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KEEP

CALM

PUOI
ESSERE
FELICE
QUALUNQUE
COSA ACCADA

RICHARD CARLSON
Alle mie bellissime figlie:
vi auguro di essere sempre felici,
qualunque cosa accada.
INDICE

Prefazione del dottor Wayne Dyer . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4


Ringraziamenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

PARTE PRIMA – I PRINCIPI


CAPITOLO UNO - Il Principio del Pensiero . . . . . . . . . . . 16
CAPITOLO DUE - Il Principio degli Stati d’Animo . . . . . 49
CAPITOLO TRE - Il Principio delle Realtà Distinte . . . . . 54
CAPITOLO QUATTRO - Il Principio dei Sentimenti . . . 64
CAPITOLO CINQUE - Il Principio del Momento
Presente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74
BREVE RIEPILOGO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85

PARTE SECONDA – APPLICAZIONE DEI PRINCIPI


CAPITOLO SEI - Le relazioni interpersonali . . . . . . . . . . . 88
CAPITOLO SETTE - Lo stress . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 108
CAPITOLO OTTO - Risolvere i problemi . . . . . . . . . . . . 123
CAPITOLO NOVE - La felicità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 139
CAPITOLO DIECI - Le abitudini e le dipendenze . . . . . 149
CAPITOLO UNDICI - Una lista di controllo per la vita . 156

L’autore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 161

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PREFAZIONE
del dottor Wayne Dyer

M olti credono erroneamente che siano le circostan-


ze a determinare l’individuo. Ma non è vero. Al
contrario, esse lo rivelano. Le circostanze in cui ci trovia-
mo non ci definiscono, rappresentano solo il nostro cur-
riculum ineguagliabile, fatto di prove, sfide e opportunità
per crescere, accettarci e distaccarci dalle cose. Il nostro
successo in quanto esseri umani non sta in ciò che pos-
sediamo e nei risultati che abbiamo raggiunto. Non sta
nelle situazioni difficili che viviamo, ma nel modo in cui
gestiamo ciò che abbiamo e come affrontiamo le sfide,
nel modo in cui sfruttiamo il nostro curriculum inegua-
gliabile per crescere e vivere una vita piena di amore.

Abbiamo la capacità di manifestare il nostro destino, di cre-


are la “vera magia” nella nostra vita, di renderla un’espressio-
ne del Divino, di eliminare l’ego dalla nostra consapevolezza
e di mettere l’amore in cima alla lista delle priorità. Tuttavia,
per poter raggiungere tutti questi obiettivi, è essenziale riu-

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scire a trovare un equilibrio interno, un senso di armonia e
serenità d’animo. La felicità non è il traguardo in fondo al
percorso, è la linea di partenza. La vita spirituale si rafforza
con l’appagamento.
I principi di questo libro sono degli strumenti di na-
vigazione che ti aiuteranno ad avere una vita piena. Sono
come una serie di istruzioni per l’uso che ti guidano den-
tro di te, alla volta di quel luogo in cui risiede la pace in-
teriore. Ti aiuteranno a mantenere la concentrazione e la
calma. A mano a mano che proseguirai sulla strada della
felicità, entrerai in una nuova dimensione esistenziale, da
cui sboccerà un’ulteriore crescita spirituale. Senza la con-
tinua lotta per soffocare lo stress, la rabbia, le malattie e i
desideri, la tua vita si dispiegherà con maggiore armonia.
In questo libro straordinario, Carlson spiega che la
vita non è tua nemica; invece i pensieri che fai potrebbe-
ro esserlo. Ci ricorda che la mente è uno strumento po-
tentissimo che, in ogni dato momento, può operare per
noi o contro di noi. Abbiamo la possibilità di scegliere: o
impariamo a seguire il corso della vita, accettandola con
amore e pazienza, oppure la combattiamo. Ho ribadito
molte volte che siamo esseri spirituali che vivono un’e-
sperienza umana e che abbiamo la capacità di concre-
tizzare quest’esperienza al massimo del suo potenziale.
Dentro di noi, disponiamo delle risorse per vivere una
vita felice e ricca, a prescindere dalle prove davanti a cui
ci troviamo. Leggi questo libro e rifletti sul messaggio
che offre. Vedrai che, malgrado l’esperienza esteriore, è
proprio vero: puoi essere felice qualunque cosa accada!
Che Dio ti benedica.

Wayne Dyer

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RINGRAZIAMENTI

V orrei ringraziare: Patti Breitman, che è abbastanza


felice da capire quello che cercavo di dire prima an-
cora che finissi di dirlo; Kristine Carlson, che mi ha inco-
raggiato con affetto; Sheila Krystal, che è una compagna
e un’amica davvero meravigliosa; Carol LaRusso, che ha
svolto uno splendido lavoro di editing e si è presa il tem-
po per imparare l’approccio descritto nel libro; George
e Linda Pransky, che sono due insegnanti meravigliosi;
Barbara e Don Carlson, che conoscono il bellissimo do-
no della felicità e lo condividono con gli altri.

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INTRODUZIONE

L a felicità! Ecco qualcosa che vogliamo tutti ma che


pochi di noi riescono a raggiungere. La felicità è ca-
ratterizzata da un sentimento di gratitudine, pace interiore,
soddisfazione e affetto per noi stessi e per gli altri. Lo stato
mentale più naturale che esista si basa su appagamento e
gioia. Le barriere e gli ostacoli che ci impediscono di pro-
vare questi sentimenti positivi non sono altro che processi
negativi acquisiti che abbiamo innocentemente finito per
accettare etichettandoli come “necessari” o “così è la vita”.
Una volta svelati i sentimenti positivi intrinseci, e rimossi gli
ostacoli che ci trattengono dal provarli, il risultato è un’espe-
rienza di vita più profonda e bella.

Questi sentimenti non sono emozioni fugaci che vanno


e vengono con il mutare delle circostanze, ma permeano
la nostra vita fino a diventare parte di noi. Trovarsi in
uno stato mentale simile ci permette di vivere in modo
più spensierato e rilassato, con o senza il supporto delle
circostanze in cui ci troviamo. In questo stato partico-
larmente piacevole, la vita ci appare meno complicata

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e i problemi attenuati. Il motivo? Quando ci sentiamo
meglio, abbiamo un maggiore accesso alla saggezza e al
buonsenso di cui disponiamo. Tendiamo ad agire in mo-
do meno reattivo, difensivo e critico; prendiamo decisio-
ni migliori e comunichiamo con maggiore efficacia.
Il modo migliore per svelare questi sentimenti positi-
vi, nascosti nel profondo di te stesso, è cominciare a ca-
pire da dove arrivano. Esistono cinque principi del fun-
zionamento psicologico da usare come guida o strumenti
di navigazione, che ti aiuteranno a ritrovare un naturale
senso di serenità. Io lo chiamo “funzionamento psico-
logico sano”, o più semplicemente “un bel sentimento”.
Imparerai a individuare gli ostacoli psicologici che ti
allontanano da questi sentimenti e a guardarti da essi,
da quei pensieri figli dell’insicurezza che hai imparato a
prendere fin troppo sul serio.
I primi quattro principi di questo libro si basano su
una serie di principi psicologici formulati per la prima
volta da Rick Suarez e Roger C. Mills1 e mostrano
come riuscire ad avere accesso alla felicità. Una volta
compresi, ti permetteranno di essere felice e appagato
a prescindere dai tuoi problemi, sul serio! In qualità di
consulente insegno questi principi ai pazienti, e vedo
di continuo persone che trasformano la propria vita
prendendo una direzione positiva malgrado le difficili
sfide che si trovano ad affrontare. Chi si sente sin-
ceramente appagato nella propria vita è in grado di
risolvere qualsiasi problema con maggiore facilità ed
efficacia di quanto si possa pensare. I cinque princi-

1. Rick Suarez, Roger C. Mills, Darlene Stewart, Sanity, Insanity,


and Common Sense: The Groundbreaking New Approach to Happiness,
Fawcett Columbine, New York, USA, 1987.

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pi che sto per presentare rappresentano una profonda
svolta nel modo di comprendere le dinamiche della
psiche umana. Si tratta di principi molto semplici
eppure potenti, che spiegano il funzionamento della
mente e possono essere usati da ogni essere umano, a
prescindere dal luogo in cui vive. Infatti sono principi
che superano qualsiasi barriera culturale. Li illustrerò
in dettaglio a partire dal primo capitolo, ma li riassu-
mo in breve qui di seguito.

Il pensiero. La capacità di pensare definisce l’esperien-


za psicologica di vita, e il pensiero è una funzione
volontaria.

Gli stati d’animo. La consapevolezza del fatto che il


pensiero è una funzione volontaria fluttua da un mo-
mento all’altro e da un giorno all’altro. Tali variazio-
ni prendono il nome di stati d’animo.

Le realtà psicologiche separate. Dato che tutti noi pen-


siamo in modo unico, ognuno di noi vive in una
realtà psicologica separata.

I sentimenti. I sentimenti e le emozioni che proviamo


fungono da meccanismo innato di biofeedback che
ci permette di capire come stanno le cose da un pun-
to di vista psicologico.

Il momento presente. Imparare a rimanere concentra-


ti sul presente, prestando attenzione ai nostri sen-
timenti, ci permette di vivere al massimo dell’effi-
cienza e senza essere distratti dai pensieri negativi. Il

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presente è il luogo in cui possiamo trovare la felicità
e la pace interiore.

Capire in che modo agisce e funziona la mente ti ga-


rantirà l’accesso alla felicità (sensazione magnifica) che
a sua volta ti permetterà di goderti liberamente la tua
vita e le tue relazioni. La maggior parte degli approc-
ci alla ricerca della felicità sostiene la necessità di fare o
cambiare qualcosa nella propria vita. Ma l’esperienza di-
mostra che, nel migliore dei casi, si tratta solo di una so-
luzione temporanea; una volta avvenuto il cambiamento,
l’atteggiamento mentale per trovare la felicità (cioè do-
ver cambiare qualcosa nella propria vita) si perpetua. Ci
fa ricominciare da capo a cercare difetti e condizioni da
correggere per poterci sentire felici. Una volta compresi i
cinque principi del funzionamento psicologico sano, po-
trai ribaltare questa dinamica e sentirti felice fin da subi-
to, anche se tu e la tua vita non siete perfetti! Non appena
ti sentirai appagato e non più distratto dalla falsa negati-
vità, il maggiore accesso alla vera saggezza e al buonsenso
di cui disporrai ti permetterà di trovare soluzioni e alter-
native prima sepolte sotto preoccupazioni ingombranti e
un confusionario dialogo interiore.
La soddisfazione è la base per una vita piena. Porta
con sé buoni rapporti, soddisfazioni in ambito lavorati-
vo, abilità genitoriali (per chi ha figli) e la saggezza e il
buonsenso indispensabili per farsi avanti nella vita con
grazia. Senza appagamento, l’esistenza ci appare come un
campo di battaglia, in cui siamo troppo occupati a scon-
trarci con i problemi per poter godere della bellezza della
vita. Consumati dalle preoccupazioni, con la speranza

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che un giorno le cose andranno meglio, rimandiamo la
soddisfazione e intanto la vita scivola via. Se invece ci
sentiamo felici, possiamo goderci appieno la vita nel pre-
sente. Com’è ovvio, i problemi ti sembreranno “reali” e
importanti, ma non appena avrai imparato come sentirti
appagato, non ti impediranno più di goderti la vita. L’ap-
pagamento porta con sé un piacere infantile, una spen-
sieratezza nello stare al mondo che apre un canale trami-
te il quale apprezziamo le piccole cose e che ci rende grati
per il magnifico dono che è la vita stessa.
Questa nuova consapevolezza può applicarsi a tutte
le sfide della vita. In questo libro non imparerai tecniche
sofisticate né “meccanismi di coping” per gestire problemi
specifici. Imparerai semplicemente a vivere in uno stato
mentale più appagato: uno stato di amore. La cosa bella
di questo sapere (una volta capito il funzionamento psi-
cologico sano), è che si tratta di una conoscenza duratu-
ra. Ciò non significa che il sentimento dell’amore non ti
sfuggirà più di mano, anzi, ma quando capiterà, potrai
capire come hai perso la rotta e saprai con esattezza come
tornare nella giusta direzione.

La chiave per la felicità: la tua mente


La mente svolge due funzioni fondamentali. È una sorta
di caveau in cui immagazzinare informazioni ed espe-
rienze passate ed è anche un trasmettitore di saggezza e
buonsenso. La parte del cervello che funge da caveau, o
“computer”, viene usata per analizzare, confrontare, met-
tere in relazione fatti e fare calcoli. Il valore di questa
componente è chiaro: senza di essa non sopravvivremmo.

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L’altra parte del cervello, il “trasmettitore” a cui ognu-
no di noi ha accesso, gestisce le questioni di cuore, per
le quali le informazioni del computer non bastano. È la
funzione del trasmettitore, non del computer, la fonte
dell’appagamento, della gioia e della saggezza.
Parte del processo che permette l’accesso a questa
funzione consiste nel riconoscere quanto sia necessaria
e pratica. Sarebbe del tutto inappropriato ricorrere a un
computer per salvare un matrimonio, per risolvere un
problema di lavoro o per decidere come affrontare l’ar-
gomento della droga con il figlio adolescente o insegnare
la disciplina a un bambino. La maggior parte della gente
non ricorrerebbe a un computer per questi problemi per-
sonali legati alla sfera affettiva. I problemi di questo tipo
richiedono gentilezza e saggezza. Finché non capiamo il
valore del nostro “trasmettitore” (il funzionamento psi-
cologico sano), l’unica alternativa che abbiamo è fare ri-
corso al “computer” per gestire le questioni personali. Le
risposte nuove alle difficoltà non vengono da quello che
già sappiamo e che è immagazzinato nel “computer”.
Vengono da atteggiamenti nuovi, dal vedere la vita in modo
diverso, dalla parte sconosciuta e più tranquilla di noi stessi.
Illustriamo meglio questo punto tramite la storia ben
nota di qualcuno che ha perso le chiavi. Questa persona
pensa e ripensa (con il “computer”) a dove potrebbero
essere, ma invano. Semplicemente non riesce a ricor-
darselo. Poi, proprio quando smette di pensare e guarda
fuori dalla finestra, di colpo la risposta le balena in testa
e si ricorda esattamente dove le ha lasciate. La risposta
è arrivata nel momento in cui quella persona ha liberato
la mente, non mentre si ostinava a pensare, cosa che non
avrebbe permesso alla soluzione di venire a galla. Tutti

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noi abbiamo vissuto esperienze simili, ma pochi hanno
imparato la preziosa lezione del “non sapere” al fine di
sapere. Al contrario, continuiamo a pensare che la rispo-
sta arriverà torturando il nostro cervello, usando il nostro
“computer”.
È possibile imparare ad accedere al funzionamento
psicologico sano e a fare affidamento su di esso, sulla
parte serena del cervello che è la fonte di sentimenti po-
sitivi intrinseci, sulla parte saggia che conosce le risposte.
E che quando non le conosce, sa di non conoscerle. È
possibile imparare la differenza tra il pensiero ponderato
e il pensiero creativo e capire quando è il caso di affidarci
al computer e quando è più appropriato fare un passo
indietro e calmarsi.
Questo libro mira ad aiutarti a sperimentare più spes-
so uno stato mentale di tranquillità (appagamento) nel
corso della vita. Quando impari a vivere in uno stato
mentale di pace, scopri che in realtà la felicità e l’appa-
gamento sono indipendenti dalle circostanze. Ciò non
significa che le cose non debbano andare “bene” (chia-
ramente, se così fosse sarebbe il massimo), ma non per
forza devono andare bene prima di sentirci felici. Non
sempre abbiamo potere sulle altre persone e/o sugli av-
venimenti, ma disponiamo sempre dell’immenso potere
di sentirci felici e appagati della nostra vita. Un bell’effet-
to collaterale dell’essere felice “per nessun motivo” è che
i dettagli più fastidiosi cominciano a risolversi da soli.
Quando non ci focalizziamo sulle preoccupazioni che ci
turbano, riusciamo a pensare meglio, in modo più chiaro
e intelligente.
In ogni momento la nostra mente può operare per noi
o contro di noi. Possiamo imparare ad accettare le leg-

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gi psicologiche naturali, a lasciarci governare da esse e
a comprendere come seguire il corso della vita piuttosto
che combatterlo. Possiamo tornare al nostro stato natu-
rale di appagamento.
I cinque principi ti insegneranno a vivere per la mag-
gior parte del tempo in uno stato caratterizzato da senti-
menti positivi. Usali come strumenti di navigazione per
avanzare nella vita in direzione della felicità.

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PARTE PRIMA
I PRINCIPI
CAPITOLO UNO

Il Principio
del PENSIERO

Tutto ciò che ottieni e tutto ciò che non riesci a ottenere
è il diretto risultato dei tuoi pensieri.
James Allen

G li esseri umani sono creature pensanti. In ogni


momento, ogni giorno, la nostra mente è al lavoro
per dare un senso a quello che vediamo e percepiamo.
Per quanto ciò possa sembrare ovvio, si tratta di uno dei
principi che meno comprendiamo nel nostro sviluppo
psicologico. Eppure comprendere la natura del pensiero
è alla base di una vita pienamente funzionale e felice.

Pensare è una capacità, una funzione della coscienza


umana. Nessuno sa esattamente da dove arrivi il pen-
siero, ma possiamo affermare che proviene dallo stesso
posto in cui si trova qualunque cosa faccia battere il no-
stro cuore: deriva dall’essere vivi. Come nel caso di altre

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funzioni umane, il pensiero esiste con o senza il nostro
volere. In questo senso, il pensiero è un elemento imper-
sonale della nostra esistenza.

Il rapporto tra ciò che pensiamo


e ciò che sentiamo
Ogni sentimento negativo (o positivo) è il diretto risul-
tato di un pensiero. È impossibile sentirsi gelosi senza
prima avere pensieri di gelosia, sentirsi tristi senza prima
avere pensieri di tristezza, sentirsi arrabbiati senza prima
avere pensieri di rabbia. Ed è impossibile sentirsi depressi
senza avere pensieri di depressione. Sembra un concetto
abbastanza ovvio, ma se lo comprendessimo meglio sa-
remmo tutti più felici e vivremmo in un mondo più felice!
Nel corso degli anni, praticamente ogni cliente con
cui ho lavorato esordiva in questo modo a ogni seduta:
Cliente: “Mi sento davvero depresso oggi.”
Richard: “Si è reso conto di avere pensieri deprimenti?”.
Cliente: “Non ho fatto pensieri negativi o deprimenti;
mi sento solo depresso.”
Mi ci è voluto un po’ prima di riconoscere il nostro
problema di comunicazione. Ci hanno insegnato che
“pensare” significa sedersi a “riflettere”, metterci tempo
e impegno, come se dovessimo risolvere un problema
di matematica. In base all’idea che abbiamo dell’atto
del pensare, una persona che non si sognerebbe mai di
passare sei ore a ossessionarsi su un pensiero di rabbia
considererebbe comunque abbastanza “normale” fare
quindici o venti pensieri di rabbia della durata di trenta
secondi ciascuno.

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I “pensieri su qualcosa” possono durare diversi giorni
o un solo secondo. Noi abbiamo la tendenza ad accanto-
nare questi ultimi reputandoli meno importanti, se mai
ci accorgiamo della loro esistenza. Ma non è così. I senti-
menti seguono e rispondono a un pensiero, a prescindere
dalla sua durata. Per esempio, se pensiamo anche solo di
sfuggita: “Mio fratello ha ricevuto più attenzioni di me.
Non mi è mai piaciuto come persona”, il risentimento
che poi proviamo verso nostro fratello non è una sem-
plice coincidenza. Se pensiamo: “Il mio capo non mi ap-
prezza, non ottengo mai il riconoscimento che merito”,
il disagio che proviamo nei confronti del nostro lavoro
nasce all’incirca nello stesso momento in cui quel pen-
siero ci è passato per la testa. Succede tutto in un istante.
Il tempo necessario per provare l’effetto di un pensiero è
pari al tempo che passa tra il momento in cui premiamo
un interruttore e quello in cui si accende la luce.
Gli effetti negativi del pensiero si manifestano nel
momento in cui ci scordiamo che il “pensiero” è una fun-
zione della nostra consapevolezza, un’abilità di cui dispo-
niamo in quanto esseri umani. Siamo noi gli artefici del
nostro pensiero. Non si tratta di qualcosa che ci capita, ma
di qualcosa che creiamo. Arriva dal nostro interno, non
dall’esterno. È quel che pensiamo a determinare ciò che
vediamo, sebbene spesso sembri il contrario.
Prendiamo per esempio un atleta che “delude la pro-
pria squadra” commettendo un errore cruciale durante
l’ultima partita del campionato prima del suo ritiro. Per
anni, dopo aver detto addio allo sport, gli capita di rimu-
ginare di tanto in tanto su quell’errore. Quando la gente
gli chiede: “Perché sei sempre depresso?”, lui risponde:
“Sono stato così stupido a fare un errore del genere. Co-

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me altro dovrei sentirmi?”. Questo atleta non capisce di
essere l’artefice dei suoi stessi pensieri, né capisce che la
causa della sua sofferenza sono proprio quei pensieri. Se
provassimo a suggerirgli che sono i pensieri a renderlo
depresso, in tutta onestà ci risponderebbe: “Non è ve-
ro. Sono depresso perché ho commesso quell’errore, non
perché ci penso. In effetti, ormai non ci penso quasi più.
Sono semplicemente arrabbiato per com’è andata.”
All’errore dell’atleta possiamo sostituire un qualsiasi
altro tipo di esempio: una relazione passata, una attua-
le che sta naufragando, una cantonata finanziaria, parole
dure che abbiamo detto per ferire qualcuno, critiche ri-
volte a noi stessi, il fatto che i nostri genitori non fos-
sero perfetti, che abbiamo scelto la carriera o il compa-
gno sbagliati, o chissà che altro. In ogni caso, è sempre la
stessa storia. Sono i nostri pensieri e non le circostanze a
determinare i sentimenti che proviamo. Da un momento
all’altro, ci scordiamo che siamo noi i responsabili di ciò
che pensiamo, che siamo noi a dare origine ai pensieri, e
così spesso abbiamo l’impressione che siano le circostan-
ze a governare le nostre sensazioni ed esperienze di vita.
Di conseguenza, ci sembra logico attribuire la colpa della
nostra infelicità alle circostanze e riteniamo di non avere
alcun potere sulla nostra vita.

Siamo noi gli artefici dei nostri pensieri


A differenza di altre funzioni e abilità che possediamo in
quanto esseri umani, difficilmente ci ricordiamo che sia-
mo noi gli artefici dei nostri pensieri. È facile ricordarsi
che la voce è il prodotto della nostra capacità di parlare.

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Sarebbe praticamente impossibile restare sorpresi dalla
nostra capacità di linguaggio, visto che sappiamo benis-
simo che siamo noi a produrre i suoni. Possiamo gridare,
strillare, sbraitare e infuriarci, ma il suono della nostra
stessa voce non potrebbe mai spaventarci.
Lo stesso si può dire della capacità di ingerire e dige-
rire il cibo. Non sarebbe possibile mangiare qualcosa e
poi chiederci come mai sentiamo un determinato sapore
in bocca: sappiamo benissimo che siamo stati noi a met-
terci il cibo in bocca.
Ma con il pensiero è diverso. Una volta William Ja-
mes, padre della psicologia americana, disse: “Il pensiero è
il grande artefice della nostra esperienza.” Ogni esperien-
za e percezione nella vita si basa sul pensiero. Il pensiero,
che precede ogni cosa e persiste in modo automatico, è
la nostra funzione più basilare e che ci tocca più da vi-
cino. Abbiamo imparato in modo del tutto innocente a
interpretare i nostri pensieri come se fossero “reali”, ma
il pensiero non è altro che un’abilità di cui disponiamo:
siamo noi a generarlo. È facile credere che, se pensiamo
qualcosa, allora l’oggetto del nostro pensiero (il contenu-
to) corrisponde alla realtà. Una volta capito che il pensiero
è un’abilità piuttosto che una realtà, saremo in grado di
accantonare qualsiasi pensiero negativo che attraversi la
nostra mente. Così facendo, comincerà a venire a galla un
sentimento positivo di felicità. Se continuiamo a essere un
porto sicuro per i pensieri negativi (prestando loro troppa
attenzione o soffermandoci su di essi), ci perderemo i sen-
timenti positivi e risentiremo degli effetti della negatività.
Ecco un semplice esempio di come il pensiero pos-
sa essere frainteso e di come un simile fraintendimento
possa avere un’influenza su di noi, artefici dell’equivo-

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co. Facciamo finta di rovesciare per sbaglio un bicchie-
re d’acqua al ristorante, di alzare lo sguardo e vedere un
uomo, due tavoli più in là, che ci lancia quella che a noi
sembra un’occhiata di disapprovazione. La nostra rea-
zione è di rabbia. “Cosa vuole quello?” pensiamo. “Non
gli è mai caduto niente di mano? Che cretino!”. Ciò che
pensiamo delle circostanze ci fa sentire frustrati e finisce
per rovinarci il pomeriggio. L’incidente ci torna in men-
te di continuo, a distanza di pochi minuti, e quando ci
pensiamo, ci arrabbiamo. Ma la verità è che quell’uomo
non aveva nemmeno visto che avevamo rovesciato l’ac-
qua. Era perso nel proprio mondo, ripensava a un errore
che aveva commesso al lavoro quel giorno. Non avrebbe
potuto importargliene di meno di noi. In effetti, non sa-
peva nemmeno della nostra esistenza.
Sfortunatamente, tutti noi ci siamo ritrovati molte
volte in una situazione simile. Ci scordiamo che si trat-
ta solo dei nostri pensieri. Ci riempiamo la testa di in-
formazioni false che poi interpretiamo come se fossero
“reali” invece di semplici “pensieri”. Se solo riuscissimo
a tenere sempre a mente che siamo noi gli artefici dei no-
stri pensieri! Sapendo che, nel momento in cui pensiamo
qualcosa, ne avvertiamo gli effetti, come nell’esempio del
ristorante ci saremmo resi conto che a infastidirci non
erano i pensieri di qualcun altro, ma i nostri.
Comprendere il Principio del Pensiero e il modo in cui
si applica all’esperienza umana è un dono prezioso. Non
dobbiamo essere sempre in conflitto con l’ambiente e le
persone che ci circondano. Possiamo mantenere un senti-
mento positivo di felicità perché non ci sentiamo più co-
stretti a prendere davvero sul serio ogni pensiero che ci pas-
sa per la testa. Pur non avendo alcun tipo di controllo sulle

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azioni di un’altra persona, una volta capito che quello che
pensiamo sono solo “pensieri” e che non corrispondono alla
“realtà”, saremo in grado di rimanere immuni dagli effetti
nefasti di ciò che pensiamo di quella persona. Sono i pen-
sieri, e non le circostanze, a determinare i nostri sentimenti,
e l’assenza di pensieri negativi suscita sentimenti positivi.
Se non capiamo questo Principio, ci sembrerà che il
pensiero sia determinato da ciò che accade nel mondo
esterno. Ma in realtà è il contrario. È il pensiero a model-
lare la nostra esperienza di vita. Il modo in cui pensiamo
qualcosa, e soprattutto il rapporto che instauriamo con ciò
che pensiamo, determinano l’effetto che i pensieri hanno
su di noi. Le circostanze esterne di per sé sono neutre.
Solo il pensiero attribuisce loro un significato. Ecco per-
ché, come spesso accade, la stessa identica circostanza
può avere un significato del tutto diverso per persone
diverse. Nell’esempio del ristorante, se avessimo accan-
tonato i pensieri negativi, non avremmo nemmeno fat-
to caso all’incidente. Se instaurassimo un rapporto sano
con la nostra capacità di pensare, potremmo continuare
ad avere dei pensieri, ma senza seguirne il “corso”, e non
permetteremmo loro di turbarci.

Il rapporto con il nostro pensiero


La visione che ogni persona ha del rapporto tra pensiero e
realtà può essere espressa graficamente come una linea retta:

“I miei pensieri ____________ “I miei pensieri


rappresentano la realtà.” non sono altro che pensieri.”

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A un estremo abbiamo il pensiero visto come “real-
tà”. Da un punto di vista clinico, si tratta della visione
di una persona psicotica, che non userebbe mai la parola
“pensiero”. Un soggetto psicotico vive davvero ogni pen-
siero come se fosse reale. Non vede alcuna differenza tra
il pensiero e la realtà. Se pensa di sentire delle voci che
gli dicono di buttarsi dalla finestra, si butta; se pensa di
vedere un mostro, scappa. A prescindere dal contenuto
dei suoi pensieri, il soggetto psicotico crede che essi cor-
rispondano alla realtà, nel cento per cento dei casi.
All’estremo opposto della linea retta si trovano le
persone che hanno compreso il processo del pensiero e
incarnano la salute mentale e la felicità; non prendono
troppo sul serio i propri pensieri né quelli degli altri, di
rado si lasciano abbattere o rovinare la giornata da ciò
che pensano. Chi si trova a questo capo della linea può
avere in testa qualsiasi tipo di pensiero e sapere comun-
que che “non è altro che un pensiero”.
La maggior parte di noi si trova in un qualche punto
tra i due estremi. Pochi prendono i propri pensieri tal-
mente sul serio da essere considerati degli psicotici. Ma,
cosa molto più sorprendente, pochissimi capiscono ap-
pieno la natura del pensiero e possono posizionarsi all’e-
stremo giusto della linea. La maggior parte di noi non
capisce di essere l’artefice dei propri pensieri e che siamo
noi stessi a generarli. A volte può anche capitare che ce
ne rendiamo conto, ma solo in modo selettivo. La mente
crea numerose eccezioni a questo Principio, negandoci
così la comprensione di cui abbiamo bisogno per metter-
lo in pratica nella vita. Per esempio, prendiamo un giorno
in cui ci sentiamo giù e pensiamo: “Non riuscirò mai a
portare a termine questo progetto.” Piuttosto che dirci:

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“Oh, ecco che i miei pensieri ripartono in quarta” ponen-
do fine all’istante alla negatività, continuiamo a seguire
il corso dei nostri pensieri. Ci diciamo: “Lo sapevo fin
dall’inizio, non avrei mai dovuto mettermi alla prova con
questo progetto, non sono mai stato bravo a fare questo
tipo di lavoro e non ci riuscirò mai” e così via. Una corret-
ta comprensione del Principio del Pensiero ci permette
di interrompere questi “attacchi del pensiero” prima che
ci distruggano del tutto. Proviamo a immaginare questi
pensieri come un disturbo su uno schermo televisivo, co-
me un’interferenza. Non c’è ragione di studiare e analiz-
zare le interferenze su uno schermo e, allo stesso modo,
non c’è ragione di studiare le interferenze nei nostri pen-
sieri. Senza una corretta comprensione del Principio del
Pensiero, la minima interferenza nella nostra mente può
crescere a dismisura fino a rovinarci la giornata o persino
la vita intera. Una volta considerati i pensieri negativi co-
me un disturbo o un’interferenza, potremo accantonarli
perché non servono più a soddisfare le nostre esigenze.
Nell’esempio citato, i pensieri negativi sul fatto di non
avere le capacità per portare a termine il progetto non ci
aiuteranno di certo a completarlo.
Tutti noi generiamo un flusso ininterrotto di pensieri,
ventiquattro ore al giorno. Un pensiero dimenticato, è
andato. Nel momento in cui lo ripensiamo, torna pre-
sente. Ma in ogni caso resta sempre e solo un pensiero.
In poche parole, significa che pensare qualcosa non vuol
dire che dobbiamo prenderci a cuore qualsiasi pensiero e
reagire in modo negativo. Dobbiamo scegliere i pensieri
ai quali vogliamo reagire.
La maggior parte delle persone è in grado di com-
prendere questo Principio e di applicarlo agli altri, ma

24
non a se stesse. Prendiamo il caso di un automobilista
frustrato in autostrada. Una macchina gli taglia la strada,
rischiando di provocare un incidente. Nella sua mente
si forma un pensiero: “Voglio uccidere il conducente di
quella macchina.” Siamo in presenza di un pensiero che
gli ha attraversato la mente. La maggior parte di noi lo
accantonerebbe come un pensiero stupido. Piacerebbe a
tutti che ciascun automobilista guidasse con più atten-
zione, ma non prenderemmo mai troppo sul serio quel
pensiero violento. Tuttavia, un soggetto psicotico non
è in grado di accantonarlo così facilmente perché crede
fermamente che ogni pensiero che ha in testa corrispon-
da alla realtà e debba essere preso sul serio.
Per quanto possiamo simpatizzare (se non ridere) con
un pensiero del genere senza prenderlo sul serio, in for-
me ed estremi diversi ci ritroviamo tutti a pensare cose
simili centinaia di volte al giorno. Ognuno di noi, a pro-
prio modo, confonde il pensiero con la realtà. Riusciamo
a considerare i pensieri degli altri (vedi quello dell’au-
tomobilista in autostrada) come “semplici pensieri”, ma
non siamo quasi mai in grado di considerare i nostri allo
stesso modo. Perché i nostri pensieri ci sembrano così
reali? Perché siamo noi a generarli.

