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LE DEFINIZIONI IN MATEMATICA

Giuseppe Peano
Giuseppe Peano nacque a Spinetta, in
provincia di Cuneo, il 27 agosto 1858 da
Bartolomeo Peano e Rosa Cavallo e morì a Torino
il 20 aprile 1932.
Secondo di cinque figli, Giuseppe iniziò la sua
carriera scolastica nella scuola del paese natale;
in seguito, con il fratello maggiore, andò a scuola
a piedi ogni giorno fino a Cuneo, luogo dove poi,
trovati la casa ed il terreno in affitto, finì per
stabilirsi tutta l’intera famiglia.
Michele Cavallo, fratello della madre,
ecclesiastico e avvocato alla curia vescovile di
Torino, accortosi delle capacità del nipote, lo
invitò a terminare gli studi a Torino1. Così Peano studiò privatamente presso
l’Istituto Ferraris, sostenendo poi gli esami al Ginnasio Cavour nel 1873;
iscrittosi in seguito al Liceo Cavour, vi ottenne la licenza liceale nel 1876
unitamente ad una borsa del “Collegio delle Provincie”, borsa di studio questa,
istituita appositamente per permettere gli studi universitari agli studenti della
provincia. Peano si iscrisse quindi all’Università di Torino, laureandosi in
Matematica il 29 settembre 1880.
La carriera accademica di Peano si svolse tutta in questa Università:
divenne subito assistente di E. D’Ovidio, e dal 1881 al 1890 assistente di A.
Genocchi; nel 1890, fu chiamato come professore straordinario sulla cattedra di
Calcolo infinitesimale, di cui rimase formalmente il titolare fino al 1931. Dal
1925 al 1931, causa uno scambio di compiti didattici con F. G. Tricomi, tenne di
fatto le lezioni di Matematiche Complementari, di cui divenne titolare nell’a.a.
1931/32. Inoltre, dal 1886 al 1901 fu professore stabile dell’Accademia Militare
di Torino e negli anni 1908-1910 fu incaricato di Analisi Superiore.
Ebbe numerosi riconoscimenti e onorificenze: cavaliere, ufficiale e
commendatore dell’Ordine della Corona d’Italia; fu socio dell’Accademia delle
Scienze di Torino, dell’Accademia Nazionale dei Lincei, dell’Istituto Lombardo
di Scienze e Lettere, del Circolo Matematico di Palermo, della Sociedad
cientifica “Antonio Alzate” del Messico, dell’Institut National di Ginevra, della
Società fisico-matematica di Kasan, presidente dell’Accademia pro Interlingua,

1
“Furono le capacità di Giuseppe, subito riconosciute, che convinsero lo zio a
chiamarlo a Torino; ma non si devono passare sotto silenzio i sacrifici che
affrontarono i genitori per far studiare i figli: in tempi di diffuso analfabetismo
nelle campagne, la loro dedizione fu straordinaria.” Cfr. KENNEDY H.C., pag.
18.
nonché fondatore e direttore della “Rivista di Matematica” di cui parleremo fra
poco.
Gli oltre duecento lavori pubblicati2, documentano ampiamente la varietà
degli interessi del Peano: i suoi contributi maggiori riguardano l’Analisi
matematica, la Logica matematica e la Critica dei fondamenti, ma egli ottenne
dei notevoli risultati anche per quanto riguarda la Geometria, il Calcolo
numerico, la Meccanica razionale, la Matematica attuariale e si interessò anche
di altri campi quali la Linguistica e la Filologia, la Storia delle matematiche e la
Didattica.
Come già anticipato, nel 1891 fondò la “Rivista di matematica”: Peano ne fu
anche il direttore fino al 1906, anno di cessazione della pubblicazione. Nella
seconda pagina del primo volume si legge: “La Rivista di matematica ha scopo
essenzialmente didattico, occupandosi specialmente di perfezionare i metodi di
insegnamento”. In realtà gli articoli propriamente di didattica, almeno nella
concezione tradizionale, sono pochi; nei vari articoli e nelle recensioni ci sono
significative considerazioni su argomenti didattici, che fanno intuire alcune idee
sull’insegnamento della matematica di Peano e della sua scuola più in generale.
Cercherò di delineare una sintesi, necessariamente incompleta, su queste
idee.
Secondo Peano, alla base della didattica matematica, come anche della
matematica, vi è il rigore ed il metodo assiomatico. Perfezionare i metodi di
insegnamento per Peano significa quindi chiarire le definizioni ed i concetti
fondamentali, utilizzare una rigorosa forma di linguaggio3 e presentare la
matematica con metodo assiomatico. In quest’ottica, un’opera come il
Formulario mathematico, trattato fra i più importanti tra quelli pubblicati dal
matematico, assume quindi un significato ben preciso: Peano voleva che esso
venisse usato nelle scuole, per cui il professore vedeva ridotto il suo compito a
insegnare a leggere le formule4.
Peano, coerente alla sua politica del rigore, dava particolare importanza
anche al metodo storico per l’insegnamento; scrive E. Carruccio5: “Il metodo
storico propugnato da Peano è severo e preciso, consistendo nell’esposizione dei

