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Arte serba

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L'arte serba vanta una tradizione di quasi due millenni.

Storia
L'arrivo dei Romani nel I secolo introdusse, in una cultura ancora primitiva, elementi artistici legati alla
tradizione classica ed una più raffinata sensibilità artistica. Lo sviluppo delle città tra cui Sirmium
(Sremska Mitrovica), Singidunum (Belgrado) e Naissus et Mediana (Nis) portò alla creazione di una
società complessa al cui interno una classe di ricchi mercanti si circondava di oggetti preziosi e di
ricercati dettagli architettonici. Nonostante il gusto rispecchiasse i canoni estetici classici in voga nella
capitale, si assistette ad una originale contaminazione tra forme di artigianato autoctono e gusto
imperiale.

La crescita delle città, inoltre, seguì il solito schema urbanistico romano incentrato sulla dualità del
Cardo e Decumano e poderose mura ne segnavano i confini.

Oltre al retaggio della cultura classica romana, di importante interesse storico e artistico, grande
importanza riveste la costruzione tra il XII e il XV secolo dei monasteri serbo-ortodossi che da sempre
costituiscono il fulcro della vita religiosa, culturale e artistica della Serbia.

La definizione generale di monastero serbo nasconde in realtà tre diverse scuole artistiche differenti per
canoni architettonici ed espressioni figurative.

La più classica e più antica è la scuola della Raska, le cui opere sono concentrate nella Serbia Centrale e
sono caratterizzate da facciate di marmo riccamente decorate, da nartece e navata unica dominata da una
cupola centrale.

Degne di interesse sono le influenze romaniche che si notano soprattutto nelle decorazioni floreali che
arricchiscono i portali, mentre negli affreschi si evidenzia la scuola pittorica di derivazione greca. Per
l'originalità delle decorazioni, la raffinatezza artistica e la delicata sintesi tra romanico e mondo bizantino
spicca la chiesa di Studenica, ma anche di Mileseva, di Moraca e di Peć tutte del XIII secolo.

D'influenza più strettamente bizantina è la scuola meridionale, le cui opere sono presenti nella regione
del Kosovo e nell'attuale stato di Macedonia, e storicamente si diffuse tra il XIII e il XIV secolo. Lo
schema architettonico è più semplice: l'esterno si presenta variopinto e scandito da pietra tagliata in
modo regolare e mattoni, l'interno è anticipato da un grande nartece che sconfina nell'interno a unica
navata di solito sormontata da cinque cupole. Il modello più significativo è rappresentato dalle chiese di
Gračanica e di Decani. Qui l'apparato iconografico risente molto dell'influsso bizantino in quanto si
presenta più didascalico: solitamente erano raffigurate le vite dei santi, panorami mitologici e le scene
più familiari del Vangelo.
Cronologicamente più tarda è la terza scuola che si inserisce tra la
metà del XIV e il XV secolo e geograficamente si posiziona nella
Serbia settentrionale (per questa ragione viene comunemente
riconosciuta come scuola morava). Nonostante le vicinanze artistiche
con la scuola meridionale, si differenzia nell'esterno per
l'abbondanza di bassorilievi e decorazioni e per le proporzioni dei
complessi religiosi, in genere più alti ed imponenti. La scuola morava
raggiunse nella chiesa di Ravanica il punto più alto. Ultimo atto di
una grandezza artistica che stava lentamente soffocando sotto il
giogo dell'Impero Ottomano fu la realizzazione dei complessi
Interno del Patriarcato di Peć
monastici della Fruska Gora, realizzati tra il XVI e il XVII secolo, in
cui primeggia per eleganza il monastero di Krusedol.

In pochi decenni i conquistatori ottomani soggiogarono le terre serbe e alla spiritualità e alla fede
ortodossa si sovrappose la nuova religione del conquistatore, con tutto il suo carico artistico, culturale ed
architettonico. Generalmente in Serbia, al contrario della vicina Bosnia, l'elemento architettonico eredità
della dominazione ottomana è stato distrutto ed eliminato alla fine del XIX secolo, quando la Serbia
raggiunse la piena indipendenza e una folta schiera di urbanisti e architetti cominciarono a lavorare per
conferire al paese un volto mitteleuropeo e non più legato all'oriente. Tra le poche moschee
sopravvissute, oltre a quella di Novi Pazar nel Sangiaccato, si trova la moschea Bajrakli a Belgrado
costruita tra il 1660 e 1688 e lontana dal punto di vista architettonico dal periodo più felice dell'arte
islamica nei Balcani.

