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Alzi la mano chi non ha visto il film “Fuga per la Vittoria” ! Un classico nella storia
del cinema divenuto famoso oltre per la presenza di personaggi del calibro di Pelè,
anche per essere ispirato a una storia vera.
Anche se il finale è diverso nella realtà!
Il luogo degli avvenimenti non è la Francia, ma l’Ucraina e la storia prende avvio in
seguito all’invasione dei territori dello “zio Misha” da parte dei soldati della
Wehrmacht.
Durante la marcia delle Panzer Division, Hitler decide d’accerchiare l’Ucraina allo
scopo di aprirsi una via diretta a Mosca e poi per assicurarsi il controllo dei
giacimenti petroliferi della regione. Il 25 agosto 1941 inizia l’azione a tenaglia che
s’estende per ben 135.000 Km quadrati.
Al centro si trova la città di Kiev e viene investita dalla forza nazista, nel giro di
poche settimane, i sovietici decidono di evacuare le industrie e tutti gli operai
specializzati a est degli Urali.
https://www.thepitchblog.it/2020/06/16/start-fc-partita-morte/
Il luogo scelto per gestire tutte le attività di evacuazione è il campo da calcio, anche
se non ancora terminato.
Molti cittadini sono chiamati alle armi, tra questi anche i giocatori della Dynamo
Kiev e della Lokomotiv, come il famoso portiere Nikolaij Trusevich e gli attaccanti
Nikolaij Trusevich
https://www.transfermarkt.it/nikolay-trusevich/profil/spieler/430962
Ludmila PAvlychenko
https://vitadamuseo.files.wordpress.com/2020/06/lyudmila-pavlichenko.jpg
Il 19 settembre, sotto un cielo cupo per gli incendi che devastano la città, frutto
dell’ordine del padre Stalin di fare terra bruciata, i soldati nazisti entrano a Kiev.
https://it.wikipedia.org/wiki/Battaglia_di_Kiev_(1941)#/media/File:Ruined_Kiev_in_
WWII.jpg
Il giorno prima i soldati russi hanno ripiegato, tra costoro vi sono i calciatori
Konstantin Shchegotsky
Esatto Vendetta, questo è il termine che viene usato nel manifesto e non “rivincita”
perché questo vanno cercando i tedeschi.
In realtà Kordik, Trusevich e l’intera squadra dello Start chiede di posticipare la
partita di una settimana, allo scopo di potersi riprendere dallo sforzo, ma i tedeschi
rispondono un secco e duro “No!”.
Vogliono proprio sfruttare questo vantaggio per potersi assicurare la vittoria e non
contenti decidono di richiamare tutti i calciatori professionisti presenti al fronte.
La partita viene fissata per le 17.30 della domenica successiva, ovvero il 09 agosto,
sempre allo stadio Zenit.
Tutti hanno letto la parola come un eccesso, non riuscivano a pensare che i tedeschi
volessero vincere a tutti i costi la partita, in realtà quella parola ben eprime lo stato
d’animo dei nazisti e, in particolare, dei militari della Luftwaffe.
Costoro sono frustrati sia per dover volare in condizioni proibitive e difficili a causa
delle avverse condizioni metereologiche, a differenza dei colleghi sul fronte
occidentale, sia per essere vittime delle “Streghe della notte”, ovvero le donne pilota
dell’Armata Rossa esperte nel volo notturno.
La domenica si presenta calda a tal punto che “spacca anche i cocomeri”4, ricorda
Valentina Goncharenko, all’epoca tredicenne; nonostante questo molta gente si reca
allo stadio e si accalca sull’erba a bordo campo, pochi riescono a trovare posto sulle
panchine realizzate con le traversine dei binari.
Alle 17.00 lo stadio è strapieno, sia di ucraini che di tedeschi, quest’ultimi occupano
la tribuna al centro.
La folla è nervosa, da un lato spera nella vittoria della Start, dall’altro teme le
ripercussioni di tale evento, ma per esorcizzare i timori intonano canti tradizionali.
Nel frattempo, nello spogliatoio della Start, irrompe un uomo alto, calvo, che indossa
l’uniforme nazista e reca le mostrine delle temutissime SS.
L’uomo, entra, chiude la porta e dopo squadra ciascuno dei presenti, quindi con un
tono e un modo educato si presenta utilizzando la lingua russa : “Sono l’arbitro della
partita! So che siete un’ottima squadra, per favore attenetevi alle regole, non
infrangetene nessuna! Grazie!”
Tutti assentono con un cenno della testa, quindi l’uomo si gira e apre la porta, ma un
attimo dopo la richiude e dice : “ Dimenticavo! Prima dell’inizio della partita vi
chiedo di salutare i vostri avversari con il saluto nazista!”
Questa volte le parole escono lente e scandite, quasi voglia sottolinearle ed
evidenziarle. Non appena la porta si richiude nella stanza si scatena un putiferio,
alcuni dei giocatori esclamano la propria volontà di abbandonare la partita, dal
momento che sono certi che perderanno. Altri, invece, vogliono ignorare l’ordine
dell’SS e limitarsi a giocare al meglio per sconfiggere i propri avversari.