Mai prendere i propri pensieri


troppo sul serio
Una persona potrebbe stare in pena pensando: “Mi chie-
do se gli piaccio, scommetto di no.” Eppure riconosce-
rebbe senza difficoltà che il pensiero dell’automobilista
in autostrada “non era altro che un pensiero”. La mag-

25
gior parte di noi ritiene che i propri pensieri meritino
di essere considerati con seria attenzione e interesse, ma
quando si tratta di quelli di un altro, allora li conside-
ra come semplici pensieri che non meritano attenzione.
Perché? Ancora una volta, perché il nostro pensiero mo-
della la realtà dall’interno e ci tocca così da vicino che
è facile dimenticarsi che siamo noi a crearlo. Il pensiero
ci aiuta a trovare un senso a ciò che vediamo: ne abbia-
mo bisogno per sopravvivere nel mondo e per dare un
significato alla vita. Tuttavia, se comprendessimo appie-
no la vera natura e lo scopo del pensiero, non avremmo
bisogno di prendere a cuore (o troppo seriamente) tutto
ciò che ci capita di pensare. Prenderemmo tutto meno
sul serio.
Il pensiero non corrisponde alla “realtà” ma è un sem-
plice tentativo di interpretare una situazione. La per-
sonale interpretazione di ciò che vediamo dà origine a
reazioni emotive che non sono il risultato di ciò che ci
accade, ma derivano dal nostro pensiero, dal nostro siste-
ma di credenze.
Per spiegare meglio questo concetto prendiamo in
considerazione l’esempio dell’arrivo di un circo in città.
Per le persone e le famiglie che amano questo genere di
spettacolo, è motivo di festa. Per chi non ama il circo,
l’aumento del traffico e la confusione sono motivo di pre-
occupazione. Di per sé il circo è neutro, cioè non causa
reazioni né positive né negative. Potremmo trovare an-
che molti altri esempi. Una volta afferrato il concetto,
il pensiero può rivelarsi un dono enorme per aiutarci a
vivere. Per contro, possiamo anche diventare vittime dei
nostri pensieri, peggiorando la qualità della nostra vita.
Dal momento che i nostri pensieri cambiano continua-

26
mente, la vita può trasformarsi in una lotta, se non in un
campo di battaglia.
In apparenza, il livello di felicità che proviamo aumen-
ta e diminuisce in base alle circostanze in cui ci troviamo.
In realtà, non sono le circostanze a determinare il nostro
livello di benessere, ma il modo in cui le interpretiamo.
Ecco perché circostanze identiche possono significare co-
se diverse per persone diverse. Imparando a considerare i
pensieri negativi come una sorta di interferenza mentale,
la smetteremo di prestare loro così tanta attenzione.
Comprendere la natura del pensiero ci permette di
vivere in uno stato di pace neutro, caratterizzato da un
sentimento di felicità e appagamento spensierato. Quan-
do distogliamo l’attenzione da ciò che pensiamo, soprat-
tutto quando si tratta di pensieri negativi, ci ritroviamo
con un sentimento positivo di tranquillità. Ciò non si-
gnifica in alcun modo che non è necessario pensare, anzi,
dobbiamo farlo. Significa solo che non vale la pena di
soffermarsi sui pensieri negativi (che provocano angoscia
e sofferenza) perché ci distolgono da quello che cerchia-
mo: la felicità. Con un simile appagamento, nella nostra
mente si viene necessariamente a creare uno spazio in
cui si insinuano pensieri nuovi e creativi, permettendoci
di recuperare quella visione basata sull’effetto flou (o soft
focus) tipica dell’infanzia che riporta la meraviglia e l’av-
ventura nella nostra vita.
L’effetto flou ci permette di ascoltare gli altri in mo-
do amorevole. Ci permette anche di ascoltare le critiche
senza infastidirci, perché non analizziamo più le infor-
mazioni: ci limitiamo a incamerarle.
In definitiva, il rapporto che instauri con il pensie-
ro determina il tuo livello di salute mentale e di felicità.

27
Pensi che un pensiero debba essere preso sul serio solo
perché ti è venuto in mente? O hai capito che il pensie-
ro è un prodotto della tua natura di essere umano e che
non devi confonderlo con la realtà? Sei in grado di avere
dei pensieri e passare oltre, con l’effetto flou, o ti senti
costretto a prenderli in considerazione e ad analizzarli?

Laura e Steve
Laura è in macchina e sta andando a trovare il suo ragazzo,
Steve. Durante il tragitto, in radio sente parlare del nu-
mero di matrimoni che finiscono con un divorzio. Allora
comincia a pensare: “Chissà se Steve e io ci sposeremo.
Chissà se ne vale la pena. Il nostro sarebbe un buon ma-
trimonio? Steve assomiglia molto a suo padre, che è di-
vorziato. Arriva spesso in ritardo e tende a lavorare troppo.
Chissà se tiene a me quanto al suo lavoro. Chissà se terrà ai
nostri figli quanto al suo lavoro.” E continua a rimuginare.
I pensieri di Laura si sono sviluppati in modo auto-
matico, nello spazio di un istante. Mettiamo ora a con-
fronto gli effetti di tali pensieri in base al rapporto che
Laura ha con essi. In primo luogo, facciamo finta che
Laura (come la maggior parte delle persone) creda che,
quando le viene in mente una cosa, sia giusto conside-
rarla con attenzione e prenderla sul serio. Laura non è
del tutto consapevole del fatto di essere l’artefice dei suoi
pensieri, e presume che il loro contenuto debba neces-
sariamente avere una certa rilevanza. Pensa dunque che
il timore sorto per la propria relazione sia giustificato e
decide di sollevare la questione con Steve. Poi passa il
resto del tragitto a preoccuparsi.

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Prendiamo ora in considerazione un’alternativa e
supponiamo che Laura sappia che sono i pensieri a cre-
are l’esperienza di vita. La sua mente è attraversata dagli
stessi identici pensieri del caso precedente e, per un atti-
mo, lei comincia ad avvertirne l’effetto negativo. Poi però
si ricorda che sono stati i pensieri, e non Steve, a farla
preoccupare per la loro relazione che, fino a quel mo-
mento, andava alla perfezione. Qualche secondo prima,
quando ancora non aveva sentito la notizia alla radio,
stava riflettendo proprio sul fatto che le cose tra loro
andavano alla grande; era in quel piacevole stato in cui ci
si limita a pensare senza analizzare ciò che si pensa. Ora
ride tra sé e sé, grata di non essere più vittima dei propri
pensieri. Passa in modalità “effetto flou” e li accantona.
E trascorre il resto del tragitto a godersi la sua musica
preferita e la sua felicità.

L’opzione di agire
in base ai propri pensieri
La maggior parte di noi presume che ci sia un motivo
ogni volta che ci salta in mente qualcosa. Lo conside-
riamo una rappresentazione della realtà a cui dedicarci
e prestare attenzione. Tuttavia, una volta compreso il
Principio del Pensiero, sappiamo che si tratta di una con-
vinzione errata della nostra mente. Se ci viene in men-
te qualcosa, dobbiamo riconoscerlo per quello che è: un
pensiero di passaggio. Ciò non significa che non possia-
mo, o non dobbiamo, riflettere o agire in base a ciò che
pensiamo, ma che abbiamo a disposizione un’altra op-
zione. Ogni giorno la mente è attraversata da migliaia di

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pensieri e, come dice il Principio che analizziamo in que-
sto capitolo, nessuno è più importante degli altri; ognuno
non è altro che un pensiero. Quando questo Principio ci
sarà chiaro, i nostri pensieri non avranno più il potere di
determinare in tutto e per tutto la qualità della nostra
vita. Al contrario, potremo scegliere di mantenere quel-
lo stato caratterizzato da sentimenti piacevoli che deriva
dall’effetto flou.
Il motivo per cui siamo in grado di guardare un film
sconvolgente o spaventoso e poi andare tranquillamente
a mangiare fuori è che lasciamo sempre una certa distan-
za tra noi e il film. Sappiamo che è solo finzione. Una
volta che il film è finito, basta, è finito. Non è più con noi
e possiamo andare avanti con la nostra vita. Lo stesso
vale per il pensiero. È solo nella nostra mente. Una vol-
ta che un pensiero ci esce dalla testa, è andato, almeno
finché non ci pensiamo di nuovo. Non abbiamo nulla da
temere dal pensiero, purché capiamo che non è altro che
un pensiero.
Forse, l’errore più grande che puoi commettere nell’in-
terpretare questo Principio è credere che l’obiettivo sia
controllare ciò che pensi. In verità, l’obiettivo è compren-
dere il pensiero per ciò che è: un’abilità di cui disponi e
che modella la realtà dall’interno. Niente di più, niente
di meno. I pensieri non determinano in modo definitivo
la qualità della tua vita, ma piuttosto il rapporto che in-
stauri con ciò che pensi: il modo in cui crei i pensieri e
reagisci a essi. Come percepisci il pensiero: come realtà o
per quello che è?

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Un’analogia con i sogni
Capita spesso di svegliarsi al mattino e dire: “Wow, ho
fatto un sogno che sembrava proprio vero.” Ma, per
quanto sembrasse reale, sappiamo che era solo un sogno.
Quindi se sognassimo di portare la macchina a riparare
dal meccanico e di ritirarla in condizioni peggiori, non
andremmo a lamentarci in un’officina. Sappiamo che i
sogni non sono altro che pensieri che facciamo nel son-
no. Applicando lo stesso ragionamento ai pensieri fatti
da svegli, che sembrano anch’essi reali nel momento in
cui si manifestano, non avremo più bisogno di conside-
rarli veri.

I due aspetti del pensiero


Il pensiero presenta due aspetti molto importanti da
comprendere. Il primo consiste nel fatto che siamo noi
a pensare, che siamo noi a disporre di questa funzione
umana: non si tratta tanto di ciò che pensiamo (del con-
tenuto), ma della consapevolezza che siamo noi a pensare
e a generare i pensieri che ci attraversano di continuo
la mente. Il secondo aspetto, quello di cui si discute di
solito, è il contenuto, ovvero ciò che pensiamo. C’è una
grande differenza tra questi due aspetti. I sostenitori del
pensiero positivo suggeriscono di fare il più possibile
pensieri positivi e di evitare del tutto quelli negativi. An-
che se è vero che i primi ci fanno sentire meglio rispetto
ai secondi, il concetto del pensare positivo è sbagliato,
perché si basa sul presupposto che il pensiero, in sé e per
sé, contenga una realtà di cui dobbiamo preoccuparci.

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Ma, positivo o negativo che sia, il pensiero resta comun-
que una semplice funzione.
Una volta compreso il pensiero per quello che è vera-
mente, vedremo anche i pensieri positivi e negativi per
quello che sono. Chi pensa positivo vive sotto la costante
pressione di dover fare solo pensieri positivi, cosa che ri-
chiede uno sforzo e una concentrazione enormi e lascia
poche energie per pensieri nuovi e creativi. Quando la
mente è attraversata da pensieri negativi (e prima o poi
accade di certo), ci vediamo costretti a negare la loro esi-
stenza e a scavalcarli con pensieri positivi.
Al contrario, chi ha compreso la natura del pensiero
non sente la pressione di dover dare un contenuto speci-
fico a quello che pensa. Considera il pensiero per quello
che è: una funzione della coscienza, un’abilità volontaria
che modella la propria esperienza di vita. Ciò significa
forse che le persone che sanno che il pensiero è solo una
funzione pensano intenzionalmente in modo negativo?
Assolutamente no. Né tantomeno significa che la loro
mente non sarà mai attraversata da pensieri negativi.
Semplicemente, queste persone hanno capito che i pen-
sieri negativi, in sé e per sé, non hanno il potere di ferirle.
Per loro, positivi o negativi che siano, i pensieri non sono
altro che pensieri.

La storia di Stacey
In quanto semplice funzione della coscienza, il pensiero
è privo di contenuto finché non siamo noi a dargliene
uno. Le nostre convinzioni e idee sulla vita, i presuppo-
sti fondamentali e le opinioni che nutriamo determi-

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nano il contenuto dei nostri pensieri, che però di per sé
sono innocui. Restano dei concetti vuoti fino a quando
non siamo noi a riempirli di significato. Supponiamo
che Stacey sia cresciuta con una baby sitter, assunta a
tempo pieno dai suoi genitori per aiutarli a prendersi
cura di lei. Una volta cresciuta, Stacey si convince che
per essere un buon genitore la cosa più importante sia
passare più tempo possibile con i figli. Un giorno, men-
tre pensa ai genitori, le viene in mente che forse loro
non le hanno prestato tutta l’attenzione che avrebbero
dovuto. Dopotutto, hanno assunto una baby sitter per
badare a lei. Perché non hanno voluto occuparsi perso-
nalmente della propria figlia? Forse non tenevano a lei
tanto quanto dicevano.
Ma come fa Stacey a saperlo? Su cosa si basa la sua
conclusione? Chi è stato ad attribuire un contenuto spe-
cifico al suo pensiero sull’essere genitore? È stata lei stes-
sa. Le è venuto in mente un pensiero sui suoi genitori
(inizialmente un pensiero semplice), fino a quando non
gli ha attribuito un contenuto di questo tipo: “Forse i
miei non tenevano a me tanto quanto ho sempre pensa-
to.” A prescindere dal fatto che Stacey abbia un rapporto
perfettamente sano e affettuoso con entrambi i genitori,
le è venuto in mente quel pensiero. Se lo prende sul serio
e ci crede, di certo si sentirà di cattivo umore. Potrebbe
parlarne con gli amici, con il marito o, se davvero le sem-
brasse importante, persino con i genitori e litigare con
loro. In effetti, stando alla psicologia popolare, dovrebbe
fare proprio così: analizzare l’interferenza e poi agire in
base a essa. Si pensa che sia una buona idea togliersi un
peso dallo stomaco ed esprimere i propri sentimenti, ma
è sempre così? Se Stacey sapesse davvero da dove arriva-

33
no i suoi sentimenti, sceglierebbe comunque di sollevare
la questione con i genitori?
In questo caso, come in molti altri, la sofferenza deri-
va da un semplice fraintendimento della natura del pen-
siero. Invece di considerare il pensiero come un’attività
ininterrotta, Stacey tende a prendersi a cuore i propri
pensieri. Se capisse le ragioni di quello che è successo,
potrebbe accantonare i pensieri negativi sul modo in cui
è stata cresciuta, permettersi di conservare uno stato d’a-
nimo positivo e di sentirsi sicura della propria vita.
Nel corso dei prossimi tre capitoli torneremo di nuo-
vo sulla storia di Stacey e della baby sitter a tempo pieno,
per dimostrare come i cinque Principi agiscano sinergi-
camente gettando le basi per una vita felice.

I sistemi di pensiero
Tutti i vecchi pensieri sono ammassati nel nostro “si-
stema di pensiero”, un’unità indipendente attraverso la
quale vediamo il mondo. Ogni decisione, reazione e in-
terpretazione che abbiamo è pregna del nostro sistema di
pensiero individuale.
Questo sistema è una sorta di filtro attraverso cui pas-
sano le informazioni, prima ancora che ne diventiamo
consapevoli. È uno schema di pensiero complesso e per-
fettamente intrecciato, in cui idee, convinzioni, speranze e
opinioni sono tutte collegate tra loro. È il nostro sistema
di pensiero che ci permette di confrontare fatti o situa-
zioni nuovi con ciò che abbiamo appreso con l’esperienza.
Il sistema di pensiero contiene tutte le informazioni
accumulate nel corso della vita e le sfrutta per interpre-

34
tare il significato relativo a ciò che ci capita. In questo
senso, un sistema di pensiero è la fonte del pensiero con-
dizionato. Nel momento in cui facciamo affidamento sul
nostro sistema, pensiamo in maniera abituale, nel nostro
solito modo di vedere le cose. È proprio qui, nel sistema
di pensiero, che si forma il nostro modo abituale di rea-
gire alla vita.
Nei sistemi di pensiero è racchiusa la visione che ognu-
no di noi si è fatto della propria esistenza. Si tratta dei
meccanismi psicologici che ci convincono di avere ragio-
ne, di aver capito correttamente o di avere tutto il diritto di
agire in un determinato modo. I sistemi di pensiero sono
per natura ostinati e non amano subire alterazioni. Non
hanno bisogno di conferme dall’esterno. Se il tuo sistema
di pensiero nutre la convinzione che il sistema scolasti-
co del tuo Paese sia deleterio e rappresenti la causa della
maggior parte dei problemi dello Stato, allora potrebbe
verificarsi il seguente scenario. Leggendo il giornale, a pa-
gina trentasei ti imbatti in un articolo verso il fondo della
pagina che dice: “Ventuno studenti non superano il test
Invalsi.” Ti scappa un sorriso: ecco l’ennesima dimostra-
zione del fatto che hai ragione. Mostri l’articolo alla tua
dolce metà: “Vedi, tesoro, la scuola sta cadendo a pezzi.
Proprio come dico sempre io.” Ma non sai che la prima
pagina dello stesso giornale riporta il titolo: “Risultati dei
test Invalsi migliorati del 17 per cento negli ultimi cinque
anni!”. Ma tale è la natura dei sistemi di pensiero. A causa
dei collegamenti che si stabiliscono a livello mentale, avre-
mo sempre l’impressione che ci sia un nesso logico tra le
diverse cose che percepiamo come vere. Ci sembrerà che
le nostre convinzioni abbiano sempre perfettamente senso
all’interno del nostro sistema di pensiero.

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Il nostro sistema di pensiero ci porta a credere che
siamo realisti e che la vita sia davvero come la vediamo. I
sistemi di pensiero non sono per niente turbati dal fatto
che la stessa situazione possa essere considerata un’op-
portunità da una persona e un grosso problema da un’al-
tra altrettanto intelligente. Il sistema di ognuno di noi
accantona punti di vista diversi come se fosse fuori stra-
da, magari mossi da buone intenzioni, ma comunque sia
sbagliati, oppure non abbastanza giusti.
I sistemi di pensiero, pieni delle nostre esperienze
passate e delle informazioni accumulate nel corso della
vita, ci incoraggiano a continuare a vedere le cose nello
stesso modo. Abbiamo sempre reazioni negative (o po-
sitive) alle stesse situazioni o circostanze e interpretiamo
le esperienze attuali in base a quelle passate. Chi crede
che gli altri siano per natura critici si terrà sulla difensi-
va ogni volta che riceve un suggerimento, a prescindere
dal fatto che la persona che glielo dà lo intenda o meno
come una critica. Questo sarà il tema ricorrente della sua
vita, a meno che (e fino a che) non comprenderà la natura
dei sistemi di pensiero, e in particolare del suo. Una volta
compreso questo concetto, capirà che non è la realtà o la
verità, quella che vede, ma un’interpretazione della realtà
che è generata dal suo modo di pensare.
Dato che i nostri sistemi di pensiero ci appaiono tanto
familiari, crediamo che ci forniscano informazioni vere
e accurate. Visto che non hanno bisogno di conferme
dall’esterno, accettiamo le idee che ci sembrano familia-
ri e non teniamo conto di tutto il resto. Ecco perché di
rado la gente cambia idea in fatto di politica e religione,
e perché esita a discuterne persino con amici e familia-
ri. Ognuno “conosce la verità” ed è in grado di portare

36
esempi e argomenti a favore delle proprie affermazio-
ni. E “sa” anche che amici e familiari “non sanno qual è
la verità” e che, essendo ostinati, probabilmente non la
conosceranno mai. Sappiamo bene cosa succede quan-
do ci si scontra con altri sistemi di pensiero: di solito la
frustrazione regna sovrana. Ecco perché la gente gravita
attorno a persone che condividono le sue stesse convin-
zioni e perde la pazienza con gli altri.
Comprendere la natura dei sistemi di pensiero può
aiutarci a cambiare le cose. Una volta che sappiamo che
gli altri (e noi stessi) interpretano in tutta innocenza le
proprie convinzioni come vere, possiamo abbandonare
la necessità di avere sempre ragione. Ci rendiamo conto
che le nostre convinzioni non sono altro che una fun-
zione basata su condizionamenti ed esperienze passati.
Se avessimo avuto un passato diverso, adesso vedremmo
la vita in modo diverso. Allo stesso modo, anche le con-
vinzioni degli altri sono il risultato delle loro esperienze
passate. Se le cose fossero andate diversamente, sarebbe
emersa una serie di convinzioni del tutto differente.
“Sarà anche vero” potresti obiettare, “ma la mia visione
della vita è buona, e non solo continuo a credere che sia
accurata, ma non la cambierei nemmeno se potessi.” Il
punto qui non è cambiare il proprio sistema di pensiero
o le proprie idee sulla vita, ma comprendere la loro na-
tura arbitraria. Per sentirci meno frustrati dobbiamo solo
accettare l’esistenza dei sistemi di pensiero, non alterarne
i contenuti. Se non capiamo i sistemi di pensiero, diffi-
cilmente saremo in grado di ascoltare altri punti di vista.
Interpreteremo quello che gli altri dicono e fanno in base
a ciò che già sappiamo. Recepiremo le informazioni e
decideremo quali hanno senso in base alla nostra cono-

37
scenza pregressa. A meno che non si tratti di informa-
zioni su cui ci troviamo già d’accordo, il nostro sistema di
pensiero tenderà a scartarle. Di norma, il nostro sistema
di pensiero non gradisce l’ingresso di nuove informazio-
ni. Ecco perché avvenimenti e circostanze sempre uguali
possono continuare a darci fastidio per tutta la vita: ab-
biamo sviluppato relazioni ricorrenti di causa-effetto tra
determinati avvenimenti e reazioni.
Per esempio, potremmo pensare che ogni volta che
qualcuno ci dà un suggerimento lo faccia perché non ci
approva come persona. Non mettiamo in dubbio questa
ipotesi perché il nostro sistema di pensiero fa di tutto
per avvalorarla; perciò ci apparirà sempre come un’ipote-
si corretta e accurata sulla natura umana. Anche se quella
persona ci assicura che siamo completamente fuori stra-
da, ci convinciamo che abbia dei secondi fini o che non
sia consapevole dell’ostilità che prova nei nostri confron-
ti. Anche se ci vorrà del tempo, cercheremo di convali-
dare ciò che crediamo per dimostrare di avere ragione,
malgrado il prezzo da pagare sia la nostra felicità.
Invece, capendo la natura dei sistemi di pensiero, po-
tremo cominciare a guardare oltre e a percepire il valore
di punti di vista diversi dal nostro. Quelle che prima ci
sembravano critiche, ora sono solo opinioni di un’altra
persona che ha un proprio sistema di pensiero. In pratica,
possiamo eliminare dalla nostra vita le discussioni che
non portano a niente e cancellare del tutto i sentimenti
di risentimento, confusione o rabbia nei confronti di chi
non vede le cose come noi. In effetti, una volta capita la
natura ostinata dei sistemi di pensiero, arriviamo persino
ad aspettarci che gli altri non la pensino come noi.

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Bob e Carol, Ted e Alice
La coppia A, Bob e Carol, conosce i sistemi di pensiero,
mentre la coppia B, Ted e Alice, non li conosce.
Bob e Carol hanno un figlio piccolo a cui entrambi
vogliono molto bene. Bob, nel tentativo sincero di al-
leggerire la moglie da qualche responsabilità, si offre di
prendere un permesso dal lavoro per portare il bambi-
no dal dottore per la vaccinazione. Non pensa che sia la
parte più divertente del crescere i figli, ciononostante si
offre di farlo. Carol, secondo la quale la disponibilità del
marito a portare il bambino dal dottore è un modo im-
portante di dimostrarle il suo amore, apprezza lo sforzo e
lo ringrazia, ma declina l’offerta. Sa che il sistema di pen-
siero di Bob prevede modi diversi di dare aiuto rispetto
al suo. Ma, cosa più importante, Carol è consapevole di
avere un proprio sistema di pensiero, con bisogni, opi-
nioni e desideri diversi relativi all’essere madre. In tutta
tranquillità decide di andare personalmente dal dottore.
Coppia B: stesso scenario, ma diverso livello di com-
prensione. Ted, che ama il proprio figlio quanto Bob,
offre alla moglie lo stesso tipo di aiuto. Alice però non
sa cosa sia un sistema di pensiero. Per lei, un’offerta di
questo genere esprime solo un messaggio di sfiducia nei
confronti del suo ruolo di madre. Non proporrebbe mai
questo tipo d’aiuto alle amiche (se non in casi di emer-
genza) perché “sa” che portare il figlio a fare la vacci-
nazione è uno dei requisiti di una madre responsabile.
Rispondendo al marito, lo accusa di non apprezzare le
sue capacità di madre. Dato che, come Alice, anche Ted
non conosce i sistemi di pensiero, la definisce una “in-
grata”. Segue un litigio, ed entrambi finiscono per sen-

39
tirsi infelici per giorni. Questo è solo un esempio delle
tipiche discussioni che possono avvenire quando non si
comprendono i sistemi di pensiero.
Se Ted o Alice li avessero conosciuti, il litigio non
avrebbe mai avuto luogo. La moglie avrebbe ascoltato
l’offerta del marito e, a prescindere da come la pensas-
se, avrebbe risposto: “No, grazie. Preferisco andarci io” o
qualcosa di simile. Se Ted, a sua volta, avesse conosciuto
i sistemi di pensiero, avrebbe stroncato sul nascere il pro-
blema, conscio del fatto che la reazione di Alice era un
prodotto del suo personale sistema di pensiero. Avrebbe
espresso il proprio desiderio di aiutarla senza mettersi
sulla difensiva, ma con amore. Anche se Alice non avesse
reagito in modo consono alla sua spiegazione affettuosa,
Ted non si sarebbe sentito attaccato sul piano personale.
Al contrario, avrebbe capito che il problema era dovu-
to alla divergenza tra i loro sistemi di pensiero intenti a
giocare a ping-pong, che poi è esattamente quello che è
accaduto. Due sistemi di pensiero non possono vedere
le cose allo stesso modo, proprio come due persone che
parlano lingue diverse non possono capirsi senza l’aiuto
di un interprete.
È interessante notare come le due donne fossero
ugualmente risolute a portare personalmente il bambino
dal dottore. La diversità del loro comportamento non è
dipesa da opinioni o circostanze diverse, ma dalla loro
conoscenza dei sistemi di pensiero. Carol sapeva che la
sua opinione derivava dal proprio sistema di pensiero,
mentre Alice era convinta che provenisse dal fatto stesso
di essere madre. Riteneva che certi doveri intrinseci di
una buona madre fossero più importanti di altri, e per
questo ha interpretato la proposta del marito di condivi-

40
dere le responsabilità come una critica nei confronti delle
sue capacità genitoriali.
Una volta compreso il funzionamento dei sistemi di
pensiero, potremo evitare questo tipo di discussioni inu-
tili e l’infelicità che provocano.

41
CAPITOLO DUE

Il Principio
degli STATI d’ANIMO

Il tempo raffredda, il tempo chiarifica;


nessuno stato d’animo si può mantenere
del tutto inalterato nello scorrere delle ore.
Thomas Mann

C osì come, in quanto esseri umani, pensiamo senza so-


sta, anche il nostro livello di consapevolezza del fatto
che pensiamo cambia senza sosta. La costante variazione
della consapevolezza di noi stessi in quanto artefici del pen-
siero definisce i cosiddetti cambiamenti di “stato d’animo”.
Su e giù, su e giù, ogni minuto, ogni giorno, il nostro stato
d’animo è sempre in movimento. Per alcune persone, si trat-
ta di alterazioni minime, per altre, di alterazioni estreme.

In entrambi i casi, resta il fatto che, dal punto di vista


emotivo, non rimaniamo mai fermi nello stesso posto

42
troppo a lungo. Non appena ci sembra che la vita scorra
senza difficoltà, ecco che il nostro stato d’animo precipi-
ta e la vita torna a sembrarci in salita. Oppure, proprio
quando abbiamo perso le speranze, l’umore si risolleva e
tutto torna a posto.
Quando sei di buonumore, la vita ti sembra bella. Vedi
tutto nella giusta prospettiva e con buonsenso. Le cose
non sono poi tanto difficili, i problemi spaventano meno
e sono più facili da risolvere. I rapporti vengono gestiti
con facilità e la comunicazione con gli altri è semplice e
garbata. Quando sei di cattivo umore, invece, la vita ap-
pare insostenibile, seria e difficile. Non hai la giusta pro-
spettiva, hai l’impressione che gli altri ti abbiano preso
di mira. Prendi le cose sul personale e spesso fraintendi
le persone che ti circondano. Le caratteristiche degli sta-
ti d’animo sono universali. Valgono per tutti. Nessuno al
mondo si sente felice, spensierato e in vena di scherzare se
è di cattivo umore, e viceversa nessuno si sente depresso,
sulla difensiva, arrabbiato e ostinato se è di buonumore.

