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Il testo musicale
Andrea Nardi
Introduzione
Un bravo artista copia, un grande artista ruba.
Pablo Picasso
Che senso ha oggi tornare a riflettere sul “testo musicale”? Forse mol-
to, forse per niente, quello che è certo è che la stessa riflessione non
avrebbe avuto il medesimo oggetto all’inizio del secolo scorso. La na-
tura stessa del “testo musicale” è infatti cambiata radicalmente a se-
guito dell’introduzione delle tecnologie elettroniche, prima, e digitali
poi. Andando a indagare i motivi di questo profondo cambiamento
scopriremmo come esso sia legato a doppio filo allo sviluppo delle
nuove tecnologie, ma come, allo stesso tempo, non si risolva com-
pletamente in quest’ultimo. In primo luogo perché la tecnologia ha
soltanto avverato un desiderio da sempre presente nell’uomo, quello
di riuscire a catturare un suono per poi riprodurlo o replicarlo, scon-
figgendone la sua naturale immaterialità. In secondo luogo perché la
musica può essere considerata come un “caso particolare”, in quanto
ha partecipato a quel processo di completa rivoluzione e cambiamen-
to di paradigmi apportati dalla tecnologia a livello della “testualità”
ma, allo stesso tempo, è sfuggita ai processi generali e, in molti casi,
ha percorso strade diverse proprio per la particolare natura del testo
musicale. Analizzare i mutamenti avvenuti a livello della testualità
e comunicazione sonora ci potrà poi servire a riflettere sull’impatto
che le tecnologie hanno avuto sull’attività di composizione, sul ruo-
lo dell’artista e dell’autore, sullo statuto di opera d’arte musicale, su
come sia cambiato il rapporto tra musica e altre forme d’arte.
1 Non a caso Anichini nella sua analisi del testo digitale (Anichini A., Il testo digi-
tale, Apogeo, Milano, 2011) utilizza la metafora dell’itinerario per descrivere uno
dei caratteri salienti del testo odierno, e vede l’attività di lettura del testo digitale
sempre più simile a un “viaggio”. E quale viaggio è più importante di quello della
vita?
Luigi Russolo
L’analogia non è altro che l’amore profondo che collega le cose distanti,
apparentemente diverse ed ostili. Solo per mezzo di analogie vastissime
uno stile orchestrale, ad un tempo policrono, polifonico, e polimorfo,
può abbracciare la vita della materia (In Rete 5.3, Manifesto Futurista).3
Ibrido
Il termine ibrido proviene dall’etimo greco ϋβρις (eccesso, violenza)
e dal latino hybrῐ da (bastardo) e rappresenta un incrocio tra specie
diverse. In origine il termine possedeva quindi una valenza negativa in
quanto andava a definire processi “illeciti” di superamento dei natu-
rali confini biologici, e solo più tardi acquisterà il significato ulteriore
di mescolanza di elementi eterogenei. Un insieme “ibrido” comporta
infatti la decontestualizzazione di elementi dal contesto d’origine e
la loro ricontestualizzazione in forme, ambiti e sistemi di riferimento
diversi dall’originale. Il mashup musicale, uno dei generi caratteristici
dell’era digitale, che si basa su un processo di fusione di due o più
canzoni, sarà definito non a caso come bastard-pop/rock, perché ille-
gittimo, illegale, indifferente al diritto d’autore.
Remix
Cut word lines — Cut music lines — Smash the control images — Smash
the control machine — Burn the books — Kill the priests — Kill! Kill! Kill!
