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LA VERGINITÀ COME FOLLIA: IL "PERI PARTHENION" IPPOCRATICO

Author(s): Valeria Andò


Source: Quaderni storici, NUOVA SERIE, Vol. 25, No. 75 (3), Verginità (dicembre 1990), pp.
715-737
Published by: Società editrice Il Mulino S.p.A.
Stable URL: http://www.jstor.org/stable/43778196
Accessed: 17-05-2017 19:50 UTC

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LA VERGINITÀ COME FOLLIA:
IL PERI PARTHENION IPPOCRATICO

È possibile ripensare la verginità nel mondo greco a partire


da un'opera della Collezione ippocratica, brevissima ma densa d
suggestioni e richiami, dove sapere medico, pratica etico-socia
e proiezione simbolica sembrano intrecciarsi in una fitta tram
di reciproche corrispondenze.
Il testo del IIeqi jtaQÖsvicov 1 consta di pochissime pagine ch
costituiscono forse l'inizio di un trattato più esteso andato pe
duto: l'autore di Malattie delle donne fa menzione infatti per du
volte di un suo scritto «Sulle malattie delle vergini», dichiaran
di avere considerato in quest'ultimo aspetti patologici dei qual
tuttavia non c'è traccia nel testo superstite 2 . Sicché, se si ritie
che il riferimento sia al nostro opuscolo, ne consegue che allo
stesso autore vadano attribuite entrambe le opere, e che dunqu
le pagine che ci sono pervenute di De eis quae ad virgines specta
costituiscano solo un frammento di un'opera più estesa.
Il problema dell'attribuzione si presenta particolarmente
complesso in quanto riguarda più in generale il rapporto tra
questo trattato e il gruppo di opere ginecologiche del Corpus 3,
tradizionalmente ricondotte alla scuola di Cnido 4: di tali opere i
più recenti risultati dell'indagine filologica 5 hanno di fatto
smentito la tradizionale ricostruzione 6, investendo dunque an-
che lo specifico aspetto della paternità del Peri parthenion e la
possibilità stessa dell'attribuzione all'autore del De morbis mulie-
rum 7 . Ora, se sono indubbie talune differenze nei riguardi di cer-
ti contenuti teorici e dottrinali, come meglio specificheremo nel
seguito, è tuttavia a queste opere ginecologiche che va comunque
riferita la complessiva concezione della fisicità femminile.
Anche nel nostro testo infatti il corpo della donna appare irri-
mediabilmente legato alla sua funzione riproduttiva, l'unica che
la società greca riserva alla donna. Se l'anatomia e la fisiologia
del pensiero scientifico greco sono totalmente costruite sul mo-
dello del maschio adulto 8, tutta la fisiologia del femminile, tutti

QUADERNI STORICI 75 / a. XXV, n. 3, dicembre 1990

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716 Valeria Andò

i momenti che scandiscono


zioni, atto sessuale, parto, p
alterità della natura femmi
unicamente nel suo essere
sicché la patologia ginecolog
spetto ad uno stato la cui n
capacità di procreare. L'acc
per un gran numero di dist
pia prescritta come l'unica
logico. In questo quadro la v
nerale la sterilità, si presen
altrimenti guaribili se non
tà. Bisognerà aspettare le t
difesa dello stato verginale
rapeutiche 10.
Ma ai principi generali de
punto ricondotto il trattate
nella sua estrema brevità,
dello stato verginale come

Dopo Y incipit teorico-dott


cina e sulle sue radici specu
all'interno di una vasta casi
zi tutto la cosiddetta malat
alienazione che comportano
al suicidio:

in conseguenza di queste visioni molti si sono strangolati (àjiT1yxovio0T1oav), ma più


donne che uomini: la natura femminile è infatti più portata alla depressione (à0u-
|i.oxeĢTļ) e più debole (óXiyüjtéqtj).

L'autore passa ad affrontare dunque l'argomento proprio del-


l'opuscolo, la sintomatologia cioè delle malattie delle vergini:

Le fanciulle, per le quali è giunto il tempo delle nozze, se non si sposano, sof-
frono, per lo più alla prima comparsa delle mestruazioni, di disturbi dei quali pri-
ma non soffrivano.