I continui cambiamenti
degli stati d’animo
Le persone non si accorgono che lo stato d’animo cam-
bia di continuo. Al contrario, pensano che la vita sia
peggiorata d’un tratto nel giro di un giorno o di un’ora.
Consideriamo l’esempio di un cliente che, inizialmente,
si era rivolto a me perché riteneva di avere seri problemi
di coppia con la moglie. Venne nel mio ufficio per due
giorni consecutivi. Il primo era raggiante, faceva persino
lo spaccone mentre raccontava quanto si fosse divertito

43
con la moglie durante il fine settimana. Stando alle sue
parole, avevano riso, giocato, parlato e fatto passeggiate
romantiche. Era visibilmente di buonumore. Il giorno
seguente si presentò per lamentarsi dell’ingratitudine
della moglie nei confronti di tutto quello che faceva per
lei. “Non apprezza mai niente di quello che faccio” disse.
“È la persona più ingrata che abbia mai conosciuto.”
“E che mi dice di ieri?” gli chiesi. “Non mi ha raccon-
tato forse di quanto fosse tutto meraviglioso tra voi?”
“Sì, ma mi sbagliavo di grosso. Mi prendevo in giro
da solo, come ho sempre fatto da quando siamo sposati.
Penso che chiederò il divorzio.”
Un’inversione così rapida e radicale può sembrare
assurda, o addirittura buffa, ma capita a tutti. Quando
siamo di cattivo umore perdiamo la capacità di ascoltare
e gettiamo alle ortiche la giusta prospettiva. La vita ci
appare seria, grave e urgente.

Gli stati d’animo fanno parte


della condizione umana
Gli stati d’animo sono una condizione umana. Non si
possono evitare. Leggendo questo libro non smetterai di
cambiarli, sarebbe impossibile. È possibile invece impa-
rare che gli stati d’animo fanno parte della natura umana.
Piuttosto che rimanere impantanato nel malumore, con-
vinto di vedere la vita in modo realistico, potrai imparare
a mettere in discussione i tuoi giudizi quando ti trovi in
uno stato simile. Se lo stato d’animo cambia, anche la
visione della vita e dei diversi avvenimenti che la com-
pongono cambierà. Devi imparare ad andare oltre il ma-

44
lumore e a vederlo come una semplice condizione umana
inevitabile che passerà con il tempo. Basta lasciarla stare
ed evitare di prestarle troppa attenzione.
Grazie al Principio degli Stati d’Animo, possiamo
imparare ad apprezzare i momenti positivi e a compor-
tarci con gentilezza in quelli negativi. Ciò è in netto con-
trasto con quello che fa la maggior parte di noi quando
il morale è basso: cerchiamo di pensare, di capire e ci
sforziamo di uscirne. Ma non è possibile, proprio come
non è possibile sforzarsi di divertirsi se siamo costretti
a fare qualcosa che non ci piace. Più ci sforziamo (o ci
pensiamo), più il morale precipita.
Quando siamo di malumore, la vita ci appare seria e con
un’impellenza intrinseca. Ecco perché molte persone af-
frontano discussioni serie in questo stato, ed è proprio uno
dei problemi principali di un rapporto. Basterebbe sempli-
cemente riconoscere quando il morale (il nostro o quello
degli altri) è basso per cambiare il corso di un rapporto.
Un tipo di comportamento da parte dei nostri figli
può piacerci quando siamo di buonumore, ma irritar-
ci quando non lo siamo. In questo caso però, una volta
compreso il Principio degli Stati d’Animo, non confon-
deremo i nostri figli accusandoli ingiustamente, se siamo
di cattivo umore, per poi dover spendere tempo ed ener-
gie a scusarci per le nostre parole o azioni una volta ri-
trovata l’allegria. Lo stesso vale anche quando abbiamo a
che fare con altre persone, in ogni situazione. Dopo aver
compreso il potere che gli stati d’animo esercitano sulla
prospettiva con cui vediamo il mondo, non dovremo più
cercare di reagire agli sbalzi d’umore o esserne vittime.
Alla fine impareremo a vedere le cose in modo molto
diverso se le lasciamo stare, per un po’.

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Lo stato d’animo cambia, la vita no
Il buonumore, lo stato d’animo positivo, il funzionamen-
to psicologico sano, insomma, “quella sensazione parti-
colare”. In un simile stato mentale, non hai bisogno in
alcun modo di ricalibrare la mente: ti senti bene. Ma che
succede quando invece non ti senti così? Capire il mec-
canismo degli stati d’animo ti permette di recuperare in
fretta uno stato sano dopo averlo perso. Capendo che è
l’umore (e non la vita) a cambiare all’improvviso, impare-
rai ad avere una prospettiva migliore, nuova, che ti inse-
gna a prendere meno sul serio i tuoi pensieri quando non
ti senti bene, a rallentare e a distogliere l’attenzione da
essi. Diventerai così più gentile e paziente nei confronti
degli stati d’animo, il che ti aiuterà a recuperare il funzio-
namento psicologico sano.
Ricordi la storia di Stacey e della baby sitter a tempo
pieno? Come cambierebbe la situazione se ci fosse una
maggiore comprensione del Principio degli Stati d’Ani-
mo? A un’analisi più attenta, vedrai che tutte le situazioni
di questo tipo sono legate agli stati d’animo. Quando è di
malumore, Stacey, come chiunque altro, fa pensieri negati-
vi sulla vita. Nell’esempio in questione, i suoi pensieri ne-
gativi riguardano i genitori che, quando era piccola, hanno
assunto una baby sitter a tempo pieno che si occupasse di
lei. Se il giorno prima, quando era di umore migliore (stato
d’animo positivo), qualcuno le avesse chiesto se le fosse
importato di quella vecchia storia, probabilmente si sareb-
be messa a ridere. Forse avrebbe persino detto: “Anzi, è
una buona idea, magari dovrei farlo anche con i miei figli.”
So benissimo che a volte è possibile arrivare alle stesse
conclusioni su situazioni diverse, a prescindere dallo stato

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d’animo. Ma il modo in cui percepisci qualcosa dipende
sempre dallo stato d’animo in cui ti trovi. Anche se fosse
stata di umore migliore, Stacey avrebbe comunque potu-
to pensare che assumere una baby sitter a tempo pieno
non fosse una buona idea, ma non sarebbe stata influen-
zata in modo altrettanto negativo dai propri pensieri.
Sarebbe utile per tutti noi essere sempre consapevoli
del livello del nostro umore, soprattutto quando è basso.
Se Stacey avesse capito di essere di malumore, si sarebbe
aspettata la reazione che ha avuto rispetto a quello che
pensava della decisione dei genitori. Avrebbe saputo che
si trattava di una reazione dettata dal malumore e che
sarebbe stato meglio riconsiderare i propri sentimenti in
uno stato d’animo migliore.
Tutto appare diverso se lo stato d’animo è diverso.
Grazie a questo Principio, la compassione che proviamo
per noi stessi o per gli altri può aumentare drasticamen-
te. Allora sapremo che, a volte, i nostri partner o amici
vedranno il lato positivo o le opportunità di una situa-
zione e che, in altre occasioni, vedranno tutto come un
problema potenziale o reale. Imparando a riconoscere lo
stato d’animo degli altri, la smetterai di giudicarli quan-
do vedono il lato negativo della vita. Quando siamo di
malumore, vediamo tutti principalmente il lato negativo
delle cose. Comprendere questo Principio ti permetterà
di ricordare a te stesso: “Per forza che la vedono così,
sono di malumore.” Altrimenti gli altri ti sembreranno
solo pessimisti, negativi o poco lungimiranti, e ti scorde-
rai che, appena un’ora prima, la stessa persona vedeva la
medesima circostanza in modo del tutto diverso.
Prestando attenzione al livello di umore, d’un tratto
ci rendiamo conto che in ogni dato momento è lo stato

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d’animo il responsabile della nostra visione della vita. La
stessa situazione ci apparirà diversa con un umore miglio-
re. Questa non è una scappatoia per sottrarsi alle respon-
sabilità, ma un fatto della vita valido per ogni situazione
in cui ci siamo trovati (o in cui ci troveremo) coinvolti.

Non prendere il malumore


troppo sul serio
Se non capiamo il potere degli stati d’animo, tendiamo a
prendere troppo sul serio quello che il partner (o chiun-
que altro) ci dice. Una volta compreso questo Principio,
ci renderemo conto che è proprio lo stato d’animo a farci
vedere i problemi dove non ci sono. Più tempo passiamo
con qualcuno, più possibilità avremo di vederlo di malu-
more. E, in questo caso, chiunque potrebbe dirci cose che
non vorremmo sentire.
I problemi di coppia più gravi sono semplicemente
dovuti a partner abituati a prendere troppo sul serio il
malumore dell’altro. Il punto di vista e il comportamen-
to inevitabili del nostro partner quando è giù di morale,
e i problemi che pensavamo di avere con lui da molto
tempo, ci appariranno meno spaventosi se impariamo
a considerare con l’attenzione e il rispetto dovuti il suo
stato d’animo e a “lasciarlo stare” quando è di malumore.
Perciò spesso basta non stare addosso agli altri quando
si sentono giù, lasciando loro il tempo di riprendersi, di
ritrovare il buonsenso e uno stato d’animo più positi-
vo. L’ultima cosa di cui hanno bisogno o che vogliono è
qualcuno che li interroghi o con cui litigare. Così facen-
do, non faremmo altro che rendere il loro stato d’animo

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ancora più radicato e profondo, e la situazione non mi-
gliorerebbe. In una coppia, la maggior parte delle per-
sone non concede al partner lo spazio di cui ha bisogno
quando è giù di morale, ma al contrario reagisce come se
le parole del partner fossero scolpite nella pietra. Non è
così! Una volta superato il malumore, ognuno ammorbi-
disce la propria posizione e intrattiene rapporti migliori
con gli altri.
Dopo aver sperimentato questo Principio in azione,
resterai piacevolmente sorpreso nel vedere quanto in
fretta e con quanta facilità si risolveranno anche le situa-
zioni più problematiche. La chiave sta nel considerare le
parole e i gesti del partner, così come i nostri, in relazio-
ne all’umore. Quando inizieremo a capire quanto è vero
questo Principio, non ci verrà più in mente di cercare
un nuovo partner per sostituire quello che abbiamo. Al
contrario, ci renderemo conto che qualsiasi persona, in
qualsiasi parte nel mondo, avrà sempre la sua bella dose
di malumore. Ben presto non saremo più attratti dall’i-
dea di passare da un partner all’altro, pensando di poter-
ne trovare uno migliore: non esiste persona vivente il cui
umore non conosca alti e bassi. Impara ad apprezzare e a
capire il tuo partner, e a goderti ogni nuova conoscenza
che fai.
Pur mostrando compassione e comprensione nei
confronti degli altri quando sono di cattivo umore, nel
momento in cui siamo noi a esserlo non dobbiamo dare
ascolto a noi stessi. Per quanto una situazione possa sem-
brarci impellente, se l’umore è basso non vedremo mai le
cose nella giusta prospettiva. Se riteniamo che una cosa
è importante adesso, sarà ancora lì quando ci sentiremo
meglio e disporremo di strumenti più adatti per gestirla.

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Il modo più rapido per risollevarsi il morale è non tene-
re conto di come ci sentiamo quando siamo giù. Sono
la quantità e la qualità dei nostri pensieri ad ancorarci
a quella condizione. Se impariamo a ignorare i pensieri
negativi, quelli positivi torneranno in breve tempo.
Con ciò non intendo dire che solo gli stati d’animo
positivi rappresentano la realtà o che quelli negativi sono
falsi. Tanto i primi quanto i secondi ti sembreranno reali
e del tutto giustificati. Quando sarai di malumore, avrai
sempre l’impressione di vedere le cose in modo ragione-
vole. In effetti, non ti sarà possibile vederle diversamente.
Il trucco non sta nel vederle in modo diverso, ma nel
riconoscere lo stato mentale in cui ti trovi e capire che,
quando sei di malumore, dai origine a pensieri negati-
vi. La stessa identica circostanza in cui ti trovi coinvol-
to oggi ti sembrerà diversa domani, o forse addirittura
tra dieci minuti. Mettendo da parte la preoccupazione e
aspettando che il malumore passi, il tuo livello di benes-
sere tornerà a salire. A mano a mano che darai maggiore
importanza a quello che provi rispetto a quello che pensi,
la qualità stessa dei tuoi sentimenti migliorerà.

Mai provare a risolvere i problemi


quando sei di malumore
Quante volte ti sei ritrovato a pensare: “Non era da me”
oppure “Non posso aver parlato io: ho forse perso la ra-
gione?”. Ho una notizia buona e una cattiva che riguar-
dano questa tendenza comune. Quella cattiva è che sei
stato davvero tu a parlare, proprio come ti è già accadu-
to in passato e come ti accadrà in futuro ogni volta che

50
perderai di vista la giusta prospettiva. La notizia buona
è che è successo solo perché eri di malumore: era il ma-
lumore a parlare per te. In uno stato d’animo migliore le
circostanze ti sarebbero sembrate del tutto diverse e di
conseguenza ti saresti comportato in modo diverso.
La buona notizia, in realtà, è che d’ora in avanti sarai in
grado di individuare e riconoscere il malumore ogni volta
che lo avvertirai. Sarai in grado di rispettare il potere che ha
su di te e la sicumera con cui ti farà sempre cogliere il lato
negativo e problematico di ogni situazione. Data la natura
degli stati d’animo, finché resterai dello stesso umore, le
cose ti appariranno sempre uguali. Ma potrai imparare a
non fidarti di te stesso e dei tuoi pensieri quando sei av-
volto dalla negatività. Se davvero hai un problema quando
ti senti giù, niente paura: quel problema sarà ancora lì una
volta che il tuo stato d’animo sarà migliorato. E quando
accadrà, disporrai di strumenti migliori per affrontarlo.
Non ha senso porre troppa enfasi sui pensieri che nascono
nei momenti negativi, perché non fai altro che allontanarti
da una sensazione di appagamento.

Risolvi i tuoi problemi


quando sei di buonumore
Se discutiamo con qualcuno di cattivo umore, possiamo
stare certi del risultato: quella persona si metterà sulla
difensiva, sarà contrariata e per nulla aperta al dialogo.
Lo stesso vale per noi. Se cerchiamo di risolvere un pro-
blema o di prendere un’importante decisione quando ab-
biamo il morale a terra, probabilmente resteremo delusi
da noi stessi e rimpiangeremo il nostro comportamento.

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In uno stato d’animo negativo, non abbiamo accesso
alla nostra capacità di giudizio. L’aspetto che più diso-
rienta di questo Principio è che di norma tendiamo a ri-
solvere i problemi o a confrontarci con gli altri proprio quan-
do siamo di malumore. Saremo sempre tentati di farlo. Il
malumore porta confusione e risentimento, ci incoraggia
a “voler andare a fondo in una questione”, a “leggere tra
le righe di quello che ci dicono”, a “lavorare sul nostro
modo di comunicare” e a “esprimere i nostri sentimenti”.
Ma i sentimenti che proviamo quando siamo di cattivo
umore non sono veri, sono figli del malumore. In questo
stato potrai avere solo sentimenti negativi; perciò non ha
senso fare affidamento su di essi o agire di conseguenza.
L’unica soluzione è aspettare che il morale si risollevi,
come di certo farà, per conto suo. Se sei di malumore, meno
attenzione presti ai tuoi pensieri, più in fretta migliorerà
il tuo umore. A quel punto, e solo a quel punto, vedrai
emergere i tuoi sentimenti più assennati.
Allora, pur sentendoti costretto a prendere seri prov-
vedimenti, saprai quando è più appropriato farlo. Se in-
tendi discutere di qualcosa che ti infastidisce, il momento
giusto per farlo è quando sei di buonumore. Il Principio
degli Stati d’Animo non incita a evitare di confrontarsi
con gli altri, solo a non farlo quando ti senti giù. È il mo-
do più semplice, garbato e produttivo di affrontare la vita.
Altro motivo di confusione circa il Principio degli
Stati d’Animo è il fatto che a volte, quando sei di cat-
tivo umore, ti senti quasi in obbligo di confrontarti con
gli altri. Anche se può essere vero, non capita poi così
spesso. In caso basta che ti allontani qualche minuto dal
problema per riuscire a calmarti. Lo stato d’animo è la
causa di fondo, non l’effetto, di gran parte dei disaccordi e

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dei problemi. Lo stato d’animo viene prima di tutto. Se
l’umore fosse migliore, lo stesso scenario apparirebbe del
tutto diverso.
Nelle rare occasioni in cui non puoi evitare di con-
frontarti con qualcuno quando tu (o quella persona) siete
di malumore, la cosa più importante è essere consapevoli
del proprio stato d’animo e che, di conseguenza, la visio-
ne della situazione è limitata e da prendere con le pinze.
Una tale consapevolezza ti permetterà di mettere tutto
nella giusta prospettiva.
Come per qualsiasi altra cosa, con la pratica sarà sem-
pre più facile accedere allo stato di salute mentale. Più
imparerai a fidarti del sentimento della felicità, più sarà
facile mantenerlo a lungo. Allenati a ignorare il malumo-
re, invece che analizzarlo, e vedrai che svanirà in fretta. Il
malumore è una distorsione del pensiero. Accetta il fatto
che sia parte della vita, sforzati di fare del tuo meglio per
ignorarlo e vedrai che il funzionamento psicologico sano
diventerà un aspetto prevalente della tua esistenza.

53
CAPITOLO TRE

Il Principio
delle REALTÀ
DISTINTE

Non vediamo le cose per come sono,


ma le vediamo per come siamo.
Anaïs Nin

S e hai viaggiato all’estero, sarai consapevole delle enor-


mi differenze tra le culture. Anche chi non l’ha mai
fatto probabilmente ha visto qualcosa in televisione o in
un film o l’ha letto in un libro. Il Principio delle Realtà
Distinte afferma che le differenze tra due individui sono
enormi quanto quelle tra due culture. Proprio come non
ci aspetteremmo che una persona di una cultura diversa
dalla nostra pensi o agisca come noi, anche il Principio
delle Realtà Distinte ci dice che le differenze a livello del
sistema di pensiero impediscono che ciò avvenga anche

54
tra individui della stessa cultura. Non è questione di tolle-
rare le differenze nel comportamento altrui, ma di capire
che questo non potrebbe letteralmente essere altrimenti.

Nei capitoli precedenti abbiamo esplorato due impor-


tanti aspetti del funzionamento psicologico umano, ri-
guardo il pensiero e lo stato d’animo. Dato che ogni es-
sere umano funziona così, è impossibile che due persone,
appartenenti o meno alla stessa cultura, vedano le cose
esattamente alla stessa maniera. Questa regola non pre-
vede eccezioni. Ogni sistema di pensiero è unico nel suo
genere, poiché si forma tramite un processo di pensiero
che dipende dagli stimoli ricevuti. I genitori, le origini,
l’interpretazione della realtà, la memoria, la percezione
selettiva, le circostanze, il livello dell’umore… sono molti
i fattori che ricoprono un ruolo nel definire il sistema di
pensiero di un individuo. Le combinazioni sono infinite
e impossibili da riprodurre per individui diversi.
Una volta compreso questo Principio, potremo prati-
camente eliminare ogni tipo di scontro. Se ci aspettiamo
di vedere le cose in modo differente, se prendiamo come
un dato di fatto che le altre persone si comportano e re-
agiscono agli stessi stimoli diversamente da noi, il livello
di comprensione che abbiamo nei nostri confronti e in
quello degli altri aumenterà sensibilmente. Nel momen-
to in cui ci aspettiamo il contrario, invece, generiamo il
potenziale per un conflitto. Ciò vale su piccola scala, co-
me nella relazione tra due persone, ma anche su larga
scala, come nelle relazioni tra Stati. Esempi di questo
Principio si trovano ovunque. Distogliendo l’attenzione
(il pensiero) dalle nostre aspettative, saremo liberi di co-
gliere l’essenza unica di ogni persona, di far nascere una

55
bella sensazione e di sfruttare al massimo il potenziale
delle relazioni che intratteniamo con gli altri.

È inutile cercare di cambiare gli altri


In una relazione, i problemi sorgono essenzialmente in
base a due modalità: o pensiamo che gli altri vedano dav-
vero le cose come noi, e quindi non riusciamo a capire le
loro reazioni e ne rimaniamo turbati, oppure crediamo
che gli altri debbano vedere le cose come noi, perché la
nostra visione corrisponde alla realtà. Comprendere il
Principio delle Realtà Distinte ci libererà da simili con-
vinzioni che fomentano i problemi a livello relazionale.
Non solo gli altri non devono per forza vedere le cose
come noi, in realtà non ne sono in grado. La natura in-
dividuale dei sistemi di pensiero ci impedisce di consi-
derare un fatto come farebbe una qualsiasi altra persona
(e impedisce agli altri di vederlo esattamente come noi).
Questa nuova consapevolezza ci libera da una falsa idea
e ci permette di ritrovare la gioia dell’essere diversi gli uni
dagli altri. Un conto è dire: “La varietà è il sale della vita”,
un altro è crederci e saperlo davvero. Il trucco per riuscir-
ci non è costringersi a pensarla così, ma capire che, da
una prospettiva psicologica, le differenze tra gli individui
e il loro modo di vedere la vita hanno un senso.
Una volta assimilato il concetto di realtà distinte, non
c’è più alcun motivo logico per prendere sul personale ciò
che gli altri dicono o fanno. La gente passa tutta la vita a
dimostrare a se stessa che la propria versione del mondo
è valida, realistica e corretta. Il fatto che i sistemi di pen-
siero non necessitino di conferme esterne dà luogo a una

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serie infinita di esempi in questo senso. Una volta affer-
rato questo concetto, ti renderai conto di quanto sia futile
cercare di cambiare qualcuno, o anche solo discuterci. In
quest’ultimo caso, di norma l’altra persona sarà talmen-
te sicura di avere ragione che arriverà persino a usare i
tuoi argomenti per dimostrare la propria posizione, come
nell’esempio seguente.
Immaginiamo un uomo e una donna sposati da
vent’anni: il marito crede che le persone tendano per na-
tura a criticare gli altri, mentre la moglie è convinta che
abbiano la tendenza a fare complimenti ogni volta che
se ne presenta l’occasione. Da anni i due si scontrano su
questo punto e il marito elenca innumerevoli esempi di
quanto la gente possa rivelarsi critica e aggressiva. A ogni
aneddoto del marito, la moglie risponde con altrettanti
esempi a favore del suo punto di vista. Nessuno dei due si
capacita di quanto l’altro sia cieco di fronte all’“evidenza”.
Un giorno, al ristorante, entrambi sentono di sfuggita un
cameriere dire a un altro: “Hai visto il cappello della si-
gnora al tavolo due? Wow!”. La moglie si volta all’istante
verso il marito e dice: “Visto? Ecco un altro caso di una
persona che fa un complimento. Che caro ragazzo! Di
cos’altro hai bisogno per capire che la gente è sempre in
cerca di un’occasione per complimentarsi con gli altri?”. Il
marito la guarda scioccato e risponde: “Complimentarsi?
Ma di cosa stai parlando? Quel cameriere sta prendendo
in giro il cappello di quella povera donna!”.
Una volta comprese le dinamiche di quel che accade
realmente, possiamo chiarire in un attimo questa diver-
tente incomprensione. Dobbiamo solo accettare il fatto
che ognuno di noi filtra la vita attraverso la propria realtà
distinta, la propria interpretazione e la propria cornice di

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riferimento. Nessuno di noi mette in dubbio la propria
versione della realtà, perché appare sempre vera. Ovun-
que guardiamo, troviamo di continuo esempi a riprova
del fatto che abbiamo ragione.

Le realtà distinte
sono un fatto della vita
La chiave per accettare le realtà distinte e percepirne la
bellezza sta nel capire che si tratta di un processo del
tutto innocente. La nostra visione del mondo si basa sui
condizionamenti e sulle convinzioni che abbiamo (i si-
stemi di pensiero). La mente interpreta le circostanze nel
contesto di ciò che già conosce o crede sia vero. Contan-
do su una conoscenza esclusiva e su una serie unica di
esperienze legate al passato, l’interpretazione di qualsiasi
situazione varierà in base a esse. È come se la mente fosse
un complesso sistema informatico e, come nel caso di un
computer, l’interpretazione dei dati dipendesse da quelli
inseriti in precedenza. Lo stesso vale per noi stessi. La
nostra mente elabora le informazioni attuali interamente
sulla base della conoscenza pregressa. Non c’è modo di
evitare le realtà distinte e, se non le accettiamo e non ca-
piamo che sono un fatto della vita, ci sentiremo frustrati
e forse la nostra esistenza verrà distrutta. La consapevo-
lezza di questo concetto può rivelarsi fonte di saggezza,
gioia e allegria.
Comprendere l’esistenza di realtà distinte non preve-
de di rinunciare alle proprie opinioni o convinzioni più
profonde, che di per sé sono neutre e rappresentano un
aspetto interessante e potente della vita, in grado di ar-

58
ricchirti. L’importante per raggiungere la felicità, il be-
nessere mentale e l’appagamento personale è il rapporto
che intrattieni con esse. Credi che la tua visione della
vita sia l’unica effettiva e insindacabile? Oppure sai che
le tue opinioni sulla vita e le interpretazioni che ne dai
derivano dal tuo personale sistema di pensiero e che, se
le informazioni in esso contenute fossero diverse, allora
anche le conclusioni che ne trarresti sarebbero differenti?
L’idea qui non è etichettare determinati pensieri o con-
vinzioni come giusti o sbagliati, ma semplicemente ca-
pire da dove arrivano e accettare l’inevitabilità di vedere
le cose in modo diverso dagli altri. Dopo aver compreso
il Principio delle Realtà Distinte, potremo continuare a
mantenere le nostre convinzioni e opinioni, ma con la
differenza che queste, e le obiezioni che gli altri ci muo-
veranno, non saranno più fonte di conflitti e sofferenza.

Le difese si abbassano
e il cuore si apre
Il Principio delle Realtà Distinte ci permette di avvi-
cinarci innegabilmente alle persone che conosciamo e
amiamo. Ci aiuta a comprendere gli altri e ci rende anche
molto più interessanti e accessibili. Nel momento in cui
capiamo davvero che le nostre idee sulla vita derivano dal
nostro sistema di pensiero e non rappresentano necessa-
riamente la realtà, attraiamo gli altri come una calamita.
Ecco perché. Tutti noi abbiamo un interesse perso-
nale ad avvalorare le nostre convinzioni. Ma il sistema
di pensiero (il nostro e quello degli altri) non ama subi-
re minacce e intromissioni. Se ti rivolgi a qualcuno non

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per fargli cambiare idea, ma mostrando un interesse e
un rispetto genuini nei confronti della sua visione della
vita, allora vedrai che quella persona abbasserà le proprie
difese e ti aprirà il suo cuore. Chi accetta senza riserve l’e-
sistenza delle realtà distinte riesce a intrattenere relazio-
ni più appaganti di quanto abbia mai pensato possibile.
Spesso ti ritroverai a instaurare un rapporto con persone
che credevi non ti sarebbero mai piaciute. Invece di pro-
vare frustrazione e rabbia a causa delle differenze tra te
e gli altri, comincerai a considerarli sotto una nuova luce
e a vedere l’innocenza non solo in loro, ma anche in te
stesso. Di conseguenza, le convinzioni si ammorbidisco-
no da entrambe le parti, ci si apprezza reciprocamente e
si avverte una sensazione nuova e positiva.
Il Principio delle Realtà Distinte può essere rappre-
sentato attraverso un continuum:

Intolleranza ------ Tolleranza ------ Comprensione

Secondo la maggior parte della gente, all’interno di


un rapporto i problemi nascono all’estremo sinistro del
continuum. Spostandosi verso la tolleranza, si comincia
a lavorare sui problemi, ma di rado si arriva a risolverli.
Anche se la tolleranza è di certo più auspicabile dell’in-
tolleranza, rappresenta una minuscola frazione di dove
dovresti posizionarti sul continuum per intrattenere rap-
porti che ti rendano felice e soddisfatto. Mostrarsi tolle-
ranti nei confronti degli altri e del loro modo di stare al
mondo implica il riconoscimento di una sottile superio-
rità della propria posizione o del proprio punto di vista.
Grazie a quello che hai appreso sui sistemi di pensiero e
sulle realtà distinte, adesso sai che le tue idee personali

60
sulla vita e su come viverla non sono più importanti di
quelle di nessun altro. Le informazioni del tuo sistema di
pensiero sono arbitrarie proprio come quelle del sistema
di chiunque altro. Le idee, convinzioni, opinioni e rea-
zioni che mostri nei riguardi della vita sono il prodotto
e la funzione delle informazioni e degli stimoli che hai
ricevuto, e lo stesso vale per chi vede la vita in modo dia-
metralmente opposto a te. Senza una tale consapevolez-
za, le differenze tra individui possono rivelarsi una gran-
de fonte di frustrazione. Ma se hai capito il Principio
delle Realtà Distinte, queste stesse differenze diventano
una fonte di interesse, crescita e ispirazione.

Crescita e compromesso
diventano possibili
Specialmente quando le differenze appaiono insormon-
tabili, il Principio delle Realtà Distinte offre implicazioni
pratiche immense. Rivolgendoci a qualcuno consapevo-
li di questo Principio, apriamo le porte alla crescita. Se
non consideriamo le posizioni degli altri come inferiori
o sbagliate, accettiamo informazioni nuove senza che il
nostro sistema fatto di pensieri vecchi le discrediti. In
caso contrario, il nostro sistema di pensiero prende il
sopravvento e ci impedisce di ascoltare davvero. Impara
ad ascoltare senza giudicare, e il tuo interlocutore per-
cepirà il rispetto verso la sua posizione e la disponibilità
ad ascoltarlo. Il risultato è una maggiore comprensione e
un atteggiamento più “morbido” da entrambe le parti. È
questa l’essenza del compromesso o della collaborazione,
che tira fuori il meglio di noi e degli altri.

61
Riprendiamo di nuovo le riflessioni di Stacey sulla de-
cisione dei genitori di assumere una baby sitter a tempo
pieno per badare a lei quando era piccola. Non conoscen-
do il Principio delle Realtà Distinte, non c’è da stupirsi
che Stacey sia tanto indispettita da una simile scelta. Do-
potutto, è un atteggiamento molto distante dall’idea che
si è fatta sull’essere genitori! Dato che crede fermamente
nei suoi pensieri, ha la tendenza a rimuginarci sopra, au-
mentando ancora di più la sua angoscia. Quando riflette
sulla decisione dei genitori, lo fa senza comprendere e
riconoscere l’esistenza delle realtà distinte. Non riesce a
capire perché i genitori abbiano agito a quel modo. Inol-
tre, è altrettanto infastidita dalle decisioni e dalle idee in
contrasto con il suo personale punto di vista.
La consapevolezza del Principio delle Realtà Distinte
permetterebbe a Stacey di concedersi il lusso di riflettere
senza irritarsi o giudicare. Saprebbe che i suoi genitori
hanno preso quella decisione in base a ciò che in quel
momento sembrava vero per loro, niente di più, niente
di meno. Dunque Stacey non etichetterebbe la propria
reazione come giusta e la scelta dei genitori come sba-
gliata, ma riconoscerebbe che si tratta semplicemente di
decisioni diverse, basate su sistemi di pensiero diversi. Il
rapporto tra lei e i suoi genitori traboccherebbe di rispet-
to e amore reciproco piuttosto che di dubbi e accuse.
La mancata consapevolezza del Principio delle Re-
altà Distinte può far sorgere costantemente conflitti e
frustrazioni. La soluzione sta nel raggiungere un livello
adeguato di consapevolezza di questo concetto e nell’u-
miltà di riconoscere che insinuarsi nella mente degli altri
non sempre è possibile. Per quanto una cosa ci appaia
semplice o una situazione ci sembri ovvia, ci sarà sempre

62
qualcun altro che la giudicherà in modo diverso e che
sarà altrettanto certo della propria posizione.