2
L’elenco completo delle opere lo si può trovare nella biografia scritta da
H.C.KENNEDY.
3
Magari un linguaggio nuovo ed uguale per tutti: ad esempio l’interlingua o
latino senza flessioni, linguaggio creato dal matematico piemontese dotato di
pochi simboli, con poche regole in modo che tutti potessero imparare.
4
“Un po’ come oggi si dovrebbe insegnare ad utilizzare il linguaggio di
programmazione agli allievi perché poi possano usare programmi didattici con il
loro personal computer…”. Cit. da F. ARZARELLO, pag. 36.
5
Cit. da RICCI G., pag.109.
frammenti originali, e meglio ancora nello studio diretto delle opere dei grandi
matematici del passato”.
Peano si interessò anche dell’insegnamento elementare, pubblicando lo
scritto “Sui libri di testo per l’aritmetica nelle scuole elementari”6 e il piacevole
libretto “Giochi di aritmetica e problemi interessanti”7.
In quest’ultima opera, in particolare, Peano nella conclusione si esprime
così: “La differenza fra noi e gli allievi affidati alle nostre cure sta solo in ciò,
che noi abbiamo percorso un più lungo tratto della parabola della vita. Se gli
allievi non capiscono, il torto è dell’insegnante che non sa spiegare. Né vale
addossare la responsabilità alle scuole inferiori. Dobbiamo prendere gli allievi
come sono, e richiamare ciò che essi hanno dimenticato, o studiato sotto altra
nomenclatura. Se l’insegnante tormenta i suoi alunni, e invece di accattivarsi il
loro amore, eccita odio contro sé e la scienza che insegna, non solo il suo
insegnamento sarà negativo, ma il dover convivere con tanti piccoli nemici sarà
per lui un continuo tormento. Ognuno si fabbrica la sua fortuna, buona o
cattiva. Chi è causa del suo mal, pianga sé stesso. Così disse Giove, e lo riferisce
Omero (Odissea I, 34). Con questi principii, caro lettore e collega, vivrai
felice”8.
Volutamente ho tralasciato approfondimenti riguardanti gli studi di Peano
per quanto riguarda la Logica, la Critica ai fondamenti e altri settori che ho
soltanto menzionato; per chi fosse interessato, la bibliografia che riporto dà
notevoli informazioni anche sui temi suddetti.

L’articolo che qui riportiamo, è stato pubblicato nel 1921 nella rivista
“Periodico di matematiche”, serie IV, n.1, pag. 175-189. In esso ho scritto in
caratteri italiani sia le parole greche del testo, sia, in luogo della simbologia
logica usata da Peano, la seconda formula del paragrafo 10.

Margherita Grechi

6
Ne “Periodico di matematiche”, serie IV, vol. IV, n.3, anno 1924, pag. 237-242.
7
Ed. G. B. Paravia, Torino 1924; di questo vi furono parecchie edizioni
successive (la più recente: Sansoni, Firenze 1983).
8
Alcuni hanno obiettato a questa conclusione dicendo che il problema
[dell’insegnamento] non si risolve, in generale, per puro istinto e con
l’applicazione di principi così semplici. [ Dalla recensione al volume III di
“Opere scelte” di G. PEANO, pag. 351].
Personalmente credo che, dopotutto, questo potrebbe essere un buon inizio…
BIBLIOGRAFIA

1. ARZARELLO F., “La scuola di Peano e il dibattito sulla didattica della


matematica”, in AA.VV., “La matematica tra le due guerre mondiali”,
Pitagora, Bologna 1987, pag. 25-41.
2. CASSINA U., “Un chiarimento sulla biografia di Peano”, ne “Bollettino
dell’U.M.I.”, serie III, Vol.12, anno 1957, pag. 310-312.
3. FURINGHETTI F. & SOMAGLIA A., “Giornalismo matematico a carattere
elementare nella seconda metà dell’Ottocento”, ne “L’insegnamento della
matematica e delle scienze integrate, Vol. 15, n. 8, agosto 1992, pag. 816-
852.
4. GEYMONAT L., “Peano e le sorti della logica in Italia”, ne “Bollettino
dell’U.M.I.”, serie III, Vol.14, anno 1959, pag.109-118.
5. KENNEDY H.C., “Peano – Storia di un matematico”, Boringhieri, Torino
1983.
6. KENNEDY H.C., “Una lettera inedita di G. Peano sulla preparazione
matematica dei suoi allievi”, ne “Archimede”, n. 32, anno 1980, pag. 56-58.
7. LEVI B., “L’opera matematica di Giuseppe Peano”, ne “Bollettino
dell’U.M.I.”, serie II, Vol.11, anno 1932, pag.253-262.
8. NATUCCI A., “In memoria di Giuseppe Peano”, ne “Bollettino di
matematica”, serie II, Vol. 28, anno 1932, pag.50-56.
9. RICCI G., “In memoria di Giuseppe Peano - Recensioni”, ne “Bollettino
dell’U.M.I.”, serie III, Vol.12, anno 1957, pag.104-109.
10. ROERO C. S. [a cura di], «La Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche
Naturali di Torino 1848-1998», Tomo II: «I Docenti» - Voce: Giuseppe
Peano curata da F. SKOF, Torino 1999, pag. 499-503.
11. VIOLA T., “Giuseppe Peano: Opere Scelte, vol. III – Recensioni”, ne
“Bollettino dell’U.M.I.”, serie III, Vol.16, anno 1961, pag.345-355.
Le definizioni in Matematica
______

