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La Stella della Resistenza Ucraina

La vera storia della “partita della Morte”

Alzi la mano chi non ha visto il film “Fuga per la Vittoria” ! Un classico nella storia
del cinema divenuto famoso oltre per la presenza di personaggi del calibro di Pelè,
anche per essere ispirato a una storia vera.
Anche se il finale è diverso nella realtà!
Il luogo degli avvenimenti non è la Francia, ma l’Ucraina e la storia prende avvio in
seguito all’invasione dei territori dello “zio Misha” da parte dei soldati della
Wehrmacht.
Durante la marcia delle Panzer Division, Hitler decide d’accerchiare l’Ucraina allo
scopo di aprirsi una via diretta a Mosca e poi per assicurarsi il controllo dei
giacimenti petroliferi della regione. Il 25 agosto 1941 inizia l’azione a tenaglia che
s’estende per ben 135.000 Km quadrati.
Al centro si trova la città di Kiev e viene investita dalla forza nazista, nel giro di
poche settimane, i sovietici decidono di evacuare le industrie e tutti gli operai
specializzati a est degli Urali.
https://www.thepitchblog.it/2020/06/16/start-fc-partita-morte/

Il luogo scelto per gestire tutte le attività di evacuazione è il campo da calcio, anche
se non ancora terminato.
Molti cittadini sono chiamati alle armi, tra questi anche i giocatori della Dynamo
Kiev e della Lokomotiv, come il famoso portiere Nikolaij Trusevich e gli attaccanti

Nikolaij Trusevich
https://www.transfermarkt.it/nikolay-trusevich/profil/spieler/430962

Nikolaij Makhinya e Ivan Kuzmenko.


Mentre Konstantin Shchegotsky ritenuto inidoneo al servizio attivo, perché affetto da
un disturbo cutaneo doloroso, si dedica a organizzare l’evacuazione.
Alla fine d’agosto Kiev rantola e i tedeschi sono pronti a vederla esalare l’ultimo
respiro, confortati dal ripiegamento della 37° Brigata dell’Armata Rossa.
Il 1° settembre le truppe tedesche danno inizio alla morsa finale, per cui gli abitanti
tentano di fuggire, per mezzo di chiatte, lungo il Dnper, ma gli assalitori se ne
accorgono e, grazie agli Stukas, bombardano i fuggitivi.
La situazione diviene ogni ora che passa difficile, nonostante il coraggio e la
determinazione degli abitanti e dei soldati sovietici, ma la superiorità numerica e,
soprattutto, di mezzi e di armi ha la meglio, nonostante Stalin si rifiuti di assecondare
la richiesta di resa del Comandante della Piazza, Maresciallo Sukharev.
Inutile dire che la lotta diviene senza quartiere e che i sovietici cercano con ogni
mezzo di rallentare l’avanzata, un grosso merito va riconosciuto ai cecchini, tra i
quali spicca il Maggiore Ludmila Pavlychenko, famosa per aver ucciso 309 tedeschi,
prima di essere costretta a ripiegare.

Ludmila PAvlychenko
https://vitadamuseo.files.wordpress.com/2020/06/lyudmila-pavlichenko.jpg

Il 19 settembre, sotto un cielo cupo per gli incendi che devastano la città, frutto
dell’ordine del padre Stalin di fare terra bruciata, i soldati nazisti entrano a Kiev.
https://it.wikipedia.org/wiki/Battaglia_di_Kiev_(1941)#/media/File:Ruined_Kiev_in_
WWII.jpg

Il giorno prima i soldati russi hanno ripiegato, tra costoro vi sono i calciatori
Konstantin Shchegotsky

e Yatchmennikov prima di lasciare la città che li ha adottati e gli ha consentito di


