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DIVERTIMENTO PER QUARTETTO DI ARCHI E DUE CORNI K522.

L’ELOGIO DELLA FOLLIA MOZARTIANO

di Giulio Andreetta

Persino per Wolfgang Amadeus Mozart al culmine della sua carriera musicale, nel 1787, dev’essere
sembrato difficile rigettare del tutto i dettami accademici che indicavano come “ben comporre” della
sua epoca. Ma evidentemente l’estro incredibile che animava la sua fortissima creatività musicale non
gli impedì, in un certo qual modo, di “aggirare la censura” attraverso Ein musikalischer Spaß (Uno scherzo
musicale), che riesce a manifestare, ad un tempo, tutta la geniale inventiva del musicista, e ad ironizzare
su alcune pratiche dilettantesche comuni a molti musicisti dell’epoca. Ma ciò che a mio avviso è da
sottolineare di quest’opera è il valore della sua “follia musicale”, infatti tale brano, che si articola nei
canonici quattro movimenti, appare completamente privo di consequenzialità e di armonia nella forma.
Alcuni temi vengono ripetuti in modo insistente, troncati a metà della loro linea melodica, vengono
inserite numerose cadenze anche non necessarie, vengono inserite numerose note ‘stonate’ al di fuori
della tonalità, sono numerose le asimmetrie dei diversi periodi o temi musicali. Inoltre, decidere di
inserire i due corni all’interno dell’organico per questo Divertimento appare un’idea provocatoria e allo
stesso tempo geniale, anche considerando le parti che affida ai due strumentisti, ai quali prescrive una
serie di trilli che creano un effetto assolutamente comico e ironico. Ma, a mio avviso, al di là del gioco
musicale e dell’intento ironico del brano, ciò che emerge è anche una concezione della ‘follia’, intesa
come forma di avventura e scoperta, che si sposa a meraviglia con quella del grande filosofo Erasmo da
Rotterdam.
Anche Erasmo, come Mozart, considera la follia come un dispositivo in grado di mettere allo scoperto
le convenzioni di un’epoca e allo stesso tempo di rendere più divertente, e paradossalmente più saggia
l’esistenza. Quindi pur non negando l’indubbio intento “dissacratorio” e ridanciano che animò Mozart,
bisogna sottolineare come l’intenzione compositiva dell’autore fosse anche quella di rivendicare una
totale libertà espressiva, al di là di qualsiasi convenzione accademica. Un modo di aggirare una sorta di
“censura non scritta dell’ascolto”, con tutte le sue regole per ben suonare e ben comporre, che in quel
tempo doveva certamente essere presente.
Si specifica che associare Mozart ad Erasmo non vuol dire dar per certo che Mozart avesse letto il
capolavoro dell’umanista olandese, ma appare evidente, per così dire - senza alcun apparente
collegamento cronologico o disciplinare – quanto queste due grandi figure dell’Occidente siano in un
qualche modo legate da una stessa concezione del mondo, libera, saggia e allo stesso tempo folle, o
meglio, consapevole della propria follia.
E dunque, interpretando in questo modo questo Divertimento Kv522, esso perde tutta la sua patina
allegra e ridanciana, e ci fa riflettere proiettandoci in un universo espressivo nel quale non esistono
regole, leggi o precetti da seguire, ma una libertà assoluta dell’espressione di se stessi, e della propria
“corda pazza”, come avrebbe detto Luigi Pirandello. Infatti non sono pochi i musicisti e gli studiosi che
si sono accorti che la ‘follia’ mozartiana, in questo brano, apra degli spiragli insospettati che
letteralmente bucano la storia della musica per collegarsi addirittura a formule politonali tipiche di uno
Stravinsky: il finale del brano del compositore austriaco in questo senso è emblematico in quanto
invece di concludere con cadenza perfetta, come d’uso in quel periodo, Mozart preferisce inserire molte
note appartenenti a diverse tonalità, creando un effetto di straniamento espressivo, certamente buffo,
ma anche in un certo qual modo anticipatore di alcune tendenze musicali che si manifesteranno
pienamente solo all’inizio del Novecento con le avanguardie musicali di quel periodo. Di ciò si accorse
infatti Theodor Adorno. Vi è un detto in Veneto, che dice più o meno così “anca Bertoldo el xe gà
confessà ridendo”, (Anche Bertoldo si è confessato ridendo) . E se questo dispositivo dello “scherzo
musicale” fosse per Mozart il mezzo, socialmente e musicalmente accettabile, per esprimere del tutto la
sua divina follia? Il suo rifiuto dei canoni della sinfonia dell’epoca (che infatti prevedeva un diversa
scansione dei tempi, con l’adagio prima del minuetto e non viceversa)? Ecco che, considerando
brevemente questi aspetti di riflessione, il brano assume un’importanza ancor più rilevante, come ponte
verso il futuro della storia della musica. Un Mozart ancora una volta rivoluzionario, che guarda al
futuro, ma ad un futuro ancora più lontano rispetto a quello che aveva già presentito con il suo ultimo
capolavoro, il Requiem, già un’opera romantica a tutti gli effetti. In questo caso Mozart guarda
direttamente al Novecento, a Stravinsky, a Schoenberg. E non è tutto ciò l’ennesima prova del suo
inarrivabile genio?

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