Sei sulla pagina 1di 7

Capitolo 1 Riguardo la storia del Giappone molti dubbi rimangono tuttora in merito a come e

a quando i primi popoli primitivi si stanziarono nell’arcipelago; secondo alcuni studiosi


avvenne quando le isole giapponesi erano unite al continente, ipotesi avvalorata dal fatto che
il giapponese (come il coreano, il mongolo e il turco) apparterrebbe alla famiglia delle lingue
altaiche. Tuttavia è possibile anche riscontrare analogie con la cultura polinesiana e dell’Asia
sud-orientale. Sulla cultura e la vita dei primi abitanti, sappiamo che usavano utensili litici
rozzamente realizzati e, di rado, utensili di osso; praticavano forme di caccia e che non erano
in grado di produrre oggetti in ceramica. Non sappiamo con precisione quando ebbe inizio
questo periodo, ma sappiamo che finisce intorno al 10.000 a.C., in coincidenza con l’avvio
della manifattura ceramica. Periodo Jōmon 10.000 a.C. – 300 a.C. Il periodo prende il nome dai
segni di corda o di stuoie di paglia che decoravano la superficie di buona parte della ceramica
prodotta in questo arco di tempo. ECONOMIA E STILI DI VITA Trattandosi di un periodo così
lungo, sono state individuate delle fasi nell’evoluzione di questa cultura: • Una fase iniziale, di
transizione tra il Paleolitico e il Neolitico, in cui la popolazione continua a vivere di caccia e
della raccolta di radici, piante e frutti selvatici; • Una seconda fase, attorno al IX-VIII millennio
a.C. La fine dell’era glaciale aveva portato una migliore condizione climatica, e quindi la
disponibilità di nuove risorse naturali, che portarono allo sfruttamento delle risorse marine.
La popolazione viveva a gruppi, in piccole capanne seminterrate. Sono stati ritrovati ami da
pesca, arpioni e archi, che suggeriscono la pratica della caccia e della pesca; • Una terza fase,
tra il 5000 e il 3500 a.C., con un ulteriore miglioramento del clima, e l’innalzamento del livello
del mare. Questo comportò la trasformazione di alcune regioni, in ampie paludi, consentendo
di sfruttare maggiormente i prodotti raccolti lungo le coste; • Una quarta fase vero la metà del
IV millennio a.C., l’abbassamento del livello del mare comportò lo spostamento delle
popolazioni dalla costa alle regioni interne. Questo fu possibile grazie anche al miglioramento
delle tecniche per lo sfruttamento delle risorse della terra; • Una quinta fase a partire dal 2000
a.C., dove assistiamo allo sviluppo di un’economia fondata sullo sfruttamento dei prodotti
marini con tecniche più elaborate per la pesca in profondità; • Una fase conclusiva, tra il IV e il
III secolo a.C. Lo studio della ceramica prodotta in questo periodo, ha evidenziato la presenza
di contatti con la penisola coreana, attraverso cui sarebbe stata introdotta anche la tecnica di
coltivazione del riso mediante l’irrigazione. ARTE I dogū (manufatti in terracotta) riproducono,
in modo astratto e semplice, figure a cavallo, i cui seni e addomi sono sporgenti, per questo si
suppone che si tratti di donne, presumibilmente in gravidanza; si può quindi immaginare che
avessero la funzione di invocare fertilità e abbondanza. Alcuni di questi manufatti sono stati
rinvenuti insieme ai resti del cibo, quindi non avevano funzione religiosa, ma servivano
probabilmente come degli amuleti. Periodo Yayoi 300 a.C. – 300 d.C. L’introduzione della
risicoltura segna l’inizio del periodo Yayoi, il quale prende il nome dalla zona di Tōkyō, che
restituì gli esemplari di un nuovo tipo di ceramica. Le prime testimonianze scritte, riguardo a
questo periodo, sono cinesi; tuttavia le informazioni sono limitate e frammentarie.
ECONOMIA E STILI DI VITA La diffusione della risicoltura interessò, inizialmente, solo la zona
vicina alle vie di comunicazione con il continente(a nord del Kyūshū), fino ad estendersi,
intorno al 100 a.C., anche a nord-ovest. È comunque probabile che l’economia abbia
continuato a fondarsi, per un certo periodo, su attività di caccia, raccolta e pesca.