ottenere fama e riconoscimenti “ abbiamo preso un pallone e abbiamo fatto dei
palleggi per circa dieci minuti. Quindi abbiamo fatto dei tiri in porta. Al termine ci
siamo seduti sulle panchine ricordando gli amici con cui avevamo trascorso cosi tanto
tempo. Avremmo voluto tornare indietro e fermare il tempo”.
Non appena i tedeschi mettono piede nella città catturano circa 630.000 prigionieri
che relegano, in un primo momento, nel campo di Darnitsa, nei pressi del fiume
Dnieper.
Qui finisce anche Nikolaij Trusevich, ex portiere del Dynamo, e Nikolaij Balakin,
attaccante del Lokomotiv.
Le condizioni di vita sono dure, mancano i ripari, le medicine per curare i feriti e,
soprattutto, il vestiario e il cibo, questo perché i tedeschi ritengono inutile sfamare i
“bolscevichi” in quanto ritenuti “subumani”.
Mentre agli ebrei viene riservato un trattamento peggiore di cui diviene testimone
silenzioso il burrone di Babi Yar.
La situazione diviene ogni giorno sempre più difficile, il cibo scarseggia e ben presto
la popolazione è costretta a uccidere cani, gatti, topi e uccelli di ogni tipo, tranne i
piccioni decimati dai tedeschi per evitare che siano utilizzati dai partigiani. I tedeschi
si propongono di colpire i sovietici e gli esponenti del partito comunista, tra cui anche
alcuni atleti e calciatori, ma non i soldati fatti prigionieri e internati.
Il Reich ritiene costoro inoffensivi a seguito della sconfitta e decide di offrirgli la
libertà, in cambio del loro impegno a disconoscere l’ideologia comunista e di aderire
all’esercito di resistenza.
Tra i prigionieri vi sono dei calciatori che decidono di abiurare pur di assicurarsi la
libertà, i più famosi sono : Trusevich, Klimenko, Kuzmenko, il filo stalinista Nikolaij
Makhinya, Pavel Komarov, Makar Goncharenko, Fyodor Tyutchev, Mikhail
Sviridovsky e Mikhail Putistin.
In realtà tornati in libertà si rendono conto che la condanna è stata solo procrastinata e
affidata al caso. Infatti hanno difficoltà a trovare lavoro e a potersi sfamare a causa
dell’occupazione nazista.
Trusevic, un giorno, mentre girovaga in cerca di lavoro, passa davanti a un suo
tifoso: Iosif Kodrik, divenuto, in seguito all’occupazione tedesca, direttore della
fabbrica di pane.
L’uomo riconosce l’ex portiere e gli offre un lavoro come garzone presso la fabbrica,
nonostante Trusevic possa vantare un ‘esperienza ventennale di panettiere.
L’atleta accetta e scopre che non è l’unico sportivo a lavorare nella fabbrica, questo
perché il Direttore è un appassionato di sport ed è convinto che possa essere utilizzato
per risollevare il morale degli uomini abruttiti dalla guerra, dalla miseria e dal regime
nazista.
Non appena incontra Trusevic gli viene in mente di creare una squadra di calcio, per
cui gli chiede di cercare i giocatori che conosce per creare la squadra.
Kodrik gli assicura che ognuno dei giocatori avrà un lavoro alla panetteria e anche
una sistemazione dignitosa.
Il portiere inizia a cercare in ogni angolo di Kiev, fino a quando del tutto casualmente
incontra il suo ex compagno di squadra MAkar Goncharenko.
Quest’ultimo accetta la proposta e gli confessa di non aver venduto la divisa,
nonostante la fame e la crisi, perché convinto che un giorno gli sarebbe tornata utile.
Trusevic inizia a cercare i “ragazzi del Lokomotiv e trova Mikhaik Melnik, Vasily
Sukharev e Vladimir Balakin, dopo aver visto le misere condizioni in cui sono
costretti a vivere gli offre l’occasione del riscatto e della salvezza”.
Nel giro di poche settimane una marea di ex atleti viene assunta come garzoni dal
Direttore del panificio, la loro presenza inorgoglisce il resto dei lavoratori che
rischiano la vita per sfamarli.
L’11 gennaio 1942, sulle pagine della Nova Ukrainski Slovo, giornale in mano ai
tedeschi, appare il seguente appello: “ Uomini e donne ucraine, i commissari
bolscevichi hanno distrutto le vostre fabbriche e i vostri posti di lavoro e vi hanno
privato dei guadagni e del cibo necessario per sfamarvi. La Germania ha deciso di
offrirvi una possibilità di salvezza e di riscatto attraverso un lavoro utile e ben
retribuito. Durante il viaggio vi verranno fornite buone provviste e cibo caldo.
Quando sarete giunti in Germania riceverete un trattamento adeguato e una paga
direttamente proporzionale alla vostra produttività. Inoltre il governo tedesco per
tutto il tempo in cui sarete fuori avra cura delle vostre famiglie. Uomini e donne tra i
diciasette e i quarant’anni appartenente a tutte le categorie, in particolare operai
siderurgici se volete aderire alla proposta recatevi tutti i giorni, dalle ore 08.00 alle
15.00, al centro per l’impiego di Kiev. Il primo ocnvoglio partirà il 28 gennaio.”
Nonostante i timori e la paura, la fame e la disperazione ha avuto la meglio e molti
hanno aderito all’invito. Ben presto avviene una vera e propria costrizione a cui gli
abitanti riescono a sfuggire con grosse difficoltà.
