Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Indice
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
2 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
fondamentali del ragionamento antropologico”, pp. 41-56, del testo di Ugo Fabietti, Elementi di
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
3 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
La prospettiva olistica ha avuto importanti riflessi sugli stili di ricerca adottati dagli
antropologi, che per lungo tempo hanno preferito studiare piccole comunità, ritenute più semplici
Oggi essa resta comunque importante e centrale in quanto strettamente legata alla
provenienza.
che un dato può assumere se osservato da diversi punti di vista. La prospettiva contestuale permette
anche di collegarsi ad altri contesti e altri fenomeni in una catena pressoché infinita di
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
4 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
Fin dall’inizio gli antropologi adottarono il metodo di confrontare fenomeni diversi per
ricavare delle costanti. Essi ricercavano quegli elementi che sembravano corroborare le loro ipotesi
considerato inevitabilmente una deviazione e una minaccia per la moralità del gruppo e suscita una
reazione emotiva che può variare dal disgusto all’ostilità, all’invidia, all’ammirazione o alla
semplice curiosità. Fra le ragioni che hanno portato allo sviluppo di un metodo più o meno
delle-scienze-sociali)/):
variante positiva è rintracciabile in vari tipi di utopia, quali il quattrocentesco mito spagnolo
dell’isola di California, un’isola piena di ricchezze e di belle donne, dove la gente non deve lavorare
per vivere (Gudde, 1969), o il mito rousseauiano del ‘buon selvaggio’, o la stessa Utopia di
Tommaso Moro. Ciascuna di queste utopie comporta, almeno implicitamente, un confronto con la
società in cui vive il suo autore, da lui considerata soffocante, indesiderabile o malvagia. Un’eco
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
5 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
delle utopie positive si trova anche in alcune ricerche antropologiche empiriche, per esempio nella
(Hallowell, 1955). Anche la variante negativa è rinvenibile in opere di carattere utopico, come 1984
di Orwell (1949) o Il mondo nuovo di Huxley (1932), nonché nei primi foschi racconti sulle
pratiche cannibalistiche, sulla sfrenata lascivia e sul paganesimo nelle società primitive.
- Modello descrittivo-universale. Uno degli obiettivi del pensiero religioso e del pensiero
filosofico è sempre stato quello di individuare ciò che vi è di universale (invariante) nella specie
Alcuni antropologi moderni hanno seguito la medesima linea di indagine, cercando di individuare
dell’incesto (Kluckhohn, 1966). Questo tipo di ricerca non è sempre esclusivamente descrittivo,
perché molte teorie, dato un fattore supposto universale, per esempio il tabù dell’incesto, cercano di
spiegarne l’universalità postulandone una qualche ragione, come un’avversione istintiva (Lowie,
1913), o il bisogno di salvaguardare la coerenza della classificazione e delle regole adottate nei
sistemi di parentela (Davis, 1949). Queste spiegazioni sono spesso insoddisfacenti, dal momento
che, essendo le variazioni alquanto limitate o del tutto inesistenti, è difficile stabilire la validità
relativa delle diverse spiegazioni avanzate. Inoltre presupporre l’esistenza di universali porta spesso
a cercare eventuali ‘eccezioni’ a questi universali, senza però procedere oltre, fallendo in tal modo
(per esempio Benedict, 1934) hanno sostenuto che ogni società, o cultura, vive secondo uno
specifico sistema di opinioni, credenze e valori autonomi, che non può essere giudicato superiore o
inferiore ad altri. Leach (1958) definì i dati degli antropologi “sistemi di relazione”. Questa
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
6 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
sistematico tra culture e società differenti, a causa dell’insistenza sull’unicità e la peculiarità delle
singole culture.
degli odierni studi comparativi nel campo delle scienze sociali e comportamentali, dà per scontata
l’esistenza, per alcuni fenomeni (modi di pensare, sistemi elettorali, strutture di mercato), di diverse
varianti, tenta di formulare concetti e schemi che comprendano e descrivano questi fenomeni e
cerca di isolare e controllare le possibili variabili esplicative, onde stabilire la precisa rilevanza
causale di ciascuna.
istituzione sociale può essere analizzato tramite il metodo comparativo. Skocpol e Somers (1980)
hanno recentemente sostenuto che il metodo comparativo si presta particolarmente bene all’analisi
di fenomeni macroscopici come gli Stati, i sistemi economici e i sistemi di classi; viceversa chi
scrive ritiene sbagliato presupporre che esista un campo di ricerca preferenziale o imporre limiti di
indagine a questo metodo. Un esame della letteratura degli ultimi decenni sull’analisi comparativa
sistematica rivela l’estrema varietà dei fenomeni messi a confronto: l’immaginario individuale
(attraverso i test proiettivi), i sogni, le posizioni politiche, la partecipazione alla vita della comunità,
l’uso del metodo comparativo si estende a tutte le discipline comprese nell’ambito delle scienze
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
7 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
Per quel che riguarda strettamente la ricerca antropologica, nel corso del XX secolo sono
consente un controllo maggiore delle variabili avendo come vantaggio la precisione descrittiva e
pervenire a all’elaborazione di tipologie e conclusioni più ampie del primo metodo. I limiti sono la
mancanza di precisione analitica e il rischio di generalizzazione indebite. Il vantaggio sta nel fatto
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
8 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
3 L’ispirazione dialogica
La pratica etnografica prevede che, per poter raggiungere una conoscenza delle comunità
alle quali ci si accosta per lo studio, occorre prestare un’attenzione particolare al modo di
“sentire” la voce degli altri, con importanti risvolti sul piano epistemologico ed etico
In questo senso “l’altro” viene percepiti come un produttore di significati, di valori, di senso.