William Burroughs
“In musica per remix si intende la pratica che va dal semplice am-
pliamento di parti strumentali ed enfatizzazione di alcune timbriche,
alla consuetudine di aggiungere parti ex novo realizzate dallo stesso
remixatore” (Spaziante, 2006 p. 81). Il remix è un processo complesso
che consiste nel separare le fibre sonore di una canzone e dare vita
ad un nuovo tessuto musicale. Per capire che cosa sia basta vedere la
serie di documentari realizzata dal regista newyorkese Kirby Fergu-
son Everything Is a Remix. I video, dedicati all’arte della citazione,
assemblano in modo abile materiali di provenienza e natura diversa,
dimostrando come questa pratica sia da sempre diffusa nel mondo
dell’arte (In Rete 5.5, Everything Is a Remix).5 I Dadaisti, all’inizio
del ventesimo secolo, saranno maestri nella tecnica del fotomontaggio
e del détournement, procedimenti che si presteranno perfettamente
a interpretare l’idea dadaista della decontestualizzazione e riconte-
stualizzazione incongrua, finalizzata a criticare il concetto borghese
6 Cut-Ups: http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=0B6NGPO
UslI#t=43
Negli stessi anni Steve Reich comporrà brani con voci registrate
su nastro mandate poi in asincrono e giocherà con i frammenti sonori
registrati producendo effetti di sfasamento.
John Cage porterà all’estremo la provocazione lanciata dai da-
daisti con la famosa composizione “4'33” durante la quale, ad ogni
nuova performance, si rinnova il collage sonoro composto dai “quat-
tro minuti e trentatré secondi di silenzio” con i suoni presenti nell’am-
biente prodotti e uditi dagli ascoltatori (In Rete 5.7, Il silenzio non
esiste).7 L’interesse di Cage per l’elettroacustica e la musica concreta
risale al 1939 anno di “Imaginary Landscape No. 1” il primo dei suoi
cinque “paesaggi immaginari”, live performance dove il compositore
americano farà l’inedito utilizzo di un piatto e due fonografi a velocità
variabile. Nel manifesto del 1937 The Future of Music: Credo l’artista
intuirà perfettamente come l’utilizzo dei rumori, e il collage garantito
dalle tecnologie con i suoni considerati invece come musicali, avrebbe
caratterizzato il futuro della musica negli anni a venire e nel 1952,
partendo da questo presupposto, creerà la sua prima composizione
per nastro magnetico “William’s Mix”.
Nel 1956 Dickie Goodman e Bill Buchanan produrranno, grazie
alla tecnica da loro stessi inventata e denominata “break-in”, il disco
The Flying Saucer Parts 1 & 2, nel quale amalgameranno canzoni
popolari, commenti parlati e “news” reinterpretando il famoso pro-
gramma radiofonico War of the Worlds di Orson Welles (In Rete 5.8,
The Flying Saucer).8
Nel 1963 Nam June Paik ispirandosi ai collages sonori di Cage
realizzerà l’installazione Random Access Music. Incollando al muro
una serie di nastri magnetici registrati e assemblandoli in un composi-
zione visiva, inviterà poi lo spettatore a suonare la propria personale
composizione servendosi di una testina da registratore messa a di-
sposizione dall’artista (In Rete 5.9, Random Access Music).9 L’artista
coreano si rifarà al motto mcluhaniano «il medium è il messaggio»
per le proprie sperimentazioni con tubi catodici durante gli anni Set-
tanta, e dedicherà al pensatore canadese diversi lavori, da McLuhan
7 Come raccontato da Kyle Gann nel suo No Such Thing as Silence: John Cage’s
4'33" edito in Italia nel 2012 con il titolo Il silenzio non esiste nonostante Cage
affermi che “quello che è stato il dada negli anni Venti, oggi con l’eccezione delle
opere di Marcel Duchamp, è soltanto arte” la possibilità che 4'33" fosse – anche se
non solo – un gesto ispirato al dadaismo non si può totalmente escludere, in base
alle stesse ammissioni di Cage” (Gann, 2012 p. 22).
