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Più di una volta m’è accaduto di passare per via Ottone Calderari a Vicenza e mi ha colpito una lapide posta

nel basamento di un muretto di una casa. All’inizio confesso di non averci fatto caso, ma oggi, mi sono
fermato e l’ho letta: “Qui rabbia dei fratelli asoldati dall’invasore teutonico spezzo la giovinezza di Dino
Carta, ventenne. I Compagni di lotta vollero eternato l’eroico martirio per l’ideale sublime di libertà. N.
02.11.1924 -M 12.01.1945”
M’è sorta spontanea la domanda manzoniana “ Chi era costui?”
Non è stato facile ricostruire la storia di questo eroe vissuto solo vent’anni, ma, pienamente, e senza indugi.
Dino nasce a Vicenza, nella zona vicina all’Ospedale, all’età di sei anni viene iscritto alla prima classe del
Patronato Giovanni XXIII, conseguendo dei buoni risultati. Nel tempo libero gioca, come la maggioranza dei
suoi coetanei, a pallone nello spiazzale della scuola, dove ben presto viene notato e condotto a giocare nella
giovanile del Vicenza calcio.
Dimostra buona attitudine e passione, gli viene assegnato il ruolo di portiere in cui primeggia. Nel frattempo
s’iscrive presso l’Istituto Tecnico “A. Rossi” e consegue, con voti buoni, il Diploma di Perito Industriale. Il
05 marzo 1944 esordisce nell’ottava giornata del girone B del Campionato Veneto, dal momento che il
Campionato Nazionale è stato sospeso, con la prima squadra nella partita Vicenza-Lanerossi Schio. Si
distingue con una serie di parate salva goal e permette alla sua squadra di vincere 4 a 1.
Nel frattempo, entra in contatto con gli esponenti della “Brigata Argiuna” appartenenti alla Divisione
partigiana Vicenza che gli chiedono di arruolarsi nella polizia della R.S.I. allo scopo di poter avere notizie
dell’attività delle forze di occupazione e poter meglio contrastarle.
Il ruolo di Dino è pericoloso e i rischi aumentano, allorquando, a Vicenza viene creata una sezione staccata
della Banda Carità, famigerato reparto dei Servizi Speciali, costituito a Firenze, nel settembre dell’anno
precedente, che si occupa di investigare per reprimere l’attività partigiana, mediante il ricorso della tortura,
dei pestaggi e delle esecuzioni sommarie.
A Vicenza la Banda Carità realizza “l’opera forse più riuscita di contenimento e di contrasto del movimento
partigiano in città e in provincia, naturalmente col sussidio delle peggiori torture e alle dirette dipendenze
delle forze armate nemiche, ma senza mai trascurare ogni ulteriore eccesso di sadismo e violenza, che, nel
marzo 1945,constringe, fra l’altro, le stesse autorità di Salo a inquisirli e a rinchiuderli in fortezza… Il PM
definisce il numero dei partigiani e dei resistenti che la squadra dell’UPI ha messo fuori combattimento in
pochi mesi dando luogo a vere e proprie azioni di guerra ossia imprigionando, uccidendo e facendo deportare
i patrioti”. 1
Nel gennaio del 1945 il doppio gioco di Dino viene scoperto dai suoi colleghi e pertanto lo segnalano alla
Banda Carità che lo arresta e lo conduce presso la sede di Villa Girardi, meglio conosciuta con l’appellativo
di “Villa Triste”, da quando la Banda vi s’è collocata. 2
Qui viene sottoposto a duro interrogatorio, fatto di pestaggi e minacce, tra cui quella di essere fucilato per
tradimento e per aver infangato la divisa della G.N.R. che ancora veste.
I suoi inquisitori lo costringono a stare seduto, mentre la luce di una lampadina lo acceca, secondo i canoni
degli interrogatori polizieschi. Dino nota una pistola sul tavola, ingenuamente, in un momento di distrazione
dei suoi carcerieri se ne impossessa e la punta contro i presenti.
Costoro alzano le mani e “ forse con un mezzo sorriso lo lasciano andare perché sanno che la pistola è priva
di percussore e quindi del tutto inutile, ma stanno al gioco.