Questo carattere dialogico è rilevante perché permette a due universi culturali distanti tra loro di
La ricerca antropologica quindi ha anche fare con un processo di traduzione, non solo
comunicazione con il nativo, è anche un fatto di interesse antropologico non solo per quello che ci
dicono i nativi ma anche per quello che i nativi si dicono fra loro.
Le esperienze sul campo evidenziano che: - una traduzione non è semplicemente trovare la
parola giusta; - la traduzione è sempre necessaria, anche quando l'antropologo giunge a conoscere
significati altrui all'interno dei nostri ma, piuttosto, allargare questi ultimi al fine di accogliere quei
Sul piano etico l’atteggiamento improntato all’ascolto è rilevante perché permette di dare
voce alle problematiche di comunità che diversamente non potrebbero farsi conoscere.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
9 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
processi planetari che tendono a ridurre l’esperienza umana a modelli culturali uniformi e
standardizzati.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
10 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
4 L’approccio relativista
L’antropologia ha esercitato un potente funzione critica nei confronti di quegli atteggiamenti
di sopraffazione e sottovalutazione delle culture più deboli messe in atto dai gruppi di interesse più
disparati.
Essa è attenta alle implicazioni che i fenomeni mediatici, militari ed economici rivestono per
La funzione critica dell’antropologia non si esaurisce nella difesa delle culture più deboli,
L’antropologia è un sapere critico anche nei confronti di se stesso perché non deve
ritenere che comportamenti e valori per essere compresi debbano essere considerati all’interno del
contesto complessivo all’interno del quale essi prendono vita. Le culture “altre” non vanno
interpretate attraverso applicazioni scontate delle categorie della cultura dell’osservatore ma lette in
prospettiva olistica, in connessione con tutti quei comportamenti e valori che conferiscono loro un
senso.
giustificarla.
giustificare ma collocare il senso delle cose nel giusto contesto e predisporre l’osservatore alla
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
11 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
“Trovare modi difendibili per far posto alle diversità” (Shweder 1991, p. 39; Biscaldi 2009).
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
12 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
Paradigma è una parola che deriva dal greco parádeigma e che vuol dire idea, modello,
punto di riferimento, il quale ci serve per effettuare confronti , ragionare e agire secondo procedure
Anche le scienze umane hanno i loro paradigmi ma questi agiscono in maniera differente
In antropologia si sono susseguiti molti paradigmi nel corso del tempo: evoluzionismo,
quanto accade nelle altre scienze, dove l’ultimo paradigma si accetta e i precedenti abbandonati, in
antropologia può succedere che più paradigmi contemporaneamente possono costituire punti di
completamente cumulativo e all’affinamento dei dibattiti attraverso i quali gli antropologi cercano
di estendere al massimo la comprensione dei comportamenti pratici e simbolici del genere umano
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
13 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
6 Il versante applicativo
Sin dagli inizi l’antropologia si presentò come un sapere dai risvolti applicativi.
Attualmente gli antropologi sono impegnati in: progetti di sviluppo sostenuti da finanziatori
non una tecnica o una scienza le cui scoperte possono trovare immediata applicazione.
L’antropologia proprio perché abituata al confronto con le diversità dei costumi deve usare i suoi
strumenti metodologici per impegnarsi sul piano etico, denunciando tutte le situazioni i cui gli
esseri umani sono sfruttati, oppressi e discriminati in nome di una presunta superiorità
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
14 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
7 La riflessività
etnocentrismo culturale, evidenziandone i limiti, gli eccessi, gli errori, senza per questo rifiutare di
riconoscersi come figlia della stessa temperie (Esposito V., 2008). La dimensione riflessiva aiuta a
cogliere meglio il punto di vista degli altri ma anche a capire meglio noi stessi (Remotti 1990).
L’antropologia è ritenuta riflessiva nel senso che, tramite l’incontro con soggetti
L’incontro con l’alterità produce sempre in chi lo sperimenta un tentativo di comprensione che
induce a riflettere anche su se stessi e sui modi di agire del proprio gruppo.
Questa dimensione è centrale perché permette di cogliere meglio il punto di vista degli altri,
caratteristiche positive della nostra; così come venendo ad apprendere i limiti di una cultura diversa,
ci si rende consapevoli anche dei limiti della propria. Per ottenere questo risultato occorre
decentrare lo sguardo, “vedere noi stessi come gli altri ci vedono” (Geertz 1988, p. 22).
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
15 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
8 Approfondimenti
Lo studio scientifico delle società umane e delle loro culture nacque nella seconda metà
filosofia positivista, dalla teoria dell’evoluzione di Darwin e dai trionfi del colonialismo. Oggetto di
studio per i primi antropologi non fu una determinata società o cultura, bensì la totalità della cultura
umana nella sua estensione temporale e spaziale. Si trattava di immani storie universali, che saranno
Il problema che ossessionava gli antropologi evoluzionisti era il problema delle origini, e le
domande che si ponevano erano: qual è l’origine della religione, della famiglia, delle strutture
economiche? Si impose un modello generalizzato che vedeva degli stadi e delle tappe nello
sviluppo della civiltà. Questo modello veniva in qualche modo a influenzare persino l’antropologia
fisica e l’evoluzionismo, infatti correnti di reciproci influssi vanno dalla visione socioculturale alla
biologico e quello socioculturale, sono stati ampiamente criticati e messi in discussione come
ingenui o addirittura faziosi (Sermonti, 1987, 15; Bowden, 1982,15; 1991, 27).
