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1 - PATRIMONIO E BENI

1.1 Le nozioni di bene e di patrimonio culturale

Bene culturale
Secondo l’articolo 2 comma 2, se una cosa ha valore di testimonianza
di civiltà, allora si tratta di un bene culturale. La nozione di bene
culturale presenta i tratti della tipicità, della pluralità e della
materialità. Per tipicità si intende che una qualsivoglia testimonianza
avente valore di civiltà diventa bene culturale in senso giuridico solo
dopo una qualificazione da parte del legislatore. Per pluralità invece
si intende che nel Codice non si configura una nozione unitaria di
bene culturale, ma sussiste una pluralità di beni culturali. Infine, i
beni culturali, presentano sempre il carattere della materialità,
trattandosi di “cose” immobili o mobili.

Beni culturali “extra Codice”


Nell’ordinamento italiano si configurano dei tipi di beni culturali
“extra Codice”: immateriali e minori. I beni culturali immateriali non
sono consistenti in cose e perciò definibili come “testimonianza
aventi valore di civiltà che non sono contenute e rappresentate in
una res”.
I beni culturali minori sono entità materiali che presentano un rilievo
culturale inferiore a quello necessario per la loro considerazione
come beni culturali ai sensi del Codice, ma che pur sempre rivestono
un qualche interesse culturale.
1.2 Beni paesaggistici, paesaggio e ambiente
Dai beni culturali si devono distinguere i beni paesaggistici /
ambientali. Art 2, comma 3 Cod: “Sono beni paesaggistici gli immobili
e le aree indicate all’art. 134, costituenti espressione dei valori storici,
culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, e gli altri beni
individuati dalla legge o in base alla legge”. La commissione
Franceschini ricomprese tra i beni culturali i beni ambientali (parlava
di “beni culturali ambientali”), distinguendoli in due tipi: beni
ambientali di tipo paesaggistico e di tipo urbanistico. Bisogna
comunque considerare che i beni culturali e i beni paesaggistici sono
oggetto di tecniche di protezione giuridica diverse, in certo qual
modo imposte dall’oggettiva diversità dei referenti materiali.

Paesaggio (art. 131)


Art 131, comma 1 Cod.- Nozione generale di paesaggio “il paesaggio
è il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione
di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni”.
Paesaggio in senso culturale: due nozioni, una in rapporto alla
funzione di tutela e l’altra in rapporto alla funzione di valorizzazione.
La Convenzione intende come paesaggio “una determinata parte del
territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere
deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro
interrelazioni”.

1.3 Tipologia dei beni culturali


Le categorie sono menzionate negli articoli 10 (categorie generali) e
11 (categorie speciali). Le categorie generali sono tracciate secondo
l’appartenenza dei beni (pubblica o privata)
1.4 Individuazione dei beni culturali

Individuazione - caratteri - appartenenza del bene culturale


Per “individuazione dei beni culturali” sin intende a quel
procedimento posto in essere dalla pubblica amministrazione e volto
a identificare i beni culturali. L’individuazione è requisito sempre
sufficiente ai fini dell’operatività della disciplina prevista per i beni
culturali, ma talora non necessario. I meccanismi di individuazione
sono vari e dipendono dallo stato di appartenenza del bene culturale,
che può essere proprietà dello stato, proprietà di enti pubblici,
territoriale e non, e di persone private senza scopo di lucro, oppure di
proprietà di persone fisiche e persone giuridiche private con fine di
lucro.

1.4.1Verifica dell’interesse culturale


D.p.r. 27 settembre 2000, n 283: sancì l’inalienabilità degli immobili
culturali appartenenti al demanio degli enti minori. Stabilì che il
ministero, ricevuti gli elenchi, provvedesse ad “individuare gli
immobili che manifestamente non rivestivano interesse storico e
artistico e quelli la cui alienazione e conferimento in concessione o in
convenzione erano soggetti ad autorizzazione”.

Procedimento ed esito della verifica


Le cose mobili e immobili vengono sottoposte ad un procedimento di
verifica da parte del Mibact, per accertate la sussistenza o meno
dell’interesse (art.12)
L’esito positivo corrisponde alla definitiva sottoposizione del bene
alla disciplina di tutela, mentre l’esito negativo corrisponde alla
fuoriuscita del bene dalla tutela, sdemanializzazione e libera
alienabilità.
La condizione di inalienabilità è assoluta, cioè non suscettibile di
essere superata da eventuali autorizzazioni del ministero, e concerne
tanto i beni mobili che gli immobili.
Le disposizioni dell’art. 12 si applicano “anche qualora i soggetti cui
esse appartengono mutino in qualunque modo la loro natura
giuridica”.

Silenzio - assenso
“La mancata comunicazione nel termine complessivo di centoventi
giorni dalla ricezione della scheda equivale a esito negativo della
verifica”. Il mancato rispetto del termine dei centoventi giorni, risulta
ora qualificabile solo come “silenzio-inadempimento”: ciò comporta
la possibilità di rivolgersi al giudice amministrativo contro l’inerzia
dell’amministrazione.
Le modalità procedurali della verifica: l’art 12 stabilisce che per gli
immobili dello Stato, i criteri per la predisposizione degli elenchi dei
beni interessati, le modalità di redazione delle schede e le modalità di
trasmissione siano fissati con decreto del Mibact e dell’Agenzia del
demanio.

1.4.2Dichiarazione dell’interesse culturale


Secondo l’articolo 13 Cod., la modalità di individuazione consiste in
un atto di dichiarazione dell’interesse qualificato rivestito dalla cosa
in genere di proprietà di privati.
La dichiarazione si deve presentare come atto di accertamento
costitutivo; e lo stato di degrado di un bene non osta alla
dichiarazione.
L’avvio del procedimento spetta al soprintendente di settore, d’ufficio
o su richiesta di un ente territoriale minore. Sono da indicare nella
dichiarazione gli elementi identificativi del bene, le ragioni che
spingono a ravvisare presenza di interesse e gli effetti cautelari
discendenti dalla comunicazione medesima.
È previsto un ricorso amministrativo per motivi di legittimità e
merito. Ciò comporta la sospensione dell’atto di dichiarazione e, se
accolto il ricorso, l’annullamento o la riforma dell’atto impugnato.

Ipotesi previste
1. interesse particolarmente importante delle cose di interesse
artistico appartenenti a persone fisiche o giuridiche private con fine
di lucro
2. interesse storico
3. eccezionale interesse (raccolte librarie di privati)
4. interesse particolarmente importante (immobili e mobili con
riferimenti alla storia)
5. interesse eccezionale per l’integrità e la completezza del
patrimonio culturale della Nazione - art. 10 Cod

1.4.3 Beni culturali ex lege (artt. 10 - 13 Cod)


I beni culturali ex lege non necessitano né di verifica né di
dichiarazione, essendo l’interesse culturale sussistente di per sé,
senza la necessità che intervenga un atto dell’autorità di tutela che
ne accerti l’esistenza

1.4.4Altre forme di individuazione


Sussistono delle ipotesi in cui l’amministrazione, sia pure non ai fini
della sottoposizione della cosa al complessivo regime di tutela,
accerta la presenza di un interesse cui conseguono effetti previsti dal
Codice:
- per opere di architettura moderna (art 11), per le quali si
richiede che il Mibact accerti il “particolare valore artistico” al fine
dell’ammissione a contributi per interventi conservativi
- per aree aventi valore archeologico, storico, artistico o
ambientale sulle quali l’esercizio del commercio non è consentito, o
consentito secondo particolari condizioni.
- inoltre, per gli immobili indicati all’art 10, comma 3, che
possono essere assoggettati a visita da parte del pubblico quando
rivestono “eccezionale interesse”.

1.5 Struttura, natura e caratteri dei beni culturali

Qualificazione come bene culturale


La qualificazione come bene culturale non comporta un’alterazione
della relazione di appartenenza, ma determina in particolare
l’avocazione della cosa alla proprietà pubblica. Ciò che è nuovo è la
sottoposizione a una disciplina pubblicistica che si sovrappone a
quella che la cosa aveva a prescindere dalla sua configurazione come
bene culturale.
La configurazione in termini unitari dei beni culturali fu prospettata
tempo addietro da Giannini e conserva tuttora attualità. Il punto di
partenza è dato dalla distinzione tra cosa e bene giuridico. La cosa
che costituisce il bene culturale è oggetto di una doppia
qualificazione giuridica: in quanto possibile oggetto di interessi
economici essa è bene patrimoniale; in quanto portatrice di un valore
culturale essa è un bene culturale. Da qui la coesistenza di due aree
di regolamentazione giuridica, autonome l’una dall’altra, ma
necessariamente sovrapponenti, con l’effetto di comportare
limitazioni alle facoltà spettanti al soggetto proprietario e ai suoi
aventi titolo, giacché relative alla stessa entità. Ai due diversi beni
corrispondo due diversi e distinti valori: valore commerciale e valore
culturale.

Pluralità delle qualificazioni giuridiche


Nel settore dei beni culturali vale la pena osservare che possono darsi
anche tre qualificazioni della stessa cosa: per esempio, per i beni
religiosi, è possibile configurare una terza qualificazione concernente
la cosa in quanto supporto per l’esplicazione del valore della libertà di
religione.

Elementi unificanti: valore culturale, immaterialità e pubblicità


Di qui anche la configurazione del valore culturale come primo
elemento unificante. Altri elementi unificanti sono rappresentati
dalla immaterialità e dalla pubblicità:
- il bene culturale è immateriale poiché immateriale è il valore
culturale che opera da elemento di qualificazione della categoria (da
notare però che il Codice prende in considerazione solo le cose
materiali: quando si parla di immaterialità si intende l’idea che la cosa
materiale è bene culturale perché dotato di carattere.)
L’immaterialità viene quindi a connotare il bene culturale.
- il bene culturale è poi pubblico, in quanto bene di fruizione. Il
carattere pone in evidenza la destinazione del bene culturale a
fattore di promozione culturale, in quanto possibile oggetto di
fruizione da parte della generalità dei consociati. (Vedi articolo 9
Costituzione).

1.6 Caratteri e condizione giuridica dei beni culturali in quanto beni


patrimoniali

Beni di proprietà privata


Beni di proprietà pubblica
Sui beni culturali di proprietà pubblica occorre soffermarsi: la loro
tipologia è diversificata (possono rientrare in tutte e tre le classi dei
beni pubblici).
 Demanio accidentale -> fanno parte del demanio accidentale
dello Stato, delle Regioni, delle Province e dei Comuni gli
“immobili riconosciuti di interesse storico, archeologico e
artistico a norma delle leggi in materia, le raccolte dei musei,
delle pinacoteche, degli archivi e delle biblioteche. Demanio
accidentale significa che le cose appena elencate possono essere
di proprietà pubblica o privata. Sono demaniali solo se
appartengono agli enti territoriali.
 Demanio culturale -> I beni in questione costituiscono il nuovo
genus del demanio culturale. La demanialità si estende alle
pertinenze di un immobile e alle servitù costituite a favore degli
stessi beni. Sono inoltre soggetti al regime del demanio pubblico
i diritti reali spettanti a enti territoriali e costituiti per il
conseguimento di fini di pubblico interesse corrispondenti a
quelli a cui servono i beni demaniali
 Demanio originario dello Stato (art. 91 Cod) -> Vanno ascritte al
demanio originario dello Stato le cose immobili, indicate all’art
10 Cod, “da chiunque e in qualunque modo ritrovate nel
sottosuolo o sui fondali marini”. Tali cose non appartengono al
demanio necessario dello Stato, poiché è consentita la
trasferibilità dallo Stato agli enti territoriali minori.
 Patrimonio indisponibile dello Stato (art. 91 Cod.) -> Rientrano
nel Patrimonio indisponibile dello Stato le medesime cose, se
mobili. Tra le cose mobili indicate all’art 10 e richiamate all’art
91, non possono ricomprendersi le raccolte dei musei, delle
pinacoteche, degli archivi e delle biblioteche, che fanno parte del
demanio culturale (art 53 Cod).
 Patrimonio indisponibile -> Nel patrimonio indisponibile di
qualsiasi ente pubblico rientrano i beni culturali consistenti in
edifici sedi di uffici pubblici e in loro arredi o comunque destinati
a un pubblico servizio. Esempi: - l’immobile con valore storico
appartenente a un ente territoriale rappresenta un bene
demaniale; - la cosa mobile di interesse storico rappresenta un
bene indisponibile ad altro titolo
 Beni disponibili -> Tutti gli altri beni culturali pubblici non
ascrivibili ai beni demaniali né a quelli patrimoniali indisponibili,
vanno considerati beni disponibili. Un bene culturale può essere
demaniale a doppio titolo (es una fortezza è ascrivibile al
demanio storico-artistico e al demanio militare).

Demanialità o indisponibilità: inizio e cessazione


L’art 822 del Cod Civ parla di “immobili riconosciuti di interesse
storico a norma delle leggi in materia”: ciò suggerisce la necessità che
intervenga un atto di riconoscimento di tale interesse per la
riconducibilità di detti

beni al demanio culturale. Si può quindi dire che la demanialità


culturale, per gli immobili, richieda l’esito positivo della verifica.
La cessazione della demanialità o della indisponibilità si si verifica
quando il bene perde i caratteri del tipo previsto dalla norma, o
venga meno l’appartenenza all’ente pubblico.

Regime dei beni demaniali (incommerciabilità - sottrazione alla


garanzia patrimoniale - inusucapibilità)
La disciplina dei beni demaniali è dettata dall’art 823 del Cod Civ,
secondo il quale essi “sono inalienabili e non possono formare
oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti
dalle leggi che li riguardano”: questa è la regola della
incommerciabilità. Essa concerne solamente i beni che non possono
appartenere al demanio statale o che sono necessariamente legati a
un certo ente, mentre per quelli suscettibili di appartenere anche ad
altri enti territoriali vale la diversa regola della trasferibilità.
Tale regola si manifesta nella sottrazione degli stessi beni alla
garanzia patrimoniale e all’espropriazione per pubblica utilità,
nonché nella inusucapibilità (acquisizione della proprietà a seguito
del possesso nel tempo).

Regime dei beni patrimoniali indisponibili (non sottraibilità -


inalienabilità - non soggezione all’espropriazione forzata)
A loro volta, i beni patrimoniali indisponibili sono soggetti alla
disciplina posta dall’art 828 cod civ, per la quale essi “non possono
essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle
leggi che li riguardano” (non sottraibilità del bene alla finalità cui è
destinato, che comporta la nullità degli atti che determinino quel
risultato).
In taluni casi ricorre una vera e propria inalienabilità (es: beni mobili
oggetto di ritrovamenti, poiché riservati allo Stato).
In generale, si ritengono possibili l’alienazione ad altro ente pubblico,
l’usucapione, la costituzione di diritti reali a favore di terzi e
l’espropriazione per la pubblica utilità.

Regime dei beni patrimoniali disponibili


I beni rientranti nel patrimonio disponibile sono sottoposti alla stessa
regolamentazione dei beni privati. La disciplina dei beni pubblici si
applica anche ai beni culturali ad appartenenza pubblica come
disciplina di carattere generale o di base: vi sono perciò anche
discipline di carattere speciale presenti nel Codice.

Amministrazione
A qualunque tipo i beni culturali appartengono, l’amministrazione
compete ad apposite strutture dei vari enti:
- per lo Stato, i beni immobili sono amministrati dal ministero
dell’Economia e delle Finanze, per tramite dell’Agenzia del demanio
- l’amministrazione dei beni mobili spetta al singolo ministero che
li ha in uso

Catalogazione (art 17)


La catalogazione dei beni culturali è prevista dall’art. 17 Cod: si
propone di raccogliere in documenti denominati “schede” tutte le
notizie di carattere storico, artistico e giuridico concernenti i singoli
beni culturali. L’articolo 17 affida le funzioni amministrative della
catalogazione alla responsabilità dello Stato e delle Regioni; l’attività
di catalogazione è invece affidata per i beni pubblici agli enti
territoriali in ragione della loro appartenenza, mentre, per quelli
privati, gli enti territoriali provvederanno d’intesa con i soggetti
proprietari.

Destinazione alla fruizione collettiva (art 2)


I beni culturali e paesaggistici ad appartenenza pubblica sono
destinati alla fruizione della collettività. Tale destinazione incontra un
limite nelle “esigenze di uso istituzionale” dei beni e nella esistenza di
ragioni di tutela degli stessi. Il limite viene meno nel caso di beni
culturali inalienabili, che possono essere utilizzati esclusivamente
secondo le modalità e per i fini previsti dal titolo concernente la
fruizione e valorizzazione.
Le esigenze di uso istituzionale si delineano in particolare per i beni
culturali a doppio titolo (la destinazione culturale del bene deve
convivere con il titolo di demanialità). Inoltre, i beni culturali degli
enti territoriali possono essere soggetti a usi individuali che
sottraggono il bene alla consueta destinazione.
L’articolo 2 distingue i beni culturali dai beni pubblici strumenti delle
amministrazioni.