Successivamente, quindi, gruppi di famiglie si spostarono in zone più facilmente irrigabili, in
modo da agevolare la risicoltura. Queste famiglie vivevano in capanne dal pavimento in terra,
pilastri, travi di legno e tetti di paglia, costruite una accanto all’altra e raggruppate in villaggi.
La capacità di costruire attrezzi in ferro contribuì a rendere più proficua la coltivazione, e
permise anche di coltivare zone impervie. POLITICA E SOCIETA’ A partire dal 100 d.C.,
assistiamo all’evoluzione dell’organizzazione socio- politica, attraverso forme di scambi
commerciali tra le comunità locali. Andavano così trasformandosi queste comunità, all’interno
delle quali inizia a vedersi una marcata stratificazione sociale. Infatti alcune di queste famiglie
godevano di condizioni più favorevoli, sia perché possedevano terre più fertili, sia perché
erano vicini alle vie di comunicazione con il continente, e quindi potevano avere più
facilmente accesso alle nuove tecnologie. CULTURA E RELIGIONE I culti e i riti che presero
forma nel periodo, risultano vari e diversificati, fintanto che non si creò interazione tra i
gruppi locali. Il benessere della popolazione dipendeva dalla terra, dall’acqua e dal sole, e i riti
erano finalizzati a propiziare il favore della natura, così come a scandire il tempo per le fasi
della coltivazione. È il culto dello shintō primitivo, che si esprimeva nell’identificare come kami
tutti gli elementi della natura (montagne, fiumi ecc), e nel ritmare le fasi vitali e dell’attività
produttiva, come la semina e il raccolto. Era caratterizzato da credenze animistiche, pratiche
magiche e influssi sciamanici. Esso non concepita l’idea del peccato come effetto di una
trasgressione; il male era piuttosto il risultato di un’azione esterna, che poteva essere
cambiata attraverso il rito. Questo culto rese quasi sacro il legame tra la comunità e il
territorio. ARTE La ceramica Yayoi era meno decorata, lavorata al tornio e di qualità superiore
a quella del periodo precedente; è infatti il risultato di apporti dall’esterno uniti agli elementi
preesistenti. Dal continente erano giunti anche armi, specchi di bronzo e attrezzi agricoli in
legno, pietra e ferro. Da questo momento in poi, i contatti con l’esterno sarebbero andati via
via aumentando. Sono, infatti, stati ritrovati all’interno di tombe risalenti alla seconda metà
del periodo, specchi, armi in bronzo e ornamenti di giada di provenienza continentale. Inoltre
i contatti sono testimoniati anche dalle cronache cinesi che parlano proprio di queste
popolazioni, come la “storia degli Han anteriori”, che fa menzione a missioni inviate dalle isole
giapponesi alla Corte cinese; la “Storia degli Han alto titolo di Omi, mentre tutti gli altri al titolo
di Muraji. Lo status dei singoli clan corrispondeva ad una funzione precisa.] Molti clan
vedevano il buddhismo come una minaccia alla posizione che essi occupavano grazie alla loro
presunta discendenza dai kami. A favore della dottrina si schierarono i Soga, immigrati di
recente dalla corea, i quali volevano mantenere gli scambi tra i due paesi; i Monobe erano,
invece, ostili in quanto ritenevano che la nuova dottrina avrebbe potuto offendere e scatenare
l’ira dei kami, posizione che assunsero tutti coloro che avevano ricavato potere dallo
shintoismo, come nel caso nei Nakatomi. Il confronto tra i due schieramenti ebbe fine solo
con la vittoria dei Soga a seguito di uno scontro militare nel 587, ottenendo un’importante
posizione politica, e favorendo l’apertura alle nuove idee provenienti dal continente, che
porteranno poi all’unificazione del Giappone. L’introduzione del buddhismo stimolò una
trasformazione dei costumi, dell’architettura e dei riti funebri, tra cui il superamento della
sepoltura a favore della cremazione; quindi i tumuli furono sostituiti da ricchi templi,
segnando quindi la fine del periodo Kofun. POLITICA E SOCIETA’ [Nella penisola coreana il