Secondo le teorie di Spencer come nel mondo sociale è possibile rilevare un’evoluzione
dalle organizzazioni semplici a quelle più complesse, e un progresso dei sistemi sociali nei settori
economici, politici e religiosi, così nel mondo naturale è possibile osservare una differenziazione
migliorativo, caratterizzato dal procedere inarrestabile della civiltà, e dall’altra propone una visione
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
16 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
deterministica che grava sull’essere umano a vari livelli: biologico, tecnologico, economico e
psicologico. L’evoluzione “verso le magnifiche sorti e progressive”, per dirla con il Leopardi,
sarebbe contrastata dai condizionamenti di queste varie sfere della realtà umana. In un mondo
dominato dall’idea della produzione economica, della proprietà privata, della famiglia monogamica
e della morale ottocentesca rigorosa, si intravidero nelle società selvagge modalità diverse che
suscitarono un interesse a dir poco eccezionale, come sistemi di scambio cerimoniale, proprietà
primitivo del tutto mitica, caratterizzata dalla magia e dalla stregoneria, dalla promiscuità sessuale,
dal matriarcato con conseguente poliandria arcaica, dal comunismo primitivo, dal rapimento della
sposa, dalla propensione agli stati alterati di coscienza, al punto che questo mitico primitivo era
visto vivere come in un lungo sogno. Tali configurazioni erano erronee, e saranno puntualmente
Il giurista statunitense Lewis Morgan (1818-1881) nel testo La società antica fece proprio il
modello evoluzionista, affermando che l’intera specie umana aveva attraversato tre fasi (selvaggia,
barbara e civile), ulteriormente tripartite in tre periodi (antico, medio e recente). La possibilità per le
varie società umane di entrare nell’una o nell’altra delle caselle proposte da Morgan dipendeva da
della proprietà privata e dello Stato (1884), per cui ebbe una vasta risonanza. Nell’opera di Morgan
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
17 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
troviamo errori clamorosi nella collocazione di gruppi umani in periodi più o meno selvaggi o più o
meno barbarici. Queste collocazioni sono arbitrarie, nascono da scelte personali di Morgan. La parte
più interessante della sua opera è quella che riguarda la descrizione delle terminologie di parentela,
entro cui elabora concetti divenuti celebri come la distinzione tra le terminologie descrittive e quelle
Morgan minimizza l’importanza della poliandria, l’unione di più uomini con una donna sola,
che era stata invece la base di un testo fondamentale che pure ha influenzato notevolmente
svizzero J.-J. Bachofen, pubblicato nel 1861 (e tradotto come Il matriarcato), in cui l’autore
ripropone l’ipotesi, comune a numerosi evoluzionisti, di una promiscuità primitiva, stadio in cui i
Dopo questa fase, secondo Bachofen, sarebbe nato il riconoscimento della maternità, e di
la loro capacità procreativa e sarebbe sorto il patriarcato. Malgrado tale modello si sia rivelato
collettivo.
L’autore evoluzionista che mitigò i modelli più rigidi fu Tylor. Egli pubblicò nel 1871
Cultura primitiva, studio articolato sullo sviluppo delle idee religiose. Tylor ha formulato un
concetto di cultura che include le conoscenze, le credenze, l’arte, la morale, il diritto, il costume e
qualsiasi altra capacità o attitudine acquisita dall’uomo in quanto membro di una società. Questa
definizione diventata proverbiale afferma che la cultura si ritrova ovunque in ogni popolo, anche il
Tylor tenta di rintracciare l’origine delle forme religiose, e pensa di scoprirle nell’animismo,
ovvero nella credenza nelle anime e negli esseri spirituali in genere. Secondo Tylor l’uomo avrebbe
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
18 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
avuto fin dall’inizio la percezione di un dualismo corpo-anima nel suo stesso essere. Nei sogni,
nello stato di trance, nello stato di malattia o di delirio, è comune la percezione di esperienze
spirituali compiute mentre il corpo giace inerte o nel sonno o nel delirio. Questa autonomia del
livello spirituale o dell’anima ha, secondo Tylor, determinato la credenza in un mondo di esseri
spirituali, da cui lentamente si sarebbe poi dipanata (in senso evolutivo) una visione più complessa
della religiosità.
Anche Tylor non resiste alla tentazione di determinare fasi nello sviluppo della religione,
fasi che comprendono il manismo (culto dei defunti), il feticismo (culto dei feticci o di oggetti
Un antropologo che influenzò notevolmente la cultura del tardo Ottocento e dell’inizio del
Novecento fu James G. Frazer, autore de Il ramo d’oro. Studio sulla magia e sulla religione che uscì
in una prima edizione nel 1890. Frazer avanzava l’ipotesi secondo la quale magia, religione e
scienza avrebbero costituito fasi dello sviluppo intellettuale dell’uomo. L’antropologo sosteneva
che la magia rappresentava un tentativo da parte dell’uomo di controllare la natura attraverso rituali,
e caratterizzava una fase primitiva di confusione e di ignoranza. In una seconda fase alcuni uomini,
visto l’insuccesso dei rituali magici, avrebbero pensato di implorare e venerare potenze divine
Questo avrebbe portato alla nascita della religione con i suoi funzionari, i sacerdoti,
mediatori fra l’uomo e le potenze superiori. Successivamente gli esseri umani si sarebbero resi
conto della futilità delle loro posizioni, e avrebbero abbracciato la scienza e la razionalità come
Frazer) il testo, in dodici volumi, ebbe un’influenza notevolissima soprattutto nella cultura
anglosassone. L’autore studia una grande quantità di miti, approfondisce i concetti di “totemismo” e
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
19 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
soprattutto il “sacrificio del re divino”. Inizia il suo percorso nel bosco di Nemi, dove esisteva
un’antichissima tradizione ancora viva durante l’impero romano, secondo la quale il “re del bosco”
o sacerdote della dea Diana poteva essere sostituito solo tramite un duello in cui soccombeva:
chiunque poteva sfidare il re del bosco, ucciderlo e prendere il suo posto. Questo antichissimo
rituale è stato da Frazer collegato all’uccisione del re divino nelle monarchie africane, uccisione che
legava la figura del re alla fecondità della terra, degli uomini e dell’intera natura.