8 The Flying Saucer Part 1 and 2 - Buchanan and Goodman (Luniverse): http://
www.youtube.com/watch?v=XCrn6QXvHLg
9 Nam June Paik, Random Access Music, 1963, http://www.medienkunstnetz.de/
works/random-access/images/3/
Figura 5.3 Nam June Paik, «Random Access Music» Exposition of Music –
Electronic Television, 1963
14 Bill Fontana, The Relocation of Ambient Sound: Urban Sound Sculpture, http://
www.resoundings.org/Pages/Urban%20Sound%20Sculpture.html, 2008
15 Di Mainstone, Humanharp: http://www.humanharp.org/; http://vimeo.com/
71960933
16 United Visual Artists, Volume, http://www.uva.co.uk/work/volume
17 United Visual Artists, Rien a Cacher / Rien a craindre, http://www.uva.co.uk/
work/rien-a-cacher-rien-a-craindre-3
Figura 5.4 United Visual Artists - Rien a Cacher / Rien a craindre - 2011
20 Tiziano Bonini, L’arte della citazione e del remix, intervista a Wu Ming del 27/09/2008,
http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/giap5_IXa.htm#sampling
23 Il termine Appropriation Art è stato utilizzato per la prima volta per riferirsi alla
corrente artistica nata nei primi anni Ottanta e formata da un gruppo di artisti
newyorkesi tra cui Sherrie Levine, Richard Prince, Barbara Kruger, Jenny Holzer,
i quali inaugurarono la pratica di impossessarsi di vecchie immagini fotografiche
per poi rielaborarle in chiave critica, politica ed ironica. Appropriation Art Coali-
tion: http://www.appropriationart.ca/
24 Pandora http://www.pandora.com
25 Last.fm http://www.lastfm.it/
26 iTunes http://www.apple.com/it/itunes
27 Spotify, https://play.spotify.com/
28 Storify, https://storify.com/
Mashup
La musica è scappata di casa senza il vestito della festa e gira per le strade,
curiosa come un monello, correndo scompostamente.
John Cage
32 Il Grey Video è un video musicale realizzato nell’autunno del 2004 per promuovere
il singolo “Encore”. Interamente in bianco e nero, remixa clip dal film dei Beatles A
Hard Day’s Night, e riprese da una performance di Jay-Z. Il video non è disponibile
in commercio, ma è diventato popolare su Internet http://vimeo.com/20931248. Si
noti come molti dei brani di Jay-Z siano già opere di remix. Ad esempio per l’intro
del brano What More Can I Say? ha scelto di utilizzare un sample prelevato da
“Il Gladiatore” di Ridley Scott, mentre per il corpo della canzone ha campionato
il brano “Something for Nothing” degli MFSB dall’omonimo disco del 1972.
Campionamento precedentemente utilizzato già da Tracey Lee per la canzone
“Keep Your Hands High” e dai Groove Armada per “Suntoucher”.
33 È possibile ascoltare l’interno album ai seguenti indirizzi: https://www.youtube.
com/watch?v=jAFQJJgY8Ng / https://soundcloud.com/treisiunsfert/2-many-djs-as-
heard-on-radio
34 Gianfranco Baruchello e Alberto Grifi, Verifica Incerta, http://www.youtube.com/
watch?v=hmhvr3RbGnA
I video prodotti dal duo inglese Eclectic Method, dedicati alla pro-
duzione cinematografica e discografica di registi e cantanti famosi
come Quentin Tarantino e Michael Jackson (In Rete 5.42, Eclectic
Method),42 “costringono” lo spettatore a cimentarsi in una vera e
propria attività investigativa nel riconoscere, scovare e risalire alle
fonti. Il contenuto diviene secondario mentre essenziale è il processo
Ibridi “Musicomediali”
The record, not the remix, is the anomaly today. The remix is the very
nature of the digital
William Gibson
Figura 5.12 Zimoun, 329 prepared dc-motors, cotton balls, toluene tank -
2013
Musica collaborativa
I produttori se ne stanno da eremiti sulle cime dei monti. In vivide schiere
si riversano nelle valli i riproduttori
Walter Benjamin
artisti si servono, sempre più spesso, del crowdsourcing per dar vita a
performance e prodotti artistici collaborativi. Forse l’opera contem-
poranea collettiva musicale più popolare è Virtual Choir ideata dal
compositore e direttore di coro statunitense Eric Whitacre (In Rete
5.70, Coro Virtuale).70
Hi Mr. Eric Whitacre. My name is Britlin Losee, and this is a video that
I’d like to make for you. Here’s me singing “Sleep.” I’m a little nervous,
just to let you know. If there are noises in the night.