Aristotele diede delle regole per le definizioni e dimostrazioni in generale, le


quali regole sono riprodotte, nei trattati di logica scolastica, fino ad oggi quasi
inalterate. Ma negli ultimi tempi, i cultori della logica matematica, o simbolica,
riesaminarono questa questione, trovando che parecchie regole scolastiche non si
applicano alle definizioni matematiche, e che queste soddisfano a regole non
prima enunciate.
Esaminerò qui successivamente le varie regole9.
Nella sua
§ 1. Ogni definizione è una eguaglianza. – Ogni definizione ha la forma: generalità, si
tratta di un
definito = definiente, principio di
sostituzione: il
nome della cosa
ove il definito è un nuovo segno, o parola o frase o proposizione, ed il definiente
in luogo della
è un’espressione composta con segni noti. La definizione esprime la convenzione
cosa; si tratta di
di usare il definito invece del definiente più lungo.
un meccanismo
Ciò è chiaro nelle eguaglianze:
ricorrente nella
matematica che
2 = 1 + 1, 3 = 2 + 1, 4 = 3 + 1, ecc. si trasferisce
anche in sede
che si possono considerare come le definizioni delle cifre 2, 3, 4, ecc. supposta logica quando
nota la cifra 1, e il segno dell’addizione +, anche limitato al caso in cui il "invochiamo" un.
secondo termine della somma è 1, cioè l’operazione +1. teorema
Sono pure eguaglianze le definizioni comuni dei numeri trascendenti: dimostrato
senza dover
La relazione di e = lim (1 + 1/m)m per m infinito, ripetere la sua
uguaglianza riveste un dimostrazione.
ruolo fondamentale ne e della costante di Eulero:
senso che ogni
definizione è riferibile ad = lim (1 + 1/2 + 1/3 + … + 1/n – log n), per n infinito.
una uguaglianza, anche
se non vale il viceversa. Se il segno ideografico = non è scritto fra i due membri della definizione,
esso è espresso con i termini del linguaggio comune, cui si può sostituire.

9
Alcune delle osservazioni che seguono furono già da me pubblicate in un
articolo collo stesso titolo francese, in Congrès international de philosophie,
Paris 1900; poi in un altro più ampio, nell’Institut de Cienceies de Barcellona,
1911. Molti altri autori trattarono contemporaneamente, e poi, la stessa
questione; essi saranno citati in seguito.
Per esempio, la prima definizione di Euclide “ punto è ciò che non ha parti ”
si può scrivere

punto = “ ciò che non ha parti ”.

La seconda definizione può essere scritta:

linea = “ lunghezza senza larghezza ”.

Il definito può essere composto da più parole. Sono tali le comuni definizioni
di “ linea retta ”, di “ numero primo ”, ecc.
Il definito può anche essere una proposizione o una relazione.
Così la definizione del parallelismo fra due rette, in Euclide, I, 23, si scrive:

“ Due rette sono tra loro parallele ” = “ Esse giacciono in un medesimo piano, e
comunque prolungate hanno nessun punto comune ”.

Parimente, la definizione di Euclide, VII, 13, può essere scritta:

“ Due numeri sono primi fra loro ” = “ Essi hanno nessun divisore comune, oltre
l’unità ”.

Quindi, per ridurre ogni definizione all’eguaglianza, è necessario usare il


segno =, non solo fra due numeri, ma pure fra due classi, fra due proposizioni, e
fra ogni specie di enti.
Una proposizione della forma:

= 3,1415….

non può essere una definizione, quantunque si presenti come un’eguaglianza;


essa è un’eguaglianza impropria, indicando solo le prime cifre di , o meglio
essa significa in modo preciso:

3,1415 < < 3,1416 ,

che non è un’eguaglianza, e quindi non può essere una definizione.


La definizione 3 di Euclide “ gli estremi d’una linea sono punti ”, non può
essere una definizione. Non è la definizione di punto, definito per la proposizione
1 sopra riportata; non è la definizione di linea, definita per la 2; non è la
definizione di estremo, perché l’affermare che gli estremi della linea sono punti,
esprime una proprietà degli estremi, che non basta a individuarli. La

Si tratta evidentemente di
una definizione "reale" che
richiama altresì il concetto
di estremo
proposizione 3 ora citata ha il nome di definizione nella versione di Euclide,
fatta da Heiberg, in Lipsia 1883, e in quasi tutte le versioni; ma il testo euclideo
dà a tutte le proposizioni del capitolo il nome generico di oroi , e il greco oros
significa termine.
Ciò risulta dalla successiva definizione 13 “termine, oros è l’estremo di
qualche cosa ”, e da tutto il libro V, ove oros indica termine di una
proporzione. Quindi, giustamente il prof. Vacca, nella sua versione dice: “
traduco con termini il greco oroi, piuttosto che con definizioni, come si fa
comunemente, perché queste prime pagine introduttorie, invece che definizioni
matematiche, sono piuttosto chiarimenti o spiegazioni analoghe a quelle che si
danno oggi nei dizionari ” 10.
Del resto conviene ricordare che i libri di Aristotele, di Euclide, e più tardi la
grammatica del Donato, l’aritmetica di Boezio, e tutti i libri scolastici, furono
trasmessi a noi mediante copie successive fatte dagli insegnanti e dagli studenti;
ed ogni copista aggiungeva e modificava il testo a suo arbitrio, sicché è difficile
il riconoscere la parte che spetta ai singoli collaboratori.
La regola che ogni definizione sia un’eguaglianza, si trova implicita in
Aristotele, quantunque non vi si trovi la parola eguaglianza. Vedasi: A.
PASTORE, Le definizioni matematiche secondo Aristotele e la logica
matematica. Atti Acc. Torino, 10, III, 1912.
L’A., professore di filosofia teoretica nell’Università di Torino, pone ivi a
confronto la logica scolastica colla logica matematica.
Le definizioni nominali
§ 2. In matematica tutte le definizione sono nominali. – La logica scolastica sostituiscono un concetto
suole classificare le definizioni in reali e nominali. con un nome a differenza
In matematica tutte le definizioni sono nominali. Ciò è ben noto. PASCAL, di quelle reali che invece si
Pensées: “ On ne reconnaît en géométrie, que les seules définitions que les pongono come descrizioni
logiciens appelent définitions de nom ”. o come riconoscimenti
MÖBIUS, a.1815, Werke, t. I, pag. 388: “ Definitionum divisio in verbales et basati sulla percezione
reales omni caret sensu ”. reale. Interessante il
E in generale per tutte le definizioni, in Stuart Mill, a. 1838: “ All definitions confronto con le
are of names, and names only ”. definizioni delle scienze
sperimentali che invece
10 sono generalmente
G. VACCA, Euclide, il primo libro degli elementi, testo greco, versione operative. Le diverse
italiana, introduzione e note, Firenze, 1916, L. 2. Raccomando vivamente questo tipologie richiamano a
libro ai professori delle scuole medie. Chi ha qualche ricordo del greco vedrà in diversi livelli di interazione
veste autentica il padre della geometria, e chi non conosce il greco, servendosi con l'oggetto...
del vocabolarietto greco-italiano unito, può portarsi in grado di leggere conseguentemente
l’originale, senza impiegare anni nello studio della grammatica. Alcuni giovani l'approccio didttico alla
dottori, che non seguirono gli studi classici, riuscirono in breve tempo a leggere definizione deve essere
il greco in questo libro. attentamente valutato.
Ciò che in Storia naturale, alcuno chiama definizione reale, è detto da altri, e
con maggior ragione, “ descrizione ” dell’animale o della pianta.