Trascorso il tempo della reazione, i tedeschi si ripropongono di assicurare le
condizioni per un ritorno apparente alla normalità, per cui, gradualmente, vengono
rimosse le prescrizioni, i divieti di circolazione e il coprifuoco.
Tale atteggiamento rincuora la popolazione, ma non a tal punto d’accettare i
tedeschi, per questo le autorità germaniche decidono di utilizzare lo sport come
grimaldello degli animi degli abitanti di Kiev e dintorni.
A tal scopo, viene stanziata la somma di 50.000 rubli con il chiaro intento di
completare lo stadio sportivo di Kiev; iniziato, un anno prima, dai sovietici.
L’inaugurazione avviene l’08 luglio con un incontro di boxe e una partita di calcio tra
una squadra ucraina e una tedesca.
L’uomo incaricato della reintroduzione del gioco del calcio è stato Georgi Shvetsov,
ex giocatore del Lokomotiv e soprannominato dalla folla “Paravoz”, ovvero”motore a
vapore”.
Nonostante il successo, l’uomo ha dei problemi fisici che lo relegano in panchina, per
cui matura rabbia nei confronti dei compagni e di tutti coloro che continuano a
esercitare la professione di calciatore.
Ben presto diviene arbitro, anche se il suo carattere rabbioso e vendicativo, oltre al
suo manifesto antisemitismo, lo rendono inadeguato a svolgere tale ruolo.
All’arrivo dei tedeschi si proclama nazionalista e diviene giornalista sportivo, oltre ad
assurgere a mister della nuova squadra dell’Ucraina.
Per riuscirci ha iniziato a sedurre e allettare i più valenti giocatori del territorio, ma
senza grande successo, dal momento che preferiscono la libert
I vari calciatori contattati hanno deciso di continuare a palleggiare come uomini
liberi, grazie alla protezione di Kordik che ben presto ha avanzato la proposta ai
tedeschi di permettere degli allenamenti formali ai suoi protetti.
I nazisti desiderosi di prendere il controllo assecondano la richiesta nella speranza di
favorire la pacificazione del territorio.
Ed eccoli i calciatori Alessio Klimenko, giovane difensore con grandi capacità,
Mikhail Sviridovsky, Mikhail Putistin e Fyodor Tyutchev tutti validissimi giocatori e
pluripremiati, ritiratisi dal gioco da qualche anno, ma desiderosi di dare il proprio
contributo. Seguono il centrocampista Nikolai Korotkyh e gli attaccanati Nikolai
Makhinya, Pavel Komarov, e il capocannoniere Ivan Kuzmenko e l’ala Makar
Goncharenko. Tutti elementi della Dynamo Kiev, mentre Mikhai Melnik, Vladilmir
Balkin e Vasily Sukharev appartengono alla Lokomotiv.
Adesso bisogna trovare un nome facile, ma che rimanga nella mente dei tifosi, per cui
Kordik suggerisce “F.C. Start”.
Mentre Georgi Shvetsov riesce a dar vita alla Rukh, una squadra composta da
giocatori filo nazionalisti.
I nazisti decidono di organizzare un campionato di calcio, coinvolgendo anche le
rappresentative delle proprie forze armate, ben sei squadre, con il chiaro intento di
distrarre la popolazione e nello stesso tempo affermare la forza e la grandezza del
Reich, dal momento che sono certi che vincerà una propria rappresentativa.
L’inizio del campionato viene stabilito per la domenica del 07 giugno 1942.
La sede è lo Stadio della Repubblica, completato in tempi record dai tedeschi e luogo
ideale per esaltare la vittoria della cultura ariana sul popolo sovietico.
Alle 17.30 il fischio d’inizio dell’amichevole vede le due squadre ucraine scendere in
campo.
La F.C. Start indossa la maglia di lana rossa reperite in un magazzino abbandonato.
Trusevich, capitano e portiere della squadra, prima di scendere in campo si rivolge ai
suoi compagni e amici nel seguente modo: “ non abbiamo armi, ma possiamo
combattere con le nostre vittorie sul campo di calcio. Mikhail e io indosseremo
queste maglie. Non esistono più i membri del Dynamo o dello Zheldor, ma solo
quelli della nostra bandiea e deve diventare chiaro ai nostri nemici che questo colore
non potrà mai essere sconfitto”.
Al termine dei 90 minuti, lo Start riporta la schiacciante vittoria di 7 a 2, suscitando la
rabbia di Georgi Shvetsov.
Da questo momento tutte le partite si svolgono presso lo Stadio Zenit, oggi divenuto
lo Stadio Start, posto in periferia, per ridurre la partecipazione popolare.
Il 21 giugno avviene la seconda partita, sul campo oltre alla formazione dello Start
scende quella composta da militari ungheresi, nonostante le divise adeguate e
l’adeguata forma fisica, vengono umiliati con la schiacciante sconfitta di 6 a 2.
La terza partita è contro la squadra della guarnigione rumena sconfitta 11 a 0, non
solo per l’abilità dei giocatori, ma, soprattutto, per la scarsa motivazione degli
avversari.
Ogni vittoria diviene un’iniezione di fiducia e di coraggio nell’animo della
popolazione, che preoccupa, relativamente, i tedeschi, dal momento che gli avversari
sono dei semplici alleati e non l’espressione della razza ariana.
Foto dello Start al termine di una partita
https://zeta.vision/2019/08/la-partita-della-morte/