Nel 2009 Eric riceve da una fan questo video messaggio e gli viene
l’idea di coinvolgere, servendosi di YouTube, persone sparse in tutto
il mondo per cantare una sua opera. Prepara un video dove conduce
il coro immaginandone il risultato, lo posta su YouTube, distribu-
isce gli spartiti attraverso il suo sito, e incomincia a ricevere con-
tributi. I video vengono poi raccolti, tagliati e ricombinati in modo
da formare tutti insieme un coro virtuale. Nasce la composizione
“Lux Aurumque” un coro composto da 185 persone provenienti da
22 paesi diversi. L’esperimento ottiene un tale riscontro che viene
ribadito nel 2011 con una seconda performance intitolata “Virtual
Choir 2.0”.
Nel 2012 l’opera “Water Night” (In Rete 5.71, Water Night)71 ot-
tiene 3746 video caricati da 2945 utenti in 73 paesi, e la notte del 2
aprile 2012 viene presentata in streaming live dal Lincoln Center di
New York. Nel 2013 l’opera “Fly to Paradise” (In Rete 5.72, Fly to
Paradise)72 segna il definito successo del Coro Virtuale con dimensioni
ormai globali 8,409 video caricati, da 5,903 cantanti in 101 paesi.
Questo progetto è una dimostrazione concreta della forza delle tec-
nologie sociali di unire i partecipanti, permettendo di sperimentare
nuove forme di connessione e comunicazione abbattendo i confini di
spazio e tempo tra i musicisti.
Nel 2009 il produttore e dj israeliano Kutiman ha pubblicato l’al-
bum ThruYOU, (In Rete 5.73, ThruYOU)73 e il remix “My Favorite
Color” (In Rete 5.74, My Favorite Color)74 video musicali basati sul
mixaggio di performance musicali caricate dagli utenti su YouTube.
Lo stesso ha fatto la compagnia di sound design Ithaca Audio rea-
lizzando un video mashup intitolato “Rolling in the beats” (In Rete
5.75, Rolling in the beats).75 Per dar vita al prodotto finale ci sono
voluti quasi due mesi di ricerca tra migliaia di clip di YouTube ed in-
fine, in 4 minuti e 27 secondi, sono state amalgamate 24 tracce audio
e i rispettivi video di artisti come Prodigy, Ludovico Einaudi, Adele e
Aretha Franklin. Mentre per le olimpiadi londinesi del 2012 ha rea-
lizzato “The City is London” un mashup celebrativo di musicisti, film
e show televisivi associati con la città e una versione interattiva che
permette agli utenti di YouTube di creare in tempo reale le proprie
versioni personali (In Rete 5.76, The City is London).76 Presentati in
split screen, queste nuove forme testuali si servono di quel linguaggio
video frammentato simile a quello dei fumetti, ormai tipico nella fru-
izione di filmati online: i video ci costringono a scegliere cosa guar-
dare, a cambiare continuamente prospettiva, a costruire un personale
percorso di fruizione.
