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Università Commerciale Luigi Bocconi

Corso di laurea in economia e finanza

Michele Fontolan
Student ID 1159532

La volatilità del prezzo del petrolio e l’impatto


sul settore Oil&Gas

Tutor: Prof. Maurizio Dallocchio

Anno accademico 2008-2009

1
Prima parte. Il petrolio e la volatilità

Il business globale del petrolio vanta ad oggi dei numeri e delle


statistiche di notevole portata. Solo nel 2005 (assumendo una
media di $50 a barile) le vendite globali di petrolio grezzo hanno
raggiunto la cifra di $1.5 trilioni (intorno ai 1.300 miliardi di euro),
che equivale al 2,3% del PIL globale (circa $68 trilioni di dollari), un
numero inoltre che supera il PIL di paesi come Spagna e Canada.
Sempre nel 2005 i ricavi netti delle esportazioni dei paesi OPEC
hanno raggiunto $470 miliardi e circa $560 nel 2006. Cinque delle
più grandi compagnie di borsa per capitalizzazione appartengono al
settore oil&gas: Exxon, la prima società del mondo per market
value ($340 miliardi di dollari), poi PetroChina con $270 miliardi ed
a seguire Bp, Royal Dutch shell, Chevron, Total, PetroBras ed ENI. I
ricavi netti aggregati delle prime cinque hanno raggiunto nel 2005 la
cifra di 1300 miliardi di dollari e il settore è stato il più profittevole
negli Stati Uniti nel biennio 2005-2006. Tuttavia un’ottica di lungo
periodo ci propone dei dati meno favorevoli: negli ultimi 30 anni i
profitti delle conglomerate petrolifere sono stati considerevolmente
volatili e dal 1985 al 2000 sono stati puntualmente sotto la media di
$33 miliardi di dollari raggiunta fra il 1977 e il 1985. Senza grandi
sorprese nel 1998 il settimanale “The Economist” indicava i
rendimenti delle azioni delle industrie petrolifere come “le peggiori
del decennio”1, ma gli utili record del triennio 2004-2007 hanno
cancellato la memoria dell’opinione pubblica.
Nel corso degli ultimi quarant’anni il business petrolifero è stato
segnato da una serie di enormi fluttuazioni, con picchi positivi e
negativi impossibili da prevedere da chiunque, con conseguenze
disastrose. Durante le grandi crisi interi giacimenti sono stati chiusi,
d’altra parte nei periodi di crescita considerevole i risultati finanziari

1
V. Smil, Oil, Oneworld publications (2008) pag. 20

2
delle grandi Oil Companies hanno sempre battutto le aspettative
degli analisti.1 La totale inattendibilità delle informazioni sulla reale
quantità delle riserve petrolifere, incertezza della possibilità di
rivalutazione di giacimenti attivi, l’intervento di catastrofi naturali, i
discontinui spostamenti della domanda, guerre, tensioni politiche,
speculazioni sono tutti fattori che combinati fra loro determinano un
mercato dominato dalla paura e dal panico. Nella pubblicazione Oil
Outlook to 2025 l’OPEC rese note le stime di lungo periodo del
prezzo del petrolio asserendo che il barile si sarebbe stabilizzato
intorno ai $20-25, solo un anno più tardi durante l’aprile 2005 il
WTI2 quotava $55/b. Nel 2006 dopo aver toccato punte di oltre $70
perse circa il %20 in pochi mesi riportandosi attorno ai $50/b per
poi cominciare la scalata verso i $150/b del luglio 2008. È quindi
1
Figura 1. Il grafico descrive l’andamento del prezzo del Petrolio dal 1860
al 2007. La linea continua, aggiustata tenendo conto dell’inflazione,
mostra un lungo andamento decrescente fino al 1970 e invece uno
scostante e “selvaggio” dal 1970 in poi con ribassi drammatici intorno alla
prima Guerra del Golfo e alla crisi Asiatica e Russia di fine anni ’90.

V. Smil, Oil, Oneworld publications (2008) pag 21

2
West Texas Intermediate sul mercato USA anche noto come Texas Light
Sweet

3
evidente che il tentativo di produrre stime sul prezzo del petrolio,
nonstante gli sforzi provengano da fonti molto attendibili come
potrebbe essere l’OPEC, è davvero un tentativo molto arduo. Il 6
maggio 2008 nel bel mezzo dell’ultimo “oil price spike”1 la
prestigiosa banca d’investimenti Goldman Sachs fece circolare fra i
media un report di un gruppo di suoi analisti guidati da Arjun N.
Murti2: “Il prezzo del greggio potrebbe crescere fino ad un range
compreso fra i $150/b e i $200/b in due anni, spinto dall’incapacità
dell’offerta di contenere i continui incrementi della domanda dei
paesi in via di sviluppo”. Arjun N. Murti era lo stesso analista che,
contro l’opinione degli altri ricercatori, quasi tre anni prima aveva
stimato il prezzo del barile fra i $50 e i $105 per il 2009 acquistando
in seguito un notevole prestigio nel mondo dei media finanziari. La
vigilia di Natale del 2008 il WTI quotava un barile di petrolio $31,86
il minimo dal 2003.