La fuga di migliaia di famiglie di Serbi a nord del Danubio verso i confini più sicuri dell'Impero asburgico
creò un'originale mescolanza di stili. Al barocco carico di stampo mitteleuropeo si affiancava una
personale interpretazione dello stile classico serbo-ortodosso che raggiunse la sua maturazione artistica
più elevata e convincente nella preziosa iconostasi di Dimitrije Bacevic del 1762 custodita nella Chiesa di
San Nicola a Zemun.

L'Ottocento si aprì con la prima sollevazione serba e con le idee romantiche che lentamente s'infiltravano
nell'impero ottomano ormai in fase di declino. Ma solo alla fine del XIX secolo, quando la Serbia si liberò
definitivamente dalla dominazione turca, s'imposero i primi pittori serbi che nelle loro opere si
ispirarono alla retorica patriottica nazionale come Paja Jovanović nel quadro "La grande migrazione
sotto Arsenije III Carnjevic" del 1896 che, nella plasticità delle figure e nella direzione della luce,
vagamente ricorda Il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo. Per quanto riguarda l'arte a Belgrado
si seguivano le mode in voga nelle altre capitali europee e il neorinascimento e il neoclassicismo venivano
interpretati in un originale e discreta chiave serba da diversi architetti come Aleksandar Bulgarski che nel
1869 firmò il progetto per il Teatro Nazionale e Kostantin Jovanovic che nel 1889 costruì la sede della
Banca Nazionale.

L'Impressionismo contagiò anche la Serbia benché fossero chiaramente visibili le influenze di Parigi,
Vienna e Monaco. In Serbia gli interpreti più originali furono Kosta Milicevic, che giocò abilmente con il
chiaroscuro e la profondità dei paesaggi ritratti come nell'onirico "Pogled na Beogradu" (Sguardo su
Belgrado) e Milan Milovanović le cui tele si distinguono per una calda luce mediterranea.

Le influenze nella pittura d'Oltralpe si tradussero anche nell'urbanistica portando Josimovic a


ridisegnare, secondo i dettami del parigino Haussmann, il volto di Belgrado abbattendo tutti quei
quartieri che potessero in qualche modo ricordare la dominazione turca. Il Novecento regalò le prime
architetture Sezession a cui i ricchi mercanti serbi e belgradesi non potevano resistere. Vennero così
disegnati i più interessanti edifici del primo decennio del XX secolo tra cui spicca per la finezza delle
linee e delle proporzioni l'edificio commerciale di Viktor Azriel sulla Kralja Petra Ulica e l'Hotel Moskva
del 1906 di Jovan Ilkic. Inoltre, nel XX secolo, importante esponente dell'impressionismo e del
movimento artistico fauves fu la pittrice Nadežda Petrović (1873-1915).

La nuova Monarchia dei Serbi, Croati, Sloveni, dopo le distruzioni della prima guerra mondiale, ridette
slancio alle costruzioni ispirando un'architettura razionalista che fondeva nella sua basica semplicità
elementi di sobrio modernismo ed elegante compostezza in cui si esprimeva un'architettura di frontiera
che coniugava le istanze della modernità industriale con la tradizione serba più autentica. A Belgrado,
nella veste di nuova capitale di un Paese che allargava i suoi confini dalla Grecia all'Italia, si aprirono
numerosi cantieri di edilizia pubblica e privata. Tra i più importanti la Casa dell'Esercito, costruita e
completata nei primi anni trenta da Zivko Piperski e Jovan Jovanovic, l'Ambasciata francese, il severo
edificio della Posta Centrale del 1938 di Josip Picman e l'avveniristico, per quegli anni, palazzo Albanija
finito poco prima dello scoppio della seconda guerra mondiale. Sempre negli anni trenta sotto l'influsso
de L'Ecole de Paris si formò, forse, la più rappresentativa generazione di artisti serbi tra cui Ivan
Tabakovic che nelle sue opere seppe fondere modernismo, ricerca del colore, elementi surreali e lucida
ironia come nel suo quadro Okupator (L'occupante) del 1975, e Marko Celebonovic più legato ai canoni
classici della forma.