Opera By You 2012 è un progetto decisamente più complesso in-
teramente realizzato per mezzo del crowdsourcing. Idea del Savonlin-
na Opera Festival e di un gruppo di artisti finlandesi tra cui Markus
77 http://operabyyou.wreckamovie.com/
78 http://www.oopperajuhlat.fi/OperaByYou/English/Home
79 Chris Milk è un regista e fotografo statunitense molto attivo nel campo dei video
musicali. Si annoverano lavori per artisti del calibro di Kanye West, U2, Courtney
Love, Chemical Brothers, Audioslave, Gnarls Barkley e Arcade Fire. http://
portfolio.chrismilk.com/
80 Aaron koblin è un artista dei media digitali americano, noto per i suoi usi innovativi
di visualizzazione dei dati e crowdsourcing, attualmente direttore creativo del
team Data Arts di Google a San Francisco, California. Le sue opere fanno parte
delle collezioni permanenti del Victoria and Albert Museum (V & A) di Londra, il
Museum of Modern Art (MoMA) di New York e il Centre Georges Pompidou di
Parigi. Ha presentato al TED, e il World Economic Forum, e il suo lavoro è stato
esposto in festival internazionali, tra cui Ars Electronica, SIGGRAPH, e il Japan
Media Arts Festival, http://www.aaronkoblin.com/
Figura 5.14 The Johnny Cash Project - Johnny Cash - Ain’t No Grave
81 Il progetto nel 2010 è arrivato secondo a Cannes, ha vinto gli UK Music Video
Awards e nel 2011 gli SXSW Interactive Award e gli Andy Awards. Http://www.
thejohnnycashproject.com/
Tra gli artisti che più di altri hanno ha fatto dell’HTML5 il proprio
cavallo di battaglia c’è proprio Aaron Koblin. Il video del brano
“House of Cards” dei Radiohead, girato con tecnologie digitali di
ultima generazione in grado di catturare immagini in 3D, permette
una fruizione rivoluzionaria, durante l’ascolto l’utente può navigare
dentro al video spostare l’inquadratura, muovere gli oggetti e cambia-
re prospettiva (In Rete 5.82, House of Cards).82
Le immagini di rendering del volto di Thom Yorke sono inter-
vallate da quelle di altre persone e immagini di paesaggi suburbani.
L’immagine ottenuta è diversa dal montaggio classico di foto, il volto
del cantante e i paesaggi sono costituiti da tanti puntini che ricordano
le opere di Roy Lichtenstein. Al posto delle telecamere tradizionali, il
video è stato realizzato con tecnologia lidar capace di rilevare la vici-
nanza di oggetti tramite sensori. L’immagine ha un aspetto granuloso
e reticolare. Lastre di vetro acrilico e specchi sono state poste di fronte
ai laser per creare scene in cui l’immagine appare distorta, scompare
parzialmente o comincia a disintegrarsi come se fosse trasportata dal
82 http://www.aaronkoblin.com/work/rh/index.html
vento. I dati utilizzati per costruire il video sono open source e dispo-
nibili su Google Code con licenza Creative Commons, in questo modo
chiunque può dare il proprio personale contributo (In Rete 5.83, Go-
ogle Code).83
Convinto che l’interfaccia sia un potente strumento narrativo
per costruire e raccontare storie (In Rete 5.84, The Interface is The
Message),84 l’artista ha poi coinvolto nel 2009 i membri del mar-
ketplace Amazon Mechanical Turk per realizzare l’opera collaborati-
va Bicycle Built For 2000. Koblin si è domandato cosa sarebbe succes-
so se avesse chiesto al Turco (In Rete 5.85, Il Turco)85 di svolgere un
compito creativo. I partecipanti non erano a conoscenza del loro con-
tributo all’interno dell’opera, hanno ascoltato brevi file audio, estratti
da una registrazione generata al computer della canzone “Daisy Bell”,
li hanno imitati e registrati. Tutte le registrazioni sono poi andate a
formare il risultato finale (In Rete 5.86, Bicycle Built For 2000).86
L’artista ha poi collaborato nel 2010 con Chris Milk al video
The Wilderness Downtown per il singolo “We Used to Wait” della
band canadese Arcade Fire. Il video è un’esperienza multisensoriale,
un viaggio interattivo nei luoghi della nostra infanzia ideato per mo-
strare le proprietà di Google Chrome. È stato costruito in linguaggio
HTML5 da Google con la collaborazione della B-Reel, casa di pro-
duzione multimediale, al fine di sperimentare un inedito utilizzo del
servizio Street View di Google Maps. All’ingresso del sito, dopo aver
inserito l’indirizzo della via dove abitavamo da bambini, parte un vi-
deo con un ragazzino che corre indossando una felpa con cappuccio.