63
CAPITOLO QUATTRO

Il Principio
dei SENTIMENTI

Un solo pensiero ti separa da un sentimento positivo.


Sheila Krystal

H ai a disposizione un sistema di guida infallibile per


destreggiarti nella vita. Tale sistema, che consiste
unicamente nei tuoi sentimenti, ti indica quando finisci
fuori strada dritto verso l’infelicità e i conflitti, allonta-
nandoti dal funzionamento psicologico sano. I senti-
menti funzionano come un barometro, che ti dice com’è
il tempo dentro di te.

È importante riconoscere il potente legame che esiste tra


il pensiero e l’esperienza di vita. Quando pensiamo, av-
vertiamo immediatamente gli effetti dei pensieri. Accade
nel giro di un istante e, per la maggior parte di noi, in
modo del tutto inconsapevole.

64
Noi pensiamo secondo due modalità: abitualmente,
attraverso il nostro personale sistema di pensiero, oppu-
re attraverso quello che viene chiamato “stato naturale
della mente”, ovvero il funzionamento psicologico sano.
Abbiamo già discusso degli effetti del pensiero originato
in modo abituale. In questo capitolo vedremo che esiste
anche un’altra valida alternativa.
Il quarto Principio afferma che i nostri sentimenti
ci indicano, con estrema accuratezza, quando abbiamo
pensieri disfunzionali. Se pensiamo senza esserne consa-
pevoli, stiamo utilizzando il sistema di pensiero e non il
funzionamento psicologico sano. Senza i sentimenti, non
sapremmo mai quando siamo intrappolati nel sistema di
pensiero o se siamo di malumore. Persino con l’umore
più nero, saremmo convinti di avere una visione realistica
della vita.
Quando non restiamo intrappolati nel sistema di
pensiero, proviamo sentimenti positivi. Qualsiasi cosa
facciamo, avvertiamo un senso di appagamento e di gioia.
I sentimenti positivi non hanno una spiegazione logica;
ci sentiamo semplicemente bene. Riusciamo a percepi-
re quei sentimenti più profondi e generali che traggono
origine dallo stato naturale della mente: appagamento,
amore e gratitudine. In un simile stato vediamo la vita in
modo chiaro. Abbiamo l’effetto flou e la concentrazione,
e la nostra mente è libera. Quando ci sentiamo così, pos-
siamo fare di tutto (comprese cose spiacevoli) perché la
mente non è ingombra di pensieri sul passato, sul futuro
o di giudizi su quello che stiamo facendo. Riusciamo a
gestire qualsiasi cosa o persona ci troviamo di fronte. È lo
stato mentale da cui si sviluppano idee nuove e creative
e in cui le soluzioni ai problemi appaiono ovvie. Ognuno

65
di noi può accedere a un tale stato mentale e, una vol-
ta raggiunto, non è necessario ricalibrare la mente: tutto
scorre in modo naturale.
Quando la vita ci appare tutt’altro che piacevole, il
sistema di allarme dei sentimenti entra in azione svento-
lando una bandiera rossa per ricordarci che siamo finiti
fuori strada. Abbiamo ripreso a pensare in modo disfun-
zionale attraverso il sistema di pensiero, ed è ora di rica-
librare la mente.
I sentimenti stanno al benessere mentale come le spie
luminose sul cruscotto stanno all’automobile. Ci indica-
no che è venuto il momento di rallentare. Se siamo al
volante, dobbiamo lasciare l’acceleratore e accostare.
Allo stesso modo, quando ci sentiamo insoddisfatti,
dobbiamo liberare la mente e allontanare i pensieri che la
affollano. In questo modo potremo ritrovare sentimenti
positivi e abbandonare temporaneamente i pensieri do-
vuti alla nostra abituale cornice di riferimento distorta.
Non dobbiamo però dimenticare che accantonare i pen-
sieri che ci indispettiscono, o smettere di prestare loro
attenzione, non significa fingere che determinate situa-
zioni non ci infastidiscano o che non debbano essere mi-
gliorate. Certo è che non tireremo mai fuori una buona
soluzione o una nuova idea da pensieri disfunzionali, ma
solo da uno stato ricco di sentimenti positivi in cui la vita
ci appare facile. Dobbiamo cominciare a non dare credi-
to alla validità del nostro sistema di pensiero quando si
tratta di mantenere il benessere mentale e di accedervi.
Dobbiamo decidere una volta per tutte che non vale la
pena difendere e nutrire sentimenti negativi.
L’unica virtù di tali sentimenti è che ci permettono di
accorgerci quando guardiamo la vita da una prospettiva

66
distorta. Quest’idea è però fortemente contestata dalla
psicologia moderna. Oggi un gran numero di psicologi,
se non la maggior parte, è convinto che una consapevo-
lezza sempre maggiore dei propri sentimenti (di qualun-
que natura siano) e la capacità di esprimerli siano indice
di maturità emotiva. Niente di più lontano dalla verità.
Se lo stato d’animo è la fonte dell’esperienza, e non la
conseguenza, allora stai pur certo che, il cento per cento
delle volte, quando sei di malumore o ti senti giù da-
rai origine ai pensieri negativi. Se, quando stai da schifo,
uno psicologo (o una qualsiasi altra persona) ti chiedesse:
“Come ti senti?”, in realtà ti chiederebbe di descrivere la
visione della vita che hai in uno stato d’animo negativo.
Una volta migliorato quest’ultimo, ne darai una descri-
zione drasticamente diversa. Il malumore non ha alcuna
virtù, se non quella di ricordarti che in quel momento i
tuoi pensieri sono disfunzionali e che non devi fidarti di
te stesso né prenderti troppo sul serio.

Mai fidarsi dei propri sentimenti


in uno stato d’animo negativo
Non dobbiamo dimenticarci che, in uno stato d’animo
negativo, siamo sempre in grado di puntare il dito contro
i motivi per cui ci sentiamo a quel modo e siamo tentati di
fidarci dei nostri pensieri. Ma in uno stato simile i nostri
pensieri sono distorti e, dato che i sentimenti sono la di-
retta conseguenza del pensiero, anche i sentimenti lo sono.
I sentimenti sgradevoli ci indicano con esattezza quando
stiamo pensando con il sistema delle nostre convinzioni,

67
vale a dire attraverso il filtro delle nostre abitudini, delle
opinioni e dei film che ci proiettiamo nella mente.
Il sistema di guida basato sui sentimenti funziona alla
perfezione, al cento per cento. Fidati. Non importa se ti
senti stressato, sopraffatto, arrabbiato, depresso, solo, fru-
strato, geloso, critico o ansioso. Tutti questi sentimenti, e
altri simili, hanno l’apposito compito di indicarti quando
stai guardando la vita attraverso il sistema di pensiero
invece che attraverso lo stato naturale della mente. Con-
tinuando a pensare a quel modo, non produrrai alcun ri-
sultato e non troverai le risposte che cerchi.
Quando in auto vediamo lampeggiare una spia lumi-
nosa, all’inizio non è importante tanto il motivo per cui
lampeggia, quanto il fatto stesso che stia lampeggiando.
Quello che dobbiamo fare è accostare e spegnere il mo-
tore. Il meccanismo dei sentimenti funziona in modo
analogo. Ogni volta che ci sentiamo arrabbiati, gelosi,
risentiti, avidi, depressi o in qualche modo infelici, tutto
ciò che dobbiamo fare è capire che tali sentimenti sono
il prodotto del nostro sistema di pensiero, non sono na-
turali, né accurati, né tantomeno rappresentano la realtà.

Il funzionamento psicologico sano


Dietro al funzionamento psicologico sano non c’è nessu-
na magia né mistero: si manifesta sempre quando non ci
lasciamo assorbire dal nostro solito sistema di pensiero.
Il funzionamento sano corrisponde a quel sentimento
che proviamo quando abbiamo poco (o proprio nulla)
per la testa; è uno stato fatto di sentimenti positivi che

68
si viene a creare senza una ragione apparente. I bambini
possiedono di frequente uno stato mentale del genere,
perché vivono la vita con semplicità, senza troppi pensie-
ri negativi. Ogni volta che sperimentano la negatività o
la frustrazione, sono in grado di abbandonarle in fretta e
di recuperare il loro stato naturale di felicità.
A partire dall’infanzia tutti noi abbiamo sperimenta-
to innumerevoli volte il funzionamento psicologico sano.
Forse è accaduto stando seduti davanti a un caminetto,
durante una passeggiata o di fronte a un tramonto bel-
lissimo: è uno stato che si manifesta ogni volta che ti
senti a meraviglia senza un motivo particolare. L’aspetto
importante è che l’origine del sentimento positivo non è
il caminetto o l’attività che stai facendo. Per un attimo,
ti sei semplicemente rilassato, hai liberato la mente dalle
preoccupazioni e ti sei preso qualche momento per assa-
porare la vita. Se ritieni di aver bisogno di un caminetto
o di una particolare attività per sgomberare la mente, riu-
scirai a rilassarti e a sentirti appagato solo in determinate
situazioni. Una volta capito che sei tu, e non il fuoco o
il tramonto, a produrre la sensazione positiva che senti
dentro, allora riuscirai a svuotare la mente ogni volta che
vorrai. Con un po’ di pratica diventerà sempre più facile,
te lo assicuro.

Il funzionamento psicologico sano


non dipende dalle circostanze
Tutti noi possiamo accedere al funzionamento psicologi-
co sano tutte le volte che vogliamo, ma solo dopo aver ca-
pito che la sua esistenza è indipendente dalle circostanze.

69
Una tale consapevolezza ci permette di sentirci bene an-
che quando le cose non vanno bene per niente. Finché
teniamo la mente alla larga dalle preoccupazioni, siamo
in grado di mantenere un funzionamento psicologico sa-
no e un senso di benessere. In questo stato positivo, ab-
biamo a disposizione gli strumenti necessari per gestire
efficacemente ogni aspetto della vita. Nel momento in
cui la mente scivola fuori da questo stato e rientra nel
sistema di pensiero (che ci fa ricordare le nostre preoc-
cupazioni), perdiamo il senso di benessere e torniamo a
vedere la vita come una serie di problemi da superare.
Il meccanismo dei sentimenti è il barometro che ti
indica se stai vivendo attraverso il sistema di pensiero
o attraverso lo stato naturale della mente. I sentimenti
che provi quando ti senti depresso, arrabbiato o frustra-
to ti avvertono che stai pensando in modo disfunzionale
e che non ti godi la vita come potresti. Lascia perdere
qualsiasi cosa tu abbia in mente, ignora le interferenze e
ricalibra la mente per svuotarla da tutto. Cambia marcia
passando dalla modalità “computer” a quella “trasmetti-
tore”, dal sistema di pensiero al funzionamento psico-
logico sano. E ricorda: un solo pensiero ti separa da un
sentimento positivo.

Un ultimo saluto a Stacey


Riprendiamo per l’ultima volta le riflessioni di Stacey
sulla decisione dei suoi genitori di assumere una baby
sitter a tempo pieno quando era piccola. Dato che Sta-
cey non conosce lo scopo reale dei sentimenti che prova,
crede (in totale buona fede) di dover indagare sulle cause

70
che la fanno stare così male. Crede che pensandoci su,
possa scoprire la verità sui suoi genitori. Ma più ci rimu-
gina, più i suoi sentimenti peggiorano e più si convince
che sono legittimi, che ha il diritto di sentirsi in collera.
Se Stacey comprendesse il vero scopo dei sentimenti
che prova, li sfrutterebbe come un segnale d’allarme. Il ri-
sentimento e la collera svanirebbero, perché si renderebbe
conto che quei pensieri abituali e disfunzionali la stanno
spingendo verso l’infelicità. Lascerebbe perdere quello che
ha in testa, oppure avrebbe il buonsenso di prestare meno
attenzione a se stessa e di recuperare uno stato d’animo
migliore. A questo punto, potrebbe continuare a riflettere
senza il pericolo di rovinarsi la giornata (o la settimana), o
di danneggiare il rapporto con i genitori.
Quando viviamo attraverso lo stato più naturale del-
la mente, ci sentiamo felici, a prescindere da quello che
accade intorno a noi, persino quando piangiamo la per-
dita di una persona cara. Grazie al funzionamento psi-
cologico sano, il dolore emotivo ci appare diversamente:
fa sempre male, ma racchiude anche un sentimento di
sincera gratitudine per aver conosciuto la persona che ci
ha lasciato. Questo meccanismo ha funzionato benissi-
mo per me quando uno dei miei migliori amici è rima-
sto tragicamente ucciso in un incidente causato da un
automobilista in stato di ebbrezza, mentre veniva al mio
matrimonio. Piuttosto che pensare a lui con tristezza,
sono stato in grado di svuotare la mente e di sentirmi
immensamente grato per aver avuto un amico tanto me-
raviglioso. Invece di provare tristezza per me o per la sua
famiglia, ho lasciato che riaffiorassero i ricordi affettuosi
del nostro passato insieme. Non mi sono lasciato sopraf-
fare dal dolore e sono riuscito ad andare avanti.

71
Applicando questi Principi alla tua vita, continuerai
a provare gli stessi sentimenti teneri e naturali già speri-
mentati in passato. A cambiare saranno le emozioni che
paralizzano la tua esistenza, quelle che ti impediscono
di vivere la vita piena e ricca di significato di cui sei ca-
pace. A cambiare sarà il rapporto con le tue emozioni.
Piuttosto che lasciarti sopraffare, le vivrai con maggiore
consapevolezza. Nei casi come il lutto, è del tutto natu-
rale avvertire una profonda tristezza. Ma accedendo al
funzionamento psicologico sano, potrai provare anche le
emozioni più difficili con una maggiore compassione nei
tuoi confronti e una maggiore consapevolezza di ciò che
accade dentro di te. Sfrutta il Principio dei Sentimenti
come uno strumento di navigazione per guarire e ritor-
nare nel luogo in cui vorresti essere.
Allora cosa possiamo fare quando siamo arrabbiati,
depressi o ansiosi? Come possiamo porre fine a queste
emozioni e tornare al funzionamento psicologico sano?
Dobbiamo fidarci del Principio dei Sentimenti e della
sua attendibilità. Una volta capito da dove arrivano i sen-
timenti negativi (dal pensiero abituale), non avremo più
bisogno di difenderli o di soffermarci su di loro. Come
potremmo prendere le difese di una cosa sapendo che è
arbitraria? Se li lasciamo stare, i sentimenti negativi spa-
riranno abbastanza in fretta. Sono i nostri pensieri a cre-
arli; concentrarsi su questi sentimenti o analizzarli serve
solo a prolungare o ad aggravare l’esperienza negativa.
Riconoscendo e sperimentando sempre più il fun-
zionamento psicologico sano, capisci di non dover fare
riferimento al sistema di pensiero per risolvere le que-
stioni importanti della vita. La saggezza e il buonsenso
derivano da uno stato basato su sentimenti più positivi,

72
da uno stato mentale calmo e riposato. Quando ci sentia-
mo bene, disponiamo di strumenti migliori per risolvere
qualsiasi problema si presenti.
Una volta capito da dove arrivano i sentimenti posi-
tivi, e dopo aver smesso di inseguire quelli negativi, co-
me se indicassero un percorso praticabile per risolvere i
problemi e raggiungere la felicità, sarai attratto in modo
naturale dal funzionamento psicologico sano e comin-
cerai a dare sempre meno credito ai sentimenti negativi.
In questo modo, ti accorgerai che sono meno intensi e
duraturi rispetto a prima, e riuscirai molto più in fretta a
prendere le distanze dalla negatività.
Quando avrai compreso in che cosa consiste il fun-
zionamento psicologico sano, non sarai più tentato di
analizzare la strada per la felicità o di pensare a come
trovarla. Perché la possiedi già, solo che è nascosta dalle
interferenze dei pensieri negativi. Invece di pensare a co-
me raggiungerla, smetti semplicemente di rimuginare su
ciò che ti infastidisce o ti fa arrabbiare. Concentra la tua
attenzione altrove, così da conquistare uno stato basato
su sentimenti positivi. Ciò non significa fingere che le
cose non ti riguardino, ma solo capire da dove arrivano i
sentimenti sia positivi che negativi.
Comprendere l’origine dei nostri sentimenti ci per-
mette di usarli per quello che sono, una guida che ci aiuta
a orientarci nella vita. Se il nostro stato interiore non è
piacevole, sappiamo che siamo noi gli artefici della no-
stra infelicità, per mezzo del nostro sistema di pensiero.
Impariamo a riconoscere e a dare valore alle alternative, a
modificare il nostro modo di pensare, a lasciar perdere le
preoccupazioni, a interrompere il ciclo del pensiero abi-
tuale e a recuperare uno stato naturale di benessere.

73
CAPITOLO CINQUE

Il Principio
del MOMENTO
PRESENTE

S i è detto molto sul concetto di “vivere il momento”.


Una soluzione che praticamente ogni maestro spiri-
tuale della storia ha proposto. In effetti, probabilmente
si tratta di uno dei consigli più vecchi e saggi per vivere
un’esistenza felice. Eppure, nonostante tutta l’enfasi che
accompagna questo consiglio cruciale, pochissime per-
sone sono in grado di metterlo in pratica nella vita di
tutti i giorni. Credo che questo concetto, semplice solo
in apparenza, si riveli tanto elusivo perché la mente non
allenata è come un cucciolo: vaga di qua e di là senza
sapere dove stia andando! Ben presto il cucciolo (come i
pensieri) si perde.

Dei cinque Principi esaminati in questo libro, con mol-


ta probabilità il tuo terapista non ti avrà mai parlato di

74
quello del momento presente. Dopotutto, per gran parte
della terapia si discute dell’infanzia e di altre questioni
legate al passato. E anche se certamente capendo il pas-
sato puoi farti un’idea della tua vita attuale, spesso l’in-
dagine sul passato è spinta all’eccesso. Mantenere l’atten-
zione inchiodata al passato (o al futuro) può trasformarsi
in un’insidiosa abitudine difficile da perdere. In realtà,
molti terapisti incoraggiano i propri pazienti a vivere nel
passato (o nel futuro) senza nemmeno rendersene conto,
e di certo senza l’intenzione di far loro del male. Se sei
mai stato in terapia, senza dubbio conoscerai l’esercizio
di “rivivere” il passato. I terapisti spingono i pazienti (a
volte anche in modo duro) a concentrarsi sul passato, a
pensarci e, spesso, a discuterne con dovizia di particolari,
invece di insegnare loro a riportare l’attenzione sul con-
cetto di qui e ora, che rappresenta la loro unica possibi-
lità di sperimentare la vera felicità. Oltre a concentrarsi
sul passato, i clienti vengono incoraggiati a “entrare in
contatto” con i sentimenti negativi che accompagnano i
pensieri negativi sul passato.
Nel capitolo uno abbiamo esplorato il rapporto tra
pensieri e sentimenti concludendo che ogni sentimento
negativo è il diretto risultato del pensiero. Di conseguen-
za, è molto discutibile crogiolarsi a lungo nel passato (in-
tenzionalmente o meno), perché così facendo ci si aggiu-
dica una dose abbondante di sentimenti negativi, che va
a rafforzare la convinzione secondo la quale c’è davvero
qualcosa di importante di cui preoccuparsi, giustificando
la negatività e il vittimismo. Fomentare la negatività ti
ancora al sistema di pensiero acquisito e al tuo modo di
pensare abituale, riducendo notevolmente la tua capacità
di avere accesso alla tua saggezza interiore e di metterla

75
in pratica. Se l’attenzione rimane imprigionata nel passa-
to o nel futuro, la qualità della tua vita diminuisce invece
di aumentare.
D’altro canto, se rivolgi l’attenzione soprattutto al
momento presente, la maggior parte delle esperienze
che vivi deriverà dalla saggezza e non saranno sempli-
ci reazioni al tuo sentire. Se ti concentri sul momento
presente, ti senti appagato, senza per questo dover re-
primere o negare niente di rilevante. I pensieri e i ricor-
di (persino quelli dolorosi) che devi coltivare in quanto
essere umano verranno a galla al momento opportuno:
quando avrai la capacità di gestirli e le risorse interiori
per sapere cosa farne. La saggezza è una sorta di sistema
di monitoraggio emotivo intrinseco: ti aiuta a mantene-
re la rotta e la giusta prospettiva, ti indica la direzione
per la felicità senza incoraggiarti a fingere che le cose
siano diverse dalla realtà. La saggezza lascia spazio alla
negatività, ma solo quando è necessaria; niente a che
vedere con la negatività che di norma si genera nelle
sessioni di terapia.
Il solo modo per provare una sensazione autentica e
duratura di appagamento, soddisfazione e felicità è impa-
rare a vivere la vita nel momento presente. A prescindere
dalle esperienze passate, dalle peculiarità delle circostan-
ze attuali, dall’analisi del passato o dalle speculazioni sul
futuro, non ti sentirai mai felice finché non avrai impara-
to a vivere nel momento presente. Una mente “slegata dal
momento” è un terreno fertile per preoccupazione, ansia,
rimpianto e senso di colpa. Ciò non significa che dovresti
passare ogni momento della vita concentrato sul presente
(anche perché non sarebbe possibile); l’importante è che
ciò accada spesso.

76
Il dottor Wayne Dyer, che è stato così gentile da scri-
vere la prefazione a questo libro, dimostra l’importanza
di vivere il momento con una meravigliosa storia. Im-
magina di stare su una barca in mezzo all’oceano e di
porti tre domande molto importanti. Prima domanda:
“Cos’è la scia?”. Com’è naturale, la scia è la traccia che,
muovendoti, ti lasci dietro sull’acqua. Seconda doman-
da: “Cosa fa muovere la barca?”. La risposta in questo
caso è l’energia del momento presente prodotta dal mo-
tore, non quella di ieri né di domani, ma del presente.
Infine, terza domanda: “La scia potrebbe far muovere la
barca?”. La risposta è ovvia: assolutamente no! La scia
non ha alcun potere. È frutto dell’energia passata e non
ha alcun potere sul momento attuale. Quella che vedi è
una semplice traccia.
È piuttosto ovvio come questa storia si applichi alla
vita, ma è fondamentale per capire come raggiungere la
felicità e realizzare i tuoi sogni. In molti vivono come se
la forza che fa svolgere l’esistenza fosse il passato. Tut-
tavia la verità è che, proprio come la scia di una barca,
il passato non ha alcun potere. Certo, i fatti accaduti nel
passato e le sfide che hai affrontato durante l’infanzia
hanno davvero avuto luogo e tu hai davvero dovuto af-
frontarli. È altrettanto vero che ciò che ti è successo in
passato ha contribuito al modo in cui vedi la vita oggi.
Ma l’importanza del passato finisce qui. Così come esiste
oggi, il passato non è altro che l’insieme dei tuoi pensieri
che lo riguardano, niente di più, niente di meno. In realtà,
il passato è fatto interamente di pensieri, di ricordi. Ciò
non significa sminuire il tuo passato né fingere che sia
diverso da com’è stato. Considerare il passato un’inno-
cua serie di ricordi ti permette di mantenere l’attenzione

77
sul momento presente, liberandoti dall’impulso di segui-
re ogni treno di pensieri che ti passa per la mente. Una
volta capito cos’è davvero la memoria, semplici pensieri
innocui che attraversano la mente, e non una realtà pre-
sente da analizzare e combattere, sarà di gran lunga più
semplice lasciar perdere le centinaia di pensieri sul futuro
e sul passato che ogni giorno affollano la tua mente.
La consapevolezza della natura innocua del pensiero
ti permette di ricordare, come suggerito dal Primo Prin-
cipio, che i pensieri non ti capitano per caso ma che sei
tu a crearli dentro di te. Una volta capito che il pensiero è
una capacità che può agire a tuo favore o sfavore in ogni
dato momento, sarai meno spaventato e infastidito dai
tuoi pensieri. Potrai vederli nella giusta prospettiva. A
mano a mano che diventi sempre più consapevole, avrai
la possibilità di scegliere: prenderli in considerazione e
reagire, oppure lasciarli semplicemente andare. La scelta
sta a te. Con l’acquisizione di un simile potere, reagirai
molto meno ai pensieri e troverai molto più semplice re-
stare concentrato sul momento presente. La tua mente
non considererà più i pensieri come se fossero notizie da
prima pagina.
Nel momento in cui, con il pensiero, prendi le distanze
dal presente per ripensare all’infanzia o a qualcosa acca-
duto nel corso della mattinata, in realtà ricrei il passato
attraverso il pensiero. Se sei consapevole che sei tu a dare
origine ai pensieri, di esserne l’artefice, riesci a evitare la
tristezza, la rabbia o il vittimismo, riportando l’attenzione
sul presente. A differenza di molta gente, non penserai che
ci sia un motivo importantissimo per ogni pensiero che ti
viene in mente e riuscirai a liberartene. Ti ricorderai che
i pensieri sul passato sono solo ricordi attivi. E, proprio

78
come i sogni, i ricordi sono semplici pensieri che ti attra-
versano la mente, di cui non hai motivo di preoccuparti.
Il solo modo in cui un pensiero, o una serie di pen-
sieri, possono farti del male è dare loro importanza. In
caso contrario, non hanno il potere di ferirti. E finché
terrai presente che i pensieri non hanno il potere di af-
fliggerti senza il tuo consenso, avrai il potere di gestire
la tua vita. Invece di sentirti vittima dei pensieri che ti
attraversano la mente o di arrenderti a essi, sarai in grado
di considerarli attraverso la giusta prospettiva. A mano a
mano che diventi consapevole dei pensieri, deciderai se
prestare loro attenzione, prenderli sul serio e reagire di
conseguenza, oppure se accantonarli e andare avanti con
la tua giornata.
Il pensiero ha un effetto distruttivo solo quando di-
mentichiamo che si tratta di una semplice funzione con-
sapevole, di un’abilità di cui disponiamo in quanto esseri
umani, e che non c’è alcun bisogno di ingigantirla. Con
un po’ di saggezza, ci accorgeremo che sono i pensieri,
e non le circostanze, a determinare i nostri sentimenti.
Questa consapevolezza ci dà la fiducia necessaria per vi-
vere nel presente e toglierci di dosso la paura di dover
prestare attenzione ai pensieri, subendone così le conse-
guenze. Magari altre persone hanno vissuto circostanze
quasi identiche alle tue, e forse sono depresse o risentite
per la loro condizione sfortunata, mentre tu ti senti ap-
pagato. È evidente che questa differenza non sta nel fatto
che una situazione era migliore dell’altra, ma dipende dal
livello di comprensione della natura del pensiero e dalla
capacità di andare avanti senza fare una piega.
Capire il meccanismo del pensiero ci permette di vi-
vere maggiormente nel presente e di preoccuparci meno

79
di ciò che pensiamo. Quando la mente balza in avanti
verso problemi e preoccupazioni, o indietro verso rim-
pianti e dolori passati, possiamo osservarla in modo at-
tivo e ricalibrarla poco per volta, riportando l’attenzione
al presente. Possiamo dirci: “Uh, ecco che parto di nuovo
in quarta” o qualcosa del genere, per aiutarci a mantenere
la giusta prospettiva sul pensiero e ricordarci che, per ri-
trovare un senso di appagamento, è sufficiente riportare
l’attenzione sul presente.
Grazie al Quarto Principio abbiamo imparato che i
sentimenti ci indicano con assoluta accuratezza quando
il pensiero diventa disfunzionale, o quando esercita su di
noi un’influenza negativa. Allo stesso modo, i sentimenti
sono estremamente utili per capire quando la mente si
allontana dal presente. Per esempio, se ci sentiamo secca-
ti, infastiditi o frustrati, è molto probabile che il pensiero
abbia in qualche modo preso il largo allontanandosi dal
presente. La prossima volta che ti capita di essere stres-
sato o frustrato, controlla con rapidità e schiettezza dove
si trovano i tuoi pensieri. Quasi di certo starai pensando
a tutto ciò che dovrai fare in futuro, a tutto quello che
hai già fatto nel corso della giornata, oppure a qualcosa
di spiacevole che è già accaduto o che potrebbe accadere
il giorno seguente. Quando sei turbato, è raro che i tuoi
pensieri siano centrati sul presente. Nella maggior parte
dei casi il momento presente è tranquillo. Per approfon-
dire il concetto, prova a fare questo semplice esercizio.

Smetti per un attimo di leggere e limitati a osservare il


posto in cui ti trovi e ciò che stai facendo. Stai leggendo
un libro scelto da te. Sei seduto o sdraiato. Sei comodo, si
spera. Adesso, immagina la tua vita in questo momento

80
(senza pensare, per ora, alle cose che non vanno bene o
che ti mancano). Pensa solo che ti trovi qui, a leggere.

Adesso osserva quello che accade quando lasci entrare


qualche pensiero su tutto quello che hai ancora da fa-
re oggi o domani. Osserva cosa succede se pensi ai tuoi
problemi o a delle possibili complicazioni, a questioni
che ritieni importanti. Ora la pace mentale è stata scon-
volta dai tuoi stessi pensieri. Più preoccupazioni passate
e future aggiungerai, più turbato e frustrato ti sentirai.