Mentre i singoli elementi culturali, i miti, le leggende, i rituali che Frazer cita sono ancora di
contestare. Sia detto di sfuggita che mentre Frazer componeva la sua opera relegando la magia in
epoche oscure e tenebrose del pensiero umano selvaggio, nella stessa Inghilterra nascevano gruppi
magici estremamente vivaci che praticavano rituali occulti per trasformare la natura secondo i loro
voleri. La più nota di queste sette a sfondo magico era la “Golden Dawn”, alla quale furono iniziati
personaggi di grande spicco sia culturale che politico. Dunque nella Londra post-vittoriana, centro
del sistema finanziario mondiale, esistevano nuclei estremamente vivaci di antichissima magia
L’evoluzionismo perse egemonia in seguito alle accurate critiche di Franz Boas, che
pubblicò nel 1896 un celebre saggio dal titolo I limiti del metodo comparativo dell’antropologia,
che è una contestazione radicale delle tesi evoluzioniste. Nel saggio Boas nega qualsiasi valore allo
Per dimostrare la fragilità teorica degli evoluzionisti Boas portò centinaia di esempi relativi
alla differente origine dei fenomeni culturali. Gli evoluzionisti erano convinti che il totemismo fosse
nato dall’associazione di più famiglie entro un più ampio clan, che aveva scelto come antenato
mitico un animale. Boas mostrò che il totemismo e la scelta del totem nascono in situazioni
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
20 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
esattamente contrarie, consistenti nella scissione di tribù molto numerose in segmenti meno ampi
come i clan, che si scelgono, una volta separati, un totem come antenato mitico.
mostrò come tra gli Indiani della costa americana del Pacifico fosse accaduto esattamente il
linguistica, scienze naturali, archeologia e studiò a fondo i nativi americani con spedizioni sul
campo. Raccolse un’enorme quantità di dati etnologici riguardanti usi, costumi, arte mitologia,
rituali degli Indiani della costa settentrionale del Pacifico. Fu attento osservatore dei fatti sociali, ed
Franz Boas fu nemico di ogni teorizzazione estrema. Studiò in particolare i fatti umani
concreti, le lingue e la mitologia, raccogliendo una vastissima massa di dati. Egli sostenne che un
fenomeno culturale, anche se compare in varie culture, può avere ragioni e motivazioni totalmente
sommergere gli avversari con fastosissimi banchetti, regali e distribuzione di beni. In tale pratica si
nasconde l’idea di ottenere una supremazia attraverso la generosità e la fastosità. I rivali vengono
diffusionista, che mirava ad analizzare i fenomeni culturali in base alla loro diffusione in aree
temporali”. Uno degli autori più interessanti della scuola diffusionista fu W. Schmidt (1868-1954).
La sua scuola, nota anche come “scuola di Vienna”, si occupò dell’origine dell’idea di Dio e
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
21 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
dell’antropologia religiosa. Numerosi ricercatori ed etnologi furono spinti dallo Schmidt a ricerche
sul campo per analizzare le idee religiose di popoli primitivi in Africa, in Asia e nelle Americhe.
B – Il relativismo culturale
costumi, culture, lingue, società. Di fronte alla molteplicità l’atteggiamento relativistico è incline a
Un ottimo esempio di atteggiamento relativistico è contenuto nelle Storie di Erodoto (III, 38), là
dove egli racconta l’esperimento culturale di Dario, il re dei Persiani. Posti a confronto Greci e
indiani Callati, Dario chiede loro a quale prezzo sarebbero disposti a rinunciare ai loro rispettivi
costumi funerari (quello di bruciare i cadaveri da parte dei Greci e quello di divorare il corpo dei
genitori defunti da parte degli indiani Callati), ricevendone in entrambi i casi una risposta non solo
negativa, ma indignata: agli occhi dei Greci è repellente mangiare i cadaveri; ma agli occhi dei
Callati è altrettanto obbrobrioso bruciarli. In tema di trattamento dei cadaveri sono molte le
soluzioni possibili o i modelli culturali adottati: due di questi vengono messi a confronto da Dario, e
quale perde senso la questione di quale sia il costume ‘migliore’ (cremazione o endocannibalismo,
nel caso affrontato da Dario): il giudizio su ciò che è ‘migliore’ viene infatti già espresso dagli
individui che adottano i costumi della propria cultura; e non è pensabile un’istanza superiore alle
singole società. “Il costume (nomos) è sovrano di tutte le cose” - così infatti Erodoto conclude il
cultura) nell’organizzazione della vita e della società umana. Alla base del relativismo vi è una
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
22 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
naturale - che accomunerebbero tutti gli uomini. Il relativismo non nega che esistano strutture di tal
genere; ritiene tuttavia che esse rappresentino una componente per così dire minoritaria
nell’organizzazione umana: più importante appare invece la dimensione culturale, con la sua
inevitabile variabilità, per cui ciò che contraddistingue l’uomo nella sua vera essenza sarebbe
proprio questa variabilità, anziché l’uniformità di leggi o strutture naturali. “Le leggi della
coscienza, che noi diciamo nascere dalla natura - sosteneva Michel de Montaigne nella seconda
metà del Cinquecento - nascono dalla consuetudine (costume)”, aggiungendo che “le idee comuni
che vediamo aver credito attorno a noi” assumono ai nostri occhi la sembianza di leggi “generali e
naturali” (v. Montaigne, 1580; tr. it., p. 150). Come si vede, il relativismo di Montaigne non si
