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Giuseppe Peano
Giuseppe Peano nacque a Spinetta, in
provincia di Cuneo, il 27 agosto 1858 da
Bartolomeo Peano e Rosa Cavallo e morì a Torino
il 20 aprile 1932.
Secondo di cinque figli, Giuseppe iniziò la sua
carriera scolastica nella scuola del paese natale;
in seguito, con il fratello maggiore, andò a scuola
a piedi ogni giorno fino a Cuneo, luogo dove poi,
trovati la casa ed il terreno in affitto, finì per
stabilirsi tutta l’intera famiglia.
Michele Cavallo, fratello della madre,
ecclesiastico e avvocato alla curia vescovile di
Torino, accortosi delle capacità del nipote, lo
invitò a terminare gli studi a Torino1. Così Peano studiò privatamente presso
l’Istituto Ferraris, sostenendo poi gli esami al Ginnasio Cavour nel 1873;
iscrittosi in seguito al Liceo Cavour, vi ottenne la licenza liceale nel 1876
unitamente ad una borsa del “Collegio delle Provincie”, borsa di studio questa,
istituita appositamente per permettere gli studi universitari agli studenti della
provincia. Peano si iscrisse quindi all’Università di Torino, laureandosi in
Matematica il 29 settembre 1880.
La carriera accademica di Peano si svolse tutta in questa Università:
divenne subito assistente di E. D’Ovidio, e dal 1881 al 1890 assistente di A.
Genocchi; nel 1890, fu chiamato come professore straordinario sulla cattedra di
Calcolo infinitesimale, di cui rimase formalmente il titolare fino al 1931. Dal
1925 al 1931, causa uno scambio di compiti didattici con F. G. Tricomi, tenne di
fatto le lezioni di Matematiche Complementari, di cui divenne titolare nell’a.a.
1931/32. Inoltre, dal 1886 al 1901 fu professore stabile dell’Accademia Militare
di Torino e negli anni 1908-1910 fu incaricato di Analisi Superiore.
Ebbe numerosi riconoscimenti e onorificenze: cavaliere, ufficiale e
commendatore dell’Ordine della Corona d’Italia; fu socio dell’Accademia delle
Scienze di Torino, dell’Accademia Nazionale dei Lincei, dell’Istituto Lombardo
di Scienze e Lettere, del Circolo Matematico di Palermo, della Sociedad
cientifica “Antonio Alzate” del Messico, dell’Institut National di Ginevra, della
Società fisico-matematica di Kasan, presidente dell’Accademia pro Interlingua,
1
“Furono le capacità di Giuseppe, subito riconosciute, che convinsero lo zio a
chiamarlo a Torino; ma non si devono passare sotto silenzio i sacrifici che
affrontarono i genitori per far studiare i figli: in tempi di diffuso analfabetismo
nelle campagne, la loro dedizione fu straordinaria.” Cfr. KENNEDY H.C., pag.
18.
nonché fondatore e direttore della “Rivista di Matematica” di cui parleremo fra
poco.
Gli oltre duecento lavori pubblicati2, documentano ampiamente la varietà
degli interessi del Peano: i suoi contributi maggiori riguardano l’Analisi
matematica, la Logica matematica e la Critica dei fondamenti, ma egli ottenne
dei notevoli risultati anche per quanto riguarda la Geometria, il Calcolo
numerico, la Meccanica razionale, la Matematica attuariale e si interessò anche
di altri campi quali la Linguistica e la Filologia, la Storia delle matematiche e la
Didattica.
Come già anticipato, nel 1891 fondò la “Rivista di matematica”: Peano ne fu
anche il direttore fino al 1906, anno di cessazione della pubblicazione. Nella
seconda pagina del primo volume si legge: “La Rivista di matematica ha scopo
essenzialmente didattico, occupandosi specialmente di perfezionare i metodi di
insegnamento”. In realtà gli articoli propriamente di didattica, almeno nella
concezione tradizionale, sono pochi; nei vari articoli e nelle recensioni ci sono
significative considerazioni su argomenti didattici, che fanno intuire alcune idee
sull’insegnamento della matematica di Peano e della sua scuola più in generale.
