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Emanuele Fenzi
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Note
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Biografia
Figlio del magistrato e giurista Cav. Jacopo Orazio Fenzi, dopo la
morte del padre (1803) si trovò a soli diciannove anni a dover Emanuele Fenzi
provvedere alla famiglia. Già formato come imprenditore seppe
comunque dimostrare le sue capacità ottenendo già dal 1805 la
gestione della ditta Bosi, Mazzarelli & C., che seppe mantenere con profitti
crescenti. Da allora iniziò un successo economico inarrestabile: nel 1810
acquistò un palazzo in Corso dei Tintori e sposò la figlia di una facoltoso
commerciante milanese Ernesta Lamberti, dalla quale ebbe quattro figli; lo
stesso anno si staccò dalla società che lo aveva avviato all'industria e fondò con
alcuni soci la Bandi, Orsi, Fenzi & C., specializzata nella produzione e
commercio di tabacco e monopolista di questo prodotto nel Granducato di
Toscana tra il 1814 e il 1820.
Nel 1835 colse al volo l'opportunità del progetto di costruzione di una linea
ferroviaria tra Firenze e il porto di Livorno, e accordandosi con la ditta livornese di Pietro Senn vinse il
concorso aggiudicandosene l'appalto, stipulando un contratto con il governo granducale nel 1838. La
ferrovia era una delle prime in Italia e prese il nome di Leopolda in onore del Granduca Leopoldo II di
Lorena. Fenzi volle ricordare l'impresa ponendo una locomotiva a vapore sulla stemma di famiglia posto
su Palazzo Fenzi. In campo trasportistico il nome del Fenzi è legato anche alla costruzione della tranvia
del Chianti, della quale rappresentò assieme a Sidney Sonnino uno dei principali promotori.
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5/2/2021 Emanuele Fenzi - Wikipedia
Ebbe anche una carriera come politico, partecipando alle sedute del
Senato Toscano tra il 1848 e il 1849 e fu tra i maggiori sostenitori del
rientro del Granduca in Toscana. Dopo la caduta del Granducato
divenne senatore del nuovo regno nel 1860, a patto di giurare fedeltà
Emblema su palazzo Fenzi con la
al nuovo governo.
locomotiva
Dopo la sua morte suoi eredi dispersero rapidamente la sua fortuna.
Note
1. ^ G. Mori, L'industria del ferro in Toscana dalla restaurazione alla fine del Granducato, Torino, 1966.
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