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ISTITUTO ITALIANO ANTONIO VIVALDI


DELLA FONDAZIONE GIORGIO CINI VENEZIA

DIPARTIMENTO DI STORIA DELLE ARTI


E CONSERVAZIONE DEI BENI ARTISTICI
«GIUSEPPE MAZZARIOL»
DELLA UNIVERSITÀ DI VENEZIA

PIETRO METASTASIO - JOHANN ADOLF HASSE

DEMETRIO

Partitura in facsimile
Edizione del libretto
a cura di Reinhard Strohm e Francesca Menchelli-Buttini
Saggi introduttivi
di Reinhard Strohm e di Francesca Menchelli-Buttini

RICORDI
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Sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica Italiana

La collana è diretta da
Giovanni Morelli
Reinhard Strohm
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via Liguria, 4 - frazione Sesto Ulteriano, 20098 San Giuliano Milanese (MI)

NR 140484
ISMN 979-0-041-40484-4
ISBN 978-88-7592-961-9
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Francesca Menchelli-Buttini
ASPETTI DELLE OPERE VENEZIANE DI HASSE
(1730-1736)
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bianca
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Negli anni Trenta del Settecento la presenza in Laguna di Johann Adolf Hasse si settecentesca delle teorie sul teatro, in quanto l’azione principale consiste nello
protrae per lunghi soggiorni.1 Il suo nome si associa al Teatro S. Giovanni Griso- svelamento di un fatto, di un segreto, quello di Artabano che lascia incolpare del
stomo e ai titoli metastasiani Artaserse (1730), Demetrio (1732), Alessandro nell’In- proprio delitto un figlio innocente. La confessione conclusiva cambia ad un tem-
die (1736), Viriate (1739, da Siface, 1723), gli ultimi due aggiustati forse da Do- po le relazioni fra i personaggi, ma in maniera imprevista solo per Artaserse,
menico Lalli, mentre parrebbero attribuibili a Giovanni Boldini gli accomodi Mandane e Semira, essendo Artabano e Arbace subito noti a sé stessi. Ciò che per
dell’Artaserse e del Demetrio; al Teatro S. Samuele fanno invece riferimento Dalisa i personaggi rimane oscuro è invece noto allo spettatore, che così viene messo in
(1730), da Nicolò Minato, di cui manca ad oggi una partitura completa, ed Euri- uno stato costante di tensione lungo tutto il dramma, di contro all’ipotesi di pri-
steo (1732), da un dramma viennese di Apostolo Zeno (1724) rivisto probabil- vilegiare il fattore sorpresa tramite l’enfatizzazione dell’unico istante del rovescia-
mente ancora da Lalli.2 Solo le produzioni “metastasiane” contano riprese a Vene- mento. Il progetto di Metastasio è dunque attento a rilevare unitariamente il con-
zia: presso lo stesso teatro furono riesumati Artaserse (1734), per porre riparo flitto padre-figlio, che nell’intreccio detiene una preminenza assicurata dalle scene
all’insuccesso della Merope di Geminiano Giacomelli,3 in una versione più fedele a di chiusura dei primi due atti, dove si tratta di decidere la colpa e la pena di Ar-
Metastasio almeno sul piano dell’intreccio, e Alessandro nell’Indie (1738), di cui bace, secondo i punti di vista speculari dell’innocente oppresso e del vile tradito-
restano sei arie sotto il titolo «Arie della nova Aggiunta dell’Opera Del Sig: Gio: re. Gli ostacoli interiori o le spinte emotive negli altri personaggi restano episodi-
Hasse. Dal Teatro In S: Gio: Grisostomo 1738»; il Demetrio riapparve al Teatro ci, per non distogliere troppo l’interesse dal nucleo centrale, ma proprio questi
S. Cassiano (1737) con molte arie sostituite dalla Clemenza di Tito, più probabil- tratti o spunti, quasi solo accennati, sono talvolta suscettibili di sviluppo in vista
mente di Hasse (Pesaro, 1735) ovvero di Leonardo Leo (Venezia, 1735).4 Di con- di nuovi equilibri nelle partiture successive alla prima.
tro alle citate intonazioni espressamente composte per Venezia, il Cajo Fabricio di Come è noto, il testo dell’Artaserse di Metastasio era andato in scena quasi in
Hasse in scena al Teatro S. Angelo nel 1735 costituisce l’unico lavoro d’importa- contemporanea al Teatro delle Dame e al Teatro di S. Giovanni Grisostomo, colle
zione, avendo avuto luogo la première a Roma nel 1732, su testo di Zeno (1729) musiche di Leonardo Vinci a Roma e di Johann Adolf Hasse a Venezia.8 Ad essi,
accomodato da Niccolò Coluzzi; le numerose arie cambiate non lasciano supporre separatamente o insieme, i libretti a stampa ascrivono per più di un decennio
un coinvolgimento del Sassone nella revisione veneziana.5 molte delle riprese successive, ma l’influenza del Sassone sembrerebbe diffondersi
Nel corso delle pagine seguenti si porrà quindi attenzione soprattutto ad Artaserse in una misura talmente ampia da inaugurare, nelle due principali sequenze sceni-
e ad Alessandro nell’Indie, poiché a Demetrio – oggetto di questa pubblicazione – è che del primo e del secondo atto, una tradizione addirittura concorrenziale rispet-
dedicato un apposito ed esaustivo commento; elementi utili emergeranno dal con- to a quella metastasiana, e prevalente fin oltre la metà del Settecento nelle aree
fronto con soluzioni compositive parallele o contrarie tratte dai melodrammi di italiane del centro-nord.9 Si tratta soprattutto del capovolgimento delle entrate
Hasse cronologicamente vicini.6 Si premettono alcune considerazioni sulle coordi- del primo uomo e della prima donna in fine del primo atto, mantenendosi spesso
nate principali degli intrecci, sulle fonti e sugli accomodi, prima di illustrare – al- il testo (all’inizio forse anche la musica) di Se al labbro mio non credi, donde il
la luce delle tecniche che il compositore adotta negli anni Trenta del Settecento – punto parzialmente correlato dell’inversione delle entrate del primo e del secondo
i rapporti e le alternative possibili fra musica, parole e gesto negli snodi dramma- uomo all’inizio del terzo atto, per risarcire il primo uomo del monologo perduto
tici e musicali più importanti, affidati a celebri interpreti quali nel 1730 France- in chiusura dell’atto iniziale. A questo riordino si affianca la nuova scena d’ombra
sca Cuzzoni (Mandane), Carlo Broschi detto Farinello (Arbace) e Nicolino Gri- di Artabano a sigillo del secondo atto, Eccomi alfine – Pallido il sole: indipenden-
maldi (Artabano), nel 1732 Faustina Bordoni Hasse (Cleonice) e Antonio Bernac- temente dal registro vocale dell’interprete (tenore o soprano), essa viene spesso ri-
chi (Alceste), nel 1736 Vittoria Tesi Tramontini (Cleofide), Castoro Antonio Ca- presa del tutto identica, talvolta con l’aria mutata o con l’aria originaria di Meta-
storini (Poro) e Angelo Amorevoli (Alessandro). stasio, Così stupisce e cade, mentre di rado Pallido il sole rimpiazza l’aria di III.4
Il soggetto di Artaserse discende come per solito da fonti di matrice classica, nelle Figlio, se più non vivi; dalla “scena” trae inoltre ispirazione un considerevole nu-
quali si narra che il generale Artabano, ucciso il re Serse, riesce a gettare la colpa mero di testi sostitutivi di uguale segno.
sul principe Dario, ottenendone la condanna a morte da parte del fratello Arta- L’Alessandro nell’Indie attinge a una vicenda storica prestabilita nelle linee princi-
serse, per essere infine tradito dai suoi stessi complici e giustiziato.7 Lo «scopri- pali, nota al pubblico settecentesco tramite le fonti classiche e alcune versioni
mento» del complotto di Artabano diviene l’azione principale del libretto di Me- drammatiche più recenti. In particolare, Metastasio ha presenti la tragicommedia
tastasio: Artaserse è dunque un “dramma di conoscenza” secondo l’accezione sei- di Claude Boyer Porus, ou la générosité d’Alexandre (1647), la tragedia di Jean Ra-