1
franzini 2008, p.120
2
Sita al numero 3 di via Fratelli Albanese.
Dino non se ne accorge, esce fuori e inizia a correre, lo vede passare Rino Pavan, vigile del fuoco, intento a
spalare la neve lungo la strada.
Gli lasciano di uscire e dopo inizia l’inseguimento. Dietro a lui si lanciano Osvaldo Foggi e Pietro Zatti, il
primo prende Foggi una bici e inizia a percorre le stradine del circondario.
Dino annaspa a causa del terreno ghiacciato e della neve ai lati della strada, riesce a percorrere 800 metri,
giunge all’inizio dell’attuale via Calderari, sente la pedalata dell’inseguitore, si ferma per riprendere fiato.
Decide di reagire, impugna la pistola e spara.
Solo in quel momento si rende conto del triste scherzo che i suoi carcerieri gli hanno riservato e comprende
che è inerme dinanzi al suo carnefice: Osvaldo Foggi.
Questi lo vede, scende dalla bici e con un sogghigno soddisfatto ed estratta la pistola spara, colpendo,
ripetutamente, il corpo del giovane.
Non contenti i due assassini, l’indomani durante l’interrogatorio di Don Antonio Frigo, forse con l’intento
d’intimirdirlo o, semplicemente, per vantarsi si proclamano colpevoli del misfatto.

In questo modo finisce la partita più importante di Dino!


I due sicari vengono arrestati, al termine della guerra, vengono condannati dal Tribunale con sentenza del
18.04.46 alla pena di morte mediante fucilazione alla schiena.
Il 30 gennaio del 1947 il Capo Provvisorio della Repubblica, Enrico De Nicola, commuta la condanna in
nella pena dell’ergastolo, successivamente, la pena ridotta a 19 anni. L’aspetto Kafkiano della vicenda non è
ancora terminato come dimostra il D.P. del 21.05.1951 mediante il quale la condanna viene ridotta a 7 anni,
in seguito appellata presso la Corte d’Appello di venezia che riduce a, ciascuno dei due, ad anni 5, mesi 8 di
reclusione, sottoponendoli a libertà vigilata per amnistia.
Motivo per cui Foggi viene scarcerato il 1° febbraio 1954 a seguito del D.P. del 19 dicembre 1953 e torna a
essere un libero cittadino e a godere di quella libertà che al suo giovane compagno e commilitone ha negato.
La divisa che il giovane Dino indossa al momento dell’uccisione viene raccolta e custodita dai familiari che
la consegnano, nel 2012, al Museo del Risorgimento della città, alla presenza del sindaco Vairati;
inoltre, lo scultore Giordani ha scolpito un busto che lo ritrae ed è stato collocato nella stradella dei Munari,
mentre il suo nome campeggia su una lapide nella tribuna dello Stadio “Menti” di Vicenza insieme agli altri
caduti sportivi vicentini.

Autore Coletta Stefano

Bibliografia

Molinelli E., Cuori Partigiani. La storia dei calciatori professionisti nella Resistenza Italiana, Hellnation
Libri, 2019, pp. 151-154
P. Snichelotto, Kukkasnea – La Resistenza cattolica nel Vicentino, La Versiliana Editrice
http://www.anpi-vicenza.it/un-ricordo-di-dino-carta/
https://www.vicenzapiu.com/leggi/il-ricordo-del-giovane-eroe-vicentino-dino-carta-la-prima-volta-di-tolio-
e-una-speranza-anche-per-cicero/
https://avlvicenza.wordpress.com/2020/01/06/in-memoria-di-un-giovane-vicentino-dino-carta-
partigiano/#jp-carousel-1381

https://avlvicenza.wordpress.com/2020/01/06/in-memoria-di-un-giovane-vicentino-dino-carta-partigiano/

https://avlvicenza.files.wordpress.com/2020/01/dino-carta-portiere.jpg
https://www.vicenzapiu.com/wp-content/uploads/2019/01/dino-carta-3.jpg
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