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La popolazione è un termine indica uno stato di cose.

POPOLAZIONE POPOLAMENTO POPOLO

E’ necessario guardare all’evoluzione di alcuni fenomeni sociali in determinati modi che hanno
portato al POPOLAMENTO nel mondo (ogni parola in -ento fa riferimento ad un’evoluzione.
Distinguiamo allora:

Popolazione =insieme delle persone che vivono in uno stessoterritorio.

Popolo= comunità con lingua, tradizioni e cultura in comune.


La geografia studia allora LA VARIAZIONE SPAZIALE delle varie popolazioni. Una popolazione può
essere infatti formata da più popoli diversi che condividono lo stesso territorio:

Nel caso dell’Italia, abbiamo una popolazione molto variegata.

Studiando un vero e proprio percorso evolutivo che riguarda la popolazione è necessario ricostruire
lo STUDIO dell’INSEDIAMENTO attraverso un periodo prolungato. L’effetto dell'insediamento di
popolazione in un dato spazio e in un periodo prolungato geografico costituisce il fenomeno
evolutivo -in progress- del popolamento.

INDICE DI POPOLAMENTO: >100 : sovrappopolamento; <100 : sottopopolamento.


Da un lato, mancheranno le risorse; dall’altro, ci sarà la possibilità di cederle.

200.000 anni fa, da una piccola valle dell’odierna Etiopia, l'Homo sapiens ha iniziato il suo primo
viaggio di popolamento della Terra, spostandosi in varie direzioni del mondo verso Nord. Attraverso
lo Stretto di Bering, allora una terra emersa dal mare a seguito delle glaciazioni, permise ad alcuni di
questi gruppi di oltrepassare l’Asia e dirigersi nelle attuali Americhe.

Densità aritmetica: il rapporto tra il n di abitanti per regione e i km2 della regione in cui si trovano.
La densità aritmetica di popolazione è un indice demografico generico, in quanto non rispecchia gli
addensamenti di popolazione all'interno dei Paesi meglio è considerare la densità fisiologica di
ciascuna area

Densità fisiologica: rapporto tra abitanti e risorse; in questo caso, non guardo alla superficie, bensì a

ciò che si produce in quella determinata superficie.

Carrying capacity (capacità di carico): la capacità di un ambiente di sostenere con le sue risorse un
certo numero di individui.

Nel tempo, noi manteniamo lo stesso CARICO delle risorse della regione in esame. Ma con
l’aumentare della popolazione, esso diviene SOVRACCARICO, consumandosi di più e producendo di
meno. A seguito di questo sovraccarico osserveremo un improvviso declino. Abbiamo un campanello
d’allarmae con il prolungamento del sovraccarico rispetto alle risorse terrestri consumate.
Con il superamento della capacità di sostentamento, abbiamo le condizioni di sovraccarico. Tale
squilibrio, compreso quello nel caso del sottopoplamento, è negativo, in quanto per avere un
rapporto equilibrato tra aumento di popolazione e risorse è necessario ottenere una linea costante.
Sarebbe necessario dunque cercare le risorse altrove, mentre nel caso del decremento la produzione
diminuirà, soprattutto in mancanza di una ripopolazione generazionale.

L’equilibrio costante della popolazione è sempre soppressso da problemi relativi a guerre, epidemie
carestie…

Impronta ecologica: l'area produttiva di mare e di terra necessaria a rigenerare le risorse consumate
e assorbirne i rifiuti prodotti (stima quanti "pianeta Terra" servirebbero per sostenere l'umanità,
qualora tutti vivessero secondo un determinato stile di vita). Essa costituisce l’idea di mantenere un
rapporto tra le risorse e il territorio.

Abbiamo territori non sfruttrati, altri esageramente sfruttati e sovrappopolati.

Nel Settecento Thomas Malthus attribuì principalmente la diffusione della povertà e della fame alla
pressione demografica, in virtù dello stretto rapporto tra popolazione e risorse disponibili. Il modello
fu criticato dai mercantilisti, che vedevano nella crescita demografica una delle cause della ricchezza
dello Stato e dai marxisti, che gli imputavano di attribuire a cause naturali ciò che dipendeva in realtà
dall’assetto economico- sociale del capitalismo.

