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IL GIARDINO PROFUMATO
DELLE DELIZIE SENSUALI
Trattato sull'amore
del XV secolo
Fu Guy de Maupassant, con una lettera al suo editore dall'Algeria, che nel 1884
fece conoscere all'Occidente questo delizioso libro arabo, che era stato scoperto
nel 1850 da un ufficiale francese della locale guarnigione, il quale l'aveva
tradotto in francese, senza però trovare una tipografia disposta a stamparlo (non
dimentichiamo com'era puritana l'Europa nella seconda metà del XIX secolo!).
L'ostacolo era stato coraggiosamente superato da quattro ufficiali francesi
appassionati di cultura araba, che avevano litografato di nascosto l'opera con le
macchine dell'amministrazione francese, ma che furono scoperti quando erano
riusciti a stampare solo 35 copie. Fu una di esse che capitò nelle mani di
Maupassant, un anno prima che quelle preziose litografie – che oggi
costituiscono una delizia per gli antiquari, anche per la presenza di 56
illustrazioni erotiche, di cui 13 fuori testo – fossero riprodotte in facsimile da
un'edizione pirata.
Tuttavia, le copie stampate da Liseux, l'editore di Maupassant, non furono
molte di più: 220.
Un'opera come quella non poteva non attirare l'attenzione del grande
esploratore e studioso di cose orientali Richard Burton, che la tradusse dal
francese e la fece conoscere al mondo anglosassone.
Anche se, come abbiamo visto, giunse in Europa con credenziali di tutto
rispetto, solo da poco questo trattato arabo sull'amore fisico è uscito dal limbo
delle opere proibite, stampate sempre in un numero limitato di copie,
accessibili quindi solo a pochi fortunati, che non sempre erano quelli più in
grado di capirle, anzi erano spesso solo dei collezionisti di opere pornografiche!
Ora il concetto di pornografia è strettamente collegato a quello di peccato, ne è
anzi, in pratica, il rovescio della medaglia. Essa, di conseguenza, esiste solo
dove e per chi il sesso è peccato. Giustamente, perciò, nessuno si sogna di
definire pornografica l'Ars Amandi di Ovidio o il Decameron o i romanzi di
Henry Miller, ma a maggior ragione dovrebbe essere così anche per libri,
appartenenti a culture lontanissime dalla nostra, che ci sembrano osceni solo
perché atti e organi sessuali vi sono nominati con il linguaggio esplicito di chi
ignora il peccato.
Si può discutere se l'Islam abbia il concetto di peccato come il Cristianesimo e
l'Ebraismo, ma ci limitiamo a invitare il lettore a soffermarsi sull'inizio del
Giardino profumato:
Sia lodato Dio che ha messo il piacere dell'uomo nelle parti naturali della
donna e ha assegnato alle parti naturali dell'uomo il compito di dare alla
donna il massimo godimento.
Questo è il contrario del peccato, è l'esaltazione del sesso come opera meritoria
di Dio! Anche se da un punto di vista maschilista, di un maschilismo così
integrale che, più che indignarci, ci fa sorridere.
Non si sa molto dello sceicco Nefzaui, l'autore del Giardino profumato, vissuto
probabilmente a Tunisi nel XVI secolo. Il cognome.con cui si firma dev'essere
derivato dal suo luogo natale, la cittadina di Nefzua nel Sud della Tunisia. C'è
anche una leggenda su di lui: essendo Nefzaui molto rinomato come giurista,
letterato e medico, il bey di Tunisi volle dargli la carica di cadì, ma il nostro era
un uomo schivo che voleva rimanere fuori dalla politica, e chiese al sovrano di
rimandare la sua nomina per permettergli di finire il libro che stava scrivendo.
Incuriosito, il bey volle sapere come fosse questo libro e, saputolo, decise che
non era il caso di nominare cadì il suo autore. Gli studiosi, veri frantumatori di
leggende, hanno naturalmente distrutto anche questa, mettendo in evidenza un
sacco di contraddizioni. Peccato, perché con un libro come questo una leggenda
ci stava proprio bene!
G. GELATO
INTRODUZIONE
OSSERVAZIONI GENERALI SUL COITO
Sia lodato Dio che ha messo il piacere dell'uomo nelle parti naturali della donna
e ha assegnato alle parti naturali dell'uomo il compito di dare alla donna il
massimo godimento.
Egli non ha permesso alle parti della donna alcuna sensazione piacevole o
soddisfacente se non quando esse non sono state penetrate dall'organo del
maschio; e allo stesso modo gli organi sessuali dell'uomo non conoscono riposo
né quiete finché non hanno penetrato quelli della donna.
Da qui la mutua operazione. Essa si svolge tra i due attori che lottano, si
allacciano, in una specie di animato conflitto. Grazie al contatto delle parti
inferiori dei due ventri, il piacere divampa subito.
L'uomo è all'opera come un pestello, mentre la donna lo asseconda con
movimenti voluttuosi; infine
giunge l'eiaculazione.
Il bacio sulla bocca, sulle guance, sul collo, come pure il succhiare fresche
labbra, sono doni di Dio, destinati a causare l'erezione al momento favorevole.
E’ stato ancora Dio che ha abbellito il petto della donna con i seni e ha dato
colori vivi alle sue guance.
Le ha anche dato degli occhi che ispirano amore e ciglia simili a lame lucenti.
Le ha fornito un ventre rotondo, un bell'ombelico, delle maestose natiche; e
tutte queste meraviglie sono sostenute dalle cosce. E tra queste che Dio ha
messo l'arena del combattimento; quando essa è di forme abbondanti, somiglia
alla testa di un leone. E chiamata vulva. O, quanti eroi!
Dio ha dato a questo oggetto una bocca, una lingua, due labbra; sembra l'orma
dello zoccolo della gazzella sulla sabbia del deserto.
Il tutto è sorretto da due stupende colonne, che dimostrano la potenza e la
saggezza di Dio; esse non sono né troppo lunghe né troppo corte; e sono
abbellite da ginocchia, polpacci, caviglie e calcagni,
su cui si mettono ricchi monili.
Poi l'Onnipotente ha immerso la donna in un mare di splendori, voluttà e
delizie, di preziosi indumenti, con cinture scintillanti e vesti che suscitano il
sorriso.
Dunque lodiamoLo ed esaltiamoLo per aver creato la donna, con le sue
bellezze e il suo corpo appetitoso; Egli le ha dato la lunga chioma, un petto con
i seni rigonfi e modi amorosi, che risvegliano il desiderio.
Il Signore dell'Universo ha dato loro l'impero della seduzione; tutti gli uomini,
deboli o forti, sono soggetti alla debolezza dell'amore per la donna. Lo stato di
malinconia in cui versano gli animi di coloro che amano e sono separati
dall'oggetto amato fa ardere i loro cuori del fuoco amoroso; sono oppressi da un
senso di avvilimento e infelicità; soffrono nelle vicissitudini della passione; e
tutto ciò a causa del loro ardente desiderio di contatto.
Io, servo di Dio, lo ringrazio che nessuno possa evitare d'innamorarsi delle
belle donne né sfuggire al desiderio di possederle, né con il mutamento, né con
la fuga, né con la separazione.
Testimonio che esiste un solo Dio e che non ha nessuno al suo fianco. Compirò
questa testimonianza il giorno dell'ultimo giudizio.
Testimonio anche al nostro signore e padrone, Maometto, servo e ambasciatore
di Dio, il maggiore dei profeti (la benedizione e la pietà del Signore siano su di
lui, sui suoi discendenti e i suoi discepoli!) che io serbo preghiere e benedizioni
per il giorno del giudizio, quel momento terribile.
Ho scritto questa magnifica opera dopo un libretto intitolato La torcia del
mondo, che tratta i misteri della procreazione.
Quest'ultima opera venne a conoscenza del Visir del nostro signore Abd-el-
Aziz, sovrano di Tunisi.
L'illustre Visir era il suo poeta, il suo compagno, il suo amico e il suo segretario
privato. Dava buoni consigli, era sincero, sagace e saggio, l'uomo più colto del
suo tempo e ben edotto in tutte le cose. Si chiamava Mohammed ben Ouana ez
Zonaoui ed era originario di Zanaoua. Era stato allevato ad Algeri ed era in
quella città che il nostro signore Abd-el-Aziz el Mafsi l'aveva conosciuto.
Il giorno in cui Algeri fu conquistata il sovrano riparò con lui a Tunisi (possa
Iddio conservare questa terra in suo potere fino al giorno della resurrezione) e
lo nominò suo Gran Visir.
Quando il libro citato giunse nelle sue mani, egli mi mandò a chiamare,
sollecitandomi ad andare da lui. Io andai subito a casa sua ed egli mi ricevette
molto onorevolmente.
Tre giorni dopo venne da me e, mostrandomi il mio libro, disse: «Questa è
opera tua». Io arrossii ed, essendosene accorto, egli aggiunse: «Non devi
vergognarti; tutto ciò che dici qui è vero; nessuno può scandalizzarsi delle tue
parole. Inoltre, non sei il primo ad avere trattato questa materia; e io giuro su
Dio che è necessario conoscere questo libro. Solamente il pedante senza
vergogna e il nemico di tutta la scienza non lo leggera o lo deriderà. Ma vi sono
altre cose di cui tu devi ancora scrivere». Io gli domandai quali fossero ed egli
rispose: «Vorrei che tu aggiungessi all'opera un supplemento, in cui si parli dei
rimedi non trattati e aggiungendo tutti i fatti rilevanti, senza omettere nulla.
Descriverai in esso i motivi dell'atto della procreazione, come pure ciò che lo
impedisce. Parlerai dei mezzi per rimuovere gli ostacoli e il modo di aumentare
la grossezza del membro virile, quando è troppo piccolo, e di renderlo
splendido. Citerai poi i mezzi per eliminare gli odori sgradevoli dalle ascelle e
dalle parti naturali delle donne, e quelli per restringere l'organo femminile.
Inoltre parlerai della gravidanza, così da rendere il tuo libro perfetto e in nulla
manchevole. E, infine, tu avrai compiuto la tua opera, se il tuo libro soddisferà
tutti i desideri».
Io risposi al Visir: «O, mio signore, tutto ciò che ora hai detto non è difficile da
fare, se piace a Dio nell'alto dei cieli».
Quindi mi accinsi immediatamente a scrivere questo libro, implorando
l'assistenza dell'Onnipotente (possa egli riversare le sue benedizioni sul suo
profeta e possano la felicità e la pietà essere con lui). Ho intitolato quest'opera
per la ricreazione dell'anima (Er Roud el Ater p'nezaha el Khater).
E preghiamo il Signore dell'Universo (ed egli è il solo Dio e non v'è nulla di
buono che non venga da lui) di concederci il Suo aiuto e di guidarci sulla buona
strada; poiché non c'è potere né gioia che nell'alto e potente Iddio.
Ho diviso questo libro in ventun capitoli, per agevolarne la lettura al taleb
(studente) che desidera imparare e per facilitare la sua ricerca. Ogni capitolo
tratta di un argomento particolare che può essere anatomico, o aneddotico, o
riguardare le astuzie e gli inganni delle donne.
CAPITOLO I
DEGLI UOMINI DEGNI DI LODE
Sappi, o Visir (la benedizione di Dio sia su dite), che esistono diversi generi di
uomini e donne; e fra questi alcuni sono degni di lode, mentre altri sono da
biasimare.
Quando un uomo degno di lode si trova vicino alle donne, il suo membro
s'ingrossa, diventa forte, vigoroso e duro; non eiacula rapidamente e, dopo la
tempesta provocata dall'emissione dello sperma, presto s'indurisce ancora.
Un uomo simile piace ed è apprezzato dal sesso femminile, perché la donna
ama l'uomo soltanto in funzione del coito. Per questo il suo membro dovrebbe
essere di notevoli dimensioni e lunghezza.
Quest'uomo dovrebbe avere il petto largo e le natiche grosse; dovrebbe essere
capace di regolare la sua emissione e venir facilmente eccitato; il suo membro
dovrebbe raggiungere il fondo del canale femminile e riempirlo completamente
in ogni sua parte. Costui sarebbe amato dalle donne, poiché, come dice il poeta:
Il membro virile, per piacere alle donne, deve essere lungo non più di dodici
pollici, o tre palmi, e non meno di sei pollici, o un palmo e mezzo.
Vi sono uomini con membri di dodici pollici, o tre palmi; altri con membri di
dieci pollici, o due palmi e mezzo. Altri ancora di otto pollici, o due palmi. Un
uomo col membro di dimensioni inferiori non può soddisfare le donne.
L'uso dei profumi, sia da parte dell'uomo sia da parte della donna, eccita l'atto
della copulazione. La donna sentendo quelli usati dall'uomo, se ne inebrierà; ed
essi hanno spesso fornito un forte appoggio all'uomo, favorendolo nel prendere
possesso di una donna.
A questo proposito si racconta di Mossailama, l'impostore, figlio di Kaiss (che
Dio lo maledica!), il quale pretendeva d'avere il dono della profezia e imitava il
Profeta di Dio (benedizioni e salve a lui). Per questo egli e un gran numero di
arabi incorsero nell'ira dell'Onnipotente.
Mossailama, figlio di Kaiss, l'impostore, maliterpretò il Corano con le sue
menzogne e i suoi inganni riguardo a un capitolo del Libro, che l'angelo
Gabriele (Ave!) aveva rivelato al Profeta (la misericordia di Dio e salute a lui),
gente di cattiva fede andò a trovare Mossailama, il quale disse: «Anche a me
l'angelo Gabriele ha rivelato un capitolo simile».
Egli derideva ii capitolo intitolato «L'Elefante», dicendo: «Nel capitolo
'L'Elefante' io vedo l'elefante. Cos'è l'elefante? Cosa significa? Cos'è questo
animale? Ha una coda e un lungo tronco. Certamente è una creazione del nostro
Dio, il magnifico».
Anche il capitolo dal titolo «Kouter» fu oggetto di controversia. Egli disse: «Ti
abbiamo dato pietre preziose e la preferenza su ogni altro uomo, ma bada di
non inorgoglirtene».
Così Mossailama pervertì vari capitoli del Corano con le sue menzogne e
imposture.
Stava facendo il suo lavoro quando sentì parlare del Profeta (salute e la
misericordia di Dio a lui). Seppe che, quando metteva le sue venerabili mani su
una testa calva, i capelli crescevano immediatamente; quando sputava in un
pozzo, l'acqua veniva in abbondanza, mentre l'acqua sporca diventava subito
chiara e buona da bere; quando sputava in un occhio cieco ed offuscato, esso
riacquistava subito la vista e quando poneva le mani sul capo d'un bambino,
dicendo: «Vivi un secolo», il piccolo viveva per raggiungere i cento anni.
Quando i discepoli di Mossailama videro queste cose o ne sentirono parlare,
andarono da lui e dissero: «Hai saputo di Maometto e delle sue imprese?» Egli
ribatté: «Io farò meglio».
Ma Mossailama era un nemico di Dio e, quando mise la sua infausta mano sulla
testa di un uomo con pochi capelli, questi divenne subito completamente calvo;
quando sputò in un pozzo con poca acqua, ma dolce questa divenne subito
sporca per volontà dell'Onnipotente; quando sputò in un occhio malato, esso
perdette subito la vista e quando mise la mano sulla testa di un bambino
dicendo: «Vivi cento anni», il piccino morì entro un'ora. Vedete, fratelli, cosa
succede a coloro che chiudono gli occhi alla luce, venendo privati dell'aiuto
dell'Onnipotente!
E queste furono le azioni di una donna chiamata Chedjâ el Temimia, della tribù
Beni-Temim, la quale pretendeva di essere una profetessa. Ella aveva sentito
parlare di Mossailama, e lui di lei. Quella donna era potente, perché i Beni-
Temim formano una tribù numerosa. Ella disse: «Il dono della profezia non può
appartenere a due persone. O costui è un profeta, e allora io e i miei discepoli
seguiremo le sue leggi, o io sono una profetessa, e allora egli e i suoi discepoli
seguiranno le mie». Questo avveniva dopo la morte del Profeta (salve e
misericordia di Dio a lui).
Quindi Chedjâ scrisse a Mossailama una lettera, in cui gli diceva: «Non è
conveniente che due persone contemporaneamente professino la profezia; a uno
solo è dato di essere profeta. Dunque c'incontreremo, noi e i nostri discepoli,
per esaminarci l'un l'altra. Discuteremo su ciò che ci viene da Dio (il Corano) e
ubbidiremo le leggi di quello che sarà riconosciuto il vero profeta». Poi chiuse
la lettera e la diede a un messaggero, dicendogli: «Porta questa lettera a
Yamama e consegnala a Mossailama ben Kaiss. Io ti seguirò con l'esercito».
L'indomani Chedjâ montò in sella, con la sua cavalleria, e seguì le ombre del
suo inviato. Quando quest'ultimo giunse da Mossailama, gli rese omaggio e gli
consegnò la lettera.
Mossailama l'aprì e la lesse, comprendendone il contenuto. Ne fu molto stupito
e cominciò a discutere con gli uomini del suo gum, uno dopo l'altro, ma non
trovò nulla nel loro consiglio e nelle loro opinioni che potesse trarlo
d'impaccio.
Mentre era così perplesso, uno dei superiori del suo gum si fece avanti e gli
disse: «Oh Mossailama, calma la tua anima e raffredda i tuoi occhi. Io ti darò il
consiglio d'un padre al figlio».
Mossailama disse: «Parla, e possano le tue parole essere sincere».
E l'altro riprese: «Domattina pianta fuori della città una tenda di broccato
multicolore e forniscila con arredi di seta d'ogni sorta. Riempila di molti
profumi diversi, rosa, fior d'arancio, giunchiglia, gelsomino, giacinto, garofano,
e di piante fragranti. Quindi facci portare parecchi incensieri d'oro pieni di aloe
verde, ambra grigia, nedde e così via. Appendili in modo che nemmeno un alito
di questi profumi possa uscire dalla tenda. Quando ti pare che il vapore sia
abbastanza forte da impregnare l'acqua, siediti sul tuo trono, manda a chiamare
la profetessa e falla entrare nella tenda, dove resterà sola con te. Quando sarete
così insieme e lei inalerà i tuoi profumi, ne trarrà grande diletto, tutto il suo
corpo si rilascerà dolcemente e infine sentirà un grande languore. Quando la
vedrai in questo stato, chiedile di concederti i suoi favori. Ella non esiterà a
offrirsi e, una volta che l'avrai posseduta, ti sarai tolto dall'imbarazzo causato
da lei e dal suo gum».
Mossailama esclamò: «Hai parlato bene! Com'è vero che Dio vive, il tuo
consiglio è buono e ben pensato». Quindi organizzò ogni cosa.
Quando vide che il vapore profumato era abbastanza denso nella tenda da
impregnare l'acqua, sedette in trono e mandò a chiamare la profetessa. Quando
questa arrivò, diede ordine di farla entrare; lei entrò e rimase sola con lui. Egli
la fece conversare. Mentre Mossailama parlava, Chedjâ perdette tutta la sua
presenza di spirito, diventando impacciata e confusa.
Quando la vide in questo stato, egli capì che desiderava l'amplesso e disse:
«Vieni, alzati e lascia che io ti possieda; questo posto è stato preparato proprio
per questo. Se vuoi puoi giacere sulla schiena, oppure metterti carponi, o
inginocchiarti come in preghiera, con la fronte che tocca il suolo e le natiche
all'aria, formando un tripode. Di' quale posizione preferisci e sarai soddisfatta».
La morte di Mossailama era stata predetta nella profezia di Abou Beker (che
Dio sia buono con lui). Infatti egli fu ucciso da Zeid ben Khettab. Altri dicono
che a togliergli la vita fu Uhcha, uno dei suoi discepoli. Dio solo sa se fu
quest'ultimo. Egli stesso dice: «Nella mia ignoranza ho tolto la vita al migliore
degli uomini, Haman ben Abd el Mosaleb, poi ho ucciso il peggiore. Spero che
Dio perdonerà una di queste azioni grazie all'altra». Il significato delle parole
«ho tolto la vita al migliore degli uomini» è che Uhcha, prima di conoscere il
Profeta, aveva ucciso Hamza (che Dio sia buono con lui) e, avendo in seguito
abbracciato l'islamismo, uccise Mossailama.
Quanto a Chedjâ el Temimia, per grazia di Dio si pentì ed accolse la fede
islamica; sposò uno dei seguaci del Profeta (che Dio sia buono con suo marito).
Udendo queste parole, Mamun scoppiò a ridere, fin quasi a rovesciarsi sui
cuscini. Poi, come prova della sua gentilezza, diede a Bahlul la sua veste d'oro,
un indumento bellissimo.
Di ottimo umore, Bahlul andò a casa del Gran Visir. Proprio allora Hamdonna
guardò dall'alto del suo palazzo in quella direzione e lo vide. «Per il Dio del
tempio della Mecca!» disse alla sua negra. «C'è Bahlul con una bellissima veste
intessuta d'oro! Come posso venirne in possesso?»
«Ah, padrona,» disse la negra, «non potete pensare di riuscirci!»
Hamdonna replicò: «Mi è venuto in mente un trucco per riuscire nel mio scopo
e avrò quella veste da lui».
«Bahlul è un uomo scaltro,» ribatté la negra. «La gente in genere crede di
poterlo ingannare, ma, per Dio, in realtà è Bahlul a prenderli in giro. Rinunciate
all'idea, padrona mia, e state attenta a non cadere nella trappola che intendete
disporre per lui».
Ma Hamdonna disse di nuovo: «Devo provarci!». Poi mandò la sua negra da
Bahlul, con l'invito a recarsi da lei. Egli disse: «Per la benedizione
dell'Onnipotente, se qualcuno ti chiama, tu devi rispondere» e andò da
Hamdonna. Ella gli diede il benvenuto e disse: «O, Bahlul , immagino tu venga
per sentirmi cantare». «Certamente, mia signora!» disse lui. «Voi avete un dono
meraviglioso per il canto».
«Penso anche che dopo aver ascoltato le mie canzoni, ti piacerà un rinfresco.»
«Sì» disse Bahlul. Allora ella cominciò a cantare così bene, da far morire
d'amore quanti l'ascoltavano. Dopo che Bahlul ebbe udito il suo canto, fu
servito il rinfresco, ed egli mangiò e bevve. Poi lei gli disse: «Non so perché,
ma penso che saresti contento di toglierli la veste, per donarmela. » E Bahlul
rispose: «O, mia signora! Io ho giurato di darla a quella con cui avrei fatto
quello che un uomo fa con una donna.»
«Ma lo sai cos'è, Bahlul?» disse Hamdonna.
«Se lo so?» replicò lui. «Io, che istruisco le creature di Dio in quell'arte? E il
sottoscritto che li fa accoppiare nell'amore, li inizia ai piaceri che una femmina
può dare, insegna loro come bisogna accarezzare una donna, cosa che la
ecciterà e la soddisferà. Oh, mia signora, chi dovrebbe conoscere l'arte del
coito, se non Bahlul?»
Hamdonna era figlia di Mamun e moglie del Gran Visir. Era dotata della più
perfetta bellezza; una figura superba e forme armoniose. Nessuna nel suo
tempo la superava in grazia e perfezione. Degli eroi, avendola vista,
diventavano umili e sottomessi, e abbassavano lo sguardo al suolo per paura
della tentazione, tanti erano gli incanti e le attrattive che Dio aveva riversato su
di lei. Quelli che osavano guardarla rimanevano turbati nella mente e, o, quanti
eroi si misero in pericolo per lei. Proprio per questa ragione Bahlul aveva
sempre evitato d'incontrarla, temendo di soccombere alla tentazione; e, per
paura di perdere la serenità della sua mente, fino ad allora non era mai stato in
sua presenza.
Bahlul cominciò a conversare con lei. La guardò e ben presto abbassò gli occhi
a terra, temendo di non poter controllare la sua passione. Hamdonna ardeva dal
desiderio di avere la veste e lui non l'avrebbe ceduta senza che gli venisse
pagata.
«Che prezzo chiedi?» domandò Hamdonna. Ed egli rispose: «L'amplesso, o
pupilla dei miei occhi.»
«Ma tu lo sai cos'è, Bahlul?» ella disse.
«Per Dio,» gridò lui, «nessuno conosce le donne meglio di me; esse sono
l'occupazione della mia vita. Nessuno ha studiato più di me tutto quanto le
riguarda; poiché sappi, mia signora, che gli uomini scelgono occupazioni
diverse a seconda delle loro inclinazioni. L'uno prende, l'altro dà; questo vende,
quello compra. Il mio unico pensiero è l'amore e il possesso delle belle donne.
Io curo quelle che sono malate d'amore e do sollievo alle loro vagine assetate.»
Hamdonna rimase sorpresa da queste parole e dalla dolcezza del linguaggio di
lui. «Conosci qua!che verso su questo argomento?» domandò.
«Certamente,» egli rispose.
«Molto bene, Bahlul, fammeli sentire.»
E Bahlul cominciò come segue:
Ascoltandolo, Hamdonna quasi sveniva e non poteva staccare gli occhi dal
membro di Bahlul , che si rizzava come una colonna tra le sue cosce. Ora si
diceva: «Mi darò a lui», ora: «No, non lo farò». In quest'incertezza, sentiva un
gran desiderio di piacere nel profondo delle parti intime ed esse secernevano un
fluido che è il battistrada dell'amore. Allora lei non lottò più contro il proprio
desiderio di accoppiarsi con lui e si rassicurò pensando: «Se questo Bahlul ,
dopo aver goduto con me, dovesse divulgare la cosa, nessuno crederebbe alle
sue parole».
Dunque gli chiese di togliersi la veste e di andare in camera sua, ma Bahlul
rispose: «Non mi svestirò finché non avrò soddisfatto il mio desiderio, o pupilla
dei miei occhi». Allora Hamdonna si alzò, tremando d'eccitazione per ciò che
sarebbe avvenuto; si slacciò la cintura e lasciò la stanza, con Bahlul dietro a lei
che pensava: …Sono davvero sveglio, oppure questo è un sogno?»