Alienabilità (artt. 53 - 54 Cod)


In deroga al regime generale dei beni pubblici, è necessario
osservare:
- non tutti i beni del demanio culturale sono inalienabili
- all’opposto all’essere inalienabili non sono solo beni del
demanio culturale, ma anche beni o cose facenti parte del patrimonio
indisponibile o disponibile
- l’inalienabilità investe anche cose di soggetti privati non profit

2. ORGANIZZAZIONE E SOGGETTI

2.1 Il sistema del patrimonio culturale: soggetti pubblici e soggetti


privati
Il settore del patrimonio culturale è aperto all’intervento e perciò alle
azioni di diversi soggetti, tanto pubblici, come lo Stato, gli enti
pubblici territoriali e non territoriali, quanto privati, siano essi
persone fisiche, ossia singoli individui, o persone giuridiche. Vale a
dire complessi organizzati di persone e/o di cose, profit o non profit,
o enti non riconosciuti.

Natura giuridica del soggetto e regime dei beni


La natura giuridica del soggetto titolare dei diritti sui beni culturali
influisce anche sul regime normativo dei singoli beni, dando
fondamento alla distinzione tra beni culturali di proprietà pubblica e
privata, sottoposti a una disciplina differenziata.
Esempio: i beni culturali di interesse religioso (art 9 cod): per essi si
contempla un regime speciale, caratterizzato dalla loro
sottoposizione alle leggi dello Stato italiano, sia pure sulla base delle
disposizioni sottoscritte con le confessioni religiose diverse dalla
cattolica. In tal senso, nell’accordo firmato tra la Repubblica Italiana e
la Santa Sede si dice: “La Santa Sede e la Repubblica italiana, nel
rispettivo ordine, collaborano per la tutela del patrimonio artistico e
storico. Al fine di armonizzare l’applicazione della legge italiana con le
esigenze di carattere religioso, gli organi competenti delle due Parti
concorderanno opportune disposizioni per la salvaguardia, la
valorizzazione e il godimento dei beni culturali di interesse religioso
appartenenti a enti e istituzioni ecclesiastiche”.

2.2 Lo Stato e le autonomie territoriali

Nell’articolo 9 della Costituzione si legge che: “La Repubblica


promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e
tecnologica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della
Nazione”.
In questo modo sia la tutela che la valorizzazione del patrimonio
culturale sono state riconosciute tra i doveri (tutela) e tra le finalità
(valorizzazione) della Repubblica.
I precetti costituzionali hanno la capacità di operare come fonti del
diritto, ovvero sono uno dei mezzi attraverso i quali si creano le
norme giuridiche.

La Repubblica come Stato-ordinamento


Il termine Repubblica ricorre più volte nel testo costituzionale:
talvolta esso è impiegato per riferirsi a ciò che, nel linguaggio
giuridico, si definisce Stato-persona o Stato-apparato, ossia al livello
di governo centrale o nazionale. L’orientamento prevalente, oggi
consolidato, è nel senso di ritenere che il riferimento sia allo
Stato-ordinamento. L’articolo 9 può perciò annoverarsi tra le
disposizioni che hanno introdotto l’esigenza di definire il quadro delle
competenze.

Competenze dopo la l.cost. 3/2001


Con la l.cost 18 Ottobre 2001, n.3, di modifica del Titolo V, parte
seconda della Costituzione, cambiano gli assetti delle competenze:
viene riconosciuta più autonomia alle articolazioni territoriali della
Repubblica (Regioni, Province, Città metropolitane, Comuni).
Vengono perciò ribaltati i principi che regolavano i rapporti tra Stato
e autonomie territoriali.
Ciò comporta che vi siano materie e questioni assegnate alla cura e
alla competenza degli enti territoriali. Viene riscritto l’art 117 della
Costituzione, ridefinendo quantitativamente e qualitativamente gli
ambiti di competenza di Stato e Regioni.
- Potestà legislativa ex art 117 Cost.
Lo Stato diventa titolare di una potestà legislativa speciale, che è
legittimato a disciplinare in via esclusiva solo per una serie di materie
elencati nel comma 2 della norma.
Per le restanti materie, la potestà legislativa compete alle Regioni
(potestà legislativa concorrente). Vengono elencate le materie sulle
quali la Regione è competente di tale potestà legislativa. Per le altre
materie innominate, le Regioni dispongono di una competenza
legislativa generale-residuale.
- Il riparto della potestà regolamentare
Le soluzioni accolte in materia di potestà legislativa si riflettono sul
riparto della potestà regolamentare, tramite la quale si adottano gli
atti normativi secondari, volti all’attuazione e applicazione delle leggi
(“La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di
legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. [...] I comuni le
Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in
ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle
funzioni loro attribuite”).
- L’assetto delle competenze legislative
In base al Titolo V, l’assetto delle competenze legislative nel settore
dei beni culturali non è una materia a sé stante. La l.cost.3/2001
fonda il riparto delle competenze sulle funzioni delle quali i beni
culturali possono essere oggetto.
- Tutela alla potestà legislativa dello Stato
In base a quanto dispone l’art 117 Cost, alla potestà legislativa
esclusiva dello Stato è riservata la tutela
dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.
- La valorizzazione alla potestà legislativa concorrente
La valorizzazione dei beni culturali e ambientali è riservata alla
potestà legislativa concorrente (la disciplina in dettaglio viene quindi
lasciata alla legge regionale).
Circa l’estensione dell’intervento consentito allo Stato, molto
dipende da ciò che s’intende come “principio fondamentale”. Le
Regioni, per esercitare le proprie competenze legislative di tipo
concorrente, non devono attendere l’eventuale determinazione dei
principi fondamentali da parte dello Stato. Inoltre, l’eventuale
intervento legislativo statale, anche di dettaglio, continua ad
applicarsi sino a che le Regioni no legiferino in materia.
- La potestà regolamentare in materia di tutela e valorizzazione
Quanto alla potestà regolamentare, lo Stato conserva la
legittimazione a esercitarla in materia di tutela dei beni culturali,
salva la possibilità di delega alle Regioni. In quanto alla valorizzazione,
essa è assegnata alla competenza legislativa concorrente, cioè alle
Regioni.
Dapprima, con sentenza 26-28 marzo 2003, n.94, il giudice
costituzionale ha riconosciuto uno spazio per interventi del
legislatore regionale anche in termini di tutela; in seguito, con
sentenza 19 dicembre - 20 gennaio 2004, n.26, la Corte costituzionale
ha ritenuto di leggere il nuovo quadro delle competenze.
Lo Stato si deve perciò ritenere legittimato a esercitare anche la
propria potestà regolamentare in materia di valorizzazione, quando
riguardi beni culturali di cui esso abbia la titolarità/disponibilità
(mentre spetta alle autonomie territoriali per gli altri beni di
appartenenza pubblica). Ne deriva quindi che, quando gli interventi
abbiano a oggetto beni culturali di titolarità statale, allo Stato spetta
non soltanto la loro tutela, ma anche la loro gestione, così come la
disciplina della loro valorizzazione.

Il riparto delle funzioni amministrative (art. 118 Cost)


Quanto alle funzioni amministrative, il loro riparto tra i diversi livelli
di governo obbedisce ai principi enunciati nell’art.118 Cost (“Le
funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per
assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città
metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà,
differenziazione e adeguatezza”).
- Sussidiarietà
Il principio di sussidiarietà comporta che tra i diversi livelli di governo
cui possono essere assegnate competenze amministrative, debba
essere preferito quello inferiore, ossia il Comune.
- Differenziazione e adeguatezza
La disposizione costituzionale, accanto a esso, richiama anche i
principi di differenziazione e adeguatezza: la scelta per l’allocazione
delle funzioni, presso il livello di governo comunale, deve leggersi
come un’indicazione di preferenza.
- Lo scorrimento delle funzioni
L’art. 118 Cost reca in sé l’idea dello scorrimento delle funzioni: nel
caso in cui la loro rilevanza e la complessità degli interventi in cui si
estrinsecano, faccia ritenere il Comune inadeguato a esercitarle, il
principio e le esigenze dell’adeguatezza comportano lo spostamento
delle competenze verso un livello di governo superiore.
Poiché l’attribuzione di funzioni amministrative richiede un atto di
natura legislativa, i soggetti che decidono, in merito al loro riparto,
sono Stato e Regioni. (“I Comuni, le Province e le Città metropolitane
sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite
con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze”).
Con la legge Delrio (2014) avviene un ridisegno dell’amministrazione
locale.

Competenze amministrative dopo il ridisegno dell’amministrazione


locale (l.56/2014 - legge Delrio)
Con la legge Delrio si opera un profondo ripensamento del livello di
governo intermedio, tra Stato e Regioni coincidente con le Province e
con le Città metropolitane, trasformandole in enti di area vasta.
Anche i Comuni sono interessati da un processo di riordino: molto è
demandato al legislatore regionale.
- le Province sono trasformate da enti autonomi ed elettivi in enti di
area vasta di secondo grado: non direttamente elettivi, ma
espressioni dei Comuni compresi nel loro ambito
- alle Città metropolitane vengono assegnate specifiche funzioni
metropolitane, prevedendo che sia loro rimessa la scelta di costituirsi
in forma elettiva o come enti di secondo grado
- ai Comuni viene imposta un’organizzazione dimensionalmente
adeguata all’esercizio delle funzioni, tramite ricorso a forme associate
di esercizio delle funzioni (per comuni <5000 abitanti) e tramite
processi di fusione. Questi ultimi potranno essere oggetto di una
competenza regionale. La fusione “per incorporazione” prevede la
continuità del Comune incorporante che vedrà comunque modificarsi
i propri confini oltre che la propria situazione finanziaria.
- Il riparto delle funzioni amministrative
Vi sono varie soluzioni riguardo l’applicazione del riparto delle
funzioni amministrative al settore dei beni culturali:
- quanto alla tutela, lo Stato può conferire funzioni in materia alle
autonomie territoriali, specie regionali
- quanto alla valorizzazione, potranno essere le Regioni ad assegnare
compiti e funzioni ai livelli di governo inferiori
Sempre in tema di tutela dei beni culturali si introduce un ulteriore
elemento di flessibilità: la trasformazione delle Province ha rimesso al
legislatore regionale la scelta del livello di governo al quale assegnare
le attribuzioni e i beni che, in precedenza, erano loro imputati.
- La sussidiarietà orizzontale (rinvio, cap 4)
Accanto alla sussidiarietà verticale, che governa l’allocazione delle
funzioni tra i livelli di governo, si colloca il principio di sussidiarietà
orizzontale, che informa, invece, la distribuzione dei compiti
amministrativi tra pubblico e privato.
2.2.2Le scelte del Codice dei beni culturali e del paesaggio

Il Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 22 gennaio 2004,


n.42)
Con il d.lgs. 22 gennaio 2004, n.42, è stato approvato il Codice dei
beni culturali e del paesaggio, che si sostituiva al “Testo unico delle
disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali”.
Il nuovo testo si sovrapponeva alle disposizioni di uno dei
provvedimenti di attuazione della legge 59/1997, alla quale si deve
l’avvio del “terzo decentramento”: la legge 59/1997 “delega al
governo per il conferimento di funzioni e compiti alle Regioni ed enti
locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la
semplificazione amministrativa..”. Gli obiettivi di questa legge erano,
sostanzialmente, due:
1. operare un decentramento delle competenze amministrative
più ampio di quello praticato sino allora. Per fare questo vengono
ribaltati i criteri di attribuzione delle competenze: “sono conferite alle
Regioni e agli enti locali nell’osservanza del principio di sussidiarietà
[...] tutte le funzioni e i compiti amministrativi relativi alla cura degli
interessi e alla promozione dello sviluppo delle rispettive comunità,
nonché tutte le funzioni e i compiti amministrativi localizzabili nei
rispettivi territori in atto esercitati da qualunque organo o
amministrazione dello Stato, centrali o periferici, ovvero tramite enti
o altri soggetti pubblici. [...] Ai fini della presente legge, per
conferimento si intende trasferimento, delega o attribuzione di
funzioni e compiti”.
2. riordinare l’amministrazione statale, ridisegnandone gli apparati
così da renderla adeguata ai nuovi ruoli che le sarebbero aspettati
una volta effettuati i conferimenti al sistema delle autonomie. Viene
inserita nell’elenco delle materie riservate alla competenza
amministrativa dello Stato la “tutela dei beni culturali del patrimonio
storico artistico”.

Le scelte del Codice in materia di tutela (artt. 4-5 Cod)


Il Codice cerca di offrire nuove risposte alla necessità di comprendere
in cosa consistano le diverse funzioni-attività di cui i beni possono
essere oggetto:
Quanto alla tutela dei beni culturali le funzioni amministrative sono
ripartite in base ai criteri fissati negli articoli 4 e 5 Cod.

- I compiti dello Stato (art. 4 Cod)


Ai sensi dell’art. 118 Cost, le funzioni in materia di tutela sono
attribuite al ministero per i Beni e le Attività culturali, il quale le
esercita sui beni culturali di appartenenza statale anche se in
consegna o in uso ad amministrazioni o soggetti diversi dal ministero.
L’esercizio delle funzioni legislative è indissociabile dall’esercizio
delle funzioni amministrative, e viceversa: la titolarità delle funzioni
legislative deve accompagnarsi a quella delle funzioni amministrative.
Il Mibac può sia esercitare direttamente queste funzioni, che
conferirne l’esercizio alle Regioni, tramite forme di intesa e
coordinamento.

- I compiti delle autonomie territoriali (art. 5 Cod)


Le Regioni possono esercitare funzioni di tutela con riguardo a
tipologie di beni culturali non appartenenti allo Stato, che sono
individuati in “manoscritti, autografi, carteggi, incunaboli, raccolte
librarie, libri, stampe e incisioni, carte geografiche, spartiti musicali,
fotografie, pellicole o altro materiale audiovisivo”.
Possono essere previste particolari forme di collaborazione con gli
altri enti pubblici territoriali. Inoltre, anche quando le funzioni di
tutela sono esercitate dalle Regioni, il ministero continua a esercitare
le potestà di indirizzo e di vigilanza e il potere sostitutivo in caso di
perdurante inerzia o inadempienza.

Le scelte in materia di valorizzazione (art. 7 Cod)


Quanto alla valorizzazione, il codice si occupa del riparto delle
funzioni amministrative e legislative. L’art. 7 Cod, definisce quale sia il
valore da riconoscere alle norme che il legislatore statale detta in
termini di valorizzazione: esse devono intendersi quali principi
fondamentali.

- L’assetto delle funzioni legislative


Gli artt. 102 e 112 Cod concernono, rispettivamente, la fruizione e la
valorizzazione dei beni culturali di
appartenenza pubblica, e precisano che:
- la legge regionale è autorizzata a disciplinare, nel rispetto dei
principi fissati dal Codice, le attività di fruizione e valorizzazione solo
con riguardo ai beni presenti in istituti e luoghi di cultura “non
appartenenti allo Stato o dei quali lo Stato abbia trasferito la
disponibilità”.
- allo Stato viene riconosciuta la competenza a disciplinare la
fruizione e la valorizzazione dei beni che si trovino nella sua titolarità-
disponibilità
Viene in questo modo attenuata ciò che nell’art. 117 Cost appariva
come una separazione tra tutela e valorizzazione, quali ambiti
assegnati alla competenza di soggetti diversi.
Secondo l’art 7 Cod, al legislatore statale si assegna la legittimazione
a porre disposizioni anche di dettaglio, ossia a dettare l’intera
disciplina della funzione-attività di valorizzazione.