Questo breve esercizio ti aiuta a rammentare quanto


potere abbia in realtà la mente. Il pensiero ha la capacità
di portarti, praticamente in un istante, da uno stato di
calma nel momento presente a uno di agitazione, senza
che sia cambiato qualcosa nella realtà. Quando la men-
te attua un simile sabotaggio, la soluzione sta nell’essere
consapevoli e coscienti del fatto che il pensiero ha fatto
uno scatto in avanti verso problemi, scadenze e questio-
ni, o all’indietro per rivivere vecchie ferite o frustrazio-
ni. Non devi fingere che i problemi non esistano o che
non siano mai esistiti, devi solo renderti conto di quan-
do il pensiero mette in atto questa dinamica mentale. È
sufficiente che tu te ne renda conto. E allora, quando i
pensieri si aggrappano con forza ai problemi, potrai ri-
portarli al presente. Dopo un po’, comincerai a percepire
che la maggior parte della tua esistenza (quella al di fuori
del momento presente) è semplicemente frutto della tua
immaginazione e dei tuoi pensieri. Imparare a vivere il
momento è come mettersi al volante per la prima volta.
D’un tratto sei tu a decidere dove ti porterà la macchi-
na. Più diventi esperto nel vivere nel presente, più sarai

81
in grado di decidere come sarà la tua esperienza di vita,
momento per momento.
È importante che presti attenzione ai tuoi sentimenti
perché sono tuoi amici e possono aiutarti. Stai attento
a quando ti senti “fuori fase”. Osserva con calma i tuoi
pensieri. A cosa si rivolgono? Se non si concentrano sul
qui e ora, invece di prendertela duramente con te stesso o
di scendere troppo nei dettagli di ciò che pensi (la para-
lisi dell’analisi!), limitati a reindirizzare la tua attenzione
verso il momento presente. Non lasciare che i pensieri ti
allontanino dalla felicità.
A questo punto avrai senza dubbio compreso quanto
siano legati tra loro i cinque Principi, quanto si intreccino
in un bell’arazzo per spiegare le dinamiche mentali della
felicità. Comprendere gli stati d’animo, per esempio, ha
un ruolo cruciale per imparare a vivere nel presente. Uno
dei motivi principali per cui a molta gente risulta difficile
rimanere concentrata sul momento presente è che non
capisce il potere del proprio stato d’animo o come rea-
gire se è negativo. Come ho accennato in precedenza, se
credi a quello che pensi quando sei di cattivo umore, sarai
troppo spaventato o infastidito per vivere nel presente. I
pensieri che nascono dal malumore sono sempre negativi
e figli dell’insicurezza. In questi casi, avvertirai l’impel-
lente bisogno di prendere le distanze dai sentimenti che
provi. A mio parere, il modo migliore di gestire gli stati
d’animo negativi è non fidarsi e ignorare i pensieri che
generano, mettendoli in stand-by fino a che non ti senti-
rai meglio. Ciò non significa negarli. Se c’è una questio-
ne valida che devi affrontare quando sei di malumore, di
certo sarà ancora lì quando ti sentirai meglio. Ma allora
disporrai di strumenti di gran lunga più efficaci per ge-

82
stirla. Con un po’ di saggezza a portata di mano la vita
ti sembrerà più facile. Con uno stato d’animo negativo,
la tua vita (e quella di chiunque altro) ti apparirà sempre
seria, impellente e piena di problemi. Devi metterlo in
conto ed essere preparato a ricalibrare la mente poco per
volta, ignorando, accantonando e prendendo meno sul
serio i pensieri.
La stragrande maggioranza di noi cade preda di una
tendenza insidiosa: cercare di dare un senso alla vita e ai
problemi quando ci sentiamo giù o di cattivo umore. Ciò
ci allontana dal vivere nel momento presente e ci porta
a pensare: “Cosa devo fare?”. A questo punto, ci lascia-
mo andare a pensieri orientati verso il passato oppure
ad anticipazioni sul futuro. E, com’è ovvio, più restiamo
intrappolati nel pensiero, più verremo trascinati lontano
dal presente.
Uno dei segreti più sicuri per raggiungere la felicità è
imparare a rilassarti quando ti senti abbattuto o stressato,
ad avere fiducia che, se non farai niente, il brutto periodo
e i sentimenti che lo accompagnano passeranno da soli.
Reagire a ciò che ti appare impellente contribuisce a pro-
lungare lo stress. L’ovvia soluzione è ignorare o accanto-
nare i pensieri che nascono dal malumore.
Per chi è già felice, la formula della felicità è piuttosto
semplice: a prescindere da quello che è successo questa
mattina, la settimana scorsa o l’anno scorso, e da quello
che potrebbe succedere questa sera, domani o fra tre an-
ni, la felicità è nel presente. Le persone felici sanno che
la vita non è altro che una serie di momenti presenti che
aspettano di essere vissuti, uno dopo l’altro. Capiscono e
apprezzano il passato per le lezioni che ha insegnato loro
sul vivere nel presente, e vedono il futuro come una serie

83
di nuovi momenti presenti da vivere. In particolar modo,
sanno che la vita si vive solo nel qui e ora, in questo pre-
ciso momento.
Ecco un’altra formula per il successo: concentrando
l’attenzione sul momento presente, invece che su quel-
li passati o che devono ancora arrivare, potrai sfruttare
al massimo la tua produttività, creatività e capacità di
portare a termine gli obiettivi prefissati. Troppi pensieri
orientati al passato o al futuro offuscano la tua visione e ti
distolgono da quello che stai facendo. Più sei centrato sul
presente, più ti sembra facile mantenere la rotta, resta-
re concentrato, assorto e raggiungere i tuoi obiettivi. In
breve, una mente senza distrazioni è in grado di prendere
decisioni sagge e corrette.
Thoreau ha detto: “Non possiamo non vivere nel pre-
sente. Beato tra i mortali colui che non spreca un istan-
te della propria vita fuggevole rievocando il passato.”2 E
io non potrei essere più d’accordo. Diventare maestro
nell’applicazione di questo Principio sarà molto sem-
plice. Ci vuole solo un po’ di pratica. A partire da oggi,
comincia a osservare su cosa si concentrano i tuoi pen-
sieri. Sei davvero presente in ciò che fai? Oppure il tuo
pensiero devia in direzione del passato o del futuro? Pro-
babilmente ti ritroverai a deviare decine, o persino centi-
naia, di volte al giorno. Niente paura, perché ben presto
questo numero diminuirà in modo sostanziale. Scoprirai
che, restando concentrato sul presente, ti sentirai felice e
soddisfatto. E questo sarà lo stimolo che ti darà la fiducia
per continuare a fare pratica.

2. Henry David Thoreau, Camminare, SE studio editoriale, Milano,


1989, pag. 59.

84
BREVE
RIEPILOGO

P ensiero, Stati d’Animo, Realtà Distinte, Sentimenti


e Momento Presente: l’importante non è ricorda-
re i Principi in sé, ma la direzione che indicano, che ci
allontana dai pensieri ossessivi su problemi e persone,
guidandoci verso un luogo più tranquillo dentro di noi,
verso sentimenti migliori. I Principi non ci incoraggiano
a “non pensare”, ma a ricordarci che il pensiero è una
funzione che nasce dentro di noi.

Una volta compreso questo concetto, possiamo coltivare un


rapporto sano con il nostro pensiero: un rapporto che ci
permette di dare origine ai pensieri senza lasciarci infasti-
dire, turbare, sopraffare o spaventare. Conoscendo i mec-
canismi di quel che accade nella nostra testa, i Principi ci
aiutano a essere pazienti con noi stessi e con gli altri. Ci
ricordano che funzioniamo tutti allo stesso modo e, di con-
seguenza, ci spingono a concedere qualche attenuante a noi
stessi e agli altri. I Principi fungono da carta stradale per
raggiungere sentimenti più positivi, per arrivare all’amore.

85
Quando siamo angosciati da un pensiero, i Principi
ci ricordano che possiamo distogliere l’attenzione dal
problema e indirizzarla verso una sensazione di appa-
gamento. Quest’ultimo non deriva dall’aver analizzato
la questione fin nei minimi particolari ed essere giunti
a una conclusione soddisfacente, ma è la diretta conse-
guenza del cosiddetto “funzionamento psicologico sano”.
È quella felicità che proviamo quando non pensiamo
attraverso il sistema di pensiero individuale e la nostra
cornice di riferimento abituale, ma con una mente tran-
quilla. Non solo il funzionamento psicologico sano ci fa
sentire bene, ma ci permette anche di sperimentare idee
nuove per vivere la vita e risolvere i problemi.
Nella seconda parte del libro vedremo come i cinque
Principi possano essere applicati a quelle aree della vi-
ta spesso considerate intrinsecamente difficili. Una volta
capito il meccanismo del funzionamento psicologico sa-
no, sarai in grado di destreggiarti nella vita con leggerez-
za e con un sentimento di gioia e gratitudine.

86
PARTE SECONDA
Applicazione
dei PRINCIPI
CAPITOLO SEI

LE RELAZIONI
INTERPERSONALI

L’amico è colui che incontro


e mi accetta per quello che sono.
Henry David Thoreau

P er molte persone è difficile gestire i rapporti con gli


altri. Eppure, una volta compresa la loro natura e il
modo in cui applicarvi i cinque Principi, entrare in con-
tatto con gli altri non costituirà più un problema e ci
regalerà doni sempre più grandi.

Ogni relazione comincia da noi. Quando noi per primi


accediamo a uno stato fatto di sentimenti positivi, apria-
mo la porta al rispetto reciproco, a una comunicazione
aperta e onesta e a un senso di amore sincero. Se la no-
stra vita è appagata, possiamo dedicare un po’ della no-
stra soddisfazione agli altri. Se noi per primi ci sentiamo

88
bene, non abbiamo motivo di mostrarci ipercritici o di
metterci sulla difensiva, perché non percepiamo più gli
altri come una minaccia.
Le persone con cui entri in contatto, uomo o donna che
siano, fanno del proprio meglio per vivere bene. Nessuno
si alza al mattino con l’intenzione di rovinarti la vita (tran-
ne forse chi soffre di seri disturbi mentali). La gente cerca
sinceramente di fare del proprio meglio perché la propria
vita e quella degli altri funzionino al meglio. La maggior
parte delle persone, soprattutto quelle a noi più vicine, ac-
coglierebbe a braccia aperte l’opportunità di aiutarci a far
scorrere la nostra vita in modo ancora più tranquillo.
Da un punto di vista psicologico, ogni persona fun-
ziona allo stesso modo. Tutti noi abbiamo dei pensieri
(Principio del Pensiero). Tutti noi conosciamo diversi
stati d’animo (Principio degli Stati d’Animo). E dato che
pensieri e stati d’animo sono unici per ognuno di noi,
tutti noi viviamo in realtà distinte (Principio delle Realtà
Distinte). Tutti noi proviamo dei sentimenti (Principio
dei Sentimenti). Ho pensato di mettere i principi fra pa-
rentesi perché leggendo, a questo punto ci si chiede cosa
sono le 4 componenti. Valgono per te, il tuo partner, i
tuoi colleghi, i tuoi figli. Valgono per me, mia moglie, le
mie figlie, i miei clienti. Valgono per tutti.
Prendiamo in considerazione il Principio del Pensie-
ro. Ognuno di noi pensa in continuazione e continuerà
a farlo per il resto della vita. Si tratta di un elemento
impersonale dell’esistenza che non conosce interruzio-
ni, che ci piaccia o no. Con il sole o con la pioggia, il
pensiero continua la sua marcia, dentro di noi e dentro
gli altri. Come possiamo sfruttare questa abilità a no-
stro vantaggio?

89
I sistemi di pensiero degli altri
Abbiamo imparato che i pensieri con schemi ricorrenti
entrano a far parte del nostro sistema di pensiero indi-
viduale. Trattandosi di un sistema che non necessita di
conferme dall’esterno (in gergo psicologico è quel che
si definisce un “sistema chiuso”), non siamo in grado di
metterlo in dubbio e abbiamo sempre l’impressione che
la nostra visione della vita sia accurata e realistica. Per
questo motivo, e perché i sistemi di pensiero sono forte-
mente autoconservativi, andiamo a mettere in discussio-
ne la vita e il comportamento degli altri. Le informazioni
in contrasto con le opinioni che nutriamo vengono fil-
trate dal nostro sistema di convinzioni e giudicate come
“incoerenti con la verità”, “uno strano modo di compor-
tarsi”, “strane”, “insolite”, “diverse” e, nella maggior parte
dei casi, “sbagliate”.
A mano a mano che conosciamo meglio un’altra per-
sona, la tendenza a mettere in dubbio il suo sistema di
pensiero aumenta invece di diminuire. Più opportuni-
tà abbiamo di interagire e passare del tempo con altri
sistemi di pensiero, più sono numerose le possibilità di
conflitto. Ecco perché, per molta gente, il rapporto più
difficile da gestire è il matrimonio. Per chi non è sposato,
invece, in genere le difficoltà maggiori si incontrano con
le persone con cui si ha un rapporto più stretto o intimo.
In un certo senso è ironico che a darci più fastidio sia-
no proprio le persone a cui vorremmo essere più legati.
Ma non potrebbe essere altrimenti, a meno che (e fin-
ché) non capiamo il nostro funzionamento psicologico
e quello del nostro partner. Quando ci saremo riusciti,
potrà accadere il contrario. Con un po’ di comprensione,

90
proveremo un amore e un rispetto nuovi nei confronti
delle persone con cui abbiamo scelto di passare il nostro
tempo. Conserveremo i sentimenti positivi che proviamo
per loro in quanto persone speciali e uniche. Non saremo
più preoccupati dalle differenze che ci separano, forse le
troveremo persino divertenti! Cominceremo a vedere gli
altri come comprimari, piuttosto che come avversari.
È di cruciale importanza sapere e comprendere che il
nostro partner (o qualsiasi altra persona con cui abbiamo
una relazione) vede la vita in modo altrettanto chiaro.
Nessuno mette in discussione la propria visione della vita,
perché è il pensiero a dare origine all’esperienza. Dato che
osserviamo la vita dall’interno, la visione che ne abbiamo
passa per il nostro sistema di pensiero e di conseguenza
avremo sempre l’impressione che chiunque altro potrebbe
vedere le cose come noi, se solo non fosse tanto ostinato
o cieco. Ma ciò non può accadere né mai accadrà: per
mantenere positivi i rapporti con gli altri dobbiamo ac-
cettare il sistema di pensiero come un dato di fatto.
Riconoscere un simile concetto ci offre un punto di
vista umile e al tempo stesso liberatorio. Da un lato, dob-
biamo ammettere che quella che abbiamo sempre chia-
mato “vita” non lo è in senso lato. La nostra versione per-
sonale della vita e l’interpretazione di quella degli altri
sono arbitrarie. Se le informazioni immagazzinate nella
memoria e nel sistema di pensiero fossero diverse, anche
la nostra visione della vita e la reazione nei confronti di
quella degli altri sarebbero diverse.
La buona notizia è che la tua versione della vita non è
sbagliata. È giustificata proprio come quella di chiunque
altro perché, da un punto di vista psicologico, funzionia-
mo tutti allo stesso modo. Una volta imparato a vedere

91
gli altri da questa prospettiva, metteremo in conto di ve-
dere le cose diversamente da loro. E di conseguenza sarà
sempre una bella sorpresa quando qualcuno vedrà le cose
esattamente come noi. E quando ciò non accadrà, poco
male. Impareremo a dirci: “Oh, è così che vanno le cose
nel suo mondo.”
Non sto suggerendo di ignorare le differenze o di
fingere che determinate cose non ci diano fastidio. Se
è questa l’idea che è passata, allora ti invito a rileggere
i capitoli sul Principio del Pensiero e sul Principio delle
Realtà Distinte. Il sistema di pensiero è neutrale. Non
possiamo fingere che non esista né abbiamo alcuna pos-
sibilità di eliminarlo. Tutto ciò che possiamo fare è capire
che noi (come chiunque altro) ne possediamo uno e che
questo determina ciò che vediamo. Con una tale con-
sapevolezza potremo cominciare ad ascoltarci cum grano
salis, vale a dire con saggezza e buon senso. Impareremo
a prendere meno sul serio noi stessi e i nostri pensieri
personali. Con l’aumentare di questa consapevolezza, sa-
remo sinceramente sempre meno infastiditi dagli altri e
non prenderemo più i loro pensieri troppo sul serio o sul
personale. Potremo comunque essere in disaccordo totale
con qualcuno, e sarebbe una cosa del tutto normale. Non
dobbiamo per forza vedere le cose allo stesso modo degli
altri, perché ora disponiamo di una nuova prospettiva.

Coltivare i sentimenti positivi


nelle relazioni
L’aspetto più importante quando si coltiva una relazione
è il sentimento che si viene a creare tra due persone. Se

92
è un sentimento positivo, diciamo di avere un buon rap-
porto. Se non è poi tanto positivo, o lo è meno rispetto
al passato, diciamo di avere un cattivo rapporto. In en-
trambi i casi, quando siamo agli inizi, ogni rapporto è
caratterizzato da un certo grado di calore e sentimenti
positivi. Sono principalmente questi elementi che per-
mettono alla relazione di proseguire, e si manifestano
perché i soggetti coinvolti non pensano in modo critico
l’uno dell’altro! Se non focalizzi l’attenzione sugli aspetti
negativi di una persona, permetti all’amore e al rispetto
che provi nei suoi confronti di emergere.
I sentimenti che proviamo influenzano sempre il no-
stro interlocutore. Per esempio, immagina di dire a tuo
figlio: “Ma certo che ti voglio bene, sono tuo padre.” Se
lo dici con un tono duro, il bambino o la bambina non ti
prenderà alla lettera; sentirà e percepirà il tono o il sen-
timento che stanno dietro alle tue parole. Ci sono mol-
tissimi esempi di esperienze simili che ci capitano ogni
giorno. Sia che ci rivolgiamo ai nostri figli, al coniuge, al
partner, agli amici, al capo, ai dipendenti o a uno scono-
sciuto, saranno i sentimenti dietro alle nostre parole, e
non le parole stesse, a determinare l’interpretazione e la
reazione dell’interlocutore.
L’unico modo per recuperare l’affetto nei confronti
di un’altra persona è capirne innanzitutto l’importanza
e farlo diventare una priorità. Provando affetto per qual-
cuno, sei portato a mettere da parte le differenze tra di
voi, se ci sono delle problematiche, cerchi di risolverle
con calma, facendo ricorso alla tua saggezza. Se invece
non provi affetto per una persona, tendi a reagire in base
al tuo abituale sistema di pensiero, punti di continuo il
dito contro le differenze che vi separano e attribuisci a

93
esse la colpa del tuo disagio. Come abbiamo visto, però,
non sono le differenze a determinare i sentimenti, ma il
pensiero. Comprendere il meccanismo del pensiero può
liberarci dai suoi effetti negativi.
Il secondo aspetto importante per recuperare i senti-
menti positivi verso gli altri consiste nel riuscire a vede-
re l’innocenza insita nel loro cattivo comportamento e a
guardare oltre. Al di sotto del proprio comportamento
negativo, ognuno di noi vuole mostrarsi affettuoso, ami-
chevole e comprensivo. Non ho ancora incontrato né la-
vorato con nessuno che non si consideri una brava per-
sona o che non pensi almeno di avere il potenziale per
esserlo. Persino chi appare aggressivo, ostinato ed egoista
si vede (o vorrebbe vedersi) come una bella persona.
Il Principio degli Stati d’Animo ci insegna che ognu-
no di noi agisce come se al suo interno ci fossero due
persone. Nei momenti migliori, accediamo alla saggezza
e al buonsenso, ci mostriamo amichevoli, collaborativi e
gentili. Ma nei momenti peggiori, perdiamo l’equilibrio,
inciampiamo, abbiamo la tendenza a essere negativi ed
esageriamo i difetti degli altri. Il fattore che determina
il nostro comportamento in ogni istante è il grado (o la
mancanza) di sicurezza che percepiamo dentro di noi.
Rifletti per un attimo sul tuo atteggiamento: come ti
comporti e cosa pensi della vita quando ti senti insicuro?
La prendi così come viene, ti senti a tuo agio e coltivi rap-
porti amichevoli? Ovviamente no. Be’, ogni persona fun-
ziona allo stesso modo, comprese quelle con cui abbiamo
una relazione. Se abbiamo l’umiltà di capire e accettare
questo aspetto degli esseri umani, possiamo concedere
delle attenuanti al comportamento altrui. Nessuno può
dare il meglio di sé se si sente insicuro.

94
Pensa a qualcuno che conosci e che ti dà l’impressio-
ne di essere sempre pronto a offendere e a pretendere
molto dagli altri, qualcuno per cui ti è difficile provare
sentimenti positivi. Nonostante le tue difficoltà, sai che
c’è chi gli vuole bene. Com’è possibile? Chi gli vuole bene
è forse cieco di fronte all’evidenza? No. Fa esattamente
come chiunque altro, noi compresi, con le persone a cui si
tiene, senza nemmeno rendersene conto. Va oltre il com-
portamento di quel soggetto, che non ha una personalità
statica, scolpita nella pietra, ma un comportamento che
fluttua in base al suo livello di sicurezza. Quelle persone
dicono: “Oh, Jim non intendeva davvero quello che ha
detto. Tende a perdere il controllo e a volte dice quello
che non dovrebbe.” Loro vedono Jim, mentre tu vedi il
comportamento di Jim.
Siamo tutti in grado di andare oltre il comportamento
di qualcuno e ogni volta lo facciamo in modo intuitivo.
Quando sappiamo che le azioni delle persone a cui vo-
gliamo bene sono il frutto della loro insicurezza, siamo
capaci di non dare loro peso o di difenderle. Per miglio-
rare i rapporti con gli altri, dobbiamo imparare a fare lo
stesso, intenzionalmente, a provare affetto anche per chi,
secondo noi, non lo merita. Con la pratica, la qualità dei
nostri rapporti e il rispetto reciproco aumenteranno.
L’importanza dei sentimenti positivi all’interno di un
rapporto non sarà mai sottolineata abbastanza. Imparan-
do ad accedere a questi sentimenti, tireremo fuori il me-
glio non solo da noi, ma anche da chi si trova al nostro
fianco. La domanda che dobbiamo porci non è se il no-
stro partner si sentirà ancora insicuro e si comporterà di
nuovo in un modo che non ci piace. Certo che succederà.
La lezione importante da imparare è riuscire a mantenere

95
i sentimenti positivi verso il nostro partner. Se ci riusci-
remo, la sua fiducia in se stesso aumenterà e più alto sarà
il suo livello di sicurezza, migliore sarà il suo comporta-
mento. Così tutti vincono! Il nostro partner apprezzerà
la comprensione e l’amore che gli dimostriamo e impa-
rerà dal nostro esempio. Se, al contrario, non riusciamo
a mantenere i sentimenti positivi nei suoi confronti, il
suo livello di sicurezza (già basso) tenderà a diminuire
ulteriormente. Più scemerà il suo livello di sicurezza, più
il suo comportamento rimarrà sgradevole (o peggiorerà)
e i suoi sentimenti resteranno aspri.
Nelle relazioni mediocri, le persone commettono l’er-
rore di prendere sul personale i comportamenti negativi.
Avvertendo la comodità, il buonsenso e la praticità di
mantenere i sentimenti positivi nei confronti degli altri
(anche nelle avversità), vedremo diminuire sia il numero
sia la gravità degli episodi che ci appaiono come attacchi
personali. Gli altri percepiranno i nostri sentimenti po-
sitivi verso di loro, si sentiranno rassicurati e il risultato
sarà una maggiore intimità e buoni sentimenti.
C’è un vecchio detto che afferma: “L’importante non
è quello che dici, ma come lo dici.” La parte del “come
lo dici” si riferisce al sentimento che sta dietro alle parole
scelte. Se vuoi interagire in modo positivo, devi cercare i
sentimenti positivi dentro di te prima di parlare. Anche se
pensi di essere giustificato o di avere un vero motivo per
essere arrabbiato, aspetta che venga a galla un sentimen-
to migliore. E a quel punto, la tua risposta sarà sempre
più appropriata ed efficace rispetto a come sarebbe stata
prima. Ciò non significa aspettare che ti venga in mente
qualcosa di carino da dire, ma aspettare semplicemente
che si presenti un sentimento positivo. Quando arriva, e

96
prima o poi succederà, le tue parole si aggiusteranno da
sole. Potrebbero essere carine, se le circostanze lo per-
mettono, oppure no. Ma se avrai la pazienza di aspettare
un sentimento positivo prima di parlare, avrai relazioni
di gran lunga migliori.
In quei casi estremi in cui sembra impossibile provare
affetto per qualcuno, devi capire che la persona che ti sta
accanto viene influenzata da quello che provi. È nella tua
natura riuscire a mostrare affetto nonostante un brutto
comportamento e a tirare fuori la saggezza e la compren-
sione di cui disponi. Un simile atteggiamento genera in
cambio rispetto e comprensione, che smussano il senti-
mento di frustrazione reciproca. Sia tu sia il tuo partner
vedrete allora la situazione da una prospettiva più chiara
e ampia.
Invece di essere criticati a causa della nostra “natura
spensierata”, cominceremo a ricevere quello che abbiamo
sempre cercato in quantità maggiori: amore e rispetto da
parte delle altre persone e di noi stessi. Le persone ri-
spettano e ammirano chi si mostra comprensivo verso il
loro stato mentale (soprattutto quando è negativo), e ap-
prezzano chi sa mantenere una sensazione di benessere
anche quando gli altri “perdono la testa”. Chi preferiresti
avere intorno: una persona che si arrabbia e va nel panico
o qualcuno che mantiene la calma e sa come trarre il me-
glio da ogni situazione difficile?
La misura in cui non siamo in grado di provare sen-
timenti positivi o amorevoli verso qualcuno è pari alla
misura in cui pensiamo in modo negativo a quella stessa
persona, nel presente o tramite ricordi negativi. Accan-
tonando simili pensieri e ricordi, torneremo a provare
sentimenti positivi per la persona in questione. Sebbene

97
possa sembrare normale, non è nella natura umana sen-
tirsi negativi, frustrati o irritabili nei confronti di qual-
cun altro. Quando ciò accade, è un segnale del fatto che
hai ripreso a guardare la vita e gli altri attraverso il tuo
abituale sistema di pensiero.
Immagina per un momento cosa succederebbe se,
proprio nel bel mezzo di un litigio con una persona a cui
vuoi bene, scoppiasse un incendio a casa tua, per cui le
vostre vite sarebbero in pericolo. Cosa ne sarebbe della
lite? Perderebbe tutta la sua importanza. Verrebbe tem-
poraneamente dimenticata, pensereste invece a salvar-
vi e vi preoccupereste l’uno per l’altro. La vostra unica
preoccupazione sarebbe di riuscire a salvarvi a vicenda. I
sentimenti tra voi cambierebbero all’istante, in risposta al
cambiamento del fulcro dell’attenzione.
Da un punto di vista psicologico, molti genitori vivo-
no esperienze simili con i propri figli. Un minuto prima
sono arrabbiati, per esempio al pensiero che il figlio sia
di nuovo in ritardo sull’orario stabilito per rincasare, e
quello successivo, dopo aver ricevuto una telefonata che
li informa di un grave incidente in cui il ragazzo è quasi
rimasto ucciso, sono grati che sia ancora vivo. Ognuno
di noi ha sentito raccontare o ha vissuto personalmente
un’esperienza di questo genere.
In entrambi i casi, gli individui coinvolti hanno di-
menticato il motivo per cui erano arrabbiati, riuscendo
così a modificare i propri sentimenti nei confronti della
persona con cui erano in collera. Forse l’esempio più effi-
cace è quando, all’interno di un matrimonio traballante,
a uno dei coniugi viene diagnosticata una malattia incu-
rabile. La coppia si rende conto all’istante dell’assurdità e
del tempo sprecato a provare un sentimento che non fos-

98
se amore reciproco. Gli anni di litigi e amarezze vengono
dimenticati e il rapporto recupera un senso di calore e
compassione.
Ora che abbiamo una comprensione nuova di quanto
sia importante prendersi cura delle relazioni e nutrirle,
ci troviamo in una posizione precaria. Ormai sappiamo
troppo del nostro funzionamento psicologico per tornare
indietro, almeno non del tutto. Dobbiamo scegliere se ri-
trovare sentimenti più positivi dentro di noi e migliorare
i rapporti con gli altri oppure continuare a pensare in
maniera disfunzionale e sentirci insoddisfatti.
Non mi riferisco al fatto di pensare positivo o di co-
stringerci a pensare qualcosa di bello, ma al fatto che la
nostra sofferenza o mancanza di felicità deriva dall’atto
stesso di pensare. Hai il diritto di continuare a pensare
quello che vuoi, per tutto il tempo che vuoi, ma una volta
capito in che misura ogni momento della tua esperienza
di vita dipende da ciò che pensi, senza dubbio deciderai
di porre fine ai pensieri che ti allontanano dal sentimento
che vorresti provare.

Meglio avere ragione o essere felice?


Se riteniamo che l’elemento più importante nelle rela-
zioni interpersonali sia il sentimento esistente tra noi e
il partner, allora il fatto di avere ragione è irrilevante, so-
prattutto se sminuisce l’amore che proviamo per l’altra
persona. Una volta capito il meccanismo per cui il nostro
sistema di convinzioni ci incoraggia ad avvalorare le in-
terpretazioni sommarie che diamo alla vita, impariamo
che lo stesso vale per chiunque altro. Grazie a una tale

99
consapevolezza, non dovremo più discutere o arrabbiarci
per le differenze che percepiamo.
Con l’aumentare dei sentimenti positivi per gli altri, la
questione dell’avere ragione o torto perde di importan-
za. Possiamo mantenere le nostre opinioni o preferenze,
pur sapendo che derivano dai nostri pensieri e non da
una verità incontrovertibile. Diamo più importanza ai
sentimenti positivi che alle opinioni. Più riconosciamo
la felicità in una relazione, più ci accorgiamo delle cose
che tendono ad allontanarci da essa. Tra queste, uno dei
fattori principali è la necessità di avere ragione.
Un’opinione presa troppo sul serio pone delle condi-
zioni che devono realizzarsi prima di poterti sentire feli-
ce. Per esempio, all’interno di un rapporto, queste condi-
zioni potrebbero essere: “Se vuoi che ti ami e ti rispetti,
devi prima essere d’accordo con me e capire il mio punto
di vista.” In presenza di sentimenti positivi, un simile
atteggiamento apparirebbe stupido e controproducente.
Possiamo trovarci in disaccordo con l’altro, persino su
questioni importanti, e amarlo ugualmente: l’importante
è che il nostro sistema di pensiero non abbia più il con-
trollo sulla nostra vita e che siamo in grado di vedere
l’innocenza alla base di punti di vista divergenti.
La necessità di avere ragione deriva da un rapporto
malsano con i propri pensieri. Credi che rappresentino
la realtà e debbano essere difesi, oppure sai che esistono
realtà diverse viste attraverso occhi diversi? La risposta a
questa domanda determinerà, in gran parte, la tua capaci-
tà di rimanere in uno stato basato su sentimenti positivi.
Tutte le persone che conosco e che, nella loro perso-
nale lista di priorità, hanno messo i sentimenti positi-
vi sopra al fatto di avere ragione, alla fine sono arrivate

100
a capire che le differenze di opinione vanno a posto da
sole. Sentimenti più positivi ci permettono di capire le
posizioni degli altri, di prestare maggiormente ascolto e
di esprimere le nostre convinzioni in modo più compas-
sionevole e attento. (Potremmo persino imparare qualco-
sa!). E se ci capita di trovarci in disaccordo, grazie a essi
possiamo concederci il lusso di non farci troppo caso.

