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PREMESSA METODOLOGICA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
CONCLUSIONI. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53
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PREMESSA METODOLOGICA
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minimaliste concepite dopo il 19801. Altri sottolineano il fatto che le
composizioni postminimali presentino una maggior varietà armonica, e
processi musicali orientati verso l'affermazione di una maggiore comunicatività
rispetto ai brani più rigorosamente minimalisti. In questo contesto
estremamente nebuloso, ogni autore finisce per adottare un propria sfumatura
semantica da conferire al termine ‘postminimalismo’, come già sottolineato da
Rebecca Marie Doran Eaton, autrice di una tesi di laurea estremamente
dettagliata sulla musica cinematografica minimalista. Con lo scopo evidente di
evitare fraintendimenti e confusione sul significato di termini di notevole
importanza si preferisce dunque rinunciare all'utilizzo della voce
‘post-minimalismo’.
Da ultimo si vuol mettere in chiaro da subito che l'utilizzo di una
metodologia semiotica in rapporto allo studio delle forme compositive
minimaliste verrà impiegato per ottenere risultanze che esulano in parte dalla
ricerca semiotica stessa. In sostanza si vuol evidenziare che il metodo
semiotico verrà utilizzato con estrema prudenza, come strumento in grado
avallare o rigettare determinate ipotesi riguardanti i processi di fruizione di una
musica a carattere minimale.
6
ESISTE UN PUBBLICO MINIMALISTA?
7
Si ritiene che il metodo semiotico sia un valido strumento analitico che
possa consentire di svelare al meglio le peculiarità caratterizzanti la musica
minimale e, di conseguenza, l'approccio emozionale che è richiesto all'ascolto.
In questo senso è necessario porsi preliminarmente una domanda di
fondamentale importanza: esiste un pubblico per il minimalismo? O meglio,
esistono tratti culturali, caratteriali, sociali che possano accomunare coloro i
quali sono sedotti dal minimalismo e frequentano la sala da concerto, magari
unicamente per “andare a sentire” l'ultima colonna sonora di Nyman o l'ultimo
lavoro per pianoforte di Glass? E, cosa ancora più importante, questa tipologia
di pubblico è più o meno lo stesso che esce di casa per andare ad ascoltare le
Sinfonie di Beethoven?
Com'è evidente, la domanda gode di una sua legittimità, anche se è
altrettanto scontato premettere che tentare di dare una risposta sufficientemente
argomentata a una tale domanda è quanto mai arduo e problematico.
Ciononostante si ritiene che effettivamente possa esistere una sorta di
predisposizione a una tipologia di ascolto che si differenzia da quella di altri
generi musicali della tradizione eurocolta3. Il minimalismo, infatti, si pone sin
dall'inizio in netta antitesi rispetto alla tradizione della musica europea e si
contrappone in modo prepotente ai valori fondanti della civiltà musicale
occidentale. Il ‘guardare all'Oriente’, tuttavia, non è solamente dettato da uno
spirito di ribellione e contestazione nei confronti del modello sociale americano
ed europeo, ma è dovuto anche ad un sincero interessamento nei confronti
della musica etnica. I documentatissimi e discussi esordi compositivi di Philip
Glass, ad esempio, devono molto al proficuo rapporto di collaborazione
3 Si è consapevoli del carattere estremamente astratto e convenzionale del concetto di genere musicale,
tuttavia si ritiene possa essere utilizzato anche nella letteratura musicologica, principalmente per favorire
una più immediata comprensione dei contesti di appertenenza dei repertori musicali.
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instaurato con il sitarista indiano Ravi Shankar, e ad un viaggio nel nord
dell'India, attraverso il quale Glass entra in contatto con una comunità di
rifugiati tibetani. Saranno proprio questi eventi che faranno maturare nel
compositore una nuova estetica minimalista. Un viaggio in Africa che Steve
Reich compie nel 1970 sortisce analoghi risultati nella maturazione dello stile
compositivo dell'autore.
Può essere utile, in fase introduttiva, ricordare come le prime composizioni
del minimalismo non trovarono accoglimento nei luoghi tradizionalmente
deputati all'ascolto musicale, bensì all'interno delle gallerie d'arte di New York.
Fin dagli esordi, dunque, la musica minimalista sembra abbia rinunciato allo
statuto di musica “assoluta”, per immergersi volentieri in altri universi
espressivi. E dunque, effettivamente, almeno per la fase iniziale del
minimalismo, sembra essere provata una netta distinzione tra il frequentatore
della tradizionale sala da concerto e il fruitore delle composizioni
d'avanguardia minimaliste.
Inoltre il minimalismo in seguito manifesterà una propria tendenza a
legarsi assieme all'immagine filmica4. Con gli anni il fenomeno delle colonne
sonore minimali è cresciuto esponenzialmente: la quantità di colonne sonore
d'impianto minimale ai nostri giorni è altissima. La diversa identità
dell'ascoltatore del minimalismo rispetto a chi frequenta abitualmente le sale da
concerto è dunque lapalissiana.5 Tanto più se ci si ricorda che molti brani
minimalisti presentati in concerto devono la loro fama e la loro attrattiva
proprio al grande schermo.