Egli seguì Hamdonna fino al suo boudoir, dove lei si gettò su un divano di seta,
che era arrotondato alla sommità come una volta, sollevò le vesti sulle cosce,
tremando in ogni fibra, e tutta la bellezza che Dio le aveva dato fu tra le braccia
di Bahlul.
Bahlul guardò il ventre di Hamdonna, rotondo come un'elegante cupola, i suoi
occhi indugiarono sull'ombelico che era come una perla in una coppa d'oro; e
scendendo più in basso c'era un mirabile capolavoro di natura ed egli fu
sbalordito dalla bianchezza e dalla forma delle sue cosce.
Quindi strinse Hamdonna in un appassionato abbraccio e ben presto vide il
volto di lei perdere ogni vivacità, tanto da sembrare quasi priva di sensi.
Aveva perduto la testa. Tenendo il membro di Bahlul tra le mani, lo stimolava
ed eccitava sempre di più.
Bahlul le disse: «Come mai ti vedo così turbata e fuori dite?» E lei rispose:
«Lasciami, figlio di donna scostumata! Dio, sono come una cavalla in calore e
tu continui a eccitarmi sempre di più con le tue parole, e che parole!
Metterebbero il fuoco in corpo a qualsiasi donna, fosse anche l'essere più puro
del mondo. Vuoi proprio farmi morire con i tuoi discorsi e i tuoi versi». Bahlul
replicò: «Allora non sono come tuo marito?» «Sì,» disse lei, «ma una donna si
eccita per l'uomo, come una giumenta per il cavallo, che egli sia suo marito o
no; con la differenza, però, che la giumenta va in calore soltanto in certi periodi
dell'anno e soltanto allora si fa montare dallo stallone, mentre una donna può
sempre essere eccitata da parole amorose. Entrambe queste cose si sono
verificate in me e, dato che mio marito è assente, fai in fretta, poiché presto sarà
di ritorno.»
Bahlul rispose: «Oh, mia signora, i lombi mi fanno male e m'impediscono di
venirti sopra. Assumi la posizione dell'uomo, poi prendi la mia veste e lasciami
andare».
Quindi egli si distese nella posizione che assume la donna quando si fa
possedere da un uomo; e il suo membro si rizzava come una colonna.
Hamdonna si gettò su Bahlul, prese il membro in mano e cominciò a guardarlo.
Rimase stupefatta dalle sue dimensioni, dalla sua forza, dalla sua durezza ed
esclamò: «Ecco qui la rovina di tutte la donne e la causa di molti malanni. Oh,
Bahlul! Non ho mai visto un membro più bello del tuo!» Continuò a tenerlo in
mano e a strofinare la punta contro le labbra della vulva, finché questa sembrò
gridare: «O membro, vieni dentro di me».
Allora Bahlul lo inserì nella vagina della figlia del Sultano, e Hamdonna,
sistemandosi sul membro di lui, gli permise di penetrare interamente nella sua
fornace, finché non si poté vedere nulla di esso, non la minima traccia, e disse:
«Quanto lussuriosa Dio ha fatto la donna, e com'essa è infaticabile nella ricerca
dei suoi piaceri!» Poi cominciò a danzare su e giù, muovendo il sedere come un
setaccio, a destra e a sinistra, avanti e indietro; non ci fu mai una danza come
quella.
La figlia del sultano continuò la sua cavalcata sul membro di Bahlul finché
venne il momento del piacere e la contrazione della vulva parve pompare il
membro come per suzione; proprio al modo in cui un neonato succhia il
capezzolo della madre. L'orgasmo giunse per entrambi contemporaneamente e
ciascuno si prese il suo piacere con avidità.
Poi Hamdonna afferrò il membro e lentamente lo tirò fuori, dicendo: «Questa è
stata l'impresa di un uomo vigoroso». Poi si asciugò le parti intime con un
fazzoletto di seta e si levò.
Anche Bahlul si alzò, preparandosi ad andarsene, ma lei disse: «E la veste?»
«Come, mia signora! » ribatté lui. «Tu mi hai montato e adesso vuoi un
regalo?»
«Ma,» disse lei, «non mi avevi detto di non potermi montare perché ti dolevano
i lombi?»
«Non importa,» disse Bahlul. «La prima volta è stato il tuo turno, la seconda
sarà il mio, il prezzo sarà la veste e io poi me ne andrò.»
Hamdonna pensò fra sé: «Dato che ha cominciato può anche continuare; poi
andrà via». Quindi si distese, ma Bahlul disse: «Non mi congiungerò a te a
meno che non ti svesti completamente».
Allora si denudò e Bahlul andò in estasi vedendo la bellezza e la perfezione
delle sue forme. Guardò le sue magnifiche cosce e il suo ombelico incavato, il
ventre a volta, i seni opulenti che si ergevano come giacinti. Il collo era come
quello di una gazzella, l'apertura della bocca come un anello, le labbra fresche e
rosse erano simili a una sciabola insanguinata. I denti si sarebbero confusi con
delle perle e le guance con delle rose. Gli occhi erano neri e dal bel taglio, le
sopracciglia d'ebano sembravano degli arabeschi tracciati dalla mano di un
abile calligrafo. La fronte era come la luna piena nella notte. Bahlul cominciò
ad abbracciarla, a succhiare le sue labbra e baciare i suoi seni; prese dalla sua
bocca la saliva fresca, le morse le cosce. E andò avanti così finché lei parve
quasi venire e riusciva a stento a balbettare, e i suoi occhi si velarono. Allora le
baciò la vulva, mentre lei se ne stava completamente immobile. Egli guardò
con amore le parti segrete di Hamdonna, abbastanza belle per attirare ogni
sguardo sul loro centro purpureo. «O, la tentazione dell'uomo!» esclamò, e di
nuovo la copri di morsi e baci, finché il desiderio di lei raggiunse l'apice.
Respirando affannosamente, ella afferrò il membro e lo fece sparire nella sua
vagina.
Allora egli si mosse rapido ed ella rispose ardentemente, finché un travolgente
orgasmo calmò nello stesso istante il loro fervore.
Quindi Bahlul uscì da lei e asciugò il proprio pestello e il suo mortaio,
preparandosi ad andarsene. Ma Hamdonna disse: «Dov'è la veste? Mi prendi in
giro, Bahlul?» E questi replicò: «O, mia signora, mi separerò da essa soltanto a
una condizione. Tu hai avuto il tuo ed io il mio. La prima volta è stata per te, la
seconda per me; adesso la terza volta sarà per la veste».
Detto questo, se la tolse, la piegò e la mise nelle mani di Hamdonna, la quale
essendosi alzata, si sdraiò di nuovo sul divano e disse: «Fai ciò che vuoi!»
Allora Bahlul si gettò su di lei e con una sola spinta seppellì completamente il
membro nella sua vagina; poi cominciò a lavorarla come un pestello ed ella
mosse le natiche, finché di nuovo entrambi furono travolti
contemporaneamente dal piacere. Allora si alzò, lasciò la veste e se ne andò. La
negra disse ad Hamdonna: «Ah, mia signora, non è come vi avevo detto?
Bahlul è un uomo perfido e voi non potevate avere la meglio su di lui. Lo
considerano uno di cui beffarsi, ma, davanti a Dio, è lui a beffarsi di loro.
Perché non avete voluto credermi?»
Hamdonna si volse verso di lei e disse: «Non seccarmi con i tuoi commenti. E
successo quel che doveva succedere e sull'apertura di ogni vulva è scritto il
nome dell'uomo che vi entrerà, a ragione o a torto, per amore o per odio. Se il
nome di Bahlul non fosse stato scritto sulla mia vulva, lui non vi sarebbe mai
entrato, anche se mi avesse offerto l'universo con tutto ciò che contiene».
Mentre così parlavano, qualcuno bussò alla porta. La negra chiese chi fosse e
rispose la voce di Bahlul: «Sono io». In dubbio su cosa potesse volere il
buffone, Hamdonna si spaventò. La negra chiese a Bahlul cosa voleva ed egli
rispose. «Portami un po' d'acqua.» Ella uscì con una tazza piena d'acqua. Bahlul
bevve, poi si lasciò scivolare la tazza di mano, rompendola. La negra chiuse la
porta e Bahlul si sedette sulla soglia.
Mentre così se ne stava, il marito di Hamdonna, il Visir, arrivò e gli disse:
«Come mai ti vedo qui, Bahlul ?» Ed egli rispose: «Ah, mio signore, stavo
attraversando la strada quando mi è venuta molta sete. Una negra è venuta alla
porta e mi ha portato una tazza d'acqua. La tazza mi è scivolata di mano e si è
rotta. Allora, in pagamento, madama Hamdonna ha preso la veste che mi aveva
dato il sultano nostro Signore».
Il Gran Visir allora disse: «Che egli abbia la sua veste! » In quel momento
Hamdonna venne fuori e il marito le chiese se era vero che aveva preso la veste
in pagamento della tazza. Hamdonna gli chiese: «Cos'hai fatto, BahluI?» Ed
egli rispose: «Ho parlato a tuo marito col linguaggio della mia follia; ora
parlagli tu col linguaggio della saggezza.» La donna, rapita dall'astuzia da lui
dimostrata, gli ridiede la veste e Bahlul se ne andò.
CAPITOLO II
DELLE DONNE DEGNE DI LODE
Sappi, o Visir (e Dio sia misericordioso con te!) che vi sono donne d'ogni tipo;
e alcune sono degne di lode, mentre altre non meritano che disprezzo.
Per essere gradita agli uomini, una donna deve avere una vita perfetta, essere
grassottella e voluttuosa. I suoi capelli devono essere neri, la fronte spaziosa,
avrà sopracciglia d'una nerezza etiope, grandi occhi neri, con il bianco di essi
molto limpido. Le guance devono essere perfettamente ovali, avrà un naso
elegante e una bocca piena di grazia; labbra e lingua vermiglie; il fiato sarà
d'odore gradevole, la gola lunga, il collo forte, il busto e il ventre larghi; i seni
devono essere pieni ed eretti, la pancia di buone proporzioni, l'ombelico ben
sviluppato e marcato; la parte inferiore del ventre deve essere ampia, la vulva
sporgente e carnosa, dal punto in cui crescono i peli alle natiche; il canale deve
essere stretto e non madido, morbido al tocco, emettere un forte calore e nessun
cattivo odore; deve avere cosce e natiche sode, fianchi larghi.e pieni, una
cintola di bella forma, mani e piedi di grande eleganza, braccia piene e spalle
ben sviluppate. Se si guarda una donna dotata ditali qualità di fronte, si rimane
affascinati; se la si guarda da dietro, si muore di piacere. Seduta, è come una
cupola rotonda; sdraiata, un morbido letto; in piedi, l'asta d'uno stendardo.
Quando cammina, le sue parti naturali sporgono da sotto le vesti. Parla e ride
raramente, e mai senza ragione. Non lascia mai la casa, nemmeno per andare a
trovare vicini di sua conoscenza. Non ha amiche, non dà confidenza a nessuno
e si fida soltanto del consorte. Non prende nulla da nessuno, salvo il marito e i
genitori. Se s'incontra con i parenti, non s'immischia nei loro affari. Non è
traditrice, non ha colpe da nascondere, né false scuse, Non mette zizzania tra le
persone. Se il marito mostra l'intenzione di compiere il rito coniugale, si mostra
consenziente ai suoi desideri e occasionalmente li provoca. Aiuta sempre il
marito nei suoi affari, è avara di lamentele e di lacrime; non ride né si mostra
allegra se vede il marito addolorato o di malumore, ma condivide le sue pene e
ne solleva lo spirito, finché egli sia di nuovo del tutto contento. Non si concede
ad altri che al consorte, anche se l'astinenza dovesse ucciderla. Nasconde le sue
parti segrete, non permettendo che siano viste; è sempre vestita con eleganza e
con la massima proprietà personale e ha cura che il marito non veda quanto
potrebbe ripugnargli. Si profuma, usa antimonio per la sua toeletta e si pulisce i
denti con il souak. Una donna simile piace a tutti gli uomini.
Quando ebbe finito, il re, enormemente sorpreso, disse: «Quanto lasciva Dio ha
fatto la donna!» e, rivolgendosi ai compagni, aggiunse: «Non c'è dubbio che
questa donna non è sposata e non è stata corrotta, poiché certamente il negro è
innamorato di lei, eppure ella l'ha respinto».
Omar ben Isad prese la parola: «E vero, mio re! Suo marito è assente ormai da
quasi un anno e molti uomini hanno tentato di corromperla, ma lei ha resistito».
Al che, il negro si gettò sulla donna, che lo spinse indietro. In quel momento il
re si sentì opprimere il cuore; trasse la spada, come i suoi compagni, e insieme
irruppero nella stanza. I negri e le donne non videro altro che le armi
impugnate.
Uno dei negri si alzò, gettandosi sul re e gli altri, ma lo Chauch gli staccò con
un colpo la testa dal corpo. Il re esclamò. «La benedizione di Dio su di te! Il tuo
braccio non è disseccato e tua madre non ha partorito un bambino gracile. Hai
sconfitto i tuoi nemici e il paradiso sarà la tua dimora e il tuo luogo di riposo».
Un altro negro balzò in piedi e sferrò un colpo contro lo Chauch, spezzandogli
la spada in due. Era stata una bellissima arma e lo Chauch, vedendola rovinata,
fu accecato dalla collera più violenta; afferrò il negro per il braccio, lo sollevò e
lo sbatté contro la parete, rompendogli le ossa. Allora il re esclamò: «Dio è
grande. Egli non ti ha disseccato la mano. O, che Chauch! Tu sei benedetto
dall'Onnipotente».
Gli altri negri, vedendo questo, erano rimasti spaventati e muti, e il re, ora
padrone delle loro vite, disse: «Soltanto il negro che ha alzato la mano sarà
decapitato». Poi ordinò che agli altri cinque fossero legate le mani dietro la
schiena.
Dopo che ciò fu fatto, egli si rivolse a Beder e! Bedur e le domandò: «Di chi sei
moglie e chi è questo negro?»
La donna gli disse ciò che aveva già saputo da Omar. Il re la ringraziò
dicendole: «Dio ti benedica», poi le chiese: «Per quanto tempo una donna può
pazientemente fare a meno del coito?» Lei parve vergognarsi, ma il re le disse:
«Parla, e non sentirti imbarazzata».
Allora ella rispose: «Una donna bennata, di buona famiglia, può rimanere senza
per sei mesi; ma una donna umile di nessuna educazione, che non rispetta se
stessa, appena potrà mettere la mano su un uomo, lo farà venire sopra di sé; il
ventre e il membro di lui conosceranno la sua vagina».
Il re allora disse, indicando una delle donne: «Chi è costei?» Beder el Bedur
rispose: « la moglie del Kadì». «E questa?» «La moglie del secondo Visir». «E
quest'altra?» «La moglie del capo dei Muftì». «E quella?» «La moglie del
Tesoriere». «E le due donne che stanno nell'altra stanza?» chiese ancora il re. E
Beder e! Bedur rispose: «Hanno ricevuto ospitalità in questa casa e una di esse
è stata portata qui ieri da una vecchia; il negro non l'ha ancora posseduta». Al
che Omar intervenne: «Costei è quella di cui vi parlavo, mio Signore». «E
l'altra a chi appartiene?» domandò il re. «Suo marito è l'Amin dei carpentieri».
«E queste ragazze chi sono?» «Quella è la figlia dell'impiegato al Tesoro;
quell'altra la figlia del Mohtesib; la terza è la figlia del Bouab; la quarta è la
figlia dell'Amin dei Moueddin; la quinta è la figlia del funzionario che controlla
la qualità della merce messa in vendita al mercato...» e così via. Su invito del
re, Beder e! Bedur le passò tutte in rassegna, indicandogliele.
Il re domandò come mai tante donne fossero state condotte insieme in quella
casa.
Beder el Bedur rispose: «O, mio signore, il negro non ha altre passioni che il
coito e il buon vino. Fa l'amore giorno e notte e il suo membro riposa soltanto
quanto lui stesso è immerso nel sonno».
Il re chiese ancora: «Cosa mangia?»
Ella disse: «Tuorli d'uovo fritti nel grasso, poi abbondantemente cosparsi di
miele, e pane bianco; non beve altro che vecchio vino moscato».
«Chi ha portato qui queste donne, che appartengono tutte a funzionari dello
Stato?»
«O, signore, ha al suo servizio una vecchia che gira per le case della città, e
sceglie e gli porta ogni donna di superiore bellezza e perfezione; ma lo fa
soltanto contro un buon compenso di denaro, vesti, gemme, rubini e altri
oggetti di valore».
«E da dove prende il negro quel denaro?» domandò il re. Poiché la donna
taceva, aggiunse: «Di grazia, non tenermi all'oscuro».
Allora lei fece capire con un'occhiata in tralice che il negro aveva tutto dalla
moglie del Gran Visir.
Il re capì e disse: «O, Beder e! Bedour! Ho fede e fiducia in te, e la tua
testimonianza avrà ai miei occhi il valore di quella dei due Adel. Parlami senza
riserve dite stessa».
Lei allora dichiarò: «Io non sono stata toccata e, per quanto a lungo potesse
durare tale situazione, il negro non avrebbe soddisfatto i suoi desideri».
«E così?» domandò il re.
« È così!» rispose lei. Aveva capito cosa il sovrano voleva dire e questi aveva
afferrato il significato delle sue parole.
«Ma il negro ha rispettato il mio onore? Informami di questo» disse il re.
Lei rispose: «Ha rispettato il tuo onore per quanto riguarda le tue mogli. Non ha
spinto tanto oltre le sue gesta criminali; ma se Dio gli avesse concesso più
tempo non so se non avrebbe tentato d'insozzare ciò per cui avrebbe dovuto
nutrire rispetto».
Poi, il re le chiese chi fossero gli altri negri, ed ella riprese: «Sono i suoi
compagni. Dopo che egli si era preso il suo piacere con le donne che gli
avevano portate, le passava a loro, come avete visto. Se non fosse per la
protezione di una donna, dove sarebbe un uomo simile?»
Allora il re disse: «Bedel el Bedur, perché tuo marito non ha chiesto il mio
aiuto in questa faccenda? Perché non ti sei lamentata?»
«O re del tempo», rispose lei, «beneamato Sultano, signore di numerosi eserciti
e alleati! Quanto a mio marito, non sono ancora riuscita a informarlo della mia
sorte; quanto a me stessa, non ho altro da dire se non ciò che sai dai versi che
ho appena cantato. Dalla prima parola all'ultima, ho dato buoni consigli agli
uomini riguardo alle donne».
Il re rispose: «O Beder el Bedur! Tu mi piaci e io t'interrogo nel nome
dell'eletto Profeta (che la benedizione e la misericordia di Dio siano con lui!).
Informami di ogni cosa; non devi temere di nulla; ti concedo un completo
perdono. Quel negro ha goduto dite? Poiché presumo che nessuna di voi sia
stata esente dai suoi tentativi e abbia salvato l'onore».
Ella rispose: «O re del nostro tempo, nel nome del tuo rango e del tuo potere!
Quello di cui mi chiedi, io non l'avrei mai accettato per marito; come avrei
potuto acconsentire a concedergli il favore di un amore illecito?»
Il re disse: «Sembri sincera, ma i versi che ti ho sentito cantare hanno suscitato
dubbi nel mio animo».
Ella ribattè: «Avevo tre motivi per usare quel linguaggio. Prima di tutto, in quel
momento ero in calore, come una giovane giumenta; in secondo luogo, Eblis
aveva eccitato le mie parti naturali; e, infine, volevo calmare il negro e indurlo
ad avere pazienza, e mi desse così una dilazione e mi lasciasse in pace finché
Dio non mi avesse liberata di lui».
Il re commentò: «Dici sul serio?» Ella rimase in silenzio. Allora il re esclamò:
«O Beder e! Bedur, tu sola sarai perdonata! » Ella capì che il re avrebbe
risparmiato soltanto a lei la pena di morte. Egli le ingiunse di mantenere il
segreto e disse che adesso voleva andarsene. Allora tutte le donne e le vergini si
avvicinarono a Beder ci Bedur e l'implorarono, dicendo: «Aiutaci, poiché hai
del potere sul re» e sparsero lacrime sulle sue mani, gettandosi disperate a terra.
Beder ci Bedur richiamò il re, che se ne stava andando, e gli disse: «O mio
signore, tu non mi hai ancora concesso alcuna grazia!». «Come» protestò lui,
«ho mandato a prendere per te una bellissima mula; tu la monterai e verrai con
noi. Quanto a queste donne, devono tutte morire».
Lei disse: «O, mio signore, ti chiedo d'autorizzarmi a proporti un patto, che
t'imploro di accettare». Il re giurò che l'avrebbe soddisfatta. Allora disse: «Ti
chiedo in dono la grazia per tutte queste donne e queste ragazze. Per di più, la
loro morte causerebbe la più terribile costernazione nell'intera città».
Il re rispose: «Non c'è luce e potenza che in Dio, il misericordioso!» Poi ordinò
che i negri venissero condotti fuori e decapitati. L'unica eccezione fu il negro
Doreram, che era particolarmente robusto e aveva un collo da toro. A questo
tagliarono gli orecchi, il naso e le labbra; lo stesso fecero con il membro virile,
ficcandoglielo in bocca, e lo appesero a una forca. Quindi il re ordinò che le
sette porte della casa venissero chiuse e tornò al suo palazzo.
All'alba mandò una mula a Beder el Bedur, perché fosse condotta da lui. La
prese a vivere con sé e la trovò eccellente fra quante eccellono.
Volle anche che a Omar ben Isad venisse restituita la moglie e lo nominò suo
segretario privato. Poi ordinò che il Visir ripudiasse la sua consorte. Né
dimenticò lo Chauch e il comandante delle guardie, ai quali fece grandi regali,
come aveva promesso, usando a questo scopo le ricchezze del negro. Volle che
la vecchia venisse portata in sua presenza e le domandò: «Forniscimi tutti i
particolari sulla condotta del negro e dimmi se è una cosa giusta procurare in tal
modo le donne agli uomini».
La donna rispose: «Questa è l'attività di quasi tutte le vecchie». Al che il re la
fece giustiziare, assieme a tutte le altre vecchie che svolgevano quell'attività,
tagliando così alla radice, nel suo stato, l'albero del lenocinio e facendone
seppellire il tronco.
Infine rimandò alle famiglie tutte le donne e le ragazze, ordinando loro di
pentirsi nel nome di Dio.
Questa storia descrive soltanto una piccola parte dei trucchi e stratagemmi usati
dalle donne contro i loro mariti.
La morale è che un uomo che s'innamora di una femmina si mette in pericolo,
esponendosi ai più grandi malanni.
CAPITOLO III
DEGLI UOMINI CHE MERITANO DISPREZZO
Sappi, o fratello (con cui Dio sia misericordioso), che un uomo mal
conformato, di aspetto rozzo e che abbia il membro corto, sottile e flaccido,
merita disprezzo agli occhi delle donne.
Quando un uomo simile ha rapporti con una donna, non opera con vigore e in
modo da darle piacere. Si stende sopra di lei senza preliminari, non la bacia,
non la stringe, non la morde, non succhia le sue labbra né cerca in alcun modo
di eccitarla.
Le è sopra prima che lei abbia cominciato a desiderare il piacere e poi introduce
con infinita difficoltà un membro tenero e debole. Ha appena cominciato che è
già fuori gioco; fa un paio di movimenti, poi affonda sul petto della donna per
emettere il suo sperma; e non può fare più di così. Quindi ritira il suo membro e
in tutta fretta scende da lei.
Un tale uomo, come ha detto uno scrittore, è rapido nell'eiaculazione e lento
nell'erezione; dopo il tremito che segue l'eiaculazione del seme, ha il petto
pesante e gli dolgono i fianchi.
Qualità simili non lo rendono bene accetto alle donne. Degno di disprezzo
viene anche considerato l'uomo che è falso nelle sue parole; non mantiene le
promesse; non apre mai bocca se non per dire bugie e nasconde alla moglie
tutto ciò che fa, salvo le sue gesta adulterine. Le donne non possono stimare
uomini così, perché non riescono a dar loro alcun piacere. Si racconta che un
uomo di nome Abbés, il cui membro era estremamente piccolo e debole, aveva
una moglie dalle forme opulente, che non riusciva proprio a soddisfare
nell'amplesso, tanto che ben presto la donna cominciò a lamentarsi con le
amiche. Ora, costei possedeva una notevole fortuna. Abbés invece era
poverissimo e, quando voleva qualcosa, lei si guardava bene dal dargliela. Un
giorno Abbés andò da un saggio e gli espose il suo caso.
Il saggio disse: «Se tu avessi un bel membro potresti avere la sua fortuna. Non
sai che la religione delle donne sta nella vulva? Ma io ti prescriverò un rimedio
che porrà termine a tutte le tue difficoltà».
Abbés si affrettò a preparare il rimedio secondo la ricetta datagli dal saggio e,
dopo che lo ebbe usato, il suo membro crebbe, diventando lungo e grosso.
Quando la moglie lo vide così, si stupì molto; ma fu ancora meglio quando egli
le fece provare quel piacere al quale non era abituata; infatti cominciò ad
eccitarla in modo davvero pregevole, tanto che tremava, sospirava,
singhiozzava e gridava durante l'amplesso.
Appena la moglie ebbe trovato nel marito qualità così eccelse, gli diede la sua
fortuna, mettendo a disposizione di lui la sua persona e tutto quanto aveva in
possesso.
CAPITOLO IV
DELLE DONNE CHE MERITANO DISPREZZO
Sappi, o Visir (con cui Dio sia misericordioso), che le donne differiscono tra
loro nelle disposizioni naturali: ve ne sono alcune che sono degne d'ogni lode; e
ve ne sono altre, invece, le quali non meritano che disprezzo.
