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Il giunto saldato:

microstruttura e principali difetti

G.M. La Vecchia
Università di Brescia
Dipartimento di Ingegneria Meccanica
Definizione di saldatura e di saldabilità
Saldatura: Unione permanente di due parti metalliche ottenuta
realizzando la continuità del collegamento

Saldabilità: attitudine di un materiale a prestarsi alla realizzazione


di collegamenti saldati con le volute caratteristiche
‰ saldabilità operativa (tecnologia della saldatura)
‰ saldabilità metallurgica (modifiche della microstruttura)
‰ saldabilità meccanica/costruttiva (proprietà dell'insieme)

Evoluzione storica:
9 1877: saldatura a resistenza (Thompson)
9 1901: cannello ossiacetilenico (Picard e Fouché)
9 1908: elettrodo rivestito (Kielberg)
9 seconda guerra mondiale: TIG, MIG, arco sommerso
9 dopoguerra: plasma, fascio elettronico
9 1958: laser
9 1991: friction stir welding
Tipologie di saldatura
Saldatura per fusione
Una sorgente termica concentra una potenza sufficiente per portare a fusione i
lembi da unire e l’eventuale metallo d’apporto

Brasatura
Una sorgente termica porta a fusione solo un volume di metallo d’apporto che
risolidificando tra i lembi da unire crea il collegamento

Saldatura a pressione
una sollecitazione meccanica abbinata al riscaldamento dei lembi da unire
consente la saldatura per fenomeni diffusivi o per “ricristallizzazione” della zona di
interfaccia tra i due materiali
Struttura di un giunto saldato per fusione

Zona fusa (ZF)

‰ Rappresenta la porzione di lega metallica che raggiunge la temperatura di


fusione
‰ È composta dal metallo base e dall’eventuale metallo d’apporto

Zona termicamente alterata (ZTA)


‰ parte del giunto saldato che non raggiunge la fase liquida ma
subisce modifiche microstrutturali per i cicli termici di saldatura
Metallo base
‰ la rimanente porzione del giunto saldato a distanza
sufficientemente elevata dalla saldatura da non subire alterazioni
apprezzabili nella microstruttura e, quindi, nelle caratteristiche
meccaniche
Struttura di un giunto saldato per fusione
Z.F.

Z.T.A.
Configurazione del giunto saldato

Per ottenere la massima efficienza del giunto è


necessario realizzare la completa penetrazione
della zona fusa

‰ Per spessori contenuti è sufficiente la


saldatura con lembi retti in una o due
passate contrapposte
‰ Per spessori maggiori si ricorre alla
preparazione dei lembi (cianfrino) e alla
saldatura multipassata
Cicli termici di saldatura

‰ Il calore viene dissipato per irraggiamento, convezione ma soprattutto per


conduzione attraverso il materiale base
‰ Le leggi di riscaldamento e raffreddamento nelle varie zone dipendono dalla
conducibilità termica del metallo base e dalle caratteristiche geometriche del
giunto
‰ In zona fusa il metallo in fase di solidificazione subisce delle contrazioni
volumetriche che generano tensioni e possibili cricche (a caldo) oltre che
distorsioni
‰ In ZTA la rapidità dei cicli di raffreddamento può modificare significativamente
la struttura del metallo (es. acciaio legato passaggio da austenite a martensite)
Cicli termici di saldatura
Saldatura ad arco
TIG
Apporto termico specifico (in J/cm):

V ⋅ I ⋅ 60
Q=
ν
V: tensione di saldatura
I: corrente di saldatura
ν: velocità di avanzamento della
sorgente
Cicli termici di saldatura

temperatura di
un generico punto
all’interfaccia ZF/ZTA

‰ Effetti indotti dalle saldature multipassate


Effetto della composizione dell’acciaio
= fonte di calore
= parametri di
saldatura
= geometria

C=0,1%

‰ Diverse leggi di raffreddamento in funzione della posizione nel giunto


saldato
‰ Forte effetto di C e Mn sulla possibilità di formare fasi dure e fragili
Effetto della composizione dell’acciaio