A quel punto inizia un’incredibile coreografia di finestre del browser
che si aprono e si chiudono a tempo di musica, uno stormo di uccelli
reagisce al movimento del nostro mouse fuggendo mentre, grazie a
83 http://code.google.com/p/radiohead/
84 Maria Popova, “The Interface is The Message: Aaron Koblin on Visual Storytell-
ing at TED”, Brainpickings, 24 maggio 2001.
85 Mechanical Turk è un sito collaborativo ideato per coordinare e distribuire il lavoro
e la risoluzione di un problema su un vasto gruppo di persone. Questi microtask
definiti HIT (human intelligence task) sono quesiti che non possono essere affidati
a un computer e che necessitano dell’intelligenza umana per essere risolti. Il nome
del servizio nasce da Il Turco, un automa creato da Wolfgang von Kempelen nel
1769 e che teoricamente avrebbe dovuto simulare un giocatore di scacchi. In realtà
si trattava di un imbroglio colossale perchè era solo un automa manovrato al suo
interno da un giocatore umano tramite dei magneti. Costruito per Maria Teresa
d’Austria, anche Napoleone e Edgar Allan Poe, ne furono affascinati e ingannati.
https://www.mturk.com/mturk/welcome
86 Aaron Koblin, Bicycle Built For 2,000, http://www.bicyclebuiltfortwothousand.
com/
87 http://thewildernessdowntown.com/
88 Http://www.ro.me/
90 https://www.justareflektor.com/tech?home
91 Arcade Fire’s Just A Reflektor: Behind the Scenes - http://www.youtube.com/
watch?v=_3D8hYIfpqg
92 Kanye West, http://www.kanyewest.com/
93 http://www.nickknight.com/main.html
94 http://www.jacquesgreene.com/
95 Museum of Me - http://www.projector.jp/awards/museumofme/en.html
96 Just a Friend- http://www.justafriend.ie/
97 White Doves- http://www.whitedoves.me/
98 Wrecking Ball http://www.wreckingball.it/
99 Linking park, Lost In The Echo, http://lostintheecho.com/
100 Do Not Touch, http://donottouch.org/
Jean Baudrillard
101 The Medium is the Massage; with Marshall McLuhan. Long-Playing Record 1968.
Produced by John Simon. Conceived and co-ordinated by Jerome Agel. Written
by Marshall McLuhan, Quentin Fiore, and Jerome Agel. Columbia CS 9501,
CL2701. The Medium is the Massage: An Inventory of Effects, www.ubu.com/
sound/mcluhan.html.
102 Paul D. Miller, Dead Simple: Marshall Mcluhan and the Art of the Record, http://
www.djspooky.com/articles/mcluhan.php https://soundcloud.com/mcluhan2011eu/
dj-spooky-marshall-mcluhan
uno dei luoghi dove l’incontro tra le tecnologie è vissuto con maggior
intensità e in cui convivono fianco a fianco grafici, magnetofoni, oscil-
latori e pentagrammi. I tecnici del suono divengono i veri responsabili
del prodotto finito, assumendo un ruolo essenziale nel processo crea-
tivo; registratori, banchi di missaggio, echi digitali, riverberi, equaliz-
zatori, fangers, divengono gli attrezzi del mestiere di questi nuovi «pa-
droni del suono» (Fabbri, 1996). È in questo clima che compositori
come Ives, Satie, Cowell e Schoenberg sperimentano le nuove risorse
elettroniche del suono.