- L’assetto delle potestà regolamentari e delle funzioni


amministrative
Per l’art. 7 Cod, lo Stato è legittimato a esercitare, con riferimento ai
propri beni culturali, anche quella potestà regolamentare in materia
di valorizzazione che, altrimenti, secondo l’art. 117 Cost, non sarebbe
di sua spettanza.
Circa l’assetto delle funzioni amministrative, in materia di
valorizzazione, il Codice non detta veri e propri criteri. Si segue il
principio dettato nell’art. 112, secondo il quale “Ciascun soggetto
pubblico è tenuto a garantire la valorizzazione dei beni di cui ha
comunque la disponibilità”.
Il Codice si preoccupa di definire infatti le modalità di esercizio delle
funzioni e lo fa esprimendo un’opzione a favore delle logiche e degli
strumenti della cooperazione e /o del coordinamento tra i soggetti
pubblici e tra pubblico e privato.
Gli artt. 102 e 112 Cod precisano le modalità di cooperazione
riguardo la fruizione e la valorizzazione dei beni culturali di
appartenenza pubblica o alla valorizzazione dei beni culturali a
iniziativa pubblica.
3. Tutela

3.1 La tutela: sviluppo storico e nozione

Funzioni, istituti, tutela


La tutela costituisce una delle funzioni che le amministrazioni
pubbliche espletano in ordine ai beni culturali e paesaggistici.
Ciascuna funzione si caratterizza per le finalità generali cui tende e si
articola in istituti (nuclei di disciplina). Le funzioni relative ai beni
culturali hanno acquisito evidenza normativa in momenti temporali
diversi. La prima a emergere è stata appunto la tutela.
In tempi recenti è emersa la funzione di valorizzazione, nel segno di
un diverso approccio ai beni culturali, attenti cioè, in coerenza con le
indicazioni dell’art. 9 Cost, non solo ad assicurare la loro
conservazione, ma anche a promuoverne le potenzialità come fattori
di diffusione dei valori della cultura.
Un tentativo di elencare e definire le funzioni fu operato dagli artt.
148 ss. Del d.lgs 112/1998. Vennero menzionate la tutela, la gestione
e la valorizzazione.
Tale indicazione si rivelò per più aspetti insoddisfacente, sussistendo
una notevole sovrapposizione tra le funzioni:
- la gestione e la valorizzazione erano entrambe finalizzate alla
fruizione del bene culturale, seppure l’una era volta ad assicurarla,
l’altra ad incrementarla
- per gli evidenti conservativi presentati, ambedue le funzioni
richiamavano la tutela, della quale sembrava peculiare il compito di
conservare e proteggere
Le funzioni nel Testo Unico
Le funzioni come definite nel d.lgs. sopracitato, non trovarono un
pieno riscontro nel Tu. In questo clima di incertezza normativa si
collocano i tentativi da parte della dottrina giuridica di precisare i
contenuti delle funzioni.
La tutela viene considerata come tutela conservativa, intendendosi
per conservazione la salvaguardia sia dell’integrità fisica del bene, sia
della sua sicurezza. La tutela, come la valorizzazione, concerne il bene
culturale.
La gestione, invece, è configurabile come l’insieme delle forme e
modalità di utilizzo della cosa da parte di colui che ne ha la
disponibilità.

Le funzioni nel nuovo art.117 Cost


Nel nuovo art. 117 risultante dopo la riforma del Titolo V, le funzioni
in tema di beni culturali sembrano polarizzarsi nella tutela e nella
valorizzazione:

- la tutela “è diretta principalmente a impedire che il bene possa


degradarsi nella sua struttura fisica e quindi nel suo contenuto
culturale; ed è significativo che la prima attività in cui si sostanzia la
tutela è quella di riconoscere il bene culturale come tale”.
- la valorizzazione “è diretta soprattutto alla fruizione del bene
culturale, sicché anche il miglioramento dello stato di conservazione
attiene a quest’ultima nei luoghi in cui avviene la fruizione e ai modi
di questa”.
La Corte costituzionale considera la tutela e la valorizzazione come
due materie-attività, nelle quali assume “rilievo il profilo finalistico
della disciplina e nella quale la coesistenza di competenze normative
rappresenta la generalità dei casi”.

Le funzioni nel Codice


Come normativa di attuazione dell’art. 9 Cost, nel Codice vengono
individuate come funzioni la tutela e la valorizzazione, unitamente
alla fruizione, chiamate a realizzare comuni finalità generali
dell’ordinamento.

- Tutela (art. 3 Cod) - tipologia e finalità


La nozione di tutela “consiste nell’esercizio delle funzioni e nella
disciplina delle attività dirette, sulla base di un’adeguata attività
conoscitiva, a individuare i beni costituenti il il patrimonio culturale e
a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica
fruizione”.
Come tipologia di attività, la tutela consiste quindi nella regolazione e
amministrazione giuridica dei beni culturali, e nell’intervento
operativo di protezione dei beni stessi.
Tre sono le finalità che definiscono l’ambito della tutela:
1. Individuazione: qualificazione di una cosa come bene culturale
2. Protezione: garanzia dell’integrità fisica
3. Conservazione: non dispersione giuridica o materiale del bene

Istituti
Nell’art. 3 Cod viene disposta la nozione di tutela. Per gli istituti in cui
essa si articola occorre fare riferimento alle successive disposizioni
del Codice. Tra le attività astrattamente rivolte a riconoscere,
conservare e proteggere il bene culturale, compongono la tutela solo
quelle che il legislatore ha ritenuto di disciplinare come in essa
rientranti.
La conservazione è al tempo stesso considerata, come la fruizione e
la valorizzazione, attività che deve essere svolta in conformità alla
normativa di tutela e quindi al pari delle altre due presupposta come
un altro rispetto alla tutela.

Rapporto tra le funzioni


Il Codice non si limita a fissare la regola secondo la quale la
valorizzazione non si sottrae alla disciplina della tutela, ma esprime
una chiara gerarchia tra le due funzioni.

3.2 Protezione e conservazione

Vigilanza e ispezione
Allo stesso ambito della protezione e della conservazione, vanno
ascritte altresì la vigilanza e l’ispezione dei beni culturali nonché delle
cose di cui all’art.12 (di interesse culturale, di autore non più vivente,
ultracinquantennali se mobili o ultrasettantennali se immobili, di
proprietà di soggetti pubblici o privati senza fini di lucro o ancora non
sottoposte a verifica) e delle aree interessate dalle prescrizioni di
tutela indiretta.
- Il potere di vigilanza è attribuito al Mibact (secondo l’art.18
Cod): per le modalità di esercizio, il ministero può procedere anche
mediante forme di intesa e coordinamento con le Regioni.

- Il potere di ispezione è assegnato all’esercizio dei soprintendenti


al fine di accertare l’esistenza e lo stato di conservazione o di
custodia dei beni culturali, nonché l’ottemperanza alle prescrizioni di
tutela indiretta.
Le strumentalità dei poteri di vigilanza e ispezione rispetto alle
funzioni di tutela si esprime nel riferimento di essi non solo alla
conservazione, ma anche alla protezione e alla stessa individuazione
dei beni culturali, in vista dell’avvio del relativo procedimento.

Interventi vietati (art. 20 Cod)


L’art 20 come interventi vietati annovera la distruzione, il
danneggiamento, gli usi non compatibili con il carattere storico
artistico dei beni culturali oppure tali da recare pregiudizio alla loro
conservazione, nonché, in caso degli archivi, il loro smembramento.
- La distruzione e il danneggiamento incidono sulla struttura
materiale del bene, comportandone l’alterazione totale o parziale.
- Lo smembramento riguarda la destinazione unitaria di un bene,
che viene disperso nei distinti elementi materiali che lo compongono.
- Uso non compatibile è da ritenersi quello non consono alla
dignità insita nel valore culturale presente nel bene.
Le amministrazioni statali e gli enti morali devono denunciare al
ministero gli usi a cui intendono sottoporre gli immobili rientranti
nella loro proprietà.
Solitamente, in sede di dichiarazione di interesse del bene, si fissano
gli usi incompatibili.

Interventi soggetti ad autorizzazione (art. 21 Cod)


Si considerano interventi soggetti ad autorizzazione la rimozione di
beni culturali, la loro demolizione, lo spostamento anche
temporaneo, lo smembramento di collezioni, serie e raccolte, lo
scarto di documenti e l’esecuzione di opere e lavori di qualunque
natura su beni culturali.
- La distinzione tra demolizione e distruzione risiede nel fatto che
la prima, a differenza della seconda, è tale da permettere la
successiva ricostruzione della cosa.
- Lo spostamento riguarda una diversa collocazione di un bene
mobile.
- Per rimozione è da intendersi un distacco fisico di un bene
culturale da un immobile.

Carattere
Le autorizzazioni in esame come “atti di consenso” sono espressioni
di discrezionalità tecnica, sindacabile nei limiti propri del controllo
sull’eccesso di potere. Risulta non soggetto ad autorizzazione, ma
solo a denuncia preventiva, lo spostamento del bene culturale
dipendente dal mutamento di dimora o sede del detentore.
- L’autorizzazione circa gli interventi in ordine all’esecuzione di
opere e lavori di qualunque genere su beni culturali (eccetto quelli
mobili assegnati ai Poli Museali regionali e agli istituti ad autonomia
speciale), è attribuita alla soprintendenza di Archeologia, belle arti e
paesaggio
- L’autorizzazione per gli interventi di demolizione, rimozione
definitiva e smembramento di collezioni e raccolte è affidata alla
commissione regionale per il Patrimonio culturale.
- L’autorizzazione per gli interventi sui beni librari è rimessa alla
direzione generale Biblioteche e istituti culturali
- L’autorizzazione per i beni archivistici è delegata al
soprintendente archivistico

Interventi in materia edilizia (art. 22 Cod)


Apposita disciplina procedurale ricevono gli interventi in materia
edilizia pubblica e privata che investono beni culturali.
Secondo l’art. 22, l’autorizzazione va rilasciata entro centoventi giorni
dalla presentazione della domanda. L’art. 23, invece, consente il
ricorso alla Dia (denuncia di inizio attività).
- ove si concorra alla conferenza dei servizi, si prevede che l’atto
di assenso sia rilasciato dal competente organo del ministero - a
seconda dei casi, il direttore generale archeologia, belle arti e
paesaggio, il segretario regionale o il soprintendente archeologia,
belle arti e paesaggio - con dichiarazione motivata acquisita al
verbale della conferenza, contenente le eventuali prescrizioni al
progetto.
- relativamente alle opere soggette alla Via (valutazione impatto
ambientale), l’art. 26 stabilisce che l’autorizzazione venga rilasciata
dal competente organo del ministero, sulla base di un progetto
definitivo.

Sospensione o inibizione degli interventi (art. 28)


L’art. 28 disciplina l’ordine di sospensione o inibizione degli
interventi; esso può avere duplice natura: di autotutela (rivolto ad
assicurare l’osservanza della disciplina), e cautelare (tende a
preservare da mutamenti la situazione di fatto della cosa in vista di
una sua successiva qualifica come bene culturale).
- in via di autotutela la sospensione può essere comminata, nel
caso di interventi vietati, intrapresi senza autorizzazione o in
violazione della disciplina sulla conferenza dei servizi o sulla Via, o di
interventi condotti in difformità dall’autorizzazione rilasciata.
- in via cautelare la sospensione concerne interventi relativi alle
cose per le quali non si sia già proceduto all’individuazione come beni
culturali ai sensi dell’art. 12 o 13. La misura è subordinata alla
circostanza che l’avvio del procedimento di verifica/dichiarazione sia
comunicato non oltre i trenta giorni dalla ricezione dell’ordine
sospensivo o interdittivo.

Archeologia preventiva (art. 28 Cod)


L’art. 28 disciplina l’archeologia preventiva. Si tratta della possibilità
per il soprintendente di richiedere, in occasione della realizzazione di
opere pubbliche, l’effettuazione a spese del committente di saggi
archeologici preventivi su aree che presentino un presumibile
interesse archeologico, ancorché non ancora assoggettate al relativo
vincolo, onde valutare l’impatto della realizzazione dell’opera rispetto
alle esigenze di tutela del patrimonio archeologico.
La finalità è quella di ridurre il rischio che rinvenimenti archeologici
rendano necessarie modifiche significative ai lavori in atto o
addirittura ne paralizzino il compimento.

3.2.2Misure di conservazione (artt. 29 - 44 Cod)


Mentre le misure di protezione tendono a garantire il bene culturale
da interventi pregiudizievoli dell’uomo, quelle di conservazione si
connotano per una finalità di salvaguardia del bene da fattori naturali
e in generale pongono un obbligo di fare a carico del detentore.

Restauro (art. 29 Cod)


Secondo l’art.29, la conservazione è assicurata da una “coerente,
coordinata e programmata attività di studio, prevenzione,
manutenzione e restauro”, intendendo le attività volte a limitare le
situazioni di rischio, il controllo delle condizioni del bene culturale e
al mantenimento dell’integrità, dell’efficienza funzionale e
dell’identità del bene, e all’integrità materiale e al recupero del bene
medesimo, alla protezione e alla trasmissione dei suoi valori culturali.
Due sono i dati che contraddistinguono la nozione di restauro:
- restauro strutturale (intervento diretto sulla cosa che costituisce
il substrato materiale del bene)
- restauro finalistico (assicurare l’integrità materiale della cosa e il
recupero del suo testo critico come presupposti per la protezione e la
trasmissione del valore culturale in essa insito)
Nel tempo, poiché il restauro comporta un intervento sulla
materialità del bene, è stato posto sempre con maggior forza
l’accento sulla necessità di realizzare una conservazione preventiva e
programmata in rapporto all’ambiente del patrimonio culturale,
inteso come complesso inscindibile, rivolta a prevenirne le cause di
deterioramento e a mantenerne l’integrità e identità.

Obbligo di conservazione (art. 30 Cod)


L’art. 30 pone in capo a tutti i detentori di beni culturali l’obbligo di
garantirne la conservazione: un obbligo specifico è quello di fissare i
beni culturali di loro appartenenza nel luogo di destinazione nel
modo indicato dal soprintendente. Dal che può determinarsi il
sorgere di un vincolo pertinenziale di un bene culturale mobile
rispetto a un bene immobile in genere anch’esso culturale.

Interventi volontari (art. 31 Cod)


Gli interventi di conservazione sono posti a previa autorizzazione:
- Il soprintendente deve dichiarare se l’intervento può essere
ammesso a fruire di contributi statali e se esso, in vista del
conseguimento delle agevolazioni tributarie, ha carattere necessario
per la conservazione del bene. => la contribuzione statale è
disciplinata dagli artt. 35 - 37.
- Art. 35: Lo Stato può concorrere alla spesa sopportata dal
proprietario, relativa a interventi conservativi, per un ammontare
non superiore di massima alla metà della stessa.
- Art. 35: il contributo può essere in conto capitale ( erogato a
lavori ultimati e collaudati)
- Art. 37: Il contributo può essere in conto interessi (sui mutui o
altre forme di finanziamento accordati da istituti di credito, con
modalità da stabilire con convenzione), nella misura massima
corrispondente agli interessi calcolati a un tasso annuo di sei punti
percentuali sul capitale concesso al mutuo

Interventi imposti (art. 32 Cod)


In assenza dell’iniziativa del proprietario, l’amministrazione può
attivarsi per interventi relativi ai beni culturali (interventi imposti):
tali interventi devono avere finalità conservativa; è esclusa pertanto
la finalità di valorizzazione.
Tali interventi sono realizzabili direttamente dall’amministrazione o
disposti a carico del proprietario.

Natura
Vigente il Tu, si credeva che la natura degli interventi imposti dovesse
essere di restauro e salvaguardia. Le disposizioni dell’art. 32
depongono invece ora nel senso esclusivo di salvaguardia.

Procedura (art. 33 Cod)


Il meccanismo procedurale è disciplinato dall’art. 33.
1. E’ richiesta la relazione tecnica da parte del soprintendente con
la dichiarazione della necessità dei lavori da eseguire.
2. Il proprietario può presentare osservazioni alla comunicazione
di avvio entro trenta giorni.
3. Sulla base della risposta, il soprintendente può decidere per
l’esecuzione diretta o indiretta dell’intervento: se il proprietario
accoglie la comunicazione, esso deve presentare un progetto di lavori
(indiretta) e occuparsi della loro esecuzione. Al contrario, si darà
luogo all’esecuzione diretta.

Misure cautelari ( artt. 33-34 Cod)


In caso di urgenza, il soprintendente può assumere misure cautelari
volte alla conservazione del bene. In questo caso, gli interventi
conservativi, realizzati in maniera diretta o indiretta, sono posti a
carico del proprietario.
C’è la possibilità che lo Stato si addossi tutta o parte della spesa,
qualora si tratti di opere di particolare rilevanza o di beni in uso o
godimento pubblico.

Accessibilità del pubblico (art. 38 Cod)


In ordine ai beni culturali restaurati o sottoposti ad altri interventi
conservativi a carico totale o parziale dello Stato o per i quali siano
stati concessi contributi deve essere, a norma dell’art. 38, consentita
l’accessibilità del pubblico.

Interventi sui beni culturali di enti territoriali (art. 39 Cod)


Norme particolari sono dettate in tema di interventi conservativi
concernenti beni culturali dello Stato o di enti territoriali.
- Salvo diverso accordo, la progettazione e l’esecuzione degli
interventi, sono assunte dall’amministrazione o dal soggetto
interessato. Nel caso di enti territoriali, salvo le ipotesi di assoluta
urgenza, le misure conservative imposte sono stabilite anch’esse
previo accordo con l’ente interessato.
- Nel caso di interventi di conservazione che coinvolgono una
molteplicità di soggetti pubblici e privati, è richiamato il genus
dell’accordo programmatico.

Beni culturali di interesse religioso (art. 9 Cod)


In tema di beni culturali di interesse religioso, si prevede che
l’amministrazione provveda relativamente alle esigenze di culto,
d’accordo con le rispettive autorità. Ciò significa che le esigenze di
conservazione devono contemperarsi con quelle derivanti
dall’interesse religioso presente nel bene culturale, il che sfocia nella
necessità di ricorrere a moduli convenzionali tra le autorità preposte
alla cura dei due interessi.