La donna che merita il disprezzo degli uomini è brutta e garrula; ha i capelli
lanosi e la fronte sporgente, gli occhi sono piccoli e foschi, il suo naso è
enorme, le labbra hanno il colore del piombo, la bocca è larga, le guance sono
di un color porpora lucido e spuntano delle setole sul suo mento; la testa posa
su un collo esile, con tendini ipersviluppati; le spalle sono contratte e il petto è
stretto, con seni flaccidi, penduli, e il ventre sembra un otre di pelle vuoto, con
l'ombelico che sporge come un mucchio di pietre; i fianchi hanno la forma di
archi; si possono contare le ossa della spina dorsale; non c'è carne nelle sue
natiche; la vulva è larga e fredda. Infine, una simile donna ha ginocchia e piedi
larghi, mani grosse e gambe emaciate. Una donna con questi difetti non può
dare alcun piacere agli uomini in generale e meno che mai a suo marito o a
colui che gode dei suoi favori.
L'uomo che accosta una donna così con il membro in erezione, se lo ritroverà
subito molle e rilassato, come se fosse accanto a una bestia da soma. Dio ci
tenga lontani da una donna come quella che abbiamo descritto!
Spregevole è anche quella che ride continuamente, poiché, come ha scritto un
autore: «Se vedi una donna che ride sempre, ama gli scherzi e i divertimenti,
corre di continuo dalle vicine, s'immischia in faccende che non la riguardano,
tormenta il marito con lamentele incessanti, si allea con altre donne contro di
lui, si atteggia a gran dama, accetta doni da chiunque, sappi che è una
sgualdrina senza vergogna».
Anche degna di disprezzo è la donna di carattere tetro e accigliato e quella
prolifica di chiacchiere; la donna leggera nei suoi rapporti con gli uomini, o
sprezzante, o amante delle chiacchiere e incapace di mantenere i segreti del
marito, o malevola.
La donna di carattere malevolo non apre bocca senza dire bugie, fa promesse
soltanto per non mantenerle e, se un uomo si fida di lei, lo tradisce; è
scostumata, disonesta, indecente, grossolana e violenta; non sa dare un buon
consiglio; è sempre occupata nelle faccende degli altri e in cose che fanno
danno, sempre all'erta per conoscere notizie frivole; le piace il riposo, ma non il
lavoro; usa parole sconvenienti rivolgendosi a un musulmano, persino al
marito; le invettive sono sempre sulla punta della sua lingua; emana un cattivo
odore che t'infetta e ti rimane addosso anche dopo che l'hai lasciata.
E non meno degna di disprezzo è la donna che parla senza scopo, è ipocrita e
non fa nulla di buono; quella che, quando il marito le chiede di adempiere ai
doveri coniugali, non lo ascolta; la donna che non assiste il consorte nei suoi
affari; e, infine, quella che lo tormenta con incessanti lamentele e lacrime.
Una donna di questo genere, vedendo il marito irritato o in pena, non condivide
il suo affanno; al contrario, ride e scherza ancora di più e non cerca di scacciare
il suo malumore con gesti e parole affettuosi. più generosa del proprio corpo
con gli altri uomini che col legittimo consorte; non è per lui che si adorna, né è
per piacergli che cerca di avere un bell'aspetto. Tutt'altro: con il marito è molto
sciatta, né si cura di nascondergli cose e abitudini riguardo alla sua persona che
possono soltanto disgustarlo.
Nessuna felicità si può sperare per un uomo con una simile moglie. Dio ce ne
liberi!
CAPITOLO V
DELL'AMPLESSO
Sappi, o Visir (e Dio ti protegga!), che se hai desiderio del coito, unendoti alla
donna non devi avere lo stomaco pieno di cibo e bevande, poiché solo così
l'amplesso sarà sano e bello. Se il tuo stomaco è pieno può venirne solo danno a
entrambi; avrai minacciosi sintomi di apoplessia e podagra, e il male minore
che può risultarne è l'incapacità di passare l'urina o una debolezza della vista.
Che il tuo stomaco sia libero da un eccesso di cibo e bevande, e non avrai a
temere alcun malanno fisico.
Prima di copulare con tua moglie, eccitala con giochi amorosi, così che il coito
termini con mutua soddisfazione.
Dunque sarà bene indugiare nei preliminari prima d'introdurre il membro per
compiere l'atto. La ecciterai baciandole le guance, succhiandole le labbra e
mordicchiandole i seni. Riempirai di baci il suo ombelico e le sue cosce, e
titillerai le parti inferiori. Mordile le braccia e non trascurare nessuna parte del
suo corpo; accarezza il suo petto, e mostrale il tuo amore e la tua sottomissione.
Allaccia le tue gambe alle sue e stringila forte fra le braccia, poiché come ha
detto il poeta:
Quando, stando con una donna, vedi i suoi occhi velarsi e la senti ansimare,
desiderando il coito, allora fa' che il tuo e il suo desiderio si fondano in uno e
che la tua libidine raggiunga il massimo; poiché questo sarà il momento più
favorevole per l'atto d'amore. Il piacere della donna, sarà estremo; tu l'avrai
ancora più cara e il suo affetto per te non si affievolirà, poiché stato detto:
Se vedi una donna sospirare profondamente, con le labbra che diventano rosse
e gli occhi che s'illanguidiscono; quando la sua bocca si socchiude e i suoi
movimenti diventano istintivi; quando sembra sul punto di addormentarsi,
cammina in modo esitante e sbadiglia molto, allora sappi che questo è il
momento per il coito; e se tu seduta stante entri in lei, le procurerai un sicuro
godimento. Quanto a te, sentirai la bocca dell'utero stringere il tuo membro, ciò
che è senza dubbio per entrambi il piacere supremo, poiché questo prima di
ogni altra cosa genera affetto e amore.
I seguenti precetti, provenienti da un profondo conoscitore delle faccende
d'amore, sono ben noti:
La donna è come un frutto, che non concede la sua dolcezza finché non lo
toccate con le mani: guardate il basilico; se non lo scaldi strofinandolo tra le
dita non emette alcun profumo. Non sapete che l'ambra, se non è manipolata e
scaldata, tiene nascosto nei suoi pori il suo profumo? Con la donna è lo stesso.
Se non l'animi con i tuoi giochi amorosi, baciandola, mordicchiandola e
toccandola, non otterrai da lei ciò che desideri; non proverai alcun godimento
quando dividi il suo letto e non sveglierai nel suo cuore né inclinazione, né
affetto, né amore per te: tutte le sue qualità resteranno nascoste.
Si racconta che un uomo, avendo chiesto a una donna quali mezzi fossero i più
idonei a far nascere l'affetto nel cuore femminile, per quanto riguarda i'..'
piaceri del coito, ricevette la seguente risposta:
Tu che m'interroghi, le cose che creano il gusto per il coito sono i giochi
amorosi e i contatti che lo precedono, e poi lo stretto amplesso al momento
dell'eiaculazione.
Voi uomini, tutti e ognuno, che desiderate l'amore della donna, il suo affetto, e
desiderate che questo sentimento nel suo cuore sia di natura dure. vole, giocate
con lei prima del coito; preparatela al godimento e non trascurate nulla per
raggiungere questo fine. Esploratela con la massima attenzione e, interamente
assorti in lei, non lasciate che nient'altro occupi i vostri pensieri. Non
permettete che il momento propizio al piacere passi; questo momento sarà
quando vedrete i suoi occhi umidi e socchiusi. Allora mettetevi all'opera, ma,
ricordate, non prima che i vostri baci e giochi amorosi abbiano fatto effetto.
Dopo aver portato la donna al giusto stato di eccitazione, o uomini, penetratela
con il vostro membro e, se eseguirete i movimenti opportuni, proverà un
piacere che soddisferà tutti i suoi desideri.
Rimanete distesi sul suo petto, fate piovere baci. sulle sue guance, e non fate
uscire il vostro membro dalla vagina. Questo coronerà le vostre fatiche.
Se, con il favore di Dio, arriverete a questo diletto, cercate di non ritirare il
membro, ma lasciatelo dov'è e avrete un piacere infinito! Ascoltate i sospiri e
l'ansimare della donna. Essi provano l'intensità del piacere che le avete dato.
Poi, quando il godimento è finito e la vostra lotta è giunta a termine, non
alzatevi subito, ma ritirate cautamente il vostro membro. Rimanete vicino alla
donna, sul lato destro del letto che è stato testimone della vostra gioia. Lo
troverete piacevole e non sarete come quello che monta una donna come una
mula, senza alcun riguardo per la finezza, e che, dopo l'eiaculazione, tira subito
fuori il membro e si alza. Evitate queste maniere, che derubano la donna di
tutto il suo durevole piacere.
In breve, il vero amante del coito non mancherà di seguire le mie
raccomandazioni, poiché da ciò risulta il piacere della donna, e queste regole
comprendono tutto quanto è essenziale sotto questo aspetto.
Dio ha fatto ogni cosa per il meglio!
CAPITOLO VI
DI TUTTO QUANTO E FAVOREVOLE ALL'ATTO
DEL COITO
Sappi, o Visir (Dio sia buono con te!), se vuoi un coito dilettevole, che dia una
parte uguale di felicità ai due partecipanti e sia soddisfacente per entrambi, devi
prima di tutto preparare la donna, eccitarla baciandola, mordicchiando e
succhiando le sue labbra, accarezzandole il collo e le guance. Girala sul letto,
ora sul dorso, ora sul ventre, finché non vedi dai suoi occhi che il tempo del
piacere è vicino, come ho detto nel precedente capitolo, e certo non ho
risparmiato le mie osservazioni.
Poi, quando vedi che le sue labbra tremano e diventano rosse, ha gli occhi
languidi e il suo respiro si accelera, sappi che è bramosa del coito; allora mettiti
fra le sue cosce, così che il tuo membro possa entrare nella sua vagina. Se
seguirai il mio consiglio godrai un piacevole amplesso, che ti darà la più grande
soddisfazione e ti lascerà deliziosi ricordi. Qualcuno ha detto: Se desideri il
coito fai distendere la donna e aderisci al suo petto, con le sue labbra vicino alle
tue; poi stringila a te, succhia il suo fiato, mordila; bacia i suoi seni, il suo
ventre, i suoi fianchi, abbracciala forte, facendola quasi svenire dal piacere;
quando la vedi in tale stato, penetrala con il tuo membro. Se hai fatto come ho
detto, il piacere verrà a entrambi insieme. E questo che rende così dolce il
godimento della donna. Se, invece, non segui il mio consiglio, ella non sarà
soddisfatta e tu non le avrai dato alcun piacere.
Finito il coito, non alzarti subito, ma coricati dolcemente sul suo fianco destro
e, se ella ha concepito, a Dio piacendo partorirà un maschio.
Saggi e studiosi (Dio sia clemente con loro!) hanno detto: Se un uomo,
mettendo la mano destra sulla vulva d'una donna incinta, pronuncia le parole:
«Nel nome di Dio, possa Egli benedire e concedere misericordia al suo Profeta
(la bontà e la clemenza divine siano con lui!). O, mio Dio, nel nome di
Maometto ti prego che il frutto di questo concepimento sia un maschio» questa
preghiera giungerà all'Onnipotente e, in considerazione del Profeta (la
benedizione e la grazia divine siano con lui), Egli farà sì che la donna
partorisca un bimbo di sesso maschile.
Non bere acqua piovana direttamente dopo l'amplesso perché questo liquido
indebolisce i reni.
Se vuoi ripetere il coito, aspergiti di dolci profumi e raggiungi la donna, l'esito
sarà felice.
Non lasciare che la tua compagna venga sopra dite durante l'atto, per timore
che in tale posizione alcune gocce del suo fluido seminale possano entrare nel
canale del tuo membro, causando una grave uretrite.
Non metterti a lavorare sodo subito dopo il coito, poiché questo potrebbe
nuocere alla tua salute, ma va' a riposare per qualche tempo.
Non lavare il membro subito dopo averlo ritirato dalla vagina, bensì aspetta che
l'irritazione sia un po' diminuita; poi lava accuratamente la verga e la sua
apertura. Altrimenti, non lavare spesso il pene. E non uscire dalla vulva subito
dopo aver eiaculato, poiché questo può causare infiammazioni.
I modi di compiere l'atto sono numerosi e variabili. Ora è tempo di farti
conoscere le diverse posizioni più in uso. Dio il magnifico ha detto: «Le donne
sono il tuo campo. Vai sul tuo campo come ti piace». Secondo il tuo desiderio
puoi scegliere la posizione che preferisci, purché, s'intende, esso avvenga nel
luogo a esso destinato, cioè nella vulva.
Prima maniera. Fa stendere la donna sul dorso, con le cosce sollevate, poi,
scivolando tra le sue gambe, introduci il membro nella vagina. Premendo sul
suolo o sul letto le punte dei piedi, puoi muoverti dentro di lei in modo
misurato. Questa posizione è buona per l'uomo che ha una lunga verga.
Seconda maniera. Se il tuo membro è corto, fa' sdraiare la donna sul dorso,
con le gambe in aria, così che la destra sia vicina al suo orecchio destro e la
sinistra vicina all'orecchio sinistro. In questa posizione, con le natiche della
donna sollevate, la vulva si proietta in fuori. Allora inserisci il membro.
Quarta maniera. Falla sdraiare e mettiti le sue gambe sulle tue spalle; in
questa posizione il tuo membro si trova proprio davanti alla vulva, che non
deve toccare il letto. Allora penetrala.
Ottava maniera. Falla sdraiare sul dorso, con le gambe incrociate; poi valle
sopra come un cavaliere monta il suo cavallo, stando in ginocchio, mentre lei
tiene le gambe sotto le cosce, e introduci il membro nella vagina.
Decima maniera. Metti la donna vicino a un divano basso, al cui schienale lei
si possa afferrare; quindi, ponendoti dietro di lei, solleva le sue gambe
all'altezza del tuo ombelico e fa' che con quelle lei ti stringa ai lati del corpo; in
questa posizione infila il tuo membro dentro di lei, appoggiandoti con le mani
allo schienale del divano. Quando cominci l'azione, i tuoi movimenti devono
essere in armonia con quelli della donna.
Undicesima maniera. Falla sdraiare sul dorso con un cuscino sotto le natiche:
poi, mettendoti tra le sue gambe e istruendola e mettendo la pianta del piede
destro contro quella del piede sinistro, introduci il membro.
Vi sono altre posizioni, oltre a quelle sopra descritte, in uso tra i popoli
dell'India. E bene che tu sappia, infatti, che gli abitanti di quel paese conoscono
numerosissimi modi di unirsi alle donne, progredendo più di noi nella
conoscenza e studio del coito.
Tra tali maniere citiamo le seguenti:
1. El asemeud, il tappo.
2. El mode feda, la rana.
3. El mokefa, con le punte dei piedi unite.
4. El mokermeutt, con le gambe in aria.
5. El setouri, il capro.
6. El loulabi, la vite.
7. El kelouci, la capriola.
8. Hachou en nekanok, la coda dello struzzo.
9. Lebeuss el djureb, infilare la calza.
10. Kechef el astine, vista reciproca dei posteriori.
11. Nezâ el kouss, l'arcobaleno.
12. Nesedj el kheuzz, penetrazione alternativa.
13. Dok el arz, colpo su colpo.
14. Nik el kohoul, coito da dietro.
15. El keurchi, ventre a ventre.
16. El kebachi, l'ariete.
17. Dok el outed, conficcare il piolo.
18. Sebek el heub, la fusione d'amore.
19. Tred ech chat, la pecora.
20. Kalen el mich, lo scambio nel coito.
21. Rekeud el air, la corsa del pene.
22. El modakheli, il mettidentro.
23. El khouariki, quello che si ferma nella casa.
24. Nik e! kaddadi, il coito del fabbro.
25. El moheundi, il seduttore.
El asemeud (il tappo). Metti la donna supina, con un cuscino sotto le natiche,
poi sistemati fra le sue gambe, appoggiando al suolo le punte dei piedi; piega
più che puoi le cosce contro il petto; metti le tue mani sotto le sue braccia o
stringile le spalle. Poi introduci il membro e, al momento dell'eiaculazione,
attirala verso dite. Questa posizione è dolorosa per la donna, poiché essendo le
cosce piegate verso l'alto e le natiche sollevate dal cuscino, le pareti della
vagina si stringono, e l'utero è proteso in avanti, non c'è molto spazio per il
movimento e appena abbastanza per il pene, per cui quest'ultimo entra con
difficoltà e colpisce l'utero. Dunque questa posizione non dovrebbe essere
adottata, a meno che il membro dell'uomo sia corto o molle.
El mode feda (la rana). Distendi la donna supina e disponi le sue cosce in
modo che tocchino i talloni, i quali vengono così a trovarsi vicino alle natiche;
quindi sistemati opportunamente di fronte alla vu!va inserendovi il membro:
infine metti le ascelle sulle sue ginocchia e, afferrandola saldamente per la
parte superiore delle braccia, attirala verso dite al momento dell'orgasmo.
El mokermeutt (con le gambe in aria). Con la donna sdraiata sul dorso, unisci
le sue cosce e sollevale le gambe finché le piante dei suoi piedi sono rivolte al
soffitto; poi, tenendola fra le cosce, inserisci il membro, tenendo alte le sue
gambe con le mani.
El loulabi (la vite). L'uomo sta disteso sulla schiena, e la donna si siede sul suo
membro, rivolta verso di lui; poi, puntate le mani sul letto in modo che il suo
stomaco non tocchi quello del compagno, si muove su e giù e se l'uomo è agile
l'aiuta da sotto. Se, in questa posizione, lei vuole baciarlo, non ha che da
allungare le braccia sul letto.
Hachou en nekanok (la coda dello struzzo). Con la donna supina, l'uomo
s'inginocchia davanti a lei, sollevandole le gambe finché soltanto la testa e le
spalle toccano il letto; quindi, inserito il membro nella vagina, afferra e muove
le natiche della donna, la quale, da parte sua, gli allaccia le gambe intorno al
collo.
Dok el arz (colpo su colpo). L'uomo è seduto con le gambe stese; la donna si
mette a cavalcioni delle sue cosce, incrociando le gambe sulla sua schiena, e
pone la vagina di fronte al membro, che guida dentro la propria vagina; poi gli
cinge il collo con le braccia, mentre l'uomo l'abbraccia ai fianchi e alla vita,
aiutandola a salire e scendere sul suo membro. Lei lo deve aiutare nel suo
lavoro.
Sebek el heub (fusione d'amore). Mentre la donna è sdraiata sul fianco destro,
tu sdraiati sul sinistro; la tua gamba sinistra rimane tesa e la destra si solleva sul
fianco di lei, che a sua volta fa lo stesso con la gamba che sta di sopra. In tal
modo quest'ultima fa da sostegno per la schiena della donna. Dopo aver
introdotto il membro, muoviti come ti piace e lei risponderà alla tua azione
come le piace.
Tred ech chat (il coito della pecora). La donna sta sulle mani e le ginocchia;
l'uomo, dietro di lei, le alza le cosce finché la vulva è al livello del suo membro,
che egli allora inserisce. In questa posizione la donna dovrebbe tenere la testa
tra le braccia.
Kalen el mich (lo scambio nel coito). L'uomo è steso sul dorso. La donna,
scivolando tra le sue gambe, si mette sopra di lui con le unghie dei piedi contro
il letto; poi solleva le cosce del compagno, girandole contro il proprio corpo, in
modo che il membro virile sia di fronte alla sua vulva, entro la quale lo guida;
infine posa le mani sul letto ai lati dell'uomo. E necessario, però, che i piedi
della donna poggino su un cuscino, per permetterle di tenere la vulva in linea
con il membro.
In questa posizione i ruoli sono rovesciati, la donna effettuando quello
dell'uomo e viceversa.
C'è una variazione a questa posizione. L'uomo si stende sul dorso, mentre la
donna s'inginocchia con le gambe sotto di sé, ma tra le gambe di lui. Il resto si
conforma esattamente a quanto è stato detto sopra.
El modakheli (il metti dentro). La donna è seduta sul coccige, con solo la
punta delle natiche posate sul letto; l'uomo assume la stessa posizione, con la
vulva di lei davanti al proprio membro. Allora la donna mette la coscia destra
su quella sinistra dell'uomo, il quale fa la medesima cosa.
La donna, stringendo le braccia dell'uomo, accoglie il membro nella vulva e
ciascuno di loro piegandosi alternativamente un poco all'indietro, mentre si
tengono l'un l'altra per le braccia, comincia un movimento oscillante, il cui
esatto ritmo è mantenuto con l'aiuto dei talloni posati sul letto.
El khuariki (quello che si ferma nella casa). La donna è adagiata sul dorso, e
l'uomo si stende sopra di lei, tenendo in mano dei cuscini.
Quando il membro è nella vulva, la donna alza il più possibile le natiche dal
letto. e l'uomo la segue in su, con il pene ben dentro; quindi la donna si abbassa
di nuovo, effettuando alcune rapide scosse, e, benché i due non si abbraccino,
egli deve restare come incollato a lei. I due continuano questo movimento, ma
bisogna che l'uomo si tenga leggero e non sia troppo grosso, come pure che il
letto sia morbido, altrimenti l'esercizio non può essere ripetuto fino all'orgasmo
senza una pausa.
Nik el kaddadi (il coito del fabbro). La donna è supina con un cuscino sotto le
natiche e le ginocchia alzate il più possibile verso il petto, esponendo così la
vulva come un bersaglio; quindi guida il membro di lui dentro di sé.
L'uomo compie per un certo tempo il movimento usuale del coito, poi ritira il
membro e lo fa scivolare per un momento tra le cosce della donna, come il
fabbro ritira il ferro arroventato dalla fornace per immergerlo nell'acqua fredda.
Questo metodo è chiamato sferdgeli, posizione del cotogno.
El moheundi (il seduttore). La donna sta supina, e l'uomo si siede tra le sue
gambe, con il posteriore sui propri piedi; poi egli alza e separa le cosce della
donna, mettendosi le gambe di lei sotto le braccia, oppure sulle spalle, e
introduce il membro, abbracciando la compagna alla vita e tenendola per le
spalle.
Le descrizioni precedenti presentano un gran numero di posizioni, non tutte
facili da mettere in pratica; d'altra parte, con una tale varietà fra cui scegliere,
l'uomo che ha difficoltà a praticarne una ne troverà certamente molte altre a lui
convenienti.
Non ho menzionato le posizioni che mi sembrano impossibili da realizzare e se
c'è qualcuno il quale ritiene che il mio elenco sia incompleto, non ha che da
cercarne di nuove.
Non posso negare che gli indiani hanno superato le più enormi difficoltà
rispetto al coito. Come esempio di grande impresa, prendiamo la seguente
procedura.
La donna sta supina, e l'uomo si siede sul suo petto, con la schiena al suo viso,
le ginocchia in avanti e le dita dei piedi che afferrano il letto; quindi solleva i
fianchi della compagna, arcuandole la schiena finché ha portato la vulva di
fronte al proprio membro, che allora inserisce, raggiungendo in tal modo lo
scopo.
Questa posizione, come certo vi rendete conto, è molto faticosa e difficile. Io
credo persino che la sua realizzazione sia solo a parole e disegni. Quanto alle
altre posizioni descritte sopra, possono essere praticate soltanto se sia l'uomo
sia la donna non hanno difetti fisici e sono di corporatura simile; per esempio,
nessuno dei due deve essere gobbo, o troppo alto, o troppo basso, o troppo
obeso. E, ripeto, entrambi devono essere in perfetta salute.
Ora mi occuperò del coito fra due persone di corporatura differente. Preciserò
le posizioni che si confanno loro, trattandole una per una. Prima di tutto,
parlerò del coito d'un uomo magro con una donna formosa e delle diverse
posture che essi possono assumere per compiere l'atto, supponendo che la
donna sia distesa supina, prona o su un fianco.
Se l'uomo vuole agire di fianco, prende la coscia della donna che sta di sopra e
la alza il più possibile sul proprio corpo, in modo che gli si appoggi alla vita;
egli usa il braccio sottostante di lei come un pilastro per sostenere il capo e ha
cura di sistemare uno spesso cuscino sotto il fianco su cui sta disteso per
sollevare il membro all'altezza necessaria, cosa indispensabile data la grossezza
delle cosce della compagna.
Ma se la donna ha un ventre enorme, che a causa della sua obesità sporge sulle
cosce e sui fianchi, sarà meglio farla stendere sul dorso e alzarle le cosce verso
il ventre; l'uomo s'inginocchia tra di esse, prendendola alla vita con le mani e
attirandola a sé; se non ci riesce, a causa dell'obesità del ventre e delle cosce,
deve circondarle le natiche con le due braccia, ma così gli è impossibile operare
come si deve per la mancanza di movimento delle cosce di lei, ostacolate dal
ventre. Certo, egli può sorreggerla con le mani, ma deve badare a non posarle
sulle proprie, poiché a causa del loro peso, non avrebbe la possibilità di
muoversi. Come ha detto il poeta:
L'uomo può anche far sdraiare la donna su un fianco, con la gamba sottostante
di fronte; quindi egli si siede sulla coscia e le fa alzare la gamba di sopra, che
ella deve piegare al ginocchio. Infine, afferrando le gambe di lei, introduce il
membro, con il corpo tra le cosce della compagna, le ginocchia piegate e le
punte dei piedi sul letto, per poter sollevare il sedere e impedire che le cosce di
lei ostacolino la penetrazione. In questa postura i due possono entrare in azione.
Se la donna è incinta, l'uomo la fa coricare su un fianco, poi mette le sue cosce
una sull'altra e le solleva verso lo stomaco, non però fino a toccarlo; infine si
stende dietro di lei e inserisce il membro. In questo modo può spingere dentro
interamente il pene, soprattutto se alza il piede che sta sotto la gamba della
compagna all'altezza della coscia di lei. Questo si può fare anche con una
donna che non aspetta un bambino; ma è una posizione particolarmente
raccomandata nel caso in cui la donna sia incinta, poiché offre il vantaggio di
procurarle il piacere che desidera, senza esporla ad alcun pericolo.