C=0,5%

‰ Diverse leggi di raffreddamento in funzione della posizione nel giunto saldato


‰ Forte effetto di C e Mn sulla possibilità di formare fasi dure e fragili
Effetto della composizione dell’acciaio

C=0,5%
Mn=1,5%

‰ Diverse leggi di raffreddamento in funzione della posizione nel giunto


saldato
‰ Forte effetto di C e Mn sulla possibilità di formare fasi dure e fragili
Modifiche microstrutturali in ZTA
In ZTA si possono determinare le seguenti modifiche microstrutturali:
1. Variazioni dimensionali del grano cristallino
2. Formazione di nuovi costituenti strutturali
Modifiche microstrutturali in ZTA
Considerando il caso degli acciai, tanto più essi sono legati tanto più sarà facile avere alcune
porzioni della ZTA che, al raffreddamento, passano da struttura austenitica a martensite.
‰ La martensite non sempre consente di assecondare le tensioni di ritiro senza criccarsi
(cricche a freddo)
‰ In zona fusa la diluizione con il metallo d’apporto consente spesso di evitare questi effetti

C.C.T. per acciaio ipoeutettoidico


con formazione di martensite
Variazioni reticolari indotte dalla
trasformazione martensitica

atomo di Fe
evidenziando anche le posizioni degli
atomo di C
atomi di C

2 celle c.f.c. cella cella t.c.c.


dell’austenite t.c.c. della
martensite
Martensite in z.t.a. = elevata probabilità di formazione cricche a freddo

Martensite + idrogeno = condizione ottimale per formazione cricche


a freddo

Effetti negativi dell’idrogeno in saldatura:


z.f.: porosità
z.t.a.: cricche a freddo

Possibili fonti di idrogeno: umidità materiale non metallico coinvolto nella s.


composti idrati (ruggine) o residui riconducibili a non
corretta pulizia dei lembi di M.B.
umidità dell’aria
Concentrazione idrogeno

L
Durante la solidificazione si può avere una
condizione di sovrasaturazione dell’H.
γ δ
α L’H si posiziona interstizialmente ed accentua la
deformazione della martensite portandola verso
Temperatura condizioni di rottura
e dell’idrogeno

Deformazione aggiuntiva del reticolo cristallino fragilità


Martensite in acciaio Martensite in acciaio
ipoeutettoidico ipereutettoidico

Struttura caratterizzata da un’alta densità di


dislocazioni, elevato stato tensionale residuo
bassa tenacità
Cricche di tempra in un acciaio al C

Trasformazione martensitica = aumento di volume


Trasformazione non istantanea su tutto il volume

Sono più facilmente saldabili gli acciai non temprabili (acciai basso legati)
Ceq = %C + %Mn/6+(%Cr+%Mo+%V)/5+(%Ni+%Cu)/15
Ceq<0,4% buona saldabilità; Ceq>0,6% saldabilità critica
e dell’idrogeno

Deformazione aggiuntiva del reticolo cristallino fragilità

Aggiunta elementi di lega

Acciai legati maggiore facilità alla formazione di martensite


> tendenza alla formazione di cricche a freddo
Solidificazione del giunto
La traslazione della sorgente termica
genera una pozza di metallo fuso che
segue la fonte di calore durante la
saldatura
‰ Struttura di un metallo grezzo di
fusione che è solidificato
rapidamente
‰ maglie di saldatura
Solidificazione del giunto
Da un punto di vista microscopico, il processo di
solidificazione del metallo saldato prende origine
dalla linea di fusione e procede secondo i
seguenti meccanismi:
‰ epitassiale - Gli atomi del liquido si
depositano sull’interfaccia liquido/solido in
modo da estendere la struttura del solido,
conservando la preesistente orientazione
cristallografica dei grani nella ZTA;
‰ competitivo - tra i grani in crescita,
quelli con orientazione più favorevole
(gradiente termico e orientazione
cristallografica) crescono più velocemente
tanto da prevalere sui restanti
Forma della zona fusa e
struttura del cordone di saldatura