Giappone cominciò a perdere il proprio controllo a partire dal 532, quando le truppe a
sostegno di Paekche vennero sconfitte da Silla. Nel 562 il controllo di Mimana fu del tutto
compromesso e infine perso con l’unificazione della Cina sotto la dinastia Sui nel 589 e quindi
con l’unificazione della Corea del 668, quando Silla riuscì, supportato dalla Cina, a sconfiggere
Koguryŏ. La Cina rappresentava una potenza da temere e allo stesso tempo un modello da
cui trarre ispirazione. Il timore dell’espansionismo cinese avrebbe infatti contribuito ad
accelerare il processo di centralizzazione del potere.] Il clan Soga, grazie alla vittoria militare,
ma anche all’uso politico della nuova dottrina, iniziò a rappresentare una minaccia per il clan
Yamato. Infatti, Soga no Umako, fece uccidere l’imperatore in carica che, pur essendo suo
nipote, contrastava le sue ambizioni. Nel 592 salì così al trono l’imperatrice Suiko, legata ai
Soga da parte materna, che regnò sino al 628 e che fu la prima donna ad accedere a questa
carica. Allo stesso tempo venne nominato un reggente (sesshō), Shōtoku Taishi, che di fatto
prese le redini del governo, e fu promotore di grandi riforme, che portarono alla
centralizzazione del potere. Infatti, nel 600, avviò contatti diretti con la Corte di Sui e provvide
ad introdurre importanti riforme ispirate al modello cinese, tra cui, nel 603, l’introduzione di
un sistema di dodici ranghi di Corte, la cui assegnazione spettava al sovrano. A Shōtoku è,
inoltre, attribuita la stesura della “Costituzione dei diciassette articoli”, emanata nel 604, che
contiene un elenco di precetti e regole morali ispirati a valori confuciani, buddhisti e taoisti. Lo
scopo è quello di affermare il diritto sovrano e di eliminare il potere autonomo degli uji,
sostituendolo con una sorta di burocrazia. Questo rappresenta la configurazione di uno Stato
imperiale, nel quale è previsto l’uso di un nuovo titolo con cui designare il sovrano; tennō,
ovvero un sovrano che governava in qualità di diretto discendente dal cielo, e che quindi
aveva potere politico e sacerdotale. La morte di Shōtoku, avvenuta nel 622, interruppe solo
momentaneamente il processo di riforme, che sarebbe stato ripreso una volta eliminata
l’egemonia dei Soga, il cui capo cadde vittima di una congiura nel 645, ordita da parte di un
principe imperiale e di un membro del clan Nakatomi, i quali furono ricompensati con
importanti cariche e un nuovo prestigioso cognome, Fujiwara. L’anno successivo l’imperatore
emanò delle riforme in materia politica e amministrativa, volto a gettare le basi per uno Stato
imperiale, la cui ricchezza doveva fondarsi sugli introiti provenienti da tutte le zone del Paese,
e che prevedeva: • L’abolizione di tutti i titoli che garantivano privilegi locali, ovvero i possessi
privati delle risaie e i be, alle dipendenze degli uji, assegnando il pieno controllo delle terre e
dei suoi abitanti al sovrano; • L’introduzione di un sistema amministrativo, il quale prevedeva
la nomina di funzionari che dovevano servire l’imperatore. Il territorio fu quindi organizzato in
province (kuni), a capo dei quali erano posti dei governatori (kokushi). Le province erano a
loro volta suddivise in distretti (gun), guidati da capi di distretto. A livello più basso le unità
amministrative erano rappresentate da villaggi rurali e quartieri urbani, ciascuno dei quali
guidati da un capo scelto tra gli abitanti delle singole località; • L’istituzione di registri di censo
e delle tasse, sulla base dei quali avveniva la distribuzione delle terre; inoltre tutte le forme di
tasse esistenti fino ad allora furono cancellate. Ma non tutte le riforme trovarono
un’immediata attuazione. Il potere del governo imperiale si andava quindi a fondare sul
controllo delle risorse della terra e a dipendere dal funzionamento del sistema di tassazione.