Cercherò di delineare una sintesi, necessariamente incompleta, su queste
idee.
Secondo Peano, alla base della didattica matematica, come anche della
matematica, vi è il rigore ed il metodo assiomatico. Perfezionare i metodi di
insegnamento per Peano significa quindi chiarire le definizioni ed i concetti
fondamentali, utilizzare una rigorosa forma di linguaggio3 e presentare la
matematica con metodo assiomatico. In quest’ottica, un’opera come il
Formulario mathematico, trattato fra i più importanti tra quelli pubblicati dal
matematico, assume quindi un significato ben preciso: Peano voleva che esso
venisse usato nelle scuole, per cui il professore vedeva ridotto il suo compito a
insegnare a leggere le formule4.
Peano, coerente alla sua politica del rigore, dava particolare importanza
anche al metodo storico per l’insegnamento; scrive E. Carruccio5: “Il metodo
storico propugnato da Peano è severo e preciso, consistendo nell’esposizione dei
2
L’elenco completo delle opere lo si può trovare nella biografia scritta da
H.C.KENNEDY.
3
Magari un linguaggio nuovo ed uguale per tutti: ad esempio l’interlingua o
latino senza flessioni, linguaggio creato dal matematico piemontese dotato di
pochi simboli, con poche regole in modo che tutti potessero imparare.
4
“Un po’ come oggi si dovrebbe insegnare ad utilizzare il linguaggio di
programmazione agli allievi perché poi possano usare programmi didattici con il
loro personal computer…”. Cit. da F. ARZARELLO, pag. 36.
5
Cit. da RICCI G., pag.109.
frammenti originali, e meglio ancora nello studio diretto delle opere dei grandi
matematici del passato”.
Peano si interessò anche dell’insegnamento elementare, pubblicando lo
scritto “Sui libri di testo per l’aritmetica nelle scuole elementari”6 e il piacevole
libretto “Giochi di aritmetica e problemi interessanti”7.
In quest’ultima opera, in particolare, Peano nella conclusione si esprime
così: “La differenza fra noi e gli allievi affidati alle nostre cure sta solo in ciò,
che noi abbiamo percorso un più lungo tratto della parabola della vita. Se gli
allievi non capiscono, il torto è dell’insegnante che non sa spiegare. Né vale
addossare la responsabilità alle scuole inferiori. Dobbiamo prendere gli allievi
come sono, e richiamare ciò che essi hanno dimenticato, o studiato sotto altra
nomenclatura. Se l’insegnante tormenta i suoi alunni, e invece di accattivarsi il
loro amore, eccita odio contro sé e la scienza che insegna, non solo il suo
insegnamento sarà negativo, ma il dover convivere con tanti piccoli nemici sarà
per lui un continuo tormento. Ognuno si fabbrica la sua fortuna, buona o
cattiva. Chi è causa del suo mal, pianga sé stesso. Così disse Giove, e lo riferisce
Omero (Odissea I, 34). Con questi principii, caro lettore e collega, vivrai
felice”8.
Volutamente ho tralasciato approfondimenti riguardanti gli studi di Peano
per quanto riguarda la Logica, la Critica ai fondamenti e altri settori che ho
soltanto menzionato; per chi fosse interessato, la bibliografia che riporto dà
notevoli informazioni anche sui temi suddetti.
L’articolo che qui riportiamo, è stato pubblicato nel 1921 nella rivista
“Periodico di matematiche”, serie IV, n.1, pag. 175-189. In esso ho scritto in
caratteri italiani sia le parole greche del testo, sia, in luogo della simbologia
logica usata da Peano, la seconda formula del paragrafo 10.
Margherita Grechi
6
Ne “Periodico di matematiche”, serie IV, vol. IV, n.3, anno 1924, pag. 237-242.
7
Ed. G. B. Paravia, Torino 1924; di questo vi furono parecchie edizioni
successive (la più recente: Sansoni, Firenze 1983).