La crescita preferenziale dei grani coincide con la direzione normale alla superficie di
separazione solido-liquido
‰ Lento avanzamento della sorgente → pozza a forma ellittica: i grani tendono a
incurvarsi per seguire l’andamento del massimo gradiente termico
‰ Avanzamento veloce della sorgente → pozza a forma di goccia: i grani sono
leggermente inclinati rispetto alla direzione di saldatura, si forma una discontinuità
nella mezzeria della z.f. (segregazione degli elementi al centro cordone,
anisotropia)
Solidificazione della zona fusa in
condizioni di non-equilibrio

Con l’avanzamento rapido del fronte di solidificazione,


gli elementi di lega che si concentrano nel liquido non
riescono a ridistribuirsi in modo omogeneo
‰ accumulo di soluto davanti all’interfaccia
solido-liquido

gradiente di composizione
‰ gradiente della temperatura

considerando l’effettivo profilo di temperatura nel


metallo fuso, si riscontra l’esistenza di porzioni di
metallo allo stato liquido pur a temperature inferiori a
quella del liquidus:

⇒ sottoraffreddamento costituzionale
Strutture di solidificazione del metallo saldato

In funzione dell’entità del


sottoraffreddamento:
‰ crescita planare (a)
‰ crescita cellulare (b)
‰ crescita cellulare-dendritica (c)
‰ crescita dendritica-colonnare (d)

influenza su:
‰ segregazioni
‰ comportamento meccanico ed a
corrosione
‰ tendenza alla criccatura soprattutto a
caldo

Dendriti di grosse dimensioni


Cricche a caldo

Le cricche a caldo sono lacerazioni che si manifestano in zona fusa nel corso
della solidificazione del metallo saldato
9 A temperature intermedie tra quella di solidus e di liquidus si formano dei
legami tra i due fronti di metallo in fase di solidificazione ma permane la
presenza di liquido (segregazioni)
9 Contemporaneamente si instaurano tensioni di ritiro per il passaggio allo stato
solido di parte del metallo e tensioni indotte dal contatto dei fronti delle dendriti
giunte a contatto ed in fase di crescita (vincoli del giunto)
9 La possibilità di avere inneschi di cricche è favorita dalla presenza di
temperature elevate, in corrispondenza delle quali le leghe metalliche presentano
ridotta resistenza meccanica
Cricche a caldo in zona fusa:
si formano in fase di solidificazione
Tensioni di ritiro; materiale con basso Rm
(gli inneschi delle rotture si hanno per T>>Tamb)
Fragilità a caldo; dendriti grossolane; segregazioni/impurezze

•Fattori di influenza
¾Forma del cordone
¾Grado di vincolo
¾Composizione chimica metallo base/metallo d’apporto
¾Apporto termico (es. elevato apporto termico favorisce
l’ingrossamento delle dendriti)
Cricche a freddo
Sono difetti che si formano prevalentemente
in ZTA al termine del raffreddamento
9 Si ha un accumulo di tensioni per i ritiri,
dipendenti dall’entità del gradiente termico
che ha subito il materiale
9 La presenza di strutture fragili e dotate di
elevata durezza è un fattore che favorisce la
formazione delle cricche a freddo
Zona termicamente alterata

Gradiente termico 1
rappresentativo della 2 3 4
ZTA compresa tra i
punti 2 e 3
Zona termicamente alterata
I punti della ZTA compresi tra 3 e 4 non
superano i punti critici in fase di riscaldo
pertanto, per essi, non sono possibili
trasformazioni martensitiche in fase di
raffreddamento

1
4 3 2
I problemi legati alla zona termicamente alterata sono descritti dal
parametro CE, carbonio equivalente. Tale parametro è anche usato per
valutare la saldabilità degli acciai.