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cine Alexandre le Grand (1665) e il libretto di Domenico David L’amante eroe colomba; occupa la posizione di altrettanto rilievo sulle soglie dell’ultima mutazio-
(1691), finendo come sempre per ricombinare gli avvenimenti in base a nuovi ne dell’opera, con il monologo Secondate, o gran numi – Perder l’amato bene. La
equilibri e per reinterpretare i caratteri e l’intreccio.10 L’azione principale consiste messa in musica veneziana del 1736, quasi interamente nuova, ripristina la se-
nella generosità di Alessandro, cui contribuisce la facile vittoria – non tormentata quenza originaria degli avvenimenti insieme con diversi testi di arie; ciononostan-
da dubbi e incertezze – sulla parzialità per la regina indiana Cleofide;11 non v’è te, alcuni “numeri” sono tolti, fra cui tre del solo Poro, Vedrai con tuo periglio
traccia di rivalsa in amore da parte del grande condottiero, e quindi il conflitto (I.2), Destrier che all’armi usato (II.10), Risveglia lo sdegno (III.1),15 tutti connessi
tra Cleofide e Poro scaturisce in realtà da un disagio tutto interno all’eroe: la ge- con l’azione “politica” del protagonista quale opponente di Alessandro: si rafforza
losia diviene la sua ragion d’essere, oltre che funzionare da vero motore del dram- così in Poro l’aspetto della gelosia amorosa, si riequilibrano i punti di forza delle
ma e da parola-chiave sia nei rimproveri degli altri personaggi a Poro sia come sua due prime parti (Cleofide e Poro) e si riduce un poco il peso delle seconde (Ales-
confessione.12 L’espediente deriva probabilmente dal Porus di Boyer, poiché il per- sandro ed Erissena), risultati – gli ultimi due – ricercati dal poeta cesareo medesi-
sonaggio di Racine sperimenta una più nobile gelosia di gloria e il desiderio di mo nell’approntare la revisione del dramma per la corte di Madrid, su invito
emulazione, scevro di sospetti nei confronti dell’amata Axiane («Avant qu’il me dell’amico “gemello” Carlo Broschi Farinelli.16 Una simile coincidenza riguarda al-
cherchât, un orgueil inquiet / M’avait déjà rendu son ennemi secret. / Dans le cuni fra i numerosi tagli al recitativo, forse sintomatici di una certa debolezza dei
noble transport de cette jalousie, / Je le trouvais trop lent à traverser l’Asie», I.2, passi omessi oppure di un mero sacrificio all’esigenza sempre maggiore di conci-
vv. 239-242).13 Questa superiore adeguatezza di Porus a opporsi ad Alexandre po- sione: si tratta dell’invettiva “politica” di Poro contro le conquiste di Alessandro
ne la necessità di evitare sino all’ultima scena l’incontro fra i due protagonisti, da (I.2), dell’informativa sull’offesa che a suo tempo Alessandro inflisse al padre di
cui potrebbe conseguire lo scioglimento con l’inevitabile liberazione del re sconfit- Timagene (I.5), della descrizione del piano di guerra degli Indiani contro i Mace-
to: così Porus appare nei primi due atti, Alexandre nel terzo e nel quarto. In II.13 doni (II.1) e del colloquio chiarificatore fra Alessandro e Timagene (III.6).
del libretto di Metastasio, ad esempio, Alessandro concede la grazia a Poro (in ve- Passiamo ora alle partiture. In queste opere veneziane di Hasse, come di regola, la
ro Gandarte travestito) dopo averne ammirato la virtù. Le difficoltà dal punto di sinfonia costituisce una zona di rispetto delle convenzioni, avente funzione, non
vista drammatico sono dunque superate mediante il ricorso a uno scambio di tanto compiutamente descrittiva quanto formale, di contrassegnare l’inizio del
identità, uno stratagemma già in uso nel modello dell’Amante eroe, ma inappro- dramma. Sono quasi scontati gli aspetti della tonalità e del colore orchestrale, li-
priato per il più fiero alter ego raciniano: come Asbite, Poro può comparire dinan- mitati al solo Re maggiore e all’impiego dei fiati (corni e oboi) per cominciare e
zi al nemico, ma diversamente che nel dramma di David egli è subito riconosciu- concludere. L’impianto accoglie lo schema in tre parti veloce-lento-veloce, con la
to da Cleofide. Si rinunzia quindi all’occasione di una patetica e sorprendente lieve differenza, in Euristeo, di un primo movimento in forma di ouverture, artico-
scena di riconoscimento, a vantaggio dell’opportunità di disegnare un confronto lato cioè in un’introduzione lenta e staccata in ¢ (dai consueti ritmi puntati e ra-
“paritario” tra gli amanti e di distinguere il livello d’informazione solo rispetto pide figurazioni ascendenti) e un ampio Allegro assai in 3/8, cui seguono sei bat-
all’antagonista Alessandro (e al macedone Timagene), con conseguenze ingegnose tute Grave e staccato in ¢ quale breve transizione al finale, Allegro in 3/8. I mo-
sul piano dei significati verbali (oltre che del racconto), qualcosa di simile alla po- vimenti d’esordio presentano e trasformano il materiale principale alla tonica, poi
sizione di Arbace e di Artabano in Artaserse, sebbene il conflitto fra gli amanti di- alla dominante, quindi di nuovo, circolarmente, alla tonica; si tratta di figurazioni
penda qui dalla gelosia di Poro, mentre quello fra padre e figlio – più tragicamen- vigorose, che nell’Artaserse e nel Demetrio utilizzano come per solito l’accordo
te – dal tradimento, dalla viltà del padre. spezzato di tonica, ma solo in Demetrio l’effetto è quello perentorio di un taglio
Come è noto, Hasse intonò il testo di Alessandro la prima volta nel 1731 per un netto in battere, pur in presenza dello spostamento d’accento nel sincopato dei
allestimento a Dresda, una sorta di «pasticcio di opere proprie»14 contenente molti violini (e oboi unisoni), poiché in Artaserse e in Alessandro vale invece l’impulso
testi sostituiti o parodiati (dal poeta Michelangelo Boccardi) da adattare a musica della quarta ascendente in levare.
preesistente, “italiana”, del Sassone; il titolo cambiato di Cleofide calza con il mu- Nella sinfonia di Artaserse, le due ultime battute del primo movimento scolorano
tamento della gerarchia dei ruoli a favore dell’eroina, interpretata dalla moglie di d’improvviso alla tonica minore prima di infrangersi su di un accordo di settima
Hasse, Faustina Bordoni, esordiente alla corte tedesca: Cleofide appare già nella diminuita nell’ambito di La minore; due accordi e le pause che li separano costi-
prima scena, e vi canta anche l’aria d’entrata, Che sorte crudele; chiude il secondo tuiscono il tramite al vero e proprio esordio della sezione lenta in 3/4. Solo il
atto con l’ampio monologo Qual tempesta d’affetti e qual orrore – Son qual misera tempo centrale della sinfonia del Demetrio utilizza la tonalità omonima (Re) mi-

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nore, ed evidenzia il cambiamento di modo anche attraverso il tipico motto delle Poro
melodie in minore, cioè il salto di settima diminuita discendente dalla sesta natu- Provi con sua sventura
rale alla sensibile, tesa verso l’inevitabile risoluzione sulla tonica. La struttura è Quanto è lieve ingannar chi s’assicura.
quella in due parti ripetute, con modulazione nella prima parte alla relativa (Fa)
maggiore. Qualcosa di simile si osserva nell’Allegretto in 3/8 della sinfonia di Senza procelle ancora
Alessandro, almeno relativamente alla presenza dei segni di ritornello, mentre la Si perde quel nocchiero
tonalità resta il Re maggiore d’impianto; la prima parte termina in Re (sulla do- Che lento in su la prora
minante cadenza la prima frase) e in fine si ripete l’inizio: dunque, una forma bi- Passa dormendo il dì.
naria circolare, che può essere adottata anche nei tempi conclusivi, come l’Allegro
assai in 3/8 della sinfonia di Alessandro o, con qualche complicazione aggiuntiva, Sognava il suo pensiero
di Artaserse. Forse le amiche sponde,
Il passaggio dall’ultimo tempo della sinfonia alla prima scena prevede di solito Ma si trovò fra l’onde
una soluzione di continuità, facilmente percepibile attraverso la diminuzione della Allor che i lumi aprì.
compagine orchestrale ai soli strumenti che realizzano il basso continuo. In vero,
al di là del Coro che celebra l’adventus dell’eroe, talvolta i libretti espongono in Cleofide
apertura eventi in medias res che reclamano inserti strumentali più vigorosi, forse [...] Il più sicuro è sempre
da iscriversi al catalogo della musica di scena non notata, almeno a considerare le Il giudice più tardo,
istruzioni impartite nella didascalia incipitaria dell’Alessandro nell’Indie: «Termina- E s’inganna chi crede al primo sguardo.
ta la sinfonia s’ode strepito d’armi e d’istromenti militari; nell’alzar della tenda
soldati che fuggono» (I.1), del quale «strepito» non v’è traccia nella partitura del Se troppo crede al ciglio
1736. Tuttavia, dopo il consueto minuetto in 3/8 (organico completo), la sinfonia Colui che va per l’onde,
della Cleofide 1731 presenta un Presto in ¢ (soli archi), diviso in due parti di cui Invece del naviglio
solo la prima ripetuta, replicandosi in conclusione «tutto il Minuetto daccapo e Vede partir le sponde,
con che si finisce»: è plausibile che il Presto e la ripresa del Minuetto servano Giura che fugge il lido
come elementi di connessione alla prima scena, a sipario alzato (forse in cor- E pur così non è.
rispondenza della corona posta alla fine della prima parte del Presto).17
Al Re maggiore delle sinfonie avanti l’opera corrisponde il Re maggiore dei Cori Se troppo al ciglio crede,
conclusivi, a chiudere circolarmente – secondo la consuetudine di Hasse (e non Fanciullo al fonte appresso,
solo) – l’impianto tonale complessivo, entro cui le aree armoniche si alternano Scherza con l’ombra e vede
senza percorrere un itinerario consequenziale ed efficiente, pur dandosi la possibi- Moltiplicar sé stesso;
lità di soluzioni strategiche. In Alessandro, Hasse compone in Si bemolle maggiore E semplice deride
entrambe le prime arie del secondo e del terzo atto di Venezia 1736, Senza procel- L’immagine di sé.
le ancora (II.4) e Se troppo crede al ciglio (III.4), che esprimono in parallelo una
comparazione rispetto agli eventuali inganni prodotti dalla troppa sicurezza di sé Nel secondo atto, tolta l’aria di Alessandro fra il duettino di Cleofide-Poro Sommi
o dalle apparenze. I vantaggi della posizione simmetrica in “esordio” vengono poi dèi, se giusti siete e l’aria di Cleofide Digli, ch’io son fedele, muta la serie delle tona-
meglio calcolati anche da Metastasio nella revisione madrilena, che elimina le arie lità rispetto, ad esempio, al piano della Cleofide (1731), come segue: da Re mag-
precedenti Non sarei sì sventurata (II.3, Erissena) e Risveglia lo sdegno (III.1, Poro). giore (Marcia) / Mi maggiore (duettino) / Sol maggiore (Alessandro) / Mi mag-
giore (Cleofide) / Sol maggiore (Timagene), a Re maggiore (Marcia) / Mi mag-
giore (duettino) / Mi bemolle maggiore (Cleofide) / Re maggiore (Timagene).
All’interno di una successione unitaria di sole tonalità con diesis, che per di più