È la riforma Taika, la quale prevedeva inoltre: • La registrazione della popolazione contadina
per famiglie, che fungevano come unità di base sia per l’assegnazione delle terre, sia per il
pagamento delle tasse. A loro volta le famiglie erano organizzate in villaggi; • Le terre agricole
furono divise sulla base di un sistema (jōri), che prevedeva la ripartizione di un grande
quadrato di terra in altri trentasei quadrati uguali, a loro volta divisi in dieci strisce; ogni
striscia (tan), misurava poco meno di mille metri quadrati e costituiva la base per
l’assegnazione delle terre, assegnazione che avveniva in base all’età, al sesso e allo status del
destinatario. Si trattava del sistema kubunden, i cui assegnatari erano tenuti a lavorare i
campi e a pagarne le relative tasse. Inoltre ai maschi era imposto l’obbligo di prestare servizi
di corvée civili e militari, che potevano essere sostituiti da una tassa supplementare.
L’assegnazione delle terre non era perpetua, ma soggetta a periodiche redistribuzioni, così
come l’importo delle tasse. Non tutte le terre facevano parte del sistema kubunden, alcune
vennero infatti assegnare sulla base di altri criteri (merito, rango), a beneficio della nobiltà e
delle istituzioni religiose. Infine, una parte delle terre restò sotto la diretta amministrazione
dello Stato, che poteva servirsene per ottenere un reddito diretto. La riforma Taika prevedeva
anche la creazione di un consiglio di Stato (Dajōkan) e di otto ministeri da esso dipendenti; al
di sotto stavano altri due ministeri, della Destra e della Sinistra con numerosi dipartimenti e
uffici alle loro dipendenze. Fu anche revisionato il sistema dei ranghi di Corte, che
aumentarono di numero e furono destinati a premiare personaggi meritevoli, anche se in
seguito sarebbe prevalso il criterio dell’ereditarietà. L’opera di riforma proseguì, fino a quando
non ci fu una nuova disputa per la successione al trono, per la quale ci fu uno scontro dal
quale emerse un nuovo imperatore, che fondò il proprio potere sulla forza militare. Si trattava
di Tenmu, che regnò dal 673 al 686 consolidando le riforme avviate. Inoltre ristrutturò il
sistema dei titoli onorifici (kabane) che aveva regolato la gerarchia tra i capi uji, relegandoli in
una posizione subalterna. Il nuovo sistema di ranghi consentì all’imperatore di far emergere i
propri alleati e di far retrocedere i propri nemici. Egli iniziò anche la compilazione di un codice,
che avrebbe costituito la base su cui sarebbe stato redatto il codice Taihō, emanato agli inizi
dell’VIII secolo. Tenmu ritenne di consolidare la posizione del sovrano ordinando la stesura di
un’opera storica finalizzata a legittimare il potere dell’imperatore, si tratta del Kojiki, che sarà
ultimato molti anni dopo. Tenmu morì nella residenza di Asuka, quando ancora non era
pronta una nuova capitale necessaria ad ospitare un apparato governativo ben più complesso
del precedente. Ma alla sua morte, invece di abbandonare la capitale, si decise di ricorrere a
riti di purificazione. Nel 694 venne sperimentata la prima capitale permanente, a Fujiwara,
poco a nord di Asuka, dove l’edificazione della corte imperiale si ispirava a modelli
architettonici cinesi; ma dopo solo sedici anni la capitale verrà nuovamente spostata. Ma è in
questo breve periodo che fu completato il codice di leggi avviato in precedenza, che venne
emanato nel 702, noto con il nome di Taihō o Codice Risturyō, contenenti le leggi penali e le
norme amministrative. Questa è l’ultima di una serie di riforme volte a stabilire il controllo
della famiglia e del governo imperiale sulla popolazione. Il codice, revisionato nel 718, gettò le
basi del sistema amministrativo che sarebbe rimasto in vigore sino alla metà del XIX secolo.