La situazione cambia nella partita svoltasi il venerdí 17 luglio, allorquando lo Start


sconfigge la PGS, squadra composta da militari tedeschi appartenenti al Genio
Ferrovieri,1 6 a 0, nonostante le difficoltà dovute alla mancanza di divise adeguate,
soprattutto scarpe da ginnastica, per cui molti giocatori usano le scarpe da lavoro o
gli stivali. Lo Start evita di umiliare i propri avversari, onde evitare la reazione dei
tedeschi. 2
Il giornale ufficiale minimizza il risultato e adduce la seguente giustificazione: “
Questa vittoria non si può considerare come merito dei giocatori dello Start. La
squadra tedesca è sì composta da forti singoli, ma non è una squadra nel verso senso
della parola. Non c’è quindi nulla di sorprendente, perché parliamo di giocatori finiti
per caso in quella parte di campo. Manca l’allenamento, senza il quale nessuna
squadra può qualcosa. La squadra Start, com’è noto a tutti, è fondamentalmente
composta dai campioni della Dinamo, motivo per cui avrebbero dovuto fare molto di
più in questa partita”. 3
Due giorni dopo, lo Start affronta l’MSG Wal, squadra composta da soldati
ungheresi. I tedeschi sono convinti che la corsa dello Start verrà frenata, dal momento
che la formazione ungherese conta dei professionisti, ma, nonostante i pronostici
favorevoli, la formazione filo germanica riesce solo a realizzare un goal, mentre lo
Start viola per ben cinque volte la rete ungherese.
Il giornale del regime “Nova Ukrainski Slovo” cerca di minimizzare affermando che
la vittoria non è frutto di merito o di capacità, ma da ricercare nell’infortunio a inizio
partita di un titolare ungherese che menoma la squadra.
Quest’ultima partita, secondo quanto stabilito dai tedeschi, sarebbe dovuta essere
l’ultima, ma l’idea di consacrare lo Start vincitore non piace alle autorità, per cui
decidono di prolungare il campionato nella speranza che gli ungheresi ormai
consapevoli del gioco degli avversari abbiano la meglio.
Nell’incertezza del risultato, decidono di rendere l’accesso limitato ai possessori di
biglietto, il cui costo è proibitivo 5 rubli, per una popolazione affamata e stremata.
Nonostante cio, la domenica pomeriggio del 26 luglio, una folla straripante si
presenta ai botteghini per acquistare i biglietti d’ingresso desiderosa di assistere al
gioco degli “sportivi della stessa fabbrica”, com’erano stati definiti i giocatori dello
Start dalla Nova Ukrainski Slovo.
Fin dal fischio d’inizio, lo Start s’impegna al massimo e fa ricorso all’abilità di
ciascun giocatore, in tal modo riesce a contenere gli attacchi degli ungheresi e a
riportare la vittoria di 3 a 2.
Al termine le due squadre si abbracciano e si salutano con cordialità e rispetto, ma la
cosa non piace ai tedeschi, la vittoria sta facendo rinasce l’amor di patria tra la
popolazione e la voglia di resistere.
1
https://www.thepitchblog.it/2020/06/16/start-fc-partita-morte/
2
Secondo le dichiarazioni rilasciate da Makar Goncharenko durante una trasmissione radiofonica nel 1992.
3
Ibidem
Mentre allo Zenit Stadium lo Start festeggia, allo Stadio Ucraino la squadra Rukh
gioca la sua partita contro la Flakelf, ovvero la squadra della Luftwaffe, i cavalieri
dell’aria del Reich, anche se nella realtà la maggioranza dei giocatori sono dei
militari appartenenti a batterie antiaeree.
L’indomani, il giornale nazionalista Nova Ukrainski Slovo riporta solo ed
esclusivamente la notizia della vittoria della Flakelf, ignorando quella dello Start,
sperando che non la popolazione non ne venga a conoscenza, ma dimentica che la
fama “ ha cento occhi e cento bocche” per cui basta il passaparola a rendere di
dominio pubblico l’ennesimo trionfo dello Start.
La vittoria schiacciante riportata dallo Flakelf determina i gerarchi nazisti a sfruttare
la nuova squadra per distruggere lo Start, divenuto il simbolo della volontà di
resistenza dell’intera popolazione.
Per questo motivo viene, nuovamente, prolungato il campionato e annunciato come
decisivo per sancire la squadra vincitrice del campionato.
Lo Start sfiderà lo Flakelf, per evitare la presenza del pubblico, viene scelto un giorno
feriale: venerdì 06 agosto.
Il giorno fissato lo Start scende in campo e senza grosse difficoltà riporta la
schiacciante vittoria di 5 a 1.
La notizia, immediatamente, s’è diffusa tra la popolazione e ha galvanizzato i cuori e
le menti spingendoli a resistere, molto di più del Decreto di Stalin n. 227, del 28
luglio, finalizzato a chiedere una resistenza ad oltranza.
Inoltre, la vittoria dimostra che la perfezione ariana sbandierata da Hitler e osannata
dalla documentarista Leni Riefenstahl nel suo film, del 1935, Trionfo della Volontà, è
falsa e senso alcun valore.
Immediatamente, Koch, sentito Hitler, decreta la rivincita e l’indomani tutti i muri, le
vetrine e ogni luogo di Kiev reca l’annuncio della “Vendetta” da parte della squadra
tedesca.

