal mosaico e
le ringhiere dei balconi (con rientranze e sporgenze) sono realizzate da un unico
pezzo di ghisa, che assume l’aspetto di teschio o maschera carnevalesca.
La zona superiore invece, è sormontata da un tetto spettacolare, formato
da tegole disposte in modo da formare le squame di un grande rettile.
Accanto al tetto vi è poi una torre che culmina in una croce a quattro
bracci, orientati verso i punti cardinali. 

CASA MILÁ
Casa Milà, nota come La Pedrera (“cava” in catalano), è l’ultima opera civile di
Antoni Gaudí, iniziata nel 1906 e completata nel 1912.
Il soprannome deriva dal suo aspetto esterno, che vede un grande utilizzo della pietra,
per la progettazione della facciata e dei balconi.
Casa Milà vanta una delle terrazze più simboliche della città grazie ai camini
scultorei e alle prese d’aria, che Gaudí ha progettato per questo edificio.
Gaudí ha progettato una terrazza ricca di curve per scopi decorativi, ma anche
funzionali, consentendo una migliore distribuzione della luce attraverso i due enormi
patii. Gaudì disegna due cortili dalle forme sinuose, come fossero scavate nel pieno
della massa costruita, che rendono ogni appartamento luminoso ed articolato e in cui
l’interno e l’esterno sono in relazione.

LA SAGRADA FAMILIA
È l’opera che lo impegnò per tutta la vita e che fu destinata a rimanere incompiuta.
L’insieme, con pianta a croce latina, 5 navate e 3 facciate, ricerca la verticalità delle
cattedrali gotiche. Il progetto si basa sull’idea che la linea retta sia propria dell’uomo,
mentre, quella curva, sia la linea primordiale.
Ogni dettaglio è studiato con una logica interna, evitando simmetria, regolarità e
staticità.
Gaudí voleva creare un luogo che fosse l’emblema della moderna cristianità; per
questo concepì un edificio complesso, ricco di dettagli decorativi e carichi di
significati simbolici, mistici, tratti dalla tradizione cristiana.
La parte della chiesa costruita sotto la direzione di Gaudì, comprende solo la cripta
e la Facciata della Natività. Quest’ultima, aperta da 3 portali dedicati alla Fede, alla
Speranza e alla Carità, è decorata con le sculture previste da Gaudí, che raffigurano le
storie della Sacra Famiglia, attraverso una decorazione animata da tartarughe di terra,
lumache, paperi, galli e gufi. I suoi 4 campanili sono dedicati agli apostoli Mattia,
Giuda Taddeo, Simone e Bartolomeo.
Gaudì morì nel 1926, riuscendo a vedere terminato solo il campanile di San
Bartolomeo; gli altri tre furono completati 3 anni dopo la sua morte.
Di torri, Gaudí ne aveva progettate addirittura 18: 12 dedicate agli apostoli, 4 agli
evangelisti, una alla Madonna e una, la più alta di tutte, a Gesù.
Purtroppo, l’architetto non lasciò indicazioni puntuali sul proseguimento dei lavori,
che si interruppero per alcuni anni. In seguito, il recupero e il restauro dei grandi
modelli originali consentirono di ricostruire buona parte del progetto e di riaprire il
cantiere.

IL 900: DALLE AVANGUARDIE AL RITORNO ALL’ORDINE


La prima metà del 900, è contraddistinta da eventi di portata storica: accanto alle
grandi trasformazioni economiche sociali, le due grandi guerre mondiali, che
comporteranno una serie di situazioni di crisi.
Il Novecento però è anche un secolo di importanti scoperte scientifiche e tecniche.
Vi è l’introduzione del concetto di inconscio con Sigmund Freud e, qualche anno
dopo, ci fu Albert Einstein con la formulazione della teoria della relatività.
In questo periodo, si perde la maggior parte dei motivi per cui l’arte era stata
dipendente da altre discipline o da esigenze che non avevano a che fare con essa, si
sviluppa l’idea di Art Pour l’Art, cioè di ambito del sapere autonomo. Non si racconta
più la rappresentazione della realtà, ma ciò che avviene, ciò che è reale. L’artista dà
una spiegazione, rappresenta il momento.
*avanguardie: espressionismo, futurismo, dadaismo, cubismo*

ESPRESSIONISMO
Comincia quasi contemporaneamente con 2 momenti:
1. In Francia
2. In Germania
Caratteristica: si cerca di esprimere ciò che sentono gli artisti. Vi è un uso particolare
del colore, che deve esaltare.
C’è un momento particolare, perché vi ritroviamo una manifestazione di autonomia:
le nazioni che si stanno formando, si organizzano per la guerra. Dunque, i capi delle
nazioni, fanno di tutto per chiedere agli artisti una certa propaganda, ma questi non ci
stanno a tutto ciò, si esprimono, non attraverso un racconto, ma altri elementi
(LINEA, COMPOSIZIONE, COLORE).