La icastica descrizione del pubblico di un concerto minimalista offerta da
4 Cfr. Rebecca Marie Doran Eaton, Unheard minimalisms: the functions of the minimalist technique in film
scores, tesi di laurea dell'Università del Texas, Austin, 2008.
5 Con tale argomentazione non si intende compiere alcuna generalizzazione, ma semplicemente mettere in
evidenza la non sovrapponibilità statistica del pubblico dei concerti con quello del cinema.
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Alessandro Baricco sembra confermare quanto detto sinora:
Teatro pieno, con tante facce che non erano facce da abbonato, e molti
anfibi ai piedi, e molti occhialetti rotondi di tartaruga, e i giovani, e
quello con la papalina come Salvatores, e le ragazze grunge, e i patiti di
Greenaway (geniali intelligenze da ricovero) e gente anche più
normale. In quella stessa sala, domenica prossima, arriverà Sinopoli a
staccare niente di meno che un Parsifal in forma di concerto, rito
solenne e totemico, monumentale iperbole di note. Il carillon di
Nyman, l'orgia sonora di Wagner...6
È bene ribadire che compito della presente ricerca non consiste nel
tratteggiare una sorta di identikit sociologico del pubblico del minimalismo,
quanto piuttosto offrire un quadro abbastanza puntuale sulle peculiarità
dell'ascolto musicale di tale genere.
Non è questa la sede per ripercorrere la storia del minimalismo ma è
indispensabile mettere in evidenza un dato che emerge con chiarezza: con il
passare del tempo il minimalismo da raffinato ed elitario movimento
d'avanguardia è divenuto in breve un genere popular, sfruttato da dj e
compositori della più varia provenienza. È evidente che una simile diffusione
sul mercato musicale internazionale abbia inevitabilmente modificato la
concezione estetica e compositiva dei brani minimalisti. Non è quindi possibile
parlare di un unico movimento minimalista, come non è possibile conoscere
astrattamente i caratteri tipici che definiscono l'ascoltatore minimalista. Tali
semplificazioni devono essere rigettate nel modo più deciso. I compositori del
minimalismo, com'è ovvio, hanno attraversato diversi momenti creativi, diverse
fasi compositive. Hanno diversificato la loro produzione in base ad eterogenei
contesti espressivi: la sala da concerto, il teatro, la sala cinematografica. Se si
6 Alessandro Baricco, Barnum, cronache dal grande show, Milano, Feltrinelli, 2002, p.67.
10
prende in esame, ad esempio, il prolifico catalogo delle composizioni di Philip
Glass, si nota la presenza di “opere”, “musica da camera”, “musica per il
teatro”, “lavori per pianoforte solista”, “lavori per orchestra”, “sinfonie”,
“colonne sonore” e così via. Sarebbe impensabile trovare un massimo comun
denominatore in grado di mettere ordine in questo caotico universo. Stessa cosa
dicasi per il pubblico: tentare un qualsiasi raffronto fra l'ascoltatore di Music in
twelve parts e chi acquista il cd della colonna sonora di The Illusionist sarebbe
un'operazione illusoria.
Quanto detto sin qui sembra provare in modo sufficientemente
ragionevole che il minimalismo si presenta all'interno della storia della musica
come un unicum. La sua evoluzione è assolutamente atipica rispetto ad altre
“correnti” della musica colta contemporanea, le quali hanno avuto altri obiettivi
e altri destini. Scopo del presente lavoro sarà tentare far luce su un universo per
certi versi ancora poco indagato dalla musicologia.
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12
MINIMALISMO E APPROCCIO SEMIOTICO
1 Cfr. Giulio Andreetta, Eclissi della narratività musicale. Minimalismo e funzione minimalista nella musica
applicata, tesi di laurea, Università degli studi di Padova, a.a. 2012/2013,
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commistione con altri due metodi analitici a sfondo generativo: l'analisi
schenkeriana, e la teoria generativa della musica tonale (Lerdahl e Jackendoff).
Si è analizzato un brano appartenente alla stagione del cosiddetto
“minimalismo storico”2, Piano Phase di Steve Reich, e si è giunti a queste
conclusioni:
2 Con il termine “minimalismo storico” si intende la prima fase sperimentale del movimento (sorto negli Stati
Uniti degli anni '60), i cui principali esponenti furono La Monte Young, Terry Riley, Philip Glass e Steve
Reich.
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ritmico, né armonico, né tematico. Prerequisito necessario per poter
definire una gerarchia tra i vari eventi sonori, è infatti, e in primo luogo,
la possibilità che questi ultimi vengano individuati e analizzati con
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chiarezza: in un contesto minimale come quello che si è appena
descritto non è possibile effettuare questa operazione nitidamente.
Effettivamente non è realizzabile una descrizione precisa della
specificità dei singoli eventi sonori, dal momento che non si
evidenziano sezioni chiaramente distinguibili all'interno del tessuto
musicale. Quest'ultimo sembra, anzi, dipanarsi in modo estremamente
lineare e omogeneo, cioè senza rivelare l'esistenza di punti che possano
mettere in luce fratture o contrasti che siano individuabili con certezza. 3
16
[Steve Reich] è autore di gags vagamente incantatori [ottenuti]
sincronizzando e ripetendo con coggiutaggine squallidi patterns sonori
che a poco a poco si sfasano. […] Ciò non toglie che l'indigenza
semantica della minimal music di Steve Reich nelle mani di un musicista
come Louis Andriessen – pieno d'impegno e senza complessi di mercato –
possa contribuire a costruzioni musicali molto più attraenti e
significative.5
5 Luciano Berio, in Cristina Cano, Paolo Potì, Michael Nyman. Ascoltare il cinema, Milano, Franco Angeli,
2004, p.32.