Lo scenario nel quale le Oil Companies devono muoversi è


complesso, la figura 1 mostra come dopo la guerra del Kippur del
1973 l’andamento dei dati sembra seguire uno schema totalmente
casuale, senza disegnare nessuno tipo di tendenza. Le bolle sono
frequenti ed inevitabili, la storia degli ultimi trent’anni ne è la
dimostrazione, dopo la guerra israelo-araba del 1973 ci sono state
crisi petrolifere: nel 1979 durante la rivoluzione iraniana, nella
seconda metà degli anni ’80 con i disordini all’interno dell’ OPEC,
nell’agosto 1990 con l’invasione del Kuwait e la successiva Guerra
del Golfo, nel 1998 con il crollo finaziario Asiatico e Russo che
trascinò il prezzo del petrolio fino a $9/b e poi ancora gli attacchi
terroristici alle Torri Gemelle, la guerra in Afghanistan, la guerra in
Iraq fino alla crash della finanza mondiale del 2008. I modelli di
previsione sono tanti, basati su raffinate e complesse costruzioni

1
www.bloomberg.com (6/5/2008)
2
www.bloomberg.com (6/5/2008)

4
matematiche, statistiche e talvolta geologiche, ma quale equazione
avrebbe potuto prevedere l’11 settembre e la successiva guerra in
Afghanistan?1
La scala logaritmica nel secondo grafico della figura 2 mostra
l’importanza delle bolle nella determinazione del prezzo odierno. Le
variazioni di pochi, ma fondamentali, giorni hanno conseguenze
drastiche sul prezzo finale. Questo implica che molti dei modelli
1
Figura 2. I due grafici rappresentano entrambi i prezzi del WTI dal 1984
al maggio 2009, ma il secondo è in scala logaritmica. Entrambi mostrano
l’andamento scostante del petrolio, il primo mette in luce come l’ultimo
“oil super spike” ha drammaticamente segnato la storia degli ultimi mesi,
e come negli ultimi venti anni lo scenario sia drasticamente cambiato. La
scala logaritmica invece evidenzia come la variazione complessiva
dell’ampiezza del prezzo non sia travolgente, le bolle petrolifere dominano
l’immagine, sono quindi anche le crisi passate che determinano il prezzo di
oggi.

160

140 GS prevede wti a 200$


120

100

80 11 Sett 2001
Crisi asiatica
60

40
Guerra del Golfo
20
Prezzo del petrolio (WTI, US$/BBL)
0
19901991199219931994199519961997199819992000200120022003200420052006200720082009

1.000

11 Sett 2001

Crisi asiatica GS prevede wti a 200$


100

Guerra del Golfo

10

1
19901991199219931994199519961997199819992000200120022003200420052006200720082009

5
della finanza ortodossa sembrerebbero strumenti che, non tenendo
conto del forte impatto degli eventi drastici, come le guerre, le crisi,
i disastri ambientali e tutto ciò che è considerato altamente
improbabilie quindi imprevedibile, siano poco precisi quando devono
stimare il prezzo di un bene come il petrolio.1
Esistono quattro importanti benchmarks nei mercati internazionali
del greggio, il West Texas Intermediate (USA), il Brent (Mare del
Nord), Dubai/Oman (Medio Oriente) e il Tapis (Asia e Oceania), che
dovrebbero realisticamente essere molto correlati fra di loro. In un
paper del maggio 2009 un gruppo di ricercatori ha cercato di
calcolare il grado correlazione fra i quattro benchmark e fra i diversi
tipi di contratto che questi offrono ovvero spot, futures e forward.2

1
Figura 3. La variazione anno per anno del prezzo del petrolio, nel grafico
misurata su 25 anni fra il 1981 e il 2007, rivela dati totalmente casuali,
impossibili da prevedere.

V. Smil, Oil, Oneworld publications (2008) pag 21

2
Chia-Lin Chang, Michael McAleer, Roengchai Tansuchat, Forecasting

6
Usando strumenti statistici multivariati come il GARCH1 hanno
dimostrato che le espansioni e le contrazioni della varianza, ovvero
del rischio, si diffondono attraverso i mercati influenzandosi a
vicenda. Questo implica che se i prezzi futures del WTI diventano
più volatili, l’effetto si trasmette velocemente ai prezzi spot e
forward ed è statisticamente provato che avviene anche attraverso
mercati diversi2. La volatilità è la fonte massima di incertezza sui
mercati, il che implica che se le espansioni di essa si trasmettono
velocemente i prezzi diventano instabili e il panico si diffonde con
estrema facilità.
Le fluttazioni dei prezzi sono il risultato di un grande numero di
variabili, fra cui le variazioni dei prezzi in altri mercati; il WTI è

Volatility and Spillovers in Crude Oil Spot, Forward and Futures Markets,
(2009), www.ssrn.com
1
Il GARCH (Generalized Auto-regressive Conditional Heteroskedasticity) è
un modello statistico svilluppato nel 1982 da Robert F. Engle. Partendo dal
presupposto che la volatilità forma dei raggruppamenti, a causa della
dipendenza il modello si auto-corregge introducendo nuovi parametri ogni
volta che la volatilità varia. Il GARCH assume il moto browniano, tipico di
modelli storici come il CAPM e l’APT, come punto di partenza per poi
evolversi in un modello multivariato.
2
Figura 4. Il grafico mostra la correlazione delle varianze fra i prezzi spot
del Brent e del WTI usando il modello VARMA-GARCH.