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rileva col medesimo ambito le due professioni di fede del duettino e dell’aria di meno in partitura senza sistematicità. Così, in Alessandro nell’Indie lo «strepito
Cleofide, si insinua una tonalità con bemolli in chiave, forse per ristabilire un princi- d’armi e di strumenti militari» (I.1) forse appartiene al catalogo degli interventi
pio di varietà e per distinguere la situazione di un ingegnoso messaggio d’amore, affi- sintetici della Funktionmusik, non notati da parte del compositore: per solito una
dato a Timagene ma rivolto a Poro presente sotto falso nome. fanfara di poche battute da ripetersi secondo il bisogno, come chiarisce l’indica-
Il modo è quasi invariabilmente quello maggiore, poiché il minore rappresenta un zione del Cambise (1719, II,9) di Alessandro Scarlatti: «Si suona quanto bisogna,
elemento di contrasto di cui servirsi nella parte centrale delle arie, nella forma col tornandosi da capo; lasciandosi dove si vuole, secondo l’occorrenza», mentre in
da capo o dal segno, oltre che un’opportunità di differenziazione da serbare con scena «Si battono ambidue a suono di trombe, Orconte cade ferito a terra, e
estrema cautela per l’impalcatura armonica di pochissimi pezzi. Un esempio si Cambise li toglie la spada».18 Al contrario, l’uso del termine “sinfonia” in II.5
trova nell’ultima aria di Poro, Dov’è? S’affretti (Presto, 2/4, Mi minore) in Alessan- («s’ode sinfonia d’istromenti militari, nel tempo della quale passa il ponte una parte
dro 1736, nella quale culmina la gelosia che domina il protagonista nel corso di de’ soldati Greci [...]») suggerisce probabilmente un impegno strumentale più sostan-
tutto il dramma, mentre in Cleofide 1731 Poro canta in Si bemolle maggiore, la- zioso e preciso, quindi necessariamente notato: Hasse scrive una Marcia in Re mag-
sciando il Fa minore alla successiva aria aggiunta per l’eroina, in posizione quasi giore per l’organico completo, articolata in due parti ripetute di undici più undici
finale, Perder l’amato bene (Lento, C), e in Mi minore è anche la di lei aria inter- battute, con modulazione a metà alla dominante, come di consueto. Poco oltre, nella
posta in I.1 rispetto al libretto originario di Metastasio, Che sorte crudele (Allegret- stessa scena, manca la musica di accompagnamento alla contesa fra Indiani e Mace-
to ma moderatamente, C). Artaserse annovera in Do minore Torna innocente, e poi
doni, cui pure fa cenno lo stringatissimo avviso «Segue il combattimento»; i partico-
(I.13) di Semira e in Sol minore Pensa che l’amor mio (III.1) del principe eponi-
mo, amanti fedeli oltre che sorella e amico di Arbace, cui si rivolgono entrambi lari dell’azione si deducono dalla didascalia del libretto (II.5):
provocandone le successive “risposte”, Se al labbro mio non credi (I.14) e Parto, Entrata Cleofide si vedono uscir con impeto gl’Indiani da’ lati della scena vicino al fiume; questi assalgono i
qual pastorello (III.2), rispettivamente in La e in Re maggiore, così che si susse- Macedoni. Poro, Alessandro. Gandarte con pochi seguaci corre sul mezzo del ponte ad impedire il passo all’eser-
guono per due volte tonalità aventi in chiave un numero pari di bemolli e di die- cito greco. E intanto che siegue la zuffa nel piano, alcuni guastatori vanno diroccando il suddetto ponte. Disviati
sis. Il Do minore di Semira segna una deviazione nella serie di tonalità con diesis li combattenti fra le scene, si vede vacillare e poi cadere parte del ponte. Quei Macedoni che combattevano su
che contraddistingue l’ultima mutazione del primo atto, colloca in aree armoni- l’altra, si ritirano intimoriti dalla caduta, e Gandarte rimane con alcuni de’ suoi compagni in cima alle ruine.
che distanti i rimproveri, ad Arbace, della giovane e di Artabano (Non ti son padre
in Re) e realizza un contrasto rispetto alla successiva coppia di arie di Arbace (Se Una marcia accompagna anche lo sbarco di Cleofide in I.13, benché la didascalia
al labbro mio non credi in La) e di Mandane (Che pena al mio core in Re), stretta- – sia nel 1736 sia nel dramma di Metastasio – non contenga riferimenti “musica-
mente connesse e isolate in parte dal resto. L’explicit del secondo atto rileva invece li”, poi introdotti («Nel tempo d’una breve sinfonia ecc.») nella revisione madrile-
il culmine del monologo di Artabano, Pallido il sole (II.15), in Mi bemolle mag- na (di cui si è detto).19 La compagine orchestrale comprende i fiati, la tonalità è
giore, lontano rispetto al Mi maggiore e al Re maggiore precedenti, di Per questo Fa maggiore e si contano trentuno battute prive di suddivisioni e di segni di ri-
dolce amplesso (II.11, Arbace) e Va tra le selve ircane (II.12, Mandane), indirizzate tornello. L’unica Sinfonia interna al Demetrio, in Re maggiore, comprende due
ad Artabano. Un’altra tonalità con bemolli, Fa maggiore, è assegnata all’aria di Ar- parti ripetute di otto più nove battute, la prima chiusa sulla dominante, la secon-
tabano di III.4, Figlio, se più non vivi, che condivide con II.15 il repertorio d’om- da aperta in ambito minore: si deve dar tempo al corteo reale di arrivare e di
bra e la posizione a sigillo di un monologo, in cui il vilain – solo in scena – può prendere posto in scena (I.7), dopo di che «si ripete la soprascritta sinfonia» al
mostrare un lato privato e “vero”. Artabano adopera invece tonalità con diesis nel- momento dello sbarco di Alceste (in I.8). Così recitano le didascalie nel libretto,
le arie che esegue alla presenza di altri personaggi, rappresentative della propria at- che lasciano alla prassi di definire l’apporto del compositore:
tività ingannevole di traditore, esercitando una malfondata autorità di padre su
Arbace e su Semira: si tratta di Non ti son padre (I.12) in Re e Amalo, e se al tuo [I.7] Luogo magnifico con trono da un lato. Sedili in faccia al suddetto trono per li grandi del regno. Vista
sguardo in La (II.4). in prospetto del gran porto di Seleucia con molo e navi illuminate per solennizzare l’elezione del nuovo re.
A parte la sinfonia avanti l’opera, l’ingresso strumentale assoluto viene circoscritto Cleonice preceduta dai grandi del regno, seguita da Fenicio e da Olinto. Guardie e popolo.
ai ritornelli delle arie e ai pochi interventi di una musica di scena – generico stre-
pito, sbarchi, marce ecc. – semplicemente innescata dalle circostanze e presente o [I.8] Fenicio e Mitrane vanno ad incontrar Alceste, che in picciola barca si vede approdare, e l’abbracciano.

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Nelle arie, gli strumenti annunciano «la parte» con l’anticipo delle figurazioni recitativo semplice fra Artaserse e Arbace, legandosi tale modifica al progetto di
principali e/o più idonee di quella, oppure con altri motivi compatibili. L’assenza ridefinire l’inizio del terzo atto in vista del nuovo monologo di Arbace, solo in
del ritornello costituisce un espediente dispensato con accortezza, rispetto al quale scena, Ch’io parta? E in faccia al mondo – Parto qual pastorello, rilevato dall’accom-
le prerogative del testo sono condizione necessaria ma talvolta non sufficiente. pagnamento di un’orchestra di archi e continuo. Queste opere veneziane di Hasse
Così, Non ti son padre (Artaserse, I.12, Artabano), Torna innocente, e poi (Artaserse, tendono infatti a corredare del sostegno degli strumenti i discorsi dei protagonisti
I.13, Semira), Dice che t’è fedele (Demetrio, II.4, Mitrane) e Compagni nell’amore in circostanze interiori climatiche, come in Alessandro le sole battute di Cleofide
(Alessandro nell’Indie, I.10, Erissena) si iscrivono al catalogo delle arie che seguono alla notizia della presunta morte di Poro (A che fuggir? ecc., II.14) e in Demetrio il
una battuta di recitativo di altro personaggio, sintomatiche di una maggiore ur- solo chiarimento fra Alceste e Cleonice (Quest’atto illustre ecc., II.10), cui si ag-
genza, le ultime due in risposta a una domanda; altri casi, tuttavia, adempiono a giungono – peculiarità di Artaserse – i grandi soliloqui a fine d’atto di Mandane
questa stessa regola e potrebbero dunque adattarsi a un’intonazione senza ritornel- (Arbace, Arbace... ah! se veder potessi ecc.) e di Artabano (Eccomi al fine in libertà
lo iniziale, specie nell’Artaserse, in cui il numero cospicuo di questa tipologia di- ecc.), sostitutivi – già si è visto – rispetto ai libretti originari di Metastasio (come
pende forse dalla rappresentazione di conflitti particolarmente aspri fra (e dentro) per altro la citata III.2).
i personaggi, come mostra inoltre la generale rilevanza negli incipit dei destinatari Le riletture finora proposte riguardo alle coordinate degli intrecci e alle caratteristiche
e/o dei deittici: Conservati fedele (I.1, Mandane), Per pietà, bell’idol mio (I.5, Arta- generali delle partiture ci introducono adesso al profilo delle alternative possibili fra
serse), Se al labbro mio non credi (I.14, Arbace), Lascia cadermi in volto (II.2, Ar- musica, parole e gesto negli snodi drammatici e musicali più importanti, alla luce –
bace), Per questo dolce amplesso (II.11, Arbace) e Spiega i lini, abbandona la sponda si è detto – delle tecniche che il compositore adotta negli anni Trenta del Settecento.
(III.3, Megabise). Il calcolo che somministra la risorsa a favore delle due arie di Come mostrano i grandi monologhi sostitutivi dotati di un accompagnamento stru-
I.12 e di I.13 esalta dunque la catena di avvenimenti in prossimità della fine del mentale, nella partitura di Artaserse entrambi i “finali” intermedi finiscono per am-
primo atto, seppure in I.14 e I.15 subentrino accomodi non certo trascurabili ri- plificare l’impatto del dramma originario in funzione dell’udito e della vista, della
spetto alla soluzione originaria (vedi infra). performance vocale e scenica degli attori. Eppure, nella drammaturgia metastasiana,
Al metodo di risparmio dei mezzi tecnici, si iscrive soprattutto la raccomandazio- proprio questi luoghi perfettamente orditi ben si prestano a confutare la diffusa teo-
ne di non «ridurre troppo famigliare» l’«ornamento» del recitativo obbligato,20 cui ria del dualismo rigoroso e schematico fra recitativo e aria, quali poli opposti di
sono riconosciute le qualità per contraddistinguere i momenti più bisognosi d’ef- azione e di liricità: salve le diverse prerogative della forma poetica e musicale, il can-
fetto, nei confini tuttavia di un impianto operistico garante dell’esattezza e della to delle arie diventa fonte di esaltazione del pathos che asseconda il precipitare degli
razionalità della parola. Il recitativo strumentale si presta ad eleggere situazioni o eventi, e l’impeto di certi versi in recitativo spesso pervade le strofe.22
scenari emblematici, come il sonno che pone il personaggio alla mercè dell’odio Cominciamo più brevemente dal secondo atto. In Metastasio, Artaserse deve esse-
altrui o al servizio involontario della verità, in III.1-2 (lunghissimo) di Gerone ti- re arbitro fra Semira e Mandane, che in II.9 danno forma esteriore al conflitto in-
ranno di Siracusa o in II.1 di Tigrane, rappresentati a Napoli con musica di Hasse timo di «amico e figlio», all’istanza fra «clemenza e rigore», mentre l’impossibilità
rispettivamente nel 1727 e nel 1729, oppure l’esordio di Tigrane rinchiuso nelle di dirimere il dilemma viene sancita in II.10 dalla decisione d’investire Artabano
«Stanze del palazzo reale»: qui il riferimento al luogo, «Mura felici un tempo / E dell’autorità di giudice. La costruzione sintattica di II.9 per antitesi disposte in or-
glorioso mio dolce soggiorno» (II.8), sottolinea la pena di un cambiamento sfor- dine simmetrico e/o chiastico, esaltata dalla replica a guisa di cornice del verso
tunato (con effetto più allusivo, simbolico rispetto al parallelo di Artaserse in pri- «[Semira] Artaserse, pietà. [Mandane] Signor, vendetta», ritorna nel dialogo di
gione, «Marmi che mi chiudete, / Ferri che mi stringete», II.5, nel modello origi- II.14 fra Artaserse e Artabano, nei quali si incarna ancora il dissidio fra magnani-
nario di Francesco Silvani, musica di Marcantonio Ziani, La virtù trionfante mità e intransigenza, mentre la foggia unitaria delle restanti scene si intesse sulle
dell’amore e dell’odio, Venezia, 1691). Simili suggestioni mancano in Artaserse, De- reminiscenze verbali, come per esempio la ripetizione nel mezzo di II.11 dei versi
metrio e Alessandro nell’Indie, fatta salva nel primo di essi l’opportunità dell’aria conclusivi di Artabano e Mandane in II.10. Le arie di paragone di Mandane e di
demarcativa in testa alla mutazione che rappresenta la «Parte interna della fortez- Semira, rivolte rispettivamente ad Artabano e ad Artaserse, attingono in maniera
za, nella quale è ritenuto prigione Arbace» (III.1), mentre si ascolta Perché tarda è analoga al campo semantico dell’inumanità, della ferocia (sebbene la presenza
mai la morte?, una delle rare arie di uscita nel corpus metastasiano.21 Il testo tut- marcata dei deittici slitti fra le due strofe), e sono seguite da Non conosco in tal
tavia cade nella revisione veneziana, e in partitura III.1 comincia col dialogo in momento di Artaserse, contenente un confronto tra il principe e Artabano, cui ap-