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MINIMALISMO E “ASCOLTO MISTICO”
Ludwig Wittgenstein sosteneva che «su ciò di cui non si può parlare
bisogna tacere».1 A voler essere onesti pure quel magnifico esperimento che è
il Tractatus logico-philosophicus nasce da una contraddizione: voler esprimere
l'incomunicabile. Il voler comunicare a parole l'abbandono verso il non
conosciuto, o l'infinito, o il divino sembra essere assolutamente impossibile
proprio in quanto «i limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio
mondo»2. Lo aveva capito anche Schopenhauer, quando, nelle ultime pagine de
Il mondo come volontà e rappresentazione afferma:
Per coloro che sono ancora animati dal volere, ciò che resta dopo la totale
soppressione della volontà è il vero ed assoluto nulla. Ma viceversa, per
coloro in cui la volontà si è convertita e soppressa, questo mondo così
reale, con tutti i suoi soli e le vie lattee, questo, propriamente questo, è il
1 Ludwig Wittgenstein,Tractatus logico-philosophicus, Torino, Einaudi, 1989. p.175.
2 Ivi, p.133.
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nulla.3
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indissolubilmente ad una sensazione di pesantezza terrestre che impedisce il
ricongiungimento con il cielo divino ed etereo.
Le notorie difficoltà della semiotica nell'ambito della definizione di una
funzione semantica potrebbero essere lette proprio alla luce della
irreconciliabile opposizione parola/suono che nella filosofia di Wackenroder
trova la sua lacerante e contraddittoria espressione.
Il linguaggio e la logica elementare si nutrono di opposizioni dualistiche
come ad esempio vero e falso, giorno e notte, maschio e femmina. Allo stesso
modo nella semiotica generativa di Algirdas J. Greimas il primo gradino per la
determinazione di un micro-universo di significazione è la costruzione di una
opposizione semantica fondamentale tra due contrari (pensiero dualistico).
21
fig. 2, Quadrato semiotico
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classica della forma musicale al contrario prevede prevalentemente strutture
bipartite o tripartite, ed opposizioni tematiche che possono facilmente essere
ricomprese in un universo di significazione così come concepito da Greimas. E
dunque, stante per assodato ciò che sostiene Wackenroder nei riguardi della
musica strumentale in contrapposizione alla musica vocale, sembra opportuno
affermare che, dal punto di vista semiotico, esistono differenti densità
semantiche anche all'interno di composizioni dove non è previsto l'uso della
parola.
La domanda che ci si può porre in questo contesto è la seguente: che
relazione intercorre fra differenti modalità d'ascolto e livelli di densità
semantica? Si è veramente sicuri, tanto per fare un esempio, che una Sinfonia
di Beethoven richieda le stesse modalità percettive di Music for 18 musicians di
Steve Reich? Un saggio di estremo interesse è l'opera di Heinrich Besseler
L'ascolto musicale nell'età moderna.8 In questo testo si mette ragionevolmente
in discussione un diffuso pregiudizio che tende ad uniformare tra loro le diverse
modalità di ascolto. L'autore non è mosso da fredde argomentazioni filologiche,
piuttosto da un'analisi induttiva che si basa su un attento esame delle partiture e
dei sistemi di notazione, per giungere a conclusioni estremamente interessanti.
Tornando al minimalismo, vi è una ricca letteratura che indaga proprio le
reazioni del pubblico presente ai concerti. Tanto per fare un esempio lo stesso
Steve Reich ama ricordare un suo concerto del 1973 alla Carnegie Hall di New
York, durante il quale gli esecutori con difficoltà riuscivano a percepire il
suono degli strumenti, a causa del rumore prodotto dalle grida di
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disapprovazione e dagli schiamazzi in sala9.10 Tali reazioni scomposte del
pubblico ai primi concerti di minimal music testimoniano i segnali evidenti di
un mutamento di paradigma nell'ascolto musicale: non ci si dimentichi che con
Arnold Schoenberg era accaduto qualcosa di simile nel 31 Marzo 1913, al
Musikverein di Vienna, con un concerto che prevedeva brani, oltre che dello
stesso Schoenberg, di Anton Webern, Alexander von Zemlinsky, Alban Berg,
Gustav Mahler.
A parte questi turbolenti inizi, generalmente a partire dagli anni '80, il
minimalismo è stato gradualmente assorbito all'interno di una cultura popular,
come si è già detto, grazie all'opera di Michael Nyman e Philip Glass, entrambi
compositori di colonne sonore cinematografiche. Oggi, una reazione di stupore
e di contestazione simile a quella del 1973 di fronte a una composizione
minimalista è semplicemente impensabile. Il pubblico sembra gradire ormai in
modo incondizionato le esibizioni dei maestri del minimalismo, che,
solitamente, sono anche esecutori delle proprie composizioni. Tali concerti, che
in molti casi prevedono l'esecuzione di brani non composti appositamente per
la sala da concerto (rifunzionalizzazione), hanno spesso una risonanza
mediatica del tutto sconosciuta ad altre rassegne di musica colta
contemporanea. Le critiche e le recensioni giornalistiche presentano, in questo
senso, una documentazione quantitativamente rilevante e preziosissima per
tentare di conoscere le reazioni del pubblico del concerto.