Chia-Lin Chang, Michael McAleer, Roengchai Tansuchat, Forecasting Volatility and Spillovers in Crude
Oil Spot, Forward and Futures Markets, (2009), www.ssrn.com

7
probabilmente il benchmark più rappresentativo, il grafico nella
figura 5 mostra lo scostamento dalla media mensile dei prezzi
giornalieri dal 1984 al 20091. I picchi di scostamento dalla media
coincidono con le crisi petrolifere, in particolare la Prima Guerra del
Golfo. Tuttavia è importante vedere come dal 2000-2001 gli
scostamenti sono sensibilmente più ampi. Prendendo come
riferimento una data simbolica dopo l’11 settembre 2001 la media
degli scostamenti mensili è aumentata del 1000% e la deviazione
standard è di quindici volte superiore. A luglio 2008 il Wti è passato

1
Figura 5. Il grafico misura la volatilità come lo scostamento dalla media
mensile di dati dal 1984 al 2009.
ENI Corporate University.

Volatilitˆ
Gennaio 1984 - Maggio 2009
500
450
400
350
300
250
200
150
100
50
0
19841985198619871988198919901991199219931994199519961997199819992000200120022003200420052006200720082009

160

140
GS prevede wti a 200$
120

100

80 11 Sett 2001
Crisi asiatica
60

40
Guerra del Golfo
20
Prezzo del petrolio (WTI, US$/BBL)
0
19901991199219931994199519961997199819992000200120022003200420052006200720082009

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da $145 a $123 in quattro sedute, in termini assoluti è una
variazione impensabile che ha determinato nella stessa settimana la
fortuna e la rovina di molti operatori. La struttura del mercato si è
modificata, il rischio è aumentato trascinando gli investitori e
analisti nell’incertezza. Le prove e i motivi alla base di questo
cambiamento non sono oggetto di questo lavoro, tuttavia con l’aiuto
dei grafici e di strumenti statistici basilari come media e deviazione
standard, non è difficile supporre che le modifiche della struttura del
mercato sono quantomeno plausibili. La storia degli ultimi mesi ha
inoltre dimostrato come la maggioranza degli operatori di mercato si
è dimostrata impreparata nell’affrontare tali cambiamenti, ed è
singolare infatti che ancora a maggio 2008 gli analisti finanziari
consigliavano di assumere posizioni lunghe sul petrolio nonostante il
prezzo fosse già arrivato a cifre che solo pochi mesi prima
sarebbero state impensabili.
Il rapporto fra volatilità e petrolio è essenzialmente un rapporto
finanziario, tuttavia il prezzo del barile è determinato, come per
ogni altro bene, dall’incontro fra domanda e offerta. Nel caso del
petrolio la questione è però molto più complessa, la presenza infatti
di organismi monopolistici come l’Opec, di un giro d’affari enorme e
la forte compartecipeazione statale delle imprese produttrici
allontana sempre di più questo mercato dalla definizione di
efficienza. Questo lavoro quindi si concentra sui caratteri finanziari
cercando di trattare il petrolio come una commodity senza
dimenticare tuttavia le implicazioni geopolitiche e in particolar modo
la difficoltà di prevedere la reale quantità di petrolio rimasto. Anche
la volatilità puà essere considerata sotto due aspetti, uno negativo e
uno positivo. L’instabilità dei prezzi è la principale fonte di rischio di
molte aziende, che sono meno propense ad investire e devono
muoversi in mercati sempre più incerti. La varianza (l’indice con cui
si misura la volatilità) è propriamente un indice di dispersione che
non è la stessa cosa del rischio: la variabilità di valori alti può

9
rappresentare una gradita opportunità1. Negli ultimi mesi i mercati
spot e futures del petrolio hanno visto l’aumento della presenza di
fondi speculativi, attirati dalle possibilità di alti profitti derivanti
proprio dall’aumento incontrollato della volatilità.
Le grandi imprese che hanno come core business attività legate al
petrolio non hanno presupposti speculativi e spendono molti soldi
per monitorare costantemente il rischio attraverso gli uffici di risk
management. Negli ultimi mesi queste aziende sono state costrette
a rivedere molti dei parametri legati agli indici di variabilità come il
VaR2. Nella seconda parte del lavoro viene esaminato l’impatto della
volatilità del prezzo del petrolio sul calcolo del VaR e sui report
trimestrali di due majors del settore, l’obiettivo è quindi quello di
analizzare come il settore ha affrontato l’ondata di incertezza negli
ultimi tre anni.

Seconda parte. Value at Risk

Il VaR è una misura di rischio applicata agli investimenti finanziari.