Gli stati d’animo nelle relazioni


Ognuno di noi ha l’impressione di essere un po’ come
il dottor Jekyll e Mr Hyde. Quando l’umore è buono o
alto, gli altri ci sembrano simpatici. Riusciamo a vedere
la bellezza delle relazioni, pensiamo in modo saggio e
abbiamo il senso della prospettiva. Abbiamo la capacità
di scendere a compromessi, capire altri punti di vista e
mantenere il senso dell’umorismo. Abbiamo buonsenso a
palate e sappiamo d’istinto cosa fare in caso di avversità.
Quando siamo di malumore, perdiamo la giusta pro-
spettiva (o l’orientamento) e la vita ci appare dura e fru-
strante. I rapporti diventano un fardello e sembra che le
altre persone siano irritanti o, in un certo senso, che ci
abbiano preso di mira. In questi casi, consideriamo un
affronto se la gente non vede le cose come noi e avver-
tiamo un senso di impellenza e sventura. Ogni problema
è la punta di un iceberg che ne nasconde uno molto più
grande al di sotto.
Quando l’umore torna buono, abbiamo ben poco per
la testa. La vita e i rapporti con gli altri sembrano scor-
rere senza intoppi e, in un certo senso, si aggiustano pia-
cevolmente. Ma quando l’umore precipita, la mente si ri-

101
empie di nuovo di preoccupazioni. Ed è proprio in questi
momenti, quando disponiamo degli strumenti peggiori,
che siamo tentati di risolvere i problemi o di chiarire le
questioni con gli altri.
Capire in che stato d’animo ci troviamo sia noi che
gli altri è essenziale, se vogliamo mantenere rapporti ar-
moniosi e gratificanti. Se siamo di cattivo umore e non
ce ne accorgiamo, attenzione! Senza nemmeno saperlo
andremo in cerca di guai, perché la vita ci apparirà in
tutta la sua urgenza.
Se il segnale d’allarme intrinseco di cui disponiamo (i
nostri sentimenti) entra in funzione (per il malumore) e
siamo consapevoli di ciò che accade quando ci sentiamo
così, tenderemo istintivamente a rimandare (nei limiti
del possibile) la discussione di problemi e preoccupa-
zioni. In un simile stato mentale non siamo in grado di
prendere buone decisioni poiché non vediamo gli altri
per quello che sono in realtà, né vediamo la situazione
in modo lucido. Ci mostriamo sulla difensiva, ostinati,
arrabbiati e di vedute ristrette, quattro fattori bomba in
grado di innescare un risvolto negativo nella relazione.
Quando ci troviamo in uno stato mentale più elevato, i
problemi smettono di sembrare così gravi, con il risul-
tato che la durata del malumore sarà più breve e meno
pesante, senza ulteriori complicazioni dovute a decisioni
infelici o a reazioni esagerate.
Non puoi evitare il cattivo umore, ma se ti accorgi di
esserlo e sapendo cosa comporta, prenditi un attimo di
pausa e limitati ad aspettare la comparsa di sentimenti
migliori prima di affrontare questioni importanti.
Ecco un esempio pratico di come una tale consapevo-
lezza mi abbia aiutato ad annullare una potenziale fonte

102
di disarmonia. Un giorno ero di umore davvero pessimo.
Ero stanco e avevo lavorato tutto il giorno con i clienti.
Avevo l’impressione che ogni cosa, fin dalla mattina, fos-
se andata per il verso sbagliato. Una volta a casa, ricevetti
una telefonata urgente da parte di una persona che voleva
discutere di un problema. L’unica cosa che volevo fare era
immergermi in un bagno caldo o magari farmi coccolare
da mia moglie e da mia figlia, ma quella persona non la
smetteva più di parlare.
Se non avessi conosciuto il meccanismo degli stati
d’animo, una situazione simile mi avrebbe fatto perdere
la testa! Avrei reagito esprimendo rabbia e frustrazione,
in modo spropositato e prendendo decisioni esagerata-
mente dure. Poi più tardi mi sarei pentito, ritrovandomi
a scusarmi per il mio comportamento oppure, se fossi
stato particolarmente ostinato, avrei pensato di essere
nel giusto e di avere avuto “tutte le ragioni” per arrab-
biarmi. Avrei riversato almeno in parte la frustrazione
su mia moglie senza nemmeno rendermene conto. Ma
quel giorno avevo la consapevolezza di essere di pessimo
umore e che in quel momento tutto mi sembrava peggio-
re rispetto a come sarebbe stato più tardi. Perciò ascoltai
come meglio potei e dissi a quella persona che avrei preso
in considerazione le varie opzioni e le avrei fatto sapere.
Accantonai le informazioni nella mia testa, per poterle
recuperare una volta migliorato il mio umore. E infatti
qualche ora dopo, tornato di buonumore, mi sono sentito
molto meglio e le risposte mi sono parse ovvie.
È importante ricordare che quando siamo di cattivo
umore e percepiamo un problema, se questo è reale esi-
sterà ancora quando staremo meglio, e riusciremo a gestire
ogni avversità con maggiore efficacia. C’è un altro aspetto

103
molto importante. Non nego il fatto che ci siano volte in
cui non è semplicemente possibile aspettare che lo stato
d’animo si evolva in meglio. Quel che è certo, però, è che
con un umore migliore siamo nello stato mentale giusto
per ottenere risposte efficaci, e possiamo attingere alla
pazienza e alla saggezza necessarie per risolvere un pro-
blema. Non possiamo forzare il buonumore ma, se abbia-
mo capito il meccanismo degli stati d’animo, non sarà un
problema. A seconda dello stato d’animo in cui ci trovia-
mo, ci limiteremo a fare del nostro meglio. Nell’esempio
di poco fa, se fossi stato costretto a prendere una decisio-
ne immediata, l’avrei fatto con la consapevolezza di non
avere una chiara visione dei fatti. Avrei preso la decisione
migliore possibile in funzione del mio stato mentale, con
la consapevolezza di non trovarmi nelle condizioni ideali.
In effetti, accorgersi di essere di cattivo umore ti aiuta
a prendere una decisione migliore rispetto a quella che
prenderesti se pensassi (erroneamente) di vedere la vita
(e i fatti) in modo accurato. Con un po’ di compassio-
ne per il tuo stato mentale, assumerai una posizione più
flessibile. Quando siamo di cattivo umore e dobbiamo
prendere ugualmente una decisione, la saggezza e la co-
noscenza del Principio degli Stati d’Animo giocano un
ruolo fondamentale.
È importante riconoscere quando siamo giù di
morale e anche quando sono gli altri a esserlo. Per la
maggior parte di noi, non è difficile intuire il livello di
malumore di un altro, soprattutto delle persone a cui
siamo più legati. In effetti, spesso è più facile percepire
l’umore degli altri, soprattutto quando è basso, rispetto
al nostro. Se ci accorgiamo che una persona ha il morale
a terra, è sufficiente comprendere e rispettare il potere

104
degli stati d’animo così da non preoccuparcene e da non
farci condizionare.
Quando una persona che conosciamo, amiamo o con
cui lavoriamo si trova in uno stato d’animo negativo, non
ha voglia di scherzare e non vede le cose nella giusta pro-
spettiva. Quando sono giù di morale, il coniuge, i colle-
ghi, i figli, i dipendenti, gli amici eccetera, dicono e fanno
cose che, se fossero di buonumore, non si sognerebbero
mai di dire o fare. Se non fossimo consapevoli degli stati
d’animo e dell’effetto che hanno sugli individui, le loro
azioni e i loro commenti incauti potrebbero darci fastidio
o ferirci.
Ciò significa forse che dovremmo giustificare un com-
portamento negativo? Sì e no. Non si tratta di voltare la
testa dall’altra parte o di fingere che una cosa non ti dia
fastidio, ma di permettere a un essere umano dotato di
stati d’animo di esistere fino in fondo. Reagire con forza
al comportamento di chi è di malumore è come reagire
al brutto tempo, cioè a qualcosa che va oltre la nostra
sfera di competenza. Ovviamente preferiremmo che le
persone di malumore si mostrassero un po’ meno critiche
o sulla difensiva!
C’è una cosa, però, che possiamo fare: portare nel
mondo la conoscenza che abbiamo acquisito sugli stati
d’animo e dare il buon esempio. Possiamo imparare a non
prendere troppo sul serio il malumore degli altri o a non
prendere sul personale quello che dicono o fanno in quei
momenti. Sta a noi giudicare la situazione e poi mostrare
la compassione necessaria per aiutarli a uscire dal malu-
more e a raggiungere uno stato mentale più produttivo.
Anche se le nostre forze da sole non bastano, possiamo
aiutare gli altri mantenendo il nostro equilibrio e un senso

105
di felicità. Se non ci facciamo contagiare, il malumore del
nostro partner durerà meno e ci apparirà meno grave.
Non cercare di dare consigli a qualcuno che è giù di
morale! Nessuno è aperto a ricevere informazioni in un
simile stato. Non devi nemmeno ignorarlo, ma solo ca-
pirlo e mostrarti comprensivo. Il resto si aggiusterà da sé.

Le realtà distinte nei rapporti


con gli altri
Secondo il Principio delle Realtà Distinte, al mondo non
esistono due persone che vedano la vita nella stessa iden-
tica maniera. Tutti noi osserviamo la vita attraverso un
filtro unico e personale: il sistema di pensiero. E anche
se molti di noi ne sono consapevoli a livello intellettuale,
il Principio delle Realtà Distinte ci ricorda che non si
tratta di un fatto meramente intellettuale, ma psicologico.
Una volta accettata questa verità, saremo liberi di godere
e di imparare in modo sincero dalle differenze, comprese
quelle che magari non riusciamo a capire.
Dato che ognuno di noi ha una propria cornice di ri-
ferimento, la percezione della vita cambia da individuo
a individuo. Avremo sempre l’impressione di vedere una
situazione da una prospettiva realistica, ma il Principio
delle Realtà Distinte non dà e non toglie credito a nes-
sun punto di vista, né dibatte sul fatto che sia giusto o
sbagliato. Si limita a indicare che la realtà è questione di
prospettiva, e spiega come una determinata cosa possa
apparire in un certo modo a seconda della cornice di ri-
ferimento. In base a questo Principio, è come se ognuno
di noi rappresentasse un quadro diverso!

106
L’individuo A è certo che il mondo sia un luogo si-
curo, mentre l’individuo B crede che sia un luogo pe-
ricoloso. Chi ha ragione? Entrambi: ognuno all’interno
della propria cornice di riferimento. Entrambi sono in
grado di portare una serie infinita di validi esempi che
dimostrino la correttezza del proprio punto di vista ed
entrambi ne saranno assolutamente certi.
Una volta capito il funzionamento del sistema di pen-
siero per creare la nostra prospettiva del mondo, siamo
liberi di spingerci oltre questi limiti. Se qualcuno è in
disaccordo con noi o si sente deluso, ci sentiamo meno
minacciati perché sappiamo che si tratta di una dinamica
inevitabile. Riconosciamo l’innocenza alla base dei pen-
sieri negativi e delle convinzioni che nutriamo, così come
della negatività degli altri. Sappiamo che le convinzio-
ni sono il risultato del condizionamento del passato. La
consapevolezza delle realtà distinte ci permette di pren-
dere le cose meno sul personale, perché conosciamo la
natura di pregiudizi, convinzioni e filosofie di vita.
Considerando che ognuno ha una visione diversa del-
la vita, possiamo allargare la nostra e considerare questo
dato di fatto razionale e bello, aprendo la porta a rapporti
più proficui che permettano a entrambe le parti di cre-
scere. Diventeremo spontaneamente meno critici e non
staremo sulla difensiva; non ci dedicheremo a predicare
la nostra personale visione della vita, ma a concorrere alla
creazione di un sentimento positivo universale.

107
CAPITOLO SETTE

LO STRESS

Riflettendo si vedono meglio le cose.3


Euripide

L a maggior parte degli esperti di gestione dello stress


probabilmente affermerà di avere un lavoro “stres-
sante”. Dato che viviamo in un mondo stressante, la
cosa migliore in cui possiamo sperare è trovare meto-
di migliori per gestire la situazione, almeno secondo il
pensiero della psicologia moderna. Per gran parte della
gente lo stress è un “fatto della vita”, una dura realtà che
deve essere affrontata. Lo stress è così diffuso che gli al-
tri si offendono se non sembriamo stressati anche noi.
È percepito come una parte necessaria del successo, dei
rapporti con gli altri, della carriera e dell’esistenza. La
parola stessa è diventata polivalente e descrive, avvalora
e spiega praticamente qualsiasi aspetto che non funzioni

3. Euripide, Ippolito. Feltrinelli Editore, Milano, 2005, pag. 83.

108
nella nostra esistenza. “Se non fossi così stressato, la mia
vita sarebbe migliore” è una convinzione molto diffusa.

Lo stress è una delle cause principali di infelicità, ma non


dobbiamo arrenderci. Una volta capito da dove trae ori-
gine (dalla mente) e il rapporto che ha con il pensiero,
potremo cominciare a cancellarlo, a prescindere dalle cir-
costanze in cui ci troviamo. Lo stress non è altro che una
forma socialmente accettabile di malattia mentale e può
essere in gran parte eliminato.
Lo stress non è qualcosa che “ci capita”, ma piuttosto
si sviluppa all’interno dei nostri pensieri. È dentro di noi
che decidiamo cosa sarà o non sarà fonte di stress. Il gio-
co d’azzardo può essere eccitante per una persona o por-
tare un’altra all’esaurimento nervoso. I figli possono esse-
re lo scopo della vita per qualcuno o comportare troppe
responsabilità per qualcun altro. Lavorare a contatto con
le vittime di stupro può essere una nobile causa per certe
persone o provocare ansia in altre. Di fatto tutti questi
esempi, così come molte altre situazioni quotidiane, sono
neutri e non stressanti per loro natura.
Nel momento in cui affermiamo che lo stress arriva da
un posto diverso da noi stessi, creiamo le condizioni per
provarlo, ed è troppo tardi per evitarlo. Ogni volta che
diciamo che lo stress è “fuori”, avvaloriamo la tesi della
sua esistenza. E allora dobbiamo trovare dei modi per
gestire, controllare o manipolare ciò che riteniamo re-
sponsabile dello stress. Quindi, per esempio, se crediamo
che una relazione con qualcuno che lavora la sera fino a
tardi sia intrinsecamente fonte di stress, cercheremo di
capire come gestire la situazione. Magari spenderemo
energie nel tentativo di convincere il nostro partner a

109
cambiare lavoro e, di fronte al suo rifiuto, diremo: “Vedi,
lo sapevo che avevamo dei problemi da risolvere. Questa
è una situazione stressante.”
Oppure potremmo prendere una strada completa-
mente diversa e lavorare con dedizione sul rapporto, fre-
quentando corsi e workshop, leggendo libri o andando
da un consulente matrimoniale, il tutto nel tentativo di
gestire lo stress causato dal rapporto stesso.
A prescindere dalla strategia scelta, così facendo av-
valoriamo l’esigenza di dover affrontare la situazione, che
è stressante solo perché siamo stati noi a definirla tale.
Non ci viene in mente di mettere in dubbio la nostra
ipotesi; tutti i corsi, i workshop, i libri e i consulenti che
abbiamo scovato danno per scontato che la nostra ipotesi
iniziale sia corretta e che abbiamo davvero bisogno di
imparare a gestire lo stress. Dopo ogni corso frequentato
e ogni libro letto, la convinzione di vivere una situazione
stressante viene rafforzata e di conseguenza genera anco-
ra più stress. Più ci pensiamo o cerchiamo di cambiare le
cose, più la situazione sembrerà stressante, perché conti-
nuiamo ad avvalorare l’ipotesi che lo stress sia al di fuori
di noi stessi.
Questo schema si sviluppa e mette radici sempre più
profonde a prescindere da quella che riteniamo essere la
causa dello stress: il lavoro, il mondo, i rapporti con gli
altri, la situazione finanziaria, le esperienze passate, la
politica e così via. Senza sapere da dove trae veramente
origine lo stress, cerchiamo un modo per cambiare quella
che consideriamo la sua “fonte” (l’ambiente in cui vivia-
mo, per esempio) oppure per gestirlo. In entrambi i casi,
combattiamo una battaglia senza fine. Se non riusciamo
a cambiare le cose, possiamo continuare a sfruttarle come

110
scuse per la nostra infelicità, e se alla fine, invece, riuscia-
mo davvero a cambiarle, ciò avvalora la nostra falsa con-
vinzione sulla necessità di quel cambiamento per vivere
una vita felice e senza stress. Così la prossima volta che
non ci piacerà qualcosa, penseremo di dover cambiare di
nuovo le circostanze e ci impegneremo in una spirale ne-
gativa e infinita di stress.
Supponiamo che il fatto di avere molte cose da fare
comporti intrinsecamente dello stress. Se non puoi rive-
dere il tuo piano di lavoro ti senti sfortunato e destinato
a essere stressato per sempre! Se invece riesci a cam-
biarlo, non fai altro che peggiorare il problema, avvalo-
rando (nella tua mente) l’ipotesi di partenza sulla fonte
dello stress (“Devo cambiare il mio piano di lavoro per
eliminare lo stress dalla mia vita”). Anche se rivedere e
modificare il piano di lavoro può essere stata una buona
idea, la prossima volta che ti sentirai stressato penserai
di ricorrere alla medesima soluzione: per poterti sentire
meglio dovrai cambiare le circostanze o l’ambiente in
cui ti trovi.
Non è possibile gestire con successo ciò che in realtà
non esiste. Lo stress non esiste, se non nei tuoi pensieri. I
pensieri stressanti non sono più reali di quelli non stres-
santi; sono solo semplici pensieri. Per sbarazzarti dello
stress che attanaglia la tua vita, devi prima capire che sei
tu a percepirlo, che non si tratta di una caratteristica in-
trinseca di una data situazione. Non esiste un rapporto di
causa-effetto tra gli avvenimenti della tua vita e la sensa-
zione di stress.
Per quelli di noi che hanno molto da fare, non esiste
necessariamente un rapporto diretto tra il programma
di lavoro e lo stress: dopotutto, ci sono persone molto

111
impegnate che non sono per niente stressate! Non è
tanto il carico di lavoro in sé, ma il modo di pensa-
re di chi lo svolge. Una volta capito che lo stress non
esiste, ma esistono solo pensieri stressanti, sei sulla
buona strada per cambiare all’istante e assumerti la re-
sponsabilità della tua vita. Ridefinendo lo stress come
qualcosa che puoi controllare, è possibile mantenere i
sentimenti positivi, anche quando le circostanze sono
tutt’altro che perfette.

Gli attacchi del pensiero


Il pensiero sta al nostro livello di stress come l’acqua e
il sole al nostro giardino: se riflettiamo, ci soffermia-
mo o ci concentriamo su qualcosa, l’oggetto della nostra
attenzione si ingigantisce nella mente e il senso di in-
soddisfazione ci appare giustificato. Se qualcosa ci ir-
rita, pensandoci abbastanza a lungo siamo in grado di
trasformarlo in una enorme fonte di stress. Questo è il
motivo per cui molta gente è infastidita dalle piccole
cose. Senza capire le dinamiche del pensiero, è facile
gonfiarle a dismisura.
Tutto comincia con un pensiero: “Non mi importa
poi molto di Joann.” Poi, possono succedere due cose: ne
prendi nota e lo accantoni come un pensiero di passaggio,
oppure ti concentri su di esso e gli permetti di crescere.
Nel primo caso, quel pensiero è finito e puoi passare al
successivo. A questo punto, puoi decidere con calma se
passare altro tempo con Joann e in che modo compor-
tarti. Ma se ti concentri su quel pensiero, comincerà a
crescere e risentirai dei suoi effetti stressanti. Ti accor-

112
gerai che Joann ha una voce irritante e alcune sgradevoli
abitudini. Ripenserai alle volte in cui non si è dimostrata
una buona amica nei tuoi confronti e ha fatto cose che
non approvavi. In questo modo sviluppi un “attacco del
pensiero” in piena regola.
Cominci a sentirti lievemente arrabbiato e stressa-
to. “E comunque, chi si crede di essere?”. Parli di lei
con altri amici per vedere se sono d’accordo con te.
Alcuni lo sono, altri no. Tenderai allora a parlare solo
con quelli che condividono le tue stesse opinioni su di
lei. Il risentimento degli altri giustifica ulteriormente
il tuo e ben presto Joann diventa “la cattiva”, la causa
del tuo stress.
Questa stessa dinamica funziona in qualsiasi cir-
costanza e ambiente. A tutti sarà capitato di sentire
la classica storia di come, in un matrimonio, un fatto
minimo come il modo in cui si spreme il tubetto del
dentifricio possa diventare fonte di grande discordia. In
realtà il dentifricio o il modo di spremere il tubetto non
ha niente a che vedere con la crisi. A causare lo stress
è il fatto che ci concentriamo e rimuginiamo su questi
aspetti. Il pensiero: “Mi domando se sarebbe un proble-
ma per lui/lei schiacciare il tubetto in un altro modo…”
si trasforma in tutta una serie di pensieri connessi con
il passato. “Fa sempre le cose in modo disorganizzato”,
“Scommetto che lo fa apposta per darmi fastidio”, “Fa
così da quando ci conosciamo”, “Tutto quello che fa mi
infastidisce”, “Probabilmente le sue azioni hanno un si-
gnificato nascosto”, “Nessuno deve sopportare le cose
che sopporto io” e così via. Questo flusso di pensieri av-
viene in un istante e in modo automatico, spesso senza
nemmeno accorgercene.

113
Nel sentire per la prima volta questa teoria sul fun-
zionamento dello stress nella nostra vita, spesso la gente
crede che per attenuarlo sia necessario fingere che certe
cose non ci diano fastidio. Non è così, posso assicurarlo!
Tuttavia, si tratta proprio di non lasciarti infastidire o
immobilizzare dalle cose che ti hanno irritato in passa-
to. Grazie a una comprensione sempre più profonda di
questo processo, imparerai che soffermarsi sui pensieri
stressanti ti impedisce anche di comunicare i tuoi bisogni
agli altri in modo efficace.
La maggior parte della gente è in grado di accettare
che il partner proponga un modo alternativo di fare le
cose (purché la proposta non dipenda dallo stress). Me-
no stress provi o mostri, più gli altri riescono a recepire
le tue esigenze. Al contrario, più ti senti stressato, più
appari esigente agli altri, che saranno quindi meno aperti
alle tue richieste.
Immagina di avere un amico che di norma arriva sem-
pre in ritardo. Negli ultimi tempi ti sei accorto che que-
sta “abitudine” è peggiorata e decidi di parlargliene. Se ti
senti arrabbiato, stressato o infastidito e gli ricordi tutte
le volte che è arrivato in ritardo, quanto ti abbia deluso e
così via, probabilmente susciterai una risposta difensiva
da parte sua. L’impellenza nelle tue parole sarà fin troppo
percepibile e non ci sarà verso di fargli sentire le tue ra-
gioni. Di conseguenza, continuerà ad arrivare in ritardo
come al solito, o forse ancora di più.
Tuttavia, se tu per primo ti trovi in uno stato positivo
e tiri fuori la questione con calma, accadrà il contrario.
Avrai un interlocutore aperto che ti starà ad ascoltare e
così potrai continuare a godere del rispetto e dei senti-
menti positivi che l’amico già provava nei tuoi confronti.

114
I dettagli dei nostri pensieri
I dettagli, i particolari dei nostri pensieri, alimentano la
nostra attenzione e spesso aggravano il senso di stress.
Se ti senti giù di morale e pensi: “Il mio lavoro non mi
piace granché”, possono succedere due cose. Ti limiti ad
accantonare il pensiero e/o decidi di ripensarci più tardi,
quando starai meglio, oppure rincari la dose con ulte-
riori dettagli: rimugini sul perché non ti piacciono il tuo
lavoro, il tuo capo, il fatto di essere un pendolare eccete-
ra. In questo caso, come capita spessissimo, i dettagli del
pensiero si succederanno a valanga l’uno dopo l’altro e
aumenteranno il senso di stress. La soluzione migliore è
scegliere di svuotare la mente da tutti i pensieri sul lavoro
e aspettare.
Contrariamente all’opinione popolare, pensare al
motivo per cui ci sentiamo male (al modo specifico in
cui qualcosa ci infastidisce, invece di allentare la pre-
sa) in realtà peggiora ulteriormente il nostro umore e
fa apparire i problemi che abbiamo avuto ancora più
spaventosi, non il contrario. In questi casi rischiamo di
trasformare un semplice senso di disagio in un’enorme
fonte di stress.
Supponiamo che, al supermercato, un commesso ti
dica in tono duro di sbrigarti a compilare un assegno.
Più tardi quel giorno racconti l’incidente a un amico
(una cattiva idea di per sé). Riferisci l’impressione che
il commesso ha suscitato in te, il suo tono di voce, le
parole esatte, l’espressione sul suo volto, il modo in cui
ti ha fatto sentire, cosa avresti voluto rispondere per
vendicarti e così via. Più la descrizione si fa approfon-
dita e dettagliata, più ti sembrerà di rivivere l’incidente.

115
Quello che provavi quando ti è capitato non è nulla in
confronto a quello che senti ora, nonostante l’incidente
sia concluso e tu sia uscito con un amico nel tentativo
di godere della reciproca compagnia. Dato che ormai
sei pieno di rabbia e risentimento, ti sembra sempre
più ragionevole parlare e ricordare ulteriormente l’in-
cidente. Inoltre, adesso sei certo che la causa del tuo
stress sia il commesso! Un circolo vizioso del gene-
re sembra senza fine, perché sei sempre alla mercé di
qualsiasi persona e cosa. A meno che il mondo non si
conformi a ogni tuo sogno e desiderio, continuerai a
indispettirti. E sei stato tu a scatenare tutto questo con
un “attacco del pensiero”.
Per interrompere questo circolo dobbiamo capire che
è il nostro pensiero a farci arrabbiare e che noi ne sia-
mo gli artefici. Se non ripensassimo all’incidente al su-
permercato, ma parlassimo invece di qualcos’altro con il
nostro amico, non avremmo più in mente il commesso
e non saremmo stressati. Più ripensiamo all’incidente e
ricreiamo la situazione, più il nostro pensiero ce lo fa ri-
vivere sotto forma di sentimenti ed emozioni.
Per contrastare questa tendenza, non dobbiamo ricor-
rere alla forza di volontà o fingere di non avere mai avuto
pensieri negativi. La mente di ognuno è attraversata di
tanto in tanto da pensieri negativi e carichi di rabbia.
Ciò che possiamo fare è imparare a ignorarli il più spesso
possibile, capendo che non abbiamo bisogno di rimugi-
narci sopra, anche se probabilmente in passato lo abbia-
mo fatto molte volte. Nel caso dei pensieri negativi sul
commesso del supermercato, basta vederli per quello che
sono: pensieri di rabbia. Non dobbiamo fare nulla, solo
lasciarli andare.

116
Un esempio personale
Fino a qualche anno fa, credevo che parlare davanti a
gruppi numerosi fosse un’attività molto stressante. Ogni
volta che mi capitava, facevo caso a tutto ciò che ritenevo
causa di stress e ci rimuginavo sopra. Mi concentravo su
quanto sudassi e quanto mi sentissi nervoso; terminato
il discorso, pensavo a tutte le cose che mi ero scordato
di dire e ripensavo alle facce nel pubblico di chi non mi
ascoltava. Come ciliegina sulla torta, leggevo libri a sup-
porto della mia ipotesi “corretta” secondo cui parlare in
pubblico è per natura un compito difficile e stressante e
stavo a sentire amici, colleghi e chiunque altro condivi-
desse le mie convinzioni.
Ovviamente arrivavo sempre alla stessa conclusione:
“Ho ragione, fare un discorso è molto stressante.” Più ci
pensavo, più diventavo nervoso e più consolidavo l’idea
per cui i discorsi fossero la mia fonte principale di stress.
Non pensavo di essere io, con il mio pensiero, a genera-
re lo stress. Credevo fosse una caratteristica intrinseca al
compito di parlare in pubblico e che non mi restasse altro
se non abituarmici.
Quando ho capito che di fatto lo stress proveniva dai
miei pensieri e dalle mie convinzioni, ho cominciato a
diventare un oratore più efficace. Pensavo meno a come
stavo andando e a quanto mi sentissi stressato a parlare
in pubblico, dedicando invece la mia attenzione a cosa
avrei detto e a come avrei presentato l’argomento. Piut-
tosto che concentrarmi su chi non mi ascoltava, mi ri-
volgevo a chi si mostrava interessato a quello che dicevo.
Dimenticando la pressione a cui immaginavo di essere
sottoposto, mi schiarivo la mente e mi rilassavo. La pres-

117
sione sanguigna diminuiva, cominciavo a divertirmi ed è
così che sono diventato un oratore molto più bravo.

Il funzionamento psicologico sano


Ci sentiremo sempre sotto stress (a prescindere dalle cir-
costanze) se prendiamo troppo sul serio i nostri pensieri
e li facciamo crescere nella nostra mente. Per esempio,
immagina che il tuo capo ti dica che c’è un nuovo proget-
to da concludere in due settimane e che tu abbia anche
diverse altre scadenze da rispettare.
Il funzionamento psicologico sano consiste nel far en-
trare l’informazione da un orecchio, lasciare che attraver-
si il cervello e farla uscire dall’altra parte. In questo modo
potrai scegliere la linea di condotta più appropriata. La
reazione al nuovo incarico può variare in base a quanto
in fretta avrai voglia di iniziarlo. Il funzionamento psico-
logico sano ti impedisce di stipare nella mente pensieri
dettati da panico, frustrazione, rabbia o autocommise-
razione. Al contrario, dati i fatti ti permette di vedere la
soluzione migliore con mente lucida.
In mancanza di un funzionamento psicologico sano
(cioè in presenza di stress) riceveresti comunque l’in-
formazione ma, invece di lasciarla scorrere nella mente,
subiresti un “attacco del pensiero” e ti concentreresti sui
dati analizzandoli fino a essere travolto dalla frustrazio-
ne. Finiresti col dire: “Ho sempre un sacco di scadenze
da rispettare” oppure “Non riuscirò mai a finire questo
lavoro”, oppure “Ma perché proprio a me?”.
In questi casi anche un avvenimento minimo può
trasformarsi in un vero e proprio incubo personale. Una

118
volta ho sentito la storia di un postino che era andato nel
panico e si era arrabbiato a causa dell’aggiunta di due ca-
se al suo giro di consegne, che da trenta sarebbero passate
a trentadue! Per la maggior parte della gente si sarebbe
trattato di un aumento gestibile, ma per lui era una situa-
zione estremamente stressante.
La chiave per eliminare lo stress dalla nostra vita è
capire che siamo noi a innescarlo, proprio com’è successo
al nostro amico postino. Ogni volta che ingigantiamo un
pensiero nella mente, creiamo il potenziale per lo stress.
Comprendendo questa dinamica psicologica, potremo
cominciare a lasciare andare i pensieri che interferiscono
con il nostro funzionamento psicologico sano, recupe-
rando lo stato più naturale che conosciamo: lo stato di
appagamento.

Lo scopo dello stress


Lo stress causa sentimenti spiacevoli; i sentimenti sono
una guida, o una bussola, che in ogni dato momento ci
indicano quale direzione abbiamo preso da un punto di
vista psicologico. Avvertiamo un senso di appagamento?
Siamo abbastanza felici del compito di cui ci occupiamo?
Oppure abbiamo preso troppo sul serio i nostri pensieri e
siamo rimasti intrappolati?
Lo scopo dello stress è quello di metterci in guardia quando
ci dirigiamo verso un pericolo psicologico. Più ci sentiamo
stressati, più è importante lasciar perdere i pensieri che
abbiamo per la testa. Lo stress può esserci amico e ci fa
capire quando ci stiamo allontanando dalla felicità e dai
pensieri originati a mente lucida.