§ 3. La regola del genere e differenza non vale per tutte le definizioni. –


Aristotele, Top., 8, pone la regola:

O orismós ek génous kai diaphorón estin,

che Boezio tradusse “ per genus proximum et differentiam specificam ”, ed è


riprodotta come regola assoluta in tutti i trattati di logica. L’esempio classico di
questa proprietà è la definizione

homo = animal rationale.

Qui “ animal ” e “ rationale ” indicano due classi. Fra quelle due classi è
sottintesa l’operazione detta congiunzione dai grammatici, moltiplicazione
logica dai logici dopo Boole, indicata in generale da et nel linguaggio comune, e
in logica matematica dal segno
Quindi la regola di Aristotele direbbe che ogni definizione ha la forma:

x=a b

ove a e b sono classi note, dette genere e specie, e x è la classe che si definisce.
Qualche definizione matematica soddisfa alla regola Aristotelica. Tale è la
definizione 22 di Euclide, che può tradursi:

quadrato = quadrilatero equilatero equiangolo.

Ma questa regola si può applicare al più alla definizione di una classe. Essa non
è vera per la definizione 2 = 1 + 1, per quella del numero e sopra citata, e per le
definizioni di enti che non sono classi. Anche le definizioni di classi non hanno
necessariamente la forma precedente. Per esempio, nella definizione

numero composto = (numero maggiore di 1)


× (numero maggiore di 1),

fra le due classi, che in questo caso sono identiche, non è posto il segno di
congiunzione logica , ma il segno di moltiplicazione aritmetica.
I cultori della logica classica rispondono che nelle definizioni: “ 2 = somma
di 1 con 1 ”, “ numero composto = prodotto di due numeri ”, “ e = limite di
ecc.”, il genere è rappresentato dalle parole somma, prodotto, limite. Ma queste
L'osservazione ha per noi un valore cruciale... una volta raggiunti gli "enti
primitivi", il procedere non può che essere simbolico. L'insegnamento della
matematica nella scuola primaria rappresenta quindi il momento
dell'introduzione ai concetti ed enti fondamentali della matematica attraverso
l'articolazione di un linguaggio gradatamente simbolico...

parole non indicano classi, bensì funzioni; ogni numero è somma o prodotto e
limite. La classe corrisponde alla prima categoria ousia di Aristotele, mentre la
funzione appartiene alla quarta pros ti. E qui bisognerebbe distinguere questi
due concetti. La definizione di classe mediante gruppo o insieme o proprietà è un
circolo vizioso, come quella di funzione mediante relazione o corrispondenza o
operazione. Arrivati a queste idee elementari, non si può oltre procedere che coi
simboli. Vedasi:
G. VAILATI, Aggiunte alle note storiche di Formulario. Rivista di
Matematica, anno 1903, pag. 57-58.
G. VAILATI, La teoria Aristotelica della definizione. Rivista di Filosofia,
anno 1903, Scritti pag. 485.
L. COUTURAT, Les principes des Mathématiques. Paris, Alcan 1905, pag.
290.

§ 4. L’esistenza della cosa definita non è necessaria. – Alcuni logici


affermano che si deve solo definire cose esistenti. Fra essi lo Stuart Mill, che
partendo dalla definizione di cosa non esistente, e supponendola esistente,
arriva a risultato assurdo. Ma l’assurdo deriva dal supporre esistente ciò che si
è definito, non già dall’aver definito cosa non esistente.
E precisamente l’esempio del Mill, trasformato in geometrico, è il seguente:
Dalla proposizione:

(1) i pentaedri sono poliedri


si deduce
(2) i pentaedri regolari sono poliedri
La questione risulta
da cui, convertendo colla regola “ se ogni a è b, allora qualche b è a ”, si ha: particolarmente
interessante in prospettiva
(3) qualche poliedro è un pentaedro regolare, didattica: si possono
definire "cose" che non
il che non è. Il Mill, ritiene falsa la proposizione (2), mentre la logica esistono, oppure anche
matematica ritiene giusta la (2), ma non legittimo il passaggio dalla (2) alla (3). "cose" che non esistono o
che esistono o solo cose
Non è vero che la proposizione universale “ ogni a è b ” si converta senz’altro che esitono? Il punto
nella particolare “ qualche b è a ”, bensì “ se ogni a è b, ed esistono degli a, fondamentale è dunque
allora qualche b è a ”. In conseguenza sono incomplete tutte le forme di costituito dal rapporto tra
sillogismo in cui da premesse universali segue una conseguenza particolare; ciò che è DEFINITO e ciò che
questa tesi segue dalle ipotesi enunciate, e da una esistenziale, sottintesa nella ESISTE e ciò che è DEFINITO
logica scolastica, ed esplicitamente enunciata nella logica matematica. Vedasi: COME ESISTENTE.
A. PADOA, La logique déductive dans sa dernière phase de développement.
Revue de Métaphysique
Queste categorie possono apparire etc., Paris,
astruse se 1912.
non addirittura inappropriate per chi si accinge
all'insegnameto della matematica nella scuola primaria, ma in realtà esse richiamano al ruolo
dell'IMMAGINAZIONE nello sviluppo delle conoscenze matematiche entro le quali si
attribuiscono nomi a cose che esistono e a cose che non esistono. Questa dimensione, sebbene
ampiamente dibattuta ed analizzata, tende ad essere dimenticata in favore di una
meccanizzazione strumentale delle definizioni.
Anche ARISTOTELE (Anal. Post., libro I, cap. 10, n. 9) dice: “ le definizioni
non sono delle ipotesi, perché esse non dicono che le cose definite esistano o non
esistano ”.
Numerose sono le definizioni in matematica di cose non esistenti. Euclide,
libro IX, prop. 20 dà un nome al massimo numero primo e, ragionando su esso,
conchiude che non esiste; cioè definisce un nome, allo scopo di provare che esso
rappresenta nulla.
Le definizioni di limite, di derivata, di integrale di una funzione, non
affermano l’esistenza dell’ente definito. La definizione di integrale è sempre
seguita da una serie di proposizioni, della forma:

“ Se la funzione è continua, esiste l’integrale ”.


“ Se la funzione è crescente, esiste l’integrale ”.
“ Condizione necessaria e sufficiente per l’esistenza dell’integrale è… ”.

Dalla definizione ordinaria:

“Derivata d’una funzione è il limite del suo rapporto incrementale ”,

risulta che la derivata esiste o non, secondo che esiste o non questo limite.
Alcuni autori, per voler essere più rigorosi, dicono: La generale
riflessione sulle
“ Derivata è il limite, ove esista, del rapporto incrementale ”, definizioni acquista
particolare rilevanza
e allora, se il limite non esiste, non si può più conchiudere che la derivata non dal punto di vista
esiste. metacognitivo. Molto
In questo passaggio Del resto, la parola esiste ha, nel linguaggio comune, più significati. La interessante in
questa prospettiva il
si pone una classe nulla rappresenta una classe in cui non esistono individui; ma essa esiste;
riferimento
questione decisiva: così il numero 0 può indicare o l’assenza di grandezza, o la grandezza 0. In
all'insieme vuoto ed
la tensione insita pratica conviene definire non solo cose esistenti, ma importanti.
allo zero.
nella definizione
§ 5. Definizioni possibili. – Diremo “ definizione possibile ” ogni
risiede nel bisogno eguaglianza, che contiene in un membro un segno, che non figura nell’altro.
di rappresentare, di Sono per esempio definizioni possibili del numero le seguenti:
dare espressione a = circonferenza : diametro.
ciò che è realmente = minima radice positiva dell’equazione In questa definizione
significativo per il
l'idea di "precedenza" e
soggetto... l'assenza “ x – x3/3! + x5/5! – … = 0 ”.
quindi di articolazione
di significato e la
dx logicamente ordinata
forma
delle conoscenze è
rappresentano la 1 x2 cruciale ed altresì palesa
struttura stessa del
la natura squisitamente
concetto stesso di
"congetturale" dell'atto
significato.
definitorio. Entrambe le
caratterizzazioni
rivestono grande
importanza
nell'articoazione del
discorso matematico.
La prima è la definizione storica, ed è intelligibile al lettore che conosce gli
elementi di geometria. La seconda è puramente analitica. La terza esige il Possiamo dunque
calcolo integrale. pensare che l'atto
Immaginiamo disposte le idee che si considerano in un certo ordine. Si dirà definitorio possa
definizione possibile relativamente ad un dato ordine, una eguaglianza che essere modulato
contiene nel primo membro un segno, e nel secondo una espressione composta in funzione
con segni precedenti esso. Per esempio, le tre definizioni possibili date di , didattica
sono rispettivamente possibili a chi conosce la geometria elementare, o la teoria
delle serie, o il calcolo integrale.
Fra le varie definizioni possibili di un ente, in un ordine fissato, la scelta
della definizione reale dipende dalla volontà dell’autore consigliato da ragioni
didattiche. Quindi una proposizione può essere o non una definizione possibile;
ciò dipende dalla sua natura. L’essere una proposizione una definizione,
dipende dalla volontà dell’autore, e non solo dalla natura della proposizione.