Ecco un esempio:
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è riempito di un pubblico che non conosceva. Moltissimi giovani hanno
assediato un ambiente a loro estraneo: il teatro. La serata costituiva un
evento, non solo per il famosissimo compositore Philip Glass […] I pezzi
in programma per la serata, eseguiti splendidamente al pianoforte, erano
quattro: Mad Rush (composta nel 1980), Four Metamorphosis (composta
nel 1989), Six Etudes (composti tra il 1994 e il 1999) ed Excerpts from a
Musical Journey (composto nel 1988). L’entusiasmo del pubblico ha però
costretto Philip Glass a proporre due pezzi non inseriti in programma. Il
compositore statunitense a fine serata si è inchinato più volte
all’entusiasmo del pubblico che lo acclamava con cori da stadio.11
Cronache simili a questa sono presenti in gran numero nel web, non
necessariamente nella forma di articoli giornalistici, ma anche di commenti in
forum e riviste-online. È d'immediata evidenza che lo sforzo del recensore
consiste in primo luogo nel delineare i caratteri sociologici del pubblico: in
questo caso la discriminante è l'età anagrafica («Moltissimi giovani hanno
assediato [...]).
Il musicologo e giornalista Michele Coralli, in occasione del concerto di
Philip Glass al Teatro Lirico di Milano del 26 novembre 1997, così scrive:
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mito.12
26
27
fig 3, Lorenzo Bernini, Estasi di Santa Teresa
(particolare)
Del resto basta richiamare alla memoria l'etimo della parola estasi
(ek-stasis=lo star fuori di sé) per comprendere quanto la fisicità della postura
sia assolutamente un elemento di centrale importanza e di straordinaria forza
comunicativa in tutto il repertorio iconografico che si riferisce al misticismo. Il
particolare della testa della statua di Santa Marta sembra più eloquente di mille
resoconti, tanto più che si è già sottolineata l'estrema difficoltà del linguaggio
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nel descrivere e nel definire in che cosa consista effettivamente il misticismo.
Ritornando ad un ambito semiotico si possono circostanziare in modo
ancor più approfondito talune peculiarità dell'ascolto minimalista. In particolare
si vogliono prevenire alcune legittime obiezioni. Qualcuno potrebbe infatti
negare che tale modalità di ascolto, che si potrebbe denominare “ascolto
mistico”, sia una prerogativa della sola minimal music.
Effettivamente si tratta di ragionare secondo un criterio quantitativo e non
meramente qualitativo. A questo riguardo, allo scopo di rendere d'immediata
comprensione quanto detto si ricorre all'utilizzo di una tabella in grado di
schematizzare i vari livelli di densità semantica per tre brani di musica
strumentale estremamente noti:
14 È ormai universalmente noto il ruolo della filosofia hegeliana nella maturazione dello stile compositivo di
Beethoven. cfr. Paola Giacomoni, Tosca Lynch, Beethoven e Hegel, il tormento della modernità, in
<<unitn>> A. IX, Giugno 2006, p. 1.
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loro interno una struttura minimale, si pensa a generi ibridi quali la minimal
techno e la trance che hanno mutuato dal minimalismo la struttura ripetitiva e
l'assenza di melodia. Effettivamente per quel che riguarda la minimal techno, i
debiti dei dj nei confronti dell'avanguardia minimalista sono conosciuti e
documentati, si pensi solamente all'esistenza di un gran numero di
techno-remix delle composizioni più note del minimalismo storico. 15
Esiste dunque un vasto territorio di influenze reciproche fra l'ambito
minimalista e alcuni generi della EDM (electronic dance music). Motivo per
cui lo “sconfinamento” della minimal music nel contesto della cultura popular
non è da attribuirsi solamente alla capillare diffusione della musica per film
minimalista ma si configura come un processo complesso e articolato, e, finora,
poco indagato dalla musicologia.
A partire dalla constatazione di questi dati di fatto si apre lo spazio per
una riflessione aggiuntiva sulle modalità di ascolto in rapporto ai contesti della
fruizione musicale. Tanto per fare un esempio si è così sicuri che le modalità di
ascolto di un brano di techno minimale siano così differenti da quelle di un
brano del minimalismo storico? Eppure i contesti di fruizione musicale non
potrebbero essere i più diversi, se non altro perché i generi della EDM non
concepiscono la musica come esperienza estetica assoluta, ma applicata alla
danza. 16
È dunque estremamente importante evitare di confondere modalità di
ascolto musicale e contesto di fruizione .17
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MINIMALISMO E IL TEMA DELLA METAMORFOSI
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Quanto si è detto nel capitolo precedente risulta frutto di una
semplificazione: innanzitutto, per chiarezza espositiva, non si è determinato il
valore di densità semantica in rapporto a specifiche partiture musicali. Bisogna
anche tenere presente che il minimalismo è un movimento musicale che non ha
esaurito i suoi frutti in breve tempo 1, ma, come già si diceva, è stato terreno
fertile per contaminazioni e influenze reciproche con altri ambiti musicali. Il
repertorio minimalista, se per minimalismo si intende non solo la corrente di
avanguardia definita “minimalismo storico”, è sterminatamente vasto. È
dunque di banale evidenza che non è possibile affermare che la densità
semantica dei brani minimalisti assuma un valore sempre uguale a se stesso. È
necessario sempre calarsi nella realtà concreta della concezione compositiva e
formale del brano analizzato.