Nel caso in cui sia l'uomo a essere obeso, con una rotondità molto pronunciata
dello stomaco, e la donna invece sottile, la cosa migliore è che sia lei ad
assumere la parte attiva. Così l'uomo giace sul dorso con le gambe chiuse e la
donna si abbassa sul membro, stando a cavalcioni del compagno; lei appoggia
le mani sul letto e l'uomo la tiene per le braccia. Se la donna sa come muoversi,
può così, alternativamente, sollevarsi e abbassarsi sul membro; se invece non è
abbastanza abile, il compagno, con una coscia, imprime il giusto movimento
alle sue natiche. Tuttavia, a volte questa posizione può essere nociva per l'uomo
perché è possibile che un po' di fluido seminale femminile penetri nella sua
uretra, causando una grave malattia. Può anche accadere - ed è altrettanto male
- che il suo sperma non possa uscire e ritorni nell'uretra.
Se l'uomo preferisce che la donna sia supina, egli si mette, con le gambe
piegate sotto di sé, tra le gambe di lei, che lei apre soltanto moderatamente.
Così le natiche sono tra le gambe della donna, a contatto con i suoi talloni.
Operando in questo modo, però, egli sentirà fatica per la scomodità della
posizione del suo stomaco che si appoggia su quello della donna; inoltre, non
potrà inserire l'intero membro nella vulva. Lo stesso avviene quando stanno
ambedue su un fianco, come abbiamo descritto sopra per il caso in cui la donna
è incinta.
Quando sia l'uomo sia la donna sono grassi e desiderano unirsi nel coito, non
possono riuscirci senza difficoltà, soprattutto se entrambi hanno ventri
prominenti. In tali circostanze, il sistema migliore è che la donna stia sulle mani
e le ginocchia, in modo da tenere sollevato il sedere; l'uomo le apre le gambe,
lasciando le punte dei piedi uniti e i talloni invece separati; quindi la prende da
dietro, in ginocchio, tenendosi su il ventre con le mani, e inserisce il membro.
Durante l'azione appoggia il ventre alle natiche di lei e la tiene alle cosce o alla
vita. Se il sedere della donna è troppo basso perché egli possa appoggiarvi il
ventre, le metterà un cuscino sotto le ginocchia.
Non conosco un'altra posizione altrettanto favorevole per il coito tra un uomo e
una donna obesi.
Infatti, se l'uomo si mette fra le gambe della donna, il suo ventre, toccando le
cosce della compagna, non gli permetterà il libero uso del membro. Non vedrà
neppure la vulva, o solamente in parte. Si può quasi dire che gli sarà
impossibile compiere l'atto. D'altra parte, se fa coricare la donna su un fianco e
le si mette dietro con le gambe piegate, deve alzare le gambe e le cosce di lei
verso lo stomaco per scoprire la vulva e permettere l'introduzione del membro;
ma se la donna non può piegare sufficientemente le ginocchia, non gli sarà
possibile né vedere la vulva, né esplorarla.
Se, invece, il ventre di entrambi non è esageratamente grosso, possono operare
benissimo in tutte le posizioni. Soltanto, non devono impiegare molto tempo
per arrivare all'orgasmo, poiché si sentiranno presto stanchi e senza fiato.
Nel caso di un uomo molto alto e di una donna molto piccola, la difficoltà da
risolvere è come fare in modo che gli organi sessuali e le bocche s'incontrino
contemporaneamente. Il sistema migliore è che la donna stia supina; l'uomo,
distesosi di fianco, le mette una mano sotto il collo e con l'altra le solleva le
cosce finché il suo membro viene a contatto con la vulva da dietro, mentre la
donna resta distesa sulla schiena. In questa posizione, dunque, egli la tiene
sollevata per il collo e le cosce. Così può penetrarla, mentre la donna gli mette
le braccia intorno al collo e avvicina le labbra alle sue. Se l'uomo vuole che la
donna stia su un fianco, le si mette fra le gambe e, sistemandole le cosce in
modo che siano a contatto con i suoi fianchi, una sopra e una sotto, si insinua
fra esse finché il membro si trova di fronte alla vulva, da dietro; quindi preme
le cosce contro le natiche di lei, che muove con una mano, mentre l'altra gliela
tiene intorno al collo. Se vuole, l'uomo può anche mettere le cosce sopra quelle
della compagna e premere il suo corpo contro il proprio, rendendo così più
facili i propri movimenti.
Quanto al coito tra un uomo molto piccolo e una donna alta, i due non possono
baciarsi durante l'atto a meno che non assumano le tre posizioni che ora
descriveremo e anche così si stancheranno presto.
Prima posizione. La donna è coricata sul dorso con uno spesso cuscino sotto le
natiche e un altro simile sotto la testa, quindi solleva il più possibile le cosce
verso il petto. L'uomo si stende su di lei, introduce il membro e la prende per le
spalle, tirandosi su verso di esse. La donna allaccia gambe e braccia sul dorso
di lui, mentre egli la tiene per le spalle o, se può, per il collo.
Tutte e tre queste posture sono più o meno faticose per entrambi. Certo, le
coppie possono scegliere qualsiasi altra posizione vogliano, ma devono poter
baciarsi durante l'atto. Ora ti parlerò delle persone che sono piccole, perché
hanno malformazioni alla schiena. Di queste ve ne sono di parecchi tipi.
Innanzi tutto, c'è l'uomo che ha la schiena curva, ma la spina dorsale e il collo
diritti. Per lui la cosa migliore è unirsi, ma soltanto da dietro, con una donna.
piccola. Si stende contro il dorso di lei, e introduce il membro. Ancora meglio
sarà se la donna è in posizione china, sulle mani e sui piedi. La stessa posizione
è consigliabile nel caso che la donna sia gobba e l'uomo no.
Se entrambi sono gobbi, possono prendere qualsiasi posizione vogliano per il
coito. Però non possono abbracciarsi; e se stanno distesi su un fianco, faccia a
faccia, resterà uno spazio vuoto tra loro. Nel caso l'una o l'altro sia sdraiata sul
dorso, bisogna mettergli o metterle un cuscino sotto la testa e le spalle, per
sollevarle e riempire il vuoto.
Nel caso dell'uomo la cui malformazione riguarda soltanto il collo, così da
premergli il mento verso il petto, ma per il resto è normale, può assumere
qualsiasi posizione ed effettuare qualsiasi abbraccio o carezza, eccetto sempre
il bacio sulla bocca. Se la donna è supina, sembrerà che l'uomo cozzi contro di
lei come un ariete. Se entrambi hanno il collo così malformato, il loro coito
somiglierà al mutuo assalto di due animali cornuti. La posizione migliore per
loro sarà che la donna si chini in avanti e il suo compagno l'attacchi da dietro.
L'uomo la cui gobba appare sulla schiena nella forma di solo mezza giara non è
tanto sfigurato come quello di cui il poeta ha detto:
Nel suo caso il coito può avvenire come per qualsiasi altro uomo di bassa
statura e diritto.
Se una donna piccola sta distesa sul dorso, con un gobbo sopra di sé, egli farà
pensare al coperchio di un vaso. Se, al contrario, la donna è alta, l'uomo
sembrerà una pialla da falegname in azione. A questo riguardo io ho composto i
versi che seguono:
Se la spina dorsale di un uomo è curva all'altezza dei fianchi, così che pare
come in preghiera, mezzo prostrato, il coito per lui è molto difficile. Date le
posizioni reciproche delle cosce e del ventre, il pene sta troppo indietro perché
egli possa inserirlo interamente. Il sistema migliore per lui è di stare in piedi.
La donna si china davanti a lui con le mani a terra e il sedere all'aria: così egli
può introdurre il membro come un perno su cui la vulva scivola avanti e
indietro, poiché, si noti, per lui non è facile muoversi. Si tratta ancora della
posizione El kouri, con la differenza che è la donna a compiere il movimento.
Un uomo può poi essere attaccato dalla malattia chiamata ikaad, o zomana
(paralisi), che lo costringe a stare costantemente seduto. Se il male affligge
soltanto le ginocchia e le gambe, mentre le cosce e la spina dorsale sono sane,
può usare tutte le diverse posizioni per il coito, eccetto quelle in cui dovrebbe
stare in piedi. Nel caso invece che le natiche siano paralizzate, anche se per il
resto è perfettamente sano, sarà la donna a dover fare tutti i movimenti.
Sappi, comunque, che il coito più piacevole non ha sempre luogo nei modi qui
descritti; io li ho presentati soltanto per rendere quest'opera più completa
possibile. A volte esso ha luogo tra amanti, che pur non essendo proprio perfetti
nelle loro proporzioni, trovano da sé i mezzi per darsi un reciproco godimento.
Si dice vi siano donne di grande esperienza che, giacendo con un uomo, alzano
un piede verticalmente nell'aria e su quel piede tengono una lampada piena
d'olio, con il lucignolo acceso. Mentre l'uomo le penetra, la lampada resta
ferma e l'olio non si versa. Il loro coito non è in alcun modo intralciato da
questa esibizione, ma certo è necessaria una grande pratica da parte di
entrambi.
Senza dubbio gli autori indiani hanno descritto nelle loro opere moltissimi
modi di fare l'amore, però la maggioranza di questi non procura godimento e dà
più dolore che piacere. Ciò che bisogna cercare nel coito, il suo punto supremo,
sono il godimento, l'abbraccio, i baci. questo che distingue il coito degli uomini
d quello degli animali. Nessuno è indifferente al godimento che deriva dalla
differenza tra i sessi e l'uomo trova in esso la sua più grande gioia.
Se il desiderio d'amore nell'uomo è al massimo grado, tutto il piacere
dell'amplesso diviene facile per lui ed egli soddisfa la sua brama in ogni modo.
È È bene per l'amante del coito provare tutte le maniere, per stabilire così quale
posizione dà il massimo piacere sia a lui sia alla donna. Allora saprà quale
scegliere per l'amplesso e, soddisfacendo i propri desideri, conserverà l'affetto
della compagna.
Molti hanno provato tutte le posizioni da me descritte, ma nessuna è stata tanto
approvata quando più elogiata della Dok el arz.
A questo riguardo si racconta la storia di un uomo che aveva una moglie
d'incomparabile bellezza, aggraziata e compita. Egli usava far l'amore con lei
nella maniera ordinaria, senza mai ricorrere a nessun'altra. La donna non
provava nulla del piacere che dovrebbe accompagnare l'atto, per cui era in
genere di pessimo umore quando il coito era finito.
L'uomo si lagnò di questo con una vecchia matrona, la quale gli disse: «Prova
modi diversi di unirti a lei, finché non trovi quello che le dà più soddisfazione.
Poi amala soltanto in quella maniera e il suo affetto per te non avrà limiti».
Egli allora tentò varie posizioni e quando giunse a quella chiamata Dok el arz,
vide la moglie sopraffatta da violenti impeti di godimento e, nell'orgasmo, sentì
l'utero di lei stringere energicamente il membro; e la moglie disse, mordendogi
le labbra: «Questo è il vero modo di fare l'amore! »
Tali dimostrazioni provarono all'amante che in quella posizione la sua donna
sentiva il piacere più vivo e quindi l'usò sempre. Così raggiunse il suo scopo,
facendo in modo che la moglie lo amasse follemente.
Dunque, Visir, prova maniere diverse, poiché ogni donna ne preferisce una a
tutte le altre per il suo piacere. La maggioranza di esse, però, ha una
predilezione per la Dok el arz, perché in essa il ventre è premuto contro il
ventre, la bocca è incollata alla bocca e di rado l'utero non entra in azione.
Ora devo parlare soltanto dei vari movimenti praticati durante il coito,
descrivendone alcuni.
Primo movimento: Neza el dela (ii secchio nel pozzo). I due si serrano in uno
stretto abbraccio dopo l'introduzione. Poi l'uomo effettua una spinta e si ritira
un poco; a sua volta la donna spinge e anch'essa si ritrae. Così continuano il
loro movimento alternato, mantenendo il ritmo. Mettendo piede contro piede e
mano contro mano, ripetono il moto di un secchio in un pozzo.
Secondo movimento: El netahi (il mutuo urto). Dopo l'introduzione, sia l'uomo
sia la donna si tirano indietro, ma senza far uscire completamente il membro.
Poi entrambi spingono forte, e così continuano, tenendo il ritmo.
Quarto movimento: Khiat el heub (il sarto). L'uomo, con il membro solo in
parte dentro la vulva, effettua una sorta di rapida frizione con la parte inserita,
poi di colpo affonda tutto il pene fino all'elsa. E il movimento dell'ago nelle
mani dei sarto che l'uomo e la donna devono tener presente.
Il khiat et heub si adatta agli amanti, maschi e femmine, che possono rimandare
a volontà l'orgasmo. Per quelli che non ne sono capaci, esso finisce troppo
presto.
L'occhio languido
Mette l'anima in contatto con l'anima
E il tenero bacio
Porta il messaggio del membro alla vulva.
Un bacio bagnato
È meglio d'un coito frettoloso.
Le tre parole kobla, letsem, e buss sono usate indifferentemente per indicare il
bacio sulla mano o sulla bocca. La parola feram indica specificamente il
secondo.
Un poeta arabo ha detto:
Ricorda che tutte le carezze e ogni specie di baci non contano nulla, senza
l'introduzione del membro. Dunque astieniti da essi, se non vuoi passare
all'azione; attizzano soltanto il fuoco senza scopo. La passione così eccitata
somiglia infatti a un fuoco che divampa e, come questo, soltanto l'acqua può
spegnerlo, null'altro che l'emissione dello sperma calma la libidine e soddisfa il
desiderio.
La donna non ci guadagna più dell'uomo dalle carezze senza coito. Si racconta
che una certa Dahama bent Mesedjel apparve davanti al governatore della
provincia di Yamama, con suo padre e suo marito, El Adjadje, dichiarando che
quest'ultimo era impotente e non faceva l'amore con lei né l'avvicinava come un
maschio avvicina una femmina.
Suo padre, che l'assisteva nella sua causa, fu accusato d'interferenza dagli
abitanti di Yamama, i quali gli dissero: «Non ti vergogni di aiutare tua figlia a
esigere il coito?»
Al che egli rispose: «È mio desiderio che abbia dei figli; se li perde, sarà la
volontà di Dio; se li cresce, da grandi le saranno utili».
Dahama espose così la sua lagnanza davanti al governatore: «Ecco, questo è
mio marito, e finora egli non mi ha mai toccato». Il governatore obiettò: «Senza
dubbio è perché tu non eri disposta». «Al contrario» rispose Dahama, «è per lui
che mi stendo supina ed apro le cosce!» Al che il marito gridò: «Mente, o
Emiro! Per possederla devo lottare con lei». L'Emiro pronunciò il seguente
giudizio: «Ti do un anno di tempo» disse, «per provare che la dichiarazione di
tua moglie è falsa». Prese questa decisione per riguardo a El Adjadje, che se ne
andò recitando i seguenti versi:
Sappi, dunque, che la maggior parte delle donne non trova piena soddisfazione
nei baci e negli abbracci, senza il coito. Solo il membro le soddisfa e a esse
piace colui che le penetra, anche se è brutto e mal fatto. Si racconta, a questo
proposito, che un giorno Mussa ben Mesâb andò da una donna della città che
possedeva una schiava, un'eccellente cantante, che egli desiderava comprare.
La donna era stupendamente bella e, oltre alla grazia e al fascino, disponeva di
una grossa fortuna. Mussa vide in casa anche un giovane mal conformato e dal
volto sgradevole, che andava e veniva dando ordini.
Chiese chi fosse alla donna, la quale rispose: «È mio marito e io darei la vita
per lui». Mussa si stupì e disse: «E una dura schiavitù quella a cui sei ridotta e
mi dispiace per te. Tutti apparteniamo a Dio e ritorneremo a lui. Ma quale
sventura che una bellezza tanto incomparabile e forme tanto deliziose debbano
appartenere ,a un uomo simile!»
«O figlio di tua madre,» replicò la donna, «se egli potesse fare per te di dietro
quello che fa per me davanti, venderesti tutti i tuoi beni da poco acquisiti e
rinunceresti al tuo intero patrimonio. Poiché ti apparirebbe bellissimo e la sua
bruttezza si trasformerebbe in prestanza!»
Al che Mussa esclamò: «Dio te lo conservi!»
Si racconta anche che il poeta Farzdak incontrò un giorno una donna sulla
quale i suoi occhi si fissarono, ardenti d'amore, e che per tale ragione gli disse:
«Perché mi guardi in quel modo? Avessi anche mille vulve, non ci sarebbe
nulla da sperare per te». «E perché mai?» domandò il poeta. «Perché non sei
attraente,» disse la donna, «e certo quello che tieni nascosto non è meglio di ciò
che si vede.»
Al che egli ribatté: «Se mi mettessi alla prova, scopriresti che le mie qualità
interiori sono tali da far dimenticare il mio aspetto esteriore! » Poi si scoprì,
mostrandole un membro lungo e grosso come il braccio di una bambina. A
quello spettacolo la donna si sentì ardere dal desiderio. Egli se ne accorse e le
chiese di lasciarsi accarezzare. La donna si scoprì, mettendo a nudo un monte
di Venere rotondo come una cupola.
Allora egli compì l'atto con lei e recitò questi versi:
Chi cerca il piacere che la donna può dare, deve eccitarla e soddisfare il
desiderio di lei, nei modi che ho descritto. Così la vedrà venir meno dalla
passione, la sua vulva si bagnerà, l'utero si spingerà in avanti e i due fluidi
seminali si mischieranno.
CAPITOLO VII
DELLE COSE CHE SONO DANNOSE
NELL'AMPLESSO
Sappi, o Visir (Dio sia buono con te!), che sono molte le malattie causate dal
coito. Ora io te ne elencherò alcune, poiché, per poterle evitare, è essenziale
conoscerle. Lasciati dire innanzi tutto che il coito, se compiuto in piedi, nuoce
alle giunture delle ginocchia e causa tremiti nervosi; se invece è effettuato di
fianco, predispone alla gotta e alla sciatica, che colpisce principalmente le
giunture delle anche.
Non amare una donna a digiuno o immediatamente prima di un pasto,
altrimenti avrai dolori alla schiena, perderai il tuo vigore e ti s'indebolirà la
vista.
Se ti accoppi con la donna a cavalcioni su dite, la tua spina dorsale ne soffrirà e
ne avrai danno al cuore; inoltre, se la più piccola goccia delle usuali secrezioni
della vagina entra nel tuo canale uretrale, può derivarne una dolorosa
strozzatura dello stesso. Non lasciare il membro nella vulva dopo
l'eiaculazione, poiché ciò può causare la renella, o un ammorbidimento della
colonna vertebrale, o la rottura di vasi sanguigni o, infine, l'infiammazione dei
polmoni.
È nocivo anche fare troppo esercizio fisico dopo il coito.
Evita di lavare il membro immediatamente dopo la copula, poiché questo può
causare infiammazioni. Quanto al coito con una vecchia, esso è come un veleno
ed è stato detto: «Non accoppiarti con vecchie, fossero anche ricche come
Karun». E ancora: «Guardati dall'accoppiarti con una vecchia, anche se ti
sommergesse di favori». Oppure: «Il coito delle vecchie è cibo velenoso».
Sappi che chi si unisce con una donna più giovane acquista nuovo vigore; se la
compagna ha la sua stessa età, egli non trarrà alcun vantaggio dal coito; mentre,
se è più vecchia, la donna prenderà tutta la forza dell'uomo per sé. A questo
proposito meditate sui seguenti versi:
Per quanto riguarda i nomi kamera e dekeur, il loro significato è ovvio. Dekeur
è una parola che indica il maschio di tutti gli animali ed è anche usata nel senso
di «menzione» e «memoria».
Quando un uomo ha un incidente al membro, quando esso viene amputato o
diventa debole e, quindi, egli non può più ottemperare ai doveri coniugali, si
dice di lui: «Il membro del tale è morto», il che significa: «Il ricordo di lui
andrà perduto e la sua generazione è tagliata alla radice». E alla sua morte si
dirà: «Il suo membro è stato tagliato», significando: «La sua memoria è
scomparsa dal mondo».
Il dekeur svolge anche una parte importante nei sogni. L'uomo che sogna che il
suo membro è stato tagliato è sicuro di non vivere ancora per molto, perché,
come si è detto sopra, esso presagisce la perdita della sua memoria e
l'estinzione della sua razza. Tratterò questo soggetto più dettagliatamente nel
capitolo sull'interpretazione dei sogni. I denti (seman) rappresentano gli anni
(semin); quindi se un uomo sogna una bella dentatura, questo è per lui un segno
di lunga vita.
Se vede una sua unghia (defeur) rovesciata, questo indica che la vittoria
(defeur) da lui conquistata contro i suoi nemici cambierà di parte e da vincitore
diventerà il vinto; inversamente, se vede l'unghia del nemico girata al rovescio,
può dedurre che la vittoria che era passata dalla parte avversa tornerà presto
dalla sua.
La vista di un giglio (sonsana) è il pronostico d'una sfortuna che durerà un anno
(son, sfortuna; sana, anno).
L'apparizione di ostriche (nâmat) nei sogni è di cattivo auspicio, perché il loro
nome, essendo formato da nâa e mat, significa «notizia di morte», cioè
pericolo. Sognare uno scudo (henaga) significa che avverranno ogni sorta di
disgrazie, poiché questa parola, cambiando poche lettere, diventa koul afa,
«tutta cattiva ventura».
Una rosa fresca (ouard) annuncia l'arrivo (ouround) di un evento piacevole che
vi farà vibrare il cuore di gioia; mentre una rosa avvizzita indica una notizia
ingannevole. Lo stesso vale per la calvizie delle tempie e cose simili.
Il gelsomino (yasmin) è formato da yas, che signi-, fica inganno, o l'avvenire di
un fatto contrario ai vostri desideri, e mm, cioè falsità. L'uomo che sogna un
gelsomino, dunque, deve concluderne che l'inganno, yas, contenuto nel nome
yasmin, è una falsità e quindi essere certo del successo della sua impresa. I
pronostici forniti dal gelsomino, però, non hanno lo stesso grado di certezza di
quelli dati dalla rosa. Esso differisce infatti enormemente da quest'ultima,
poiché il più lieve soffio di vento lo scompiglia.
La vista di una casseruola (beurma) annuncia la conclusione (anuberam) degli
affari in cui si è impegnati. Abou Djahel (la maledizione di Dio sia su di lui!)
aggiunge che tale conclusione avrà luogo di notte.
Una giara (khabia) è segno di perfidia (khebets) in ogni campo, a meno che non
sia caduta in una fossa o in un fiume e si sia rotta, facendo uscire tutte le
calamità che contiene.
Il legno (nechara) significa buone notizie (bechara).
Il calamaio (douaia) indica un rimedio (doua), cioè la cura di una malattia, a
meno che non sia bruciato, rotto o perduto, nel qual caso significa il contrario.
Il turbante (âmama), se nel sogno ricade sul viso e copre gli occhi, è previsione
di cecità (ama), che Dio ce ne preservi!
Ritrovare intatto un gioiello perduto o dimenticato è un segno di successo.
Se un uomo sogna di uscire da una finestra (taga), può essere sicuro che
concluderà con vantaggio tutti gli affari che ha in corso, siano essi importanti o
no. Ma se la finestra è stretta, così che non gli è facile uscire, significa che per
riuscire nel suo intento dovrà impegnarsi in proporzione alla difficoltà trovata
in sogno.
L'arancia amara significa che dal luogo dove la si è vista in sogno verranno
affermazioni maligne.
Gli alberi (ached jar) significano discussioni (machadejra).
La carota (asefnaria) indica sfortuna (asef) e dolore.
La rapa (cuft) significa per l'uomo che la vede in sogno una faccenda passata e
finita (ameur fat), del tutto senza ritorno. Essa è importante se la rapa è grossa,
trascurabile se è piccola: insomma, l'importanza è in proporzione alle
dimensioni.
Un moschetto che non spara significa una cospirazione, ma di nessuna
importanza. Se l'arma invece spara, è segno che è venuto il momento di
realizzare il complotto ordito.
La vista del fuoco è di cattivo auspicio.
Se la brocca (brik) di un uomo che si è volto a Dio si rompe, è segno che il suo
pentimento è inutile, ma se a rompersi è il bicchiere da cui beve il vino,
significa che ritorna a Dio.
Se hai sognato festini e sontuosi banchetti, è sicuro che avverranno cose del
tutto contrarie.
Se hai visto una persona salutarne un'altra che parte, puoi essere sicuro che
presto sarà quest'ultima ad augurare buon viaggio alla prima; poiché il poeta
dice:
El Rachid si stupì molto per lo spirito mostrato dalla donna e la perspicacia del
poeta. Così scoprì ciò che voleva sapere senza che fosse divulgato ciò che
doveva rimanere segreto.
Una spada sguainata significa guerra e la vittoria sarà di chi l'impugna.
Una briglia significa servitù e oppressione.
Una lunga barba indica fortuna e prosperità; ma si dice sia un segno di morte se
arriva fino a terra. C'è anche chi ritiene che l'intelligenza di un uomo sia in
proporzione inversa alla lunghezza della sua barba; cioè una lunga barba denota
un'intelligenza corta. A questo proposito si racconta che un giorno un uomo con
una barba lunghissima vide un libro sul cui dorso era scritta la seguente
sentenza: «L'uomo il cui mento è adorno di barba è tanto più sciocco quanto
più la sua barba è lunga». Temendo d'esser considerato uno stupido dai suoi
conoscenti, decise di eliminare il pelo di troppo e, impugnata la barba proprio
sotto il mento, diede fuoco al resto, con la lampada poiché era sera. La fiamma
corse velocemente su per il pelo e raggiunse la mano, ch'egli dovette ritirare di
scatto per via del calore. Così la barba bruciò completamente. Allora egli
scrisse sul dorso del libro, sotto la frase citata sopra: «Queste parole sono
verissime. Io, che scrivo questo, ne ho provato la verità». Infatti, egli stesso si
era convinto che la debolezza dell'intelletto è proporzionata alla lunghezza della
barba.