Custodia coattiva (art. 43 Cod)


Per i beni culturali mobili è previsto l’istituto della custodia coattiva: il
Mibact può disporre il trasporto e temporaneamente la custodia di
tali beni in pubblici istituti, privandone della disponibilità il
proprietario. La durata della custodia varia in ragione della causa che
l’ha giustificata.

Comodato (art. 44 Cod)


L’art. 44 consente ai direttori degli archivi e degli istituti che abbiano
in deposito raccolte o collezioni artistiche di ricevere in comodato da
privati proprietari beni culturali mobili per consentirne la fruizione da
parte della collettività.

Archivio e documenti
Norme particolari sono dettate in tema di archivi e documenti:
vigono obblighi di tenuta in ordine, inventariazione e di
conservazione organica degli stessi.

Obblighi di conservazione specifici (artt. 21, 30, 35 Cod)


Gli enti pubblici hanno l’obbligo di conservare nella loro organicità e
tenere in ordine i propri archivi, e di inventariare e istituire in sezioni
separate quelli storici. A tale obbligo fa riscontro la possibilità di
intervento finanziario dello Stato a sostegno o copertura delle spese
occorrenti.
Da tale obbligo discende la facoltà per il Mibact di disporre
l’inventariazione presso l’ente inadempiente oppure il deposito
coattivo presso l’archivio di stato competente.

Archivi di amministrazioni statali e di organi costituzionali (art. 42


Cod)
Presso gli organi giudiziari e amministrativi dello Stato sono istituite
commissioni di sorveglianza destinate a vigilare sulla corretta tenuta
degli archivi correnti. L’art. 42 affida poi a taluni organi costituzionali
la tenuta dei loro archivi storici.

3.2.3Altre forme di protezione


Nella sez. III del capo III sono previste altre forme di protezione:
possono riguardare beni culturali individuati ai sensi dell’art. 10, o
concernere beni culturali considerabili tali solo in base all’art.11.Le
misure di tutela ambientale tendono a preservare soprattutto la
cornice ambientale di un immobile, ossia il contesto originario
dell’edificio o quello sviluppatosi nel tempo.

Prescrizioni di tutela indiretta


Le prescrizioni di tutela indiretta possono consistere nella
prescrizione di distanze fra il bene tutelato e gli altri, l’altezza
massima di questi (si tratta comunque di una categoria aperta).
Le prescrizioni vanno trascritte nei registri immobiliari, ai fini della
loro opponibilità nei confronti dei successivi proprietari, possessori e
detentori, mentre nei riguardi di quelle attuali è prevista la
notificazione. Secondo l’art. 45: “il Mibact ha la facoltà di prescrivere
le distanze, le misure e le altre norme dirette a evitare che sia messa
in pericolo l’integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la
prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di
decoro”.

Divieto di cartelli e di mezzi di pubblicità (art 49 Cod)


L’art. 49 fissa il divieto di collocare o affiggere cartelli e altri mezzi di
pubblicità tali da arrecare danno all’aspetto, al decoro e al pubblico
godimento del bene culturale con due distinte disposizioni:
- l’una concernente gli edifici e le aree tutelati come beni culturali
- l’altra le strade che siano nell’ambito o in prossimità di detti
beni

Misure relative all’esercizio del commercio in aree di valore culturale


(art. 52 Cod)
L’art. 52 attribuisce ai Comuni il potere di individuare aree
presentanti valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico in
cui vietare o consentire con limitazioni l’esercizio del commercio, al
fine di assicurare il decoro di monumenti e immobili interessati da
particolarmente rilevanti flussi turistici e delle aree ad essi
contermini.

Divieto di distacco di affreschi - studi di artista - prestiti per mostre ed


esposizioni
- L’art. 50 vieta il distacco degli affreschi non autorizzato dal
soprintendente, come misura volta a garantire l’integrità della cosa.
- L’art. 51 preclude che sia modificata la destinazione d’uso degli
studi di artista e che ne sia rimosso il contenuto quanto esso sia stato
dichiarato di interesse storico particolarmente importante. Viene
vietata anche la modifica della destinazione d’uso degli studi d’artista
adibiti a tale funzione da almeno 20 anni e rispondenti alla tipologia a
lucernaio. L’esigenza è sempre quella di conservare la destinazione
d’uso del locale.
- L’art. 48 sottopone ad autorizzazione dell’autorità di tutela il
prestito per mostre ed esposizioni; l’autorizzazione va rilasciata
tenendo conto delle esigenze conservative ed è subordinata
all’adozione di misure volte a garantire l’integrità e la copertura
assicurativa del bene.

3.3 Circolazione

Circolazione in ambito nazionale e internazionale


La circolazione in ambito nazionale tratta della circolazione dei diritti
relativi al bene culturale, in particolare, laddove ammesso, del
trasferimento del diritto di proprietà.
La circolazione in ambito internazionale si occupa dell’uscita o
dell’ingresso nel territorio nazionale del bene culturale.

Circolazione dei diritti


La circolazione dei diritti varia in ragione della condizione giuridica del
bene, che dipende dalla natura pubblica o privata del soggetto che ne
ha la proprietà e dalla categoria cui il bene va ascritto.
Beni pubblici: la proprietà pubblica del bene culturale non è solo
funzionale al godimento da parte della collettività e alla
conservazione del bene, ma ne costituisce altresì la migliore garanzia.
Il Codice si pone come unica fonte della disciplina della circolazione
dei diritti relativi ai beni del demanio culturale e dei beni culturali
pubblici. I beni pubblici vengono distinti in beni inalienabili e beni
alienabili.

Alienazione (artt. 54-57 Cod)


L’alienazione consiste nel trasferimento del diritto di proprietà, a
titolo oneroso o gratuito, e nella costituzione o traslazione di un
diritto reale di godimento o garanzia.

A) Beni inalienabili (art. 54 Cod)


I beni inalienabili comprendono i beni culturali demaniali e i beni
culturali non demaniali.
1. Beni culturali demaniali: beni immobili archeologici; monumenti
nazionali; raccolte di musei, gallerie, pinacoteche…; archivi di enti
pubblici territoriali; immobili di interesse storico-politico; cose mobili
di autore vivente o non più datati di 50 anni.
2. Beni culturali pubblici non demaniali: archivi degli enti pubblici
non territoriali; singoli documenti degli enti pubblici.
3. Cose mobili e immobili di enti pubblici e di enti privati senza
scopo di lucro

Inalienabilità cautelare
E’ stabilito che le cose appartenenti ad enti pubblici in genere e ad
enti privati senza fini di lucro, che siano opera di autore non più
vivente o la cui esecuzione risalga a più di cinquant’anni se mobili, o
settanta se immobili, siano inalienabili fino a quando non si concluda
il procedimento di verifica.
L’esito della verifica, se positivo, comporta la definitiva
sottoposizione alla disciplina di tutela. Se negativo, comporta la
fuoriuscita dalla disciplina di tutela e la libera alienabilità in quanto
non individuata come bene culturale.

B) Beni alienabili, previa autorizzazione (artt. 55, 56, 58 Cod)


Tutti gli altri beni culturali a enti pubblici sono suscettibili di
alienazione totale o parziale, previa autorizzazione del ministero. Si
possono distinguere in:
1. Beni alienabili previa autorizzazione subordinata alla sussistenza
di stringenti garanzie: si tratta dei beni immobili demaniali.
- presupposti: la richiesta di alienazione va corredata
dall’indicazione della destinazione d’uso in atto e prevista in futuro
per il bene, delle misure di conservazione e degli obiettivi di
valorizzazione
- condizioni: il provvedimento di autorizzazione deve contenere
prescrizioni in ordine alle misure di conservazione e alle modalità di
fruizione pubblica
- regime giuridico: l’autorizzazione ad alienare comporta la
sdemanializzazione del bene culturale, ma non lo sottrae alla
disciplina di tutela
2. Beni alienabili previa autorizzazione subordinata alla sussistenza
di garanzie meno stringenti: si tratta degli altri beni pubblici, esclusi
quelli inalienabili, e dei beni immobili demaniali utilizzati a scopo
abitativo o commerciale.
- presupposti e condizioni: dall’alienazione non deve derivare un
danno alla conservazione e alla pubblica fruizione del bene. Non sono
richieste l’indicazione degli obiettivi di valorizzazione né la
conseguente valutazione di tali obiettivi.
- regime giuridico: tali beni restano sottoposti alla disciplina di
tutela.
Tale disciplina vale per ogni procedura di dismissione o di
valorizzazione e utilizzazione, anche a fini economici, di beni immobili
pubblici di interesse culturale.
Questa normativa si applica anche ai casi di costituzione di diritti di
godimento: le prescrizioni contenute nel provvedimento vanno
riportate nell’atto di concessione o nel contratto di locazione e
trascritte nei registri immobiliari.

C) Beni di persone giuridiche private senza fini di lucro (art. 56 Cod)


Per i beni culturali appartenenti a persone giuridiche private senza
fini di lucro, la loro alienazione è soggetta a autorizzazione
ministeriale. Anche per le cose mobili o immobili appartenenti a
soggetti privati senza fine di lucro trova applicazione l’inalienabilità
cautelare, in attesa di verifica.

Permuta (art 58 Cod)


La permuta dei beni culturali è soggetta ad autorizzazione, ma in
questo caso l’atto di consenso presuppone che si determini un
incremento del patrimonio culturale nazionale oppure un
arricchimento delle pubbliche raccolte.

Altri atti (art. 56 Cod)


La stessa disciplina viene estesa alla costituzione di ipoteca e di
pegno e agli atti che tra i loro effetti possono comportare
l’alienazione dei beni culturali indicati.

D) Beni di altri soggetti privati


Per gli altri beni culturali privati vale il principio della libera
disponibilità.
Mentre i beni culturali di enti pubblici sul punto della loro
circolazione risultano soggetti a un regime di incommerciabilità o di
commerciabilità controllata, i beni culturali di privati sono sottoposti
a una disciplina di commercialità controllata oppure di piena
commerciabilità.

Denuncia (art. 59 Cod)


La circolazione dei diritti sui beni culturali comprende anche l’istituto
della denuncia: “gli atti che trasferiscono, in tutto o in parte, a
qualsiasi titolo, la proprietà o, limitatamente ai beni mobili, la
detenzione di beni culturali sono denunciati al ministero”.
- Funzione: Si ritiene che la denuncia tenda a permettere
all’amministrazione una conoscenza aggiornata dell’appartenenza
giuridica e della disponibilità materiale della cosa.
- Oggetto: la disposizione parla di atti che trasferiscono la
proprietà o la detenzione, senza menzionare quelli concernenti il
possesso. E’ da pensare che siano soggetti a denuncia anche gli atti
costitutivi o traslativi della proprietà o dei diritti.
- Destinatari: l’obbligo di denuncia grava sui proprietari di cose
“oggetto di notifica”, quindi sui soggetti privati; grava anche sui
soggetti pubblici e sugli enti privati senza scopo di lucro allorché
compiano atti traslativi o costitutivi della proprietà o della detenzione
di beni culturali.
La denuncia va presentata entro trenta giorni dal compimento
dell’atto al soprintendente del luogo dove si trova il bene, da parte
dell’alienante o del cedente o dall’acquirente.

Inosservanza delle norme in tema di circolazione: effetti


L’inosservanza delle norme previste in tema di circolazione dei diritti
sui beni culturali è sanzionata sul piano penale ma anche su quello
civilistico.
Art 164: “Le alienazioni, le convenzioni e gli atti giuridici in genere,
compiuti contro i divieti stabiliti dalle disposizioni del Titolo I della
parte seconda o senza l’osservanza delle condizioni o modalità da
esso prescritte, sono nulli”.

Casistica
1. Nel caso di alienazione di beni demaniali nei casi vietati dall’art.
54 o senza l’autorizzazione ministeriale nei casi ammessi dall’art. 55 o
senza la sussistenza dei requisiti o delle condizioni previsti per il suo
rilascio, è da pensare che la nullità sia di carattere assoluto, stante
l’incommerciabilità come situazione propria dei beni demaniali.
2. Nel caso di alienazione degli altri beni di soggetti pubblici o di
soggetti privati non profit senza l’osservanza della disciplina in tema
di autorizzazione (art 56), la nullità è in termini relativi, giacché a
essere violato è l’interesse storico e artistico a garanzia del quale è
prevista l’autorizzazione.
3. Nel caso di omessa denuncia, che consiste solamente nel
mancato compimento di un atto, vige la tesi che ritiene trattarsi di
inefficacia piuttosto di nullità.

Commercio di beni culturali (artt. 63 - 64 Cod)


Nel caso di commercio di beni sottoposti alla disciplina speciale di
tutela per le esportazioni, l’autorità locale competente è tenuta a
trasmettere al soprintendente della Regione copia della dichiarazione
presentata.
L’esercente del commercio, a sua volta, è tenuto ad annotare
quotidianamente le operazioni eseguite su un apposito registro,
sottoposto poi a verifica da parte del soprintendente.
Coloro che esercitano commercio di documenti sono tenuti a
comunicare al soprintendente l’elenco dei documenti posti in
vendita.

Chiunque venda al pubblico o espone a fini di commercio opere di


pittura, scultura o grafica o oggetti di interesse storico o archeologico
è tenuto a rilasciare all’acquirente la documentazione attestante
l’autenticità della cosa.

3.3.2Circolazione dei beni (Capo V)


Il Capo V della seconda parte è articolato in cinque sezioni
concernenti la circolazione dei beni:
1. Principi in materia di circolazione internazionale
2. Uscita dal territorio nazionale e ingresso nel territorio nazionale
3. Esportazione dal territorio dell’UE
4. Disciplina in materia di restituzione, nell’ambito dell’UE, di beni
illecitamente usciti dal territorio di uno Stato membro
5. Disciplina in materia di interdizione dell’illecita circolazione
internazionale dei beni culturali

Diritto nell’UE
- Art. 36 Tfue (trattato funzionamento Unione Europea) ⇒ tra i
principi fondamentali vi è quello della libera circolazione delle merci,
con divieti di dazi doganali e restrizioni relative a importazione ed
esportazione. L’art. 36 prevede che le disposizioni degli artt. 34 e 35
“lascino impregiudicati divieti o restrizioni all’esportazione giustificati
da motivi di protezione del patrimonio artistico, storico o
archeologico nazionale”.
- Regolamento 3911/1992 e direttiva 93/7/Cee ⇒ si disciplinò
l’esportazione dei beni culturali verso
Stati terzi, nell’intento di evitare che beni usciti illegalmente da uno
Stato membro venissero esportati all’esterno dell’Unione; inoltre, si
dettarono regole per il recupero di beni appartenenti al patrimonio
culturale di uno Stato dell’Unione illecitamente usciti dal suo
territorio.
- L. 30 marzo 1988, n.88 ⇒ legge relativa alla restituzione dei beni
culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro (al
posto della direttiva 93/7): nel caso di esportazione dall’Italia di beni
culturali verso altri Stati membri dell’Unione, si applicheranno le
disposizioni della sezione I-bis.
⇒ la sezione Ibis enuncia i principi fondamentali della normativa in
tema di circolazione:
a) finalità di preservare l’integrità del patrimonio culturale
b) il controllo va esercitato nel rispetto dei vincoli e degli impegni
assunti con convenzioni internazionali
c) i beni culturali non sono assimilabili a merci
La disciplina del controllo sulla circolazione internazionale dei beni
culturali si giustifica in relazione al peculiare interesse. In mancanza
di tale interesse, le cose d’arte sono soggette al principio della libera
circolazione in quanto merci, fermo restando in ogni caso il rispetto
dei vincoli assunti dallo Stato italiano in sede di convenzioni
internazionali.

Sezione I-bis

A) Divieto di uscita (art. 65 Cod)


L’art 65 sottopone i beni culturali a un generale divieto di uscita
definitiva dal territorio dello Stato. Vale per:
1. beni mobili dell’art.10
2. cose mobili di enti pubblici e privati senza fini di lucro
3. cose a chiunque appartenenti che il ministero abbia escluso
dall’uscita “perché dannosa per il patrimonio culturale”

B) Uscita definitiva sottoposta ad autorizzazione (art. 65 Cod)


L’art. 65 comma 3 sottopone ad autorizzazione l’uscita definitiva di
altre cose con rilievo culturale:
1. * cose appartenenti a privati singoli e a persone giuridiche con
fini di lucro
2. gli archivi e singoli documenti appartenenti a privati
3. * le cose rientranti nelle categorie di cui all’art.11 comma 1

⇒ Attestato di libera circolazione


* Per le cose 1 e 3 è prevista la richiesta di un attestato di libera
circolazione, previa denuncia e presentazione ai competenti uffici,
indicando il valore venale del bene. L’attestato ha validità triennale;
in caso di diniego, il bene è sottoposto a dichiarazione di interesse e
all’applicazione delle misure di salvaguardia.