Nel frattempo, altri visitatori si avvicendano e tutti ribadiscono la necessità d’evitare
d’irritare i tedeschi.
4
http://www.marx21.it/documenti/lapartitadellamorte_brochure.pdf
Trusevich ha invitato i visitatori a uscire ed è rimasto con i suoi compagni, i suoi
amici e fratelli di gioco. Cinque settimane prima erano dei semplici disperati che
cercavano di sfuggire al proprio triste destino, adesso detengono nelle proprie mani il
destino, le speranze e i sogni dei loro concittadini, “non perdiamo la testa, -li
rincuora- non permettiamo che il seme della paura e della discordia c’infiacchisca.
Pensiamo a quello che siamo e che rappresentiamo. Indossiamo le nostre nuove
divise e scendiamo in campo uniti! Potremo vincere o perdere poco importa!
Sicuramente avranno inserito giocatori forti da altre unità e certamente, noi ci
proveremo e comunque vada avremmo fatto del nostro meglio!”
La nuova divisa è composta da camice rosse attraversate da una striscia bianca
obbliqua, pantaloni bianchi e calze rosse. Tutto il materiale è stato fornito dai tifosi
che vedono in quei colori quelli della bandiera dell’Unione Sovietica.
Per questo motivo quando la formazione della Start è scesa in campo, la folla s’è
alzata in segno di rispetto, non solo ai giocatori, ma soprattutto alle loro divise.
Le due squadre, novelli gladiatori, si sono schierati dinanzi la tribuna d’onore per
omaggiare i gerarchi nazisti mediante il saluto “HEil Hitler!”
I primi sono i tedeschi del Flahelf, poi tocca ai giocatori dello Start, costoro stanno in
silenzio, gli occhi verso il basso, in attesa del loro turno.
L’uomo che aveva creato e guidato lo Start giace con la sua maglia nera di lana in
una pozza di sangue.
Gli spari continuano, durano un tempo interminabile, ma quando finalmente
terminano, ai prigionieri tocca spostare i cadaveri dei propri compagni, riconoscerli e
piangerli.
La notizia si diffonde e giunge a Makar Goncharenko, al momento della rappresaglia
fuori dal campo perché impegnato a riparare gli stivali del personale di polizia a
Kiev.
Apprende la notizia da un prigioniero e decide di scappare riesce grazie alla fortuna.
Nell’agosto del 1943 i sovietici giungono alle porte di Kiev e un mese dopo riescono
a penetrare in città e a riconquistarla.
Immediatamente diviene nota la storia della “partita della morte” anche se
esistono diverse versioni, alcune create dal sistema comunista.
Nel 1971, dinanzi all’entrata dello stadio Zenit di Kiev viene collocata una scultura,
opera dell’artista Ivan Horovyi, recante le parole di Stepan Oliynyk :
“Per la nostra bella esistenza,
Caddero in una lotta.
Per secoli la vostra gloria non svanirà,
Impavidi eroi-atleti”.
Oggi il monumento non esiste più: è stato distrutto in uno dei tanti raid delle bande
di Euromajdan.
Mentre sulla destra dell'ingresso principale dello Stadio Zenit, dal 1981 ribattezzato
Start Stadium, è rimasta una targa recitante la seguente scritta: ''A uno che se lo
merita'' ovvero a Makar Goncharenko autore della doppietta.
Su questa leggendaria pagina di storia sono stati realizzati tre film e scritti
diversi libri, tra cui le memorie di M. Goncharenko. Nel 1962 uscì Il terzo
tempo del sovietico Evgenij Karelov e Due tempi all’inferno dell’ungherese
Zoltan Fabri. Dall’unione di questi due film, nel 1981, ne nacque un terzo,
Fuga per la vittoria di John Huston che, sebbene vorrebbe rifarsi agli eventi
storici, in pratica è molto romanzato e non fedele agli avvenimenti reali.
Prima di lasciare che la polvere dell’oblio torni a ricoprire la loro avventura
ricordiamo che sono stati “ gli unici che durante l’occupazione nazista sono riusciti a
fare quello che piaceva e a farlo come gli piaceva ovvero sincronizzandosi con i
propri compagni” secondo le regole del gioco di squadra.
E in segno di onore e di amore facciamo risuonare i loro nomi al vento quazsi a voler
ribadire che ora e sempre ci saranno eroi disposti a rischiare e a resistere armati dei
proprio ideali: Mykola Trusevich, Olexei Klimenko, Mikhail Sviridovskij, Mykola
Korotich, Fedor Tyutchev, Mykhail Putistin, Ivan Kuzmenko, Nikolai Makhinya,
Pavel Komarov, Makar Goncharenko, Vladimir Balakin, Vasil Sukharev, Mikhail
Melnyk.
Autore Coletta Stefano
Bibliografia
Dougan A., Dynamo. Defending the Honour of Kiev, Harper Collins, Londra, 2001.
Riordan J., Sport in Soviet Society, Cambridge University Press, 1977
Severov P.- Khalemsky N., The Final Duel, Fizcultura, 1959