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Lo stress fisico mostra queste implicazioni in modo
ancora più chiaro. Per esempio, se capiamo che ci sta
venendo il raffreddore (una piccola dose di stress fisi-
co), possiamo decidere se prenderci o meno un giorno
di ferie. Se lo stress fisico aumenta, siamo inclini a
prestare molta più attenzione ai nostri sentimenti e
prendiamo decisioni per annientarlo. Allo stesso mo-
do, un atleta che prende una storta alla caviglia proba-
bilmente deciderà di interrompere temporaneamente
l’attività sportiva per permettere alla caviglia di gua-
rire. Peggiore è il senso di stress fisico, maggiore è la
necessità di riposare.
Lo stress psicologico ha lo stesso identico scopo.
Maggiore è il senso di stress, maggiore è il bisogno di ral-
lentare o interrompere non solo ciò che stiamo facendo
ma, cosa più importante, anche ciò che stiamo pensando.
Ma, per qualche strana ragione, questo concetto non è
sempre ovvio. Infatti, quando la gente si sente stressata,
di solito si rimbocca le maniche e si mette al lavoro. Se
crede che stia emergendo un problema in un rapporto
cerca di “andare a fondo”, oppure se ha qualcosa per la
testa è determinata a capire di cosa si tratta. Se c’è del
lavoro da fare, mette il piede sull’acceleratore e dà gas.
Le dinamiche dello stress fisico e di quello menta-
le funzionano esattamente allo stesso modo. Così come
quando siamo malati non siamo al meglio della forma
fisica, allo stesso modo quando proviamo stress emotivo
non siamo al meglio della forma mentale. In presenza di
stress, perdiamo l’orientamento psicologico, la saggezza
e il buonsenso; tendiamo a prendere le cose troppo sul
serio; perdiamo di vista la visione d’insieme e spesso ci
perdiamo nei dettagli dei singoli problemi.

120
Abbassare il livello
di tolleranza allo stress
Sorprendentemente, la soluzione allo stress sta nel co-
minciare ad abbassare il livello di tolleranza nei suoi con-
fronti. È il contrario rispetto a ciò che hanno insegnato
alla maggior parte di noi, ma è la verità. Abbassare il li-
vello di tolleranza si basa sul semplice principio per cui il
nostro livello di stress interiore sarà sempre pari a quello
della nostra tolleranza. Questo è il motivo per cui chi è in
grado di gestire grandi quantità di stress si ritrova a farlo
continuamente.
Le persone con un livello altissimo di tolleranza allo
stress possono avere un attacco di cuore prima ancora che
abbiano prestato attenzione ai campanelli d’allarme dello
stress stesso. Altre possono porre fine al loro matrimonio
o ritrovarsi in un centro di recupero dalla dipendenza da
alcol e droghe. Chi invece ha un livello di tolleranza più
basso, inizia prima a stare attento allo stress, non appena
comincia a sentirsi oppresso dal lavoro o quando si ritro-
va a rispondere in malo modo ai figli. Altri ancora, con
una tolleranza allo stress pari a zero, capiscono che è ora
di rallentare e di riguadagnare la giusta prospettiva sulla
vita già ai primi pensieri negativi su amici o familiari.
Minore è il livello di tolleranza allo stress, migliori
sono le nostre condizioni da un punto di vista psicologi-
co. Se l’obiettivo è individuare lo stress il prima possibile,
potremo “stroncarlo sul nascere” e riconquistare veloce-
mente uno stato con sentimenti più positivi. Abbiamo
sempre diverse possibilità di scelta a disposizione; in ef-
fetti, in qualsiasi situazione abbiamo tutta una serie di
“punti di scelta”. Più aspettiamo ad accantonare i pensieri

121
stressanti, più difficile sarà tornare al nostro stato men-
tale naturale. Alla fine, con la pratica, ognuno di noi sarà
in grado di arrivare al punto di essere consapevole dei
propri pensieri negativi prima di farsi portare fuori stra-
da. Ricorda: un solo pensiero ti separa da un sentimento
positivo.
Questo nuovo modo di vedere lo stress non prescrive
pigrizia o apatia, al contrario. Più avvertiamo pace e feli-
cità dentro di noi e meno ci lasciamo distrarre dai nostri
pensieri, più riusciamo a essere produttivi ed efficienti in
ogni area della nostra vita.

122
CAPITOLO OTTO

Risolvere
i PROBLEMI

Il problema comune, tuo, mio e di chiunque altro,


non è pensare a cosa sarebbe giusto a patto che si possa rea-
lizzare, ma trovare prima cosa potrebbe essere realizzabile,
poi come farlo diventare giusto con i mezzi a disposizione.
E c’è una bella differenza!
Robert Browning

Q uando si cerca di risolvere un problema esistono di-


versi elementi importanti da prendere in conside-
razione. In questo capitolo discuteremo di come risolvere
i problemi attraverso la comprensione dei cinque Princi-
pi del funzionamento psicologico sano.

Di norma la gente pensa che la soluzione a un problema


derivi da un’evoluzione nelle circostanze o da un laborio-
so processo di pensiero. Ma c’è un’ulteriore alternativa:

123
una comprensione del problema che non sia “a casaccio”,
che vada oltre il problema stesso e si applichi in genere
a qualsiasi tipo di complicazione. Impareremo a trovare
una soluzione capendo dapprima i limiti degli approcci
tradizionali e poi scoprendo il modo più efficace per su-
perare un problema o un avvenimento doloroso.
Prendiamo in considerazione la nozione tipica se-
condo cui l’evolversi delle circostanze è uno dei modi
principali per risolvere un problema. Com’è ovvio, ca-
piteranno volte nella vita in cui le circostanze saran-
no tutt’altro che ideali. Ma è anche vero che la visione
che abbiamo di esse varierà direttamente in relazione al
nostro stato d’animo e ai sentimenti che proviamo. In
base a come ci sentiamo, le circostanze ci appariranno
in modo diverso. Se il livello dell’umore è basso, il no-
stro matrimonio può apparirci come una trappola o un
peso. Se l’umore è alto e ci sentiamo bene, può apparirci
come una unione stimolante. Se siamo di cattivo umore,
il nostro lavoro può sembrarci noioso e insignificante,
ma una volta tornati di buonumore lo stesso lavoro ci
sembrerà appagante, o comunque un modo accettabile
e onesto di guadagnarsi da vivere. In entrambi gli esem-
pi (così come in molti altri), le circostanze non sono
cambiate di una virgola. A cambiare è il nostro stato
d’animo, i nostri sentimenti. Cominciando a capire il
nesso tra stato d’animo e problemi, ci accorgiamo che
la risposta a questi ultimi non è necessariamente legata
all’evolversi delle circostanze. Con uno stato d’animo
migliore, non solo la stessa circostanza ci apparirà sotto
una luce del tutto diversa, ma troveremo anche una so-
luzione ai nostri problemi che non riuscivamo a vedere
per colpa dello stato d’animo negativo.

124
Non dimentichiamolo: lo stato d’animo è la fon-
te dell’esperienza, non la conseguenza. Quando siamo
dell’umore più nero, vediamo sempre e solo i problemi e
il motivo della loro esistenza. Una volta compreso il po-
tere esercitato dagli stati d’animo sul nostro modo di ve-
dere le cose, capiremo che quando siamo di malumore è
facile vedere dei problemi dove non ci sono. Ma sapremo
aspettare che passi, piuttosto che dare ascolto o affidarci
a ciò che proviamo in quello stato. Quando ci sentiremo
meglio le circostanze ci appariranno diverse e troveremo
risposte nuove.

Cambiare le circostanze
e risolvere i problemi
Le circostanze sono sempre neutre. Se fossero davvero
la causa dei nostri problemi, ci influenzerebbero sempre
allo stesso modo, cosa che ovviamente non accade. Sono
i pensieri e le nostre percezioni relative alle circostanze a
dare loro vita.
Immagina di pensare che il tuo partner sia troppo cri-
tico nei tuoi confronti. Nel modello di risoluzione dei
problemi basato sul “cambiare le circostanze”, l’unica
soluzione attuabile è cercare di modificare il comporta-
mento del partner. Così un giorno gliene parli, ma lui,
che non è del tuo stesso avviso, risponde: “Sei troppo
sensibile.” E adesso?
Secondo round: torni sull’argomento. Questa volta,
tuttavia, il tuo partner non la prende tanto con filosofia e
ti accusa di voler litigare. “Vedi?” replichi, “Sei di nuovo
critico.” E la storia va avanti. A meno che il tuo partner

125
non cambi (cosa che difficilmente accade), non riuscirai
a risolvere il problema.
Ecco un altro esempio. Ti ritieni troppo vecchio o
troppo giovane per fare una determinata cosa. E allora
ti servirà una buona dose di fortuna per cambiare le cir-
costanze! E se il problema fossero i soldi (che probabil-
mente ti mancano)? In questo caso è possibile cambiare
le circostanze, ma cosa farai nel frattempo? Continuerai
a essere infelice fino a che non avrai più soldi?
In tutti questi esempi, il problema è legato allo stato
d’animo. Quando sei di malumore, il tuo partner ti sem-
bra troppo critico e vedi ogni suo suggerimento come un
attacco. Con un umore migliore invece, le stesse parole
non ti danno minimamente fastidio. Se l’umore è basso,
alcuni fattori come l’età, il sesso, la razza o la religione,
inibiscono la tua esperienza e ti arrecano un danno in-
giustificato. Con un umore migliore, sei in grado di guar-
dare oltre e di fare del tuo meglio in base a ciò che sei.
Sarai attratto dalle attività più adatte a te. In uno stato di
benessere, sei in grado di cogliere gli elementi di verità e
di preoccupazione nei tuoi confronti contenuti nei sug-
gerimenti degli altri, invece di sentirtene offeso.
In uno stato d’animo negativo, se il problema è la
mancanza di soldi, avrai sempre l’impressione che ne ser-
vano tanti per fare qualcosa di piacevole o per cui valga
la pena. Con un umore migliore, non la pensi così, e trovi
attività divertenti nei limiti del tuo budget, per quanto
ristretto possa essere. Provando sentimenti migliori, ab-
biamo già quello di cui abbiamo bisogno per sentirci bene.
Quello che ci manca non è importante e siamo grati di
ciò che abbiamo. Perseguiamo comunque degli obiettivi,
ma senza che ciò determini né rovini la nostra vita. Al

126
contrario, possiamo sentirci attratti da ciò che vorremmo
e allo stesso tempo godere di quello che abbiamo già.
La visione che abbiamo delle nostre circostanze per-
sonali cambia sempre in base alla costante evoluzione del
livello dello stato d’animo e dei sentimenti. Perciò, anche
se a volte è giusto impegnarsi per ottenere un cambia-
mento positivo, non dobbiamo fissarci sull’idea che cam-
biare sia l’unica risposta possibile.
A tutti capita di pensare: “Quello che faccio non mi
piace.” Molta gente, tuttavia, non si accorge che, per la
maggior parte del tempo, apprezza quello che fa. Fidan-
dosi di ciò che prova quando si sente giù di morale, salta
da un lavoro all’altro, convinta di aver bisogno di cam-
biare per trarre maggiore soddisfazione. Ma una volta
di malumore, non sarà contenta nemmeno della nuova
occupazione. La stessa logica vale anche per altre situa-
zioni esistenziali.
È molto più facile e più pratico aspettarsi che a cambia-
re siano gli stati d’animo e non le circostanze. In quest’ot-
tica ha senso aspettare a risolvere i problemi finché non
ci sentiamo meglio. Con sentimenti più positivi, abbia-
mo accesso al giudizio e al buonsenso di cui disponia-
mo. Quando ci sentiamo bene, le risposte che ritenevamo
impossibili perché eravamo di cattivo umore, ci appaiono
ovvie. Il partner con cui abbiamo litigato un’ora prima ci
sembra divertente, ora che abbiamo ritrovato il sorriso.
Scopriremo nuovi modi per comunicare e potremo per-
sino capire fino a che punto lo stato d’animo negativo ha
sempre ostacolato la comunicazione con gli altri.
La tua età, che un’ora fa (quand’eri di malumore) ti
dava grande pena, adesso non ha più importanza. Con
uno stato d’animo più positivo, sei in grado di vedere

127
modi nuovi e creativi di sfruttare l’età a tuo vantaggio e
di considerare uniche le tue capacità. In uno stato menta-
le negativo, invece, tutto ti appariva senza speranza.
Uno stato d’animo positivo ti permette di scoprire
nuovi modi per incrementare le tue entrate. Diventi
più creativo e penetrante e sei maggiormente in grado
di apprezzare le tue notevoli abilità. Riuscirai a co-
gliere alternative che, quando ti sentivi a terra, non
riuscivi a vedere.
Uno dei fattori chiave per risolvere i problemi è capire
che “sentirsi bene” è molto utile. Prima vengono i senti-
menti positivi e poi la soluzione dei problemi. È l’esatto
contrario rispetto all’idea di “cambiare le circostanze”,
in cui la felicità dipende dai risultati. La nostra capaci-
tà di risolvere i problemi è direttamente proporzionale
a quella di accedere alla saggezza e al buonsenso di cui
disponiamo, qualità che derivano entrambe da uno stato
d’animo (mentale) positivo.
Basta ripensare alle migliaia di volte in cui le circo-
stanze in cui ti trovavi si sono evolute per capire che il
loro cambiamento di per sé non era la chiave per la felici-
tà o per risolvere i problemi. Se così fosse, saremmo tutti
felici e senza problemi! Ma non lo siamo. Ognuno di
noi ha conosciuto un’evoluzione positiva delle circostan-
ze: abbiamo ottenuto una laurea, un lavoro, un’approva-
zione, una promozione, un premio o un’onorificenza che
credevamo ci avrebbe resi felici. Ma ben presto abbiamo
perso di nuovo la felicità e abbiamo cominciato a cercare
modi migliori per cambiare le circostanze e migliorare la
nostra esistenza.
La via d’uscita da una simile trappola psicologica con-
siste nel capire che i problemi derivano dai nostri stati

128
d’animo piuttosto che dalle circostanze in cui ci trovia-
mo. Quando smettiamo di voler cambiare le circostanze
e ci concentriamo su come migliorare il livello dei nostri
sentimenti, i problemi cominciano a svanire. Chi vive in
uno stato di felicità trova risposte e soluzioni che non
gli sarebbero mai venute in mente in uno stato d’animo
negativo. È maggiormente in grado di gestire qualsiasi
tipo di sfida perché non spreca le energie cercando di
risolvere i problemi in uno stato mentale in cui nessuna
risposta sembra praticabile.

Analizzare i problemi
Il metodo “analitico” per risolvere i problemi comporta
un’intensa riflessione, nella speranza di giungere a una
soluzione. Cerchiamo di pensare, risolvere, comprendere
e analizzare i nostri problemi.
Tuttavia, di solito la natura stessa dei problemi dipen-
de dal fatto che siamo “bloccati” su qualcosa. In qualche
modo non riusciamo a trovare una risposta. Le soluzioni
però si manifestano nel momento in cui vediamo le co-
se in modo del tutto nuovo, quando permettiamo alla
saggezza di farsi avanti e di assumere il comando. Per
quanto possa sembrare assurdo, per trovare una nuova
soluzione a un problema dobbiamo smettere di pensarci!
Dobbiamo usare il “trasmettitore” e non il “computer” del
nostro cervello. A mano a mano che la mente si svuota
dalle preoccupazioni, le risposte ci appariranno in mo-
di che non avremmo mai pensato possibili. La saggezza
non è più qualcosa di misterioso, significa solo vedere le
stesse cose di sempre in modo nuovo.

129
In questo libro abbiamo visto che i nostri pensieri
crescono se diamo loro attenzione e che più pensiamo a
una determinata situazione, più questa ci appare reale e
spaventosa. E i problemi non fanno eccezione!

La storia di Fred
Fred era un mio cliente e la sua principale preoccupazio-
ne erano i soldi. Malgrado i continui sforzi, credeva di
non avere mai abbastanza soldi per provvedere alla fa-
miglia. Aveva passato gli ultimi vent’anni a preoccuparsi,
nel tentativo di “pensare” a una buona soluzione. Nella
sua mente ripercorreva all’infinito la stessa serie di fatti e,
ogni volta, si sentiva scoraggiato e frustrato.
La frustrazione non è esattamente lo stato mentale
più produttivo che esista; anzi, forse è il meno efficace
in cui possiamo trovarci. Pensare a qualcosa quando sia-
mo frustrati non funziona, perché siamo troppo vicini
al problema per poterlo risolvere. Nonostante le buone
intenzioni, l’ossessione per i soldi di Fred gli procurava
solo maggiore frustrazione e nessuna soluzione.
Quando ha cominciato a capire che i suoi pensieri
agivano a suo svantaggio piuttosto che il contrario, Fred
ha fatto un passo indietro, ha rallentato e ha tranquil-
lizzato la mente. Con il diminuire della confusione, ha
trovato dentro di sé uno stato d’animo più positivo e la
soluzione al problema. Si è accorto che era sempre stato
in grado di risolvere il problema del denaro, bastava solo
smettere di prestargli così tanta attenzione.
Alla fine Fred ha scoperto che la “soluzione” consi-
steva nell’hobby che aveva da molti anni. Con uno stato

130
mentale più tranquillo e una prospettiva più ampia, Fred
ha capito come trasformare quell’hobby in un’opportuni-
tà di lavoro, e l’ha fatto. Oggi ha i soldi extra di cui aveva
sempre sentito la necessità.
Praticamente ognuno di noi ha attraversato un pro-
cesso simile nel tentativo di risolvere i problemi che si
sono presentati nella vita. Un mio amico lo definisce “ef-
fetto valanga”. Più pensiamo a un problema, più cresce
nella nostra mente. Più cresce, più pensiamo che sia peg-
giorato perché lo vediamo più in dettaglio e in modo “più
chiaro”. Dato che ne sappiamo più di prima, il problema
si fa ancora più grande e perciò ne parliamo con amici e
familiari. Ben presto questi saranno d’accordo con noi e
a questo punto avremo davvero un problema!
Una volta Einstein ha detto: “Non puoi risolvere un
problema con lo stesso tipo di pensiero che hai usato per
crearlo.” Credo intendesse dire che per trovare la soluzio-
ne a un problema bisogna fare un passo indietro. E fare
un passo indietro è un altro modo per dire “smettere di
pensarci”.
Probabilmente è capitato anche a te di pensare a qual-
cosa con ossessività, nel tentativo sincero di trovare una
risposta. Dopo averci pensato e ripensato, alla fine hai
gettato la spugna, hai guardato fuori dalla finestra, con-
templando il panorama, oppure ti sei immerso in un ba-
gno caldo per rilassarti. E in quel preciso momento, ti è
venuta in mente la risposta. “Ecco!” hai esultato, “Ecco
la risposta che aspettavo!”. Sfortunatamente, come ho
scritto all’inizio di questo libro, potresti aver pensato che
fossero stati i tuoi pensieri ossessivi a dare origine alla
soluzione. Ma non è così! La risposta è giunta dalla tua
saggezza interiore, da un luogo che si trova al di là del

131
pensiero, da un momentaneo senso di appagamento e
distensione. Conoscevi già i fatti e disponevi già di tutti
i dati che ti servivano. Hai semplicemente e finalmente
svuotato la mente perché la risposta venisse a galla. Ti sei
tolto di mezzo!
Il procedimento di non pensare troppo ai proble-
mi funziona a meraviglia nel caso dei matrimoni o dei
rapporti con gli altri. Ho visto molte coppie che han-
no passato anni a bisticciare e a discutere sempre per
le stesse cose. Presi singolarmente, entrambi i coniugi
confessavano di passare una quantità enorme di tempo
durante il giorno a pensare a ciò che non funzionava
nella relazione. Non sapevano che la causa era proprio
l’attenzione che prestavano a quei pensieri: il loro prin-
cipale fulcro di attenzione era il fatto che il loro matri-
monio non funzionava. Quelle coppie avevano trascor-
so anni a perfezionare nella propria testa l’“arte di come
non far funzionare un matrimonio”: avevano pensato e
ripensato sempre alle stesse cose nel tentativo di cor-
reggersi a vicenda.
Quasi senza eccezione, chi arriva a comprendere il
processo di pensiero è in grado di capire questa dinamica
e di migliorare i propri rapporti personali quasi all’istan-
te. Questa nuova comprensione non significa fingere di
non essere più infastiditi da certe cose, ma piuttosto ca-
pire in primo luogo perché quelle cose ci danno fastidio.
Significa trovare soluzioni per i problemi della vita quo-
tidiana basate sul buonsenso.

132
I problemi come principale
argomento di conversazione
Concentrarsi sui problemi è semplicemente una cattiva
abitudine. Ci è talmente familiare pensare a “ciò che non
va” che i problemi si trasformano in uno dei principali
argomenti di conversazione con gli altri. Concentrarci su
ciò che ci infastidisce, di qualsiasi cosa si tratti, non ci farà
sentire meglio. Se abbiamo l’impressione di essere stati
trattati male da qualcuno, parlarne non ci aiuterà. Se al
lavoro o a casa abbiamo avuto una “brutta giornata”, pen-
sarci non ci aiuterà. Se le circostanze ci appaiono senza
speranza, rimuginarci sopra non ci aiuterà. Ad aiutarci
davvero sarà uno stato d’animo migliore in cui mettiamo
da parte i problemi, non concedendo loro le energie e l’at-
tenzione di cui hanno bisogno per continuare a crescere
nella nostra testa, fino a sembrare ben peggiori. Agire in
questo modo non significa evitare di affrontare i proble-
mi, ma fare spazio perché possano nascere le soluzioni.

Rinviare per trovare la risposta


A volte risolvere un problema significa trovare una rispo-
sta a una domanda che abbiamo in testa. Magari dobbia-
mo prendere una decisione importante oppure scegliere
tra due alternative in apparenza equivalenti. Possiamo
ricorrere alla tecnica del rinvio, per aiutarci.
Ognuno di noi può sfruttare questa tecnica e ritirarsi
in un luogo in fondo alla mente dove risposte e soluzio-
ni possono crescere e svilupparsi, senza l’interferenza di
troppi pensieri.

133
Farlo è piuttosto semplice. Innanzitutto, stabilisci di
avere bisogno della risposta a una certa domanda entro
un determinato periodo di tempo. Poi, invece di scer-
vellarti in cerca della risposta, te ne dimentichi delibe-
ratamente! In automatico, come per magia, la risposta
ti salterà in mente. Potresti restare piuttosto sorpreso e
soddisfatto nel vedere che la risposta ottenuta è di gran
lunga migliore di quella a cui saresti giunto sforzandoti e
macinando pensieri. Fai un tentativo con questo procedi-
mento e vedrai che ne sarai contentissimo!
Prova a usare questa tecnica per decidere dove anda-
re in vacanza. Incamera i fatti, compresi i costi, poi dì a
te stesso che devi prendere una decisione in giornata. A
quel punto, scordati della vacanza e di tutte le informa-
zioni. Rinviando la decisione analizzerai i dati in modo
automatico e in brevissimo tempo troverai la risposta.

Il “fattore tempo”
per guarire avvenimenti dolorosi
Prendendo in considerazione i modi in cui la maggior
parte della gente supera i problemi, vedremo che quel-
lo di gran lunga più diffuso è il “passare del tempo”. Ci
hanno insegnato a credere che “il tempo guarisca ogni
ferita”. E anche se in parte è vero, l’importante è capire
la vera natura del passare del tempo. Dopo averla capita,
riusciremo a ridurre drasticamente l’intervallo di tempo
tra il momento in cui ci capita un avvenimento doloroso
e quello in cui lo superiamo.
Se dieci persone vivessero la stessa identica situazio-
ne, ognuna dimenticherebbe il trauma in un intervallo di

134
tempo diverso. Immaginiamo che queste persone venga-
no prese in ostaggio in una banca, che nessuna venga ra-
pinata, ma che tutte restino sotto tiro mentre i criminali
rubano i soldi dal caveau.
Tra le dieci persone, alcune (probabilmente pochissime)
si riprenderebbero dallo spiacevole incidente imputandolo
alla sfortuna e, dopo aver parlato con la polizia, tornereb-
bero alla loro routine quotidiana, grate di esserne uscite
illese. Altre continuerebbero ad avere paura per giorni o
addirittura settimane e avrebbero bisogno di prendersi
qualche giorno di pausa dal lavoro o dagli altri impegni
giornalieri. Altre ancora non riuscirebbero semplicemen-
te a dimenticare l’incidente e lo considererebbero la causa
del loro continuo turbamento. Potrebbero metterci anni
per tornare alla normalità (se mai ci riuscissero). Ne parle-
rebbero, si concentrerebbero sull’episodio, ci penserebbero,
starebbero sveglie la notte o ricorrerebbero persino all’a-
iuto di uno specialista. Queste persone direbbero che “ci
vuole molto tempo per superare un simile trauma”.
Perché alcuni individui sono in grado di scrollarsi di
dosso gli avvenimenti spiacevoli mentre altri ci rimugi-
nano sopra e li usano come scuse che inibiscono e pa-
ralizzano la loro vita? La risposta più semplice a questa
domanda è che alcune persone comprendono la natu-
ra dei pensieri e dei ricordi meglio di altre. Sanno che
quando pensano a una cosa, poco importa se riferita al
passato o al futuro, quello stesso pensiero è in grado di
attivare l’avvenimento come se stesse accadendo in quel
preciso momento. Più dettagli e attenzione ci mettono,
più apparirà reale.
Il passare del tempo non ha alcuna importanza nel su-
perare un avvenimento; si limita a incoraggiarci a dimen-

135
ticarlo. Non esiste un intervallo di tempo prestabilito che
ci permetta di dimenticare. Una volta comprese le dinami-
che del pensiero, ci accorgeremo che ogni ricordo è solo un
ricordo, che si tratti di un episodio accaduto otto anni fa
oppure otto minuti fa. Se il trascorrere del tempo fosse un
fattore determinante, tutti supererebbero gli avvenimenti
nello stesso tempo. Ma sappiamo bene che non è così.
Comprendere tutto questo ha implicazioni pratiche
enormi. Sebbene in passato abbiamo stabilito a priori
la durata del tempo per riprenderci da una certa situa-
zione, ora sappiamo che sta a noi determinare quanto ci
vorrà. Per esempio, nel caso di un litigio con qualcuno,
non esiste un intervallo di tempo predeterminato in cui
possiamo aspettarci di superare la questione e perdonare
l’altra persona. Se di solito ci mettiamo una settimana a
dimenticare una discussione, ciò significa che smettiamo
di pensare alla lite una settimana dopo che ha avuto luo-
go. Dato che l’intero incidente è finito e ormai si ripete
solo nella nostra testa, se vogliamo possiamo smettere di
prestare attenzione ai nostri pensieri già dieci minuti do-
po la fine del litigio. Una volta provato quanto è bello vi-
vere in uno stato mentale positivo, aggrapparsi ai pensieri
negativi diventa un’alternativa sempre meno allettante.
Che dire allora dei problemi legati al passato? Se vec-
chi problemi o ferite esistono ormai solo nei ricordi, per-
ché devono continuare a paralizzarci nel presente? Non
permettiamoglielo! Qualsiasi cosa abbiamo passato (cre-
scere con genitori esigenti, un divorzio doloroso, difficol-
tà finanziarie, un abuso subito da piccoli o qualsiasi altra
cosa) non deve impedirci di goderci la vita adesso. In altre
parole, dobbiamo capire che è il ricordo a far vivere nel
tempo quegli avvenimenti, nient’altro. Imparando a non

136
spaventarci più con i nostri stessi pensieri, siamo sulla
strada giusta per una vita più felice, a prescindere da ciò
che abbiamo vissuto. A liberarci dalle circostanze passate
è la nostra capacità di dimenticare i problemi tramite la
comprensione del processo del pensiero, piuttosto che il
trascorrere del tempo.
Se per superare qualcosa facciamo affidamento unica-
mente sul trascorrere del tempo e non sul nostro libero
arbitrio e sulla nostra capacità di pensare (o non pensa-
re), stabiliamo una relazione di causa-effetto. La convin-
zione in base alla quale per riprenderci da un particolare
avvenimento sia necessario un determinato intervallo di
tempo è causa di infelicità perché continueranno a ca-
pitarci situazioni che vanno al di là del nostro controllo.
Definendo intervalli di tempo arbitrari, avvaloriamo la
convinzione secondo cui il pensiero è qualcosa da temere,
che noi siamo vittime del nostro passato e di ciò che ne
pensiamo. Ma questo non è necessariamente vero.
C’è un’importante differenza tra capire il pensiero
e negarlo. Comprendere la nostra capacità di pensare
ci permette di vedere il pensiero, in sé e per sé, come
qualcosa di innocuo. Il fatto che ci venga in mente qual-
cosa non significa necessariamente che valga la pena di
preoccuparcene. D’altro canto, la negazione del pensiero
equivale quasi a fingere di non pensare o di non esse-
re infastiditi da un certo problema. Questi due aspetti
non sono legati tra loro. La comprensione del processo
del pensiero permette di liberarci dagli effetti avversi che
può avere su di noi. Ma se neghiamo di pensare a qual-
cosa o di esserne infastiditi, risentiremo comunque degli
effetti dei pensieri che neghiamo. Non possiamo sfuggire
al pensiero, possiamo solo capirlo.

137
Ancora una volta ci appare chiaro quanto sia impor-
tante sentirci felici: avvertire quel sentimento di pace e
appagamento che deriva dalla pace mentale. In uno sta-
to d’animo più positivo, trovare la soluzione ai problemi
non sarà più così difficile come in passato.

138
CAPITOLO NOVE

LA FELICITÀ

La maggior parte di noi è tanto felice


quanto ordina alla mente di esserlo.
Abramo Lincoln

L a felicità è uno stato mentale, non una serie di circo-


stanze. È un sentimento di pace che puoi provare e
vivere in ogni momento, senza doverlo andare a cercare
lontano. In effetti, non troverai mai la felicità “cercando-
la”, perché nel momento stesso in cui la cerchi dai per
scontato il fatto che si trovi all’esterno. La felicità non si
trova al di fuori: è un sentimento naturale che dipende
dal tuo innato funzionamento psicologico sano.

Quando capirai il funzionamento psicologico sano e


imparerai a seguirne il corso, avrai accesso a quel luogo
dentro di te dove la pace esiste già. E allora potrai smet-
terla di cercare di essere felice e semplicemente esserlo.
Persino quando le circostanze ti sembreranno tutt’altro

139
che perfette, potrai comunque avere accesso a quel sen-
so di appagamento, perché ha origine dentro di te, non
all’esterno.
Senza prima aver compreso il funzionamento psicolo-
gico sano, tuttavia, non sarai mai felice, a prescindere da
quanto possano essere meravigliose le circostanze. Con-
tinuerai a prestare attenzione ai pensieri negativi, come
facevi in passato, e a provarne gli effetti avversi.
I Principi presentati in questo libro ti indicano la stra-
da che punta verso la felicità. Ti permettono di capire co-
me sintonizzare la mente con il sentimento della felicità
e ti mettono in guardia da quanto sia facile per la mente
trascinarti via da un simile stato di appagamento, insi-
stendo per seguire il corso negativo dei pensieri e dando
luogo ad “attacchi di pensiero”.