Molti compositori di provenienza minimalista amano concepire le proprie
creazioni musicali giocando su differenti livelli di densità semantica all'interno
dello stesso brano. Si crea così una dialettica formale e compositiva molto
interessante che rompe la potenziale monotonia insita nel criterio ripetitivo.
In genere si può affermare che i brani composti appositamente per essere
eseguiti nella sala da concerto assumano livelli di densità semantica più alti
rispetto a composizioni nate per entrare in comunione con altri ambiti
1 Stilare una storia del minimalismo è probabilmente un'impresa impossibile proprio perché tale storia è
ancora in atto.
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espressivi (audiovisivo, teatro, danza ecc.).
Il caso del ciclo delle Metamorphosis (1988) per pianoforte solista di
Philip Glass è emblematico della continua sovrapponibilità, nel contesto
minimalista, dei differenti ambiti della musica assoluta e di quella applicata,
fatto quest'ultimo che ben mette in luce l'estrema versatilità del repertorio
minimale. Il lavoro nasce come musica di scena per uno spettacolo teatrale
basato sul racconto kafkiano de La Metamorfosi (Metamorphosis III, IV). In
un secondo momento Glass compone due brani (Metamorphosis I e II)
appositamente per l'acclamato film The thin Blue line di Errol Morris. In una
fase ancora successiva il compositore decide di raccogliere l'intera serie
(componendo ex novo anche Metamorphosis V, a partire dal tema della
Metamorphosis I) dando una veste unitaria all'intera raccolta.
Se si esamina la partitura si nota che le differenze tematiche e formali tra i
vari brani non sono drammaticamente evidenti, piuttosto domina una certa
omogeneità espressiva. Taluni incisi tematici sono ricorrenti, inoltre il dato più
appariscente consiste nel fatto che la Metamorphosis V risulta esattamente
ricalcata sulla Metamorphosis I, in modo da creare una completa circolarità che
connette inizio e fine della composizione. Altro aspetto evidente:
l'accompagnamento della mano sinistra risulta costruito con gli stessi criteri
compositivi per tutti i cinque brani.
Ogni brano, pur essendo in sé una creazione autonoma, è connesso dunque
agli altri da indubbie similarità, e sembra un modo estremamente appropriato di
riflettere musicalmente sul tema della metamorfosi, cioè di quella
trasformazione che non cancella l'identità pur manifestando la diversità.
Non si tratta certamente di una ri-lettura in chiave contemporanea della
forma musicale del tema con variazioni.
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35
fig. 5 Incipit delle cinque Metamorphosis di
Philip Glass
36
fig. 6 frammento di partitura di Metamorphosis IV
Al contrario
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i temi musicali si estendono e vengono sviluppati con formule musicali sempre
inedite. Certamente le assonanze sono ben in evidenza, tuttavia, pur
mantenendo la continuità delle strutture compositive, si sperimentano nuove
soluzioni armoniche e tematiche. È evidente che questa tipologia di repertorio
minimalista composto appositamente per pianoforte non può essere confuso
con gli esperimenti di un minimalismo più ortodosso e rigoroso, quali ad
esempio il già citato Piano Phase. È altresì di piena evidenza che, per le
Metamorphosis, non si avranno livelli di densità semantica così bassi come nel
caso del repertorio del minimalismo storico. Sebbene il discorso musicale
proceda con omogeneità, è indubbiamente riscontrabile una certa varietà
armonica, tematica e dinamica. La strutturazione di un micro-universo di
significazione tramite il quadrato semiotico non è perciò, in questo caso,
inapplicabile come nel caso di Piano Phase, dal momento che sono presenti
evidenti opposizioni dinamiche, e tematiche come nel caso di fig.6.
Da quanto detto si può tentare di trarre le debite conclusioni riguardo le
modalità di ascolto caratterizzanti il minimalismo pianistico di Philip Glass.
Indubbiamente ci si trova di fronte ad una tipologia di ascolto “mistico”.
Tuttavia ancora una volta si tratta di riflettere su aspetti quantitativi piuttosto
che qualitativi. Come si è già visto nel capitolo precedente i livelli di densità
semantica di una composizione possono essere specularmente associati a varie
tipologie di ascolto. Al compositore minimalista si presenta una esigenza molto
pressante: differenziare lo stile compositivo della propria produzione a seconda
che si tratti di musica assoluta o di musica applicata. Nella musica applicata il
criterio ripetitivo e minimale può essere applicato con più rigore: non vi è il
rischio di cadere nella monotonia dal momento che sono diversi i linguaggi
espressivi coinvolti.