Il fissaggio dei suoni permette per la prima volta un controllo
“chirurgico”, dove diviene possibile sezionare, ritagliare, manipolare
e sovrapporre materiali sonori diversi. Il compositore si trova così tra-
sformato in un «foniurgo» (Chion, 2004 pp. 4-5) capace di intervenire
direttamente sul “corpo sonoro fisico”. Se pensiamo al procedimento
tecnico del sillon fermé o solco chiuso, utilizzato da Pierre Schaeffer,
una vera e propria opera di collage sonoro, che consisteva nel fissag-
gio di frammenti di sequenze sonore su solchi sigillati di dischi a 78
giri, sovrapposti e riletti su giradischi differenti, non possiamo che
considerarlo come l’antenato del moderno dj. Questo rapporto sem-
pre più “chirurgico” con il suono sarà un crescendo fino alla sua vera
e propria numerizzazione avvenuta con la digitalizzazione.
Con il fissaggio scompaiono le partiture e si impone l’ascolto
“acusmatico”, i suoni vengono scollegati dalla loro causa e sorgente, e
riprodotti attraverso altoparlanti: «si sente senza vedere la causa ori-
ginaria del suono» (Chion, 1999 p. 65). Il termine è stato battezzato
da Jérôme Peignot in riferimento agli acusmatici, i discepoli di Pitago-
ra, ai quali il maestro teneva lezioni nascosto da un sipario, in modo
da non fuorviarli con i propri gesti ed espressioni facciali. La radio, il
disco, il telegrafo o il telefono, che trasmettono i suoni senza mostrare
il loro emittente, sono i media acusmatici per eccellenza e inaugurano
quella che Schafer ha definito era della «schizofonia»:
Figura 5.20 Nam June Paik, Concerto for TV Cello and Videotapes con
Charlotte Moorman, New York, 1971
sono certo che arriverà un giorno in cui il compositore dopo aver realizzato
graficamente la propria partitura la vedrà trasferirsi automaticamente in
una macchina che ne trasmetterà fedelmente all’ascoltatore il contenuto
musicale. (Varèse, 1985 p. 103)
Conclusioni
sembra che si possa musicare la musica così come si dipinge un quadro
l’evoluzione dei mezzi meccanici di riproduzione […] determina un si-
gnificativo avvicinamento tra riproduzione e produzione. […] Se le opere
diventano la propria riproduzione, è prevedibile che le riproduzioni di-
ventino opere.
Adorno
112 www.shazam.com
113 soundhound.com
penso che quello che c’è di più strano nella registrazione e nel modo che
ha la gente di reagirvi [...] è che c’è un sorprendente miscuglio di demo-
crazia e di autocrazia. Evidentemente la registrazione è autocratica nel
senso che, nel momento in cui il prodotto finale esce dallo studio, sono
io che l’ho per così dire inscatolato, montato e orientato secondo il mio
umore del momento, il che significa che magari la settimana dopo non
sarebbe necessariamente montato nello stesso modo. Quando il disco
viene immesso sul mercato porta l’impronta di una concezione che mi
appartiene interamente. Tuttavia assume un carattere democratico, se si
pensa che, una volta uscito dallo studio, non sarà mai sentito come l’ho
sentito io. Vorrei molto che questa differenziazione e le possibilità per l’a-
scoltatore fossero infinitamente più grandi di quanto siano attualmente.
Ma lo diventeranno, è questa la tendenza verso cui ci muoviamo [...] In
effetti, una volta uscita dallo studio, mi auguro vivamente che nessuno
ascolti la registrazione con l’impressione che io abbia voluto imporre una
concezione personale intoccabile. È chiaro che le ho dato alcune carat-
teristiche sulle quali non si può ritornare, perché non dispongo ancora
di una tecnologia che mi consenta di dire agli ascoltatori: ‘Ecco le sedici
registrazioni che ho fatto: prendetele come sono e montatele come prefe-
rite. Questo sarebbe l’ideale, sempre ammettendo che l’ascoltatore abbia
una vaga idea di quello che desidera. Bisognerebbe poter semplicemente
creare gli elementi del prodotti e renderli disponibili alla gente, dicendo:
‘Ecco la mia creatura; crescetela secondo i vostri gusti, i vostri desideri e
la vostra fede’. Questa tecnologia non esiste ancora. Ma piano piano ci
arriveremo. (Gould, 2004 p. 1989)
E ci siamo arrivati.
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