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punto spetta la reazione conclusiva. Tolte in Hasse le arie “intermedie” di Semira («Non ti son padre / Non mi sei figlio»). La ricerca di un sottile equilibrio fra
e di Artaserse, dal punto di vista dell’impegno vocale rimane la sola “coppia” elementi di simmetria e di variabilità annovera quindi l’anafora musicale fra b. 1
Mandane-Artabano, forse sull’abbrivo delle battute che nel libretto originario e b. 4, con ripresa intensificata un tono sopra, e la ripetizione dell’intero verso
(II.10-11) già garantiscono particolare rilievo a questi personaggi: la partitura am- «pietà non sento» sul medesimo disegno al grado superiore, mentre una rottura
plifica quindi le loro ragioni in due grandi arie, equivalenti almeno dal punto di dello schema “ternario” di quattro volte tre battute avviene al verso conclusivo
vista delle dimensioni e del particolare colore dell’accompagnamento, visto che mediante la replica. Nella seconda sezione di canto la versatilità ritmica risalta at-
per l’unica volta nell’opera vengono adoperati ora i corni, ora i sordini. traverso l’accoppiamento dei primi due versi in una linea ininterrotta, così che si
La seconda mutazione del primo atto di Metastasio comincia col raccogliere pro- serba l’interrelazione fra voce e strumenti per la terza ripresa del testo, sull’aggiun-
gressivamente in scena personaggi e coups de théâtre. Dopo I.11 esce Arbace salu- ta del monosillabo «no», quasi all’orchestra e al gesto spettasse di esprimere «negli
tato dall’esplodere di una serie di rapide battute che chiarisce i rapporti in gioco, intervalli della voce ciò che tace il cantante».23
la sorpresa e l’ansietà dinanzi alla notizia della sua colpevolezza, «L’amico! – Il fi-
glio! – Il mio german! – L’amante», corrispondenti alla disposizione delle successi- Es. mus. 1
ve partenze dei personaggi, Artaserse, Artabano, Semira e Mandane, ciascuno con Johann Adolf Hasse, Artaserse, I.12, Non ti son padre
I-Vnm, Cod. It. IV, 481 (=10005), cc. 50v-51r. 24
un’aria. Le circostanze negative che queste arie e i relativi recitativi sviluppano –
l’allontanamento di Arbace dalla cerchia degli affetti familiari, il rifiuto di pietà
da parte dell’amico e re, del padre, della sorella e dell’amata – obbediscono a un
progetto di graduale intensificazione, conferendo sostanza alla reazione disperata
nel monologo di I.15. Così l’ultimo verso del recitativo di Arbace in I.12, «Senta
pietà del figlio il padre almeno», provoca la prima strofa dell’aria di Artabano:
«Non ti son padre, / Non mi sei figlio; / Pietà non sento / D’un traditor» (con le
parole chiave «pietà [...] figlio [...] padre» replicate in ordine chiastico e in posizione
marcata, a rovesciare gli argomenti dell’interlocutore), mentre l’accoppiamento in ri-
ma, seppure in senso oppositivo, dei termini «traditor» e «genitor» sembrerebbe un
segnale ad effetto per l’ascoltatore. In parallelo, la battuta di Arbace precedente l’aria
di I.13, «M’ascolti, mi compianga almen Semira», offre le due voci verbali “ascolta-
re” e “compiangere” alle due terzine della fanciulla.
Sulle prime la revisione veneziana pare addirittura accelerare il passo verso la
chiusa disperata dell’eroe mediante il taglio dell’aria di Artaserse e l’intonazione
dei brani di Artabano e di Semira come arie di medie dimensioni prive di ritor-
nello iniziale. Sennonché, la meta diventa l’inversione delle due partenze di Man-
dane e di Arbace, quest’ultimo con una tenera preghiera all’amata, davvero sor-
prendente se si considera che nella caratterizzazione originaria l’innamoramento è La prevalenza dell’articolazione in tre battute di Non ti son padre condiziona forse
stato d’animo da mostrarsi quasi esclusivamente nelle “cornici” della scena d’aper- in parte la scelta di far collimare i settenari lunghi di Torna innocente, e poi, in
tura e di quella avanti l’ultima mutazione. tempo ternario, con un sistema di quattro battute per verso in luogo delle più
Nella musica di Non ti son padre, le parole chiave «padre», «figlio», «pietà», «non» consuete tre battute, attraverso l’allargamento enfatico di ciascuna nota iniziale
sono messe in evidenza attraverso un allargamento del valore di durata, che dilata (ascoltandosi il modello di base all’esordio della parte B dell’aria). Il dato eccentri-
la misura della frase dal più consueto modello di due misure a uno in tre; un al- co si trova nella composizione del primo verso, in cui – di contro alla sinafele del
tro fattore di mutevolezza ritmica è il cambio di battuta sul terzo verso, in corri- testo – le pause staccano l’esortazione incipitaria, resa inoltre da uno scarno profi-
spondenza dello spostamento d’accento metrico dalla prima alla seconda sillaba, lo melodico, e dall’enfasi di un’esecuzione all’unisono, quasi a voler assumere la
«pietà», che segna una svolta ancor più decisa alla luce dell’anafora precedente lapidarietà di un dito puntato contro il povero Arbace.

LXVIII
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Es. mus. 2 senza marcata del destinatario e, spesso, rafforza il contenuto persuasivo del testo,
Johann Adolf Hasse, Artaserse, I.13, Torna innocente, e poi anche in relazione all’uso di voci verbali imperative, per corrispondere a un pro-
I-Vnm, Cod. It. IV, 481 (=10005), cc. 53v e 55r.
babile gesto d’indicazione:26 qualcosa di simile si osserva all’interno del da capo in
Amalo, e se al suo sguardo (con l’eco rafforzativa dei primi violini) e nella posizio-
ne più rilevante dell’esordio, interpretato musicalmente con la dialefe.
Es. mus. 3
Johann Adolf Hasse, Artaserse, II.4, Amalo, e se al suo sguardo
I-Vnm, Cod. It. IV, 481 (=10005), c. 78.

Per altro in Hasse, a questa altezza cronologica, il settenario lungo in tre battute,
in tempo ternario, è assolutamente preminente, in relazione a varie tipologie di
testo, incluse le arie di paragone e di tempesta. Di solito si realizza un sistema re-
golare in tre invece che in due o in quattro battute, ove il numero pari può com-
parire a sorpresa in prossimità della fine di ciascuna sezione di canto, per via della
fioritura o dell’iterazione verbale, come ad esempio in Lascia cadermi in volto (Ar-
taserse, II.2), Ogni procella infida (Demetrio, I.5), Non fidi al mar che freme (De-
metrio, II.8[10]), Se troppo crede al ciglio (Alessandro nell’Indie, III.4), Finché ri-
mango in vita (Alessandro nell’Indie, III.7), Se spunta amica stella (Tigrane, I.11);
oppure il tipo di settenario in tre battute viene accostato a una sua variante in
quattro battute (ottenuta per lo più tramite la dilatazione iniziale), come ad esem-
pio in O su gl’estivi ardori (Alessandro nell’Indie, I.5) o nella parte centrale di Se
amore a questo petto (Alessandro nell’Indie, I.14[15]) e Digli ch’io son fedele (Alessan- Torniamo all’intreccio drammatico musicale dell’Artaserse. Il monologo aggiunto
dro nell’Indie, II.9). Meno di frequente si manifesta una più consistente libertà rit- per Mandane, Arbace, Arbace! Ah, se veder potessi – Che pena al mio core, adombra
mica,25 riscontrabile non solo nel numero affatto cangiante di battute, ma ancora un tema, quello di Chimène nel Cid (1637) di Pierre Corneille, “una donna
nella varietà delle figurazioni e nell’incastro fra voce e strumenti, come ad esem- amante dell’assassino del padre”,27 che in Metastasio rimane sullo sfondo, forse a
pio in Amalo, e se al tuo sguardo (Artaserse, II.4), Non so frenare il pianto (Deme- causa del suo intrinseco vigore, difficilmente riducibile a movente secondario: il
trio, II.10[12]), nella parte centrale di Se viver non poss’io (Alessandro nell’Indie, nuovo assetto della fine d’atto determina tuttavia un rovesciamento efficace rispet-
II.15) e in Di questo cor fedele (Tigrane, I.6), oppure in situazioni di acuto tor- to ai toni premurosi con cui in I.1 Mandane dice addio ad Arbace, rivolgendogli
mento, indipendentemente dal metro poetico e musicale, come in Che gran pena infine l’esortazione «Conservati fedele», e inasprisce un dilemma interiore che da
trafigge il mio core (Tigrane, I.14) o Presso al fonte d’Acheronte (Tigrane, III.11). solo giustifica sul piano drammatico il tentativo di suicidio di III.7. Il nuovo te-
Specie il ricorso al gioco più serrato con gli strumenti prevede in genere una pre- sto spinge in direzione della cosiddetta “aria parlante” in senari regolarmente ac-