Si narra anche che Harun el Rachid, trovandosi in un chiosco, vide un uomo
con un formidabile onor del mento. Ordinò che lo portassero da lui e, quando
gli fu dinanzi, gli domandò: «Come ti chiami?»
«Abou Aruba», rispose l'uomo.
«Qua! è la tua professione?»
«Sono un maestro di dialettica».
Allora Harun gli diede i! seguente caso da risolvere. Un uomo compra un
caprone, che espellendo i suoi escrementi, lo colpisce con essi in un occhio e lo
ferisce. «Chi deve pagare i danni?». «Il venditore», rispose prontamente Abou
Aruba. «E perché?» chiese il califfo. «Perché ha venduto il caprone senza
avvertire il compratore che aveva una catapulta nell'ano», argomentò il maestro
di dialettica. Al che Harun e! Rachid rise a crepapelle e recitò i seguenti versi:
El hamama (il piccione). Perché nel momento in cui ritorna in riposo, dopo
l'erezione, somiglia a un piccione femmina che si siede sulle sue uova.
El teunnana (il campanellino). Perché quando entra o esce dalla vulva, nel
coito, produce un suono.
El zeub (la verga). Dalla parola deub, che vuol dire strisciare. Questo nome è
stato dato al membro perché, quando s'introduce tra le gambe di una donna e
sente una ghiotta vulva, comincia a strisciare su per le cosce e il Monte di
Venere, poi si avvicina all'entrata della vagina e continua a strisciare finché non
si trova al punto giusto, dopo di che la penetra, pronto a eiaculare.
El ham mach (l'eccitante). Perché eccita la vulva, con il suo continuo entrare e
uscire.
El zoddam (il piede di porco). Perché, quando incontra la vulva e questa non lo
lascia passare subito, forza l'entrata con la testa, rompendo e lacerando ogni
cosa, come un animale selvaggio in calore.
El khiad (il sarto). Perché non entra nella vulva prima d'aver manovrato
all'entrata, come un ago nella mano di un sarto, strisciando contro di essa e
strofinandola finché non è sufficientemente eccitata, dopo di che vi penetra.
El khorrat (quello che si aggira). Perché, arrivato davanti alla vulva, dice di
venire per affari importanti, bussa alla porta, si aggira dappertutto, senza alcuna
vergogna o timidezza, frugando in ogni angolo a destra e a sinistra, avanti e
indietro, poi d'un tratto scatta in fondo alla vagina per eiaculare.
El âouam (il nuotatore). Perché, quando entra nella vulva, non rimane in un
posto solo, ma gira a destra e a sinistra, avanti e indietro, e infine si muove
come un nuotatore in mezzo al proprio sperma e al fluido emesso dalla vulva,
come se temesse di annegare e cercasse di salvarsi.
El dekhal (quello che irrompe nella casa). Perché, quando arriva alla porta
della vulva, questa gli chiede: «Cosa vuoi?» «Voglio entrare!», «Impossibile!
Non ti posso accogliere per via delle tue dimensioni». Allora il membro insiste
perché la vulva gli lasci mettere dentro soltanto la testa, promettendo di non
entrare interamente; poi si fa avanti, strofina due o tre volte la punta tra le
labbra della vulva, finché non diventano umide e così si lubrificano, allora
introduce prima la testa, poi, con una spinta, affonda fino ai testicoli.
El âaurar (il monocolo). Perché ha un occhio solo, che non è come gli altri, e
non vede chiaramente.
El fortass (il calvo). Perché non ci sono peli sulla sua testa, il che lo fa apparire
calvo.
Abou aïne (quello con un occhio solo). Perché il suo unico occhio ha la
singolarità di essere senza pupilla e senza ciglia.
El âtsar (quello che inciampa). Perché, se vuole penetrare nella vulva e non
trova la porta, picchia sopra e sotto, continuando così ad inciampare come sulle
pietre della strada, finché le labbra della vulva diventano umide ed esso riesce a
entrare. Allora la vulva chiede: «Cos'è successo, hai inciampato tanto?» E il
membro risponde: «O, amore mio, c'erano delle pietre sulla strada».
El dommar (quello con la testa strana). Perché la sua testa è diversa da tutte le
altre.
Abou rokba (quello con il collo). È infatti l'essere che ha un collo corto, una
gola ben sviluppata e grossa all'estremità, una testa calva e pelo ispido, crespo,
dall'ombelico al pube.
Abou quetala (quello dalla folta chioma). Ha questo nome quando il pelo
intorno ad esso è molto abbondante.
El mostahi (il pudico). Questo tipo di membro, che s'incontra qualche volta, è
capace di provare vergogna e timidezza quando si trova davanti a una vulva che
non conosce ed è soltanto dopo un po' che diventa più audace e s'indurisce.
Talvolta è così turbato che rimane incapace di effettuare il coito, soprattutto
quando è presente un estraneo, nel qua! caso è del tutto impossibilitato a
muoversi.
El bekkai (il piangente). Così chiamato per le molte lacrime che versa; appena
è in erezione, piange; quando vede un bel viso, piange; quando tocca una
donna, piange. Arriva persino a versare lacrime in memoria.
El hezzaz (quello che si agita). Perché, appena penetra nella vulva, comincia ad
agitarsi vigorosamente, finché non ha placato la sua passione.
El lezzaz (quello che vuole essere uno con la vulva). Gli hanno dato questo
nome perché, appena entrato nella vulva, spinge e spinge finché il pelo incontra
il pelo, sforzandosi di metter dentro persino i testicoli.
Abou lâaba (quello che sputa). Perché quando si trova vicino a una vulva, o ne
vede una, o anche soltanto ci pensa, o il suo padrone tocca e si diverte con essa
e la bacia, la sua saliva comincia a muoversi e ha le lacrime all'unico occhio;
questa saliva è particolarmente abbondante quando esso è stato per qualche
tempo in ozio e allora può persino bagnare la veste del padrone. Questo tipo di
membro è molto comune e sono pochi quelli che non l'hanno. Il liquido che
sparge è chiamato dagli uomini di legge medi. La sua produzione è il risultato
di giochi amorosi e lascivi pensieri. In certi giochi è così abbondante da
riempire la vulva, tanto che si può erroneamente credere sia la donna a
emetterlo.
El fattach (il cercatore). Dalla sua abitudine, quando è nella vulva, di girarsi in
tutte le direzioni, come se cercasse qualcosa. Quel qualcosa è l'utero ed esso
non ha riposo finché non l'ha trovato.
El hakkak (lo strofinatore). Ha avuto questo nome perché non entra nella
vagina prima d'aver strofinato con la testa l'entrata e la parte inferiore del
ventre. Lo si scambia di frequente con il successivo.
El mourekhi (il flaccido). chiamato così quello che non riesce mai a entrare
perché è troppo molle, quindi si accontenta di strofinare la testa contro l'entrata
della vulva, finché eiacula. Non dà alcun piacere alla donna, perché ne eccita la
passione, senza essere capace di soddisfarla.
El motelâ (il rovistatore). Così chiamato perché si ficca in tutti gli angoli, per
conoscere bene lo stato della vulva, distinguendone le qualità e i difetti.
El feurdj, la fessura.
El keuss, la vulva.
El kelmoun, la voluttuosa.
El ass, la primitiva.
El zerzour, la protetta.
El cheukk, la crepa.
Abu tertour, quella con la cresta.
Abu khochim, quella con il naso all'insù.
El gueun fond, l'istrice.
El sakouti, la taciturna.
El deukkak, quella che schiaccia.
El tseguil, l'insistente.
El taleb, la bramosa.
El hacen, la bellissima.
El neuffakh, quella che gonfia.
Abu djebaha, quella con una proiezione.
El ouasâ, la vasta.
El dride, la larga.
Abu beldum, la golosa.
El mokâur, la senza fondo.
Abu âungra, la gobba.
El rorbal, lo staccio.
El hezzaz, l'irrequieta.
El lezzaz, quella che vuole essere uno.
El moudd, l'accomodante.
El moudmn, quella che aiuta.
El meusboul, la lunga.
El molki, la duellatrice.
El harrab, la fuggitiva.
El sabeur, la rassegnata.
El moseuffah, la sbarrata.
El mezour, la profonda.
El âddad, quella che morde.
El meussas, quella che succhia.
El zeunbur, la vespa.
El harr, la calda.
El ladid, la deliziosa.
El keuss (la vulva). Questo è il nome che si dà all'organo di una donna giovane,
molto carnosa e rotonda in ogni punto, con lunghe labbra, una grande fessura,
bordi ben divisi, simmetrici e arrotondati; è morbida, seducente, perfetta in
tutto e per tutto. Essa dà il massimo piacere ed è senza dubbio la migliore. Ci
conceda Iddio il possesso di una simile vulva! Amen. E calda, stretta e asciutta,
tanto che ti aspetteresti di vederne sprizzare scintille. La sua forma è graziosa,
il suo odore è piacevole; la bianchezza del suo esterno fa contrasto con il rosso
carminio del suo centro. Non c'è in essa alcuna imperfezione.
El kelmoun (la voluttuosa). Questo è il nome dato alla vulva di una giovane
vergine.
El cheukk (la crepa). La vulva di una donna magra, tutta ossa. simile a una
crepa in un muro, senza ombra di carne. Dio ce ne scampi!
Abu tertour (quella con la cresta). la vulva che ha una cresta rossa, come
quella di un gallo, che si rizza nel momento del piacere.
Abu khochim (quella con il naso all'insù). la vulva con labbra sottili e un
piccolo naso camuso.
El sakouti (la taciturna). E il nome della vulva che non si esprime mai. Il
membro può penetrarla cento volte al giorno ed ella non dirà una parola,
accontentandosi di stare a vedere, senza un mormorio.
El taleb (la bramosa). Anche questa vulva si trova solo in poche donne. In
alcune è così di natura; in altre è il risultato di una lunga astinenza. Essa arde
dal desiderio di un membro e, quando ne stringe uno, si rifiuta di lasciarlo
andare finché il suo fuoco non sia completamente estinto.
El hacen (la bellissima). È la vulva bianca, carnosa, rotonda come una cupola,
salda e senza alcuna deformità. Non puoi staccare gli occhi da essa e il
guardarla cambia una debole erezione in una forte.
Abu djebaha (quella con una proiezione). Alcune donne hanno questo tipo di
vulva, che è molto grande, con un pube che sporge in fuori come una fronte
carnosa e prominente.
El ouasa (la vasta). Una vulva circondata da un pube molto grande. Le donne
così fatte sono dette di vagina larga, perché, anche se all'accostarsi del membro
essa sembra tanto chiusa e impenetrabile che nemmeno un meroud potrebbe
passarvi, non appena sente il contatto del pene contro il proprio centro si
spalanca immediatamente.
Ed dride (la larga). Viene chiamata così la vulva che è tanto larga quanto è
lunga, vale a dire, è sviluppata tutta in tondo, da un lato all'altro, dal pube al
perineo. la più bella da guardare. Come ha detto il poeta:
Così viene chiamata anche la vagina della donna opulenta. Quando accavalla le
cosce, la sua vulva spicca come la testa di un vitello. Nuda, essa sembra un saâ
di grano posto tra le sue cosce e, quando la donna cammina, si evidenzia anche
sotto le vesti per il movimento ondeggiante che compie a ogni passo. Possa
Iddio, nella sua bontà e generosità, farci godere di una vagina simile! Essa è di
tutte la più piacevole, celebrata e desiderata.
El lezzaz (quella che vuole essere uno). E la vagina che, avendo accolto il
membro, si spinge su di esso e vi aderisce così strettamente che, se fosse
possibile, avvolgerebbe anche i testicoli.
El moudin (quella che aiuta). Così chiamata perché assiste il membro nel suo
spingersi avanti e indietro, nel suo andare su e giù, insomma, in tutti i suoi
movimenti, per ciò che esso desidera fare: entrare o ritirarsi, muoversi da una
parte e dall'altra, ecc., la vulva è ansiosa di aiutarlo, rispondendo al suo appello.
Con questo aiuto l'eiaculazione è facilitata e il piacere è reso più intenso.
El harrab (la fuggitiva). Questa è la vulva che, essendo molto stretta e corta,
prova dolore quando viene penetrata da un membro molto grosso e duro, e
cerca di sfuggirgli come può. Questo accade, sidice, con la vulva di quasi tutte
le vergini, che, non avendo ancora fatto conoscenza con il membro e temendo il
suo ingresso, cerca di togliersi dalla sua strada, quando scivola tra le cosce e
vuole essere ammesso.
El mezour (la profonda). La vulva che ha sempre la bocca aperta e di cui non
si vede il fondo. Solo i membri più lunghi possono raggiungerlo.
El âddad (quella che morde). La vulva che, quando il membro è entrato e arde
di passione, si apre e si richiude su di esso ferocemente. E soprattutto quando
sta per avvenire l'eiaculazione che l'uomo si sente mordere la punta del membro
dalla bocca dell'utero. E senza dubbio c'è una forza di attrazione in essa,
quando si attacca alla ghiandola, bramando lo sperma, e la tira dentro più che
può. Se Dio, nella sua potenza, ha decretato che la donna rimanga incinta, lo
sperma si concentra nell'utero, dove gradualmente prende vita; se invece
l'Onnipotente non permette il concepimento, l'utero espelle il seme, che allora
si spande nella vagina.
El meussas (quella che succhia). Questa è la vagina che, ardendo di passione a
causa di voluttuosi preliminari o di una lunga astinenza, comincia a succhiare il
membro che l'ha penetrata con tanta forza da togliergli tutto il suo sperma,
trattando l'organo sessuale maschile come un bambino che poppa il seno
materno. Un poeta lo ha descritto nei versi che seguono:
El zeunbur (la vespa). Questa vulva è caratterizzata dal pelo folto e ispido.
Quando il membro si accosta e cerca di entrare, viene punto dai peli come da
una vespa.
El harr (la calda). Questa è una delle vulve più pregevoli. Il calore, infatti, è
molto apprezzato nell'organo sessuale femminile e si può dire che l'intensità del
godimento che esso dà è proporzionato al calore che sviluppa.
Un poeta ha lodato questa vulva nei versi che seguono:
Ci fu un tempo in cui ero innamorato di una donna che era tutta grazia e
perfezione, con forme bellissime e dotata di ogni immaginabile incanto. Le sue
guance erano simili a rose, la sua fronte aveva il candore dei gigli; aveva denti
come perle e seni come melograni. Quando si apriva, la sua bocca era rotonda
come un anello; la sua lingua sembrava incrostata di pietre preziose; i suoi
occhi, neri e mirabilmente tagliati, sembravano sempre illanguiditi dal sonno e
la sua voce aveva la dolcezza dello zucchero. Di forme piacevolmente piene, la
sua carne era morbida come il burro fresco e pura come il diamante.
Quanto alla sua vulva, essa era bianca, prominente, rotonda come un arco; il
suo centro era rosso e alitava fuoco, senza traccia d'umidità; poiché, dolce al
tocco, era del tutto asciutta. Quando camminava, appariva in rilievo come una
cupola o una tazza capovolta. Quando si abbassava, era visibile tra le sue cosce,
simile a un bambino sdraiato su un poggio.
Questa donna era una mia vicina. Tutte le altre ridevano e scherzavano con me,
tutte seguivano con gran piacere i miei suggerimenti. Io mi beavo dei loro baci,
dei loro stretti abbracci e dei loro piccoli morsi, e di succhiare le loro labbra, i
seni, i colli. Con tutte feci l'amore, eccetto che con la mia vicina, ed era proprio
lei che desideravo possedere più di ogni altra; ma invece di essere gentile con
me, lei piuttosto mi evitava. Un giorno in cui cercai di appartarmi con lei, per
divertirci insieme, e parlare dei miei desideri, ella mi recitò i seguenti versi, il
cui senso era un mistero per me:
Ogni volta che le parlavo del mio amore, lei mi rispondeva con questi versi, che
per me erano privi di significato, per cui non potevo replicare, ma questo,
d'altra parte, non faceva che eccitare la mia passione. Allora interrogai tutti i
miei conoscenti - fra cui dotti, filosofi e studiosi - ma nessuno riuscì a risolvere
questo indovinello in modo che io potessi soddisfare il mio desiderio e
acquetare la mia passione.
Tuttavia continuai le ricerche e, infine, seppi di uno studioso chiamato Abu
Nuass, che viveva in un paese lontano ed era, mi dissero, l'unico uomo capace
di risolvere l'enigma. Allora andai da lui, gli parlai delle conversazioni che
avevo avuto con la donna e gli recitai quei misteriosi versi. Allora Abu Nuass
mi disse: «Quella donna ti ama più di ogni altro uomo. Ella è di forme piene e
opulente». «Hai perfettamente ragione,» dissi io. «L'hai descritta come se fosse
davanti a te, salvo per quanto dici riguardo al suo amore per me, perché finora
non me ne ha dato alcuna prova.»
«Ella non ha marito. »
«È così.»
Allora Abu Nuassa aggiunse: «Devo supporre che il tuo pene è di piccole
dimensioni e un simile membro non può darle piacere né soddisfare la sua
passione, poiché ciò che ella vuole è un amante con un membro grosso come
quello di un asino. Però io posso sbagliarmi. Dimmi la verità al riguardo».
Quando lo ebbi rassicurato su questo punto, affermando che il mio pene, che
cominciava a rizzarsi sentendo mettere in dubbio la sua validità, era di
dimensioni più che rispettabili, egli mi disse che in tal caso ogni difficoltà
sarebbe scomparsa e mi spiegò quei versi come segue:
Avendo imparato a memoria questi versi, salutai Abu Nuass e tornai da Fadehat
e! Djemal. Come al solito, la mia amata era sola. Bussai piano alla porta; lei
uscì subito, bella come il sole sorgente, e avvicinandosi a me disse: «O tu,
nemico di Dio, cosa ti porta da me a quest'ora?»
«Una faccenda di grande importanza, mia signora,» risposi.
«Spiegati e vedrò se posso aiutarti.»
«Non te ne parlerò finché non saremo in casa, con la porta sbarrata.»
«La tua audacia è oggi grandissima,» lei disse.
Ed io: «Vero, mia signora! L'audacia è una delle mie qualità».
Allora lei mi disse: «Nemico dite stesso! Il più miserabile della tua specie! Se
io sbarrassi la porta e tu non avessi di che soddisfare i miei desideri, cosa potrei
farne dite, faccia di giudeo?»
«Mi lascerai dividere il tuo letto e mi concederai i tuoi favori.»
Ella scoppiò a ridere e, dopo che fummo entrati in casa, disse a una schiava di
sbarrare la porta. Come al solito, la pregai di accettare le mie proposte; allora
lei mi recitò ancora una volta i suoi versi. Quando ebbe finito, cominciai a
recitarle quelli che mi aveva insegnato Abu Nuass.
A mano a mano che procedevo, la vidi sempre più turbata. Sembrava venir
meno, sbadigliava, si stirava, faceva gran sospiri. Ora sapevo che avrei ottenuto
lo scopo. Quando ebbi finito, il mio membro era così duro che sembrava un
pilastro, e si stava ancora allungando. Quando Fadehat el Djemal se ne accorse,
si gettò su di esso, lo prese in mano e se lo tirò verso le cosce. Allora io dissi:
«Pupilla dei miei occhi, non possiamo farlo qui, andiamo in camera tua».
Ma ella replicò: «O tu, figlio di una donna di malaffare! Davanti a Dio, mi
sento venir meno a veder il tuo membro diventare sempre più lungo e sollevarti
la veste. O, che membro! Non ne ho mai visto uno più bello! Introducilo in
questa carnosa, deliziosa vulva, che fa impazzire chiunque l'ha sentita
descrivere, per la quale tanti sono morti d'amore, e che uomini più importanti
dite e i tuoi stessi padroni non potrebbero possedere».
Io ripetei: «Non lo farò in nessun altro luogo che la tua camera».
Lei allora disse: «Se non entri in questo stesso momento nella mia morbida
vulva, morirò, » e, siccome io insistevo sull'andare in camera sua, ella gridò:
«No, è insopportabile; non posso aspettare oltre!»
E infatti io vidi le sue labbra tremare, i suoi occhi riempirsi di lacrime. Un
brivido la percorse tutta, cambiò colore e si distese supina, scoprendo le cosce,
la bianchezza delle quali faceva sembrare la sua carne cristallo colorato col
carminio.
Allora guardai la sua vulva: una cupola bianca con un centro di porpora,
morbida e piena d'incanto, che si aprì come quella di una giumenta
all'accostarsi dello stallone.
In quel momento ella afferrò il mio membro e lo baciò, dicendo: «Per la
religione di mio padre, questo deve penetrare nella mia vulva» e accostatasi di
più a me, lo spinse verso la sua vagina.
Allora non esitai più e misi il membro contro l'entrata della vulva. Appena la
punta toccò le labbra, l'intero corpo di Fadehat el Djemal tremò d'eccitazione.
Ansimando e gemendo, mi strinse al suo petto.
Approfittai di quel momento per ammirare di nuovo la bellezza della sua vulva.
Era magnifica, il suo centro purpureo spiccava nel candore del resto. -Rotonda
e senza alcuna imperfezione si protendeva come una cupola splendidamente
ricurva tra le sue cosce. In breve, era un capolavoro del creato, bella quanto si
può esserlo. La benedizione di Dio, che è il creatore più grande, sia su di essa!
E la donna che possedeva una simile meraviglia non aveva al suo tempo chi la
superasse in splendore.Poi, vedendola così in estasi, tremante come un uccello
di cui si sta tagliando la gola, spinsi il mio dardo dentro di lei. Tuttavia,
pensando che potesse non essere in grado di accogliere tutto il mio membro,
ero entrato con cautela, ma ella dimenò furiosamente le natiche, dicendo:
«Questo non basta per soddisfarmi.» Allora, con una forte spinta, immersi
completamente il mio membro in lei, che lanciò un grido di dolore, ma un
momento dopo prese a muoversi con una furia maggiore di prima. «Non
dimenticare gli angoli,» gridò, «né in alto né in basso, ma soprattutto non
trascurare il centro! Il centro!» ripeté. «Se ti senti venire, spingilo dentro
l'utero, ed estinguerai così la mia passione.» Poi ci muovemmo
alternativamente all'indietro e all'infuori, e fu delizioso. Le nostre gambe erano
allacciate, i muscoli tesi e continuammo così, baciandoci e stringendoci, finché
l'orgasmo venne per entrambi contemporaneamente. Allora ci fermammo a
riposare dopo il nostro amoroso conflitto.
Io volevo ritirare il membro, ma lei non lo permise e mi supplicò di lasciarlo
dov'era. Esaudii il suo desiderio, ma un momento dopo ella stessa lo tirò fuori,
lo asciugò e lo rimise nella vulva. Rinnovammo allora il nostro gioco,
baciandoci, stringendoci e muovendoci ritmicamente. Poi, dopo un po', ci
alzammo e andammo in camera sua, questa volta senza aver concluso. Lei mi
diede un pezzetto di radice aromatica, raccomandandomi di tenerlo in bocca e
assicurandomi che, finché l'avessi masticato, il mio membro sarebbe rimasto
eretto. Poi mi chiese di sdraiarmi supino, cosa che feci.
Lei allora si mise sopra di me e, preso il pene, lo introdusse completamente
nella vagina. Rimasi sbalordito dal vigore della sua vulva e dal calore che
emetteva. L'apertura del suo utero, in particolare, suscitava la mia
ammirazione. Non avevo mai provato nulla di simile al piacere che provai
quando afferrò il mio membro e strinse la ghiandola.
Prima di Fedehat el Djemal, nessuna donna aveva mai accolto il mio membro
in tutta la sua lunghezza. lei poté farlo, credo, perché era di corporatura
opulenta, con una vulva ampia e profonda.
A cavalcioni su di me, cominciò a muoversi su e giù. Gridava, gemeva, a un
certo punto rallentò il movimento, poi lo accelerò di nuovo, si fermò del tutto;
quando parte del mio membro divenne visibile, lei lo guardò, quindi lo tirò
fuori completamente per esaminano con attenzione, poi se lo mise di nuovo
tutto dentro. Continuò così finché fu di nuovo sopraffatta dal piacere. Infine,
essendo smontata da me, si stese supina e mi chiese di mettermi io adesso sopra
di lei. Così feci, e lei introdusse completamente il mio pene nella sua vulva.
Continuammo dunque le nostre carezze, cambiando di volta in volta posizione,
fino al calar della notte.
Io allora ritenni che fosse il momento di dirle che dovevo andare, ma non fu
d'accordo e dovetti darle la mia parola che sarei rimasto. «Questa donna non mi
lascerà andare via a nessun costo» pensai, «ma quando farà giorno Dio mi
consigliera.» Dunque rimasi con lei e continuammo ad accarezzarci l'un l'altra,
prendendoci ben poco riposo, fino al mattino.
Calcolai che, in quel giorno e quella notte, compii l'atto del coito ventisette
volte e cominciai a temere che non avrei mai potuto lasciare quella casa.
Essendo infine riuscito 'ad andarmene, tornai a trovare Abu Nuass e lo informai
di quanto era avvenuto. Egli ne fu stupito e le sue prime parole furono: «O
Djoâidi, tu non puoi avere alcun potere né autorità su quella donna ed ella ti
farà fare penitenza per tutto il piacere che hai avuto dalle altre».
Poco dopo, Fadehat el Djemal mi propose di sposarla, per porre fine alle voci
sgradevoli che circolavano sulla sua condotta. Io, d'altro canto, cercavo soltanto
una relazione adulterina. Chiesi consiglio ad Abu Nuass, che rispose: «Se sposi
Fadehat el Djemal, ti rovinerai la salute, Dio ti toglierà la sua protezione e, cosa
peggiore di tutte lei ti sarà infedele, poiché è insaziabile riguardo al coito, e ti
riempirà di vergogna». Al che io dissi: «Questa è la natura delle donne; sono
insaziabili, quando si tratta della vu!va, e finché la loro lussuria viene
soddisfatta, non si curano se sia con un buffone, un negro, un servo o persino
un uomo disprezzato e condannato dalla società».