limita ad asserire la variabilità delle ‘leggi della coscienza’ e neppure ad affermare la loro origine
eminentemente culturale; esso comporta anche una teoria che svela il processo di naturalizzazione a
cui tali leggi sono sottoposte. Gli uomini aderiscono a norme o leggi ‘culturali’, che ricevono dalle
loro tradizioni e che in definitiva essi si fabbricano con la loro cultura (i costumi); ma per dare a
naturali’, come se, anziché provenire dalla cultura, provenissero dalla natura. La forza di una
strategia come quella esemplificata da Montaigne - qui assunto come autore paradigmatico per il
relativismo delle scienze sociali del Novecento (v. Geertz, 1984; v. Todorov, 1989; v. Remotti,
1990) - consiste nel tentativo di rendere conto degli atteggiamenti antirelativistici, di spiegare come
possa nascere l’antirelativismo e come questo sia insito in ogni cultura. Negare il relativismo,
specialmente se questo minaccia di essere applicato alla propria cultura, dimostrandone appunto la
‘relatività’ dei principî, dei valori, delle scelte, può configurarsi in effetti come una mossa
autoprotettiva a cui ogni cultura sarebbe quasi obbligata a ricorrere. Sotto questo profilo, il
relativismo si configurerebbe come una strategia intellettuale che agisce ‘contro’ i processi di
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
23 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
di ciò che viene fatto passare per ‘naturale’, il carattere umano e costruito di ciò che viene posto su
viene considerato come assoluto. Il relativismo culturale potrebbe dunque essere interpretato come
parte di un programma di demistificazione, come una presa di distanza critica rispetto ai miti
coltivati dalle varie società (compresa la civiltà occidentale), avente un indubbio sapore
illuministico (nel senso almeno conferito a questo termine da Max Horkheimer e Theodor W.
Gli autori più sensibili al relativismo coltivano però una teoria piuttosto radicale circa
l’incisività dei costumi, la quale non pare trovare accoglienza in programmi di tipo illuministico. È
la teoria della carenza di una natura umana solida, rocciosa, costante (René Descartes), quale è stata
esposta nel Seicento da Blaise Pascal e nel Settecento da Johann Gottfried Herder, ripresa
da diversi altri scienziati sociali (v. Cultura e Natura e cultura). Il relativismo che, implicitamente o
meno, si fonda su questa teoria accorda un significato particolarmente profondo agli universi
culturali che in modi diversificati gli uomini di volta in volta costruiscono per sopperire alle
mancanze della natura umana. Questi universi - per quanto strani e persino estranei possano
apparire gli uni rispetto agli altri - rispondono tutti all’esigenza di dare forma (una forma culturale)
all’umanità: essi non sono semplicemente delle stravaganze (anche se tali possono apparire), bensì
costituiscono i modi specifici mediante cui nelle più varie situazioni storiche e geografiche gli
uomini hanno costruito la loro umanità. Da ciò il relativismo trae alcune implicazioni piuttosto
importanti: a) vi sono molti modi - pressoché indefiniti - mediante cui si può dare forma e senso
all’umanità, per cui occorre essere disposti a scorgerne sempre altri oltre a quelli che ci sono più
familiari o che finora si è stati in grado di conoscere; b) questi modi, proprio in quanto conferiscono
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
24 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
senso, sono internamente organizzati, anche se la conoscenza e l’analisi degli universi culturali
relativistica; c) se gli universi culturali non sono costruzioni cervellotiche e superflue, ma decidono
del senso dell’umanità, conferendo ad essa forme inevitabilmente particolari, si comprende più
facilmente l’attaccamento ai propri costumi che gli osservatori etnografi (a cominciare quantomeno
da Erodoto) hanno da sempre rilevato. È vero che i costumi (o la stessa cultura) hanno alcunché di
I relativisti si dispongono quindi non solo ad ammettere le forme più varie e inedite, ma
anche a comprendere ‘dall’interno’ la logica che le sostiene, ovvero i loro principî, i loro valori, le
loro categorie. Come si è detto, le maniere mediante cui si decide di addentrarsi negli universi
culturali possono essere assai diverse e rispondere a criteri metodologici persino opposti (non è
ovviamente la stessa cosa un approccio funzionalistico, teso a cogliere le relazioni funzionali tra i
antropologo come Bronislaw Malinowski, allorché affermava, a proposito dell’indigeno delle isole
Trobriand, che occorre cogliere “la sua visione del suo mondo” (v. Malinowski, 1922; tr. it., p. 49,
corsivi nostri). L’acquisizione di una visione ‘dall’interno’ - comunque questa venga poi perseguita
- rappresenta il punto maggiormente produttivo del relativismo, quello per il quale esso non si
culturale, ma si traduce in uno sforzo conoscitivo portato fino nell’intimo dell’alterità. Può essere
allora importante rilevare su questo punto una convergenza significativa tra Malinowski da un lato e
Franz Boas dall’altro, allorché quest’ultimo affermava in un articolo di fine Ottocento (1896) sui
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
25 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
individuale” nella sua particolarità storica, ponendo in luce che non si tratta di una mera raccolta di
dati estrinseci, ma di un’analisi interna - storica e psicologica - delle “ragioni per cui tali costumi e