Il tempo della malattia è dunque l'età puberale, che viene fat-


ta coincidere qui, nella norma di igiene medica, con l'età adatta
alle nozze, che dovrebbero così prevenire la comparsa del ma-
le 12.

Allora infatti il sangue confluisce nell'utero per poi defluire all'esterno; quando

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La verginità come follia 717

dunque l'orifizio (oròbici) per l'uscita non sia aperto e il sang


dante per via degli alimenti e della crescita del corpo, allora,
ta, il sangue irrompe, data la quantità, sul cuore e sul diafram
xal èç xf)v òiácpça^iv).

Causa della malattia che verrà di seguito desc


la ritenzione del sangue mestruale che dovrebbe
dante nelle fanciulle che abbiano raggiunto uno
tà fisica 13: l'impedimento è causato dalla ostruz
vaginale, della quale viene poco dopo nel testo fo
spiegazione. Il fenomeno viene infatti paragonat
to delle gambe e all'impossibilità di camminare
masti molto a lungo seduti: il sangue infatti, com
che e dalle cosce, finché non ritorni a scorrere nor
voca l'inabilità delle gambe e dei piedi; l'immer
fredda delle estremità fino alle caviglie consent
normale flusso sanguigno. Questo tipo di riten
avverte l'autore, è facilmente curabile dal momento che, essendo
diritte le vene delle gambe, il sangue può più rapidamente riflui-
re; e comunque la localizzazione del male non è tale da compro-
mettere la salute dell'intero organismo. Invece, quando il sangue,
come in questo caso, si raccoglie e preme sul cuore e sulle phre-
nes 14 , difficilmente ritorna a scorrere a causa della obliquità del-
le vene, e ne consegue una grave minaccia per la complessiva sa-
lute psico-fisica delle fanciulle affette da questo male.
Proprio il paragone fornito con il torpore delle gambe aiuta a
chiarire che, laddove il testo parla di ostruzione dell'orifizio va-
ginale (óxóxav ovv xò axó|ia xfjç èÇóôou 'ir' f| avsoTo^coļievov), si fa
riferimento ai condotti sanguigni che, in quanto obliqui e imper-
vi, impediscono la libera circolazione del sangue e la sua fuoru-
scita per la benefica katharsis mestruale, confermandosi anche
qui la sorprendente ignoranza da parte della medicina greca del-
l'esistenza stessa della membrana virginalis, della quale vana-
mente si cercherà un accenno in tutti i testi greci di ginecologia
o più in generale di anatomia.
La nozione di una verginità «senza veli» appare come un dato
ormai acquisito da parte degli studi antropologici sul mondo
greco, e a tale acquisizione ha contribuito in modo determinante,
come è noto, il lavoro di Giulia Sissa 15: in esso, testi medici,
narrazioni mitiche e costruzioni simboliche concorrono nel resti-
tuire in maniera univoca l'immagine della fanciulla greca, della
parthenos, il cui corpo, proprio in quanto compreso tra due sto-
rnata, può divenire, come accade nel caso paradigmatico della Pi-

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718 Valeria Andò

zia delfica, luogo di attrave


solo la maternità ha il poter
costruire dal racconto mitic
pre, a causa del loro crimin
condannate negli Inferi alla
da un vaso forato, emblema
la maternità.
Una conferma ulteriore a tale nozione è fornita da questo pas-
so del Peri parthenion : il corpo delle parthenoi può essere acci-
dentalmente ostruito da un difetto circolatorio dovuto alla obli-
quità delle vene, sicché il sangue mestruale è spinto verso il cuo-
re e il diaframma.

Quando dunque queste parti sono piene, il cuore si intorpidisce, dopo il torpore
viene l'irrigidimento, dopo l'irrigidimento il delirio (ítaçávoia).

L'autore informa quindi del rischio di questo genere di riten-


zione sanguigna nel cuore e nel diaframma, che provoca delirio e
follia (ó tójtoç èjuxaiQOç ëç te JiaQa(pQoai3viļv xai ļiavirļv ëxoi^ioç).
Paraphrosyne e manie sono cioè il drammatico male dal quale
le fanciulle sono colpite, e i cui sintomi vengono subito dopo de-
scritti.