§ 6. La definizione deve procedere dal noto all’ignoto. – E’ questa una


regola evidente. Si trova in Aristotele, Top. VI, cap. IV, n. 2, bisogna vedere “ se
si fa la definizione per le cose anteriori e più note ”.
Qualunque trattato di matematica definisce ogni nuova parola per mezzo di
quelle studiate nelle pagine precedenti. Ma ciò non avviene per le prime ... dove si pone la
definizioni, e gli autori non sogliono dire quali idee essi suppongono premesse. questione della
Se essi non lo dicono, è però possibile il farne il catalogo. Considero per definizione degli
esempio le prime definizioni di Euclide-Legendre: enti primitivi e della
“ La ligne est une longueur sans largeur ”. non plausibilità
“ La surface est ce qui a longueur et largeur, sans hauteur ou épaisseur ”. della definizioni
Vediamo in esse definite le parole “ linea, superficie ” per le idee "reali"
geometriche non prima definite “ lunghezza, larghezza, altezza, spessore ”. Le
idee che figurano nei secondi membri sono più numerose che quelle nei primi. E
allora è naturale il domandarsi, se non convenga sopprimere queste definizioni,
assumendo come idee non definite linea e superficie. Ed invero l’idea di
lunghezza, che qui si da come intuitiva, è poi definita nei trattati di calcolo, e la
definizione non è semplice. L'osservazione di
Alcuni autori presuppongono nota la lingua comune. Ma appartengono alla Peano è cruciale:
lingua comune i termini “ punto, linea, piano, sfera, uno, due, tre ”, ecc. Perciò richiama ad uno dei
l’analisi della questione, se gli elementi più semplici della geometria, e le idee di problemi fondamentali
numero, e le più semplici di aritmetica, si possano definire o non, esige l’analisi della didattica della
della lingua, la enumerazione di tutte le parole e flessioni grammaticali, che si matematica, ossia
presentano nelle prime pagine di queste scienze, e quindi la ricostruzione della quello della natura del
ideografia. linguaggio matematico
e della relazione
dinamica tra i
linguaggi e i
metalinguaggi
La lingua comune ha numerosi sinonimi; chi definisce uno di essi mediante
un altro, e così via, non definisce, né analizza l’idea, ma fa un circolo vizioso,
detto “ circulus in definiendo ”, o “ definizione rotatoria ”.
Sono sinonimi: addizionare, sommare, aggiungere, riunire, e si fa il circolo
vizioso definendo una di queste parole mediante un’altra. Lo stesso avviene
definendo il sottrarre mediante togliere, moltiplicare mediante volte, dividere
mediante parti. Sono viziose le definizioni di serie per successione, classe per
aggregato, proposizione per giudizio.
Una semplice Nelle frasi “ cinque dita ”, “ cinque metri ”, “ cinque cento ”, l’apposizione
osservazione: il mondo delle due parole ha il valore del moltiplicato, ed è impossibile il definire
dei bambini è un mondo l’apposizione mediante più apposizioni. La comunissima definizione della
noto, mostrato e moltiplicazione: “ il prodotto di due numeri è la somma di tanti termini eguali al !!!
significato moltiplicando quante sono le unità del moltiplicatore ”, è una frase sonora, ma
dall'introduzione del che non può dare l’idea a chi non l’abbia prima. Vedasi:
linguaggio naturale che R. FRISONE, Le varie definizioni di prodotto, Atti Acc. Torino, 10-III-1918.
sull'evidenza e sul Ivi l’A. fa vedere in quale punto di questa frase si trovi l’apposizione che ha lo
riconoscimento dei stesso significato di quella che si vuol definire, ed esamina le varie definizioni
fenomeni si sostanzia. del prodotto. Vedasi pure lo scritto della stessa A. Le prime definizioni in
L'invenzione della aritmetica, Bollettino di matematica, Pavia, 1917, pag. 80.
matematica costituisce Un concetto di matematica, che qui è espresso coll’apposizione, altrove può
quindi la prima essere indicato da altra forma grammaticale.
esperienza nella
Keplero a. 1605, Cavalieri a. 1639, Wallis a. 1655, usarono la frase “ le
differenziazione dei
ordinate ”, “ tutte le ordinate ”, per indicare ciò che oggi si chiama “ integrale
linguaggi, anzi nella
dell’ordinata ”11; cioè l’idea complessa di integrale era espressa dalla
differenza tra linguaggio
oggetto e
desinenza del plurale, e non la si definiva. Anche in Euclide (e nella versione del
metalinguaggio. Vacca) il plurale indica la somma.

§ 7. Definizioni per induzione. – I cultori della logica matematica


classificano le definizioni in diversi tipi.
Si definisce per induzione una funzione f dei numeri N0 (numeri interi a
partire da zero), dando il valore f 0, e poi, qualunque sia il numero n,
esprimendo f(n + 1) mediante fn.
Così, supposto noto a + 1 “ il successivo di a ”, si definisce la somma di due
numeri:

a + 0 = a,
a + (n + 1) = (a + n) + 1.

11
Vedansi le citazioni in Formulario Mathematico, ed. V, pag. 352, 356, 359.
Def. del prodotto:

a × 0 = 0,
a × (n + 1) = a × n + a.

Def. della potenza:

a0 = 1,
n+1
a = a n × a.

Def. del fattoriale:

0! = 1,
(n + 1)! = n! × (n + 1).

Queste definizioni danno a × n, an, n!, anche per n = 0, o = 1, casi che si


sogliono escludere nelle definizioni ordinarie.
Queste definizioni rigorose sono adottate nei trattati scolastici del prof.
CATANIA.

§ 8. Definizioni per astrazione. – Alcune volte si definisce una funzione fa,


non con una definizione nominale della forma:

fa = espressione composta coi segni precedenti

ma definendo l’eguaglianza fa = fb.