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centati con misura dattilica, in cui il chiasmo mette in luce la fondamentale anti- L’intonazione configura un’aria parlante in tempo veloce, sillabica e melodicamente
tesi affettiva, «M’accende il dolore / Pietà vuol placarmi», come Fra tanti pensieri frammentata. Cleonice attacca su un disegnino solito, salvo l’amplificazione della prima
in Demetrio.28 Vi è poi per la veste musicale una tradizione suggestiva che guida sillaba, frutto di probabili reminiscenze, imitazioni o allusioni, evocazioni che suggeri-
sia la scelta del ritmo sincopato, spesso sulla nota ripetuta, sia l’esordio in levare, scono l’ipotesi del circolo di stilemi e di formule ritmico melodiche di durevole presti-
sia la tendenza ad una linea di canto scarna, alternante salti e moto congiunto in gio, riferibili a una specie di soluzione esemplare inerente al metro poetico, al contenu-
direzione opposta, sia il movimento dei primi violini con la parte (salvo la lieve to, al dramma. Parole e musica vanno nella stessa direzione quando la forma simmetri-
enfasi sul verbo «sdegnarmi»): a questa stessa prassi si attiene l’aria nuovamente ca di «Non ho più core, / Non ho consiglio, / Sento il dolore, / Temo il periglio» corri-
composta per Dresda 1740. sponde a un’articolazione musicale in segmenti uguali di quattro più quattro battute,
oppure quando la riduzione del discorso alle parole emblema, dovere e amore, rende
Es. mus. 4 inevitabili le pause per realizzare i segni di sospensione.
Johann Adolf Hasse, Artaserse, I.15, Che pena al mio core Non ho più core transita anche nell’Alessandro nell’Indie riproposto a Vicenza nel
I-Vnm, Cod. It. IV, 481 (=10005), c. 63.
1739 e a Venezia nel 1743 sulla falsariga della partitura hassiana del 1736. È il
momento del secondo atto in cui l’imprevista notizia della morte dello sposo co-
stituisce l’ulteriore peripezia di Cleofide, con un totale rovesciamento rispetto alla
precedente manifestazione di clemenza di Alessandro verso Poro. Forse proprio il
subbuglio patito dalla regina nel recitativo Che mi giovò sull’are, confacente a
un’intonazione con strumenti, nel 1736 aveva consigliato per l’aria d’entrata Se il
Ciel mi divide la sostituzione con versi più energici e vibranti come quelli di Il re-
gno, il consorte (II.14), ma nel medesimo metro del senario con regolare accentua-
zione, traendo dal testo originario l’antitesi «vita-morte» (da «viver-morir») e l’ipo-
tetica «Dell’idolo mio / Se il Cielo mi priva» (da «Se il Ciel mi divide / Dal caro
mio sposo»). Ancora una volta il nuovo testo spinge in direzione dell’aria parlan-
Forse Hasse fu influenzato dal precedente del monologo Ei parte... oh Dio, che fo? te, nella quale far eccellere le doti canore e attoriali di Vittoria Tesi Tramontini.30
Riedi, amor mio – Che gran pena trafigge il mio core (I.15), con cui nel Tigrane
napoletano Vittoria Tesi Tramontini doveva aver sprigionato tutta la disperazione Cleofide
della protagonista Cleopatra, divisa fra il padre e l’amante ovverosia trafitta «da
doppia pena e fiera», nel perenne contrasto di «odio» e di «amore» (nella partitu- Il regno, il consorte,
ra, tuttavia, l’impiego della sincope si inserisce all’interno di un contesto ritmico La pace perdei;
più flessibile). L’aria figura non a caso in sostituzione di Che pena al mio core La vita mi resta,
nell’Artaserse dato a Bologna (1730), Livorno (1731), Treviso (1738), Vicenza Ma questa di morte
(1738), la prima volta in relazione alla presenza della medesima interprete nel cast, Più dura è per me.
poi indipendentemente da essa. Mio sposo, ove sei?
Un’altra aria presa a prestito negli Artaserse riconducibili, per impianto, all’opera di Ah, barbare stelle,
Hasse discende da Demetrio 1732: Non ho più core va a chiudere la solita scena di Più speme non v’è.
I.15 a Modena (1739), poi II.12 a Treviso (1738) e II.6 a Bassano (1740), sebbene
in II.12 l’aria originaria di Metastasio costituisca un luogo per esprimere non lo sta- Dell’idolo mio
to d’animo di Mandane bensì un’invettiva contro Artabano. In Demetrio 1732, dove Se il cielo mi priva
la protagonista Cleonice è pure divisa contro sé stessa e impossibilitata a decidere, Non È vano ch’io viva;
ho più core rimpiazza in II.11(13) l’aria originaria Manca sollecita, col risultato di met- Seguirti vogl’io,
tere in più intensa luce un’altra coppia di ostacoli, “dovere” e “amore”, negli istanti Bell’ombra diletta,
più delicati della separazione degli amanti Alceste e Cleonice.29 M’aspetta con te.31

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Veniamo dunque, nell’Alessandro, ad almeno un episodio pregnante che sviluppa Il litigio che segue la partenza del vincitore deriva non tanto dai suoi atti o dalle
il tema della querelle amorosa, cioè il confronto a tre in fine del primo atto, non sue parole, che potrebbero sembrare quasi ininfluenti e ritardanti, quanto dal
essendovi spazio qui per illustrare tutte le situazioni notevoli dal punto di vista comportamento stesso della coppia. I.16 ripercorre i giuramenti di fedeltà e di fi-
drammatico musicale. Poro (sotto il nome di Asbite) irrompe nel colloquio fra ducia scambiati nelle scene I.6 e I.7, rinfacciati poi a vicenda, con palese ironia,
Alessandro e Cleofide, che sua sponte, per punire i sospetti dell’amante, finge di di modo che Poro ora fa sue le parole di Cleofide, Se mai turbo il tuo riposo (I.7),
aborrirlo e di essere invaghita del Macedone; pur attratto, questi risponde nel re- e Cleofide quelle di Poro, Se mai più sarò geloso (I.6), già disposte in un’analoga
citativo di perseguire soltanto un desiderio di gloria, «Tutto otterrai, non domandar- struttura metrica e rimica proprio in funzione del duetto finale.32
mi il core. / Questo, d’allor ch’io nacqui, / Alla gloria donai. Lodo ed ammiro, / La situazione in cui la protagonista nasconde il proprio affetto per il promesso
Ma però non adoro, il tuo sembiante.» (I.15), benché l’aria Se amore a questo pet- sposo dinanzi al sovrano o al nemico vincitore appare anche in Ezio (II.11) e, in
to lasci eventualmente spazio alla musica per esprimere l’insorgenza progressiva di una drammatizzazione più efficace, in Adriano in Siria (I.5-6), ma il fine è quello
un certo turbamento, attraverso la successione o la combinazione di vari mezzi di proteggere l’amato o se stessa dalla prevedibile collera dell’uomo di potere. Il
espressivi, come l’insinuarsi dei ritmi puntati prima nella linea vocale, poi nell’ac- modello è il luogo scenico fortunatissimo del Britannicus (1699) di Jean Racine
compagnamento, quindi le repliche dei verbi (al condizionale) e la particolare en- in cui l’imperatore Néron, celato, spia l’incontro fra Junie, di cui è amante non
fasi sul complemento «per te», con il cambio di registro e l’appoggiatura, in pro- corrisposto, e l’odiato fratello nonché rivale, Britannicus; intimidita dalla minaccia
gressione ascendente, sino al momento in cui il canto diventa alternativo agli di morte che incombe sull’eroe, Junie è costretta a mentire tacendogli il proprio
strumenti, impegnati probabilmente a illustrare le “saette” dello sguardo di Cleofi- amore. In Ezio l’inganno non viene sostenuto fino in fondo, così che la vittima
de insieme coi delicati palpiti del cuore di Alessandro. La parte centrale muta designata finisce per congedarsi con la baldanza del vincitore morale, mentre in
l’andamento e il metro in Allegretto 3/8, un espediente che Hasse serba per pochi Adriano, il solo esempio in cui l’influenza raciniana non si esaurisce nella ripresa
numerati casi, talvolta per ragioni prettamente musicali o sceniche: così Digli ch’io di una singola, seducente situazione, la dissimulazione porta l’eroe a partire me-
son fedele (II.9) in Alessandro nell’Indie, Figlio, se più non vivi (III.4) in Artaserse e stamente convinto di essere stato tradito.33
Non so frenare il pianto (II.10[12]) in Demetrio. Concludiamo riprendendo il confronto fra il libretto di Alessandro e la partitura
di Hasse alla luce di I.16: è stato osservato come le terzine Se mai più sarò geloso
Es. mus. 5 (I.6) e Se mai turbo il tuo riposo (I.7) siano intonate su musica simile, specie a
Johann Adolf Hasse, Alessandro nell’Indie, I.15, Se amore a questo petto considerare i versi iniziali, con una differenziazione delle tonalità d’impianto, ri-
GB-Lbl, Add. 30838, cc. 73v-74r, 75.
spettivamente Sol maggiore per Poro e per Cleofide Re maggiore; il medesimo
ambito è mantenuto nel duetto, onde Poro traspone Se mai turbo il tuo riposo in
Sol maggiore e Cleofide Se mai più sarò geloso in Re maggiore, quasi ad esprimere
ciascuno il proprio punto di vista sulle promesse dell’altro. La forma dal segno
esclude le suddette terzine dalla ripresa, la quale cade sulle due battute «Infedel...
questo è l’amore / Menzogner... questa è la fede», intonate in stile recitativo per
dividere le reminiscenze (Mezzo Andante, 2/4) rispetto al nuovo materiale (3/4),
esposto per lo più omoritmicamente – salvo il punto d’imitazione all’esordio –
con le voci a distanza di terza, come di solito si usa per rappresentare l’affinità di
due amanti, poco verisimile nel caso presente: tuttavia, Cleofide e Poro soffrono a
loro modo, sono cioè uniti nel «dolore», seppure per cause differenti, e si espri-
mono in forma gnomica (si badi ad esempio all’estensione della frase attraverso
l’allargamento delle durate delle note incipitarie).34