C) Uscita definitiva senza autorizzazione


Al comma 4, l’art. 65 non assoggetta ad autorizzazione l’uscita
definitiva di altre cose con rilievo culturale.
- Si tratta delle cose indicate all’art.11 comma 1, lett. d ⇒ opere
di pittura e scultura a chiunque
appartenenti, di autore vivente o la cui esecuzione non risalga a più
di 50 anni.
- Cose di interesse culturale di autore non vivente, la cui
esecuzione risalga a più di 70 anni, di valore inferiore a 13.500 euro.
E’ prevista successivamente una liberalizzazione della circolazione in
ambito internazionale delle cose di interesse culturale di esecuzione
non maggiore di 70 anni, esentandole dall’autorizzazione della
Repubblica (per i beni con soglie di valore ridotte).
Uscita temporanea
E’ possibile l’uscita temporanea dal territorio nazionale per mostre o
eventi di alto interesse culturale, a condizione che siano garantite
l’integrità e la sicurezza del bene. E’ prevista anche quando i beni
costituiscano arredo delle sedi diplomatiche o consolari all’estero, o
mobilio privato di cittadini italiani che ricoprono cariche presso tali
sedi.
L’uscita richiede l’autorizzazione dell’ufficio competente e fissa anche
il termine massimo per il rientro.

Ingresso nel territorio nazionale (art. 65, 72 Cod)


Per l’ingresso dei beni indicati all’art. 65, l’art. 72 prevede il rilascio, a
richiesta, di un certificato di avvenuta spedizione / di avvenuta
importazione, per attestare il lecito ingresso in Italia.

Esportazione dal territorio dell’Unione Europea (art. 73-74 Cod)


Gli artt. 73 e 74 dettano norme riguardo l’esportazione dei beni
culturali dal territorio dell’UE. E’ stato previsto che, ai fini
dell’esportazione verso paesi non dell’Unione dei beni culturali,
debba essere presentata una licenza di esportazione rilasciata dallo
Stato membro competente, contestualmente all’attestato di libera
circolazione.
⇒ Ciò accade quando lo Stato italiano sia allo stesso tempo stato di
origine e di esportazione del bene.

Restituzione dei beni culturali illecitamente usciti da uno Stato


dell’UE (sez. III, artt. 75 - 83 Cod)
La nuova direttiva Ue 2014/60, rispetto alla direttiva Cee 93/7,
presenta delle significative innovazioni, in particolare: nozione di
bene culturale, ampliamento dei termini procedurali e processuali.
La restituzione è ammessa per i beni che sono qualificati come
appartenenti al patrimonio culturale dello Stato medesimo.

Azione di restituzione (artt. 75, 77 Cod)


“Illecita” è reputata l’uscita dal territorio di uno Stato membro
avvenuta in violazione della legislazione di tale Stato. Lo Stato
membro dell’UE dal cui territorio il bene è uscito, può esercitare
l’azione di restituzione davanti all’autorità giudiziaria italiana. L’atto
di citazione va notificato al Mibact.

Equo indennizzo (artt. 79-89 Cod)


Nel conflitto tra l’interesse dello Stato richiedente e quello del
possessore/detentore del bene, riceve sempre tutela il primo. Il
possessore del bene, a condizione che ne provi l’acquisizione in
buona fede, ha solo titolo a un equo indennizzo da corrispondersi da
parte dello Stato richiedente contestualmente alla restituzione del
bene.

Custodia e acquisizione del bene (art. 83 Cod)


Nel caso di restituzione esercitata dallo Stato italiano, se il bene
restituito non appartiene allo Stato, il Mibact provvede alla sua
custodia fino alla consegna (che può essere richiesta entro cinque
anni). Decorso il termine, il bene è acquisito dal demanio dello Stato
per essere assegnato ad un museo, biblioteca o archivio.
Sezione IV
- L. 7 giugno 1999, n.213 ⇒ all’art. 87 sono richiamate le norme
della Convenzione dell’Unidroit sul ritorno internazionale dei beni
culturali rubati o illecitamente esportati; viene prevista una disciplina
comune tra gli Stati aderenti in tema di restituzione dei beni culturali
rubati e di ritorno nello Stato di provenienza dei beni illecitamente
esportati.
- L’art. 87 bis richiama la convenzione Unesco sulla illecita
importazione, esportazione e trasferimento dei beni culturali. La
convenzione si applica alle cose considerate di interesse culturale
dalla legislazione degli Stati firmatari.

3.4 Ritrovamenti e scoperte (capo VI Cod)


Nel capo VI, il Codice disciplina il rinvenimento dei beni culturali.
Ai sensi dell’art. 91, i beni ritrovati - da chiunque e in qualunque
modo - appartengono allo Stato.

Attività di ricerca: riserva allo Stato (art. 88 Cod)


L’attività volta al rinvenimento di beni culturali, definibile come
attività di ricerca, è fatta oggetto di riserva a favore dello Stato. Si
tratta di una “ricerca sul campo”. ⇒ lo Stato deve valutare
l’opportunità di avviare una ricerca e assicurare lo svolgimento della
stessa in termini idonei a garantire l’integrità dei reperti e la
possibilità di condurre ulteriori ricerche.

Occupazione temporanea (art. 97 Cod)


Il Mibact può disporre l’occupazione temporanea dell’immobile
interessato con obbligo di indennizzare il proprietario che i danni che
questi subisca.

Concessione
Il ministero peraltro può dare in concessione a un terzo l’attività di
ricerca ed emettere a suo favore il decreto di occupazione. Il Mibact
può consentire che le cose rinvenute rimangano per fini espositivi
presso la Regione o altro ente territoriale.

Denuncia e conservazione temporanea (art. 90 Cod) e premio


In caso di rinvenimento fortuito si prevedono a carico dello
scopritore gli obblighi di denuncia e di conservazione temporanea: la
denuncia deve avvenire entro 24 ore; la conservazione è prevista, di
massima, nelle condizioni e nel luogo dove il bene è stato rinvenuto,
con diritto al rimborso delle spese sostenute.
I diritti dello scopritore sono disciplinati dagli artt. 92 e 93: a loro
favore è previsto un premio correlato al valore del bene ritrovato.
* Per la tutela degli oggetti archeologici e storici rinvenuti nei
fondali marini l’art. 94 rinvia alla disciplina della Convenzione Unesco
sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo.

3.5 Acquisti privilegiati in tema di beni culturali


Si fa qui riferimento ad una serie di istituti in forza dei quali lo Stato,
ma anche altri soggetti pubblici o privati, acquisiscono la titolarità di
beni culturali con strumenti giuridici diversi da quelli previsti nel
diritto privato. La titolarità dei beni culturali nell’ordinamento italiano
può essere pubblica o privata; lo Stato e gli altri enti pubblici possono
operare sul mercato dei beni culturali come qualsiasi soggetto
privato.
L’ordinamento mette a disposizione dello Stato degli strumenti di
diritto pubblico che consentono l’acquisizione privilegiata di beni
culturali e che assolvono alla funzione di conservazione e
valorizzazione:
- acquisto a favore dello Stato (art. 91)
- prelazione (art. 60-62)
- acquisto coattivo (art. 70)
- espropriazioni (art. 95-100)
Oltre a tali strumenti, viene indicata la cessione dei beni culturali in
luogo del pagamento delle imposte (lo Stato non opera con poteri
imperativi), escludendo la figura del privato dal novero degli acquisti
privilegiati.

Prelazione (art. 60 Cod)


La prelazione consiste nel potere da parte del Mibact o di altro ente
territoriale di acquistare beni culturali alienati a titolo oneroso o
conferiti in società, rispettivamente al medesimo prezzo stabilito
nell’atto di alienazione. Ecco i presupposti per una prelazione:
- atto di alienazione a titolo oneroso ⇒ gli atti di alienazione sono
quelli che trasferiscono la proprietà del bene; il titolo oneroso
consiste nella previsione di un corrispettivo per il trasferimento della
proprietà.
- se il bene è alienato con altri con un unico corrispettivo, il valore
economico è determinato dal soggetto che procede alla prelazione o
da un terzo
Alla base della prelazione vi è dunque una volontà da parte del
proprietario di dismettere il bene culturale con corrispettivo.

Prelazione artistica e acquisizioni coattive e prelazione legale (art 61


Cod)
Ciò che distingue la prelazione dalle normali acquisizioni coattive è la
sussistenza della volontà di dismettere la proprietà del bene. La
prelazione artistica va tenuta distinta dalla prelazione legale,
vincolata dal diritto privato: in quella artistica le clausole del
contratto non vincolano lo Stato, la prelazione può essere esercitata
anche solo su una parte delle cose e nel caso in cui il corrispettivo
non sia previsto in denaro, lo Stato lo corrisponde con l’equivalente
in denaro.
La prelazione artistica consiste quindi in un atto amministrativo, di
trasferimento unilaterale della proprietà, sulla base della volontà del
proprietario di trasmettere ad altri la titolarità del bene.

Modalità di esercizio
La prelazione va esercitata entro il termine di decadenza di 60 giorni
dalla data di ricezione della denuncia. tramite notifica all’alienante e
all’acquirente. In pendenza del termine l’alienazione resta
sospensivamente condizionata; l’atto di prelazione richiede di essere
motivato circa le ragioni che lo supportano.

Prelazione a favore degli enti territoriali minori (art. 62 Cod)


Il soprintendente, ricevuta la denuncia di un atto soggetto a
prelazione. deve darne comunicazione alla Regione. alla Provincia e al
comune nel cui territorio si trova il bene. Tali enti possono presentare
entro 20 giorni la proposta di prelazione; il Mibact può rinunciare
all’esercizio della prelazione, trasferendone la facoltà all’ente
interessato che adotta il provvedimento.
Nel caso di alienazione di beni culturali demaniali, la prelazione è
prevista, a seconda delle ipotesi, a favore dello Stato, degli enti
territoriali minori o delle fondazioni bancarie.

Acquisto coattivo (art. 70 Cod)


L’acquisto coattivo (acquisto all’esportazione) consiste nella
possibilità per lo Stato o per la Regione di acquistare la cosa in
relazione alla quale è presentata richiesta di attestato di libera
circolazione. L’acquisto coattivo non ha alla sua base una volontà
manifestata da parte del proprietario di dismettere la titolarità della
cosa: esso trova origine in uno specifico fatto del proprietario
considerato significativo dalla legge.
L’acquisto coattivo avviene per il valore venale (valore indicato dalla
denuncia), e può concernere cose di soggetti pubblici e privati.
Quanto alle modalità, si prevede una proposta da parte dell’ufficio di
esportazione: l’acquisto va deciso entro i 90 giorni dalla denuncia.
L’atto di acquisto richiede di essere motivato in rapporto alle
esigenze di tutela e/o valorizzazione che lo supportano.

Espropriazione (art. 95 Cod)


L’espropriazione è disciplinata dagli artt. 95-100 Cod in tre distinte
fattispecie:
1. ESPROPRIAZIONE DI BENI CULTURALI: può concernere mobili
oltre che immobili, ed essere disposta a favore dello Stato e di altri
enti pubblici e privati senza scopo di lucro. La funzione risponde
all’interesse a migliorare le condizioni di tutela ai fini della fruizione
pubblica dei beni. L’istituto diventa quindi uno strumento
straordinario, in presenza di “interesse importante”. L’espropriazione
di beni culturali si differenzia dall’ordinaria espropriazione per
pubblica utilità, poiché la mera acquisizione del bene realizzerebbe in
sé l’interesse pubblico, senza essere inscindibilmente connessa
all’esecuzione di un’opera pubblica.
2. ESPROPRIAZIONE PER FINI STRUMENTALI: è prevista dall’art. 96
per cose immobili, non consistenti in beni culturali, al fine di “isolare
e restaurare beni culturali immobili, assicurarne la luce o la
prospettiva, garantirne o accrescerne il decoro o il godimento da
parte del pubblico, facilitarne l’accesso”. Le prescrizioni di tutela
indiretta comportano vincoli di contenuto negativo; l’espropriazione
è rivolta a realizzare interventi volti a modificare lo stato dei luoghi.
L’espropriazione per fini strumentali consente tanto allo Stato quanto
alla Regione di procedere alla dichiarazione di pubblica utilità, quindi
possono beneficiarne anche gli altri enti territoriali titolari di un
demanio culturale.
3. ESPROPRIAZIONE PER INTERESSE ARCHEOLOGICO: le finalità
sono previste dall’art. 97. Tale fattispecie espropriativa è utilizzabile
quando gli interventi richiesti dall’attività volta al ritrovamento di bei
comportino una modificazione non reversibile dello stato dei luoghi.
Dell’espropriazione per interesse archeologico può beneficiarne solo
lo Stato.

Procedimento e indennizzo
1. Espropriazione di beni culturali (artt. 95-99): nel caso di
espropriazione promossa dal Mibact a beneficio dello Stato, il
procedimento è incardinato per intero presso il ministero. Viceversa,
nel caso di espropriazione a favore di altri soggetti pubblici, il Mibact
è competente ad autorizzare l’esproprio e a dichiarare la pubblica
utilità. L’indennità di esproprio è commisurata al prezzo che il bene
avrebbe nel mercato nazionale.
2. Espropriazione per fini strumentali e per interesse archeologico
(artt. 98, 100): le autorità competenti alla dichiarazione di pubblica
utilità sono il Mibact o la Regione (nel caso di espr. per fini
strumentali). L’approvazione del progetto equivale a dichiarazione di
pubblica utilità. Nei casi di espropriazione per fini strumentali e per
interesse archeologico, si applicano in quanto compatibili le
disposizioni del presente Testo unico.

3.6 Lavori relativi ai beni culturali


L’esigenza della specialità della disciplina nasce dalla centralità del
fine conservativo dei lavori sui beni culturali, con la conseguente
prevalenza di criteri qualitativi su quelli di ordine economico nella
scelta e nell’esecuzione dei lavori. Il che si riflette in particolare sulla
qualificazione degli operatori chiamati a intervenire, sui criteri di
aggiudicazione delle gare.
* Art. 147: Operatori che eseguono interventi: è previsto che la
direzione dei lavori, il supporto tecnico alle attività del responsabile
unico del procedimento e del dirigente competente alla formazione
del programma triennale dei lavori “comprendano un restauratore di
beni culturali qualificato ai sensi della normativa vigente e altri
professionisti con esperienza almeno quinquennale in possesso di
specifiche competenze coerenti con l’intervento”.

3.7 Figure professionali in tema di tutela


Molteplici sono le figure professionali (indicate all’art. 9bis Cod):
archivisti, bibliotecari, demoetnoantropologi, antropologi,
restauratori, esperti di diagnostica e scienze e tecnologie applicate,
storici dell’arte, in possesso di adeguata formazione ed esperienza
professionale.
E’ prevista l’istituzione presso il Mibact di elenchi nazionali di figure
professionali.

Restauratori (art. 29 Cod)


L’art. 29 si occupa dei profili di competenza dei restauratori,
stabilendo una riserva di attività a favore di tale figura, con
riferimento a “restauro sui beni culturali mobili e superfici decorate
di beni architettonici”. Tale decreto si occupa altresì degli operatori
che svolgono attività di collaborazione con i restauratori (tecnici del
restauro, chimici, geologi, fisici, biologi…).

Formazione dei restauratori


L’art. 29 disciplina anche la formazione e definisce i criteri e i livelli di
qualità cui si deve adeguare l’insegnamento del restauro, e disciplina
la formazione delle figure professionali che svolgono attività
complementari rispetto al restauro e alle altre attività di
conservazione.

Disciplina transitoria (art. 182 Cod)


E’ previsto che le qualifiche di restauratore e di collaboratore
restauratore si acquisiscano a conclusione di apposite selezioni
pubbliche; la qualifica di restauratore di bene culturale si assume per
uno o più settori di attività indicati nell’all.B (es. materiali lapidei,
musivi e derivati, materiali librario e archivistico, manufatti dipinti sul
supporto ligneo e tessile…).
Formazione di altre figure
Il decreto 31 gennaio 2006 del ministro dell’Istruzione ha provveduto
al “riassetto delle scuole di specializzazione nel settore della tutela,
gestione e valorizzazione del patrimonio culturale”, inserendo le
scuole in beni archeologici, in beni architettonici e del paesaggio, in
beni storici artistici e in beni archivistici e librari.