Prevedeva il definitivo superamento delle realtà uji e la creazione di una massa di sudditi,
intese come persone pubbliche (kōmin), sottoposte all’imperatore. Al di sotto dell’imperatore
e della sua famiglia, stavano i sudditi liberi (ryōmin), che potevano essere funzionari (kannin) e
coltivatori delle terre dello Stato (kōmin), mentre alla base di questa gerarchia figuravano i
sudditi non liberi (senmin). In generale il codice seguiva le forme e i principi di quelli cinesi; ma
a differenza di quelli cinesi non era vietato il matrimonio endogamo, anzi non c’era limite alla
possibilità di scegliere un partner all’interno del gruppo familiare. Inoltre non venne
nemmeno accolto il sistema meritocratico per l’assegnazione delle cariche, in quanto questo
avrebbe permesso l’accesso alle cariche anche a persone di basso lignaggio. ARTE Grazie sia al
buddismo, che all’apertura verso la Corea e, quindi, anche verso la Cina, iniziarono a circolare
in Giappone molti testi cinesi, portando all’introduzione del sistema di scrittura cinese; questa
non diede un immediato avvio alla stesura di opere e cronologie ufficiali, tant’é che solo in
seguito la classe dominante si rese conto dell’importanza della scrittura per la trasmissione
del pensiero politico, filosofico e religioso. Tutto questo portò alla stesura del Kojiki e del
Nihon Shoki, che si riferiscono, però, al periodo Kofun. Ma a partire dal VI secolo è possibile
far riferimento a documenti scritti. La vittoria dei Soga aprì le porte all’arrivo di monaci,
reliquie, artigiani e costruttori di templi, in gran parte di provenienza coreana. Nella zona di
Asuka, sede della corte Yamato, iniziò la produzione di grandi opere artistiche, tra cui
l’Asukadera, fatto edificare dai Soga e ultimato nel 596, che si ritiene essere il primo vero
tempio buddhista del Giappone. L’esempio dei Soga fu seguito da molti altri uji che
finanziarono la produzione di templi in tutta la zona. Questi edifici erano il simbolo della
potenza dei clan uji, che dimostravano in questo modo indipendenza dal clan Yamato.
Periodo Nara 710 d.C. – 794 d.C. Il governo imperiale nel 710 d.C. si trasferì a Nara (Heijōkyō),
periodo nel quale si attuarono le riforme create nel periodo precedente. Edificata in una zona
pianeggiante e in una favorevole posizione strategica, la nuova capitale copriva un’estensione
di circa 20 chilometri quadrati. propria autorità. Non disponendo della forza militare, si
raggiunse un compromesso, per il quale i capi uji ricevevano cariche pubbliche e titoli
nobiliari, e anche terreni esenti dalle tasse. Per controllare il paese, la corte fece sempre più
affidamento sui kokushi, i quali si servirono di questi compiti per consolidare il loro potere.
Un ulteriore sintomo della fragilità del potere imperiale è rappresentato dalla diarchia che di
produsse al vertice dell’istituto imperiale, quando l’autorità del tennō fu sottoposta al
controllo del clan Fujiwara, che stabilì una sorta di monopolio sulla carica di reggente. Già nel
periodo Nara erano riusciti a far ottenere a membri della famiglia, importanti cariche
burocratiche e a rafforzare il legame con la casata imperiale grazie al fatto che molte donne
Fujiwara diventarono mogli di imperatori. Un passaggio importante nell’ascesa al potere
Fujiwara si ebbe nell’857, quando Fujiwara Yoshifusa ottenne la carica di dajō daini, ovvero
primo ministro e capo del consiglio di Stato, fino ad allora riservata ai principi imperiali.