Allora Abu Nuass dipinse il carattere delle femmine nei versi che seguono:
Sappi, o Visir (la benedizione di Dio sia con te!) che gli organi sessuali dei vari
animali maschi non sono simili alle diverse nature dei membri virili che ho
elencato.
I membri degli animali sono classificati secondo le specie cui appartengono,
che sono quattro.
El rermul, il colosso.
El kass, il serpente arrotolato.
El fellag, lo spaccatutto.
El zellate, la mazza.
El heurmak, l'indomabile.
El meunefukh, il gonfio.
Abu dommar, quello che ha la testa.
Abu beurnita, quello con il cappello.
El keurkite, il membro a punta.
El keuntra, il ponte.
El rezama, il maglio.
Abu sella, il lottatore.
2. I membri degli animali che hanno il tipo di zoccolo chiamato akhfaf, come,
per esempio, il cammello.
El mâlum, il famoso.
El tonil, il lungo.
El che rita, il lussurioso
El moustakime, il fermo.
El heurkal, il dondolante.
El mokheubbi, il nascosto.
El chaaf, la barba a punta.
Tsequil el ifaha, quello che si muove lentamente.
3. I membri degli animali con zoccoli fessi, come il bue, la pecora, ecc.
El aceub, il cervo.
El heurbadj, la bacchetta.
El sont, la frusta.
Requig er ras, la piccola testa.
El tonil, il lungo.
Per il montone:
El aïçoub, il nervoso.
Infine, i membri degli animali che hanno zampe con unghie, come il leone, la
volpe, il cane e altre specie.
El kebib, la verga.
El kibuss, la grande ghiandola.
El metemerole, quello che si allunga.
Si ritiene che, di tutti gli animali creati da Dio, il leone è il più esperto nel coito.
Quando incontra una leonessa, la osserva prima di montarla e scopre così se è
già stata coperta da un maschio. Quando la femmina gli si avvicina, il leone la
fiuta e, se si è lasciata coprire da un altro, lo capisce immediatamente dall'odore
che quell'animale ha lasciato su di essa. Quindi fiuta la sua urina e, se l'esame
risulta sfavorevole, s'infuria e comincia ad agitare rabbiosamente la coda. Guai
all'animale che allora gli si avvicini, può essere sicuro che sarà sbranato, fatto a
brandelli. Poi il leone torna dalla femmina, la quale, vedendo che sa tutto,
trema di terrore. La fiuta di nuovo, lancia un ruggito tale da scuotere le
montagne e, scagliandosi su di lei, le lacera il dorso i con gli artigli. Può
arrivare addirittura ad ucciderla, per poi insozzarne il corpo con l'urina.
Si dice che il leone sia il più geloso e il più intelligente degli animali. Pare
anche che sia generoso e che risparmi chi lo circuisce con belle parole.
L'uomo che, incontrando un leone, si scopre il membro, lo fa fuggire.
Anche pronunciando davanti a un leone il nome di Daniele (saluti a lui!) lo si fa
scappare, perché il profeta (Ave!) ha ordinato che così facesse, udendo il suo
nome. Dunque, quando lo si pronuncia, il leone se ne va senza fare alcun
danno. Si citano molti casi che lo provano.
CAPITOLO XI
DEGLI INGANNI E I TRADIMENTI DELLA DONNA
Sappi o Visir (Dio sia buono con te!) che gli intrighi delle donne sono numerosi
e ingegnosi. I loro trucchi ingannerebbero lo stesso Satana, poiché l'Altissimo
ha detto (Corano, cap. XII, v. 28) che le capacità ingannatrici delle donne sono
grandi e anche (Corano, cap. VI, v. 38) che le trame di Satana sono deboli.
Confrontando il verbo di Dio, sugli inganni della donna e di Satana, contenuto
in quei due versi è facile capire quanto grandi siano i primi.
Si narra che un uomo s'innamorò di una donna che possedeva tutte le perfezioni
immaginabili. Egli le fece proposte che furono respinte; poi cercò di sedurla
con ricchi doni, ma furono anch'essi rifiutati. L'uomo si lamentava, protestava
ed era prodigo con il suo danaro per conquistarla, ma senza alcun risultato, e
divenne magro come uno spettro. Tutto ciò andò avanti per qualche tempo,
finché conobbe una vecchia con la quale si confidò, lamentandosi amaramente
del suo amore infelice. Allora lei gli disse: «Ti aiuterò io, se così piace
all'Altissimo».
Immediatamente la vecchia andò a casa della donna, per avere un colloquio con
lei; ma, quando vi arrivò, le vicine le dissero che non vi avrebbe potuto entrare,
perché la casa era guardata da una ferocissima cagna, che non permetteva a
nessuno di entrare o di uscire e che, nel suo odio bestiale, saltava sempre alla
faccia della gente.
Udendo questo, la vecchia fu contenta e si disse: «A Dio piacendo, ci riuscirò».
Poi andò a casa e riempì una cesta con pezzi di carne. Così provvista, tornò alla
casa della donna ed entrò.
La cagna, vedendola, s'alzò di scatto per balzare su di lei; ma la vecchia tese
davanti a sé la cesta e gliene mostrò il contenuto. Appena la bestia vide il cibo,
mostrò la propria soddisfazione dimenando la coda e dilatando le narici. Allora
la vecchia, mettendo la cesta davanti alla cagna, parlò come segue: «Mangia,
sorella mia. La tua assenza mi ha dato molto dolore. Non sapevo cosa ne fosse
stato dite e ti ho cercato a lungo. Prendi, acqueta la tua fame».
Mentre l'animale mangiava e la vecchia l'accarezzava sul dorso, la padrona di
casa venne a vedere chi fosse entrato in cortile e fu piuttosto sorpresa nel
vedere la cagna, che non permetteva a nessuno di avvicinarla, condursi in modo
così amichevole con un'estranea. «Vecchia,» disse, «come mai conosci il nostro
cane?» L'altra non rispose, ma continuò a carezzare l'animale, dando voce ai
suoi lamenti.
Allora la padrona di casa disse. «Il mio cuore duole nel vederti così. Rivelami
la causa della tua pena».
«Questa cagna» spiegò amaramente la vecchia, «era un tempo una donna, e la
mia migliore amica. Un bel giorno ella fu invitata insieme a me a un
matrimonio. Lei indossò le sue vesti migliori e si adornò con le gioie più belle.
Poi ci avviammo insieme. Per la strada fummo avvicinate da un uomo che, alla
vista della mia amica, fu preso dal più violento amore. Ma lei non gli diede
ascolto. L'uomo le offrì degli splendidi regali, ma la mia amica respinse anche
quelli. Incontrandola qualche giorno dopo, l'uomo le disse: 'Cedi alla mia
passione, altrimenti io pregherò Dio che ti trasformi in una cagna!'. 'Prega
finché ti pare,' rispose la mia amica. Allora egli richiamò su di lei la
maledizione celeste e, come vedi qui, fu tramutata in cagna.» A queste parole,
la padrona di casa cominciò a piangere e a lamentarsi, dicendo: «Ah, madre
mia, temo che andrò incontro alla stessa sorte!». «Perché, cos'hai fatto?» le
domandò la vecchia. «C'è un uomo che mi ama da molto tempo,» spiegò la
donna, «ma io ho sempre rifiutato di soddisfare i suoi desideri, né gli ho mai
dato ascolto, benché la saliva gli si seccasse in bocca a forza di suppliche; e a
dispetto delle grandi spese che ha fatto per conquistarmi, io ho insistito nel
dirgli di no e ora temo, madre, che possa richiamare la maledizione di Dio su di
me».
«Dimmi come posso riconoscere quell'uomo» fece la vecchia. «Devi fargli
sapere che accetti d'incontrarlo, se non vuoi diventare come questo animale.»
«Ma come riuscirai a trovano, e chi mai potrei mandargli?»
«Me, figliola mia!» rispose la vecchia. «Io lo troverò e ti renderò questo
servizio.»
«Fa' presto, madre, e parlagli prima che preghi Dio contro di me.»
«Lo troverò oggi stesso,» promise la vecchia, «e, a Dio piacendo, tu lo
incontrerai domani.»
Quindi la vecchia si congedò, andò dall'uomo che l'aveva presa come sua
confidente e gli disse che l'incontro era fissato per l'indomani. Così, il giorno
dopo la donna andò a casa della vecchia, poiché erano rimaste d'accordo che
l'incontro avesse luogo là. Quando vi fu arrivata, aspettò per un certo tempo,
ma l'amante non comparve. Senza dubbio un'affare di grande importanza gli
aveva impedito di venire. Riflettendo su quel contrattempo, la vecchia disse a
se stessa: «Non c'è sapere e potere che in Dio, il Grande». Ma non riusciva
proprio a immaginare cosa potesse averlo tenuto lontano. Guardando la donna,
vide che era molto agitata, per cui era chiaro che desiderava ardentemente il
coito. Diventava sempre più irrequieta, finché a un certo punto domando:
«Perché non viene?». «Figlia mia,» rispose la vecchia, «deve trattarsi di una
faccenda seria, che probabilmente richiedeva un viaggio. Ma ti aiuterò, anche
in questa circostanza» rispose la vecchia. Poi si mise la melahfa e uscì alla
ricerca del giovane. Ma invano, poiché non riuscì a saperne nulla.
Mentre continuava le sue ricerche, la vecchia si disse: «In questo momento
quella donna desidera ardentemente un uomo. Perché non portarle oggi un altro
giovane, capace di calmare il suo ardore? Domani troverò quello giusto.»
Mentre così rifletteva, camminando, incontrò un giovane di aspetto molto
piacente. Capì subito che era il tipo giusto che, con ogni probabilità, sarebbe
stato lieto di aiutarla a risolvere il suo problema, quindi gli disse: «Figliolo, se
ti presentassi una donna bellissima, piena d'ogni grazia e perfezione, lo faresti
l'amore con lei?». «Se dici il vero, ti darò questo dinaro d'oro! » rispose lui. La
vecchia, incantata, prese la moneta e lo condusse a casa sua.
Bene, quel giovane era il marito della donna, che la vecchia non conosceva
prima di portarlo da lei. Ed ecco come lo scoprì. Entrò per prima in casa e disse
alla donna: «Non sono riuscita a trovare la minima traccia del tuo innamorato;
ma, in sua mancanza, ti ho portato qualcuno che possa acquetare la tua passione
per oggi. Serberemo l'altro per domani. Dio mi ha ispirato ad agire così».
La donna andò alla finestra per dare un'occhiata all'uomo che la vecchia voleva
darle e, appena lo vide, riconobbe il marito, che era proprio sul punto di entrare.
Allora non esitò, ma, indossata in gran fretta la sua melahfa, andò diritta
incontro al marito e lo colpì sul viso, gridando: «Cosa ci fai qui, nemico di Dio
e dite stesso? Sei venuto di certo per commettere adulterio. Io ti sospettavo da
un pezzo e ti ho aspettato qui ogni giorno, dopo aver mandato fuori la vecchia
ad adescarti. Oggi ti ho scoperto, è inutile che neghi. E mi dicevi sempre di non
essere un uomo dissoluto! Chiederò il divorzio oggi stesso, ora che la tua
condotta conosco!»
Il marito, pensando che la moglie dicesse la verità, restò senza parole, in preda
alla più grande confusione.
Impara da questo la falsità della donna, e di cosa essa sia capace.
C'era una volta una donna disperatamente innamorata d'uno dei suoi vicini,
noto per la sua virtù e la sua pietà. Ella gli dichiarò la sua passione; ma,
vedendo continuamente respinti i suoi approcci, malgrado tutte le sue arti,
decise che avrebbe avuto lo stesso la sua soddisfazione, ed ecco come vi riuscì.
Una sera informò la sua negra che intendeva tendere una trappola a quell'uomo
e le ordinò di lasciare aperta la porta di strada poi, nel cuor della notte, chiamò
la schiava e così la istruì: «Va' fuori e batti questa pietra contro la nostra porta
esterna più forte che puoi, senza badare alle mie grida o al chiasso che farò;
appena senti il vicino aprire la porta, torna dentro e picchia allo stesso modo
sull'uscio interno. Bada bene che lui non ti veda e rientra subito in casa se ti
accorgi che arriva qualcuno.» La negra eseguì immediatamente quest'ordine.
Ora, il vicino era per natura un uomo compassionevole, sempre disposto ad
aiutare le persone in difficoltà e il suo aiuto non era mai chiesto invano.
Udendo il rumore dei colpi battuti sulla porta e le grida della donna, chiese alla
moglie cosa stesse succedendo e questa rispose: «E la nostra vicina tal dei tali,
che viene assalita in casa sua dai ladri». Egli allora si precipitò in suo aiuto; ma
aveva appena messo piede in casa che la negra chiuse la porta alle sue spalle e
la donna lo afferrò, lanciando alte grida. Egli protestò, ma la padrona di casa gli
pose, ora con calma, le sue condizioni. «Se non fai con me questo e questo, dirò
che ti sei introdotto in casa mia per violentarmi, come prova tutto questo
trambusto.» «Sia fatta la volontà di Dio!» disse l'uomo. «Nessuno può andare
contro di Lui, né sottrarsi al suo potere. » Poi tentò vari trucchi per scappare,
ma invano, perché la padrona di casa incominciò a urtare e fece un chiasso tale,
da richiamare sul posto molte persone. Egli capì che la sua reputazione sarebbe
stata compromessa, se avesse continuato a resistere, quindi si arrese dicendo:
«Salvami e ti soddisferò! » E lei ribatté: «Entra in quella camera e chiudi la
porta, se vuoi lasciare questa casa con onore, e non tentare di fuggire, o quella
gente saprà che tu sei la causa di tutta questa agitazione». Vedendo quanto la
donna fosse determinata a ottenere ciò che desiderava, fece come lei gli aveva
detto. La donna, dal canto suo, andò a parlare coi vicini accorsi in suo aiuto e,
fornendo loro una specie di spiegazione, disse loro di tornare a casa, ed essi se
ne andarono. Rimasta sola, chiuse le porte e tornò dal suo amante contro voglia,
che tenne rinchiuso in casa sua per un'intera settimana, lasciandolo andare solo
dopo averlo completamente prosciugato.
Impara da questo la falsità delle donne e di cosa esse siano capaci.
LADRA D'AMORE
La storia che segue riguarda due donne che abitavano nella stessa casa. Il
marito d'una di esse aveva un membro lungo, grosso e duro; mentre quello
dell'altra lo aveva piccolo, insignificante e molle. La prima si alzava sempre
gioiosa e sorridente; la seconda scendeva dal letto ogni mattino triste e in
lacrime.
Un giorno le due donne stavano insieme e parlavano dei loro mariti.
La prima disse: «Io vivo nella più grande felicità. Il mio è un letto di
beatitudine. Quando mio marito e io vi stiamo insieme, esso è testimone del
nostro supremo piacere, dei nostri baci e abbracci, gioie e amorosi sospiri.
Quando il suo membro entra nella mia vulva, la riempie completamente; e si
spinge avanti fino a toccare il fondo della mia vagina e non la lascia prima
d'averne visitato ogni angolo: la soglia, il vestibolo, il soffitto e il centro.
Quando arriva l'orgasmo, si piazza proprio nel mezzo, che inonda delle sue
lacrime. Così noi spegniamo il nostro fuoco e soddisfiamo la nostra passione».
La seconda disse invece: «Io vivo nella più grande afflizione. Il mio è un letto
di sventura e il nostro coito un'unione di pena e fatica, odio e maledizione.
Quando il membro di mio marito entra nella mia vulva, non ne blocca
l'ingresso ed è così corto che non riesce a toccare il fondo. Quando è eretto si
torce da tutte le parti e non può procurare alcun piacere. Piccolo e debole,
eiacula a stento una goccia di sperma e la sua prestazione non può soddisfare
nessuna donna».
Questo era ciò che le due donne si dicevano quasi ogni giorno.
Ma successe che quella che aveva tanto motivo di lagnarsi pensò in cuor suo a
quanto sarebbe stato delizioso commettere adulterio con il marito dell'altra.
«Devo riuscirci,» si disse «sia pure per una volta sola.» Poi aspettò la sua
occasione, che si presentò quando il marito dovette passare una notte fuori casa.
La sera si preparò a realizzare il suo piano, cospargendosi di dolci profumi ed
essenze. Poi, quando la notte fu a circa un terzo della sua lunghezza, entrò
silenziosamente nella camera dove l'altra dormiva col marito e avanzò a tentoni
fino al loro letto. Notando che fra i due c'era una certa distanza, cercò di
scivolare in mezzo. Lo spazio era piccolissimo, ma ciascuno dei due sposi
pensò che fosse la pressione dell'altro e si scostò un poco, così lei riuscì a
insinuarsi tra loro. Allora attese quietamente che l'altra fosse profondamente
addormentata, poi, accostandosi all'uomo, mise la sua carne a contatto con
quella di lui. Lui si svegliò e, sentendo i profumi che esalava, fu subito in
erezione. Allora la tirò a sé, ma ella disse a voce bassissima: «Via, lasciami
dormire!» Al che egli replicò: «Sta' zitta e lasciami fare! I bambini non
sentiranno niente!» Allora lei si premette contro di lui, così da allontanarlo di
più dalla moglie, e disse: «Fa' quello che vuoi, ma non svegliare i piccini, che
sono qui accanto.» In realtà, prese questa precauzione per timore che l'altra
dovesse destarsi. L'uomo, eccitato dai profumi, la trasse ardentemente a sé.
Era mobida e opulenta, con una bella vulva sporgente. Egli si stese sopra di lei
e disse: «Prendilo come al solito!» Ella obbedì, restando sbalordita dalle
dimensioni e dalla bellezza di quel membro, poi lo introdusse nella vulva.
L'uomo, dal canto suo, osservò che il suo membro era entrato completamente
nella vagina di lei, cosa che non aveva mai potuto fare con la moglie. La donna
trovò che suo marito non le aveva mai dato un simile piacere.
L'uomo era davvero sbalordito. La godette a suo piacimento una seconda e una
terza volta, ma il suo stupore non faceva che aumentare. Infine la lasciò e si
stese al suo fianco.
Quando sentì che si era addormentato, la donna sgusciò fuori dal letto e lasciò
la camera, tornando nella propria.
Il mattino, alzandosi, il marito disse alla moglie: «I tuoi abbracci non mi sono
parsi mai tanto deliziosi, né avevo mai sentito profumi così dolci come quelli
che esalavi tu». «Di che abbracci e profumi stai parlando?» chiese la moglie.
«Non ho in casa una sola goccia di essenza! » Poi gli diede del bugiardo e
aggiunse che certo aveva sognato. Al che l'uomo accettò l'idea di essersi potuto
ingannare e che in realtà si era trattato di un sogno.
Vedete da questo quanto siano false le donne, e di che cosa esse siano capaci.
STORIA DELLA DONNA CON DUE MARITI
Si racconta che un uomo, dopo aver vissuto per qualche tempo nel paese in cui
si era trasferito, desiderò sposarsi. Si rivolse allora a una vecchia esperta in
queste cose, chiedendole se poteva trovargli una moglie, e lei rispose: «Posso
proporti una ragazza dotata di grande bellezza, grazia squisita e forme perfette.
Ti andrà certamente bene, perché, oltre a possedere queste doti, è anche
virtuosa e pura. C'è solo che i suoi affari la occupano dal mattino alla sera, ma
di notte sarà tutta tua. E per questo che conduce una vita molto riservata, poiché
sa bene che un marito potrebbe non essere d'accordo su questo.»
«La ragazza non abbia paure,» rispose l'uomo. «Anch'io non sono libero di
giorno e la voglio soltanto per la notte.»
Quindi l'uomo la chiese in matrimonio. La vecchia gliela portò ed egli la trovò
di suo gradimento, e quindi essi vissero insieme, osservando le condizioni in
base alle quali si erano uniti.
Ora, l'uomo aveva un amico intimo, che egli presentò alla vecchia che aveva
combinato il suo matrimonio e che desiderava lo stesso servizio. I due
andarono da lei e chiesero il suo aiuto.
«Questa è una cosa facilissima,» rispose la vecchia. «Conosco una ragazza di
grande bellezza, che ti consolerà dei tuoi più grevi affanni. Solo, i suoi affari la
tengono occupata per tutta la notte, ma passerà con te l'intera giornata.»
«Questo non è un ostacolo» disse l'amico. Dopo di che la vecchia gli portò la
fanciulla.
Egli la trovò di suo gradimento e la sposò alle condizioni concordate.
Ma non passò molto che i due amici scoprirono che le belle mogli procurate
loro dalla vecchia mezzana erano la medesima persona.
Vedete da questo quanto siano false le donne, e di cosa esse siano capaci.
STORIA DI BAHIA
Si racconta che esisteva un uomo, che aveva studiato tutte le astuzie e i raggiri
inventati dalle donne per ingannare gli uomini e riteneva che nessuna femmina
sarebbe riuscita a gabbarlo.
Una donna molto bella e veramente incantevole venne a sapere di questa
convinzione. Allora preparò per lui nel medjélés, un pasto che comprendeva
molti tipi di vini e tutto ciò che si poteva desiderare in fatto di cibi rari e scelti.
Poi mandò qualcuno da lui, invitandolo ad andarla a trovare. Siccome era
famosa per la sua grande bellezza e la perfezione rara della sua persona, aveva
suscitato il desiderio di lui, che si affrettò ad accettare l'invito.
Lei indossava le vesti più belle ed esalava i profumi più scelti, tanto che
chiunque l'avesse vista avrebbe certamente perso la testa. Così, quando fu
ammesso alla sua presenza, rimase affascinato dalla sua bellezza e fu
sopraffatto dall'ammirazione.
La donna, però, sembrava preoccupata per via del consorte, di cui lasciò capire
che temeva il ritorno da un momento all'altro. Bisogna dire che questo marito
era un uomo orgogliosissimo, molto geloso e violento, che non avrebbe esitato
a spargere il sangue di chiunque avesse scoperto aggirarsi attorno alla sua casa.
Cosa non avrebbe fatto, a maggior ragione, all'uomo che vi avesse trovato
dentro!
Mentre la donna e il suo ospite, che si vantava di poterla possedere, si
divertivano nel med jélés, alcuni colpi alla porta di strada riempirono l'uomo di
paura e angoscia, specialmente quando lei gridò: «Questo è mio marito che
ritorna!» Tutta tremante, la donna lo nascose in un grande armadio che si
trovava nella stanza, lo chiuse a chiave e, lasciata quest'ultima nel medjélés,
andò ad aprire la porta.
Suo marito, poiché era proprio lui, vide, entrando, il vino e tutte le buone cose
che erano state preparate. Sorpreso, volle sapere di cosa si trattava.
« Significa quello che vedi» rispose la donna.
«Ma per chi è tutto ciò?»
«Per il mio amante, che ho accolto in questa casa.»
«E dov'è adesso?»
«Là dentro,» rispose lei, puntando l'indice verso l'armadio in cui la sua vittima
era rinchiusa.
A queste parole, il marito sussultò. Balzò in piedi e andò all'armadio, ma lo
trovò chiuso. «Dov'è la chiave?» domandò. Lei rispose: «Qui!» e gliela getto.
Ma, quando il marito l'infilò nella serratura, la donna scoppiò in una gran risata.
L'uomo si girò verso di lei e disse: «Perché ridi?». «Rido,» spiegò lei, «per la
debolezza del tuo giudizio, perché tu non ragioni e non rifletti. Ah, uomo senza
buon senso, credi proprio che se avessi davvero un amante e l'avessi accolto in
questa stanza, ti avrei detto che si trovava qui e dov'era nascosto? L'avrei detto
proprio a te? Volevo soltanto offrirti un buon pasto, quando saresti tornato, e ho
pensato di farti uno scherzo. Se avessi un amante, non prenderei certo te come
confidente!» Il marito lasciò la chiave nella serratura, senza averla girata, tornò
al tavolo e disse: «È vero, mi è saltato il sangue alla testa. Ma non avevo il
minimo dubbio sulla sincerità delle tue parole!» Quindi mangiarono e bevvero
insieme, e poi fecero l'amore.
L'uomo nascosto nell'armadio dovette restarvi finché il marito non uscì di casa.
Allora la donna andò a liberarlo, trovandolo in pessime condizioni, proprio
distrutto. Quando fu uscito, scampato a un grave pericolo, ella gli disse: «Bene,
signor so-tutto, così erudito sugli inganni delle donne, fra tutti quelli che
conosci ve n'è uno simile a questo?», «No,» rispose lui, «ora sono convinto che
i vostri raggiri sono infiniti!»
Vedete da questo quanto siano false le donne, e di cosa esse siano capaci.
Si racconta che una donna, sposata a un uomo brutale e violento, si trovava col
suo amante quando arrivò inaspettatamente il marito, di ritorno da un viaggio,
ed ebbe soltanto il tempo di nascondere l'amico sotto il letto. Non riuscendo a
escogitare un espediente per farlo uscire di casa, fu costretta a lasciarlo in
quella posizione ingrata e pericolosa. Nella sua agitazione, si aggirava senza
posa da una stanza all'altra, e, essendo andata sulla porta di strada, una vicina
vide che era angosciata e gliene domandò la ragione. Ella le raccontò quello
che era successo. Al che l'altra disse: «Torna dentro. Ci penso io a salvare il tuo
amante e ti prometto che uscirà incolume». La donna allora rientrò in casa.
La vicina non tardò a raggiungerla e insieme prepararono il pasto, poi si misero
a tavola. La donna: sedette di fronte al marito e la vicina di fronte al letto.