3.8 Sanzioni amministrative e penali


Nel capo I del Titolo I e nel capo I del Titolo II della parte quarta il
Codice si occupa delle sanzioni amministrative e penali relativa ai
beni culturali. La sequenza delle disposizioni consiste in una stretta
connessione tra sanzioni amministrative e sanzioni penali. Le
fattispecie sanzionate sul piano amministrativo e sul piano penale
appaiono entrambe riconducibili a tre categorie:
1. Inosservanza di precetti direttamente posti dalla disciplina
amministrativa sostanziale (art. 160): es. l’inosservanza degli obblighi
di protezione e conservazione => punita con l’esecuzione a spese del
trasgressore delle opere di reintegrazione e sul piano penale con
arresto e ammenda.
2. Inosservanza di prescrizioni poste dall’autorità amministrativa
(art. 161): sul piano amministrativo la pena è la reintegrazione a
spese del trasgressore, sul piano penale arresto e ammenda
3. Non acquisizione di atti di consenso che andavano richiesti
all’amministrazione (art. 160): viene sanzionato sul piano
amministrativo anche il restauro compiuto senza autorizzazione,
quando abbia danneggiato il bene; sul piano penale è punito dall’art.
169.
Sanzioni amministrative
Sono contemplati due diversi complessi di misure: le sanzioni
amministrative in senso stretto e le misure ripristinatorie o
alternative.
1. Le sanzioni amministrative in senso stretto hanno natura
essenzialmente punitiva e si rivolgono direttamente al responsabile
della violazione di un precetto normativo ( non sono in genere
commisurate al danno cagionato).
2. Le misure ripristinatorie o alternative assolvono alla funzione di
ristabilire l’ordine fattuale violato e tendono a riportare il bene nella
situazione anteriore la violazione. Si commisura al valore della lesione
prodotta o a quanto è necessario per la sua rimozione.

Sanzioni penali (delitti e contravvenzioni)


Consistono in:
- delitti: punibili con reclusione e multa
- contravvenzioni: punibili con arresto e ammenda
La distinzione tra delitti e contravvenzioni è importante sotto il
profilo dell’elemento soggettivo, nonché sotto il profilo del rilievo da
assegnare alla conoscenza o all’ignoranza del carattere culturale del
bene.
Inoltre, può rilevarsi che le fattispecie di reato sono costruite in
termini di reato astratto o pericolo indiretto rispetto alla lesione del
bene culturale.

Reati di pericolo astratto e di pericolo indiretto


Un astratto giudizio di pericolosità è rintracciabile nelle condotte di
demolizione, rimozione o restauro senza autorizzazione; mentre
nell’esecuzione urgente di lavori indispensabili, ad essere tutelata
direttamente è la funzione esercitata dall’autorità amministrativa.

Reati previsti dal codice penale


A tali fattispecie bisogna affiancare i reati previsti dal codice penale:
danneggiamento, deturpamento e imbrattamento di cose altrui,
danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico
nazionale.
Si distinguono perché contemplano ipotesi di reati di danno (effettiva
lesione del bene) e non presuppongono un particolare rapporto con il
bene culturale leso.

Ridotta effettività
Può osservarsi che il livello di effettività delle sanzioni penali previste
dal Codice è tendenzialmente scarso, per vari motivi:
- la struttura contravvenzionale di taluni reati rende improbabile
la definizione del processo con sentenza definitiva
- la tendenziale esiguità dei margini edittali della pena riduce la
possibilità dell’esecuzione in concreto della sanzione anche in caso di
condanna definitiva
Alla sanzione penale pertanto residua una funzione di sola
“prevenzione generale positiva”.
4 - VALORIZZAZIONE E GESTIONE

4.1 Dalla tutela alla valorizzazione


Tutela e valorizzazione devono essere considerate, innanzitutto,
come funzioni amministrative, da contestualizzare nell’ambito della
complessità che caratterizza la materia a esse riferita, ossia il
patrimonio culturale.

La molteplicità degli interessi pubblici e privati nel patrimonio


culturale
Tra le principali caratteristiche del patrimonio culturale vi è quella di
essere un insieme di beni portatori di numerosi e diversi interessi, sia
pubblici che privati.

Il patrimonio mondiale
Un esempio utile a comprendere la dimensione ultrastatale degli
interessi in questione, è la tutela dei siti Unesco: quando vi è il rischio
di compromettere il valore eccezionale e universale di un sito inserito
nella lista del patrimonio mondiale, esso può essere inscritto nella
“danger list” (ciò si verifica spesso in zone di conflitto).

Tutela vs commercio
Un esempio di particolare rilevanza in italia attiene al
contemperamento tra tutela del decoro ed esercizio delle attività
commerciali (es. necessità di preservare le botteghe storiche ed
evitare radicali trasformazioni).
Art. 52 Cod - tutela del decoro ⇒ è previsto che i competenti uffici
territoriali del ministero, per tutelare e
assicurare il decoro dei complessi monumentali, adottino apposite
determinazioni volte a vietare gli usi da ritenere non compatibili con
le esigenze di tutela.
Il Comune, d’intesa con la Regione, può adottare deliberazioni volte a
delimitare zone o aree aventi particolare valore archeologico, storico,
artistico e paesaggistico in cui è vietato o subordinato ad
autorizzazione l’esercizio di una o più attività.
Il patrimonio culturale può dare vita a complesse questioni
giuridiche, oltre che politiche; la necessità di salvaguardare il decoro
del patrimonio culturale impone la regolamentazione degli esercizi
commerciali e il controllo delle relative attività.

Interessi e funzioni
Il patrimonio culturale riguarda simultaneamente molteplici interessi,
cui possono corrispondere differenti funzioni, una pluralità di soggetti
e diverse soluzioni normative, organizzative e procedimentali.
- Vi è l’interesse al controllo della circolazione e del commercio
- l’interesse alla preservazione fisica del bene (cui si collega la
conservazione del bene nel suo contesto originario)
- l’interesse alla fruizione pubblica del patrimonio storico e
artistico e alla diffusione della sua conoscenza
- l’interesse all’uso della cosa
Questa pluralità di interessi diviene problematica poiché spesso tali
interessi sono in contrasto tra loro e possono insistere sulla
medesima cosa.
Gli effetti della globalizzazione
La disciplina del patrimonio culturale presenta una tensione
ineliminabile tra sfera nazionale e sfera internazionale, perché molti
Stati mirano a conservare i propri beni: il paradosso è che più un
bene è rilevante su scala mondiale, più rilevante esso sarà per lo
Stato che lo possiede.

Classificazione degli interessi


La scienza giuridica ha tentato in più occasioni di fornire una
classificazione dei diversi interessi legati al patrimonio culturale.
Cassese distingue tra:
- conservazione (preservare fisicamente i beni)
- ritenzione (riguardante la circolazione del patrimonio)
- conservazione nel contesto (problematiche relative a
conservazione e fruizione)
- accessibilità ( funzione collettiva delle opere d’arte)
Merryman invece scompone in questo modo il public interest:
- preservation (conservazione fisica)
- cultural truth (autenticità)
- access (accessibilità)
- cultural nationalism (identità nazionale)
Jayme distingue cinque categorie:
1. interesse globale della società civile
2. interessi nazionali degli Stati nel conservare i beni
3. interessi privati dei proprietari o degli artisti
4. interessi dei beni stessi
5. interessi del mercato
La molteplicità degli interessi si riflette sul rapporto tra la pubblica
amministrazione e i privati.

Dagli interessi pubblici alle funzioni: tutela, gestione e valorizzazione


Le finalità dell’intervento pubblico sono fondamentalmente due:
tutela (conservazione e protezione) e fruizione (godimento pubblico
e diffusione della conoscenza).
1. Vi è prima di tutto la necessità di riconoscere, conservare,
proteggere e recuperare il patrimonio culturale ⇒ cioè di tutelarlo.
2. Poi, nasce la necessità di diffondere, far conoscere, rendere
accessibili e fruibili i valori di cui esso è portatore ⇒ ecco la fruizione.

Tutela vs valorizzazione
Tutela e valorizzazione sono le due principali funzioni in tema di
patrimonio culturale. Tra le due funzioni talvolta vi è una
conflittualità, che trova la sua area critica nell’accessibilità ai beni (la
tutela vuole regolamentarla e ridurla; la valorizzazione tende ad
accrescerla).
- TUTELA: diretta ad impedire che il bene possa degradarsi nella
sua struttura fisica e nel suo contenuto culturale; la prima attività
della tutela è il riconoscimento del bene come tale.
- VALORIZZAZIONE: diretta alla fruizione del bene culturale; anche
il miglioramento dello stato di conservazione attiene a quest’ultima
nei luoghi in cui avviene la fruizione.
Gli interventi di tutela e valorizzazione variano in base alla natura del
bene (mobile, immobile, pubblico, privato, culturale, paesaggistico…).

Gestione
Nel 1998 venne individuata una terza funzione a carattere
strumentale: la gestione, definita come “ogni attività diretta,
mediante l’organizzazione di risorse umane e materiali, ad assicurare
la fruizione dei beni culturali e ambientali, concorrendo al
perseguimento delle finalità di tutela e valorizzazione”.

Definizioni secondo il d.lgs.42/2004 ⇒


- tutela “consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina
delle attività dirette, sulla base di un’adeguata attività conoscitiva, a
individuare i beni costituenti il patrimonio culturale e a garantirne la
protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione”.
- valorizzazione “consiste nell’esercizio delle funzioni e nella
disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del
patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di
utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, anche da
parte delle persone diversamente abili, al fine di promuovere lo
sviluppo della cultura. Essa comprende anche la promozione e il
sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale”.

Il riparto di competenze tra pubblici poteri


La varietà di interessi rende impossibile affidare ad un unico potere
pubblico tutti i compiti legislativi e amministrativi in materia. Occorre
quindi richiamare il riparto delle competenze, legislative e
amministrative.
Le competenze legislative (art. 117 Cost)
La Costituzione riserva alla potestà legislativa esclusiva statale la
tutela dei beni culturali, mentre include la
valorizzazione tra le materie di legislazione concorrente tra Stato e
Regioni.

L’assetto costituzionale (art. 116-118 Cost)


La tutela dei beni culturali è inclusa sia tra le materie in cui lo Stato
può attribuire alle Regioni ulteriori forme di autonomia, sia tra i casi
in cui la legge statale disciplina, per l’esercizio di funzioni
amministrative, forme di coordinamento tra Stato e Regioni.
Alla legislazione Regionale compete pertanto la disciplina della
fruizione e della valorizzazione dei beni presenti negli istituti e nei
luoghi della cultura non appartenenti allo Stato o dei quali lo Stato
abbia trasferito la disponibilità sulla base della normativa vigente.
Se tutela e valorizzazione esprimono aree di intervento diversificate,
è necessario che restino inequivocabilmente attribuiti allo Stato, ai
fini della tutela, la disciplina e l’esercizio unitario delle funzioni
destinate alla individuazione dei beni costituenti il patrimonio
culturale nonché alla loro protezione e conservazione, e, invece,
anche alle Regioni, ai fini della valorizzazione, la disciplina e l’esercizio
delle funzioni dirette alla migliore conoscenza e utilizzazione e
fruizione di quel patrimonio.

Le competenze amministrative
Le funzioni di tutela sono attribuite al Mibact, che le esercita
direttamente o ne può conferire l’esercizio alle Regioni, tramite
forme di intesa e coordinamento. Quanto alla valorizzazione, le
competenze amministrative, come quelle legislative, sono ripartite
secondo il criterio della disponibilità del bene. Stato, Regioni ed enti
pubblici assicurano la fruizione e valorizzazione dei beni presenti nei
luoghi a loro appartenenti; sono previste, poi, delle forme di
cooperazione (lo Stato, tramite il ministero, le Regioni e gli altri enti
pubblici definiscono appositi accordi).
Quanto alla valorizzazione, è adottato un criterio secondo il quale il
soggetto pubblico che dispone del bene potrà svolgere la funzione
nel modo più adeguato.
A livello europeo, si registra una piena applicazione del principio di
sussidiarietà nel distribuire le funzioni tra Unione Europea e Stati
membri.

Il ruolo dei privati


Il ruolo dei privati in questo ambito ha attraversato tre differenti fasi:
1. bilaterale: si contrappongono da un lato l’interesse pubblico alla
conservazione del bene, dall’altro l’interesse del privato proprietario
2. trilaterale: vi sono l’interesse pubblico, l’interesse del privato
proprietario, l’interesse della collettività
3. multilaterale: compaiono anche altri interessi, come quelli dei
privati finanziatori o mecenati Le norme relative alla fruizione dei
beni culturali di proprietà privata mirano a contemperare l’interesse
pubblico al godimento dei valori di cui i beni sono portatori con
quello del proprietario a disporre della cosa.
Le norme sulla valorizzazione quale attività socialmente utile e sulla
fruizione quale servizio privato di utilità sociale, confermano la
sussistenza di un interesse della collettività, che si affianca a quello
dei privati proprietari e delle amministrazioni.

La funzione di valorizzazione

Origini e sviluppo
La valorizzazione del patrimonio culturale è una funzione recente: la
funzione di valorizzazione si manifesta in correlazione all’essere i beni
culturali destinati alla fruizione, la cui attuazione richiede misure per
consentire, agevolare e accrescere la possibilità di accesso ai valori di
cui i beni protetti sono testimonianza.
La lunga storia della valorizzazione mostra le difficoltà
dell’ordinamento italiano nel regolare una funzione amministrativa
diversa dalla tutela.
Nel 1964, l’espressione valorizzazione comincia ad essere utilizzata
in modo stabile e continuativo. Nel 2001 è inserita nell’art. 117 Cost.
Nel 2004 la valorizzazione è ridimensionata dal Codice.
L’ordinamento si è progressivamente mosso verso una nozione di
valorizzazione sostenibile.

Inquadramento giuridico della funzione


La valorizzazione si presenta come una funzione amministrativa, in
cui il patrimonio è l’ambito di intervento e la fruizione è il fine.
La nozione di valorizzazione è aperta, poiché comprensiva di ogni
possibile iniziativa diretta a incrementare la fruizione dei beni
culturali, e dinamica, in quanto espressione di un processo di
trasformazione delle modalità di godimento dei valori di cui i beni
sono portatori. ⇒ la funzione di valorizzazione mantiene così una
natura ambigua.

La dicotomia pubblico/privato nella valorizzazione (e nella fruizione)


Si distingue la valorizzazione dei beni culturali di appartenenza
pubblica (art. 112) da quella dei beni culturali di appartenenza privata
(art. 113).
1. Art 112 - BENI PUBBLICI: lo Stato, le Regioni e gli altri enti
pubblici territoriali assicurano la valorizzazione dei beni presenti negli
istituti e nei luoghi della cultura, mentre la valorizzazione degli altri
beni culturali pubblici è assicurata compatibilmente con lo
svolgimento degli scopi istituzionali
2. Art. 113 - BENI PRIVATI: le attività e le strutture di valorizzazione
a iniziativa privata di beni culturali di proprietà privata possono
beneficiare del sostegno pubblico da parte dello Stato, delle Regioni e
degli altri enti pubblici territoriali.
Il Codice distingue poi:
- la fruizione degli istituti e dei luoghi della cultura di
appartenenza pubblica (art. 102) ⇒ le disposizioni sono analoghe a
quelle dell’art. 112
- la fruizione di beni culturali di proprietà privata (art. 104) ⇒ è
previsto che possano essere assoggettate a visita da parte del
pubblico per scopi culturali alcune categorie di beni.

La titolarità della funzione


L’art. 101 introduce la distinzione in base alla titolarità:
- se appartenenti a soggetti pubblici, gli istituti e i luoghi della
cultura sono destinati alla pubblica fruizione ed espletano un servizio
espositivo.
- Le strutture espositive invece espletano un servizio privato di
utilità sociale.
Da un lato, le norme riguardanti la valorizzazione e la fruizione dei
beni di appartenenza pubblica e di proprietà privata si riferiscono alla
materia, al campo di intervento, alla funzione.
Dall’altro, le norme concernenti gli istituti e i luoghi della cultura e il
servizio di fruizione attengono anche alla classificazione della
funzione.

Classificazioni della funzione


Un altro elemento per distinguere tra pubblico e privato è l’iniziativa.
L’art. 111 sancisce che la valorizzazione è a iniziativa pubblica o
privata:
- quella pubblica si conforma ai principi di libertà di
partecipazione, pluralità di soggetti, continuità di esercizio, parità di
trattamento, economicità e trasparenza della gestione.(attività di
valorizzazione nel servizio pubblico)
- la valorizzazione a iniziativa privata è attività socialmente utile e
ne è riconosciuta la finalità di solidarietà sociale. (attività socialmente
utili)
L’art. 113 puntualizza che possono beneficiare del sostegno pubblico
le attività e le strutture di valorizzazione a iniziativa privata.
Le forme di gestione all’art. 115 si applicano alle attività di
valorizzazione a iniziativa pubblica.
Non viene disciplinata l’ipotesi di attività di valorizzazione a iniziativa
pubblica su beni di proprietà privata.

Le attività di valorizzazione
La valorizzazione è caratterizzata dall’atipicità degli interventi.
Interventi diretti e indiretti
- Diretti: l’organizzazione di mostre ed esposizioni coinvolgono un
bene culturale direttamente
- Indiretti: i servizi aggiuntivi operano a latere del bene,
offrendone una migliore fruizione La valorizzazione riguarda
l’organizzazione dalla quale il bene è gestito e tutelato.