8
Alcuni hanno obiettato a questa conclusione dicendo che il problema
[dell’insegnamento] non si risolve, in generale, per puro istinto e con
l’applicazione di principi così semplici. [ Dalla recensione al volume III di
“Opere scelte” di G. PEANO, pag. 351].
Personalmente credo che, dopotutto, questo potrebbe essere un buon inizio…
BIBLIOGRAFIA
9
Alcune delle osservazioni che seguono furono già da me pubblicate in un
articolo collo stesso titolo francese, in Congrès international de philosophie,
Paris 1900; poi in un altro più ampio, nell’Institut de Cienceies de Barcellona,
1911. Molti altri autori trattarono contemporaneamente, e poi, la stessa
questione; essi saranno citati in seguito.
Per esempio, la prima definizione di Euclide “ punto è ciò che non ha parti ”
si può scrivere
Il definito può essere composto da più parole. Sono tali le comuni definizioni
di “ linea retta ”, di “ numero primo ”, ecc.
Il definito può anche essere una proposizione o una relazione.
Così la definizione del parallelismo fra due rette, in Euclide, I, 23, si scrive:
“ Due rette sono tra loro parallele ” = “ Esse giacciono in un medesimo piano, e
comunque prolungate hanno nessun punto comune ”.
“ Due numeri sono primi fra loro ” = “ Essi hanno nessun divisore comune, oltre
l’unità ”.
= 3,1415….
Si tratta evidentemente di
una definizione "reale" che
richiama altresì il concetto
di estremo
proposizione 3 ora citata ha il nome di definizione nella versione di Euclide,
fatta da Heiberg, in Lipsia 1883, e in quasi tutte le versioni; ma il testo euclideo
dà a tutte le proposizioni del capitolo il nome generico di oroi , e il greco oros
significa termine.
Ciò risulta dalla successiva definizione 13 “termine, oros è l’estremo di
qualche cosa ”, e da tutto il libro V, ove oros indica termine di una
proporzione. Quindi, giustamente il prof. Vacca, nella sua versione dice: “
traduco con termini il greco oroi, piuttosto che con definizioni, come si fa
comunemente, perché queste prime pagine introduttorie, invece che definizioni
matematiche, sono piuttosto chiarimenti o spiegazioni analoghe a quelle che si
danno oggi nei dizionari ” 10.
Del resto conviene ricordare che i libri di Aristotele, di Euclide, e più tardi la
grammatica del Donato, l’aritmetica di Boezio, e tutti i libri scolastici, furono
trasmessi a noi mediante copie successive fatte dagli insegnanti e dagli studenti;
ed ogni copista aggiungeva e modificava il testo a suo arbitrio, sicché è difficile
il riconoscere la parte che spetta ai singoli collaboratori.
La regola che ogni definizione sia un’eguaglianza, si trova implicita in
Aristotele, quantunque non vi si trovi la parola eguaglianza. Vedasi: A.
PASTORE, Le definizioni matematiche secondo Aristotele e la logica
matematica. Atti Acc. Torino, 10, III, 1912.
L’A., professore di filosofia teoretica nell’Università di Torino, pone ivi a
confronto la logica scolastica colla logica matematica.
Le definizioni nominali
§ 2. In matematica tutte le definizione sono nominali. – La logica scolastica sostituiscono un concetto
suole classificare le definizioni in reali e nominali. con un nome a differenza
In matematica tutte le definizioni sono nominali. Ciò è ben noto. PASCAL, di quelle reali che invece si
Pensées: “ On ne reconnaît en géométrie, que les seules définitions que les pongono come descrizioni
logiciens appelent définitions de nom ”. o come riconoscimenti
MÖBIUS, a.1815, Werke, t. I, pag. 388: “ Definitionum divisio in verbales et basati sulla percezione
reales omni caret sensu ”. reale. Interessante il
E in generale per tutte le definizioni, in Stuart Mill, a. 1838: “ All definitions confronto con le
are of names, and names only ”. definizioni delle scienze
sperimentali che invece
10 sono generalmente
G. VACCA, Euclide, il primo libro degli elementi, testo greco, versione operative. Le diverse
italiana, introduzione e note, Firenze, 1916, L. 2. Raccomando vivamente questo tipologie richiamano a
libro ai professori delle scuole medie. Chi ha qualche ricordo del greco vedrà in diversi livelli di interazione
veste autentica il padre della geometria, e chi non conosce il greco, servendosi con l'oggetto...