credenze esistono” (v. Boas, 1966, p. 276). In particolare, le ricerche psicologiche cercano di
cogliere “i diversi atteggiamenti e le diverse interpretazioni” che gli individui via via sviluppano, in
categorie particolari e irripetibili, specifici di una società determinata, salda del resto il relativismo
culturale con il relativismo linguistico. Da Boas a Edward Sapir, da questi a Benjamin Lee Whorf,
riemerge nella cultura antropologica e linguistica del Novecento una tradizione di pensiero che
risale a Herder e soprattutto a Wilhelm von Humboldt. Da un lato il linguaggio è per Humboldt (v.,
1836; tr. it., p. 42) “l’organo formativo del pensiero” e nel contempo dell’umanità. Dall’altro il
linguaggio non può che tradursi in una serie indefinita di lingue particolari, ciascuna delle quali
esprime “non una diversità di suoni e di segni, ma una diversità di visioni del mondo”: ognuna di
esse infatti “incide” e “recide” diversamente il mondo e quanto “lo spirito umano deve coltivare”,
ossia la stessa umanità (cfr. Humboldt, cit. in Di Cesare, 1991, pp. XLI-XLII). Partendo dal
presupposto della “pari dignità di tutte le lingue”, in quanto ciascuna di esse racchiude una visione
del mondo che è anche una forma specifica di umanità, Humboldt si era spinto a vagheggiare una
sorta di “enciclopedia” globale di tutte le lingue, in cui però la diversità strutturale (di significato,
non solo di suono) fosse mantenuta e in cui l’irriducibile molteplicità delle lingue e delle forme
fosse salvaguardata come ricchezza dell’intera umanità (v. Di Cesare, 1991, pp. XCIII e XLV). In
queste formulazioni, che troviamo poi riecheggiate nelle pagine di Sapir e di Whorf, è possibile
rintracciare una combinazione tra due principî: quello della relatività linguistica, esprimibile nella
formula “Non esiste limite alla diversità strutturale delle lingue”, e quello del determinismo
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
26 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
linguistico (“Il linguaggio determina il pensiero”) (v. Lyons, 1981; tr. it., p. 312). È il secondo
sostiene Clifford Geertz (v., 1984, p. 276), il relativismo - questa disponibilità a cogliere la diversità
e nella diversità significati o “verità” che non siano soltanto quelli “di casa” - coincide con la stessa
C - Oltre il relativismo
altrui - potrebbe descrivere efficacemente i tipi di scenari storici in cui i vari gruppi umani si
dibattono tra reciproche tolleranze più o meno convinte e dichiarati atteggiamenti di sopraffazione.
Per capire come il relativismo culturale abbia a che fare con tutto ciò, occorre distinguere tra il
piano delle analisi e delle riflessioni antropologiche e il piano delle azioni e dei progetti sociali. Il
relativismo - così come è stato presentato finora - è una prospettiva che attiene soprattutto al piano
delle analisi e delle riflessioni: a essere - o a poter essere - relativisti sono gli antropologi, non le
società che essi studiano. Le società non possono non essere etnocentriche; gli antropologi non
possono che essere relativisti. E se sono relativisti che hanno compiuto i passi analizzati prima
moderino il loro inevitabile etnocentrismo, oppure privilegiano un punto di vista più realistico,
rischiando però di avallare con il loro stesso relativismo qualsiasi atteggiamento di separazione, di
valorizzazione della molteplicità che sembrano essere alla base del relativismo. In questo modo il
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
27 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
relativismo rischia di coltivare nel suo oggetto la sua stessa negazione: le società e i loro
comportamenti sono una costante e pesante smentita del relativismo e della sua aspirazione al
dalla rilevazione della molteplicità si passa all’attribuzione di significati interni ai singoli universi
culturali, ciò che prevale nettamente nei relativisti è una concezione ‘chiusa’ delle culture o delle
società, come se davvero le società o le culture fossero universi in cui si decide tutto, in cui si
elaborano tutte le risposte (ancorché particolari) di cui gli uomini hanno bisogno. Sarà una versione
‘volgare’ del pensiero di Ludwig Wittgenstein quella secondo cui ci si immagina “un’umanità
divisa in isole culturali chiuse e incomunicanti, dotate ognuna dei propri criteri di razionalità non
criticabili dall’esterno” (v. Dei e Simonicca, 1990, p. 35); ma è indubbio che la nozione
wittgensteiniana di ‘forme di vita’ - così ampiamente utilizzata da Peter Winch e che secondo lo
stesso Wittgenstein dobbiamo accettare come “il dato” (v. Wittgenstein, 1953; tr. it., p. 295) -
carattere ‘chiuso’ dei mondi culturali sia un tratto che ritorna con preoccupante insistenza si può
dalla considerazione di società tradizionali o premoderne alla considerazione della società moderna
e, soprattutto, della scienza o delle comunità scientifiche. Agevolati in ciò dalle riflessioni di
Thomas Kuhn sull’importanza decisiva dei ‘paradigmi’ e dalla possibilità di avvicinare la nozione
di ‘paradigma’ a quelle di ‘modelli’ o tradizioni culturali (v. Barnes, 1969), confortati inoltre
dall’invito rivolto da Paul Feyerabend a studiare le comunità scientifiche allo stesso modo con cui
gli antropologi indagano una qualsiasi tribù primitiva, questo tipo di relativisti ha osato affermare
che “le più valide comunità accademiche non sono più grandi della maggior parte dei villaggi di
contadini e pressappoco altrettanto chiuse” (v. Geertz, 1983; tr. it., p. 199, corsivo nostro). Con