Tale misura indica il valore minimo del capitale investito ottenibile

1
Erio Castagnoli, Abecedario di matematica finaziaria, Edizioni Cacuntala (2008)
2
Value at Risk

10
dopo un certo periodo di tempo, solitamente 1 o 10 giorni, detto
orizzonte temporale del VaR, data una certa probabilità (livello di
confidenza), solitamente pari a 95% o 99%. Poiché il VaR viene
normalmente coperto con capitale, esso è detto anche capitale a
rischio. Presupposto fondamentale è che le perdite possibili sono
descritte da una distribuzione normale, questo semplifica i calcoli
ma è un forte limite considerando che nella realtà eventi
caratterizzati da bassissime probabilità dalla gaussiana, si verificano
molto più spesso, come le bolle petrolifere.
La gestione del rischio è un argomento oggi scottante tra uomini
della finanza e i politici. Come protezione dalla bancarotta, la
maggior parte delle banche di tutto il mondo è obbligata per legge a
tenere a disposizione una certa quantità di denaro contante, una
riserva di capitale. A Basilea, la banca dei regolamenti
internazionelil aiuta a stabilire gli standard mondiali per detenere
riserve sufficienti e i banchieri e i ministri finanziari di tutto il mondo
discutono sulle nuove regola dal 2001. Uno dei metodi usuali è
proprio il VaR, che si basa sulla distribuzione normale delle perdite e
sulo moto browniano1. Per capire come funziona basta usare un
esempio. Prima si decide il livello di confidenza ovvero di quanto ci
si vuole coprire, solitamente si usano livelli sopra il %95. Questo
significa che si vuole strutturare il proprio investimento in modo che
vi sia il %95 di probabilità che le perdite rimangano al di sotto della
soglia di pericolo e soltanto un %5 che la superino. Si calcola che la
volatilità del nostro investimento (ad esmpio una posizione lunga sul
future a 3 mesi del WTI) sia circa il 10%, presumendo che le
variazioni di prezzo seguano la curva a campana. In ultimo viene
stimato che la probabilità che il nostro portafogli d’investimento

1
Concetto ereditato dalla fisica delle particelle, molti economisti finanziari
usarono il moto browniano per formulare modelli passati alla storia come il
CAPM, il modello di Black-Sholl, l’APT. L’assunto fondamentale è che gli
errori sono omoschedastici e che la varianza degli errori sia costante nel
tempo.

11
scenda più del 12 per cento è soltanto il 5 per cento. È evidente che
l’errore è molto grande, i dati dimostrano che la volatilità è molto
più ampia di come viene descritta dalla distribuzione normale, ed in
particolar modo negli ultimi mesi1.
Attraverso le società di trading Eni, Bp, Chevron e le altre grandi
conglomerate hanno posizioni aperte sulle borse petrolifere di tutto
il mondo per decine di milioni di dollari e l’utilizzo del value-at-risk
come parametro fondamentale di gestione del rischio di mercato è
incrementato non appena i prezzi e la volatilità hanno cominciato a
essere incontrollabili. La Tabella 1 descrive le variazioni del VaR
sulgli investimenti relativi al petrolio di banche e Oil Companies.
I dati si riferiscono alle medie giornaliere dell’ammontare
complessivo delle possibili perdite che possono gravare su una
compagnia sul mercato del petrolio. I modelli usati sono diversi,
tuttavia tradizionalmente la varianza viene determinata su serie
1
Benoit B. Mandelbrot, Richard L Hudson, Il disordine dei mercati- Una
visione frattale di rischio, rovina e redditività, Einaudi 2004

Nassim Nicholas Taleb, The black swan the impact of the high improbable,
Random House New York, 2007

Figura 6. Il grafico descrive gli scostamenti giornalieri dalla media


mensile del WTI spot fra gennaio 2004 e maggio 2009.
Volatilitˆ
Gennaio 2004 - Maggio
500

450

400

350

300

250

200

150

100

50

0
01-2004 07-2004 01-2005 07-2005 01-2006 07-2006 01-2007 07-2007 01-2008 07-2008 01-2009

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storiche e livello di confidenza fissato è del 95 per cento. Il VaR di
Total è fissato su un livello del 97,5 per cento. Da rilevare che
ConoscoPhilips non è fra le compagnie che usano il value-at-risk di
fatti viene giudicato “irrilevante in riferimento al net income e al
cash flow”.1La tabella riguarda il periodo di massima volatilità e le
grandi variazioni sono determinate dall’aumento della varianza sul
mercato petrolifero. I dati più interessanti riguardano in particolare i
massimi e i minimi del 2006 e del 2008. Il VaR di Bp ha un range
annuale di quasi 60 milioni di dollari nel 2008 20 milioni in più
rispetto al 2006.

Il dibattito sul risk managment in riferimento all’ultima crisi ha


decretato un la fine di alcuni modelli e parametri legati al
monitoraggi del rischio. Il presupposto di distribuzione normale delle
perdite ha relegato il VaR nel gruppo degli strumenti ormai obsoleti
e legati ad un visione ormai passata della finanza. Già nel 1998
dopo il crollo del suo LTCM2 a causa della crisi del mercato
obligazionario russo, Myron Scholes affermava:
Ora è tempo di incoraggiare la Banca dei regolamenti
internazionale e gli altri organi di controllo a sostenere le ricerche
sui test di resistenza e gli studi sulla concentrazione. Prevedere le
crisi è più importante dell’analisi VaR.3

1
Tabella 1. VaR di alcune banche e compagnie petrolifere. Dati Reuters
(www.reuters.com 18 giugno 2009)
in milioni di dollari20032004200520062006H/L200720082008 H/LOil
Majors StatOil $14,0$25,3/$5,1Bp$26,0$29,0$33,0$29,0$56,0/$16,0$26,0$2
5,0$69/$12Shellnanana$12,5$20,9/$6.2$13,0$17,0$33/$5Total$7,9$9,7$12,1$10,
8$16,2/$5,4$10,0$10,1$20,3/$4,1ENI $20,2$19,9$46,5/$3,4Chevron $29,0$39
,0 BANCHE Goldman Sachs$18,0$20,0$26,0$30,0$49/$17$26,0$44,0 Morgan
Stanley$18,0$21,0$26,0$30,0$43/$23$37,0$35,0 Jp
Morgan$3,0$9,0$21,0$45,0na/na$33,0$32,0 Barclays(GBP)£4£6£7£11£21,6/£5,7