Teoria di Malthus: abbiamo una linea rossa, che è la crescita della popolazione. Man mano che essa
cresce, si porta dietro la fascia viola, che indica l’aumento di fame, crisi sociali, malattie, guerre. La
striscia blu indica la produzione di alimenti, molto bassa, che conduce alla crisi di
sovrappopolazione. la possibilità di aumentare le risorse è indicata dalla fascia verde e NON è
direttamente proporzionale all’aumento di popolazione.
La popolazione mondiale è in rapido aumento, e di conseguenza molte persone siano spaventate.
Nei paesi capitalisti ci sono ragioni sufficienti per tale timore. In questi paesi l’aumento della
popolazione significa un corrispondente aumento della povertà della gente. L’andamento
demografico mondiale viene monitorato dalla Population Division, un organismo del Dipartimento
per gli Affari economici e sociali delle Nazioni Unite.

Il saldo tra nascite e morti costituisce le variazioni demografiche, che sono causate da: fattori
naturali, culturali, socio-economici, politici e misurate in:

• tasso di natalità (n° nascite / media demografica)

• tasso di mortalità (n° morti/ media demografica)

• tasso di fecondità (numero medio di figli per

donna in età feconda)

• tasso di incremento/decremento (percentuale di

accrescimento/diminuzione in un anno).

Abbiamo bisogno di combinare altre specifiche discipline con la geografia, tra cui la STATISTICA, che
confronta i dati per dare più informazioni ricavati dagli studi geografici mediante gli iindici
matematici. Da questi dati ricaviamo indicatori utili alla scienza sociale per poter mettere in
relazione demografia, società ed economia.
Gli indicatori si combinano perché insieme determinano il Grado di Benessere della popolazione a
seconda degli sviluppi che avvengono all’interno della società.

Per poter indagare e studiare i movimenti e la distribuzione della popolazione, la Geografia utilizza i
dati statistici di misurazione elaborati attraverso aerogrammi, diagrammi, istogrammi, cartogrammi,
carte. Si può così pervenire all’esame completo della composizione della popolazione in tutta la sua
svariata gamma di aspetti.

Come raccogliamo i dati? I dati europei sono forniti dall’Eurostat, quelli italiani dal 1861 dai
censimenti ISTAT, che raccolgono i dati riguardanti la popolazione, la composizione delle famiglie, il
tipo di abitazione in cui abitano, le occupazioni svolte dagli abitanti, le caratteristiche delle imprese
ecc. Fino al 2011 la cadenza dei censimenti era decennale, dal 2016. A partire dal 2016 l’ISTAT ha
avviato il «censimento permanente», facendo riferimento a tecnologie sviluppate, della popolazione
e delle abitazioni. Nei paesi sottosviluppati le statistiche sono carenti e costituiscono un ulteriore
elemento di distanza con il Nord del mondo.

Le piramidi delle età sono forme grafiche rappresentanti la popolazione divisa per età e genere;
mostrano la composizione di una popolazione in base all’età e al genere. Furono così chiamate
perché, quando ideate, la popolazione aveva ancora un forte numero di crescita bassa fino a
diminuire con il crescere dell’età, creando una figura piramidale.

Tre solo le tipologie:

1.a forte crescita;

2. a crescita lenta:

3. in declino

Il tasso di crescita naturale è l’indice del ritmo annuo di crescita o di diminuzione della popolazione
In base al ritmo di crescita si può calcolare in quanto tempo la popolazione si raddoppierà. I paesi
con meno risorse hanno tasso di crescita maggiore, facendo aumentare i problemi di tipo
economico. Le nascite frequenti sono causate da fattori economici, culturali. Esempio dell’agricoltura
e dei contadini che fanno molti figli, necessitando di molte più braccia da lavoro; la povertà, inoltre,
determina mancanza di metodi contraccettivi.

Lo studio dei tassi di natalità, mortalità e crescita naturale è indispensabile per l’elaborazione dei
modelli di transizione demografica e, successivamente, di quelli della transizione epidemiologica,
importanti per valutare l’incidenza delle malattie infettive e croniche sulla durata e la qualità della
vita.