Questa cominciò allora a raccontare storie e aneddoti sugli inganni delle donne
e l'amante nascosto sotto il letto sentiva ogni cosa.
Continuando i suoi racconti, a un certo punto la vicina cominciò il seguente:
«Una donna sposata aveva un amante, che ella amava teneramente e dal quale
era altrettanto amata. Un giorno egli andò a trovarla in assenza del marito. Una
volta quest'ultimo tornò inaspettatamente a casa, proprio mentre i due erano
insieme. La donna, non conoscendo un posto migliore, nascose l'amante sotto il
letto, poi si sedette accanto al marito, mettendosi a ridere e scherzare con lui.
Uno dei giochi fu di coprire gli occhi del marito con un tovagliolo e l'amante
colse quest'occasione per uscire dal suo nascondiglio e filarsela inosservato.»
La moglie capì immediatamente come approfittare di quel racconto; prendendo
un tovagliolo e coprendo con esso gli occhi del marito, disse: «Così fu con
questa astuzia che la donna aiutò l'amico a togliersi d'impaccio». E il suo
amante, cogliendo l'occasione, riuscì a fuggire senza essere visto dal marito.
Ignaro di ciò che era accaduto, quest'ultimo rise della storia e la sua allegria fu
addirittura aumentata dalle parole e dall'atto della moglie.
Vedete da questo quanto siano false le donne, e di cosa esse siano capaci.
CAPITOLO XII
OSSERVAZIONI UTILI SIA AGLI UOMONI SIA ALLE
DONNE
Sappi, o Visir (Dio sia buono con te!), che le informazioni contenute nel
presente capitolo sono della più grande utilità e si possono trovare soltanto in
questo libro. Certamente conoscere le cose è meglio che ignorarle. La
conoscenza può essere cattiva, ma l'ignoranza lo è molto di più. Le nozioni in
questione concernono materie che ti sono ignote, riguardanti il sesso femminile.
Visse un tempo una donna, di nome Moârbeda, che era considerata la persona
più dotta e saggia della sua epoca. Era una filosofa. Un giorno le furono fatte
diverse domande, tra cui le seguenti, che ora presento qui con le sue risposte.
«In quale parte del corpo di una donna si trova la sua mente?»
«Fra le cosce.»
«E il loro piacere?»
«Nello stesso posto.»
«E l'amore e l'odio verso gli uomini?»
«Nella vulva,» lei disse, aggiungendo: «All'uomo che amiamo diamo la nostra
vulva e la rifiutiamo a quello che detestiamo. Dividiamo i nostri beni con
l'oggetto del nostro amore e ci accontentiamo di quanto può darci, per poco che
sia; se non è ricco, lo prendiamo com'è. Ma teniamo a distanza l'uomo che
odiamo, pur se ci offrisse tutti i tesori del mondo.»
«Dove si trovano, nella donna, la conoscenza, l'amore e il gusto?»
«Negli occhi, nel cuore e nella vulva.»
Quando le chiesero spiegazioni al riguardo, lei rispose: «La conoscenza ha sede
negli occhi, poiché è l'occhio della donna ad apprezzare la bellezza delle forme
umane. Attraverso quest'organo l'amore entra nel cuore e vi prende dimora,
asservendolo. La donna innamorata dà la caccia all'oggetto del suo amore e gli
tende trappole. Se riesce nel suo proposito, allora vi sarà un incontro fra
l'oggetto amato e la sua vulva. Questa lo assaggia e scopre così se il suo sapore
sia amaro o dolce. E la vulva, infatti, che sa distinguere il buono dal cattivo.»
«Quali membri virili sono preferiti dalle donne? Quali donne sono più vogliose
del coito e quali invece lo detestano? Quali uomini esse prediligono e quali
aborriscono?»
Moârbeda rispose:
«Non tutte le donne hanno la vulva della stessa forma, per cui esse differiscono
anche nel modo di fare l'amore, oltre che nelle loro predilezioni e avversioni.
Le stesse differenze esistono anche negli uomini, riguardo sia ai loro membri
sia ai loro gusti. Una donna dalle forme abbondanti e con un utero poco
profondo cercherà un membro corto e grosso, che riempia completamente la
sua vagina senza toccarne il fondo; un membro lungo non sarebbe adatto a lei.
Una donna con un utero molto profondo e quindi una vagina di lunghezza
notevole, brama soltanto un membro di grandi dimensioni, che riempia la
vagina in tutta la sua estensione; lei disprezzerà l'uomo col pene corto e sottile,
perché non potrebbe mai soddisfarla nel coito.
Nei temperamenti delle donne troviamo le seguenti distinzioni: bilioso,
malinconico, sanguigno, flemmatico e misto. Le donne biliose o malinconiche
non amano molto il coito e, per averne piacere, devono unirsi a uomini della
medesima disposizione. Quelle sanguigne e flemmatiche amano il coito
all'eccésso e, quando incontrano un membro, non lo lascerebbero più uscire
dalla vulva, se solo potessero impedirlo. Anche nel loro caso soltanto gli
uomini dello stesso temperamento possono soddisfarle e, se una di queste
donne fosse sposata a un bilioso o a un malinconico, essi condurrebbero
insieme una vita infelice. Quanto ai temperamenti misti, non mostrano né una
predilezione né un'avversione marcate per l'atto sessuale.
È stato notato che, in ogni caso, le donne piccole amano di più il coito e
mostrano una maggiore passione per il membro virile che le donne di alta
statura. Soltanto i membri lunghi e vigorosi vanno bene per loro; in essi tali
donne trovano la delizia del loro letto e della loro esistenza.
Vi sono anche donne che amano soltanto il coito sul bordo della vulva e quando
un uomo, giacendo su di loro, vuole introdurre il membro della vagina, lo tirano
fuori con la mano e mettono il glande tra le labbra della vulva.
Io ho tutte le ragioni di credere che questo sia il caso soltanto di ragazze
giovanissime o di donne non abituate all'uomo. Dio ci scampi da esse, o dalle
donne per le quali l'atto sessuale è materialmente impossibile.
Vi sono donne che si assoggettano alle esigenze dei mariti, li soddisfano e
danno loro il delizioso, piacere del coito soltanto se costrette con percosse e
maltrattamenti. Alcuni attribuiscono questa condotta all'avversione che esse
proverebbero sia per il coito, sia per il marito; ma non è così; è semplicemente
una questione di temperamento e di carattere.
Abbiamo poi le donne che non si curano del coito perché pensano soltanto alla
grandezza, all'ambizione, all'accumulo di ricchezze. In altre tale indifferenza
deriva, com'è pure possibile, dalla purezza del cuore, o dalla gelosia, o da una
pronunciata tendenza dei loro animi verso il mondo spirituale, o, infine, da
grandi pene subite. Comunque, il piacere che le donne provano nel coito
dipende non solo dalle dimensioni del membro, ma anche dalla particolare
configurazione dei loro organi sessuali. Tra questi, la vulva chiamata dalla sua
forma el mortebâ, la quadrata, o el mortafà, la sporgente, è proprio notevole.
Essa ha la peculiarità di proiettarsi tutt'intorno quando la donna sta in piedi e
chiude le cosce. Questa vulva brama per il coito, ha la fessura stretta e viene
anche chiamata el keulihimi, la compressa. La donna che la possiede gradisce
soltanto i membri di grandi dimensioni e questi non devono lasciarle attendere
a lungo l'orgasmo. Ma questa è una caratteristica generale delle donne.
Quanto al desiderio del coito da parte degli uomini, devo dire che anch'essi vi
sono più o meno inclini a seconda dei loro temperamenti, che sono cinque,
come quelli delle donne, con la differenza che la brama della donna per il
membro è più forte di quella dell'uomo per la vulva.»
«Quali sono i difetti delle donne?»
«La peggiore delle mogli è quella che si mette immediatamente a sbraitare non
appena il marito mostra l'intenzione di toccare la più piccola parte della di lei
proprietà per i propri bisogni. Sullo stesso piano sta la donna che divulga cose
che il marito vuole rimangano segrete.»
«Ce ne sono altre?»
«La compagna di temperamento geloso; la donna che alza la voce per superare
quella del marito; la donna che semina scandalo; la donna che tiene il broncio;
quella che vuole continuamente mostrare agli uomini la sua bellezza e non può
stare in casa; a proposito di quest'ultima, permettetemi di aggiungere che una
donna che ride troppo e si vede sempre sulla porta di strada, può essere
scambiata con una prostituta.
Ma ci sono anche le donne che s'immischiano degli affari altrui; quelle che si
lamentano sempre; quelle che rubano cose che appartengono al marito; quelle
di carattere sgradevole e imperioso; quelle che non ti sono grate per le
gentilezze ricevute; quelle che non vogliono compiere il dovere coniugale o che
infastidiscono i loro mariti con le posizioni scomode che assumono
compiendoli; quelle che sono inclini all'inganno, al tradimento, alla calunnia e
all'astuzia.
Infine vi sono le donne che hanno sfortuna in tutto quanto intraprendono; le
donne che sono sempre inclini a comandare e censurare; quelle che invitano i
loro mariti ad assolvere il dovere coniugale so!tanto quando fa comodo a loro;
quelle che fanno rumori a letto; e, infine, quelle che sono sfacciate, senza
intelligenza, pettegole e curiose.
Queste sono le peggiori tra le donne.»
CAPITOLO XIII
DELLE CAUSE DEL PIACERE NELL'ATTO DEL
COITO
Sappi, o Visir (Dio sia buono con te!), che le cause le quali tendono a
sviluppare la passione per il coito sono sei: il fuoco di un ardente amore, la
sovrabbondanza di sperma, la vicinanza della persona amata il cui possesso è
desiderato ardentemente, la bellezza del viso, i cibi afrodisiaci, il contatto.
Sappi anche che le cause del piacere e le condizioni per provare godimento
sono numerose, ma le ottime e principali sono: il calore della vulva; la
strettezza, l'asciuttezza e il buon odore della stessa. Se una qualunque ditali
condizioni manca, c'è qualcosa che manca nel piacere. Se invece la vagina
riunisce tutte le qualità richieste, il piacere è completo. Infatti, una vulva
bagnata rilassa i nervi, una vulva fredda toglie al membro tutto il suo vigore e i
cattivi odori della vagina diminuiscono moltissimo il piacere, come anche se la
stessa è molto larga.
L'apice del godimento, prodotto dall'abbondante e impetuosa eiaculazione dello
sperma, dipende dalla circostanza che la vulva sia fornita di una pompa
aspirante (orifizio dell'utero), che stringerà il membro virile e succhierà lo
sperma con forza irresistibile. Una volta che il pene è afferrato dall'orifizio,
l'amante non può trattenere il seme, perché l'orifizio non lascia la presa finché
non ha spremuto ogni goccia di sperma e, certo, se l'orgasmo arriva prima che
si abbia questa stretta del glande, il piacere dell'eiaculazione non è completo.
Vi sono otto cose che favoriscono e rafforzano l'eiaculazione: la salute fisica,
l'assenza di qualsiasi preoccupazione e angoscia, una mente sgombra, la
naturale gaiezza di spirito, il buon nutrimento, il benessere economico, la
varietà dei volti e dei corpi femminili.
Se desideri acquistare forza per il coito, prendi i frutti dell'albero della gomma
(derou), pestali e mischiali a olio e miele; bevi questo liquido il mattino per
prima cosa; diventerai così vigoroso per il coito e produrrai sperma in
abbondanza. Lo stesso otterrai strofinando il membro virile e la vulva con fiele
di sciacallo. Questo massaggio stimola le parti sensibili e aumenta il loro
vigore.
Uno studioso di nome Djelinouss ha detto: «Chi si sente debole per il coito,
beva prima di andare a letto un bicchiere di miele molto denso, mangiando
venti mandorle e cento pinoli. Segua questa dieta per tre giorni. Oppure pesti
dei semi di cipolla, li passi al setaccio, li unisca al miele, mescolando bene, e
consumi la mistura a digiuno.»
Un uomo che vuole acquistare forza per il coito può anche struggere il grasso
ricavato dalla gobba del cammello e strofinare con esso il membro, appena
prima dell'atto; allora farà meraviglie e la donna sarà soddisfatta. Se vuoi
rendere il godimento ancora più voluttuoso prendi un piccolo cuber o seme di
cardamomo del tipo grosso; metti una certa quantità di questa pasta sulla punta
del membro, poi mettiti all'opera. Questo procurerà sia a te sia alla donna un
godimento senza pari. Anche ungere il membro con balsamo di Giudea o della
Mecca produce un effetto simile.
Se vuoi renderti fortissimo per l'atto sessuale, pesta molto bene insieme piretro
e zenzero, mischiali, mentre li pesti, a unguento di lillà, poi strofina questo
composto sull'addome, i testicoli e il pene. Questo ti renderà potente per il
coito.
Ti predisporrai parimenti all'amplesso, aumenterai sensibilmente il volume
dello sperma, acquisterai maggior vigore per l'azione e ti procurerai erezioni
straordinarie, mangiando crisonella della misura d'un grano di mostarda.
L'eccitazione prodotta dall'uso di questo afrodisiaco è senza confronti e
aumenteranno tutte le tue qualità sessuali.
Se vuoi che la tua donna provi un grande desiderio di copulare con te, prendi un
po' di cubeb, piretro, zenzero e cinnamomo, che mangerai appena prima di
unirti a lei; poi inumidisci il membro con la tua saliva e fa' l'amore con lei. Da
quel momento ella ti sarà così attaccata che non riuscirà a stare un minuto senza
te.
Il membro virile diverrà straordinariamente forte e vigoroso se strofinato con
latte di asina.
I piselli freschi, bolliti con cipolla e poi cosparsi di cinnamomo, zenzero e
cardomomo e pestati per bene, procurano a chi li mangia una considerevole
passionalità amorosa e forza nel coito.
CAPITOLO XIV
DESCRIZIONE DELL'UTERO DELLE DONNE
STERILI E TRATTAMENTO DELLO STESSO
Sappi, o Visir (che Dio sia buono con te!), che dotti medici hanno tentato di
risolvere questo difficile problema con ben pochi risultati. Ognuno ha guardato
la questione dal suo proprio punto di vista e alla fine essa è rimasta oscura. Tra
le cause che determinano la sterilità delle donne possiamo citare l'ostruzione
dell'utero da parte di grumi di sangue, l'accumulazione di acqua, la mancanza di
sperma nell'uomo oppure uno sperma difettoso, una malformazione organica
dell'organo sessuale maschile, difetti interni dell'utero, il ristagno del sangue
mestruale e l'impurità del suo flusso, l'ordinaria presenza di aria nell'utero. Altri
studiosi attribuiscono la sterilità delle donne all'azione di spiriti, a sortilegi e
influssi maligni. La sterilità è comune nelle donne molto opulente, per cui il
loro utero viene compresso e non può concepire, non essendo in grado di
risucchiare lo sperma, specialmente se il membro del marito è corto e i suoi
testicoli sono molto grossi; in questo caso la conclusione del coito può essere
soltanto imperfetta.
Un rimedio contro la sterilità è il midollo della gobba del cammello, che la
donna deve spalmare su una pezza per poi strofinare con essa il proprio organo
sessuale, dopo essersi purificata del mestruo. A completamento della cura, deve
prendere alcuni frutti della pianta chiamata «uva dello sciacallo», spremerne il
succo in un vaso e aggiungervi un po' di aceto; la donna berrà questo liquido,
digiunando per sette giorni, durante i quali il marito avrà cura di avere amplessi
con lei.
La donna può inoltre pestare una piccola quantità di sesamo e mischiarne il
succo con polvere di sandracca del peso d'un fagiolo; berrà questa mistura tre
giorni dopo il suo periodo e allora sarà pronta per ricevere il marito.
La prima di queste medicine deve essere presa da sola, all'inizio della cura; poi
si prenda la seconda, che, se così piace a Dio Onnipotente, avrà l'effetto
desiderato.
C'è anche un altro medicamento. Si fa un miscuglio di nitro, fiele di pecora e
cornacchia e una piccola quantità della pianta chiamata el meusk, insieme a
pochi grani della stessa. La donna deve impregnare un tampone di lana morbida
con questo liquido e servirsene per strofinare la vulva dopo la mestruazione;
quindi riceva le carezze del marito e, se è volontà dell'Altissimo, resterà incinta.
CAPITOLO XV
DELLE CAUSE DELL'IMPOTENZA NELL'UOMO
Sappi, o Visir (Dio sia buono con te!), che vi sono uomini il cui sperma è
sparso a terra dalla freddezza innata della loro natura, da malattie organiche, da
emissioni purulente e febbri. Vi sono anche uomini con il canale urinario
deviato, che forma una curva verso il basso per cui il liquido seminale non può
essere eiaculato diritto in avanti, ma si riversa in giù.
Altri hanno il membro troppo corto o troppo piccolo per raggiungere il collo
dell'utero, oppure la loro vescica è ulcerata, o hanno altre infermità, che
rendono loro impossibile effettuare il coito.
Infine, vi sono uomini che giungono all'orgasmo più rapidamente delle donne,
per cui le due emissioni non sono simultanee; in questo caso non c'è
concepimento.
Tutte queste condizioni servono a spiegare la mancanza di concepimento nella
donna; ma la causa principale è la poca lunghezza del membro virile.
L'impotenza può anche essere causata da un improvviso passaggio dal caldo al
freddo e dal freddo al caldo, nonché da un gran numero di ragioni analoghe.
Gli uomini che non possono generare per l'impurità del loro sperma, dovuta alla
freddezza della loro natura, a malattie organiche, a emissioni purulente, febbri e
simili, oppure per l'eccessiva rapidità nell'eiaculazione, si possono curare. Essi
dovrebbero mangiare dolci stimolanti, contenenti miele, zenzero, piretro,
sciroppo d'aceto, elleboro, aglio, cinnamomo, noce moscata, cardamomo,
lingue di passero, cinnamomo cinese, pepe lungo e altre spezie. Così
guariranno.
Quanto agli altri mali che abbiamo indicato – la curvatura dell'uretra, le piccole
dimensioni del membro, un'ulcera alla vescica e altre infermità che
impediscono il coito – soltanto Dio può curarli.
CAPITOLO XVI
IMPOTENZA TEMPORANEA
Sappi, o Visir (Dio sia buono con te!), che l'impotenza deriva da tre cause:
prima, l'impotenza temporanea; seconda, una costituzione debole e fiacca;
terza, l'eiaculazione precoce.
Per curare l'impotenza temporanea dovete prendere cinnamomo della Mecca,
galanga, chiodi di garofano, catec indiano, noce moscata, erba passerina,
cinnamomo, pepe persiano, cardo indiano, cardamomo, piretro, semi di lauro e
petali di garofano. Tutti questi ingredienti vanno accuratamente pestati insieme
e messi in un brodo, meglio se di piccione, che va bevuto quanto più si può
mattina e sera; il brodo di piccione, comunque, può essere sostituito a piacere.
Prima e dopo bevete un bicchiere d'acqua. Il composto può anche essere preso
con il miele, che è il modo migliore e dà ottimi risultati.
Chi eiacula troppo presto deve prendere noce moscata e incenso (oliban)
mescolati nel miele.
Se l'impotenza deriva da debolezza, si uniscono al miele i seguenti ingredienti:
piretro, semi di ortica, euforbia, zenzero, cinnamomo della Mecca e
cardamomo. Questo preparato farà sparire la debolezza, con il permesso
dell'Altissimo.
Non posso garantire, comunque, l'efficacia dei medicamenti presentati, la virtù
dei quali non è stata messa alla prova.
L'impossibilità di compiere il coito, a causa della mancanza di durezza del
membro, è dovuta anche ad altri fattori. Poniamo il caso che un uomo con il
membro in erezione se lo ritrovi flaccido proprio quando sta per inserirlo tra le
cosce della donna. Egli pensa che sia impotenza, mentre è forse semplicemente
il risultato di un eccessivo rispetto per la compagna, o di un'inopportuna
timidezza, oppure ciò avviene perché ha visto qualcosa di sgradevole, o ha
sentito un cattivo odore; infine, può anche essere dovuto a gelosia, ispirata dal
pensiero che la compagna non è più vergine ed è servita al piacere di altri
uomini.
CAPITOLO XVII
PRESCRIZIONI PER AUMENTARE LE DIMENSIONI
DEI MEMBRI PICCOLI E RENDERLI SPLENDIDI
Sappi, o Visir (Dio sia buono con te!), che questo capitolo, in cui si tratta delle
dimensioni del membro virile, è di grandissima importanza sia per gli uomini
sia per le donne.
Per gli uomini, perché è da un membro vigoroso e di buone dimensioni che
derivano l'amore e l'attaccamento delle donne; per le donne, perché è da tali
membri che la loro passione amorosa viene appagata ed esse ricevono il
maggior piacere. Questo risulta chiaramente dal fatto che molti uomini, per il
solo fatto di avere membri insignificanti, sono, per quel che riguarda il coito,
detestati dalle donne, che nutrono avversione anche per quanti hanno membri
molli, torpidi e rilassati. Tutta la loro felicità consiste nell'uso di membri
robusti e vigorosi.
Dunque, un uomo che ha un pene piccolo e vuole aumentarne le dimensioni e
renderlo più vigoroso, deve frizionarlo prima del coito con acqua tiepida,
finché diventa rosso e si allunga per l'afflusso di sangue prodotto dal calore;
quindi applicarvi un miscuglio di miele e zenzero, strofinandolo bene perché
venga assorbito. Poi darlo alla donna; esso la farà godere tanto da farle
desiderare che non esca più da lei.
Un altro medicamento consiste d'un composto fatto con una moderata quantità
di pepe, lavanda, galanga e muschio, ridotti in polvere, passati al setaccio e
mescolati con miele e zenzero conservato. Il membro, dopo essere stato prima
lavato in acqua calda, dev'essere vigorosamente massaggiato con il miscuglio;
allora diverrà grosso e vigoroso, dando alla donna una meravigliosa sensazione
di voluttà.
Un terzo rimedio è il seguente: lavate il membro con acqua calda finché si
arrossa e diventa eretto, poi avvolgetelo in un pezzo di pelle morbida spalmata
di pece calda. Non ci vorrà molto perché il membro alzi la testa, tremando di
passione. Tenete la pelle finché la pece si raffredda e il membro è di nuovo in
riposo. Questa operazione, ripetuta parecchie volte, avrà l'effetto di rendere il
pene forte e grosso.
Un quarto rimedio è basato sull'uso delle sanguisughe, ma soltanto quelle che
vivono nell'acqua. Mettetene molte in una bottiglia, quante ce ne stanno, e
riempitela d'olio. Poi esponete la bottiglia al sole, finché il calore dello stesso le
abbia spappolate riducendole a un miscuglio. Con il fluido così ottenuto
strofinate il membro per parecchi giorni consecutivi e, con questo trattamento,
diverrà di rispettabili dimensioni.
Per un altro metodo di cura è necessario il membro di un asino. Procuratevene
uno e bollitelo insieme a cipolla e a una grande quantità di grano. Con esso
nutrite del pollame, che in seguito mangerete Si può anche lasciar macerare il
membro dell'asino nell'olio, poi mettere parte del fluido così ottenuto sul
proprio membro e bere il resto.
Ancora, si possono schiacciare delle sanguisughe nell'olio e strofinare il
membro con questo unguento; oppure si possono mettere le sanguisughe in una
bottiglia e seppellire quest'ultima in un letamaio caldo finché le sanguisughe si
sono dissolte in un fluido pastoso, formando una specie di linimento, da
applicare ripetutamente sul membro. Questo ne trarrà grande beneficio.
Si può anche mischiare resina e cera con asfodelo e colla da calzolaio, e con
questo composto strofinare il membro, che aumenterà di dimensioni.
L'efficacia di questi trattamenti è ben nota e io stesso li ho provati.
CAPITOLO XVIII
DELLE COSE CHE ELIMINANO IL CATTIVO ODORE
DALLE
ASCELLE E DALL'ORGANO SESSUALE FEMMINILE
E CHE RESTRINGONO QUEST'ULTIMO
Sappi, o Visir (Dio ti sia benigno!), che vulva e ascelle maleodoranti sono,
insieme alla vagina larga, il peggiore dei mali.
La donna che vuole eliminare questo inconveniente deve pestare della mirra
rossa, setacciarla, mescolare questa polvere in acqua di mirto e col miscuglio
così ottenuto frizionare l'organo sessuale. Tutti i cattivi odori spariranno.
Un altro rimedio consiste nel pestare della lavanda e mescolarla ad acqua di
muschio e rosa. Imbevetene uno straccio di lana e strofinate la vulva finché ve
la sentite molto calda. Così non emanerà più alcun odore.
Se una donna vuole stringere la vagina, deve soltanto sciogliere in acqua
dell'allume e lavare l'organo sessuale con questa soluzione, che diventa ancora
più efficace con l'aggiunta d'un po' di corteccia di noce, che è una sostanza
molto astringente.
Un altro rimedio ben noto per la sua efficacia è il seguente. Si fanno bollire in
acqua carrube snocciolate e corteccia di melograno. Poi la donna faccia un
semicupio nell'estratto così ottenuto, che deve essere tanto caldo quanto ella
può sopportare; quando si raffredda, deve essere riscaldato e usato di nuovo,
per molte immersioni ripetute. Lo stesso risultato si può ottenere suffumigando
la vulva con sterco di vacca.
Per eliminare il cattivo odore dalle ascelle, prendete antimonio e mastice,
pestateli insieme e metteteli in acqua in un vaso di terracotta. Strofinate il
composto contro la terracotta finché diventa rosso; quando è pronto all'uso,
passatelo sotto le ascelle e il cattivo odore scomparirà. Per una cura radicale,
ripetere l'operazione.
Lo stesso risultato si può ottenere se si pestano insieme antimonio e mastice, e
poi si mette questo composto sulla stufa, a fuoco basso, finché non prende la
consistenza del pane. Sfregatelo con una pietra per togliere la pellicola che si
sarà formata. Quindi strofinatelo sotto le ascelle e potete star sicuri che il
cattivo odore sarà presto sparito.