2
Il fondo Long Term Capital Management (LTCM) era un fondo speculativo
nel cui board figuravano grandi protagonisti del mondo economico fra cui
Myron Scholes e Robert C. Merton.
3
“American Economic Review”, maggio 2000

13
Analisi dei reports trimestrali.

La volatilità incide sulle voci di bilancio tipicamente nel breve


termine, i dati trimestrali sono quindi quelli che megllio si adattano
al fine di analizzare l’impatto delle variazioni dei prezzi sui risultati
aziendali. Inoltre questi reports sono fondamentali per la
valutazione dei corsi dei titoli azionari, ed è proprio su questi dati
che gli analisti modellano le stime dei prezzi. Per le aziende del
settore Oil&Gas il valore di un barile di petrolio incide fortemente su
alcune poste di bilancio ed il management viene valutato dal
mercato in base al raggiugimento di obiettivi prefissati nel

14
brevissimo termine. Per tutti questi motivi le stime dei prezzi del
Brent e del WTI diventano cruciali per la vita delle compagnie
petrolifere.
In questa analisi ci si concentra solo su alcune voci di bilancio che
sono tipicamente più legate a dinamiche di breve termine piuttosto
che di lungo. Gli investimenti fissi, per esempio, risentono molto
poco dell’aumento di indici di variazione dei prezzi, perché sono
legate a strategie di lungo periodo. Conto economico e rendiconto
finanziario sono i documenti dove l’impatto della volatilità è più
visibile, ma con questa crisi si è visto che la valutazione a fair value
dei magazzini può portare conseguenze poco prevedibili.
In seguito verranno analizzate i risultati trimestrali di due
compagnie petrolifere: Eni e BP.
Il periodo preso in esame riguarda quattordici trimesti dal 2005 fino
al 2009, è infatti in questo arco di tempo che si sono registrati i
livelli massimi di volatilità coincidenti con la crisi mondiale che ha
determinato una sostanziale dimunizione della domanda di
combustibili fossili.

Eni.

L'Eni, ex Ente Nazionale Idrocarburi (ENI), è un'azienda creata dallo


Stato Italiano come ente pubblico nel 1953 sotto la presidenza di
Enrico Mattei, oggi il 30% dell’azionariato fa capo al Ministero
dell’economia e delle finanze e alla Cassa Depositi e Prestiti.
Presente in circa 70 paesi e impiega più di 76.000 dipendenti, il suo
core business si divide fra servizi petroliferi, petrolchimici e attività
collegate al gas naturale. Ha una capitalizzazione di borsa di circa
60,6 miliardi di euro e nell’ultimo esercizio (2008) ha rilevato ricavi
per 108,15 miliardi di euro con un utile nette di 8,82 miliardi. In

15
riguardo al business petrolifero Eni ha prodotto 1,797 milioni di
barili nel 2008, confermandosi quindi leader italiano e mondiale nel
settore Oil&Gas.
Il titolo azionario a ottobre 2008 quotava 11,50 euro dopo aver
perso attorno al 35 per cento. Oggi il titolo vale intorno ai 17 euro
essendo tornato quindi ai livelli pre-crisi.1
La Tabella 2 raggruppa alcuni dati trimestrali di conto economico,
stato patrimoniale e di rendiconto finaziari utili per l’analisi
dell’impatto della volatilità.
ENI, PRINCIPALI DATI ECONOMICI, dati in milioni
di euro, www.eni.com2

1
Figura7. Andamento del titolo Eni dal 2004.

2
I dati sono presi dai reports disponibili sul sito di Eni

16
2005 2006 2007 2008 2009
Q1 Q2 Q3 Q4 Q1 Q2 Q3 Q4 Q1 Q2 Q3 Q4 Q1 Q2 Q3 Q4 Q1 Q2
Ricavi 16.6 15.8 18.1 21.5 23.5 20.7 20.3 21.4 21.9 19.7 20.1 25.2 28.3 27.10 28.16 24.6 23.7 18.2
Operativi 54 41 21 36 84 39 66 16 13 54 90 92 13 9 1 07 41 67
Utile 4.38 3.65 4.27 4.39 5.59 4.94 4.82 3.95 5.10 4.21 4.37 5.16 6.17 3.96 2.40
5.723 6.276 308
Operativo 7 4 0 9 5 7 8 7 5 8 9 6 8 7 5
Utile
2.51 2.76 3.68 3.55 4.30 4.09 4.04 3.19 3.13 3.48 3.30 3.92 4.37 1.98 2.37 1.77
Operativo 0 1 2 9 3 0 1 5 2 3 9 9 6
4.993 5.285
7 4 8
E&P
2.44 1.89 2.46 2.10 2.97 2.48 2.51 1.69 2.58 2.22 2.45 3.18 3.59 2.11 1.04
Utile Netto 5 8 4 5 4 3 2 8 8 0 9 4 5
3.632 3.089 758
0 0