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
28 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
questa specie di ‘primitivizzazione’ della società moderna si ottiene l’effetto di estendere anche
all’area della modernità il modello della ‘chiusura’, smentendo l’ideologia dell’’apertura’ con cui il
questione più importante non riguarda tanto, o soltanto, l’estensione alla modernità di caratteri
tradizionalmente attribuiti alla premodernità, bensì - e prima di tutto - la liceità di una visione
È indubbio che il nocciolo dell’acceso dibattito sul relativismo - quale si è sviluppato negli
ultimi decenni - coincide con la posizione della scienza moderna: da una parte i relativisti (reclutati
tra antropologi, sociologi e filosofi della scienza) disposti a trascinare la scienza moderna in un
novero di saperi locali e plurali, alternativi e difficilmente comunicabili; dall’altra coloro che invece
intellettuali” (v. Popper, 1969; tr. it., p. 636). Sono soprattutto i popperiani a scorgere nel
relativismo un pericoloso “fantasma che ossessiona il pensiero umano” (v. Gellner, 1982, p. 181),
schierandosi a difesa della scienza moderna. Con mossa indubbiamente astuta Gellner concede
molto volentieri ai relativisti il principio della “diversità, della non universalità dell’uomo” (ibid.),
in quanto da questo principio fa dipendere l’idea dell’’unicità del mondo’, anzi di ‘questo’ mondo,
quello dominato dalla scienza moderna, dalla sua specifica ‘tradizione epistemologica’ e dal suo
Questo è anche il mondo tecnologico ed economico in cui coabitano diverse culture, le quali pur in
competizione tra loro non trovano particolari difficoltà a comunicare. Ma questo “Unico Mondo” e
questa “Unica Verità” non comportano affatto un’uniformità antropologica, un “Unico Uomo”,
perché questo mondo è stato prodotto da “una tradizione tra molte”, una tradizione che è prevalsa
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
29 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
sulle altre e che ha fornito una prospettiva mediante cui indagare tutte le altre tradizioni, le altre
visioni del mondo (p. 191). In questo modo - sostiene Gellner - “noi abbiamo sconfitto il
relativismo”, il quale dunque appare come una prospettiva reale sì, ma storicamente superata, adatta
a quel lungo periodo della storia dell’umanità in cui prevalevano i sistemi di ‘credenze’
autoconvalidantisi (mitologia, cosmologia, metafisica), mediante cui più facilmente si può sbrigliare
la fantasia degli uomini: in quel periodo gli uomini si differenziavano culturalmente grazie alle loro
‘credenze’ e ai loro ‘miti’ (le credenze o i miti dividono; la verità al contrario unifica). C’è quindi
“una radicale discontinuità nella storia”, in quanto “la visione o lo stile cognitivo corretto appare
soltanto in un punto definito nel tempo”, e questo non è frutto di un’umanità generica e uniforme,
ma soltanto di “un particolare stile di pensiero, che non è affatto universale tra gli uomini, ma
culturalmente specifico”, avente “specifiche radici socio-storiche” (pp. 191 e 200). Il fatto che
questo mondo unificato sia disponibile e accessibile a tutti gli uomini, non toglie che esso sia stato
Se per il primo schieramento - quello dei relativisti - tutti i mondi culturali (compresa la
scienza moderna) sono chiusi e il relativismo appare dunque una prospettiva che ingloba anche la
modernità, per il secondo schieramento - quello dei difensori della scienza e della modernità - la
appartengono a un passato ormai superato, sconfitti dall’unica ‘società aperta’, quella della scienza
moderna. L’alternativa entro cui dovremmo scegliere sarebbe dunque tra un relativismo invincibile
modernità; tra una visione in cui tutti i mondi, compresa la modernità, sono chiusi e una visione per
la quale tutti i mondi tradizionali sono chiusi, eccetto la modernità. Le due alternative hanno questo
distinguono invece per il fatto che la prima estende a tutte il carattere della chiusura, mentre la
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
30 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
seconda ritiene che l’apertura sia caratteristica di una sola società. È però proprio vero che le società
sono normalmente e tradizionalmente chiuse? Che nel chiuso di ogni singola cultura si decide il
senso e la forma dell’umanità, addebitando agli ‘altri’ i vari gradi e forme di dis/umanità? Non può
essere che l’antropologia, insieme alle altre scienze sociali, sia rimasta vittima di questa
impostazione e non si sia attrezzata in maniera sufficiente per cogliere i fenomeni di apertura che
potrebbero caratterizzare tanto le società moderne, quanto le società definite tradizionali? Abbiamo
visto come in Humboldt l’approfondimento della diversità (una diversità non di segni e di suoni, ma
humboldtiana apporta correttivi assai importanti. Tra questi la relatività del concetto di diversità, in
base alla quale ci si chiede dove possano essere tracciati confini sicuri e indiscutibili di
differenziazione linguistica entro i due estremi della lingua del singolo individuo e quella del genere
umano (v. Di Cesare, 1991, p. XLIII). Tutto ciò corrisponde alle riflessioni critiche che di recente
impegnano l’antropologia sul carattere ‘relativo’ (sempre un po’ arbitrario, costruito, imposto) dei
confini di società e culture. In fondo, il vecchio relativismo culturale ha avuto il torto di accettare il
carattere ‘assoluto’ (non relativo) dei confini, trattando le società come se fossero entità naturali (v.