Manifesto relativo all’incontro dello Start con lo Flahelf


https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/e/e5/Death_match_bill.jpg/
330px-Death_match_bill.jpg

Esatto Vendetta, questo è il termine che viene usato nel manifesto e non “rivincita”
perché questo vanno cercando i tedeschi.
In realtà Kordik, Trusevich e l’intera squadra dello Start chiede di posticipare la
partita di una settimana, allo scopo di potersi riprendere dallo sforzo, ma i tedeschi
rispondono un secco e duro “No!”.
Vogliono proprio sfruttare questo vantaggio per potersi assicurare la vittoria e non
contenti decidono di richiamare tutti i calciatori professionisti presenti al fronte.
La partita viene fissata per le 17.30 della domenica successiva, ovvero il 09 agosto,
sempre allo stadio Zenit.
Tutti hanno letto la parola come un eccesso, non riuscivano a pensare che i tedeschi
volessero vincere a tutti i costi la partita, in realtà quella parola ben eprime lo stato
d’animo dei nazisti e, in particolare, dei militari della Luftwaffe.
Costoro sono frustrati sia per dover volare in condizioni proibitive e difficili a causa
delle avverse condizioni metereologiche, a differenza dei colleghi sul fronte
occidentale, sia per essere vittime delle “Streghe della notte”, ovvero le donne pilota
dell’Armata Rossa esperte nel volo notturno.
La domenica si presenta calda a tal punto che “spacca anche i cocomeri”4, ricorda
Valentina Goncharenko, all’epoca tredicenne; nonostante questo molta gente si reca
allo stadio e si accalca sull’erba a bordo campo, pochi riescono a trovare posto sulle
panchine realizzate con le traversine dei binari.
Alle 17.00 lo stadio è strapieno, sia di ucraini che di tedeschi, quest’ultimi occupano
la tribuna al centro.
La folla è nervosa, da un lato spera nella vittoria della Start, dall’altro teme le
ripercussioni di tale evento, ma per esorcizzare i timori intonano canti tradizionali.
Nel frattempo, nello spogliatoio della Start, irrompe un uomo alto, calvo, che indossa
l’uniforme nazista e reca le mostrine delle temutissime SS.
L’uomo, entra, chiude la porta e dopo squadra ciascuno dei presenti, quindi con un
tono e un modo educato si presenta utilizzando la lingua russa : “Sono l’arbitro della
partita! So che siete un’ottima squadra, per favore attenetevi alle regole, non
infrangetene nessuna! Grazie!”
Tutti assentono con un cenno della testa, quindi l’uomo si gira e apre la porta, ma un
attimo dopo la richiude e dice : “ Dimenticavo! Prima dell’inizio della partita vi
chiedo di salutare i vostri avversari con il saluto nazista!”
Questa volte le parole escono lente e scandite, quasi voglia sottolinearle ed
evidenziarle. Non appena la porta si richiude nella stanza si scatena un putiferio,
alcuni dei giocatori esclamano la propria volontà di abbandonare la partita, dal
momento che sono certi che perderanno. Altri, invece, vogliono ignorare l’ordine
dell’SS e limitarsi a giocare al meglio per sconfiggere i propri avversari.
Nel frattempo, altri visitatori si avvicendano e tutti ribadiscono la necessità d’evitare
d’irritare i tedeschi.
4
http://www.marx21.it/documenti/lapartitadellamorte_brochure.pdf
Trusevich ha invitato i visitatori a uscire ed è rimasto con i suoi compagni, i suoi
amici e fratelli di gioco. Cinque settimane prima erano dei semplici disperati che
cercavano di sfuggire al proprio triste destino, adesso detengono nelle proprie mani il
destino, le speranze e i sogni dei loro concittadini, “non perdiamo la testa, -li
rincuora- non permettiamo che il seme della paura e della discordia c’infiacchisca.
Pensiamo a quello che siamo e che rappresentiamo. Indossiamo le nostre nuove
divise e scendiamo in campo uniti! Potremo vincere o perdere poco importa!
Sicuramente avranno inserito giocatori forti da altre unità e certamente, noi ci
proveremo e comunque vada avremmo fatto del nostro meglio!”
La nuova divisa è composta da camice rosse attraversate da una striscia bianca
obbliqua, pantaloni bianchi e calze rosse. Tutto il materiale è stato fornito dai tifosi
che vedono in quei colori quelli della bandiera dell’Unione Sovietica.
Per questo motivo quando la formazione della Start è scesa in campo, la folla s’è
alzata in segno di rispetto, non solo ai giocatori, ma soprattutto alle loro divise.
Le due squadre, novelli gladiatori, si sono schierati dinanzi la tribuna d’onore per
omaggiare i gerarchi nazisti mediante il saluto “HEil Hitler!”
I primi sono i tedeschi del Flahelf, poi tocca ai giocatori dello Start, costoro stanno in
silenzio, gli occhi verso il basso, in attesa del loro turno.