LXXI
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Es. mus. 6 1
Fra le monografie più recenti che ricostruiscono i rapporti di Hasse con Venezia si veda almeno Roland
Johann Adolf Hasse, Alessandro nell’Indie, I.16, Se mai turbo il tuo riposo Dieter Schmidt-Hensel, «La musica è del signor Hasse detto il Sassone...». Johann Adolph Hasses ‘Opere serie’ der
GB-Lbl, Add. 30838, cc. 79v-80r. Jahre 1730 bis 1745. Quellen, Fassungen, Aufführungen, Göttingen, V&R Unipress 2009 («Abhandlungen zur
Musikgeschichte», XIX/2), vol. I, 38-67, insieme con Raffaele Mellace, Johann Adolf Hasse, Palermo, L’Epos
2004, 46-64, 222-232. Contengono una ricognizione dei compositori impegnati a Venezia negli anni Trenta
del Settecento i saggi di Sylvie Mamy, Il teatro alla moda dei rosignoli: I cantanti napoletani al San Giovanni
Grisostomo («Merope», 1734), in Apostolo Zeno – Geminiano Giacomelli, La Merope, partitura in facsimile,
edizione del libretto, saggio introduttivo a cura di Sylvie Mamy, Milano, Ricordi 1984 («Drammaturgia
Musicale Veneta», 18), X-XI e di Reinhard Strohm, The Neapolitans in Venice, in Con che soavità: Studies in
Italian Opera, Song, and Dance 1580-1740 (Essays Dedicated to Nigel Fortune), a cura di Iain Fenlon e Tim
Carter, Oxford, Clarendon Press 1995, 249-274, adesso in Reinhard Strohm, Dramma per Musica. Italian
Opera Seria of the Eighteenth Century, New Haven-London, Yale University Press 1997, 61-80: 66.
2
Per l’identità dei revisori si può ora fare riferimento a Roland Schmidt-Hensel, «La musica è del signor Hasse
detto il Sassone...» cit., vol. II, passim: nelle schede dedicate a ciascuna opera, l’autore riporta e discute le ipotesi
della principale bibliografia secondaria, oltre che dei repertori più antichi, talvolta imprecisi, del Groppo,
dell’Allacci e del Wiel; cfr. anche Reinhard Strohm, Hasse, Scarlatti, Rolli, in Studien zur italienisch-deutschen
Musikgeschichte, Köln, Volk 1975 («Analecta Musicologica», 15), 220-257. Per la cronologia, cfr. Eleanor
Selfridge-Field, A New Chronology of Venetian Opera and Related Genres (1660-1760), Stanford, Stanford
University Press 2007.
3
Cfr. Carlo Broschi Farinelli, La solitudine amica. Lettere al conte Sicinio Pepoli, a cura di Carlo Vitali, con
una nota di Roberto Pagano, prefazione e collaborazione di Francesca Boris, Palermo, Sellerio 2000, 127-
128, 205-206, n. 39, Venezia, 2 Gennaio 1734 e Roland Dieter Schmidt-Hensel, «La musica è del signor
Hasse detto il Sassone...» cit., vol. II, 74-75. L’aria sostitutiva Chi non sente al mio dolore (I.15, Arbace) con-
divide la prima strofa con l’aria già cantata (I.13) da Farinelli nella Merope andata in scena a Torino nel
1732 e a Lucca il 23 Agosto 1733 (entrambe le volte musica del fratello Riccardo Broschi, libretto da
Zeno). La versione testuale di I.13 di Merope si ritrova nel Cajo Fabricio fatto rappresentare da Hasse a
Dresda nel luglio 1734: si tratta forse dell’aria che Farinelli attendeva ancora il 28 agosto 1733: «Il Sassone
mi dice, che ha spedito a Vostra Eccellenza un’aria per me per cantarla in Lucca, e non l’ho mai ricevuta»
(Carlo Broschi Farinelli, La solitudine amica cit., 121, 204-205, n. 34, Lucca, 28 Agosto 1733; cfr. anche
Carlo Vitali, Bajazet o Tamerlano?, in Antonio Vivaldi, Ercole sul Termodonte-Bajazet, Venezia, Teatro La
Fenice 2007 [«La Fenice prima dell’opera», 2007/6], 63-78: 77-78).
4
Cfr. Roland Dieter Schmidt-Hensel, «La musica è del signor Hasse detto il Sassone...» cit, 295-297.
5
Ibidem, 222-223, 246-247.
6
Un’analisi più ampia e dettagliata delle opere intonate da Hasse per Venezia fra il 1730 e il 1739 sarà
tema di studio in un prossimo volume sull’opera veneziana del Settecento.
7
Per ulteriori approfondimenti sulle osservazioni seguenti e sui debiti che Metastasio contrasse con dramma-
tizzazioni francesi coeve mi permetto di rimandare a Pietro Metastasio – Baldassare Galuppi, Artaserse, parti-
tura in facsimile, edizione del libretto, saggio introduttivo a cura di Francesca Menchelli-Buttini, Milano,
Ricordi 2010 («Drammaturgia Musicale Veneta», 20), IX-LXIII.
8
Sulle conseguenze e le ipotesi relative a questa doppia première, cfr. adesso l’esaustivo compendio di Roland
Dieter Schmidt-Hensel, «La musica è del signor Hasse detto il Sassone...» cit., vol. I, 194-196, vol. II, 50-52.
9
Una bibliografia dei libretti è in Pietro Metastasio – Baldassare Galuppi, Artaserse cit., IX-X, XXI; cfr. an-
che Roland Dieter Schmidt-Hensel, «La musica è del signor Hasse detto il Sassone...» cit., vol. II, 69-93.
10
Una discussione esaustiva si trova in Reinhard Strohm, Metastasios «Alessandro nell’Indie» und seine frühesten
Vertonungen, in Probleme der Händelschen Oper (insbesondere am Beispiel «Poro»), a cura di Walther Sieg-