L’anno successivo salì al trono l’imperatore Seiwa, che aveva nove anni, di cui Yoshifusa era
nonno, e che ottenne la carica di reggente (sesshō). Yoshifusa mantenne il controllo sul
governo anche una volta che l’imperatore raggiunse la maggiore età, e i suoi successori
seguirono il suo esempio, così che venne creata la carica di kanpaku, ovvero reggente di un
imperatore adulto. Per alcuni decenni la casa imperiale cercò di contrastare il potere dei
Fujiwara, ma non riuscì a contrastare la continua erosione del sistema di controllo statale
sulle risorse agricole del paese e l’allargamento di tenute di privati, con pesanti conseguenze
sul mantenimento del potere e dell’autorità. Così, a partire dal 967 i Fujiwara ripristinarono il
monopolio sulle cariche di sesshō e di kanpaku, inaugurando il periodo detto “governo dei
reggenti”, il quale ricevette un primo colpo nel 1068 salì al trono l’imperatore Go Sanjō che,
per la prima volta dopo un secolo, non era figlio di un Fujiwara. Questo governo fu, infine,
superato nel 1087, quando l’imperatore Shirakawa assunse la carica di imperatore in ritiro
(insei), riuscendo a sfuggire al controllo dei Fujiwara. La fortuna dei Fujiwara era stata favorita
dall’incapacità del governo di fermare la privatizzazione delle terre. Inoltre, anche al di fuori
della corte, esistevano altri centri di potere, rappresentati in primo luogo da alcune scuole
buddhiste, che disponevano di armi, guerrieri e privilegi. CULTURA, LETTERATURA, E
RELIGIONE La nobiltà di Heian continuò a essere caratterizzata dal benessere e dalla
raffinatezza, visibili nello stile di vita aristocratico e nella produzione artistica e letteraria del
periodo. Il Giappone chiuse i rapporti con l’esterno e si concentrò sulla rielaborazione delle
idee giunte fino ad allora dal continente, dando vita, a partire dal IX secolo a modelli autoctoni
in ambito politico ed economico e maturando forme artistiche e letterarie autonome e
originali. La conoscenza della cultura classica cinese continuò a costituire un requisito
indispensabile e un tratto distintivo per i maschi dell’aristocrazia, e la filosofia confuciana
continuò a dettare i principi di governo. Ma la ricerca di nuove modalità di espressione
autoctone spinse la cultura giapponese a trovare una dimensione “nazionale”. In questo
periodo si registrano infatti alcuni cambiamenti in ambito linguistico, come nella scrittura, con
l’invenzione dei kana. Così, accanto a opere che continuarono ad essere scritte in cinese, fiorì
una produzione letteraria in kana, nella quale figurano i diari (nikki), racconti (monogatari) e
raccolte di poesie. Soprattutto le composizioni poetiche divennero un passatempo negli
ambienti di Corte e un tratto distintivo dello status di aristocratico, per il quale l’imperizia in
quest’arte poteva persino condurre alla squalifica sociale. Il processo di nipponizzazione
interessò anche la coscienza estetica, che andò sviluppandosi attorno a valori e canoni
autoctoni, dal culto della bellezza, alla percezione dei fenomeni e delle espressioni della
natura, dall’amore contemplativo a un’intensa sensibilità verso lo scorrere del tempo. Il
rispetto delle regole del buon gusto e della raffinatezza estetica fu assunto come requisito
indispensabile per confermare lo status dei membri dell’aristocrazia. Le donne, escluse
dall’esercizio del potere, mantennero un ruolo influente svolto dietro le quinte. La virilità non
si opponeva alla femminilità, non essendo poi così diversi i requisiti richiesti ad un uomo o ad
una donna per essere reputati avvenenti. Ma la letteratura Heian presenta anche un aspetto
più cupo e oscuro, pervaso dal senso di ansietà che scaturisce dalla percezione del mondo.
Questa visione è esemplificata dalla ricorrente metafora della fioritura dei ciliegi. Il senso di
evanescenza era di chiama matrice buddhista; del resto il buddhismo costituisce lo sfondo
filosofico di molte opere letterarie, prima fra tutte il Genji Monogatari, dove esso appare sotto
un duplice aspetto, l’uno più terreno, l’altro proiettato verso il mondo dell’aldilà. Ciò mostra
che la dottrina si era ormai affermata nella vita quotidiana dell’aristocrazia. L’evoluzione del
buddhismo aveva continuato a trarre stimoli dal continente, da cui giungevano nuove scuole
di pensiero; in primo luogo la scuola Tendai, introdotta agli inizi del IX secolo a opera del
bonzo Saichō, il quale promosse la costruzione del complesso monastico Enryakuji sul Monte
Hiei, a nord-est di Heian. La dottrina si fondava sull’idea secondo cui tutti gli esseri viventi
potessero diventare Buddha, attraverso lo studio dei testi sacri, la tecnica della meditazione,
l’invocazione del Buddha e la pratica di esorcismi. Questa dottrina assimilò una serie di
elementi appartenenti ad altri scuole e culti, e ciò le consentì di acquisire un crescente credito.