Interventi sul contesto ed extra contesto


Vi sono un’attività di tipo contestuale e una di tipo extra contestuale:
- contestuale: istituzione di servizi aggiuntivi presso i musei opera
nel contesto dei beni oggetto di intervento
- extra contestuale: la diffusione della conoscenza dei beni
attraverso campagne pubblicitarie si pone invece fuori contesto ⇒
anche la decontestualizzazione del bene dal suo sito originario può
costituire un intervento di valorizzazione
Altri interventi di valorizzazione riguardano la promozione di attività
di studio e ricerca, le sponsorizzazioni e gli accordi con le fondazioni
bancarie.

Diffusione della conoscenza


- Art. 118 Cod: REALIZZAZIONE DI RICERCHE: il ministero, le
Regioni e gli altri enti pubblici territoriali, anche con il concorso di
università e altri soggetti pubblici e privati, realizzano, promuovono e
sostengono ricerche, studi e altre attività conoscitive. Il ministero e le
Regioni possono stipulare accordi per istituire centri permanenti di
studio e documentazione del patrimonio culturale
- Art. 119 Cod: STIPULAZIONE DI ACCORDI: il ministero può
concludere accordi con i ministeri della Pubblica istruzione e
dell’Università e della Ricerca, le Regioni e gli altri enti pubblici
territoriali interessati, per diffondere la conoscenza del patrimonio
culturale e favorirne la fruizione.
Nel 2015 la direzione del ministero dedicata all’Educazione e la
Ricerca ha creato un’apposita Scuola dei beni e delle attività culturali
e del turismo.
Quanto ai criteri per differenziare il regime dell’attività di
valorizzazione, se ne possono individuare due:
1. iniziativa
2. bene oggetto di intervento (se pubblico o privato) ⇒ in questo
caso, le relative attività e strutture, se a iniziativa privata, possono
beneficiare del sostegno pubblico

Il carattere consustanziale della distinzione pubblico/privato


Nella valorizzazione, la distinzione tra pubblico e privato costituisce
un elemento consustanziale ai caratteri, allo svolgimento e
all’organizzazione della funzione. La dicotomia pubblico-privato
incide sulla valorizzazione con riferimento a tre fattori:
1. Materia ⇒ pubblico e privato sono i termini di riferimento per
regolare l’ambito di intervento della funzione, che varia in base al
regime proprietario dei beni, ma anche all’iniziativa
2. Soggetti ⇒ la loro natura pubblica o privata qualifica l’iniziativa e
classifica l’attività (vale per la valorizzazione e per i luoghi e istituti
della cultura e la relativa fruizione)
3. Regime giuridico ⇒ gli elementi considerati danno vita a
discipline differenziate: le norme sulle forme di gestione si applicano
alla valorizzazione a iniziativa pubblica, restando libere le modalità di
organizzazione dell’attività a iniziativa privata. L’iniziativa pubblica
comporta l’applicazione dei principi tipici della disciplina dei servizi
pubblici.

La valorizzazione del paesaggio: cenni e rinvio


Gli articoli dedicati alla valorizzazione del paesaggio sono gli artt. 6 e
31 Cod:
- Art. 6 ⇒ la valorizzazione comprende la riqualificazione degli
immobili e delle aree sottoposti a tutela compromessi o degradati,
ovvero la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti e
integrati
- Art. 31 ⇒ la valorizzazione del paesaggio concorre a
promuovere lo sviluppo della cultura. A tal fine le amministrazioni
pubbliche promuovono e sostengono apposite attività di conoscenza,
informazione e formazione, riqualificazione e fruizione del paesaggio,
nonché la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti e
integrati. La valorizzazione è attuata nel rispetto delle esigenze della
tutela.
La valorizzazione del paesaggio è un’operazione di ripristino (es.
riqualificazione di contesti degradati), ma è anche un intervento che
crea nuovi valori paesaggistici e attività diretta ad assicurare la
fruizione e l’uso.

Le caratteristiche della funzione di valorizzazione del paesaggio


Il fine della funzione di valorizzazione del paesaggio è ripristinare,
aggiungere, far fruire: dunque
trasformare. Tre sono gli aspetti centrali della valorizzazione del
paesaggio:
1. non può prescindere dalle specificità del suo oggetto: la tutela
del paesaggio implica in sè un elemento di fruizione e di
valorizzazione
2. vi è una connessione inscindibile tra tutela e valorizzazione
3. vi è un ritardo del legislatore statale nel dotare questa funzione
di mezzi, istituti e procedure

La cooperazione tra pubblici poteri e il difficile sistema degli accordi


Il riparto di competenze in materia di valorizzazione presuppone la
cooperazione tra pubblici poteri. L’art. 112 Cod (valorizzazione di
beni pubblici) prevede un sistema finalizzato ad agevolare la
cooperazione tra Stato, Regioni ed enti locali.
⇒ Stato, Regione ed enti locali, tramite accordi, definiscono obiettivi
comuni di valorizzazione ed elaborano i conseguenti piani strategici di
sviluppo culturale. Essi possono essere affidati ad appositi soggetti
giuridici. A questi soggetti possono partecipare privati proprietari di
beni culturali suscettibili di essere oggetto di valorizzazione, nonché
persone giuridiche private senza fini di lucro.
Il sistema degli accordi
Tali accordi possono avere un ambito di applicazione più ristretto
(sub regionale e non solo regionale) e si presentano più definiti nei
contenuti (vi è il riferimento ad appositi piani strategici di sviluppo
culturale) e nelle finalità.
Gli organismi per la valorizzazione sono Stato, Regione ed enti
territoriali (art. 112). Gli organismi per la valorizzazione si innestano
in una sequenza costituita da tre diverse fasi:
1. fase strategica: sono definiti gli accordi tra i diversi soggetti
pubblici
2. fase programmatoria: sono elaborati i piani di sviluppo culturale
3. fase gestionale: si ricorre alle forme previste all’art. 115 Cod.

Il coinvolgimento dei privati


I privati possono partecipare agli accordi e alla costituzione degli
organismi per la valorizzazione, nonché agli accordi per lo
svolgimento di servizi strumentali comuni destinati alla fruizione e
alla valorizzazione.
- per quanto riguarda gli accordi, ai privati è richiesto solo il
consenso
- per quanto riguarda la valorizzazione, possono partecipare tanto
i privati proprietari quanto altri enti senza scopo di lucro
L’attuazione delle disposizioni sugli accordi previsti dal codice si è
rilevata particolarmente difficile e complessa: pochi sono stati infatti
gli accordi di valorizzazione.

Gli interventi finanziari


Gli strumenti per assicurare la valorizzazione di tipo finanziario
possono essere di varia natura, inclusa fiscale. In ambito nazionale si
segnalano due strumenti:
1. Piano strategico “grandi progetti beni culturali”: sono individuati
beni o siti di eccezionale interesse culturale e di rilevanza nazionale
per i quali sia necessario e urgente realizzare interventi di tutela ⇒
sono previsti 65 milioni di euro annui.
2. Programma per la Capitale italiana della cultura: il Consiglio dei
ministri conferisce annualmente il titolo di “capitale italiana della
cultura” a una città italiana, al fine di incrementare la fruizione del
patrimonio culturale materiale e immateriale. Tale progetto ha
natura strategica di rilievo nazionale.

La fruizione e la gestione

Fruizione pubblica e fruizione individuale


La fruizione è una disciplina autonoma, seppur insieme con la
funzione di valorizzazione. Quanto alle tipologie di fruizione, si può
distinguere tra:
- fruizione pubblica, destinata alla fruizione della collettività
compatibilmente con le esigenze di uso istituzionale e sempre che
non vi ostino ragioni di tutela
- fruizione/uso individuale, secondo la quale i beni di proprietà
privata possono essere assoggettati a visita pubblica solo in casi
eccezionali.

Biglietto di ingresso
La disciplina del biglietto di ingresso è dettata da un apposito
regolamento: il decreto 507 del 1997 elenca anche le categorie di
soggetti esentati dal pagamento e regola le modalità con cui i
direttori degli istituti possono stabilire l’importo del biglietto. Tra le
novità introdotte: la non più gratuità per gli over 65, l’inclusione del
personale docente tra le categorie esenti e la previsione dell’ingresso
libero per tutti ogni prima domenica del mese.

Aperture al pubblico e vigilanza


Il decreto del Mibact del 30 giugno 2016 reca i criteri per l’apertura al
pubblico, la vigilanza e la sicurezza dei musei e i luoghi della cultura
⇒ viene stabilito che tutti i luoghi di cultura siano aperti tutti i giorni
feriali e festivi, eccetto 25 dicembre e 1 gennaio, per 11 ore al giorno
(9:00-20:00) - le aree archeologiche e all’aperto dalle 9:00 a un’ora
prima del tramonto.
La disciplina è soggetta a un principio di non discriminazione tra
cittadini europei.

Riproduzione dei beni (art. 107 Cod)


La riproduzione di beni culturali è di regola vietata. Sono invece
consentiti i calchi da copie degli originali già esistenti, nonché quelli
ottenuti con tecniche che escludano il contatto diretto con l’originale.
Il Codice regola anche i canoni di concessione e i corrispettivi
connessi alle riproduzioni di beni culturali (art. 108).
Quanto alla riproduzione, nel 2014 sono state rese libere una serie di
ipotesi legate all’ormai diffuso uso personale di smartphone e
fotocamere digitali negli istituti e nei luoghi della cultura:
1. la riproduzione di beni culturali attuata con modalità che non
comportino alcun contatto fisico con il bene, né l’esposizione a
sorgenti luminose, né l’uso di stativi, è concessa
2. la divulgazione con qualsiasi mezzo delle immagini
legittimamente acquisite è concesso, onde evitare riproduzioni a
scopo di lucro

Digital library
E’ stato istituito un apposito servizio presso l’Istituto centrale per il
catalogo e la documentazione del ministero, con il compito di
assicurare il coordinamento di tutti i programmi di digitalizzazione del
patrimonio culturale di competenza del ministero medesimo.

La gestione degli istituti e dei luoghi della cultura

Istituti e luoghi della cultura (art. 101 Cod)


- Museo ⇒ struttura permanente che acquisisce, cataloga,
conserva, ordina ed espone beni culturali per finalità di educazione e
studio
- Biblioteca ⇒ struttura permanente che raccoglie, cataloga e
conserva un insieme organizzato di libri, materiali e informazioni,
comunque editi o pubblicati su qualunque supporto, e ne assicura la
consultazione a fine di promuovere la lettura e lo studio
- Archivio ⇒ struttura permanente che raccoglie, inventaria e
conserva documenti originali di interesse storico e ne assicura la
consultazione per finalità di studio e di ricerca
- Area archeologica ⇒ sito caratterizzato dalla presenza di resti di
natura fossile o di manufatti o strutture preistorici o di età antica
- Parco archeologico ⇒ ambito territoriale caratterizzato da
importanti evidenze archeologiche e dalla compresenza di valori
storici, paesaggistici o ambientali, attrezzato come museo all’aperto
- Complesso monumentale ⇒ insieme formato da una pluralità di
fabbricati edificati anche in epoche diverse, che col tempo hanno
acquisito, come insieme, un’autonoma rilevanza artistica, storica o
etnoantropologica

Appartenenza pubblica o privata


- Se appartenenti a soggetti pubblici: gli istituti sono destinati alla
pubblica fruizione ed espletano un servizio pubblico
- Se appartenenti a soggetti privati: espletano un servizio privato
di utilità sociale

La fruizione come servizio pubblico essenziale


- Art. 9 e 117 Cost ⇒ la tutela, la fruizione e la valorizzazione del
patrimonio culturale sono attività che rientrano tra i livelli essenziali
delle prestazioni
- Art. 114 Cod ⇒ il ministero, le Regioni e gli altri enti pubblici
territoriali, anche con il concorso delle università, fissano i livelli
minimi uniformi di qualità delle attività di valorizzazione su beni di
pertinenza pubblica e ne curano l’aggiornamento periodico

I musei statali
La disciplina dei musei statali in Italia è stata riconsiderata nel 2014 ⇒
vengono individuati i poli museali e gli istituti della cultura statali di
rilevante interesse nazionale che costituiscono uffici di livello
dirigenziale. Ben 30 istituti hanno ottenuto lo stato di uffici
dirigenziali: ogni museo A è dotato di un proprio statuto.
I relativi incarichi sono conferiti (con selezione pubblica
internazionale) per una durata di 3-5 anni, a persone di comprovata
qualificazione professionale in materia di tutela e valorizzazione.
La riforma del 2014 ha agito attraverso due linee di azione:
- creazione di un sistema museale nazionale
- riconoscimento di maggiore autonomia agli istituti

Il sistema museale nazionale


E’ stata costituita una direzione generale centrale dotata di
articolazioni su tutto il territorio, dedicata ai musei:
1. Direzione generale Musei ⇒ cura le collezioni dei musei statali,
con riferimento alle politiche di acquisizione, prestito, catalogazione,
fruizione e valorizzazione. E’ articolata in due servizi dirigenziali: uno
per gli affari generali e le collezioni, il secondo compete sulla gestione
e la valorizzazione dei musei.
2. Poli museali regionali ⇒ assicurano sul territorio l’espletamento
del servizio pubblico di fruizione e di valorizzazione; definiscono
strategie e obiettivi comuni di valorizzazione, in rapporto all’ambito
territoriale di competenza e promuovono l’integrazione dei percorsi
culturali di fruizione, nonché degli itinerari turistico-culturali.

Maggiore autonomia agli istituti


Sono riconosciuti come istituti autonomi 30 strutture: 8 di livello
dirigenziale generale; 22 di livello dirigenziale non generale.
I musei statali sono divenuti soggetti (“i musei sono istituzioni
permanenti senza scopo di lucro al servizio della società e del suo
sviluppo. Sono aperti al pubblico e compiono ricerche che riguardano
le testimonianze materiali e immateriali dell’umanità; le
acquisiscono, le conservano, le comunicano e le espongono a fini di
studio, educazione e diletto”).
I musei sono dotati di autonomia tecnico-scientifica e svolgono
funzioni di tutela e valorizzazione delle raccolte, assicurandone la
pubblica fruizione. Sono dotati di un proprio statuto e possono
sottoscrivere convenzioni con enti pubblici e istituti di studio e
ricerca.

- Art. 110 Cod ⇒ le risorse finanziarie. I proventi derivanti dai


biglietti di ingresso, dai canoni di concessione e dai corrispettivi per la
riproduzione dei beni, devono essere versati ai soggetti pubblici cui
gli istituti o i beni appartengono.

Il fondo di solidarietà nazionale


Quanto incassato da un museo o sito statale è effettivamente
destinato a quest’ultimo. E’ stato previsto un apposito fondo di
solidarietà nazionale, alimentato con una quota del 20% degli incassi
da bigliettazione di ogni istituto statale, per garantire la razionale
distribuzione delle risorse.

I modelli organizzativi
La riforma dei musei statali ha previsto diversi modelli organizzativi,
in particolare per i musei:
- il museo-ufficio
- il museo- ufficio dirigenziale dotato di autonomia speciale
- il museo-fondazione
Ai Poli museali regionali compete il ruolo di preservare i caratteri
peculiari del patrimonio culturale italiano e delle sue collezioni
museali. L’intento è di favorire la creazione di sistemi misti (musei
statali + amministrazioni
+ privati). Si procede dunque all’attivazione del sistema museale
nazionale (basato sull’adozione di standard minimi e procedure
condivise tra Stato e Regioni).

Museo come istituzione (museo-ufficio)


I musei restano uffici non dirigenziali dei Poli museali regionali.
L’autonomia tecnico-scientifica è riconosciuta ed è imposta
l’approvazione di uno statuto e di un documento di trasparenza
contabile. Ogni museo ha un direttore e sono previste aree
funzionali.

Istituti dotati di autonomia speciale


Si tratta di musei e parchi archeologici ad autonomia speciale: non
sono enti pubblici, perché restano privi della personalità giuridica, e
rimangono strutture del ministero. Le spese per il personale sono
pagate dal ministero e non figurano nel bilancio dei singoli istituti.
Operano le seguenti figure: un consiglio di amministrazione, un
comitato scientifico e un collegio dei revisori dei conti.
Il ministero configura gli organi collegiali dei musei essenzialmente
come figure di supporto. E’ un modello organizzativo non senza
problemi, e ancora in fase di rodaggio.
Per queste strutture è stato possibile costituire (nel 2017 e 2018)
delle segreterie tecniche che supportino il buon andamento degli
istituti.

SICUREZZA E VIGILANZA
E’ stato stabilito che a ognuno dei musei dello Stato sono assicurati
adeguati sistemi di allarme e sicurezza antincendio, antintrusione e
antifurto e di controllo antiterrorismo. La vigilanza è svolta secondo
un apposito piano della sicurezza, comprensivo di piano di sicurezza
ed emergenza, del piano della vigilanza e del piano di accoglienza del
pubblico. Tale piano è adottato dal direttore.

Le fondazioni museali
Il terzo modello è un mezzo in grado di coniugare pubblico e privato.
Si tratta di uno strumento organizzativo neutro spesso adottato in
ambito locale, al fine di creare una rete o un sistema integrato di
musei civici.