Free cash 2.78 4.48 3.26 2.59 3.40 2.50 2.55 2.43 2.18
163 575 509 1.787 2.017 405 859
flow 5 1 0 8 0 7 2 8 4

Variazione
dell'indebitam
3.05 4.12 4.18 2.54 2.91 2.91 5.27 2.30 4.89 1.84 1.82
ento 7 1 4
103
4 5 5 0 8 7
736 974 1.258 553
8 7
finanziario
netto

Indebitamen
to 10.4 6.39 3.85 6.76 3.85 9.12 11.4 16.3 15.5 16.56 17.82 18.3 16.5 18.3
finanziario 75 4 0 5 2 2 30 27 91 5 3 76 28 55
netto

Leverage 0,27 0,16 0,09 0,16 0,09 0,22 0,26 0,38 0,35 0,38 0,37 0,38 0,32 0,37

investimenti 1.05 1.16 1.22 1.51 1.15 1.15 1.93 1.93 1.47 1.72 2.06 2.12 2.91 2.14 2.75
961 2.340 2.051
tecnici E&P 3 7 8 6 3 2 7 7 1 5 3 2 6 8 9

Cambio
medio 1,31 1,26 1,22 1,19 1,20 1,23 1,27 1,29 1,31 1,34 1,37 1,45 1,50 1,56 1,50 1,31 1,30 1,36
EUR/USD
Prezzo
$47, $51, $61, $56, $61, $65, $69, $59, $57, $68, $74, $88, $96, $121, $114, $54, $44, $58,
medio del 50 59 54 90 75 69 49 68 75 76 87 70 90 38 78 91 40 79
Greggio

17
18
Ricavi e Utili.

È pacifico che le voci che risentono maggiormente delle variazioni


del prezzo del petrolio sono proprio quelle relative alle vendite. Eni è
presente in diversi altri mercati oltre a quello del petrolio tuttavia
dalla Figura 8 si evince come i ricavi trimestrali sono fortemente
correlati all’andamento dei prezzi del barile1. Nel primo grafico sono
rappresentatei invece Utile Operativo, Utile Operativo della divisione

1
Figura 8. I due grafici mettono a confronto l’andamento del prezzo del
petrolio con i dati trimestrali relativi a ricavi e utili.

Milioni di euro

Û7.000 $140,00

Û6.000
$120,00

Û5.000

$100,00
Û4.000

$80,00
Û3.000

Û2.000
$60,00

Û1.000
$40,00

Û0
Q1 Q2 Q3 Q4 Q1 Q2 Q3 Q4 Q1 Q2 Q3 Q4 Q1 Q2 Q3 Q4 Q1 Q2
$20,00
Û1.000

Û2.000 $0,00

Utile Operativo Utile Operativo E&P Utile Netto WTI

Milioni di euro

Û30.000 $140,00

$120,00
Û25.000

$100,00
Û20.000

$80,00

Û15.000

$60,00

Û10.000
$40,00

Û5.000
$20,00

Û0 $0,00
Q1 Q2 Q3 Q4 Q1 Q2 Q3 Q4 Q1 Q2 Q3 Q4 Q1 Q2 Q3 Q4 Q1 Q2

Ricavi Operativi WTI

19
Expolration & Production e l’Utile Netto. L’Utile operativo E&P è
ovviamente il più correlato al WTI, ma tutte e tre le voci seguono un
trend crescente fino al terzo trimestre del 2008. Proprio a luglio è
infatti cominciato il crollo dei prezzi e i massimi picchi di volatilità,
Eni ha registrato una perdita di 758 milioni di euro nel quarto
trimestre, un risultato pesantemente negativo, tanto da aver
trascinato il titolo sotto i 12 euro. La ripresa dei prezzi di inizio 2009
non ha influenzato il trend negativo dei ricavi, ma anche degli utili.
Tuttavia le motivazioni sono da ricercare nella sensibile diminuzione
della domanda di petrolio causata dalla crisi economica in atto nella
flessione delle vendite del secondo trimestre, fenomeno di tipo
stagionale.

Investimenti tecnici E&P.

Gli investimenti sono voci di bilancio che tipicamente sono riferibili a


ottiche di lungo periodo. Nonostante quindi la grande crisi e il crollo
dei prezzi del petrolio, dai dati trimestrali si intuisce l’indipendenza
dalle dinamiche di mercato di brevissimo periodo.1 Nonostante il
crollo dei prezzi sia nel quarto trimestre 2008 che nel secondo
1
Figura 9. Le due linee descrivono il prezzo del WTI e gli investimenti
tecnici della divisione exploration&production.
Milioni di euro

Û3.500 $140,00

Û3.000 $120,00

Û2.500 $100,00

Û2.000 $80,00

Û1.500 $60,00

Û1.000 $40,00

Û500 $20,00

Û0 $0,00
Q1 Q2 Q3 Q4 Q1 Q2 Q3 Q4 Q1 Q2 Q3 Q4 Q1 Q2 Q3 Q4 Q1 Q2

investimenti tecnici E&P WTI

20
trimestre 2009 gli investimenti tecnici hanno superato i 2500
miliardi di euro.

Free cash flow.