Si manifesta all'improvviso fremito con febbre. Queste febbri sono dette errati-
che (jiXavrjxaç). Stando così le cose (la fanciulla) è in preda a follia (jiaivexai) a cau-
sa dell'infiammazione acuta (újiò ^lèv xfjç ô^vcpXeYnaoLTjç), la putrefazione le provoca
manie omicide (vjtò ôè xfļg oriJieôóvoç <ļ>ov<ji), il buio le causa paure e terrori (vjiò ôè
xoü Ço<1>eqoí> cpoßeexai xaí òéôoixev), per la pressione attorno al cuore desidera im-
piccarsi (àyxóvaç xeaívovoiv); la mente, inquieta ed agitata per il cattivo stato del
sangue, subisce uno sconvolgimento, (vjjiò ôè xfjç xaxíi1ç xoü atfiaxoç àÂ/úwv xaí àòr'-
Liovéov ó 0')^iòç xaxòv ècpéXxexai); (la malata) inoltre dice cose terribili (qpoßeQa ôvo-
náÇei); e (delle visioni) le ordinano di saltare, buttarsi nei pozzi e impiccarsi (ákXe-
o0 ai xai xaxamjiXEiv èç xà cpçéaxa xaì &YXea^ai). come se fosse la cosa migliore e più
utile. Quando non ci sono visioni c'è un certo piacere per il quale desidera la morte
come se fosse un bene.

Ora, se volessimo operare un raffronto da un lato con analo-


ghi disturbi psicosomatici descritti nelle opere ginecologiche,
dall'altro con la diversa sintomatologia offerta dalle malattie psi-
chiche, potremmo con facilità riconoscere la singolare peculiari-
tà del quadro clinico tratteggiato dal nostro autore.

Tra le malattie ginecologiche in grado di provocare turbe del-


la coscienza, in primo piano si pone la hysteńke pnix, la soffoca-
zione isterica, fenomeno consistente nel presunto spostamento

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La verginità come follia 719

dell'utero che, come un animale mobile e vagante


mente all'interno del corpo femminile dalla testa
mendo di volta in volta sul cuore, sul fegato, su
sul diaframma 17, secondo una concezione che è p
re ancora oggi nella medicina popolare 18 .
La sintomatologia, molto varia e difforme, va
riamente localizzati ai disturbi respiratori, dal pa
gidezza delle estremità a taluni segni di momenta
della coscienza: torpore, afonia 19 , denti serrati e oc
spasmi 20. Se, come si può facilmente osservare, d
sintomi rispetto al quadro nosologico del nostro t
tuttavia una analogia di fondo. È chiaramente af
che, pur nella varietà eziologica, ad essere affett
mento isterico, sono soprattutto le vergini da lu
vedove ancora giovani, donne cioè che, pur essend
creare, si astengono dai rapporti sessuali, o ancor
sate nullipare o sterili 21 . Ma peculiare ancora, e del
ta nel Pen parthenion, è la terapia costantemente
la fumigazione vaginale, in modo perfettamente c
sto, con la concezione dell'utero dotato di una autonoma essenza
direi animistica, e al quale, come ad un dio fornito di sensibilità,
fare offerta di aromi, secondo la necessità di attirarlo verso il
basso o risospingerlo in alto 22 , con una tecnica praticata anche
in tempi moderni nella medicina popolare 23 . In taluni casi inol-
tre la fumigazione precede l'accoppiamento, rimedio risolutore
che, se accompagnato alla procreazione, comporta, come nel no-
stro testo, la guarigione dal male 24 .
Più stringenti analogie è forse possibile istituire con i disturbi
psichici sintomatici connessi a talune affezioni ginecologiche de-
terminate da ritenzione sanguigna 25 , non solo mestruale, come è
il caso del Pen parthenion , ma anche puerperale. La mancata
purgazione del parto può provocare cioè, specie se il ristagno «si
sposta» verso la testa, il petto o i polmoni, uno stato di delirio
(àXXoqxxoosiv) accompagnato da crisi maniacale (jiagávotai ^ia-
VKÒÒesç) 26 . E analogamente, il mancato o ritardato flusso me-
struale può comportare, specie per le fanciulle, uno stato di alte-
razione mentale (nmvexai), accompagnato da febbre, fame, sete,
vomito 27 . La causa dello stato patologico è da individuarsi nel-
l'accumulo di sangue non espulso nelle carni e nelle vene con la
conseguente putredine dovuta a variazione di calore 28 . Anche in
questo caso la terapia prescritta comporta, nelle numerose va-
rianti 29 , l'atto sessuale e la procreazione 30.