La missione dei musei


I modelli organizzativi dei musei statali perseguono un obiettivo:
quello di trasformare il museo in una
empowering institution, inserita nella comunità e nel territorio in cui
il museo vive e si sviluppa.
Archivi e biblioteche
Anche per archivi e biblioteche vi sono ipotesi di istituti dotati di
autonomia speciale (es. Archivio centrale dello Stato, Biblioteche
nazionali di Roma e Firenze). Può esservi, infine, il caso di
accorpamenti funzionali tra biblioteche, archivi e musei. ⇒ “al fine di
migliorare la fruizione e la valorizzazione del patrimonio culturale
può essere disposto - tramite decreti ministeriali - l’accorpamento di
istituti e luoghi di cultura operanti nel territorio del medesimo
Comune”.

Le forme di gestione
- Art. 115 Cod ⇒ disciplina le modalità di gestione della
valorizzazione a iniziativa pubblica.

Gestione diretta
Svolta per mezzo di strutture organizzative interne delle
amministrazioni, dotate di autonomia scientifica, organizzativa,
finanziaria e contabile, provviste di idoneo personale tecnico.

Gestione indiretta
E’ attuata tramite concessione a terzi delle attività di valorizzazione,
anche in forma congiunta e integrata, da parte delle amministrazioni
cui i beni partengono. La concessione può anche essere rilasciata
dagli organismi per la valorizzazione: a questi soggetti possono
partecipare anche privati proprietari di beni culturali e persone
giuridiche private senza fini di lucro. I privati che eventualmente
partecipano a questi soggetti giuridici, non possono essere individuati
quali concessionari delle attività di valorizzazione.
4.3.5La disciplina dei servizi aggiuntivi
I servizi aggiuntivi possono essere attivati presso i luoghi e gli istituti
della cultura. Mirano a garantire una migliore fruizione dei beni
culturali e assicurare maggiori entrate alle pubbliche amministrazioni,
consentendo così di compiere ulteriori interventi di tutela e
valorizzazione.
Tipi di servizi aggiuntivi ⇒ servizio editoriale, vendita di cataloghi,
servizi di caffetteria, ristorazione e guardaroba, organizzazione di
mostre.

⇒ Art. 117 Cod : lista di servizi aggiuntivi


a) servizio editoriale e di vendita (cataloghi, sussidi…)
b) servizi di beni librari e archivistici
c) gestione di raccolte
d) gestione di punti vendita
e) servizi di accoglienza
f) servizi di caffetteria, ristorazione, guardaroba
g) organizzazione di mostre e manifestazioni e iniziative
promozionali

Nel 2008 i servizi aggiuntivi sono stati rinominati servizi per il


pubblico ⇒ le attività di valorizzazione sono indicate all’art. 111 Cod.
Quanto alla natura giuridica dei servizi aggiuntivi, non tutte le ipotesi
contemplate dall’art. 117 Cod sono identiche.
Appalto vs concessione
La Corte di Cassazione ha chiarito che l’affidamento dei servizi
aggiuntivi da parte dell’amministrazione può presentare profili di
promiscuità tra i caratteri di appalto e concessione, e che assume
valenza dirimente il criterio della prevalenza delle attività oggetto
dell’affidamento.
- natura concessoria ⇒ caffetteria o ristorazione
- appalto ⇒ servizi di biglietteria, pulizia e vigilanza
Art. 110 ⇒ “i proventi derivanti dalla vendita dei biglietti d’ingresso
agli istituti e luoghi dello Stato, sono destinati alla realizzazione di
interventi per la sicurezza e la conservazione dei luoghi medesimi”

La natura giuridica dei servizi


La natura del servizio aggiuntivo non dipende dalla procedura di gara,
ma dal concreto rapporto che si instaura tra amministrazione e
privato. I servizi aggiuntivi permettono una fruizione dei beni culturali
più ampia e assicurano maggiori entrate alle pubbliche
amministrazioni.
Per essere redditizio un servizio deve però poter contare su di un
numero consistente di visitatori; inoltre, la redditività dei servizi
aggiuntivi non è del tutto comprovata.
Negli ultimi anni, la disciplina dei servizi aggiuntivi è stata oggetto di
forti critiche, soprattutto per quanto riguarda il regime di proroga
delle concessioni. Alcuni hanno osservato che gli istituti non
dovrebbero sistematicamente procedere ad una esternalizzazione dei
servizi, ma potrebbero svolgere in forma diretta almeno quelli aventi
un carattere più marcatamente culturale.
La criticità del sistema delle concessioni
Le regole esistenti hanno prodotto una progressiva disaffezione delle
imprese private verso il modello delle concessioni: la ridottissima
partecipazione alle gare ne è la testimonianza. La qualità
dell’intervento pubblico in materia di beni culturali è condizione
necessaria per la qualità dell’intervento privato. I servizi per il
pubblico aventi carattere commerciale hanno bisogno di spazi
adeguati e di progetti di investimento mai attuati.
Quanto al problema della organizzazione delle mostre, andrebbe
tenuta distinta la fase di ideazione dalla organizzazione materiale.

La gestione diretta è rimasta ipotesi su carta, per il prolungato blocco


delle assunzioni nel settore pubblico e le carenze di specifiche
professionalità. Il ministero ha dimostrato di essere incapace
nell’assumere un ruolo centrale di committenza: da qui la scelta di
fare ricorso a società in house.

L’accordo Mibact-Consip
L’accordo con Consip Spa ha avuto il duplice obiettivo di assicurare
trasparenza ed efficienza nelle gare per l’affidamento dei servizi e di
recuperare un ruolo centrale dell’amministrazione nella
progettazione culturale e scientifica.

Tra gestione e valorizzazione: l’organizzazione di mostre

Le fasi organizzative dell’organizzazione di mostre


1. Iniziativa ⇒ può essere direttamente dell’ente o istituto, ma
anche di un altro soggetto, accompagnata da uno studio di fattibilità
tecnico-economica
2. Progettazione ⇒ deve prevedere i dettagli dell’allestimento con
le singole voci di costo
3. Approvazione
4. Esecuzione
5. Programmazione ⇒ precede tutta l’attività
E’ necessaria una costante interazione tra le pubbliche
amministrazioni e i privati.
L’organizzazione e la progettazione di mostre sono parte integrante
della promozione dello sviluppo della cultura (art. 9 Cost).
Con la riforma dei musei statali, l’organizzazione di mostre è stata
individuata quale compito fondamentale di queste istituzioni.
Organizzare, e ancor prima progettare mostre, viene così ricondotto
nella ordinaria gestione del museo.

Le autorizzazioni
La decisione sui prestiti delle opere non compete più alle
soprintendenze, ma ai direttori dei musei: essi autorizzano il prestito
dei beni delle collezioni di competenza. Permangono, tuttavia, alcuni
aspetti problematici:
1. PRESTITO DI OPERE ⇒ In Italia spetta all’amministrazione, ma
poi l’opinione pubblica si rivolge sempre al ministro. A volte non
basta nemmeno l’istituzione di una commissione tecnica per risolvere
la questione.
2. CIRCOLAZIONE ⇒ rapporto tra organizzazione di mostre e
disciplina della circolazione: l’Italia non ha una vera e propria
disciplina antiseizure per tutelare i beni che transitano; inoltre, le
procedure per il rilascio di permessi per le uscite temporanee sono
lunghi e non facilitano gli scambi.
3. FORME DI GESTIONE ⇒ altro problema è quello dei modelli
organizzativi: è problematico coordinare la disciplina del Codice con
quella dei servizi pubblici locali non economici.

La dimensione ultrastatale: la gestione dei siti Unesco


Nella lista dei patrimoni Unesco sono inclusi siti culturali, naturali e
misti, per un totale di 1052.
⇒ patrimonio culturale: in base alla convenzione del 1972, include:
- monumenti (opere architettoniche monumentali dal valore
universale eccezionale)
- agglomerati (gruppi di costruzioni isolate o riunite che hanno
valore universale eccezionale)
- siti (opere dell’uomo o dell’uomo e della natura)

Il sistema della convenzione Unesco


E’ stato arricchito da raccomandazioni e linee guida: gli Stati che
candidano i propri siti, devono adattare le proprie amministrazioni
alle esigenze richieste da questo sistema.
⇒ DANGER LIST: esistono dei meccanismi diretti ad assicurare il
rispetto delle norme stabilite dalla Convenzione, che hanno
introdotto anche meccanismi di controllo (es. il name and shame).
Questi meccanismi possono essere attivati anche da ong o comunità
locali.
La cooperazione tra livelli di governo
Il sistema dei siti Unesco ha stabilito nuove forme di cooperazione tra
organizzazioni internazionali, amministrazioni nazionali e altri
soggetti. La procedura per proporre nuove candidature deve
coinvolgere tutti i principali stakeholders.
La gestione dei siti Unesco rappresenta un importante esempio di
influenza sovranazionale sulle amministrazioni nazionali.

Il piano di gestione
L’Italia, non ha ancora sviluppato un modello organizzativo ad hoc
per la gestione dei siti Unesco, anche se sono state previste “misure
speciali di tutela e fruizione dei siti italiani di interesse culturale”.

Il coinvolgimento dei privati e gli strumenti di politica fiscale

La partecipazione dei privati


Le forme di partecipazione dei privati nelle attività di valorizzazione e
gestione possono assumere diverse configurazioni:
1. Beni culturali di proprietà privata ⇒ in questo caso sono
previste due principali categorie di misure:
vi sono gli interventi finalizzati ad acquisire direttamente la proprietà
dei beni; vi sono poi iniziative da parte delle pubbliche
amministrazioni volte ad agevolare il restauro sul patrimonio storico
artistico di proprietà privata
2. Beni di proprietà pubblica ⇒ possono individuarsi tre principali
strumenti:
- servizi aggiuntivi
- erogazioni liberali
- sponsorizzazioni
Le amministrazioni preposte alla gestione dei beni culturali sono da
tempo costrette a ricercare risorse esterne, coinvolgendo anche
soggetti privati: es. Art bonus, sponsorizzazioni, forme di
paternariato.

Il mecenatismo culturale e le agevolazioni fiscali: l’Art bonus


Le erogazioni liberali costituiscono in molti Paesi uno strumento
importante per raccogliere risorse private nelle attività di tutela,
gestione e valorizzazione del patrimonio culturale.
⇒ Legge 512/1982 - provvedimento sul regime fiscale: esenzione da
imposte dirette per gli immobili con destinazione a uso culturale;
oneri deducibili dal reddito complessivo; pagamento dell’imposta di
successione mediante cessione.

La disciplina del Tuir (Testo unico delle imposte sui redditi)


Le disposizioni prevedono agevolazioni fiscali per le persone fisiche e
per gli enti non commerciali, e per le persone giuridiche con riguardo
a: spese sostenute dai soggetti obbligati alla manutenzione,
protezione o restauro dei beni culturali e alle erogazioni liberali in
denaro a favore dello Stato, delle Regioni e degli enti locali
territoriali.
L’art. 100 del Tuir sancisce la deducibilità delle erogazioni liberali in
denaro a favore dello Stato, delle Regioni e degli enti pubblici.

Il 5 per mille
Altra ipotesi è il 5 per mille dell’imposta sui redditi delle persone
fisiche destinata al finanziamento delle attività di tutela, promozione
e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici.
Nel 2016 sono stati stabiliti nuovi criteri di riparto della quota: il
contribuente può indicare direttamente in dichiarazione a quale
istituzione devolvere la quota del suo imponibile, a scelta tra:
1. Mibact
2. istituti del ministero dotati di autonomia speciale
3. enti senza scopo di lucro, legalmente riconosciuti, che realizzino
attività di tutela, promozione o valorizzazione dei beni culturali e
paesaggistici

Art bonus
Nel 2014 (l 31 maggio 2014, n.83) viene introdotto l’Art bonus. E’ un
beneficio fiscale che riconosce a chi effettua una erogazione liberale
un credito di imposta del 65% dell’importo donato.Le fattispecie
dell’art bonus sono tre:
1. erogazioni liberali per interventi di manutenzione, protezione e
restauro dei beni culturali pubblici
2. donazioni per il sostegno di istituti e luoghi della cultura di
appartenenza pubblica (il fatto che la donazione sia per un museo o
fondazione o teatro, consente di applicare l’Art bonus)
3. erogazioni liberali per realizzazione di nuove strutture, restauro
e potenziamento di quelle esistenti
che svolgono la loro attività esclusivamente nello spettacolo
L’Art bonus è riconosciuto sia alle persone fisiche che agli enti non
commerciali nei limiti del 15% del reddito imponibile, e ai soggetti
titolari di reddito d’impresa nei limiti del 5 per mille dei ricavi annui.
L’Art bonus ha portato attenzione sul mecenatismo; sono previsti
obblighi di pubblicità e trasparenza. Dal febbraio 2015 è stato
affidato ad Arcus il compito di dare attuazione all’Art bonus,
agevolando le donazioni e pubblicandone i risultati.
L’Art bonus si applica principalmente al patrimonio culturale pubblico
(di Stato, Regioni, Comuni e enti pubblici). Le ragioni che hanno
portato all’introduzione dell’Art bonus sono diverse:
1. lo Stato ha voluto invertire la tendenza degli ultimi decenni: con
l’Art bonus finalmente un’importante agevolazione fiscale diviene
parte integrante delle politiche culturali
2. per colmare un ritardo della legislazione italiana nel regolare il
rapporto tra pubblico e privato
3. l’Art bonus riconosce il patrimonio culturale non solo come
insieme di cose e oggetti, ma anche come
patrimonio di soggetti (istituti, musei, biblioteche…)
4. favorisce la tutela e la valorizzazione del patrimonio pubblico:
induce la parte pubblica a cercare mecenati e scegliere quale
interventi promuovere; inoltre, aumentando gli interventi di restauro
e recupero, aumentano anche i lavori e l’impatto economico
complessivo è positivo.
Il decreto legge 17 ottobre 2016 ha introdotto l’Art bonus anche per il
restauro di beni culturali privati i beni culturali di interesse religioso.
Le sponsorizzazioni
Sponsorizzazione = contratto sinallagmatico in cui all’obbligazione
dello sponsor di versare una determinata somma / prestare un
servizio, corrisponde l’impegno del soggetto sponsorizzato (sponsee)
di attenersi a un facere prestabilito che consente chiunque di
associare il risultato ottenuto all’immagine dello sponsor.

La disciplina del Codice dei beni culturali e del paesaggio (art. 120)
E’ sponsorizzazione di beni culturali ogni contributi, anche in beni o
servizi, erogato per la progettazione o l’attuazione di iniziative in
ordine alla tutela ovvero alla valorizzazione del patrimonio culturale,
con lo scopo di promuovere il nome/marchio/immagine/prodotto
dell’attività o soggetto erogante.
La verifica della compatibilità delle iniziative con le esigenze della
tutela è effettuata dal ministero.

La disciplina del codice dei contratti pubblici (art. 19 e 151)


Sotto il profilo procedurale, la disciplina delle sponsorizzazioni è oggi
dettata dagli art. 19 e 151 del codice dei contratti pubblici. La
procedura consiste nell’obbligo di pubblicare l’offerta di
sponsorizzazione per 30 giorni sul sito dell’amministrazione, con la
conseguente possibilità che il contratto possa essere liberamente
negoziato. L’amministrazione preposta alla tutela dei beni culturali
impartisce opportune prescrizioni in ordine alla progettazione,
esecuzione delle opere e forniture alla direzione dei lavori e collaudo
degli stessi.
La pubblicazione dell’offerta consiste in un avviso pubblico, con cui si
rende nota la proposta di sponsorizzazione. L’avviso ha una finalità
informativa di pubblicità-trasparenza e non di bando di gara.

Gli accordi e le forme di paternariato: cenni e rinvio


La soluzione dell’accordo di coinvolgimento dei privati rappresenta lo
strumento più semplice.

Le fondazioni bancarie (art. 121 Cod)


Il Codice ha previsto una specifica disposizione in base alla quale il
ministero, le Regioni e gli altri enti pubblici possono stipulare
protocolli di intesa con le fondazioni conferenti di cui alle disposizioni
in materia di ristrutturazione e disciplina del gruppo creditizio.

Le forme di paternariato (art. 151 - codice contratti pubblici)


Ha finalità peculiari, relative al miglioramento della fruizione del
patrimonio culturale e della ricerca scientifica, con attività dirette al
recupero, al restauro, alla manutenzione programmata, alla gestione,
alla pubblica fruizione e alla valorizzazione di beni culturali immobili.
La scelta del soggetto privato con cui costituire il paternariato non è
soggetta a formale procedura a evidenza pubblica, ma può realizzarsi
mediante le stesse modalità previste per la sponsorizzazione.
Alla base di questa disposizione vi è stata la necessità di offrire un
fondamento legislativo a una prassi diffusa di cooperazione tra
pubblico e privato ⇒ art. 151.

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