CARATTERISTICHE
- Semplificazione della forma
- Interesse per il primitivo
- Rifiuto del bello: vedremo, infatti, forme totalmente distorte (allontanamento
dalla bellezza ideale)
- Negazione della tridimensionalità/prospettiva

RIGUARDO I 2 MOMENTI citati prima:


Nel 1900, nasce, IN FRANCIA, il Fauves (belve)
In questo periodo, ci fu una mostra per farsi conoscere e capire. il famoso critico
d’arte Louis Vauxcelles entrando nella sala del Salon, fu colpito da una singolare
esposizione: al centro dello spazio, una scultura classicheggiante  Donatello tra le
belve. Da questa statua, lo stile prende il nome. TEMI: richiamo all’impressionismo
(campagna, citta, momenti frivoli…).
IN GERMANIA, invece, lo stile principale fu Die brucke, che significa ‘’artisti (4)
del ponte’’, dove quest’ultimo, è simbolo della tendenza dell’uomo alla
trasformazione e alla creazione.

HENRI MATISSE (1869-1954)


Può essere considerato uno dei più importanti artisti del XX secolo.
È conosciuto soprattutto per i suoi quadri, ma è stato anche illustratore, incisore e
scultore. Si avvicinò all’arte a venti anni, dopo un attacco di appendicite che lo
costrinse a letto per molto tempo.
- Antinaturalismo
- Forme piatte
- No volume/chiaroscuro
Con Matisse riscopriamo la gioia di vivere e lo slancio vitale.
L’arte di Matisse, prende spunto un po' dall’arte degli altri artisti: composizione di
Cezanne, colori e tecnica da Seurat e Signac, decorazioni di Moureau, prende spunto
dalle statue africane.

DONNA CON CAPPELLO, 1905


Il titolo era La signora in verde.
Matisse ritrae la moglie Amelie, ritratta di tre quarti e rivolta allo spettatore.
Lo sfondo è piatto e indefinito, caratterizzato da colori vivaci, stesi a macchie
irregolari e accostati tra loro in modo apparentemente casuale.
I colori sono accesi e poco naturalistici; sono stesi sulla tela con pennelli a punta
larga, e accostati tra loro in modo irregolare. Segni scuri e marcati definiscono gli
occhi della donna, i contorni del cappello e dell’abito. Sul suo viso pennellate di
giallo, rosso, bianco, blu e verde si alternano, contrapponendosi tra loro, in una
rappresentazione di forte espressività.
Matisse annulla completamente la spazialità e riduce al minimo i dettagli. Con colori
forti e violenti comunica allo spettatore i suoi pensieri e le emozioni più profonde.

LA DANZA (1910), LA MUSICA (1910)


Si tratta di due grandi pannelli decorativi. L’artista aveva pensato inizialmente a tre
pannelli, che dovevano rappresentare simbolicamente le tre età dell’uomo.
Poi, invece, il collezionista ne acquistò solo due.
Queste opere rappresentano le prime tele decorative di grandi dimensioni di Matisse.

1. L’opera è ispirata alle sei danzatrici che si vedono sullo sfondo della “Joie de
vivre”. L’opera rappresenta l’azione, dove si vedono cinque danzatrici, che
danzano tenendosi per mano a formare un cerchio, che sta per aprirsi tra le due
danzatrici poste in basso a sinistra.
La danzatrice in basso è infatti protesa in avanti per afferrare la mano
dell’uomo, mentre il danzatore fa una torsione del busto per afferrare la mano
dell’altra donna. Vi è una forte accensione cromatica di una gamma ridotta di
colori, rosso, verde e blu. Rosso per le carni, verde per il prato (Eden) e blu per
il cielo. LA METAFORA DELLA DANZA, È LA METAFORA DELLA
VITA;
2. Matisse rappresenta cinque figure maschili che suonano e cantano, dove il
violinista è rappresentato in piedi e le altre quattro figure sedute sul prato
verde, sotto il cielo blu. Sono figure chiuse e concentrate nel loro mondo
interiore, sono statiche, e guardano fuori dalla tela in direzione di un
immaginario direttore. Sono rappresentate con il colore rosso, come quello de
“La Danza”.

Verso la fine della sua vita, Matisse ha problemi di salute viene operata per una
forma di tumore. In questo periodo si dedica al collage e un’opera importante fu il
nudo blu.

NUDO BLU, 1952


È un corpo fatto a pezzi in forme appuntite e connesse con evidenti linee di
separazione. Questa è una figura femminile di cui non vediamo particolari, ma solo la
sagoma, come se fosse un’ombra di colore blu.