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Il minimalismo si è evoluto, a partire dagli anni '80, verso altri sentieri
compositivi, che non riguardano solamente una scrittura di tipo minimale.
Philip Glass stesso, in una bellissima intervista curata da Antonio Della Marina,
sottolinea la differenza che intercorre tra una musica rigorosamente
minimalista, e una musica che deve interagire con i più diversi contesti
espressivi:
[...]
Antonio Della Marina: Eppure a me sembra che in Koyaanisqatsi ci
siano molti elementi dal sapore minimalista, quasi dei monumenti,
degli omaggi a quella cultura
39
Nel caso delle Metamorphosis, è evidente come si avverta l'esigenza di
differenziare il tessuto musicale, pur mantenendo un contesto di omogeneità
espressiva. Queste affermazioni appaiono indubitabili a partire da una breve
analisi musicale condotta sul frammento di partitura riportato a fig.6, di cui si è
già brevemente parlato. Il tratto più appariscente è senza dubbio l'opposizione
tra due diverse densità di scrittura musicale: nel primo segmento musicale
predomina l'accompagnamento della mano sinistra, intervallato periodicamente
dall'esecuzione (ad opera della mano destra) di poderose ottave al basso, che
risuonano lungamente. Il secondo segmento presenta al contrario l'iterazione di
un disegno di quartine eseguito dalla mano destra, che dona alla frase musicale
una sensazione di maggior dinamismo. Si manifesta inoltre con chiarezza un
evidente contrasto dinamico, infatti nella prima frase musicale è annotato un p,
nella seconda un f.
Purtuttavia sono presenti anche numerosi elementi di continuità che
conferiscono omogeneità al frammento di partitura. Innanzitutto va sottolineata
la completa staticità armonica: nell'un caso come nell'altro ci troviamo di fronte
ad un unico accordo di tonica di do minore. Inoltre è di immediata evidenza che
la mano sinistra continua ad eseguire lo stesso disegno di accompagnamento in
tutti e due i momenti.
Ecco dunque che il tema della lenta e continua metamorfosi può essere un
elemento chiarificatore di notevole utilità per la comprensione dei processi
compositivi minimalisti. La metamorfosi si manifesta quindi nella percezione
simultanea dei tratti di diversità e di identità, i quali, allo stesso tempo,
dividono e unificano la struttura della forma musicale.
Ma quali sono le conseguenze di questi dati di fatto nella descrizione delle
modalità di ascolto minimalista?
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Se nel capitolo precedente per amore di sintesi si era semplificato il
variegato quadro dei meccanismi percettivi che regolano l'ascolto di una
musica minimale, ora è possibile ragionare sulle sfumature. Infatti attraverso il
concetto di metamorfosi si può rendere conto non solo dell'omogeneità formale
e della bassa densità semantica che sembra contraddistinguere i brani
minimalisti, ma anche della varietà espressiva e della dialettica musicale che
viene tradizionalmente associata ai brani minimali post-1980.
Chiaramente un approccio eclettico che tenga conto di entrambe le realtà
tenderà inevitabilmente a complicare il quadro della descrizione dei processi di
fruizione musicale. Infatti, nel caso che nel brano musicale sia presente una
concezione della struttura musicale più simile alle forme della tradizione
occidentale (forme bipartite, tripartite ecc.) sarà possibile, seguendo il metodo
semiotico di Algirdas Greimas, descrivere, pur con molta difficoltà, l'universo
semantico di riferimento per quel brano. Insomma, per essere più chiari, sarà
possibile costruire un quadrato semiotico che descriva le opposizioni principali
della struttura del testo musicale minimalista.
In questo caso si ritiene si possa parlare di una modalità di ascolto
“ibrida”, e cioè una modalità di ascolto che presenti tratti di ascolto mistico e
tratti di ascolto analitico. Il tutto può essere dimostrato anche a partire da
un'indagine sulla densità semantica propria del repertorio minimalista più tardo,
che presenta in genere, come già evidenziato, livelli di densità nettamente
superiori a quelli delle prime composizioni d'avanguardia.
A questo punto può essere utile riepilogare concettualmente la relazione
tra livelli di significazione musicale e modalità di ascolto, in modo da rendere
più chiaro il tutto.
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Fig. 3, Tre tipologie di ascolto
43
COME OUT, IT'S GONNA RAIN, DIFFERENT TRAINS: L'UTILIZZO DI
ESPRESSIONI VERBALI NELLE COMPOSIZIONI DI STEVE REICH.
44
loop con la sua voce, che ne misero ancora più in risalto le qualità
melodiche. Il significato delle parole sul loop: «It's gonna rain
[verrà a piovere]», non aveva perso d'importanza, né era stato
trascurato; al contrario, l'incessante ripetizione delle parole rendeva
più intensi sia il loro significato sia la loro melodia.1
45
presupposto ideale perché possa essere messo in rilievo il significato delle
espressioni linguistiche. Il pericolo consiste infatti nella possibile percezione di
una eccessiva saturazione espressiva, dovuta ad una sovrabbondanza
semantica. In questo contesto, dunque, la ripetitività del minimalismo permette
alla voce del predicatore nero di emergere in tutta la sua naturalità, senza essere
sottoposta ad eccessive forzature.