La formazione della partita con i tedeschi


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morte-che-ispiro-fuga-per-la-vittoria%2F&psig=AOvVaw14i-
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Quindi alzano il capo, guardano la folla ammassata lungo i tre lati del campo, un
oceano che può travolgere qualunque cosa, anche se tenuti a bada dallo sbarramento
di armi tedesche.
All’improvviso iniziano ad alzare entrambe le braccia e non appena sono in alto
gridano all’unisono: “FizcultHura!” Ovvero “Cultura Fisica”.
Il saluto con cui durante ogni evento sportivo sovietico gli atleti sono soliti salutarsi
prima di ogni competizione.
L’arbitro fischia il calcio d’inizio, immediatamente, gli avversari si preparano a
giocare pesante, lo dimostrano i calci e pugni che ogni uomo dello Start riceve.
Il più colpito è Trusevich, ogniqualvolta esce dalla sua area o cerca di battere la palla.
Il tutto avviene con la connivenza e indifferenza dell’arbitro che evita di fischiare e di
ammonire i giocatori.
Il fatto più grave avviene quando a seguito di un contrasto nei pressi della porta,
Trusevich viene colpito con calci e pugni che lo lasciano stordito e privo ci
conoscenza per alcuni minuti.
I suoi compagni di squadra protestano con l’arbitro, ma costui fa orecchie da
mercante e, diventa spudorato ogni volta che i suoi connazionali colpiscono gli
ucraini o commettono dei falli come dare dei calci agli stinchi oppure pugni.
Risultato è un goal che gela l’intero stadio, mentre la Tribuna esulta!
Tale tattica è difficile da sopportare per i giocatori dello Start, sfiancati dal
precedente incontro e oberati dalla fame e dalla mancanza di scarpe adeguate.
All’improvviso, dopo un quarto d’ora di gioco, Kuzmenko si lancia all’attacco, dopo
aver raccolto un passaggio di Goncharenko dribla, evita gli attaccanti e tira verso la
porta. La palla s’alza in alto e sorvola i difensori tedeschi, infilandosi tra i pali in rete.
E’ il primo Goal!
Lo stadio esplode in un urlo di enfasi e di gioia!
Le due squadre sono pari.
Non pago Kuzmenko torna alla carica e ripete il gesto, nonostante, gli avversari lo
marchino stretto e non gli fanno mancare calci e pugni.
Per quanto di parte, l’arbitro onde evitare l’insorgere degli spettatori è costretto a
concedere il rigore.
Kuzmenko prende la palla, la posa sul dischetto e dopo un breve rincorsa tira a
carambolla infilando per la seconda volta la palla tra i pali.
Goal! Il boato raddoppia e la rabbia dei nazisti giunge alle stelle! Incredibile,
nonostante tutto, lo Start è riuscito a segnare per la seconda volta.
Da questo momento i tedeschi giocano ancora più sporco e anche più duro, con la
conseguenza che ogni attaccante viene colpito da pugni e calci, per cui nessuno riesce
a oltrepassare il centrocampo.
Ed ecco che l’attaccante Goncharenko ha un idea tirare in porta dal centrocampo, un
tiro impossibile e infruttuoso, ma che ripaga con il terzo goal la squadra.
L’arbitro fischia la fine del primo tempo.
Gli spettatori sono eccitati, non possono credere allo spettacolo a cui hanno assistito,
hanno accompagnato ogni goal con un boato di applausi. Adesso che le squadre si
ritirano, accompagnano i propri beniamini con canti e cori.
Alcuni militari tedeschi osano provocare gli ucraini, immediata la risposta da parte di
questi, per cui scoppiano dei tafferugli che vengono sedati grazie all’uso di
manganelli e dei pastori tedeschi.
Negli spogliatoi i giocatori dello Start sono esultanti e felici hanno umiliato i
tedeschi, comunque vada hanno dimostrato la loro determinazione e la propria forza.
All’improvviso sull’uscio appare Shvetsov, si dimostra conciliante e anche sincero,
chiede ai giocatori di evitare di provocare ancora i tedeschi. Non si tratta di prostrarsi,
ma di cercare di proteggere se stessi e l’intera popolazione. Pochi istanti dopo è
entrato un ufficiale delle SS, anche lui educato e compassato come l’arbitro, ha
espresso, in un russo impecabile, i suoi complimenti per il loro modo di giocare.
Tuttavia “ dovreste pensare bene a quali potrebbero essere le conseguenze di una
vostra vittoria”.
Parole premonitori, dal momento che al loro rientro in campo l’intero perimetro del
campo è cintato da soldati armati che guardano la folla.
Al fischio d’inizio i tifosi tedeschi hanno iniziato a lanciare oggetti contro Trusevich
che in quanto portiere costituiva un facile bersaglio.
Entrambe le squadre segnano due goal, l’ultimo è frutto di una splendida azione del
giovane attaccante Klimenko che dopo aver dribblato i difensori riesce a scartare il
portiere e ha condurre da solo la palla in porta.
Quindi esce e rimette in gioco la palla. Quasi a voler sfidare i tedeschi e a voler
ribadire la propria superiorità. Una doppia umiliazione per i tedeschi che non credono
ai propri occhi.
L’arbitro dinanzi a una tale scena decreta, nonostante non sia ancora il momento,
fischia la fine della partita. Lo Start vince 5 a 3 contro la squadra tedesca.
La folla è in tripudio, anche i giocatori, anche se ben consapevoli che quella doppia
umiliazione avrà, sicuramente, delle ripercussioni.
Anni dopo, nelle sue memorie Goncharenko scrive : “Ci siamo ritrovati nel silenzio
tetro e cupo dello stadio vuoto, soli in mezzo al campo. In quel momento abbiamo
compreso di aver firmato, con i nostri goal, la nostra condanna a morte. Ci siamo
attardati sul campo, quasi che quel luogo avesse il potere di assicurarci la salvezza.
La paura ha iniziato a impadronirsi di noi, abbiamo, semplicemente, fatto quello che
abbiamo ritenuto giusto: non per essere eroi, ma come ucraini che con dignità
difendevano l’onore di uomini e di calciatori. Eravamo spaventati per quello
che ci sarebbe successo. Come all’inizio della partita, avevamo di nuovo quella
stessa paura che avevamo scacciato con il grido di «Hurra». Così tanta paura da