Leach, 1989). Su questo punto, occorre spingere più avanti il relativismo, ponendo in luce come i
confini di differenziazione siano funzione non soltanto del punto di vista del ricercatore (v. Lévi-
Strauss, 1958; tr. it., pp. 328-329), ma anche delle scelte degli attori sociali, i quali creano e ricreano
‘noi’ più o meno inclusivi. I confini, relativi alle scelte, si spostano, e le società
qualsiasi ‘noi’, esistono “nessi aperti”, la cui organizzazione “né chiusa né definitiva” può essere
sempre modificata: come afferma Humboldt a proposito della lingua, abbiamo qui a che fare con
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
31 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
Questa costante trasformazione, unitamente all’idea dei confini relativi, induce a pensare
lingue, società e culture non come entità date, ma come processi in cui da subito è coinvolta, in
vario modo e misura, l’alterità. E così l’idea che nelle singole culture prende forma l’umanità non
viene affatto abbandonata; ma si aggiunge che, anziché avere luogo nel ‘chiuso’ di una cultura,
questo processo si verifica preferibilmente nel ‘dialogo’ (non importa quanto ampio o ristretto, e
quanto pacifico o conflittuale) ‘tra’ culture differenti. Sono le stesse società molto sovente a esigere
il contatto con gli ‘altri’ per questioni di vitale importanza, a provocare quindi l’ ‘apertura’ verso
l’alterità e lo scambio interculturale: i confini, proprio perché sono posti, sono fatti anche per essere
travalicati. Per riprodursi le società praticano spesso un’esogamia che le porta a cercare donne
presso i loro ‘nemici’ (i Mae Enga della Nuova Guinea); per generare socialmente individui che
ritualisti stranieri (Amba); per garantire la continuità nel tempo della discendenza si cerca la morte
tra gli altri, finendo grazie al cannibalismo nel loro ventre (Tupinamba del Brasile); per togliere il
male, ovvero la ‘stregoneria’ che pure nasce ‘all’interno’ del ‘noi’ (i Lese dello Zaire), si fa ricorso
addirittura a una forma diversa e ‘inferiore’ di umanità (i pigmei Efe). È normale per molte società
(per esempio in Africa) relativizzare i propri spiriti e le proprie divinità, assumendo nei loro
altrove anche molto lontano (cristianesimo, islamismo) come, del resto, è avvenuto nei numerosi
casi di sincretismo religioso tipici del politeismo romano, nel quale vennero accolte in modo
consapevole divinità di provenienza greca, iranica, semitica, etrusca, ecc. Risulta fondamentale
infine per la definizione del nostro ‘noi’, per l’identità stessa della nostra civiltà, addentrarsi con
l’antropologia nella molteplicità e apprezzare la diversità culturale. Il fatto è che per una sorta di
diffuso errore antropologico abbiamo immaginato che nel ‘chiuso’ delle culture fossero contenute le
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
32 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
umana. Non ci si è accorti in tal modo che le culture non sono soltanto portatrici di risposte: anche
con le loro risposte esse suscitano dubbi e perplessità, formulano domande, pongono problemi, per
affrontare i quali non solo le società moderne, ma un po’ tutte le società umane sono costrette a
‘relativizzare’ se stesse, i loro principî, i loro presupposti, barcamenandosi in tal modo tra un
di ‘chiusura’, e un atteggiamento opposto, che si potrebbe ricondurre alle ragioni del relativismo,
dell’’apertura’ verso l’alterità. È in definitiva questa attribuzione di relativismo alle stesse società
umane ciò che consente di scorgere aperture e connessioni (non soltanto chiusure ed etnocentrismi)
tanto nel mondo moderno quanto più in generale nel mondo umano e, nello stesso tempo, di
programmaticamente ‘aperta’ alla molteplicità e tuttavia troppo a lungo convinta del carattere
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
33 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
Bibliografia
Bachofen J.-J. (1861) Das Mutterrecht.
Barnes, S.B., Paradigms - scientific and social, in "Man", nuova serie, 1969, IV,
1, pp. 94-102.
Benedict R. (1934), Patterns of culture, Boston-New York 1934 (tr. it.: Modelli
Utet.
Dei, F., Simonicca, A. (a cura di), Ragione e forme di vita, Milano 1990.
Engels F. (1884), L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato.
56.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
34 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
Freud S. (1940), Totem und Tabu (1913), in Gesammelte Werke, vol. IX,
London, pp. 1-205 (tr. it.: Totem e tabù, in Opere, vol. VII, Milano 1975, pp. 7-
164).
http://www.homolaicus.com/teoria/antropologia_culturale.htm
Geertz, C., Local knowledge, New York 1983 (tr. it.: Antropologia interpretativa,
Bologna 1988).
Gudde E. G. (1969), California place names: the origin and etymology of current
Horkheimer, M., Adorno, T.W., Dialektik der Aufklärung, Amsterdam 1947 (tr.
Huxley A. (1933), Il mondo nuovo, Milano, Arnoldo Mondadori Editore (ed. or.
1932).
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
35 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
Lyons, J., Language and linguistics, Cambridge 1981 (tr. it.: Lezioni di
Malinowski, B., Argonauts of the Western Pacific, London 1922 (tr. it.:
New York (tr. it.: La vita sessuale dei selvaggi nella Melanesia nord-occidentale,
Milano 1968).
Montaigne, M. de, Essais (1580), Paris 1950 (tr. it.: Saggi, a cura di F. Garavini,
Milano 1966).
Popper, K., Conjectures and refutations, London 1969 (tr. it.: Congetture e
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
36 di 37
Università Telematica Pegaso Il ragionamento antropologico
disponibile su http://www.treccani.it/enciclopedia/metodo-
comparativo_(Enciclopedia-delle-scienze-sociali)/
Todorov, T., Nous et les autres. La réflexion française sur la diversité humaine,
Paris 1989 (tr. it.: Noi e gli altri. La riflessione francese sulla diversità umana,
Torino 1991).
Tylor E.B. (1985-1988), Alle origini della cultura, Edizioni dell’Ateneo, Roma
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
37 di 37