L'instaurazione, dopo la seconda guerra mondiale, del nuovo regime politico influenzò le scelte artistiche
ed urbanistiche della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia (di cui la Serbia era ormai parte
integrante) in cui il Partito divenne l'unico grande committente di grandiose opere pubbliche e unico
regista nella pianificazione degli spazi commerciali, abitativi e delle aree ricreative.

La fondazione e la programmazione urbanistica della città satellite di Novi Beograd sono un chiaro
esempio del realismo socialista in cui l'esigenza di appartamenti funzionali ed economici conviveva con
la tensione artistica dei moderni dettami architettonici codificati da Le Corbusier. Gli artisti delle arti
figurative parteciparono ai più importanti movimenti d'avanguardia internazionale dove si distinse
l'opera di Petar Lubarda, originario del Montenegro, ma cresciuto artisticamente a Belgrado dove anche
si spense. Lubarda, nella sua opera, si è contraddistinto per una graduale scomposizione delle forme,
della materia e del colore che lo portò dal dipinto "Iz starog Beograda-Dorcol" (Dalla vecchia Belgrado-
Dorcol) del 1937 in cui la ricerca del dettaglio e il realismo della composizione sono palpabili al "Kosovski
Boj" (Battaglia di Kosovo) del 1953. Qui la composizione diventa corale e gli attori sono un'umanità
indefinita che lotta e combatte ricordando il Guernica di Pablo Picasso, ma con una personale
interpretazione del colore.

Per quanto riguarda l'architettura esce dai rigidi canoni il palazzo


sede dell'ex Stato Maggiore. L'architetto Nikola Dobrovic ebbe
l'intuito di interpretare personalmente il volume degli spazi e delle
proporzioni coniugandolo con le rigide richieste della retorica del
regime che voleva che l'edificio ricordasse le profonde gole della
Sutjeska.

Di carattere opposto il palazzo del Consiglio Esecutivo Federale a


Novi Beograd in cui la severa impostazione di stampo stalinista ha
Arena di Belgrado
conferito al monumentale complesso una pesantezza fuori misura.

La caduta di Slobodan Milošević e la conseguente apertura della


Serbia agli investimenti stranieri hanno portato all'inaugurazione di nuovi cantieri e al completamento di
importanti opere pubbliche tra cui la "Beogradska Arena", il simbolo della rinascita culturale e sociale del
Paese. La "Beogradska Arena" uno dei più grandi palazzi dello sport coperti in Europa, capace di ospitare
più di 20.000 persone, fu progettata nel 1991 dall'architetto Vlada Slavica, ma la disgregazione della
SFRJ, la crisi economica e l'embargo fermarono i lavori nel 1995. La fine del regime ridiede slancio al
progetto e già nel 2005 ospitò i Campionati Europei di Pallacanestro.

L'inizio del XXI secolo, con giovani artisti come Jovanka Stanojević o Simonida Rajčević, segna una
predominanza di un'arte figurativa legata al realismo - un realismo «dove tutto è reale e niente e reale» -
che considera l'epoca contemporanea bisognosa di un ritorno a ciò che è vero e concreto, e allo stesso
tempo sociale ed esistenziale[1].

Note
1. ^ (SR) Gordana Biba Marković, XV Prolećni Anale (http://www.domkulturecacak.org/node/474)
Archiviato (https://web.archive.org/web/20140903080440/http://www.domkulturecacak.org/node/474)
il 3 settembre 2014 in Internet Archive.. Dom kulture Čačak, 20 maggio 2011.

Bibliografia
Luana Zanella, L'altra guerra del Kosovo. Il patrimonio della cristianità serbo-ortodossa da salvare,
Casadeilibri, 2006
Luciano Vaccaro, Storia Religiosa di Serbia e Bulgaria, Centro Ambrosiano, 2008
Konstantin Jirecek e Jovan Radonic, Istorija Srba-Storia dei Serbi (Druga knjiga, Kulturna Istorija-
Volume Secondo, Storia della cultura), Avadar, Belgrade, 2006
Controllo di autorità Thesaurus BNCF 66490 (https://thes.bncf.firenze.sbn.it/termine.php?id=66490)

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