avere persino paura a mostrarla”.
Nei giorni successivi l’ansia di essere arrestati e puniti è divenuta angoscia, anche se
tutti hanno continuato a svolgere la propria attività.
Anche se la vittoria aveva modificato, profondamente, l’animo della popolazione,
rispetto a due mesi prima, quando la paura e la fame rappresentavano l’unica cosa
importante. Adesso l’intera popolazione sembra voler aderire alla richiesta di Stalin:
“ Resistere a oltranza”.
I tedeschi si rendono conto che la situazione sta divenendo precaria, per cui cercano
di giocare d’astuzia e organizzano per il 16 agosto un incontro tra lo Start e la Rukh
allo scopo di offrire a questa squadra l’occasione di vendicare la sconfitta di 7 a 2.
Ma anche stavolta lo Start ha ragione degli avversari e addirittura li straccia 8 a 0.
Georgi Shvetsov accetta il risultato e presenta una denuncia alle autorità tedesche
affermando che i giocatori dello Start vivono in piena libertà, senza problemi e con la
loro sfrontatezza compiono, ogni santo giorno, una vergognosa azione
propagandistica a favore dei comunisti e dei partigiani.
I tedeschi hanno preso il volantino dell’ultima partita contro la Flakelf e hanno stilato
un elenco, quindi gli uomini della Gestapo si sono presentati presso la fabbrica di
pane, sito a Degtyareskaya Street, hanno occupato l’ufficio del Direttore e hanno
iniziato a convocare i giocatori.
Man mano che si presentano, vengono prelevati e portati nella sede della Gestapo,
sita in via Korolenko. Qui sono sottoposti a dei duri e pesanti interrogatori, finalizzati
a sfiancare la loro tempra e a fargli autodenunciare di misfatti contro il regime
nazista, dal furto di pane all’aver collaborato con i partigiani.
Tutti vengono sottoposti a questo quotidiano tormento, tranne Nikolai Korotkyh
ritenuto dai tedeschi un commissario politico, pertanto ai sensi dell’ordine di Hitler,
viene passato per le armi.
Il resto dei giocatori subisce per tre settimane dei duri interrogatori allo scopo di
estorcere delle confessioni che possano giustificare la loro condanna a morte. Per
riuscirci oltre agli interrogatori e ai pestaggi, i giocatori vengono privati del sonno e
del cibo allo scopo di fiaccare la loro resistenza.
Anche se i tedeschi non sanno che costoro hanno già sperimentato questi metodi a
opera dei sovietici, anni prima quando hanno difeso il loro compagno e amico
Kostantin Shchegotsky dall’accusa di aver tradito le direttive del Soviet, per cui sono
abituati.
Sorte diversa tocca a Nikolai Korothykh che viene torturato incessantemente per
venti giorni, quando il suo corpo stremato cede.
Due giorni dopo, il resto dei giocatori viene trasferito a Siretz, nei pressi del burrone
di Babi Yar, a nord ovest di kiev.
Qui era stato approntato un campo di lavoro o meglio di sterminio.
Era composto da due parti, a differenza di molti altri, un’area destinata agli alloggi e
la seconda all’attività lavorativa.
Quando i giocatori arrivano, le condizioni di vita sono precarie, i servizi igienici
inesistenti, le malattie costanti a causa dei miasmi derivanti dal caldo. Le baracche
prive di ventilazione e di adeguata coibentazione.
Il cibo consiste in una fetta di pane grossolano di 150 grammi al giorno da
ammorbidire in una tazza di orzo.
La giornata lavorativa inizia alle quattro, in qualunque periodo dell’anno, con
l’appello e l’attività fisica, coloro che non erano in grado di sostenere gli esercizi
venivano freddati sul campo. Quindi i prigionieri vengono avviati al lavoro duro fino
alla sera. Unico conforto una zuppa.
L’atmosfera di Siretz è basata sul terrore costante instillato nell’animo dei prigionieri.
Man mano che le truppe sovietiche lanciano il contrattacco, le rappresaglie
divengono un triste presagio.
Proprio a seguito di un attentato incendiario da parte di partigiani, il 24 febbraio
1943, il direttore del campo Radomsky ordina di uccidere tre uomini, in realtà i suoi
subordinati sanno che intende dire un terzo dei prigionieri presenti sulla piazza
dell’appello.
Ogni prigioniero inizia a temere per se, si pone in ascolto per comprendere se la
guardia si fermi alle sue spalle, nel tal caso vuol dire che è stato prescelto come
vittima.
Tra coloro che trovano la morte vi sono Ivan Kuzmenko che viene colpito con il
calcio del fucile alle spalle, ma nonostante tutto si rialza e la guardia deve colpirlo
diverse volte prima di riuscire a fargli perdere i sensi e finirlo con un colpo di pistola.
Poi tocca ad Alexei Klomenko, il più giovane e brillante giocatore, quindi è il turno
di Nikolai Trusevich, quando sente fermarsi la guardia dietro di lui, non sa che i suoi
compagni sono morti.
E’ in tensione come se dovesse parare un tiro, quando il calcio del fucile lo colpisce,
cade, per il dolore, ma, prontamente, si rialza e prima che un colpo lo freddi,
definitivamente, grida “Krasny sport ne umriot” ovvero “ lo sport rosso non morirà
mai”.
Monumento in onore di Truscevic
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L’uomo che aveva creato e guidato lo Start giace con la sua maglia nera di lana in
una pozza di sangue.
Gli spari continuano, durano un tempo interminabile, ma quando finalmente
terminano, ai prigionieri tocca spostare i cadaveri dei propri compagni, riconoscerli e
piangerli.
La notizia si diffonde e giunge a Makar Goncharenko, al momento della rappresaglia
fuori dal campo perché impegnato a riparare gli stivali del personale di polizia a
Kiev.
Apprende la notizia da un prigioniero e decide di scappare riesce grazie alla fortuna.
Nell’agosto del 1943 i sovietici giungono alle porte di Kiev e un mese dopo riescono
a penetrare in città e a riconquistarla.
Immediatamente diviene nota la storia della “partita della morte” anche se
esistono diverse versioni, alcune create dal sistema comunista.