Altrettanto importante -e troppo spesso sottovalutata- è l’analisi delle differenze di sesso e genere. I
ruoli di genere variano da luogo a luogo, creano disparità e condizionano l’uso del territorio, tanto
da aver dato vita giù nelle epoche passate e con forza crescente ora, a movimenti e associazioni in
difesa del “sesso debole”. 1791: Olympe de Gauges diffonde la “dichiarazione dei diritti delle donne
e delle cittadine”. Dichiarò: “Se la donna può essere può salire al patibolo come un uomo, deve poter
salire anche sulle tribune”.

Fenomeni dell’evoluzione demografica sonole due forme di mobilità spaziale, lacircolazione e


l’emigrazione. La libera circolazione avviene grazie ad un accordo di scambi tra Stati. In Europa ad
esempio, è favorita la libera circolazione dei cittadini all'interno del cosiddetto Spazio Schengen, che
regola i rapporti tra gli Stati che hanno siglato l’apposita Convenzione.
Alan Turing, matematico, affermò: lo spostamento di un singolo elettrone per un miliardesimo di
centimetro ad un momento dato potrebbe costituire la differenza tra due avvenimenti molto diversi,
come l’uccisione di un uomo un anno dopo, a causa di una valanga, o la sua salvezza. Da quando ciò
avvenne, Lorenz, che aveva studiato a fondo Turing, si chiede: può il batter d’ali di una farfalla in
Brasile provocare, anni dopo, un tornado in Texas?. Da questa domanda scaturirono una serie di studi
e di modelli matematici utilizzati per l’elaborazione della teoria del caos, applicata in moltissime
discipline.
Le soluzioni cui era giunto Lorenz, infatti, trasportate nel campo della demografia, servirono a
teorizzare modelli di crescita della popolazione umana che tenevano conto anche di fattori esterni, sia
incrementativi che limitanti.
Sicuramente l’accrescimento della popolazione terrestre è avvenuto in tempi lunghi e con un
andamento discontinuo; l’uomo ha più volte rischiato l’estinzione.
Superate le prime crisi, la popolazione mondiale cominciò a crescere.
La crescita riprese successivamente fino alla peste nera del XIV secolo, causa di un forte decremento
della popolazione.
Epidemie, guerre, terremoti, disastri ambientali hanno sempre alterato la crescita demografica.
Occorre inoltre considerare che la popolazione mondiale non è mai stata stanziale: lo spostamento di
masse ingenti di uomini durante il periodo della colonizzazione delle Americhe, ad esempio, ha
colmato vuoti insediativi nei continenti scoperti e ridotto nocive pressioni demografiche nei luoghi di
partenza. A questi spostamenti si deve inoltre la diffusione di specie alimentari nuove che hanno
svolto un ruolo importante nella crescita della popolazione del vecchio continente e nel miglioramento
delle condizioni di vita; sicuramente, infine, hanno avuto influenze positive le scoperte mediche, che
hanno il tasso di mortalità e innalzato quello di natalità.
Nel mondo oggi vivono più di 7 miliardi e mezzo di individui, che l’ONU prevede divengano 8,6
miliardi nel 2030. Sebbene dal XIV secolo la crescita sia stata relativamente continua, la distribuzione
della popolazione è altamente irregolare, con trend differenti da area ad area della Terra. L’Asia ospita
oltre il 60% della popolazione mondiale.
Da un punto di vista socioeconomico e ambientale, la popolazione non è mai stata stanziale.
emigrazione ed immigrazione, termini che indicano gli spostamenti di popolazione, sono la chiave di
volta di un problema complesso: ci si sposta dalla terra di appartenenza per motivi economici,
religiosi, bellici, sociali, ambientali, spesso intrecciati tra loro, in modo definitivo, duraturo,
temporaneo; si immigra in luoghi dove si cercano accoglienza e nuove soluzioni sociali ed
economiche.
Il sociologo antropologo Sayad ha posto la sua attenzione sullle condizioni di appartenenza, definendo
il fenomeno doppia assenza: da un lato, quella che gli attuali migranti lasciano nel luogo di partenza;
dall’altro, quella dell’esclusione, spesso verificatasi nei loro confronti anche nel paese in cui si