CE = C + Mn/6 + (Cr+Mo+V)/5 + (Ni+Cu)/15

Il CE è in indice per la misura della maggiore o minore attitudine ad


assumere struttura di tempra al raffreddamento dopo saldatura

se CE<0,4 acciaio facilmente saldabile

se 0,4<CE<0,6 acciaio saldabile con pre-riscaldo

se CE>0,6 Problemi di saldabilità.


Sono necessari pre e post-riscaldi
Scopo del preriscaldo:
ridurre la velocità di raffreddamento della ZTA in modo tale da
escludere per gli acciai debolmente legati la formazione di
martensite.
Nel caso di acciai fortemente legati il preriscaldo non può evitare
la formazione di martensite ma favorisce la diffusione
dell’idrogeno limitando il sovratensionamento della martensite.

Scopo del post-riscaldo:


ridurre lo stato tensionale della martensite
rendendo in tal modo più duttile il giunto saldato
Cricche associate alla presenza di
idrogeno

‰ Possibile assorbimento d’idrogeno dall’ambiente e diffusione


preferenziale di questo elemento nelle ultime zone che permangono in
fase γ per la maggiore solubilità nel reticolo cfc
Cricche associate alla presenza di idrogeno
ZF ZTA

T1 T2
‰ Il metallo saldato (ZF), spesso meno legato del metallo base si trasforma prima da austenite
in altri costituenti a base di Fe-α tempo Τ1 (si sta ipotizzando di realizzare una saldatura con
metallo di apporto).
‰ la trasformazione dell’austenite in ferrite nella ZF con la conseguente riduzione della
percentuale di idrogeno che può essere contenuta in condizioni di equilibrio in tale fase
provoca la diffusione e la concentrazione dell’idrogeno in ZTA (tempo T1-T2)
‰ Al tempo T2 l’austenite presente nella ZTA si trasforma in martensite con conseguente
infragilimento e facile criccabilità di tale zona
Strappi lamellari
Gli strappi lamellari sono cricche che si manifestano nel metallo
base se sollecitato perpendicolarmente al piano di laminazione
9 Tensioni di ritiro con vincoli e geometria particolare del giunto
(a T o L, con tensioni elevate perpendicolarmente alla
superficie di laminazione)
9 Metallo base laminato con elevato numero di microinclusioni
(specialmente solfuri) nel piano di laminazione, che
riducono fortemente la duttilità del MB in direzione
perpendicolare al piano di laminazione
9 Gli strappi lamellari si manifestano nel MB, quando questo ha
spessori elevati (in genere superiori a 20mm) e si nucleano in
corrispondenza delle inclusioni non metalliche
9 Per evitarli, oltre alla scelta ovvia di materiali con minor
tenore di inclusioni, vanno adottati accorgimenti per limitare le
tensioni in direzione critica, modificando la geometria del
giunto o realizzando opportunamente le diverse passate
Mancanza di penetrazione o di fusione

Sono discontinuità tra il cordone di saldatura ed uno dei lembi (mancata fusione) o tra i
due lembi (mancata penetrazione) provocate dal fatto che uno o entrambi i lembi
non sono giunti a fusione.
In genere si trovano nella prima passata di giunti a V, o a X.
Sono spesso provocate dalla errata preparazione dei lembi, da lembi troppo ravvicinati o
da una loro progressiva chiusura durante l’avanzare della saldatura.
Sono difetti spesso inaccettabili e di difficile rilevazione se interni e con lembi molto
ravvicinati
Incollaggi