ERNST LUDWIG KIRCHNER (1880/1938)


Uno dei 4 architetti che formano il Die Brucke. Formò una scuola di pittura moderna,
che però non ebbe successo. Si stabilì a Berlino nel 1911.
In un primo tempo, egli si dedicò in particolar modo alla pittura di paesaggi e alla
ritrattistica; in un secondo momento, inizierà a cambiare stile artistico, realizzando
prevalentemente opere riproducenti soprattutto temi di grande attualità e dai contorni
sempre più deformi.
Caratteristiche:
- Colore forte, marcato
- Semplificazione della forma. C’è l’uso di ispirarsi a questi idoli africani
- Sentimento/emotività (depressione soprattutto) per via del clima
La comunicazione è importante. Die brucke si fecero conoscere attraverso riviste,
giornali… ma non si parlava solo di arte visiva, ma anche di politica, letteratura…

QUATTRO BAGNANTI, (1909)


Il tema (impressionista) che scelse per rappresentare la realtà fu la natura.
Nell’opera, vediamo che le figure sono caratterizzati da segni marcati.
Le linee spezzate creano angoscia nello spettatore. Vi sono 4 donne presso un fiume e
sullo sfondo un paesaggio collinare. I particolari sono assenti.

FRANZI, (1910)
Il soggetto è una ragazzina, di cui il volto è un volto non tondo.
Colori messi in un certo modo; sono complementari per dare più luminosità.
Il corpo femminile è uno dei temi più rappresentati.
Lei siede su una sedia, il cui schienale è stato scolpito a forma di donna nuda di
colore rosa-carne.
La ragazza fissa lo spettatore con aria di sfida mentre il verde intenso del suo viso,
definito da pennellate spesse e innaturalistiche, contrasta con i toni rosa della carne
della figura femminile che la incornicia. La collocazione frontale del soggetto
suggerisce l'influenza di Munch, Van Gogh e Gauguin, e richiama anche l'arte
primitiva.

MARCELLA, (1910)
Il pittore cerca di captare quello che sono le sue sensazioni, come nel caso di
Marcella (2 versioni). Una giovane donna con un fiocco bianco tra i capelli, nuda sul
letto, siede a braccia incrociate guardando dritta davanti a sé. I grandi occhi neri sono
truccati pesantemente e la bocca, dipinta di rosso, sta imbronciata sul viso bianco.
Il corpo non esprime bellezza, anzi lei è chiusa nel suo corpo, si copre.
Interessato a portare su tela, quindi ad esprimere, quello che è il suo mondo interiore,
ed in questo caso l’idea che l’autore ha del passaggio dall’età della fanciullezza a
quella dell’adolescenza.
Le linee di forza del dipinto sono verticali e alcune oblique.
Il dipinto rappresenta una ragazzina nella stessa posizione di quella rappresentata
da Munch (La pubertà), con le braccia posizionate allo stesso modo. Ma questa è
truccata e comunica all’osservatore un sentimento aggressivo e un po’ titubante.

PIAZZA DI NOLLENDORF, (1912)


Il periodo di Berlino, fa evolvere la tecnica di Kirchner in pennellate oblique e
spezzate. La costruzione degli spazi tra una figura e l’altra da luogo a continui angoli
acuti, che ricordano il gotico. Il protagonista è soprattutto la città, come vediamo in
quest’opera, la quale, è tutta giocata su due colori, blu e giallo, la cui mescolanza dà
il verde, ed è giocata anche sulle diagonali create dagli autobus/tram che si
incontrano danno senso della piazza.
C’è ingorgo. Vi è una visione dall’alto. Personaggi sono come macchie.
Edificio frontale incombe su tutto.

CINQUE DONNE NELLA STRADA, (1913)


L’opera mostra queste cinque donne che appaiono come prostitute.
Le figure appaiono esageratamente deformate.
I cappelli piumati sembrano uccelli che conferiscono alle figure l'aspetto di corvi neri,
esse contrastano con uno sfondo giallo/verde che allude alla luce innaturale di un
lampione. Queste prostitute sono ritratte in una realtà bidimensionale.
Esprimono il disagio e la degradazione contemporanea.
La spigolosità che caratterizza le donne, i profili diritti e taglienti, i volti cadaverici e
inespressivi, le rendono capaci solo di attrazioni maligne. Le donne vestono con
eleganza artificiale, ma sembrano maschere.
La scena è ambientata in un’atmosfera notturna per descrivere la realtà sociale
nascosta. Le linee sono miste, in particolare spezzate per conferire loro un’aria da
arpie. I colori sono acidi e sono resi ancora più cupi dalla mescolanza con il nero, per
i vestiti e i cappelli. Il colore dominante è il verde.
*Con Klimt idea della donna fatale, qui donna che porta anche la distruzione, e la
morte*

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