trovano a vivere. La realtà del migrare diviene esperienza di un’esistenza fuori luogo, in cui il
soggetto vive una vera e propria caduta sociale: ricominciare da zero per conquistare un suo spazio
sociale.
Oggi nella nostra nazione il problema degli immigrati è all’ordine del giorno, soprattutto in Italia data
la sua posizione proiettata nel cuore del Mediterranea, divenendo geograficamente predisposta
all’accoglimento dei flussi provenienti dal continente africano, non preordinati.
Questi immigrati, sfuggiti soprattutto a situazioni incresciose economico-bellico-sociali, vorrebbero
raggiungere i Paesi più ricchi dell’Europa, ma poi finiscono per rimanere apolidi, bloccati dalla nostra
cattiva gestione dei flussi migratori e dalla mancanza di accordi precisi tra i Paesi dell’Unione
Europea.
L’Europa non è un paese ospitale, produce ben pochi modelli di integrazione sociale, preoccupata del
problema solo per la sicurezza. Così l’immigrazione resta un’incognita aperta, con ripercussioni di
becera politica elettorale.
Si rinnova in questo modo l’attenzione sui confini immateriali disegnati a tavolino per controllare il
territorio di pertinenza di ciascuno stato: queste linee individuano i limiti non solo di ambiti fisici ma
anche di acque marine. Da un lato i confini sono la fonte primaria della coesione interna dei sistemi
politici; dall’altro lato, in nome di scelte politiche ostative nei confronti dell’immigrazione, possono
trasformarsi in barriere contro l’ingresso di flussi di svantaggiati e/o perseguitati, in nome del diritto
di possedere uno spazio e di difenderlo anche con la forza. Per chi vorrebbe accoglienza, invece, il
confine non è quello dello stato che non vuole accettarli, ma una forma di negazione del “diritto degli
ultimi”, effettuato attraverso l’emissione di un documento di cittadinanza per extracomunitari.
Un confine invisibile, ma assolutamente percepito da chi ne subisce le conseguenze comporta una
sanzione, ergo l’utilizzo della forza.
In una prima fase, circa la metà degli emigranti si diresse verso i paesi europei, soprattutto Francia e
Germania. I rimanenti invece presero destinazioni extraeuropee, massime Argentina e Brasile, minime
in Stati Uniti. Due su tre dei migranti provenienti dall’Italia settentrionale preferirono mete europee.
Gli emigrati provenienti dal meridione si diressro nelle Americhe. Questa fase fu priva di regole e di
restrizioni e comportava numerosi problemi burocratici. Dal 1900 al 1914 si aprì la seconda fase
determinata dalla crisi del lavoro agricolo e dalla mancanza di un lavoro sostitutivo a quello
contadino. Fu un’emigrazione prevalentmeente extraeuropea, maschile e meridionale al 70%.
La situazione precipitò immediatamente negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, a causa
delle distruzioni belliche. I danni di guerra assorbivano ingenti risorse nella ricostruzione, che da sola
non poteva risolvere la disoccupazione strutturale; l’elevata inflazione svalutò la lira ben cinque volte
e il crollo del regime nazifascista aveva lasciato l’Italia in preda al vandalismo. Tra il 1946 e il 1947
partirono circa 84 mila italiani diretto verso Argentina, Canada e Australia.
Nonostante la tragicità delle condizioni italiane, non fu solo il nostro paese protagonista di alte quote
di emigrazione; fu l’Irlanda il paese con la quota più alta, dove la carestia e il malgoverno britannico
furono le principali cause d’espatrio.
Il fenomeno migratorio, oltre a consentire un riequilibrio demografico in patria, può avere
ripercussioni positive anche per i paesi di destinazione. Il processo di invecchiamento della
popolazione è un fenomeno demografico che sta interessando l’intera Europa.
L’Italia rappresenta uno dei paesi più longevi al mondo e al contempo uno dei più colpiti dal calo
delle nascite. I dati ISTAT del 2015 stimano l’età media italiana in aumento, mentre le nascite sono in