del vocabolarietto greco-italiano unito, può portarsi in grado di leggere conseguentemente
l’originale, senza impiegare anni nello studio della grammatica. Alcuni giovani l'approccio didttico alla
dottori, che non seguirono gli studi classici, riuscirono in breve tempo a leggere definizione deve essere
il greco in questo libro. attentamente valutato.
Ciò che in Storia naturale, alcuno chiama definizione reale, è detto da altri, e
con maggior ragione, “ descrizione ” dell’animale o della pianta.
Qui “ animal ” e “ rationale ” indicano due classi. Fra quelle due classi è
sottintesa l’operazione detta congiunzione dai grammatici, moltiplicazione
logica dai logici dopo Boole, indicata in generale da et nel linguaggio comune, e
in logica matematica dal segno
Quindi la regola di Aristotele direbbe che ogni definizione ha la forma:
x=a b
ove a e b sono classi note, dette genere e specie, e x è la classe che si definisce.
Qualche definizione matematica soddisfa alla regola Aristotelica. Tale è la
definizione 22 di Euclide, che può tradursi:
Ma questa regola si può applicare al più alla definizione di una classe. Essa non
è vera per la definizione 2 = 1 + 1, per quella del numero e sopra citata, e per le
definizioni di enti che non sono classi. Anche le definizioni di classi non hanno
necessariamente la forma precedente. Per esempio, nella definizione
fra le due classi, che in questo caso sono identiche, non è posto il segno di
congiunzione logica , ma il segno di moltiplicazione aritmetica.
I cultori della logica classica rispondono che nelle definizioni: “ 2 = somma
di 1 con 1 ”, “ numero composto = prodotto di due numeri ”, “ e = limite di
ecc.”, il genere è rappresentato dalle parole somma, prodotto, limite. Ma queste
L'osservazione ha per noi un valore cruciale... una volta raggiunti gli "enti
primitivi", il procedere non può che essere simbolico. L'insegnamento della
matematica nella scuola primaria rappresenta quindi il momento
dell'introduzione ai concetti ed enti fondamentali della matematica attraverso
l'articolazione di un linguaggio gradatamente simbolico...
parole non indicano classi, bensì funzioni; ogni numero è somma o prodotto e
limite. La classe corrisponde alla prima categoria ousia di Aristotele, mentre la
funzione appartiene alla quarta pros ti. E qui bisognerebbe distinguere questi
due concetti. La definizione di classe mediante gruppo o insieme o proprietà è un
circolo vizioso, come quella di funzione mediante relazione o corrispondenza o
operazione. Arrivati a queste idee elementari, non si può oltre procedere che coi
simboli. Vedasi:
G. VAILATI, Aggiunte alle note storiche di Formulario. Rivista di
Matematica, anno 1903, pag. 57-58.
G. VAILATI, La teoria Aristotelica della definizione. Rivista di Filosofia,
anno 1903, Scritti pag. 485.
L. COUTURAT, Les principes des Mathématiques. Paris, Alcan 1905, pag.
290.
risulta che la derivata esiste o non, secondo che esiste o non questo limite.
Alcuni autori, per voler essere più rigorosi, dicono: La generale
riflessione sulle
“ Derivata è il limite, ove esista, del rapporto incrementale ”, definizioni acquista
particolare rilevanza
e allora, se il limite non esiste, non si può più conchiudere che la derivata non dal punto di vista
esiste. metacognitivo. Molto
In questo passaggio Del resto, la parola esiste ha, nel linguaggio comune, più significati. La interessante in
questa prospettiva il
si pone una classe nulla rappresenta una classe in cui non esistono individui; ma essa esiste;
riferimento
questione decisiva: così il numero 0 può indicare o l’assenza di grandezza, o la grandezza 0. In
all'insieme vuoto ed
la tensione insita pratica conviene definire non solo cose esistenti, ma importanti.