I flussi di cassa e le dinamiche monetarie, sono in parte legate ai


risultati positivi, ma in gran parte sono influenzate da fattori
aziendali, come il pagamento dei dividendi. Il confronto dei dati
trimestrali relativi ai free cash flow e dell’andamento dei prezzi del
petrolio mostra che probabilmente i flussi monetari dipendono in
minima parte dall’aumento dei ricavi. Nei primi tre trimestri 2007, in
un momento di grande favore economico, ENI registra tre ingenti
flussi negativi a dimostrare la poca correlazione positiva fra le due
variabili. Un altro risultato negativo viene registrato a fine 2008,
sottolineando un trimestre di crisi.

Come previsto la volatilità dei prezzi petroliferi è visibile soprattutto


in riferimento ai dati di conto economico, per quanto riguarda il
rapporto di indebitamento si nota dalla tabella che il ricorso a debito
aumenta nel periodo di maggior prosperità ovvero fra il 2006 e il
2008, tuttavia non è possibile trarre conclusioni convincenti poiché
le motivazioni alla base di tali scelte possono essere di natura molto
diversa rispetto al movimento dei mercati.

21
Principali dati economici
BP Milioni di dollari
Q2 Q3 Q4 Q1 Q2 Q3 Q4 Q1 Q2 Q3 Q4 Q1 Q2 Q3 Q4 Q1 Q2
59.40 67.99 63.81 64.77 73.71 73.00 62.83 62.71 74.39 72.83 81.49 90.14 110.98 104.82 61.09 48.08 56.56
Ricavi 4 1 7 1 1 2 2 6 2 8 2 8 2 9 4 5 1
Utile 10.05 10.81 11.02 10.87 11.65
8.010 5.580 8.869 4.451 7.357 6.809 7.307 14.727 12.525 (3.663) 4.498 7.093
Operativo 2 3 5 9 0

Utile operativo 10.07 10.05


5.877 6.918 6.763 7.056 8.255 5.570 6.317 7.165 6.297 7.950 10.819 12.545 4.497 4.286 5.062
E&P 2 4

utile netto 5.660 6.531 3.778 5.694 7.343 6.294 2.955 4.746 7.441 4.478 4.504 7.212 9.470 8.186 (3.202) 2.597 4.429

Flusso di cassa 10.89


6.737 6.371 4.239 8.923 9.149 5.130 4.970 7.978 6.086 6.356 4.289 6.718 14.864 5.619 5.572 6.757
operativo 4

Rapporto di
indebitamento 23% 24% 20% 20% 18% 19% 25% 25% 23% 24% 28% 24% 24% 21% 27% 29% 28%
netto

22
BP plc.

La BP plc, originariamente British Petroleum, è una società del


Regno Unito operante nell'energia e soprattutto nel petrolio e nel
gas naturale, settori in cui è uno dei quattro maggiori attori a livello
mondiale. La capitalizzazione di borsa è di $166 miliardi, nel 2008
ha fatturato circa $370 miliardi ed un utile netto di $21 miliardi.1 Nel
2005 è risultata la maggior compagnia petrolifera mondiale per
fatturato, seconda solo ai supermercati Wall-Mart. La storia di Bp si
intreccia con la storia inglese e mediorientale, tuttavia oggi è un
impresa globale diffusa sui cinque continenti in centinaia di nazioni.
Il settore petrolifero è sicuramente quello più attivo e il crollo dei
prezzi del barile ha influenzato pesantemente il titolo azionario
facendolo crollare del %30, solo da qualche mese sta ricominciando
a risalire, tuttavia non si è arrivati ancora ai livelli pre crisi.

Conto economico.
1
Figura 10. Prezzo della’azione di Bp. Orizzonte 5 anni.

23
Bp produce ogni trimeste un grandissima mole di affari1, dal grafico
si può intuire come una percentuale molto alta dei ricavi è
riconducibile al business petrolifero, l’andamento delle due variabili
è quasi identico. Questa azienda apparaentemente soffre in maniera
particolare l’andamento scostante dei prezzi. È interessante il
comportamento dell’impatto degli utili della divisione Oil sull’utile
operativo, il primo infatti influenza il secondo in particolare nei
momenti di flessione dei profitti. Facendo un’analisi comparata ai

1
Figura 11. Andamento di ricavi di BP e prezzo del WTI
120.000 $140,00

$120,00
100.000

$100,00
80.000

$80,00
60.000
$60,00

40.000
$40,00

20.000
$20,00

Ð $0,00
Q2 Q3 Q4 Q1 Q2 Q3 Q4 Q1 Q2 Q3 Q4 Q1 Q2 Q3 Q4 Q1 Q2

Ricavi WTI

20.000

15.000

10.000

5.000

Ð
Q2 Q3 Q4 Q1 Q2 Q3 Q4 Q1 Q2 Q3 Q4 Q1 Q2 Q3 Q4 Q1 Q2

(5.000)

Utile Operativo Utile operativo E&P

24
risultati di ENI, i dati di BP sembrano essere determinate più
fortemente dalla dinamica dei prezzi del petrolio rispetto all’azienda
italiana; questo potrebbe essere determinato dall’espansione della
divisione gas di ENI che ha limitato la dipendenza dei risultati di
conto economico dalle vendite di greggio. Il quarto trimestre 2008
ha segnato momenti difficili per tutto il settore, anche Bp come ENI
è segnata da un crollo dei ricavi e degli Utili. I ricavi hanno segnato
una diminuzione di quasi il 40% rispetto al trimestre precedente e
gli utili netti, trascinati dal dato negativo sugli utili operativi, ha
segnato un meno $3.200 milioni. L’aspetto più grave è il dato
negativo degli utili operativi, tuttavia il settore E&P è rimasto
positivo seppur registrando una flessione notevole. I flussi di cassa
operativi continuano ad essere positivi anche in periodo di crisi.