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mund-Schultze, Halle-Wittenberg, Martin-Luter Universität 1982 («Wissenschaftliche Beiträge», 21), 40-61 Lucca, LIM 1995; il ristretto catalogo relativo agli anni 1728-1743 conta in pratica solo i rifacimenti di
(trad. it. L’«Alessandro nell’Indie» del Metastasio e le sue prime versioni musicali, in La drammaturgia musicale, vecchi libretti. Le caratteristiche della scena di sonno sono descritte in Paolo Fabbri, Il secolo cantante: Per
a cura di Lorenzo Bianconi, Bologna, Il Mulino 1986, 157-176). una storia del libretto d’opera nel Seicento, Bologna, Il Mulino 1990, 174–176.
11
Il tema di Alessandro exemplum magnanimitatis (un filone prediletto nella pittura del Sei-Settecento) è 22
Sull’argomento contro la teoria del dualismo schematico fra recitativo e aria, cfr. Reinhard Strohm,
discusso da Reinhard Wiesend, Metastasios Alexander: Herrscherfigur und Rollentypus. Aspekte der Rezeptions- Introduction: the Dramma per musica in the Eighteenth Century, in Dramma per musica cit., 1-29: 18-19 e
geschichte, in Opernheld und Opernheldin im 18. Jahrhundert, a cura di Klaus Hortschanky, Hamburg, Ei- Friedrich Lippmann, Sulla classicità di Metastasio, in «Studi musicali», XXXI (2002), 349-378: 361-362; cfr.
senach, Karl Dieter Wagner Verlag 1991, 139-152 (trad. it. La rappresentazione dell’eroe come ruolo dram- anche Walter Binni, L’Arcadia e il Metastasio, Firenze, La Nuova Italia 1964, 352-355.
matico: l’Alessandro di Metastasio, in Opera & Libretto, a cura Gianfranco Folena, Maria Teresa Muraro e 23
La citazione è da un passo celebre, dedicato al recitativo accompagnato, di Stefano Arteaga, Le rivoluzioni
Giovanni Morelli, Firenze, Olschki 1993, vol. II, 67-83: 69, 72-75). del teatro musicale italiano, vol. I, Bologna, Trenti 1783 (rist. Bologna, Forni 1969), 49. Per un confronto
12
Cfr. le seguenti citazioni discendenti dalla princeps del libretto (Roma, Zempel e de Mey, 1730), pubbli- con le scelte compositive di Leonardo Vinci, cfr. la trascrizione e descrizione dell’aria in Mario Armellini,
cata in www.progettometastasio.it a cura di Anna Laura Bellina: tutti i riferimenti alle prime versioni dei «... Meco sola è l’innocenza / che mi porta a naufragar». Tradimento, abbandono, e deriva degli affetti nell’Ar-
drammi di Metastasio saranno tratti da questa edizione elettronica, attraverso il semplice rimando a testo del taserse di Metastasio e Vinci, in Leonardo Vinci e il suo tempo. Atti dei Convegni internazionali di studi (Reggio
numero dell’atto e della scena. Di seguito le battute degli altri a Poro, «le gelose / Furie», «geloso tuo cor» Calabria, 10-12 giugno 2002; 4-5 giugno 2004), a cura di Gaetano Pitarresi, Reggio Calabria, Iiriti editore
(I.6, Cleofide); «altro pensiero / Chiede la nostra sorte / Che quel di gelosia» (I.6, Cleofide); «quanto è folle / 2005 («Sopplimenti musicali», I/8), 79-152.
Chi è geloso in amor» (I.8, Erissena); «per vana gelosia» (I.9, Gandarte); «Già di nuovo è geloso», «D’in- 24
Gli esempi musicali consistono di trascrizioni dalle seguenti copie manoscritte, scelte per ragioni di opportu-
gelosirsi / abbia ragion per suo castigo» (I.15, Cleofide); «l’eccesso / Della tua gelosia» e «de’ tuoi dubbi
nità e descritte in Roland Dieter Schmidt-Hensel, «La musica è del signor Hasse detto il Sassone...» cit., vol. II,
gelosi» (II.6, Cleofide); «e a questo eccesso / Del geloso mio re giunse il furore?» (II.12, Gandarte); quindi,
24, 443-444: Artaserse 1730, I-Vnm, Cod. It. IV, 481 (=10005) e Alessandro nell’Indie 1736, GB-Lbl, Add.
le considerazioni di Poro su sé stesso, «Di geloso veleno il cor m’agghiaccia» (I.1); «Il geloso amor mio»
30838. Per Gerone tiranno di Siracusa 1727 e Tigrane 1729 si fa riferimento rispettivamente ai testimoni in
(I.6); «Del geloso mio cor le furie irrita» (II.6); «Dall’insano furor di gelosia» (II.6); «le gelose follie», «gelo
A-Wn, Mus. Hs. 17280/1-3 e GB-Lam, Ms 73. In conformità con i moderni criteri di edizione si è provve-
ed avvampo / D’amor, di gelosia» (III.9); «inumano e geloso» (III.scena ultima).
duto a modernizzare l’uso delle chiavi e delle alterazioni.
13
Jean Racine, Œuvres complètes, Paris, Éditions du Seuil 1962, 89. 25
Sulla tendenza alla polimetria e alla poliritmia nell’opera del Settecento, in varie forme (diastole, sistole,
14
Reinhard Strohm, L’«Alessandro nell’Indie» del Metastasio e le sue prime versioni musicali cit., 166. iterazione, impiego delle fioriture), cfr. Trasybulos Georgiades, Musik und Sprache. Das Werden des abend-
15
Gli auto-imprestiti rispetto a Cleofide 1731 sono elencati e discussi in Roland Dieter Schmidt-Hensel, «La ländischen Musik dargestellt an der Vertonung der Messe, Berlin-Göttingen-Heidelberg, Springer 1954 (trad.
musica è del signor Hasse detto il Sassone...» cit., vol. II, 453-454, vol. I, 292-316 (più in generale sulla tecni- it. Musica e linguaggio. Il divenire della musica occidentale nella prospettiva della composizione della Messa, a
ca dei prestiti in Hasse) e Fredrick L. Millner, The Operas of Johann Adolf Hasse, Ann Arbor, UMI 1979 cura di Oddo Pietro Bertini, Napoli, Guida 1989, 119-127) e Friedrich Lippmann, Der italienische Vers
(«Studies in Musicology», 2), 97-112. und der musikalische Rhythmus. Zum Verhältnis von Vers und Musik in der italienischen Oper des 19. Jahrhun-
16
Sulle revisioni madrilene di Metastasio cfr. Reinhard Wiesend, Metastasios Revisionen eigener Dramen und derts, mit einem Rückblick auf die 2. Hälfte des 18. Jahrhunderts, Parte I, in Studien zur italienisch-deutschen
die Situation der Opernmusik in den 1750er Jahren, in «Archiv für Musikwissenschaft», XL (1983), 255-275 Musikgeschichte VIII, a cura di Friedrich Lippmann, Köln, Volk 1973 («Analecta musicologica», 12), 253-
(trad. it. Le revisioni di Metastasio di alcuni suoi drammi per musica, in Metastasio e il mondo musicale, a cura 369; Parte II, in Studien zur italienisch-deutschen Musikgeschichte IX, a cura di Friedrich Lippmann, Köln,
di Maria Teresa Muraro, Firenze, Olschki 1986, 171-197). Volk 1974 («Analecta musicologica», 14), 324-410; Parte III, in Studien zur italienisch-deutschen Musik-
geschichte X, a cura di Friedrich Lippmann, Volker Scherliess e Wolfgang Witzenmann, Köln, Volk 1975
Cfr. Helmut Hell, Die neapolitanische Opernsinfonie in der ersten Hälfte des 18. Jahrhunderts, Tutzing,
17
(«Analecta musicologica», 15), 298-333 (trad. it. Versificazione italiana e ritmo musicale, a cura di Lorenzo
Hans Schneider 1971 («Münchener Veröffentlichungen zur Musikgeschichte», 19), 36-38.
Bianconi, Napoli, Liguori 1986, 293-306). Cfr. inoltre Reinhard Strohm, Musical Analysis as Part of Musical
18
Cit. da Helmut Hell, Die neapolitanische Opernsinfonie cit., 142 in nota. History, in Tendenze e metodi nella ricerca musicologica (Atti del Convegno Internazionale. Latina 27-29 Set-
19
Le edizioni principes dei primi libretti metastasiani presentano un numero inferiore di didascalie di scena, tembre 1990), a cura di Raffaele Pozzi, Firenze, Olschki 1995, 61-81.
specie se più specificamente “registiche” e d’espressione di stati d’animo: in Artaserse, manca ad esempio 26
Per un tentativo di classificazione del gesto teatrale, relativamente al repertorio sei-settecentesco, cfr. Dene
«Mentre Arbace canta l’aria, Artabano, che non l’ode, va sospettoso spiando intorno ed ascoltando per poter Barnett, The Art of Gesture: The Practices and Principles of 18th-Century Acting, Heidelberg, Carl Winter Uni-
regolarsi a seconda di quello che veda o senta. Dopo l’aria Arbace parte» (I.2); in Alessandro nell’Indie, «con versitätverlag 1987; i possibili sviluppi rispetto alla musica sono considerati da Reinhard Strohm, Arianna in
isdegno», «con impeto», «turbato», «con tranquillità forzata» (I.7). Simili didascalie figurano nelle revisioni Creta: Musical Dramaturgy, in Dramma per musica cit., 220-236. Cfr. anche Melania Bucciarelli, Italian Opera
madrilene, risalenti agli anni Cinquanta del Settecento, o nell’edizione Herissant (1780-1783), in quest’ulti- and European Theatre (1680-1720): Plots, Performers, Dramaturgies, Amsterdam-Cremona, Brepols 2000
mo caso quale ausilio, chiarimento al lettore, forse sull’abbrivo della consuetudine della scena. («Speculum Musicae», 7), 11-20 e, relativamente ad Hasse, Nils Niemann, Hasse als Komponist für das Theater,
20
Pietro Metastasio, Tutte le opere, a cura di Bruno Brunelli, vol. III (Lettere), Milano, Mondadori 1951, in Johann Adolf Hasse in seiner Epoche und in der Gegenwart, a cura di Alina Zórawska-Witkowska, Warszawa,
427-436: 434, n. 328, Joslowitz, 20 Ottobre 1749, a Johann Adolf Hasse. Uniwersytet Warszawki 2002, 99-121.
Nel merito della scena di prigione, un’analisi esaustiva del repertorio delle origini si trova in Angela Ro-
21 27
Sui contatti dell’Artaserse metastasiano con il Cid di Pierre Corneille cfr. Ceryl Ruth Sprague, A Comparison
magnoli, «Fra catene, fra stili, e fra veleni...» ossia Della scena di prigione nell’opera italiana (1690-1724), of Five Musical Settings of Metastasio’s Artaserse, Ann Arbor, UMI 1979, 10-14. Nel libretto veneziano Ar-

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taserse 1730 con dedica «N.N.» (copia consultata I-Vcg, 59.A.151/5-6) il rimando «Figlia» in fine di p. 27 Aspects of Hasse’s Venetian Operas (1730-1736). Summary
non corrisponde alla prima parola di p. 28, «Che» di Che pena al mio core, bensì all’incipit dell’aria Figlia
son e son amante, presente in una diversa edizione veneziana del dramma in data 1730, con dedica di
Domenico Lalli; l’incongruenza forse segnala una sostituzione tardiva: sui rapporti fra questi libretti In the 1730s Hasse’s operas for the Venetian stage included four productions at
cfr. Roland Dieter Schmidt-Hensel, «La musica è del signor Hasse detto il Sassone...» cit., vol. II, 50-56. the Teatro S. Giovanni Grisostomo on libretti by Metastasio: Artaserse (1730),
28
Vedi qui, p. XV. Demetrio (1732), Alessandro nell’Indie (1736) and Viriate (1739, text after Siface,
29
Sulla struttura della scena in Metastasio e sulle modifiche del libretto veneziano mi permetto di rimandare
1723), adapted by Domenico Lalli or Giovanni Boldini. Two other works were
al mio saggio Hasse e Vivaldi, in Antonio Vivaldi. Passato e futuro, a cura di Francesco Fanna e Michael composed for the Teatro S. Samuele: Dalisa (1730, after Nicolò Minato, no
Talbot, Venezia, Fondazione Giorgio Cini 2009, 487-507 (pubblicazione on line www.cini.it), dal quale complete score extant today) and Euristeo (1732, a Viennese libretto by Apostolo
sono tratte anche le brevi osservazioni successive sulla musica di Non ho più core. Zeno of 1724). Only the Metastasian operas had Venetian revivals – Artaserse in
Ibidem, 497-507, per l’analisi della musica e per i contatti con un’aria vivaldiana scritta qualche anno pri-
30
1734 and Alessandro nell’Indie in 1738 at the S. Giovanni Grisostomo; Demetrio
ma per Anna Giraud, La madre, lo sposo del Farnace (Mantova, 1732). in 1737 at the Teatro S. Angelo. In contrast to these works specifically composed
31
L’ALESSANDRO / NELL’ INDIE. / Dramma per Musica / DA RAPPRESENTARSI / Nel Famosissimo for Venice, Caio Fabricio, given at the S. Angelo in 1735, was the only import
Teatro Grimani / di S. Gio: Grisostomo / Nel Carnovale dell’Anno 1736. / DEDICATO / A SUA ECCEL- from Rome, where it had been premiered in 1732; the many replacement arias
LENZA IL SIGNOR / MARCHESE BOTTA / Tenente Generale di S. M. / C. C. ec. ec. ec. / IN
VENEZIA, MDCCXXXVI. / Per Marino Rossetti. / CON LICENZA DE’ SUPERIORI. (I-Bc, Lo 2493,
make the collaboration of the Sassone in this production unlikely.
53-54, consultabile on line). Special consideration is given here to Artaserse and Alessandro nell’Indie, since an
32
L’ironia potenziale di questa scena fu compresa dal pubblico coevo, come sembrerebbe suggerire la paro-
extended discussion of Demetrio is presented in this volume. Useful insights are
dia comica del duetto, «Se mai più sarò geloso / Mi punisca il dolce nume / Che del vino è protettor», in- gained from comparisons with other Hasse operas of those years, which exhibit
clusa da Carlo Goldoni nella Ritornata di Londra (Venezia, 1756): cfr. Reinhard Wiesend, Zum Ensemble in analogous or contrasting compositional choices. Some preliminary thoughts are
der Opera seria, in Colloquium “Johann Adolf Hasse”, a cura di Friedrich Lippmann, Laaber, Laaber-Verlag offered on the principal elements of plot, and on the models and their
1987 («Analecta Musicologica», 25), 216-220. adaptation, before the interactions between music, word and gesture are examined
33
Per i contatti con questo luogo di Racine cfr. Reinhard Strohm, Handel, Metastasio, Racine: the Case of in the light of Hasse’s compositional techniques of the 1730s, focusing on the
Ezio, in «Musical Times», XCVIII (1977), 901-903 e Francesca Menchelli-Buttini, Il libretto dell’Adriano in main performing roles and the dramatic high points.
Siria: vent’anni di rappresentazioni (1732-1754), in Il canto di Metastasio (Atti del convegno di studi. Venezia,
14-16 dicembre 1999), a cura di Maria Giovanna Miggiani, Bologna, Forni 2004, pp. 201-229: 204. For the dramatic theory of the seventeenth and eighteenth centuries, Artaserse is a
34
Cfr. Graham Cummings, Reminiscence and Recall in Three Early Settings of Metastasio’s Alessandro nell’In-
“recognition drama”: its main action is the unveiling of a secret, in this case that
die, in «Proceedings of the Royal Musical Association», CIX (1982), 80-104. of Artabano, who lets his son Arbace be charged with his own crime. What the
characters ignore (except Artabano and Arbace) is known to the spectators, who
remain in a state of tension throughout, in contrast to a doctrine that privileges
the element of surprise by emphasising a single moment of peripety. Metastasio’s
intention is to foreground only the relationship between father and son, which in
the course of the drama is assured prominence by the concluding scenes of Acts I
and II: here, Arbace’s guilt and punishment are decided, featuring the opposing
views of the innocent victim and the cowardly traitor. The libretto was premiered
almost simultaneously at the Teatro delle Dame in Rome and the Teatro
S. Giovanni Grisostomo in Venice, in settings by Leonardo Vinci and Johann
Adolf Hasse, respectively. For more than a decade the printed libretti attribute
most revivals of the opera to either or both of these composers. Hasse’s influence
almost seems to launch its own tradition, rivalling Metastasio’s, as he holds the
stage until after mid-century in the theatres of central-northern Italy. The main
plot of Alessandro nell’Indie is the magnanimity of the eponymous hero, who
gains an easy victory (almost unimpeded by doubts or uncertainties) over his