CAPITOLO XIX
INFORMAZIONI SULLA GRAVIDANZA E SU COME
SI PUÒ
SAPERE SE IL NASCITURO SARÀ MASCHIO O
FEMMINA
Sappi, o Visir (Dio ti sia benigno!), che i segni sicuri di gravidanza sono i
seguenti: la vulva della donna è molto asciutta subito dopo il coito, lei tende a
stirarsi, ha frequenti attacchi di sonnolenza, il suo sonno è pesante e profondo,
la sua vulva si contrae spesso a un grado tale che nemmeno un meroud
potrebbe penetrarvi, i capezzoli si scuriscono e, infine, segno più sicuro di tutti,
la sue mestruazioni cessano.
Se la donna rimane sempre in buona salute dopo l'accertamento della
gravidanza, se il suo viso rimane bello e la carnagione chiara, se non le
vengono lentiggini, allora si può prendere tutto ciò come un segno che il
nascituro sarà un maschio.
Anche i capezzoli molto rossi indicano che il piccolo sarà di sesso maschile. Lo
stesso significato hanno il grande sviluppo dei seni e le emorragie dalla narice
destra.
I segni che il nascituro è di sesso femminile sono molti. Li elenco qui: frequenti
malesseri durante la gravidanza, colorito pallido, lentiggini e macchie sulla
pelle, dolori all'utero, numerosi incubi, capezzoli neri, un senso di pesantezza
sul lato sinistro, emorragie nasali dalla stessa parte. Nel caso che vi sia qualche
dubbio sulla gravidanza, fate bere alla donna acqua di miele, quando si conca,
e, se ha un senso di pesantezza all'addome, è segno che aspetta un bambino. Se
si sente più pesante sul lato destro che sul sinistro, il bimbo sarà un maschio.
Anche il fatto che i seni si gonfino di latte indica che il nascituro è di sesso
maschile.
Ho ricevuto queste informazioni da studiosi e sono tutte accertate e provate.
CAPITOLO XX
CHE COSTITUISCE LA CONCLUSIONE
DELL'OPERA
E TRATTA DEI BUONI EFFETTI DEL MANGIARE
UOVA PER FAVORIRE IL COITO
Sappi, o Visir (Dio ti sia benigno!), che questo capitolo contiene informazioni
importantissime su come aumentare l'intesa nel coito, ed è di grande utilità
tanto al vecchio quanto al giovane e all'uomo nel fiore degli anni.
Lo sceicco, che dà buoni consigli alle creature di Dio il Grande, il saggio, il
sapiente, il migliore degli uomini del suo tempo, dice su questo argomento le
cose che seguono; ascolta dunque le sue parole.
Chi usa mangiare ogni giorno a digiuno tuorli d'uova, senza la parte bianca,
troverà in questo cibo un ottimo stimolante energetico per l'atto sessuale. Lo
stesso effetto si ottiene mangiando per tre giorni tuorli d'uova mescolati con
cipolla tritata.
Chi fa bollire asparagi, li frigge in olio o altro grasso, poi versa su di essi tuorli
d'uova con sale pestato e ne mangia ogni giorno, diventerà fortissimo per il
coito, trovando in questo piatto uno stimolante al suo desiderio amoroso.
Chi, pelate alcune cipolle, le mette in una casseruola con sale, aromi e tuorli
d'uova, e frigge il tutto in olio, acquisterà un sorprendente e inestimabile vigore
sessuale, se ne mangerà per parecchi giorni di seguito.
Il latte di cammella mescolato al miele e preso regolarmente, infonde un vigore
senza pari per l'atto sessuale, facendo sì che il membro virile sia pronto notte e
giorno.
Chi per molti giorni mangia uova bollite con mirra, cinnamomo e pepe farà
enormemente aumentare il suo vigore per il coito e il numero delle sue erezioni,
tanto da fargli pensare che il suo membro non tornerà più a riposo.
Un uomo che desideri fare l'amore per tutta la notte e, siccome questo desiderio
gli è venuto all'improvviso, non ha avuto il tempo di prepararsi seguendo una
delle diete descritte sopra, può ricorrere alla ricetta che ora dirò.
Prenda una grande quantità di uova, così da poterne mangiare all'eccesso, e le
frigga con grasso fresco e burro; poi le immerga nel miele e mescoli per bene il
tutto. Deve mangiarne quanto più può con un po' di pane e il suo membro non
gli darà riposo per tutta la notte.
Su questo argomento sono stati composti i seguenti versi:
STORIA DI ZOHRA
Lo sceicco, il protettore della religione (Dio l'Altissimo sia benigno con lui!),
riferisce che nella remota antichità viveva un illustre re, che aveva molte
armate e immense ricchezze.
Questo re aveva sette figlie, notevoli per la loro bellezza e perfezione, che
erano nate una dopo l'altra, senza alcun maschio tra di loro.
Molti re di quel tempo le volevano in matrimonio, ma esse si rifiutavano di
sposarsi. Portavano abiti maschili, montavano magnifici cavalli con bardature
ricamate d'oro, sapevano maneggiare la spada e la lancia, e a singolar tenzone
sconfiggevano gli uomini. Ognuna di esse possedeva uno splendido palazzo,
con la servitù e gli schiavi necessari per mandarlo avanti.
Ogni volta che una proposta di matrimonio per una di esse veniva presentata al
re, questi non mancava mai di consultare la figlia in questione; ma esse
rispondevano sempre: «Non sarà mai.»
Diverse conclusioni venivano tratte da questi rifiuti; alcune in senso buono,
altre in senso cattivo.
Per molto tempo non si potè raccogliere alcuna informazione positiva sulle
ragioni ditale condotta e le principesse continuarono ad agire allo stesso modo
fino alla morte del padre. Allora la maggiore di esse fu chiamata a succedergli,
ricevendo il giuramento di fedeltà dei sudditi. La notizia di questa ascesa al
trono si diffuse in tutti i paesi.
Il nome della primogenita era Fuzel Djemal (fiore di bellezza); la seconda si
chiamava Soltana el Agmar (regina delle lune); la terza, Bediâat el Djemal
(incomparabile in beltà); la quarta, Ouarda (rosa); la quinta, Mahmuda
(lodevole); la sesta, Kamela (perfetta); e infine, la settima Zohra (bellezza).
Zohra, la più giovane, era anche la più intelligente e giudiziosa. Amava
appassionatamente la caccia e un giorno, mentre galoppava attraverso i campi,
incontrò sulla sua via un cavaliere, che la salutò, e lei restituì il saluto. Il
cavaliere pensò d'aver udito una voce femminile, ma, siccome il volto di Zohra
era coperto da un lembo del suo haik, non ne fu sicuro e si disse: «Devo
assolutamente sapere se è un uomo o una donna».
Interrogò dunque uno dei servi che seguivano la princpessa, il quale dissolse i
suoi dubbi. Allora si avvicinò a Zohra e discorse piacevolmente con lei finché
si fermarono per fare colazione. Il cavaliere sedette accanto alla principessa per
dividere il pasto.
Con grande delusione di lui, Zohra non si scoprì il volto e, dicendo d'essersi
imposta un digiuno, non mangiò nulla. Ma il cavaliere non poté fare a meno di
ammirare le mani di Zohra, la grazia della sua vita, l'espressione amorosa dei
suoi occhi. E il suo cuore si accese di ardente amore.
Tra loro ebbe luogo la conversazione che segue.
Il Cavaliere: «Il tuo cuore è insensibile all'amicizia?»
Zohra: «Non conviene che un uomo provi amicizia per una donna, poiché, se i
loro cuori tendono l'uno verso l'altro, sono presto invasi da desideri e, con
Satana che li istiga a peccare, la loro caduta è presto nota a tutti».
Il Cavaliere: «Non è così, quando l'affetto è sincero e il loro rapporto puro,
senza infedeltà e tradimento».
Zohra: «Se una donna si lascia sopraffare dall'affetto che sente per un uomo,
diventa oggetto del disprezzo generale e tutti la calunniano, dal che non
possono venire che pene e rimpianti».
Il Cavaliere: «Ma il nostro amore rimarrà segreto e in questo luogo remoto, che
può servirci da luogo d'incontro, avremmo rapporti ignoti a tutti».
Zohra: «Non è sicuro. Non si potrebbe fare molto facilmente, presto saremmo
sospettati e avremmo addosso gli occhi di tutti».
Il Cavaliere: «Ma l'amore è fonte di vita. Cioè, la felicità, gli incontri, gli
abbracci, le carezze degli amanti. Io sacrificherei la mia fortuna e persino la
mia vita per te».
Zohra: «Le tue parole sono ispirate dall'amore e il tuo sorriso è seducente; ma
farai meglio a non continuare questo discorso».
Il Cavaliere: «Le tue parole sono di smeraldo e il tuo consiglio sincero. Ma
l'amore ha messo radici nel mio cuore e nessuno può strappano di là. Se mi
allontani da te, è certo che morirò».
Zohra: «Proprio per questo devi tornare a casa tua e io alla mia. Se piace a Dio,
ci incontreremo ancora».
Quindi si separarono, tornando ciascuno alla propria abitazione.
Il nome del cavaliere era Abu e! Meidja. Suo padre, Kheirun, era un grande
mercante, immensamente ricco, la cui casa sorgeva isolata oltre la proprietà
della principessa, a un giorno di distanza dal palazzo. Tornato nel suo alloggio,
Abu el Meidja non trovò pace e, al cader della notte, si buttò di nuovo addosso
il temeur, prese un turbante nero e sotto il temeur allacciò la spada. Poi montò
in sella al suo cavallo e, accompagnato dal suo negro favorito, Mimun, si
allontanò segretamente col favore delle tenebre.
I due cavalcarono senza fermarsi tutta la notte e, all'alba, furono in vista del
palazzo di Zohra. Allora fecero una sosta tra le colline e, notata una caverna, vi
entrarono con i cavalli. Lasciato il negro a guardia degli animali, Abu el Meidja
si avviò verso il palazzo, per esaminare i suoi accessi, e lo trovò circondato da
un muro altissimo. Non potendo entrare, si ritirò a una certa distanza per
osservare quelli che uscivano. Ma passò l'intera giornata e nessuno comparve.
Dopo il tramonto, si sedette all'entrata della caverna e rimase di vedetta fino a
mezzanotte; poi il sonno lo spraffece.
Dormiva con il capo sulle ginocchia di Mimun, quando improvvisamente
quest'ultimo lo svegliò. «Cosa c'è?» domandò. «Padrone,» disse il negro, «ho
sentito dei rumori nella caverna e ho visto il bagliore di una luce.» Abu el
Meidja si alzò immediatamente e, guardando con attenzione, scorse in effetti
una luce, verso la quale si mosse e che lo guidò in un recesso della grotta. Dopo
aver ordinato al negro di aspettare mentre egli andava a vedere da dove
provenisse, prese la sua spada e s'inoltrò nella caverna. Scoprì così una specie
di volta sotterranea, nella quale discese.
Era quasi impossibile entrarvi, a causa delle pietre che ostruivano l'accesso.
Con molta pena, però, riuscì a raggiungere una specie di crepaccio dal quale
filtrava la luce. Guardandovi attraverso, vide la principessa Zohra circondata da
un centinaio di vergini. Era un magnifico palazzo scavato nel cuore della
montagna, stupendamente arredato e risplendente d'oro dappertutto. Le serve
mangiavano e bevevano, unendosi ai piaceri della tavola.
Abu el Meidja si disse: «Ahimé, non ho alcun compagno che mi assista in
questo difficile frangente». Ispirato da questa riflessione, tornò dal suo servo
Mimoun e gli disse: «Va' dal mio fratello davanti a Dio, Abu el Meilukh, e digli
di venire qui più presto che può». Subito il negro montò a cavallo e galoppò per
il resto della notte.
Di tutti i suoi amici, Abu e! Meilukh era quello che Abu e! Meidja prediligeva.
Era il figlio del Visir. Questo giovane, Abu e! Meidja e il negro Mimun
passavano per i tre uomini più forti e impavidi del loro tempo e nessuno li
aveva mai battuti in duello.
Quando Mimun arrivò dall'amico del padrone e gli riferì quello che era
successo, l'altro disse: «Sia fatta la volontà dell'Altissimo, poiché noi
apparteniamo a Dio e a Lui ritorneremo». Quindi cinse la sciabola, saltò a
cavallo e, prendendo con sé il suo negro favorito, si avviò con Mimun verso la
caverna.
Abu e! Meidja uscì a dargli il benvenuto e, avendolo informato dell'amore che
sentiva per Zohra, gli disse della sua risoluzione a entrare con la forza nel
palazzo, delle circostanze in cui si era rifugiato nella caverna e della
meravigliosa scena che qui aveva visto. Abu el Meilukh restò senza parole per
la sorpresa.
Al tramonto udirono voci femminili che cantavano, ridevano forte e
conversavano animatamente. Abu el Meidja disse all'amico: «Va' in fondo al
passaggio sotterraneo e guarda. Poi capirai l'amore di tuo fratello». Abu el
Meilukh, sgusciato silenziosamente all'estremità della grotta, guardò all'interno
del palazzo e rimase ammaliato dalla vista delle vergini e delle loro bellezze.
«Fratello» chiese, «chi tra quelle donne è Zohra?»
Abu el Meidja rispose: «Quella dalle forme perfette, il cui sorriso è irresistibile,
le guance sono rosa e la fronte è mirabilmente bianca, che ha il capo cinto da
una corona di perle e indossa una veste scintillante d'oro. E seduta su un trono
incrostato di pietre rare e borchie d'argento, e appoggia il capo sulla mano».
«L'ho notata fra tutte le altre» disse Abu el Meilukh, «come se fosse un vessillo
o una fiaccola accesa. Ma, fratello mio, permettimi di richiamare la tua
attenzione su un fatto che sembra non averti colpito.» «Quale fatto?» domandò
Abu e! Meidja. L'amico rispose: «E sicuro, fratello, che in quel palazzo regna
la lussuria. Osserva che le donne vengono qui soltanto di notte e che questo è
un luogo remoto. Ci sono tutti i motivi per credere che sia dedicato
esclusivamente ai piaceri della tavola, del bere e del sesso, e se pensavi di
poterti incontrare con il tuo amore in una situazione diversa dalla presente,
avresti scoperto che t'ingannavi, anche se avessi trovato il modo di comunicare
con lei con l'aiuto di altre persone». «E perché?» domandò Abu e! Meidja.
«Perché, » disse l'amico, «a quanto mi è dato vedere, Zohra cerca l'affetto di
giovani ragazze, il che prova che non ha inclinazione per gli uomini e non può
corrispondere al loro amore.»
«O Abu e! Meilukh,» disse e! Meidja, «conosco il valore del tuo giudizio ed è
per questo che ti ho mandato a chiamare. Sai che non ho mai esitato a seguire
una tua raccomandazione e un tuo consiglio!». «Fratello» disse il figlo del
Visir, «se Dio non ti avesse guidato a questo crepaccio, non avresti mai potuto
avvicinare Zohra. Ma, se a Dio piace, di qui possiamo entrare.»
Il mattino dopo, all'alba, ordinarono ai loro negri di praticare un'apertura in
quel punto e togliere di mezzo tutto quanto potesse ostruire il passaggio. Fatto
questo, nascosero i cavalli in un'altra grotta, al sicuro dagli animali feroci e dai
ladri; poi tutti e quattro, i due padroni e i due servi, scesero nella volta
sotterranea e penetrarono nel palazzo, ognuno armato di spada e di un piccolo
scudo rotondo. Infine richiusero l'apertura, ridando al crepaccio il suo aspetto
primitivo.
Ora si trovavano al buio, ma Abu el Meilukh, strofinato un accendino, accese
una delle candele che si trovavano nella sala e il quartetto si mise a esplorare il
palazzo in ogni senso. L'arredamento era stupendo. Dovunque c'erano letti e
divani d'ogni tipo, ricchi candelabri, splendide lumiere, tappeti sontuosi e tavoli
coperti di cibi, bevande e frutta, con coppe e bottiglie, e l'aria profumata dalle
fragranze più dolci. Poco dopo fecero la loro apparizione le serve. La loro
andatura denotava allo stesso tempo indifferenza e languore. Sedettero sui
divani e alcune negre offrirono loro da mangiare e da bere. Esse mangiarono,
bevvero e cantarono melodiosamente.
Allora, vedendole stordite dal vino, i quattro uomini balzarono fuori dal loro
nascondiglio con le spade in pugno, brandendole sopra le teste delle serventi,
avendo prima avuto cura di coprisi il viso con il bordo superiore dello haik.
«Chi sono questi uomini» gridò Zohra, «che col favore delle ombre notturne
invadono il nostro palazzo? Sono sbucati fuori dalla terra o scesi dal cielo?
Cosa volete?»
«Il coito! » risposero essi.
«Con chi?» domandò Zohra.
«Con te, pupilla dei miei occhi! » disse Abu el Meidja, avanzando.
Zohra: «Chi sei?»
«Abu el Meidja.»
Zohra: «Come fai a conoscermi?»
«Sono io quello che hai incontrato mentre andavi a caccia nel tal posto.»
Zohra: «Ma cosa ti ha condotto qui?»
«La volontà dell'Altissimo.»
A questa risposta Zohra tacque, mettendosi a pensare al modo di liberarsi di
quegli intrusi.
Ora, tra le vergini presenti ce n'erano molte le cui vulve erano come sbarrate
col ferro e che nessuno era stato in grado di deflorare; c'era anche una donna di
nome Muna (colei che placa la passione), che era insaziabile riguardo al coito.
Zohra pensò tra sé: «Soltanto con uno stratagemma posso liberarmi di costoro.
Come condizione per il mio consenso, imporrò loro di compiere cose che non
sono in grado di fare». Poi, rivolgendosi ad Abu el Meidja, la principessa disse:
«Potrai possedermi soltanto alle condizioni che t'imporrò». I quattro cavalieri
acconsentirono ancora prima di conoscerle ed ella continuò: «Ma datemi la
vostra parola che, se non farete ciò che è pattuito, sarete miei prigionieri e vi
porrete interamente alla mia mercè».
«Hai la nostra parola,» dissero i quattro uomini. Zohra li fece giurare che
l'avrebbero mantenuta, poi, ponendo la sua mano in quella di Abu el Meidja,
disse: «Quanto a te, t'impongo di deflorare ottanta vergini senza eiaculare.
Questa è la mia volontà!» Egli rispose: «Accetto».
Allora lei lo fece entrare in una camera dove c'erano parecchi letti di vario tipo
e, una dopo l'altra, gli mandò le ottanta vergini. Abu e! Meidja le deflorò tutte e
in tal modo, nel corso di una sola notte, rapi la verginità di ottanta ragazze
senza emettere la più piccola goccia di sperma. Questo straordinario vigore
sbalordì Zohra e così pure tutte le donne che erano presenti.
Allora la principessa, rivolta al negro Mimun, domandò: «E questo, come si
chiama?». «Mimun» risposero gli altri. «Il tuo compito» disse Zohra, indicando
il negro, «sarà fare l'amore con quella donna, senza riposare mai, per cinquanta
giorni consecutivi; non c'è bisogno che eiaculi se non vuoi; ma se la fatica
eccessiva ti costringe a fermarti, non avrai assolto il tuo obbligo. » I due
padroni protestarono altamente contro la durezza di questo compito; ma Mimun
disse: «Accetto la condizione e ne uscirò con onore!» In realtà quel negro
aveva un appetito insaziabile per l'amplesso. Zohra gli ordinò di andare con
Muna nella camera di lei, dicendo a quest'ulti ma di farle sapere se il negro
mostrava la minima traccia di fatica.
«E tu come ti chiami?» chiese all'amico di Abu el Meidja. «Abu el Meilukh,»
rispose lui. «Bene, allora, Abu e! Meilukh, ciò che voglio da te è che tu resti
qui, davanti a queste donne e a queste vergini, per trenta giorni di seguito con il
membro costantemente in erezione, nelle ore diurne come in quelle notturne»
disse la principessa. Poi si rivolse al quarto: «Come ti chiami?»
«Felah» (buona fortuna), fu la risposta. «Molto bene, Felah, tu resterai a nostra
disposizione per qualunque servigio possiamo richiederti.» Comunque, Zohra,
per non offrire alcun pretesto di mancare alla parola e non essere accusata di
malafede, aveva domandato loro, prima di tutto, quale dieta volessero seguire
durante il periodo della loro prova. Abu el Meidja aveva chiesto come sola
bevanda - a parte l'acqua - latte di cammella con miele e, come nutrimento, ceci
cotti con carne e moltissime cipolle; e, grazie a questi cibi, con il permesso di
Dio, compì la sua memorabile impresa. Abu e! Meilukh voleva cipolle cucinate
con carne e, come bevanda, ancora il succo di cipolle pestate mescolato a
miele. Mimoun, da parte sua aveva voluto tuorli d'uova e pane.
Comunque, quando ebbe compiuto la sua impresa, Abu el Meidja chiese a
Zohra il favore di copulare con lei, poiché aveva mantenuto la sua promessa.
«Impossibile!» esclamò lei. «La prova che tu hai superato è inseparabile da
quelle che devono compiere i tuoi compagni. Il patto va rispettato per intero e
allora io manterrò la mia promessa. Ma se uno di voi dovesse fallire, sarete tutti
miei prigionieri per volontà dell'Altissimo!» Abu el Meidja cedette di fronte
alla sua ferma risoluzione e, sedutosi tra le fanciulle e le donne, mangiò e bevve
con loro, aspettando che i suoi compagni portassero a termine i loro compiti.
Dapprima Zohra, convinta che ben presto li avrebbe avuti tutti alla sua mercé,
era tutta amabilità e sorrisi. Ma quando arrivò il ventesimo giorno, cominciò a
dare segni di preoccupazione; e il trentesimo non poté trattenere le lacrime.
Poiché quel giorno Abu e! Meilukh concluse il suo compito ed essendone
uscito con onore si sedette vicino all'amico e si unì alla compagnia, che
continuò tranquillamente a mangiare e bere in abbondanza.
Da allora la principessa, la cui sola speranza era il fallimento di Mimun, si
augurò ardentemente che il negro si sentisse stanco prima di compiere l'opera.
Ogni giorno mandava qualcuno a informarsi da Mouna, che le faceva sapere
che il vigore del negro aumentava continuamente, tanto che lei cominciava a
disperare, vedendo già Abu el Meidja e Abu el Meilukh usciti vittoriosi dalla
loro impresa. Un giorno disse ai suoi amici: «Ho chiesto informazioni sul negro
e Muna mi fa sapere che è esausto dalla fatica». Al che Abu el Meidja gridò:
«In nome di Dio, se Mimun non porta a termine il suo compito, anzi, se non
continua ad avere amplessi per altri dieci giorni, farà la più orrenda delle
morti!»
Ma il suo zelante servitore non si concesse riposo per cinquanta giorni di
seguito e continuò ancora per altri dieci, come il suo padrone aveva ordinato.
Muna, da parte sua, ebbe la soddisfazione più grande, poiché quell'impresa
aveva finalmente soddisfatto il suo ardore per il coito. Mimun, essendo uscito
vincitore dalla prova, poté sedersi con i compagni.
Allora Abu el Meidja disse a Zohra: «Come vedi, abbiamo rispettato tutte le
condizioni che ci hai imposto. Sta a tè ora accordarmi quei favori che, secondo
il patto, sarebbero stati il premio del nostro successo». «È fin troppo vero!»
rispose la principessa e si diede a lui, il quale la trovò superiore alle più
eccellenti.
Quanto al negro Mimun, egli sposò Muna. Abu el Meilukh scelse, tra tutte le
vergini, quella che aveva trovato più attraente.
Tutti rimasero nel palazzo, abbandonandosi alla letizia e a tutti i piaceri
possibili, finché la morte mise fine alla loro felice esistenza e sciolse la loro
unione. Dio sia misericordioso con loro come con tutti i musulmani! Amen.
E a questa storia che si riferiscono i versi citati in precedenza. L'ho presentata
qui, perché testimonia l'efficacia dei cibi e dei rimedi che ho consigliato per
aumentare il vigore sessuale, e tutti i sapienti concordano nel riconoscere i loro
benefici effetti.
Vi sono anche altre bevande di eccellente virtù. Io descriverò la seguente:
prendete una misura di succo di cipolla e mescolatelo a due misure di miele
raffinato. Mettete questo miscuglio sul fuoco finché il succo di cipolla è tutto
evaporato e rimane solamente il miele. Quindi toglietelo dal fuoco, lasciatelo
raffreddare e conservatelo per usarlo quando volete. Allora mescolate una aukia
dello stesso con tre auak d'acqua e mettete dei ceci a bagno in questo liquido
per un giorno e una notte. La bevanda deve essere bevuta d'inverno e al
momento di coricarsi. In piccola quantità, si badi, e una volta sola. Il membro
dell'uomo che la beve non gli darà molto riposo quella notte. Se qualcuno poi
ne bevesse per molti giorni di seguito, avrebbe continuamente il membro rigido
ed eretto, senza una sola pausa. Gli uomini di temperamento ardente non
dovrebbero berlo poiché può dar loro la febbre. Né questa medicina dovrebbe
essere presa per tre giorni di seguito, se non da uomini vecchi o di
temperamento freddo. Infine, non bisogna ricorrervi d'estate.
Prefazione 2
INTRODUZIONE 4
CAPITOLO I 7
CAPITOLO II 18
CAPITOLO III 30
CAPITOLO IV 31
CAPITOLO V 33
DELL'AMPLESSO
CAPITOLO VI 36
CAPITOLO VII 55
CAPITOLO VIII 60
CAPITOLO IX 70
I VARI NOMI DATI ALL'ORGANO SESSUALE FEMMINILE
CAPITOLO X 86
CAPITOLO XI 88
CAPITOLO XII 98
CAPITOLO XV 104
IMPOTENZA TEMPORANEA
CAPITOLO XX 110