Per esempio la def. 5 del libro 5 di Euclide si traduce:

(ragione della grandezza a alla omogenea b =


= ragione della c alla d) =

(comunque si prendano i numeri naturali m e n, se ma è minore o eguale o


maggiore di nb, sarà mc minore o eguale o maggiore di nd). Questa costituisce
anche la moderna definizione dei numeri reali (irrazionali).
Esempi dalla geometria:

(area del poligono a = area di b) =


= (a e b si possono scomporre in parti sovrapponibili).

(direzione della retta a = direzione di b) =


= (a e b sono parallele).
Area ---> sovrapponibilità
Direzione ---> parallelismo
Esistono pertanto "versioni"
diverse della stessa teoria
basate su una diversa
Altri esempi nel mio articolo “ Le definizioni per astrazione ” nel Bollettino organizzazione delle idee e
della Mathesis, anno 1915. Vedasi pure l’ampio e profondo trattato: BURALI- conseguentemente con una
FORTI, Logica matematica, 2ª ediz., Milano 1919. diversa organizzazione delle
idee primitive. Il concetto
§ 9. Idee primitive. – Dato un ordine alle idee d’una scienza, non tutte si chiave risiede nella scelta
dell'ORDINE che è
possono definire. Non si può definire la prima idea, che non ha precedenti; non
necessariamente legato alla
si può definire il segno =, che figura in ogni definizione. Si dice che una idea è organizzazione LOGICA delle
primitiva, relativamente a un dato ordine, se, in quest’ordine delle idee, essa non conoscenze. Questo aspetto
si sa definire. Perciò l’essere una idea primitiva, non è un carattere assoluto, ma ha delle radici molto
solo relativo al gruppo di idee che si suppongono note. profonde nella cultura
L’esistenza di idee primitive già è chiaramente espressa in Pascal: matematica occidentale (si
“Il est évident que les premiers termes qu’on voudroit définir en pensi ad esempio
all'organizzazione logica
supposeroint des précédents pour servir à leur explications… et ainsi est claire
degli Elementi di Euclide ed
qu’on n’arriveroint jamais aux premièrs. Ainsi en poussant les recherches de alle scelte relative al postura
plus en plus, on arrive nécessariament à des mots primitifs, qu’on ne peut plus di nozioni, definizioni e
définir ”. postulati).
La determinazione delle idee primitive della matematica diede luogo, in
questi ultimi trent’anni a numerosissimi studii, quasi tutti fatti col sussidio della
ideografia della logica-matematica.
Citerò in modo speciale i lavori di Burali-Forti, Padoa, Pieri in Italia,
Korsele in Germania, Gérard in Francia, Russell e Whitehead in Inghilterra,
Bôcher, Dickson, Huntington, Veblen in America.
Il compianto Pieri, già prof. all’Università di Parma nel 1899 pervenne a
esprimere tutte le idee di Geometria mediante due sole idee primitive: “ punto, e
distanza fra due punti ”12.
Parlando del lavoro del Pieri, B. Russell, nel suo grande e celebre libro: The
principles of mathematics, dice: “ This is, my opinion, the best work on the
present subject ”.
Le proprietà fondamentali delle idee primitive sono determinate da “
proposizioni primitive ”, o proposizioni che non si dimostrano, e da cui si
deducono tutte le altre proprietà degli enti considerati. Le proposizioni primitive
fungono in certo modo come definizioni delle idee primitive. Gli autori citati
esposero per le varie parti della matematica, più sistemi completi di idee
primitive, e di proposizioni primitive.
Aristotele enunciò l’esistenza delle proposizioni primitive, Metaph. 4, 4:
“Non tutte le cose possono dimostrarsi”. Ma invano il collega Pastore ed il
compianto Vailati cercarono in Aristotele un cenno delle idee primitive.

12
Della Geometria elementare, come sistema ipotetico deduttivo. Memorie
Accademia Torino 1899.
Vedasi il trattato:
SHERMAN, The development of Symbolic Logic, London, 1906.

§ 10. Omogeneità delle definizioni. – Se il definito dipende da alcune


variabili, bisogna che il definiente contenga le stesse variabili, e nessun’altra;
cioè definito e definiente debbono essere omogenei nelle variabili.
Non si può definire la risultante di due forze, come quella che ha per
componenti rispetto ad assi coordinati le somme delle componenti delle forze
date, perché si definisce la risultante delle due forze non solo mediante queste
forze, ma ancora mediante gli assi di riferimento. Si può completare
aggiungendo che il risultato non varia, cambiando gli assi.
Se a, b, c, d, sono numeri naturali, si ha

a/b + c/d = (ad + bc) / (bd).

Essa esprime la comune regola per la somma delle frazioni.


Ma non si può assumere come definizione. Invero, dati in numeri a e b, resulta
determinato il valore della fazione a/b; viceversa, data una frazione x, questa si
può mettere sotto infinite forme a/b; ossia, mentre il valore della frazione è
funzione del numeratore e del denominatore, invece numeratore e denominatore
della frazione non sono funzioni della frazione; poiché 1/2 = 2/4, e il numeratore
della prima non eguaglia il numeratore della seconda. Nel caso della formula
precedente, il primo membro è una funzione delle due variabili a/b e c/d; mentre Le definizioni non
il secondo è funzione delle quattro variabili a, b, c, d. Bisognerà completare la devono quindi
definizione, dimostrando che il secondo membro è solo funzione di a/b e di c/d. dipendere dalla
Per vedere meglio che non è permesso di definire una operazione sulle "particolare
frazioni mediante una loro rappresentazione, permettiamoci di definire, x y, rappresentazione".
medio di due frazioni x e y, la frazione che ha per numeratore la somma dei
numeratori e per denominatore la somma dei denominatori. Cioè poniamo