È inoltre da mettere in evidenza che la frase «it's gonna rain» non è
sottoposta ad una ripetizione sempre uguale a se stessa. La lunghezza del
frammento sonoro che viene di volta in volta iterato è variabile. Le consonanti,
com'è facilmente intuibile, donano alla composizione una forte carica ritmica,
mentre le vocali creano un andamento melodico: dal mutevole accoppiamento
di questi due elementi si creano effetti sonori sempre diversi che evitano il
rischio di monotonia della composizione.
La parola «rain» non è sempre comprensibile all'interno dello sviluppo
musicale della composizione, e di conseguenza si creano momenti in cui il
significato dell'espressione verbale gioca un ruolo importante nella fruizione
musicale, e altri momenti in cui predomina l'enunciazione delle qualità musicali
del solo significante. Quest'ultimo dato è estremamente interessante da un
punto di vista di analisi semiotica.
La ricerca sperimentale di Steve Reich tocca indubbiamente con queste
composizioni il suo massimo grado di originalità, e ciò si manifesta con
evidenza a partire dalla constatazione dell'estrema novità di trattamento delle
qualità musicali della voce. L'espressione linguistica non assume più, in tal
caso, un ruolo ancillare nell'ambito della strutturazione della forma musicale,
ma diviene essa stessa un tutt'uno con la struttura del brano.
Discorso analogo può essere fatto per le composizione Come out del
46
1966. In questo caso Reich non utilizza solamente la ripetizione in loop del
frammento sonoro «come out to show them», ma si avvale della possibilità del
raddoppio stereofonico della traccia sonora: i canali diventano quattro, poi
ancora otto e così via. Inoltre le varie tracce progressivamente sfasano la loro
sincronia producendo dapprima un effetto simile ad un'eco, e successivamente
simile ad un canone. Man mano che i canali coinvolti nella ripetizione del
frammento sonoro aumentano, la comprensibilità del significato
dell'espressione linguistica viene a mancare, lasciando spazio ad un maggior
approfondimento degli aspetti contrappuntistici e timbrici del materiale di
partenza.
Anche in questo caso, tuttavia, pur utilizzando altri criteri compositivi
rispetto a It's gonna rain, l'effetto per quel che concerne l'ambito di analisi
semiotica è analogo. Infatti si produce una continua oscillazione tra la
prevalenza di aspetti più strettamente musicali e aspetti più strettamente legati
al significato dell'espressione verbale.
La terza composizione che verrà esaminata è Different trains, un brano del
1988. L'impulso creativo che ha dato il via alla nascita di questo capolavoro
trova origine nei ricordi infantili del compositore, in particolare dei suoi lunghi
viaggi in treno da Newyork a Los Angeles, durante l'epoca della seconda guerra
mondiale. Al puro elemento mnenomico, e in questo dato sta tutta la grandezza
dell'esperimento di Steve Reich, subentra però la riflessione. Infatti nel secondo
dei tre movimenti in cui è strutturata la composizione si parla di altri treni (di
qui il nome Different trains): quelli che deportano i bambini ebrei europei,
coetanei del futuro compositore, nei campi di concentramento nazisti. Il
viaggio non è inteso dunque solamente come un tragitto spaziale ma diventa un
itinerario della memoria, un viaggio attraverso le brutture dell'Olocausto e della
47
guerra.
La dialettica tra memoria individuale e memoria storica diventa quindi il
fulcro ideologico del lavoro di Reich, ed entrambi tali elementi concorrono
48
fig. 5, Incipit del secondo movimento di Different
trains (Europe during war)
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ad arricchire notevolmente di molteplici significati l'esperienza estetica.
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testimonianze che senz'altro renderebbero il quadro storico dell'Olocausto più
chiaro e documentato (memoria non-individuale).
Nel secondo movimento (Europe-During war), probabilmente il più
suggestivo dei tre, il compositore alterna le voci di tre sopravvissuti
all'Olocausto a suoni che rivestono un notevole rilievo diegetico. I fischi dei
treni e le sirene di allarme sono facilmente associabili al contesto bellico. Tutto
ciò contribuisce a creare un'atmosfera sospesa che contrasta singolarmente con
quella dei due movimenti esterni (America-Before the war, After the war), i
quali conservano una struttura più marcatamente ripetitiva. 7
Dall'applicazione del metodo semiotico generativo di Greimas emerge
con chiarezza, dunque, quanto siano profondi e stratificati i livelli di senso per
Different trains. In questo caso le espressioni verbali contribuiscono realmente
a creare un universo semantico ampio, coerente ed esprimibile
linguisticamente. Anche per Different trains vale naturalmente quanto detto in
precedenza per It's gonna rain e Come out: l'emergere prepotente di significati
allegorici e ideologici è consentita in primo luogo dal carattere minimale della
partitura. Se così non fosse la sovrapposizione di più codici espressivi
creerebbe, come già sottolineato, una percezione di saturazione sicuramente
fastidiosa.