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infatuation with the Indian Queen Cleofide. As the great conqueror refuses to be – accompanying general noises, disembarcations, marches – which are occasionally
a rival in love, the conflict between Cleofide and Poro in reality arises from required and are encountered unpredictably in the scores.
within Poro himself: jealousy becomes his raison d’être, apart from functioning as In the arias the orchestra introduces the voice part, announcing the principal
the motor of the drama and the keyword of the dialogue. Scenic constellations vocal motives in unchanged or adapted form, or with other suitable ideas.
and characters are redesigned in comparison with the inspiring models of Claude Omitting the opening ritornello is a well-considered option, for which the
Boyer’s Porus, ou la générosité d’Alexandre (1647), Racine’s Alexandre le Grand libretto provides a necessary but not always sufficient condition: for example,
(1665) and Domenico David’s opera libretto L’amante eroe (1691). From David when the aria follows a recitative of another character, sometimes as the reply to a
comes the dramatic expedient of Poro’s disguise, which is, however, known to question.
Cleofide and the Indian companions. The poet thus forgoes the option of a The economy in the display of technical resources is also seen in the principle not
surprising recognition scene, but has the advantage of engineering an “egalitarian” to “over-familiarise” the “ornament” of the recitativo obbligato, which has the
confrontation between the lovers and of withholding information only from their privilege of distinguishing the moments requiring major effect within a dramaturgy
counterpart, Alessandro – with ingenious results on the semantic level of dialogue that guarantees the clarity and rationality of language. The recitative accompanied
and plot, comparable to the situation of Arbace and Artabano in Artaserse. As is by “instruments” (upper strings) would be suitable for the highlighting of
known, Hasse first set the Alessandro libretto for a Dresden production in 1731, emblematic situations or stage designs; libretto cues are, however, lacking in
re-employing much of his earlier “Italian” music; the changed title, Cleofide, Artaserse, Demetrio and Alessandro nell’Indie, except for an aria in Artaserse that
reflected a re-weighted hierarchy of roles in favour of the heroine, performed by opens the stage set of “Parte interna della fortezza” (III.1). In actual fact, Hasse’s
Hasse’s wife, Faustina Bordoni, who had her debut at the German court. The Venetian operas use orchestral forces for preference to underscore statements by the
Venetian version of 1736, largely newly composed, reinstates the original course protagonists (often lengthy, substituted monologues) at climactic moments
of events together with various aria texts; nevertheless, several numbers, including expressing inner feelings.
three “political” arias for Poro, are omitted. The theme of amorous jealousy is As regards the interactions of music, word and gesture at the most significant
highlighted; the two leading characters (Cleofide and Poro) are more balanced; moments of musical and dramatic resolution, for lack of space we limit ourselves
and the weight of the secondary characters (Alessandro and Erissena) is slightly to a discussion of the intermediate endings of Artaserse and, in Alessandro, the
reduced. The last two of these procedures were also favoured by the imperial poet high point of the prima donna’s part, together with the “finale” of Act I. In the
when preparing a revised version for the court of Madrid, at the request of his score of Artaserse, the perfect “clockwork” mechanism of the last scenic unit in
“twin brother” Carlo Broschi Farinelli. Metastasio’s second act is altered to amplify the personal statements of Artabano
Turning to the music, the “sinfonia avanti l’opera” constitutes the usual area of and Mandane in two great arias. These match one another in their dimensions
respect for conventions: it functions less as a description than as a formal and their use of special orchestral colour, since in one of them French horns are
announcement of the beginning of the drama. Almost predictable features are the used for the only time in the opera, while in the other aria muting is employed.
key sequence, the orchestration and the tripartite form of “fast-slow-fast”; Euristeo In the second scenic unit of Act I, the original libretto dismisses one principal
displays the slight variant of a first movement in the form of an ouverture. The character after another with an aria for each, in order gradually to intensify
transition from the last sinfonia movement to the first scene is usually Arbace’s isolation from the sympathy of all his friends, motivating the hero’s
discontinuous, the reduction of the full orchestra to the basso continuo instruments desperate reaction in his monologue in I.15. Hasse’s Venetian revision seems at
signalling the change. The final cori correspond in key to the sinfonie, as it is first even to accelerate the rush to the end, since it cuts one aria and sets the
Hasse’s custom to conclude the entire tonal layout in circular fashion, whilst the other numbers of I.12-13 in compact form without an opening ritornello.
internal key areas vary without any strict and purposeful harmonic plan, However, the revision has now reversed the order of the exits of Mandane and
notwithstanding particular strategic solutions. The mode is almost invariably major, Arbace – the latter departing with a tender imploration to his beloved that is
since the minor mode is reserved as a contrasting element for the central sections of surprising, since in the original dramatic plan the feelings of love were almost
arias in da capo or dal segno form, or as a differentiation used with much caution relegated to the margins of the plot: in the opening scene and the one before the
in very few complete numbers. Apart from the sinfonia, the use of purely change of set.
instrumental music is limited to aria ritornellos and a few interludes of stage music The music of the arias in I.12-13 foregrounds the keywords of the libretto by

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juxtaposing symmetrical treatment with rhythmic variability, which in this


chronological period often characterises settenario verse when extended to three
bars’ length. One possibility is to offer a regular succession of three-bar phrases,
instead of ones of two or four, where the two-bar variant may appear as a surprise
towards the end of the given vocal section; or this three-bar type may be
juxtaposed with its alternative, four-bar version (usually achieved by the lengthening
of the initial note). More rarely, a more general rhythmic freedom is found, not
only in an unpredictable change of phrase-lengths but also in a variability of
melody and vocal-instrumental interplay, often reflecting possible indicative gestures
in the text.
Another type of aria of which various examples are identified and discussed is the so-
called “aria parlante”, in regularly accented senario verses: for example, Mandane’s Che
pena al mio core (replacement aria in Artaserse, I.15), Cleonice’s Fra tanti pensieri
(Demetrio, I.3) and Cleofide’s Il regno, il consorte (replacement aria in Alessandro
nell’Indie, II.14). For the musical setting of the first two arias there is a suggestive
tradition characterised by the use of syncopation, often with repeated notes; by upbeat
beginnings; by a preference for unornamented melodies, with leaps and alternative
stepwise descents; and by the colla parte accompaniment of the first violins.
At the end of Act I of Alessandro nell’Indie, the encounter of three characters
develops the topic of the love quarrel: Poro jealously interrupts the conversation
between Alessandro and Cleofide who, in order to punish her lover’s suspicions,
behaves as if she detested him and were in love with Alessandro. The recitative
communicates the refusal of the Macedonian king, absorbed in his pursuit of glory,
whereas the aria provides the musical space to express increasing worries, employing
various expressive means. The following argument results not so much from the
gestures and words of the parting Alessandro, which are almost indifferent and
dilatory, as from the behaviours of Cleofide and Poro. In I.16 they repeat their
oaths of fidelity and trust exchanged in I.6 and I.7, but turn them around
insultingly when Poro appropriates Cleofide’s words (Se mai turbo il tuo riposo, I.7),
and Cleofide Poro’s (Se mai più sarò geloso, I.6) – all of which are already laid out as
a symmetrical structure in metre and rhyme, ready-made for the final duet. The
music of Hasse’s settings of Se mai più sarò geloso (I.6) and Se mai turbo il tuo riposo
(I.7) was similar, only in different keys (Poro used G major, Cleofide D major); the
same key relationship obtains in the duet, where Poro transposes Se mai turbo il tuo
riposo to G major, and Cleofide Se mai più sarò geloso to D major, so as if each of
them were expressing a personal viewpoint, ironically re-employing the promises
made by the other.

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