Si evidenziano quando è presente uno


strato di ossido tra la zona fusa ed il
lembo da saldare; causano notevole
riduzione della resistenza meccanica
del giunto
Si osservano nelle leghe che formano
facilmente ossidi (es. leghe Al) e, per
gli acciai quando vengono utilizzate
tecniche di saldatura a bassa
protezione (es. saldatura
ossiacetilenica).
Porosità e soffiature:
gas rimasti intrappolati nel metallo fuso
Altri difetti: mancanza di penetrazione /incollature/
inclusioni (esogene) scoria, tungsteno (da elettrodo)……
Effetto dell’inquinamento atmosferico
Il metallo che si trova nella pozza di fusione, liquido e ad elevata temperatura, a contatto con l’aria
tende ad assorbire ossigeno, azoto e idrogeno, con effetti deleteri per il cordone di saldatura.
Effetto dell’ossigeno
‰ L’ossigeno ha sia la tendenza a formare precipitati, con maggiore o minore affinità per gli
elementi con i quali viene in contatto, sia la tendenza ad entrare in soluzione nel metallo
liquido rimanendo in condizioni di sovrasaturazione all’atto della solidificazione
‰ Negli acciai il primo effetto provoca la formazione di ossidi, mentre il secondo provoca la
formazione di CO, che forma bolle che possono rimanere intrappolate nella zona fusa
originando porosità da gas.
Effetto dell’azoto
‰ La solubilità dell’azoto nel metallo si riduce drasticamente passando dallo stato liquido a
quello solido. Dopo solidificazione l’azoto si trova in soluzione solida sovrassatura.
‰ Negli acciai dolci l’azoto tende a migrare in corrispondenza delle dislocazioni causando
fenomeni simili all’invecchiamento. Inoltre si possono formare dei nitruri, con effetto
infragilente.
Protezione del bagno metallico dall’atmosfera
Per evitare che ossigeno ed azoto vengano in contatto con la pozza di fusione si adottano una serie
di protezioni del bagno metallico
‰ Nella saldatura a fascio elettronico si esegue la saldatura sotto vuoto
‰ Per saldature TIG e MIG, plasma e laser nella regione circostante la sorgente termica viene
creata un’atmosfera priva di ossigeno e azoto, generalmente facendo affluire argon o
elio
‰ Nella saldatura ossiacetilenica viene fatto affluire un gas che, pur contenendo ossigeno (i gas
di combustione dell’acetilene sono CO e H2), lo ha in forma combinata e non mostra
tendenza a formare ossidi.
‰ Nella saldatura ad arco sommerso si adotta un flusso che, formando uno strato di scoria
che coprendo la pozza di fusione, ne previene il contatto dell’atmosfera.
‰ Nella saldatura con elettrodi rivestiti si combina l’effetto protettivo di un gas inerte con quello
della scoria formata dal rivestimento dell’elettrodo

L’ossigeno eventualmente presente tende a formare ossidi. Per eliminare questi ultimi si opera una
disossidazione con Silicio e Manganese che, per maggior affinità con l’ossigeno, formano ossidi
con bassa densità e che tendono facilmente a localizzarsi nella parte alta della pozza liquida. Si e
Mn sono contenuti nel rivestimento degli elettrodi, nel metallo d’apporto o nel flusso copertore.
Inclusioni

Inclusione di
scoria

Si parla di inclusioni quando nel cordone di saldatura sono presenti particelle non
metalliche di varia origine
Inclusioni di scoria
‰ Nei procedimenti di saldatura ad arco sommerso (specialmente in passate
multiple) o con elettrodi rivestiti può accadere che parte della scoria rimanga
intrappolata nella zona fusa (anche per pulizia non corretta della scoria lasciata
nella passata precedente).
Inclusioni di tungsteno
‰ In saldature TIG alcuni frammenti di tungsteno possono essere presenti in ZF a
causa dell’errata movimentazione della torcia.
Inclusioni gassose

Radiografia porosità diffusa in ZF

Inclusioni gassose
‰ Sono dovute all’intrappolamento di gas in ZF. Sono generalmente
tondeggianti, di piccole dimensioni (<1mm, dette pori) o di dimensioni
maggiori (soffiature).
‰ Sono meno pericolose porosità distribuite che porosità raggruppate o
poche soffiature di dimensioni molto grandi.
‰ Pericolose sono anche porosità allungate ad una estremità chiamate tarli.

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