In quegli stessi anni, un altro bonzo, Kūkai, tornò dalla Cina portando con sé gli insegnamenti
del buddhismo tantrico e fondando il tempio Kongōbuji sul monte Kōya, quartier generale
della scuola Shingon, che ben presto guadagnò un grande favore. Si trattava di una dottrina
essenzialmente esoterica, la quale tuttavia presentava anche un aspetto popolare,
caratterizzato dall’uso di formule magiche e mistiche; essa concepiva l’universo come la
manifestazione del Buddha Dainichi. L’edificazione di questi complessi monastici all’esterno
della città, rispecchiava la volontà di impedire al clero di influenza la politica; tuttavia nel corso
del periodo numerosi templi privati furono costruiti all’interno della città. Nel frattempo i
complessi buddhisti avevano iniziato a rifornirsi di armi e a disporre di monaci guerrieri
(sōhei) al fine di dirimere contrasti dottrinali interni. Inoltre, per ottenere esito positivo alle
loro richieste, ricorrevano al potere magico- religioso intimidendo o minacciando il governo
imperiale. La diffusione della fede buddhista presso le masse sarebbe avvenuta solo dopo la
fine di questo periodo, ma verso la fine del X secolo essa iniziò a diffondersi grazie a dottrine
di più facile accessibilità come quella Jōdo, introdotta dalla Cina, è che ebbe molto successo
perché basava la sua fede nel potere salvifico di Amida. La diffusione del buddhismo beneficiò
anche della sua capacità di assimilare i culti shintoisti, anche attraverso l’idea che i kami
fossero una manifestazione del Buddha. Il buddhismo continuò ad ispirare opere artistiche
(amida), ma lo stile e le forme tendevano ad allontanarsi dal modello continentale. La vera
innovazione riguardò lo sviluppo di un’arte pittorica, nota come Yamatoe (pittura Yamato)
dove si dipingevano paesaggi naturali e scene della vita di corte; cominciarono ad apparire su
paraventi (byōbu), mentre successivamente si diffusero su rotoli di carta (emakimono). Le
corti di ricchi templi e di importanti residenze private cominciarono a essere riempite di
giardini e boschetti, di stagni e laghetti, di padiglioni e altri elementi tipicamente giapponesi.
L’introduzione di nuove forme artistiche dalla Cina non interruppe la ricerca di soluzioni
autonome. Sono dunque le espressioni culturali a rappresentare l’aspetto più vitale del
periodo Heain, ma occorre considerare che essa ruota attorno all’aristocrazia la quale,
all’epoca, rappresentava una piccola parte della popolazione. ECONOMIA E SISTEMA SHŌEN
In periodo Nara, allo scopo di aumentare il volume delle entrate proveniente dalla tassazione
dei kubunden e soprattutto per allentare la pressione demografica, era stata consentita la
possibilità di mantenere il controllo delle aree a coloro che avevano provveduto a bonificarle.
Si calcola, in effetti, che nel territorio vivessero circa 5-6 milioni di persone. Questo, unito agli
obblighi fiscali, aveva generato una diffusa povertà, spingendo molti contadini ad allontanarsi
dalle terre. Questo aveva spinto il governo ad attuare una riforma volta a rendere coltivabili
zone delle regioni nord-orientali, ma non erano riusciti a trovare la manodopera necessaria.
Così, nel 723, era stato deciso di affidare questo compito a singole famiglie in cambio della
concessione del loro possesso da una a tre generazioni, una misura che con il passare del
tempo era diventata perpetua. Di questo avevano approfittato innanzitutto i nobili e le
istituzioni religiose, portando vantaggi solo a queste ma non al governo imperiale. Questa
tendenza si accentuò nel periodo Heian, comportando una riduzione dei terreni sottoposti al
sistema Kubunden e alla formazione di estese zone agricole private. Questi erano gli Shōen,
verso i quali si diressero i contadini che avevano abbandonato le terre statali. Nei primi
decenni del periodo Heian, furono attuati alcuni tentativi finalizzati a riaffermare il primato
politico dell’imperatore e il controllo statale sulle terre agricole. Ma con l’indebolimento del
governo la nobiltà di origine uji e le grandi istituzioni religiose poterono estendere il controllo
su ampie zone agricole grazie al potere politico, ma

Potrebbero piacerti anche