Indebitamento.

La struttura dell’indebitamento netto sembra simile per le due


aziende, che come il settore in generale in particolare in riguardo
all’europa, si mantiene sotto il 50 per cento. Ciò implica la
predilezione dei mezzi propri in un business fortemente rischioso
poiché legato, come analizzato, alla volatilità dei prezzi delle
materie prime. Nei trimestri caratterizzati da una congiuntura
favorevole le due aziende aumentano la percentuale dei loro debiti
spinti dall’ondata positiva dei mercati. Nessuna delle due società
però si spinge oltre la percentuale del % 40 di debiti netti in
rapporto ai mezzi propri.

Conslusioni.

25
Uno dei segnali della fine di una crisi è l’aumento della domanda di
energia. Il petrolio è stato per lungo tempo il motore delle economie
sviluppate, ora sta lo sta diventando anche di quai paesi considerati
in forte crescita. Per quanto avrà ancora questo ruolo? Quando
finiranno le riserve? Come gli economisti sanno, la vera domanda è:
quando non sarà più economicamente giustificato l’estrazione di
combustibile fossile?
Nei mesi precedenti alla crisi, considerato il “super spike” dei prezzi,
molti osservatori e analisti hanno fatto notare la possibilità che la
produzione giornaliera avesse raggiunto il suo massimo, il cosidetto
picco di Hubbert. La teoria del picco di Hubbert è una teoria
scientifica proposta dall’omonimo scienziato americano nel 1956.
Essa riguarda l’evoluzione temporale di una qualsiasi risorsa
minerale o fonte fossile esauribile o fisicamente limitata. A partire
dai sati relativi alla storia estrattiva si può dedurre la soglia
massima oltre la quale la produzione non può che diminuire. Questa
crescita spropositata dei prezzi ha fatto pensare a molti studiosi che
il limite fosse stato raggiunto. Questa potrebbe essere una
spiegazione plausibile dell’incertezza rilevatasi sul mercato del
petrolio per tutto il 2008 e soprattutto l’aumento spropositato della
volatilità. Il grafico nella Figura 12 (pagina seguente) raffigura la
distribuzione dei dati gironalieri del WTI fra il 1990 e il 2009. È
singolare come la distribuzione delle rilevazioni prima del 2000
sembra una curva a camapana, la famosa curva di Guass.
Aggiungendo i dati del primo decennio del terzo millennio la figura
perde la forma tipica della normale e i dati si disperdono senza
apparente logica. È come se dopo il 2000 il mercato smettesse di
seguire delle regole gettando nel caos imprese e investitori. Cosa
significa? È il segnale del picco massimo di produzione oppure le
bolle sono eventi insiti nel mercato pur essendo eventi totalmente

26
imprevedibili?1
Benoit Mandelbrot nel lontano 1963 pubblicò un articolo nel quale
sosteneva che dopo aver studiato centinaia di dati sul prezzi del
cotone aveva osservato una particolarità: essi si comportavano
come fossero governati da una legge di potenza e distribuiti
secondo una distribuzione L-stabile, ovvero con le code più spesse.
Il petrolio è una materia prima, come del resto il cotone, ed ha
variazioni di prezzo troppo ampie per essere spiegate con una
normale, ma possibili con una distribuzione a code più spesse. Dopo
questa crisi gran parte dei modelli di risk management verranno
rivisti, forse però bisogna liberarsi di alcuni presupposti della teoria
finanziaria moderna che fino ad oggi non sono stati in grado di
prevedere i numerosi shock finanziari del nostro tempo.
I teorici classici somigliano a studiosi della geometria euclidea, in un
mondo non euclideo, i qual, scoprendo che nell’esperienza le linee rette
apparentemente spesso si incontrano, rimproverano le linee perché non rigano
dritto.
JHON MAYNARD KEYNES

Bibliografia.

1
Fugura 12. Distribuzione dati giornalieri del WTI

350

300

250
2000-2009
1990-1999
200

150

Numero di giorni
100

50

0
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110 120 130 140

WTI (US$/boe)

27
• V. Smil, Oil, Oneworld publications (2008)
• Chia-Lin Chang, Michael McAleer, Roengchai Tansuchat,
Forecasting Volatility and Spillovers in Crude Oil Spot,
Forward and Futures Markets, (2009), www.ssrn.com
• Benoit B. Mandelbrot, Richard L Hudson, Il disordine dei
mercati- Una visione frattale di rischio, rovina e redditività,
Einaudi 2004
• Nassim Nicholas Taleb, The black swan the impact of the high
improbable, Random House New York, 2007
• American Economic Review

• Erio Castagnoli, Abecedario di matematica finaziaria, Edizioni


Cacuntala (2008)
• Paolo Mottura, Sergio Paci, Economia e gestione delle
istituzioni finanziarie, Egea (2008)

• www.bloomberg.com
• www.reuters.com
• www.google.com/finance
• it.finance.yahoo.com/
• www.econbrowser.com
• www.eni.com
• www.bp.com

• Fonte dati: ENI Corportae University

28

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