allo zero.
nella definizione
§ 5. Definizioni possibili. – Diremo “ definizione possibile ” ogni
risiede nel bisogno eguaglianza, che contiene in un membro un segno, che non figura nell’altro.
di rappresentare, di Sono per esempio definizioni possibili del numero le seguenti:
dare espressione a = circonferenza : diametro.
ciò che è realmente = minima radice positiva dell’equazione In questa definizione
significativo per il
l'idea di "precedenza" e
soggetto... l'assenza “ x – x3/3! + x5/5! – … = 0 ”.
quindi di articolazione
di significato e la
dx logicamente ordinata
forma
delle conoscenze è
rappresentano la 1 x2 cruciale ed altresì palesa
struttura stessa del
la natura squisitamente
concetto stesso di
"congetturale" dell'atto
significato.
definitorio. Entrambe le
caratterizzazioni
rivestono grande
importanza
nell'articoazione del
discorso matematico.
La prima è la definizione storica, ed è intelligibile al lettore che conosce gli
elementi di geometria. La seconda è puramente analitica. La terza esige il Possiamo dunque
calcolo integrale. pensare che l'atto
Immaginiamo disposte le idee che si considerano in un certo ordine. Si dirà definitorio possa
definizione possibile relativamente ad un dato ordine, una eguaglianza che essere modulato
contiene nel primo membro un segno, e nel secondo una espressione composta in funzione
con segni precedenti esso. Per esempio, le tre definizioni possibili date di , didattica
sono rispettivamente possibili a chi conosce la geometria elementare, o la teoria
delle serie, o il calcolo integrale.
Fra le varie definizioni possibili di un ente, in un ordine fissato, la scelta
della definizione reale dipende dalla volontà dell’autore consigliato da ragioni
didattiche. Quindi una proposizione può essere o non una definizione possibile;
ciò dipende dalla sua natura. L’essere una proposizione una definizione,
dipende dalla volontà dell’autore, e non solo dalla natura della proposizione.
a + 0 = a,
a + (n + 1) = (a + n) + 1.
11
Vedansi le citazioni in Formulario Mathematico, ed. V, pag. 352, 356, 359.
Def. del prodotto:
a × 0 = 0,
a × (n + 1) = a × n + a.
a0 = 1,
n+1
a = a n × a.
0! = 1,
(n + 1)! = n! × (n + 1).
12
Della Geometria elementare, come sistema ipotetico deduttivo. Memorie
Accademia Torino 1899.
Vedasi il trattato:
SHERMAN, The development of Symbolic Logic, London, 1906.
formula dello stesso tipo precedente. Si avrà (1/2) (2/3) = 3/5, (2/4) (2/3) =
4/7, e poiché 1/2 = 2/4, risulterebbe 3/5 = 4/7, resultato falso.
In matematica sonvi molte espressioni che hanno la forma grammaticale di
funzioni e non lo sono. Oltre a numeratore e denominatore di una frazione, le
parole: termini d’una somma, fattori di un prodotto, coefficiente, base,
esponente, non sono funzioni del valore della espressione, ma della sua forma.
Parimenti le parole: monomio, binomio, frazione irreduttibile, esprimono
proprietà della forma, non del valore della espressione. Nella ideografia, queste
parole non possono essere rappresentate da simboli. Quindi si vede che il
Il linguaggio simbolico
della matematica
risulta essere
contenuto nel
linguaggio naturale
numero dei simboli del Formulario mathematico sia molto minore delle parole
del linguaggio comune.
Torino, Università.
GIUSEPPE PEANO
L'osservazione finale manifesta una ______
certa attualità: possiamo
ricavarne un'ispirazione rispetto alla necessità di accendere
negli alunni il bisogno di definire senza invece cedere al
comodo percorso di enumerare le definizioni che si trovano
nei libri scolastici privando lo studente di quell'orizzonte di
senso che risulta necessario alla comprensione dei concetti
della matematica.