Se a, b, c, d N allora (a/b) (c/d) = (a + c) / (b + d)

formula dello stesso tipo precedente. Si avrà (1/2) (2/3) = 3/5, (2/4) (2/3) =
4/7, e poiché 1/2 = 2/4, risulterebbe 3/5 = 4/7, resultato falso.
In matematica sonvi molte espressioni che hanno la forma grammaticale di
funzioni e non lo sono. Oltre a numeratore e denominatore di una frazione, le
parole: termini d’una somma, fattori di un prodotto, coefficiente, base,
esponente, non sono funzioni del valore della espressione, ma della sua forma.
Parimenti le parole: monomio, binomio, frazione irreduttibile, esprimono
proprietà della forma, non del valore della espressione. Nella ideografia, queste
parole non possono essere rappresentate da simboli. Quindi si vede che il
Il linguaggio simbolico
della matematica
risulta essere
contenuto nel
linguaggio naturale

numero dei simboli del Formulario mathematico sia molto minore delle parole
del linguaggio comune.

§ 11. Utilità delle definizioni. – Le definizioni sono utili, ma non necessarie,


poiché al posto del definito si può sempre sostituire il definiente, e perciò
eliminare da tutta la teoria il definito. Questa eliminazione è cosa molto
importante. Se eliminando il simbolo definito, la nuova esposizione non è più
lunga e più complicata della precedente, ciò significa che quella definizione era
poco utile. Se si incontrano difficoltà nella eliminazione, ciò prova che la
definizione non fu ben data; anzi questo metodo della sostituzione è ottimo per
riconoscere l’esattezza d’una definizione.
Ciò già disse ARISTOTELE, Top. 6, 4: “ affinché l’inesattezza della
definizione diventi manifesta, devesi porre, al luogo del nome, il concetto ”.
I numeri razionali si definiscono mediante i naturali; quindi ogni teorema sui La dinamica segnalata da
razionali si può trasformare in un teorema sui soli numeri naturali; la cosa è Peano consta in una serie
facile, e si ritrova il linguaggio di Euclide. di traduzioni ordinate per
inclusione rispetto ad una
I numeri irrazionali si definiscono mediante i numeri razionali, quindi ogni origine linguistica e
teorema di analisi deve in definitiva essere un teorema sui numeri naturali. La concettuale comune. La
trasformazione fu tentata da alcuni autori, ma la cosa non è facile. dinamica è per noi molto
Fra i risultati ottenuti, molto elegante è quello contenuto in R. FRISONE, importante perché fonda
Una teoria semplice dei logaritmi, Atti Acc. Torino, 13-V-1917. uno dei principali
Le definizioni e teoremi sui logaritmi sono qui esposti senza parlare di obbiettivi
dell'insegnamento della
irrazionali, e quindi solo con esponenti interi.
matematica nella scuola
Le definizioni in teoria sono arbitrarie. Dice Pascal: “ les définitions sont primaria. In particolare
très libres, et elles ne sont jamais sujettes à être contredites, car il n’y a rien de assicurare la completa
plus permis que de donner à une chose qu’on a clairement désignée, un nom tel reversibilità tra il "NOME"
qu’on voudra ”. Leibniz pone però una limitazione pratica: “ Definitiones per se e il "CONCETTO" veicolato
quidem sunt arbitrariae, usui tamen accomodari et communi sociorum consensu dal nome come metodo
probari debent ”. per impedire
apprendimenti
Hobbes, a. 1642, aveva già detto: “ se le definizioni sono arbitrarie, tutta la
inconsapevoli, per non
matematica, che basa sulle definizioni, è una scienza arbitraria ”. Ma, supposte perdere il contatto con il
le definizioni arbitrarie, risulta solo arbitraria la forma della matematica, non il significato e per accedere
contenuto dei teoremi. Anche nella forma noi dobbiamo seguire l’uso dal attraverso dei veri e propri
linguaggio comune e matematico, astenendosi dal fabbricare nuovi nomi, o dare percorsi "narrativi" alle
nuovi significati alle parole note, senza necessità. Se ad una parola del conoscenze matematiche.
linguaggi comune si da un significato molto diverso, come differenziale,
integrale, vettore, essa figura come una parola nuova, e non c’è pericolo di
confusione.
Ma se ad una parola si da un significato poco diverso, il pericolo di
confusione è continuo. Ad esempio, “ il valore con 4 decimali di ”, secondo la
maggioranza è 3,1415; ma alcuni intendono 3,1416; ed altri uno qualunque di
questi due numeri; e potrei indicare dei trattati ove l’A., dopo avere per
definizione attribuito alla frase uno di questi valori, la usa nel primo significato.
La logica matematica, cui appartiene il presente articolo, fu oggetto di nuovi
studi. Menzionerò i trattati:
W. M. KOZLOWSKI, Podstawy logiki, Warzawa, 1917.
C. I. LEWIS, A survey of symbolic logic, University of California, 1918.
Questo libro è notevole per la ricchissima bibliografia.
In conclusione, alcune definizioni matematiche, che si trovano nei trattati
scolastici, sono illusorie. Sopprimendole senz’altro, si guadagna in rigore e
semplicità.

Torino, Università.
GIUSEPPE PEANO
L'osservazione finale manifesta una ______
certa attualità: possiamo
ricavarne un'ispirazione rispetto alla necessità di accendere
negli alunni il bisogno di definire senza invece cedere al
comodo percorso di enumerare le definizioni che si trovano
nei libri scolastici privando lo studente di quell'orizzonte di
senso che risulta necessario alla comprensione dei concetti
della matematica.

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