progressiva diminuzione; di conseguenza, con la diminuzione della popolazione attiva, emergono
problematiche legate alla sostenibilità della apesa previdenziale.
Ma la fazione che si oppone all’accoglienza sostiene che essa sia una delle cause dell’alto tasso di
disoccupazione in Italia e in Europa, poiché gli immigrati troverebbero più facilmente lavoro a scapito
della popolazione locale. Prima della crisi, il lavoro degli immigrati poteva essere considerato
complementare a quello dei nativi e non sostitutivo.
Dal 2010 si è registrato un aumento dell’occupazione degli italiani anche nelle professioni a bassa
qualifica. Inoltre, nella percezione comune, gli immigrati sono quelli provenienti dall’Africa e dalla
porzione sud occidentale del continente asiatico: nessuno considera come imigrati quelli che arrivano
da paesi europei non appartenenti all’UE o valuta con la dovuta apprensione la crescente quota di
cinesi.
IL calo dell’occupazione italiana esige che venga accolta una quota di immigrati almeno
compensativa del decremento naturale della nostra popolazione. Infine, il fenomeno
dell’immigrazione nella discussione pubblica e nella cronaca giornalistica risulta sovente accostato
alla problematica dell’aumento della delinquenza. Tuttavia, ricerche econometriche hanno dimostrato
che non esiste alcun nesso tra i due fattori.
Per tutti questi motivi, il clima di opposizione all’accoglienza dei migranti è crescente. Ma non siamo
soli: l’opinione pubblica di molti cittadini UE e non debilitati dalla crisi economica si espreime contro
l’immigrazione di massa. Le legislazioni dei Paesi UE pongono l’autonomia economica
dell’immigrato come una condizione necessaria per avere un permesso di soggiorno. Ma una quota
non precisabile di immigrati resta in un limbo di semiclandestinità che è in netto contrasto con il
dettato delle leggi. Sopratuttto, il fenomeno non è governato: l’UE è rimasta un’unione a metà, una
finta unione politica molto più un insieme di dettati economici e monetari, costruita metà (Draghi).
Il popolamento antico della Campania, emblema delle mescolanze di popoli
Fu Polibio nel II secolo a.C. a descrivere la regione che già da più di cinque secoli si era sviluppata
intorno ai crateri del Roccamonfina, dei Campi Flegrei e del Vesuvio. Le coste basse e sabbiose da
Sinuessa fino ai Campi Flegrei costituivano un facile approdo e non spaventavano i rudi colonizzatori
arrivati da lontano.
Dal sud erano arrivate genti di origine greca che avevano creato colonie e fondato prima Parthenope e
poi Neapolis; l’insieme delle aree colonizzate dai greci costituiva la Magna Grecia. Sempre dal mare
erano arrivati gli Egizi, che si erano stabiliti nell’area detta ora “Corpo di Napoli”.
Tutti questi popoli furono poi unificati dai Romani e appresero arti e consuetudini dai nuovi arrivati,
rendendo fiorenti vivaci e attivi i suoi porti e le sue colonie. Le città della costa, soprattutto Napoli,
accogliendo tutti coloro che vi giungevano di qualsiasi etnia, divennero un amalgama stratificato di
cultura, arte, costumi ecc. non importava se fossero re o militari, liberi o schiavi: tutti diedero il
proprio contributo e furono ben accolti.
Tutti i riti furono introitati e trasformati in un patrimonio personalissimo, reso coerente da
un’assimilazione originale e autentica di tutte le forme di saperi e di arte.
Se è complesso tracciare linee direttrici del popolamento della Campania pre-greca, pre-etrusca e pre-
romana, è evidente la sua forgiatura etnico-religiosa, così come ampia e articolata la conoscenza di
tecniche agricole ed artigiane.
Ciascuno di coloro che sono arrivati a Napoli e in Campania, ben accolto, ha avuto la libertà di
praticare il proprio culto e di diffondere le proprie usanze, di fare interventi architettonici, di
immettere i propri modi di dire, i propri termini in quel prezioso contenitore che è anche la lingua
napoletana.
Esempio di arricchimento dei fenomeni migratori.

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