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720 Valeria Andò

Un dato certo tuttavia è che, al di là di indubbie connessioni


con alcuni sintomi, nessuna delle affezioni ginecologiche dovute
a spostamento dell'utero o ritenzione sanguigna comporta conse-
guenze tanto gravi per le pazienti affette dal male come per le
fanciulle del nostro trattato. E inoltre, se uno stato di depressio-
ne psichica si accompagna con frequenza a molti altri disturbi
fisici che colpiscono le donne31, in nessun caso ci troviamo in
presenza del complesso quadro nosologico presente nel Peri
parthenion, caratterizzato da un totale squilibrio psico-fisico, agi-
tazione motoria, stati allucinatori, grida, aggressività e volontà
di suicidio, sintomi tutti riconducibili ad una vera e propria crisi
di «follia» 32 .
Sicché è nell'ambito delle malattie psichiche analizzate nel
Corpus che si troveranno più numerosi raffronti, pur se, ancora
una volta, la varietà della sintomatologia presente nel nostro
trattato non consente una «diagnosi» precisa. Tale difficoltà è
motivata anche dallo statuto non definito che tali malattie han-
no nel pensiero medico ippocratico: appare cioè impossibile, per
via della compresenza di diverse dottrine mediche all'interno del
Corpus, individuare teorie scientifiche nette e precise per ciascu-
na di queste malattie. Labili infatti i confini tra stati morbosi
quali la manie, la frenite, la melanconia o l'epilessia, numerose
le ambiguità e le contaminazioni, confusa l'eziologia 33 . La manie
ad esempio si presenta quale riflesso sintomatico consistente nel
mainesthai, piuttosto che come una autonoma malattia 34; e biso-
gnerà aspettare le teorie mediche di Areteo di Cappadocia e so-
prattutto di Galeno per la esatta definizione di ciascuna di que-
ste malattie 35.
In particolare poi il nostro trattato si apre, come già ricorda-
to, con un esplicito richiamo alla malattia sacra, l'epilessia, qua-
si che l'autore intendesse affermare che i disturbi psichici delle
fanciulle, argomento dell'opera, si iscrivano all'interno dello stes-
so complesso nosologico 36 .
In realtà, a talune coincidenze nella descrizione dei sintomi
tra il Peri parthenion e l'opera Sulla malattia sacra, corrispondono
poi sostanziali divergenze dottrinali. Sono comuni, ad esempio,
certe sensazioni di paura e terrore determinate da stati allucina-
tori che vengono definite con le stesse occorrenze lessicali in en-
trambe le opere: deimata e phoboi o i verbi corrispondenti 37 ,
mentre la specifica definizione di phantasmata per le allucinazio-
ni è peculiare del nostro trattato 38 .
Inoltre in quest'ultimo, come in Malattia sacra, è orgogliosa-

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La verginità corne follia 721