La felicità sta nel momento presente


La felicità è adesso. È insita nel presente. Capita quan-
do la mente è a riposo, quando distogli l’attenzione dal-
le preoccupazioni e dai problemi e permetti invece alla
mente di rilassarsi e di concentrarsi sul presente. Rilas-
sarsi non significa diventare pigri o apatici, ma permet-
tere alla mente di recepire le informazioni e poi lasciarle
andare senza trattenerle e analizzarle. Recependo in-
formazioni e stimoli in questo modo, sarai in grado di
mantenere uno stato d’animo migliore e di essere felice
dei compiti che ti impegnano in questo momento. Una
volta compreso il tuo funzionamento psicologico, capirai
anche che il rilassamento della mente non è indice di
pigrizia, ma di astuzia. È solo in uno stato d’animo posi-

140
tivo e scevro da irritazione che potranno arrivare risposte
nuove a problemi vecchi. La felicità ti permette di vedere
le informazioni in modi nuovi e creativi, e di prendere
decisioni razionali e produttive al momento opportuno.
Ti permette di godere degli alti e bassi della vita invece
di contrastarli, e stimola la saggezza e il buonsenso di cui
disponi a venire alla luce.
Elaborare teorie sul perché ti senti (o ti comporti) in
una certa maniera, o scavare nel tuo passato per svelare
ricordi dolorosi, non ti condurrà alla felicità. Ti allon-
tanerà da essa e dalla direzione in cui vorresti andare.
Pensare eccessivamente al passato e ai problemi servirà
solo a convincerti di avere davvero delle buone ragioni
per sentirti arrabbiato o infelice.
Ma tu non vuoi essere infelice. Il passato è passato; è
un innocuo ricordo che sopravvive nel tempo solo attra-
verso il tuo pensiero. Una volta era reale, ma adesso non
lo è più. Potrai imparare dal passato, ma sarebbe uno sba-
glio tornarci di continuo o analizzare la vita fino all’ec-
cesso in cerca della felicità. Se un simile atteggiamento
funzionasse, saresti già felice da un pezzo! Quante volte
hai provato senza successo a trovare il modo di raggiun-
gere la felicità?
Chi preferiresti essere? Il soggetto A, che ha cono-
sciuto un passato doloroso, ma è riuscito a comprendere
il meccanismo del pensiero e gli effetti che può avere su
di lui? Oppure il soggetto B, la cui infanzia è stata quasi
magica ma che ora si concentra su quei pochi elementi
imperfetti del suo passato e crede talmente tanto ai pro-
pri pensieri da lasciarsi deprimere? Nonostante il dolore
del passato, il soggetto A è in grado di condurre un’esi-
stenza pienamente funzionale e molto felice, mentre il

141
soggetto B è tormentato non tanto dalla sua vita attuale,
ma dai pensieri che fa sul suo passato e che prende trop-
po sul serio. Malgrado una vita all’apparenza meraviglio-
sa, il soggetto B è destinato ad anni di infelicità, terapia
e tranquillanti.
Pensando troppo a qualcuno che “ti ha fatto un torto”,
o parlandone con gli altri, non ti sentirai felice. Allo stes-
so modo, se pensi in continuazione a quanto migliorerà
la tua vita una volta che i tuoi figli saranno cresciuti o
dopo che ti sarai sposato, non potrai sentirti felice. Ciò
non significa che non devi o non dovresti pensare a que-
ste (o altre) cose. Ma lasciandoti ossessionare da simili
pensieri, sacrificherai un intenso senso di benessere, quel
sentimento intrinseco di felicità con cui sei nato e a cui
puoi ancora avere accesso.

Felicità e desiderio
L’attesa è un sentimento migliore dell’ansia, ma non cor-
risponde alla felicità. Va bene pensare al futuro e definire
i propri obiettivi, ma non devi confondere queste attività
con quel sentimento semplice, privo di complicazioni e
indipendente da tutto il resto che è la felicità: quel senso
di gratitudine che provi in questo preciso momento per
il semplice fatto di essere vivo.
A volte, subito dopo aver ottenuto ciò che vuoi, può
capitarti di provare un attimo o due di felicità. Tuttavia,
malgrado l’opinione popolare, non dipende dall’aver rea-
lizzato un desiderio, ma dall’aver distolto l’attenzione da
ciò che non avevi. Nel momento in cui cambi di nuovo
marcia e torni a focalizzare l’attenzione su un’altra cosa

142
che vuoi o che ti manca, perderai ancora quel senso di
benessere e ti sentirai inappagato. La tua mente ricomin-
cerà a cercare qualcosa all’esterno per riprovare quel sen-
timento di soddisfazione e così il ciclo di infelicità non
avrà mai fine.
Se realizzare un desiderio (uno qualsiasi) fosse la cau-
sa della felicità, saremmo tutti felici da un pezzo. Ma non
scordare le innumerevoli volte in cui hai ottenuto quello
che volevi e non sei riuscito a rimanere felice a lungo.
Non sto dicendo che non bisogna avere obiettivi o desi-
deri. Ma la felicità deve venire prima di tutto. Qualsiasi
cosa derivi dalla felicità è meravigliosa, ma soddisfare un
desiderio non basta da solo per crearla.

Felicità versus catarsi


A volte ricorriamo al tentativo sventurato di raggiunge-
re la felicità parlando di ciò che non va e così facendo
avvertiamo un sollievo temporaneo tramite la catarsi. È
come se ci togliessimo un peso dallo stomaco: quello che
ci turbava di colpo sparisce; abbiamo la mente libera e
ci sentiamo meglio, ma dura poco. Comportarsi così è
un po’ come rimanere intontiti dopo aver sbattuto la te-
sta contro il muro: dopo ci sentiremo meglio, nessuno lo
mette in dubbio, ma non sarebbe meglio evitare di sbat-
tere la testa contro il muro?
La differenza tra la felicità e la catarsi è questa: una
persona felice accantona i pensieri negativi, per esempio
riguardanti un amico, perché sa che quei pensieri vanno
e vengono in base al suo stato d’animo. Se quei pensieri
fossero validi potrebbe sempre parlarne più avanti con

143
l’amico, ma al momento la soluzione migliore è svuo-
tare la mente e godersi la sua compagnia. Vuole essere
felice e non turbare quel bel sentimento che sta alla base
dell’amicizia.
Tuttavia, una persona che si affida alla catarsi vuole
togliersi il prima possibile dallo stomaco il peso di quello
che pensa. Ha dei pensieri negativi su un amico e crede
sia importante “manifestarli”. A suo parere, essere onesti
con i propri sentimenti è importantissimo. Non importa
quale sia il livello del suo stato d’animo: ha dei pensieri
negativi su un amico e deve assolutamente dirglielo ora!
Vuole farla finita con la questione, vuole avere “ragione”.

“Sto solo esprimendo


i miei sentimenti con sincerità.”
Esprimere sinceramente i propri sentimenti è una que-
stione relativa. Ti mostri onesto quando sei di cattivo
umore e sei infastidito dai tuoi stessi pensieri, oppure
quando ti trovi in una situazione di felicità e saggezza?
Una distinzione di questo tipo è molto importante per-
ché la tua vita, e tutto ciò che essa comprende, ti apparirà
in modo drasticamente diverso in funzione del tuo livello
di benessere. Conosco molte persone (me compreso) che
si consideravano campioni di onestà, ma poi hanno sco-
perto che si tratta di un pregio molto relativo. Le stesse
identiche cose che ci tormentano quando ci troviamo in
uno stato mentale indispettito non ci disturbano mini-
mamente se lo stato mentale è migliore e più piacevole.
Fino a che non assimilerai questo concetto, in nome
dell’onestà potrai avvertire il bisogno di reagire a ogni

144
pensiero negativo che ti passa per la testa. Ma prima di
agire in base a ciò che pensi, puoi decidere di smettere
di reagire alla negatività e aspettare che si presenti un
sentimento più positivo. Se riuscirai ad aspettare, scopri-
rai che molti dei tuoi pensieri negativi, se non tutti, si
dissiperanno e ti ritroverai a pensare cose del tipo: “Che
stupido sono, non è poi così male come amico. Chissà
cosa mi è passato per la testa!” e così via. Inoltre, avrai
anche a disposizione più chiarezza, saggezza e buonsenso
per prendere una decisione.

Non porre condizioni alla tua felicità


La felicità non può manifestarsi se pensiamo che la sua
fonte sia all’esterno. Una volta dato per scontato che deb-
bano realizzarsi determinate condizioni per potersi senti-
re felici, è troppo tardi per esserlo. La maggior parte di noi
vive fugaci momenti di felicità, ma li lascia passare senza
la dovuta considerazione. Non riusciamo a riconoscere la
felicità per quello che è e inavvertitamente le permettia-
mo di allontanarsi con i nostri pensieri. Tutto questo ca-
pita perché cerchiamo di continuo la felicità all’esterno.
Ogni volta che poniamo delle condizioni per ottenere
la felicità, non la viviamo. Il processo mentale che attri-
buisce la felicità a uno specifico risultato si innescherà
nuovamente una volta raggiunto il risultato in questione.
Una donna che crede di potersi sentire felice solo sposan-
dosi, da sposata stabilirà nuove condizioni da realizzare.
E allora potrebbe pensare che la risposta siano i figli, o
comprare una casa, avere una promozione o qualsiasi
altra cosa. Una volta consolidata questa tendenza, sono

145
poche le persone che mettono in discussione gli scarsi
risultati che ne derivano. Perché non siamo ancora felici?
Nel momento in cui riuscirai a riconoscere la felicità
quando si manifesta, capirai che è quello il sentimento
che hai sempre cercato. Quel sentimento non conduce da
un’altra parte, è il fine stesso, non il mezzo per raggiungerlo.
Se la futura sposa si rendesse conto che la felicità è prima
di tutto dentro di lei, potrebbe decidere di sposarsi o di
non sposarsi potendo contare sulla propria saggezza, non
a prescindere. Se è già felice, anche il suo matrimonio
lo sarà. Se poi la coppia decide di avere dei figli, questi
cresceranno in un ambiente felice senza lo stress di esse-
re la fonte della felicità di qualcun altro. Lo stesso vale
nel corso della vita di qualsiasi persona felice. La felicità
genera un’esistenza felice e una prospettiva gioiosa da cui
vedere la vita.
Se l’appagamento che provi dipende da un rituale o
da una tecnica particolari non sarai in grado di mante-
nerlo: se attribuisci la felicità al fatto di fare qualcosa nel
modo giusto, resterai spesso deluso. Ho conosciuto molte
persone che dicevano: “Mi comporto sempre nel modo
giusto, perché allora sono così depresso?”. I motivi sono
sempre gli stessi. Se la tua “tecnica” è l’esercizio fisico,
cosa succederà se non potrai farlo? E, cosa ancora più
importante, fare sport non equivale alla felicità. Se così
fosse, chiunque facesse esercizio fisico sarebbe sempre
felice, ma non è così. Ciò non significa che le tecniche
siano sbagliate, anzi possono rivelarsi davvero utili per
molte ragioni diverse. Ma le tecniche in sé non hanno il
potere di renderti felice. Le tecniche possono aiutarti a
raggiungere determinati obiettivi, ma non generano un
sentimento di felicità.

146
La felicità è un sentimento,
non un risultato
Una volta capito che la felicità non è altro che un sen-
timento, nell’istante in cui la percepisci puoi favorirne lo
sviluppo e contribuire alla sua permanenza. Ponendo l’at-
tenzione sul senso di felicità, ti accorgi che la tua mente
è relativamente vuota, che i pensieri si sono attenuati. Se
proprio stai pensando, è solo all’incarico del momento, non
al risultato o a come stai andando. Ciò non significa che
non dovresti pensare; anzi, in questo stato di sentimenti
positivi hai un accesso completo ai tuoi pensieri migliori,
alla saggezza e al buonsenso. In questo stato positivo, si
verifica un disimpegno della mente che smette di concen-
trarsi eccessivamente sul contenuto dei tuoi pensieri.
In un simile stato mentale (a cui chiunque in qualsiasi
momento può accedere) è possibile mantenere la felicità,
anche se ciò che ti circonda non è di tuo gradimento.
La felicità è un sentimento, non un risultato: scopri cosa
cercare e sarai in grado di mantenere questo sentimento,
invece di perderlo e proseguire la ricerca altrove.
Quando percepisci un sentimento di felicità, non devi
farci caso, altrimenti lo perderai. Una volta comprese le
dinamiche della mente, non sarà un problema riuscirci.
Riconoscendo la pace nella tua vita, riuscirai a tenerla con
te più a lungo. E quando la perderai, riuscirai a recuperar-
la più rapidamente. La chiave sta nel capire la dinamica,
non nel pensarci; sta nel limitarsi ad accorgersi di quel
sentimento, senza analizzarlo. Pensare richiede uno sfor-
zo, per quanto piccolo. La felicità invece non ne richiede
alcuno. In effetti, si tratta più di lasciar andare l’infelici-
tà che di ambire alla felicità. “Lasciare andare” significa

147
semplicemente distogliere l’attenzione da qualsiasi cosa
tu abbia in mente, senza sforzo ma con semplicità.
Affermare che “la felicità viene dall’interno” sarà an-
che un cliché, ma è la verità. La felicità è la strada da
seguire, l’unica risposta necessaria. Una volta compreso
il tuo processo mentale, sarai in grado di vedere e perce-
pire in modo naturale la bellezza della vita. In uno stato
d’animo positivo, ciò che in passato ti appariva urgente
e fastidioso adesso ti sembra irrilevante. E sarai in grado
di cogliere la semplice bellezza della vita che hai dato per
scontato tanto a lungo con occhi nuovi e riconoscenti: i
bambini che giocano nel tuo quartiere, una brezza leg-
gera, le persone che si aiutano a vicenda… Quando la
felicità è il fine, puoi percepirla a prescindere da ciò che
ti circonda. Una volta capito come raggiungere lo stato
di appagamento, non dovrai più scegliere di indugiare
sui pensieri che ti allontanano da quel meraviglioso fine.
La felicità è adesso. La vita non è la prova costume per
uno spettacolo futuro: è qui e ora. Quell’invisibile carat-
teristica della felicità che tutti noi cerchiamo da tempo è
proprio qui, in un sentimento.

148
CAPITOLO DIECI

Le abitudini
e le DIPENDENZE

Un’abitudine è un pensiero che hai accettato come vero.


Richard Carlson

I n un libro precedente, Everything I Eat Makes Me Thin


[Dimagrire mangiando], ho discusso di come nasce
un’abitudine specifica (mangiare troppo) e di come può
trasformarsi in un problema. In questo caso le mie in-
tenzioni sono più generali. Spero che la lettura di questo
capitolo ti sia utile per comprendere le tue abitudini, a
prescindere da quali siano. Userò le parole “abitudine”
e “dipendenza” in modo intercambiabile per descrivere
qualsiasi comportamento che assumi e che, potendo sce-
gliere, preferiresti evitare.

Dato che l’origine di ogni abitudine è sempre la stessa,


non è importante su quali abitudini specifiche lavorerai.

149
Ciò che conta è cominciare a capire da dove nascono e
quale sia il modo più efficace per eliminarle in quanto
fonte di sofferenza nella tua vita.
La felicità è un sentimento positivo che esiste dentro
di te e in questo libro abbiamo parlato di come rimuo-
vere i blocchi psicologici che ti impediscono di trovarla.
Quando vivi in uno stato mentale positivo, avverti un
senso di pace e di equilibrio. E ogni volta che lo per-
di, cerchi consapevolmente o inconsapevolmente di ri-
conquistarlo. In base alle dinamiche del funzionamento
psicologico sano, per recuperare quello stato di benesse-
re devi lasciare andare i pensieri che ti allontanano dai
sentimenti positivi. Se non conosci le dinamiche della
tua stessa mente, cercherai ingenuamente di ritrovare
quei sentimenti per mezzo di fonti esterne, cosa che può
innescare una cattiva abitudine. Alcuni surrogati molto
diffusi di uno stato mentale appagato sono l’alcol, le dro-
ghe, il fumo, il cibo, l’esercizio fisico, il gioco d’azzardo, il
sesso e il lavoro. Altre forme più sottili comprendono le
discussioni, le liti, la dimostrazione delle proprie qualità
e la ricerca di approvazione.

Riconoscere la serenità nella vita


Che la tua dipendenza abbia preso la forma della ricerca
di approvazione o dell’alcol, il primo passo per guarire è
riconoscere la serenità nella tua vita. La serenità o l’appa-
gamento sono un terreno fertile per il cambiamento po-
sitivo. L’insicurezza, l’opposto della serenità, fa nascere le
dipendenze. Se sei sereno, eliminare le brutte abitudini è
un’esperienza non solo possibile, ma anche piacevole. Ma

150
se non lo sei, cambiare è difficile, quasi impossibile. Di
conseguenza, cercare di curare una dipendenza senza pri-
ma acquisire un senso di appagamento è come aggottare
una barca con una falla. Potrai riuscire a farla galleggiare,
ma solo con una quantità assurda di sforzi duri e costanti.
Non è possibile esagerare quando si tratta del bisogno
innato di cercare sentimenti positivi nella vita. Credo sia
la parte più importante della mia esistenza. Quando non
mi trovo in uno stato mentale positivo, mi sento vuoto e
solo, mi sembra di non avere nulla. E sono pronto a fare
qualsiasi cosa, persino deleteria per me o per gli altri, pur
di riempire quel senso di vuoto. Proprio questo senti-
mento è alla base delle dipendenze e delle abitudini e,
dato che la causa è sempre la stessa, anche la soluzione
è sempre la stessa: vale a dire accedere al funzionamento
psicologico sano, a quel piacevole stato di appagamen-
to che ci fa capire che possediamo già ciò che vogliamo
dalla vita.
È sempre possibile far risalire le abitudini al pensiero.
Se pensi a qualcosa, per esempio al cibo, i tuoi pensieri
creeranno quella sensazione interiore che chiami “desi-
derio”. Tale sensazione irresistibile chiede a gran voce di
essere soddisfatta, in questo caso con il cibo, mangiando.

Distogliere l’attenzione dalle abitudini


Il buonsenso ti dice che più pensi a qualcosa, più i pen-
sieri crescono all’interno della tua mente fino a diventare
reali. Nonostante il buonsenso, molti centri di recupe-
ro dalle dipendenze e specialisti del settore ti incitano
a pensare praticamente solo alla dipendenza. Fanno in

151
modo che tu e gli altri pensiate al problema più volte
al giorno. Ti consigliano di riflettere e discutere su cosa
significhi essere dipendenti da qualcosa.
Il motivo per cui gli specialisti vogliono farci focaliz-
zare sul problema (l’abitudine) è che vogliono impedirci
di negare il fatto di averne uno. E anche se spesso riesco-
no a raggiungere questo obiettivo, concentrarsi sul pro-
blema o sull’abitudine non fa che ingigantirli nella nostra
mente, finché non ci appaiano spaventosi e difficili da ri-
solvere. Quindi anche se così facendo evitiamo di negare
il problema, allo stesso tempo avvaloriamo la gravità e la
complessità della nostra abitudine, a conferma dell’idea
che sarà difficile riuscire a superarla.
Esiste un denominatore comune tra quasi tutte le per-
sone che hanno problemi di peso: hanno sempre in men-
te il cibo. La maggior parte dei programmi per dimagrire
fallisce perché incoraggia i partecipanti a focalizzarsi sul
cibo: cosa mangiare, quando mangiare, come mangiare,
dove mangiare e quanto mangiare.
Per perdere peso devi distogliere l’attenzione dal cibo.
Il pensiero del cibo deve occupare sempre meno spazio
nella tua mente, non sempre di più. Lo stesso vale per
qualsiasi altra abitudine. Se vai in giro tutto il giorno
pensando alle sigarette, sarà molto difficile smettere di
fumare. Se continui a pensare a quanto disprezzi la tua
dolce metà, sarà dura mostrarti amorevole quando tor-
nerai a casa. L’energia segue sempre la tua attenzione. Se
questa è rivolta al cibo, allora è quella la direzione che
prenderanno anche le tue energie.
Un vecchio detto recita: “Non buttare benzina sul
fuoco.” Se l’abitudine è il fuoco, il pensiero è la benzina.
Più benzina versi sul fuoco, più questo si estenderà. Lo

152
stesso accade con le abitudini: più ci pensi, più ti sembra-
no grandi.
Non è mia intenzione né rientra nel mio ruolo critica-
re i centri di recupero o i trattamenti. Al mondo esistono
molti centri e programmi validi che aiutano milioni di
persone a superare ogni tipo di dipendenza. Ma io ag-
giungerei qualcosa a questi programmi. La dimensione
necessaria per guarire e liberarsi da una cattiva abitudine
è quella che riguarda lo studio e la scoperta della salute
mentale, dell’appagamento e dei sentimenti positivi, così
come dei modelli di dipendenza.
Esiste un modo per liberarti dalle tue abitudini senza
negare di averle: capire che i pensieri si alimentano da
soli e diventano reali all’interno della tua mente, impara-
re a raggiungere con maggiore regolarità uno stato men-
tale migliore e più pacifico.
I centri di recupero e gli specialisti del settore hanno
ragione nell’asserire che è necessario essere risoluti per
interrompere un’abitudine, soprattutto se grave. Ma non
bisogna riflettere su tale determinazione un momento
dopo l’altro, un giorno dopo l’altro. Si tratta piuttosto di
un impegno personale profondo ma dolce per interrom-
pere la forza distruttiva nella tua vita. Si tratta di quella
consapevolezza interiore per cui il momento di smettere
è ora. Una volta presa questa decisione personale, non
sarai più sulla strada della negazione, ma su quella della
libertà. Arrivato a questo punto, continuare a concentrar-
ti ossessivamente sulle tue abitudini servirà solo a ferirti
e non ad aiutarti.

153
Felicità, determinazione
e comprensione
Gli ingredienti necessari per liberarsi da qualsiasi abitu-
dine sono tre: felicità, determinazione e comprensione. La
felicità è il terreno fertile che rende possibile la guari-
gione, la determinazione è l’impegno interiore che mira
all’obiettivo finale e la comprensione è il veicolo che per-
mette di raggiungerlo.
Capire il proprio funzionamento psicologico permette
di pensare a qualcosa, persino a un’abitudine trasformata-
si in un problema, senza prendere i pensieri tanto sul serio
da restarne spaventati. Una volta che siamo in grado di
osservare i pensieri nel ruolo di semplici testimoni, senza
lasciarci travolgere, saremo più docili in caso di malumore
e sapremo anche mettere in dubbio noi stessi e le nostre
percezioni. Impara a trarre vantaggio dai sentimenti ne-
gativi sfruttandoli come segnali d’allarme, che ti avvisano
quando pensi in modo disfunzionale dirigendoti verso
l’infelicità o abitudini distruttive. Disponi della saggezza
necessaria per vedere le cattive abitudini come semplici
pensieri negativi che hai finito per accettare come veri.
Leggendo questo libro, hai scoperto la natura innocua
del pensiero: pensare è un dono, una capacità meraviglio-
sa di cui disponi, ma non c’è bisogno di prenderla trop-
po sul serio né di fare troppo affidamento sul contenuto
dei pensieri. Perché le abitudini diventino innocue, devi
considerare anch’esse come semplici pensieri che hai inu-
tilmente accettato come reali. Non devi mai avere paura
dei tuoi pensieri.
Così siamo tornati al punto di partenza e possiamo
chiudere il cerchio della dissertazione sul pensiero. Ora

154
che hai compreso la natura potenzialmente innocua e ar-
bitraria del pensiero (il fatto che si tratti di una cosa che
facciamo in continuazione) non hai più bisogno di esser-
ne vittima. È piuttosto questione di definire il rapporto
che intrattieni con esso. Lo consideri un’abilità di cui di-
sponi per dare un senso alla tua vita, oppure lo vedi come
una “realtà” da temere e a cui reagire? La risposta a questa
domanda determina il grado di efficacia con cui riuscirai
a eliminare le abitudini e la loro forza distruttrice dalla
tua esistenza. Maggiore sarà il livello di consapevolezza
che hai, più facile sarà riuscirci.
Padroneggiare questo genere di consapevolezza ti per-
metterà di rimuovere i blocchi psicologici che ti impedi-
scono di godere del tuo stato più naturale: l’appagamento.

155
CAPITOLO UNDICI

Una lista di controllo


per LA VITA

S e avverti un sentimento diverso dall’appagamento


derivante dalla consapevolezza di te stesso, allora po-
tresti trarre giovamento dalle seguenti domande.

1. La mia vita è davvero così brutta in questo momento, op-


pure sono semplicemente giù di morale?
L’umore è la fonte dell’esperienza, non la conseguen-
za. Se ci sentiamo giù, la vita ci apparirà peggiore di
quanto non sia in realtà. In questi casi, la cosa migliore
che possiamo fare è rallentare il pensiero, distogliere la
mente da qualsiasi cosa la assilli, aspettare che il malu-
more passi e inseguire sentimenti migliori. La vita e tutto
ciò che comporta torneranno ben presto a sembrarci di
gran lunga migliori!

2. Ho forse imboccato la strada per l’infelicità nel tentativo


di trovare la felicità?

156
Se volessi andare da San Francisco a New York, dovrei
spostarmi verso est, ma se invece mi dirigessi a sud, mi
ritroverei a Los Angeles, che non era la mia destinazione.
Lo stesso principio si applica anche alla ricerca del sen-
so di appagamento. Se ti ritrovi spesso a esprimerti o a
pensare in modo negativo, significa che non stai percor-
rendo la strada per la felicità. Non vale la pena prendere
in considerazione né difendere un qualsiasi pensiero che
ti allontani dai sentimenti positivi. Se vuoi essere felice,
devi seguire i sentimenti felici e non quelli infelici.

3. Sto forse mettendo le mie opinioni davanti ai sentimenti


positivi?
Poniamoci la seguente domanda: “Voglio avere ragio-
ne o voglio essere felice?”. Quando prendiamo le nostre
opinioni talmente sul serio da sentirci insoddisfatti, allo-
ra non vale la pena difenderle. Possiamo considerare vali-
de le nostre convinzioni e anche gli altri le rispetteranno
se dimostriamo di trovarci in uno stato mentale positivo.

4. Sto forse reagendo al malumore di qualcun altro?


È facile scordarsi che siamo tutti soggetti a sbalzi di
umore. Se teniamo presente che tutti, persino la perso-
na più dolce del mondo, provano vari stati d’animo, non
prenderemo più gli attacchi degli altri troppo sul per-
sonale, perché non sono diretti a noi. Gli stati d’animo
sono un fatto della vita. Tutti, dalle persone con cui la-
voriamo a quelle a cui teniamo, provano gli alti e i bassi
dell’umore. Quando è di cattivo umore, la gente dice e fa
cose che in uno stato mentale migliore non si sognerebbe
mai di ripetere. Ciò non significa che dobbiamo accettare
le offese da parte degli altri, ma che dobbiamo tenere

157
conto, con la testa e con il cuore, dell’importanza degli
stati d’animo da un punto di vista psicologico. Una vol-
ta accettata la loro inevitabilità, smetteremo di prenderli
troppo sul personale.

5. Sto forse combattendo una guerra nella mia testa?


La maggior parte delle discussioni si svolge all’interno
della nostra testa, prima che avvengano nella realtà, o do-
po. Se la nostra mente viene invasa da pensieri che danno
origine a un senso di insoddisfazione, ricordiamo che si
tratta di semplici pensieri e che non sono reali. In caso di
conflitto, riusciremo più facilmente a risolverlo se tenia-
mo alto l’umore. Siamo noi gli artefici dei nostri pensieri.
Riconoscerlo può porre fine alla guerra nella nostra testa e
ci permetterà di avvicinarci a un sentimento più positivo.

6. Sono forse alle prese con un problema?


I pensieri crescono se concediamo loro attenzione. Le
nostre energie seguono la stessa strada dell’attenzione. Se
siamo sempre alle prese con un problema, blocchiamo il
canale della saggezza e del buonsenso. Per risolvere in
modo efficace il problema del momento, dobbiamo pren-
derne le distanze. Ogni volta che siamo troppo vicini a
qualcosa, è difficile averne una visione chiara. Più ci stac-
chiamo dal problema, più verranno a galla le risposte che
inizialmente ci sfuggivano.

7. Il mio livello di tolleranza dallo stress è troppo alto?


Il livello di stress della nostra vita è pari al nostro livel-
lo di tolleranza. Quando ci sentiamo sotto stress, abbia-
mo la tendenza a premere sull’acceleratore, rimboccarci le
maniche e metterci al lavoro. Per quanto la cosa ci sembri

158
urgente, non riusciremo mai a ridurre lo stress. In questi
casi, dobbiamo rilassarci, prenderci una pausa, smetterla
di pensare così tanto e svuotare la mente. Così facendo
ci sentiremo meglio e ci riprenderemo più rapidamente.
Per vivere una vita rilassata, l’obiettivo è abbassare il li-
vello di tolleranza allo stress. Con il tempo, impareremo
a individuare lo stress prontamente e a eliminarlo prima
che prenda il sopravvento.

8. Penso troppo al risultato?


Avere aspettative troppo elevate e rimuginare conti-
nuamente sulle proprie azioni contribuisce a minare il
morale. Pensare troppo a come ti stai comportando ti al-
lontana dal senso naturale di autostima e felicità. Basta
guardare i bambini piccoli per ricordarci che, per natura,
siamo tutti orgogliosi dei nostri sforzi. Dubitando si-
stematicamente della correttezza del nostro operato, ri-
schiamo di perdere la stima che proviamo per noi stessi.
Dobbiamo vivere ogni momento al massimo e godere di
ogni preziosa ora di vita che ci viene data. Con un si-
mile approccio, i dettagli, i traguardi e le responsabilità
si aggiusteranno da soli, davvero. E mentre ciò accade,
potremo persino divertirci.

9. Mi porto dietro il passato?


Il passato è fatto di ricordi che ci portiamo dietro at-
traverso il pensiero. A prescindere dal fatto che una cosa
sia accaduta vent’anni o venti minuti fa, il passato non è
rilevante per la nostra capacità di goderci la vita adesso,
in questo preciso momento. Grazie a una comprensione
sempre più profonda delle dinamiche del pensiero, ci li-
bereremo degli effetti avversi dell’infelicità passata.

159
10. Sto rimandando la mia vita?
Una volta qualcuno ha detto: “La vita è quello che
ti accade mentre sei impegnato a fare altro.” Ogni volta
che rinviamo la felicità, non ci accorgiamo del fatto che
in realtà si tratta di qualcosa che possediamo già, a cui
possiamo accedere a nostro piacimento. La felicità non
dipende dai risultati. Se ti ritrovi a dire cose del tipo:
“Sarò felice quando…”, allora ti stai perdendo la felici-
tà. Sei felice ogni volta che accedi allo stato naturale del
funzionamento psicologico sano. Se lo vuoi, puoi essere
felice subito, qui e ora.

160
L’autore

R ichard Carlson, uno dei maggiori esperti di felicità


degli Stati Uniti, ha scritto il best seller Non perderti
in un bicchier d’acqua che insieme a Puoi essere felice qua-
lunque cosa accada ha venduto oltre 6 milioni di copie nel
mondo. Data la sua popolarità, ha preso parte a numerosi
talk show ed è intervenuto in centinaia di programmi
radiofonici e televisivi.

161
Copyright Richard Carlson, PhD 2020
Traduzione: Cecilia Pirovano

© 2020 My Life
I edizione: aprile 2020
My Life srl, Coriano di Rimini (RN)

Tutti i diritti riservati.

L’autore di questo libro non dispensa consigli medici né prescrive l’uso di alcuna tecnica
come forma di trattamento per problemi fisici e medici senza il parere di un medico,
direttamente o indirettamente. L’intento dell’autore è semplicemente quello di offrire in-
formazioni di natura generale per aiutarvi nella vostra ricerca del benessere fisico, emotivo
e spirituale. Nel caso in cui usaste le informazioni contenute in questo libro per voi stessi,
che è un vostro diritto, l’autore e l’editore non si assumono alcuna responsabilità delle
vostre azioni.

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