Nel 1971, dinanzi all’entrata dello stadio Zenit di Kiev viene collocata una scultura,
opera dell’artista Ivan Horovyi, recante le parole di Stepan Oliynyk :
“Per la nostra bella esistenza,
Caddero in una lotta.
Per secoli la vostra gloria non svanirà,
Impavidi eroi-atleti”.
Oggi il monumento non esiste più: è stato distrutto in uno dei tanti raid delle bande
di Euromajdan.
Mentre sulla destra dell'ingresso principale dello Stadio Zenit, dal 1981 ribattezzato
Start Stadium, è rimasta una targa recitante la seguente scritta: ''A uno che se lo
merita'' ovvero a Makar Goncharenko autore della doppietta.
Su questa leggendaria pagina di storia sono stati realizzati tre film e scritti
diversi libri, tra cui le memorie di M. Goncharenko. Nel 1962 uscì Il terzo
tempo del sovietico Evgenij Karelov e Due tempi all’inferno dell’ungherese
Zoltan Fabri. Dall’unione di questi due film, nel 1981, ne nacque un terzo,
Fuga per la vittoria di John Huston che, sebbene vorrebbe rifarsi agli eventi
storici, in pratica è molto romanzato e non fedele agli avvenimenti reali.
Prima di lasciare che la polvere dell’oblio torni a ricoprire la loro avventura
ricordiamo che sono stati “ gli unici che durante l’occupazione nazista sono riusciti a
fare quello che piaceva e a farlo come gli piaceva ovvero sincronizzandosi con i
propri compagni” secondo le regole del gioco di squadra.
E in segno di onore e di amore facciamo risuonare i loro nomi al vento quazsi a voler
ribadire che ora e sempre ci saranno eroi disposti a rischiare e a resistere armati dei
proprio ideali: Mykola Trusevich, Olexei Klimenko, Mikhail Sviridovskij, Mykola
Korotich, Fedor Tyutchev, Mykhail Putistin, Ivan Kuzmenko, Nikolai Makhinya,
Pavel Komarov, Makar Goncharenko, Vladimir Balakin, Vasil Sukharev, Mikhail
Melnyk.
Autore Coletta Stefano

Bibliografia

Dougan A., Dynamo. Defending the Honour of Kiev, Harper Collins, Londra, 2001.
Riordan J., Sport in Soviet Society, Cambridge University Press, 1977
Severov P.- Khalemsky N., The Final Duel, Fizcultura, 1959

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