Da ultimo si vuole mettere in parallelo questo esperimento musicale con
una celebre composizione di Luciano Berio: Omaggio a Joyce (1958). In
questo caso, come per It's gonna rain e Come out, la musica si basa
completamente su una registrazione della voce di Cathy Berberian. Tuttavia, a
7 Sarebbe inoltre possibile costruire un quadrato semantico anche a partire dalla fondamentale opposizione
America/Europa. Tale opposizione è probabilmente “caricata” di tutto un corredo di significati ideologici e
politici, ma è originata dalla ovvia constatazione della enorme differenza che intercorre tra i treni della
morte della Germania nazista e i treni statunitensi che, nello stesso periodo, “si limitavano” a trasportare i
passeggeri che avevano pagato il biglietto.
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differenza che in Different trains, la voce della celebre mezzo-soprano è
sottoposta a tutta una serie di modificazioni acustiche che rendono di estrema
difficoltà la comprensione linguistica. Berio utilizza varie possibilità offerte dal
le possibili manipolazioni del nastro registrato (andamento velocizzato,
rallentato, duplicazione del nastro ecc.). La varietà dei mezzi impiegati nel
trattamento della voce registrata conduce ad esiti espressivi di grande valore. In
questa composizione dunque si instaura una dialettica estremamente rilevante
tra linguaggio e semantica musicale, ma a differenza che in It's gonna rain, è
sempre e in ogni caso la concezione musicale a prevalere sul significato
linguistico.
Come si è ricordato anche in precedenza Luciano Berio ha dimostrato il
più completo disinteresse per la tecnica compositiva minimalista, criticandola
apertamente e in più occasioni.8 Indubbiamente tali manifestazioni di
insofferenza nei confronti del minimalismo sono la spia di concezioni estetiche
e compositive del tutto estranee a quelle dei protagonisti dell'avanguardia
statunitense. Ma tali differenze diventano evidentissime a partire da un'analisi
comparata tra composizioni (Omaggio a Joyce, It's gonna rain, Come out) che
utilizzano i medesimi mezzi espressivi.
In Omaggio a Joyce la netta prevalenza della musica sulla parola finisce
in qualche modo per sacrificare la comprensibilità delle espressioni
linguistiche. Tuttavia il legame tra linguaggio e musica è saldissimo proprio in
quanto la forma musicale è strutturata similmente ad un testo linguistico: in tale
brano infatti non è riscontrabile una forma musicale classica (tema, sviluppo,
ecc.) ma il discorso musicale procede tramite rinvii, attese e silenzi. Più
8 È quantomeno curioso che Luciano Berio sia ricordato come didatta soprattutto per essere stato il “maestro
dei minimalisti” Steve Reich e Louis Andriessen,
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precisamente si crea una dialettica molto rilevante tra “pieni” e “vuoti”, tra
silenzi e poderosi contrafforti vocali, la cui intensità dinamica si sviluppa per
mezzo di una sovrapposizione di più tracce sonore.
Per riassumere, si può dunque concludere affermando che la differenza
principale tra minimalismo e altre avanguardie musicali, per quel che attiene il
trattamento della voce preregistrata, risiede in questo: nel minimalismo le
espressioni linguistiche solitamente non vengono modificate al punto da
rendere completamente incomprensibile il significato delle medesime. E tutto
ciò diventa ancora una volta dimostrabile a partire da una approfondita
riflessione sulle specificità espressive che caratterizzano la bassa densità
semantica di una musica minimale. Al contrario, per quel che concerne il brano
di Luciano Berio Omaggio a Joyce le costruzioni linguistiche si muovono come
elementi strutturanti della forma musicale, mentre la parola stessa diventa puro
suono, puro timbro, essendo privata del suo originario significato. Il tutto può
essere reso più chiaro tramite il seguente modello
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fig. 7 livelli di densità semantica per Omaggio a Joyce e It's gonna rain
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CONCLUSIONI
1 Per essere ancora più chiari si ritiene che la predisposizione ad un “ascolto mistico” non sia frutto di una
certa sensibilità musicale, o di un certo grado di istruzione o cultura musicale. Anzi, personalissima
opinione di chi scrive è che tale predisposizione di ascolto sia più diffusa laddove non sia presente una
consuetudine all'ascolto delle forme musicali del passato, che come si è detto si distinguono nettamente
dalle forme minimaliste.
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Si è tentato pure di combinare queste evidenze con alcune ipotesi
assolutamente da dimostrare: per esempio l'accostamento del minimalismo con
alcuni generi della EDM. Anche in questo caso però il rischio di errore è
calcolato, essendo infatti provate le evidenti influenze tra mondo della techno e
della trance e minimalismo storico.
Da tutti questi dati si evince facilmente quanto il minimalismo sia in tutto
e per tutto un unicum rispetto ad altre correnti d'avanguardia, la sua stessa
storia e il suo stesso successo sembra dimostrarlo nel modo più immediato.
Si ringrazia il preziosissimo contributo del relatore, chiarissimo prof.
Stefano Lorenzetti, che ha indirizzato il mio lavoro su tematiche concernenti la
sociologia e l'ascolto musicale che mi hanno permesso di fare ipotesi di più
largo respiro su un territorio di ricerca che altrimenti sarebbe stato troppo
vincolato ad un approccio unicamente improntato all'analisi musicale.
Ci si riserva in futuro di tornare a scrivere e a riflettere, con maggiori
ambizioni di completezza, sugli argomenti qui trattati, e su altre tematiche solo
timidamente abbozzate in questa sede.
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