mente rivendicata la concezione laica della malatt


lunque superstizione, come si può facilmente rica
xeXsúü) ò'eYwye, «1° invece prescrivo», con cui il n
vuole opporre la sua terapia, consistente essenzialm
trimonio e nella maternità, a quanto invece sugge
teis, gli indovini, che consigliano di consacrare gli
mide 39 .
Ma a questa identità nella visione laica della malattia psicofi-
sica corrisponde poi una radicale differenza nella eziologia: in
Malattia sacra prevale una concezione encefalocen trica, nel senso
che sede dell'intelligenza è il cervello, e la degenerazione di esso,
provocata dal flegma e dalla bile (15 L VI 388: yívstcu ô'f| ôia-
cp0OQÍ) xov èvHEqpáXov vico cpXéy^axoç xaì X°^ç), determina l'alte-
razione psichica; in Peri parthenion invece la follia è provocata
dalla pressione del sangue sul cuore e sul diaframma 40, rinvian-
do quindi ad una concezione ematocentrica e cardiocentrica, ti-
pica, come è noto, del pensiero scientifico aristotelico41.
Più in generale, se è facile individuare analogie con altri sin-
tomi in vari stadi morbosi, per esempio la febbre discontinua, il
delirio, l'agitazione motoria, per finire poi con il sintomo più
grave, cioè il desiderio di morte 42 , dovremmo invece concludere
che il nesso ritenzione mestruale-follia (+ istinto suicida)-terapia
fallica-guarigione attraverso la maternità, è del tutto peculiare
nel nostro trattato e non trova riscontri, se non occasionali e par-
ziali, con le malattie ginecologiche o quelle psichiche. Se poi, se-
guendo i risultati dell'indagine filologica, dovessimo accogliere
l'ipotesi che l'autore di Malattie delle donne, nel citare la sua ope-
ra «Sulle malattie delle vergini», non facesse affatto riferimento
al nostro trattato, e se dunque le pagine che ci sono pervenute
non fossero l'inizio di un'opera più estesa andata perduta, ma co-
stituissero l'intero testo, dovremmo concludere che allora, in
questa breve opera, la follia è non uno dei disturbi possibili, ma
«la» malattia che colpisce le vergini, dalla quale potranno essere
liberate attraverso il matrimonio e la maternità, uniche terapie
prescritte, come è chiaramente detto nel testo.

La liberazione dalla malattia si ha quando niente più impedisce il flusso del


sangue. Io raccomando alle fanciulle, che soffrono di questi disturbi, di sposarsi al
più presto (tbç xáxierz a Èjvvoixfjoai àvòçáaiv); se infatti restano incinte, guariscono;
altrimenti, o al tempo stesso della pubertà o poco dopo saranno prese da questa
malattia, se non da qualche altra. Tra le donne sposate quelle sterili ne soffrono di
più.

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722 Valeria Andò

Sembra dunque che prop


l'eziologia della malattia, l
induca la necessità di evocare modelli ben al di là della lettera-
tura medica ippocratica, nel senso che, solo a partire dalla com-
plessiva rappresentazione che la cultura greca ha dato dell'adole-
scenza femminile, sarà possibile cogliere una chiave di lettura
perspicua attraverso la quale tutti gli elementi del nostro testo
possano ricevere una armonica coerenza, e la stessa nosologia
possa esserne illustrata.

È indispensabile, in tal senso, l'indagine dei nessi chiave sot-


tesi al testo, cioè stato verginale (assenza di nozze)-follia-suici-
dio, nei quali individuare, attraverso narrazioni storiche, rielabo-
razioni letterarie o racconti mitici, i modelli simbolici attorno ai
quali la società greca ha costruito l'immagine del corpo della
parthenos, imprigionato nella sua drammatica alterità 43 .
Il tratto peculiare sul quale incentrare l'analisi è certamente
il suicidio, tema che ricorre con grande frequenza nell'universo
mitologico, sebbene sottoposto, in ambito sociale, a sanzione giu-
ridica ed etica 44 . Forma di morte giudicata infatti turpe e inde-
corosa, in quanto opposta al modello eticamente più alto di mor-
te, cioè quella gloriosa del guerriero, appare nella cultura greca
come tipica espressione del modo di morire al femminile.
La tragedia, in particolare, mostra questa vistosa differenza
tra la virile morte di spada e il suicidio femminile 45 , che si con-
suma, come nei casi di Fedra o di Giocasta, con l'impiccamento
alla trave, nel chiuso del talamo nuziale, con quella stessa cintu-
ra dell'abito che, nel gioco sottile che regola la possibilità di in-
dossarla, scandisce il ritmo della vita sessuale della donna gre-
ca 46; alle fanciulle invece, quali Ifigenia, Macaria, Polissena, è
riservata una morte gloriosa, poiché vengono immolate in sacri-
ficio, trafitte alla gola come ogni vittima sacrificale, dopo avere,
come Polissena, offerto il petto, luogo di morte eroica, al coltello
del sacrificatore 47 .
Ma se nelle tragedie l'impiccamento è la forma di suicidio ti-
pica delle spose, nell'insieme della tradizione mitica esso è inve-
ce il modo di darsi la morte proprio delle fanciulle 48 . Il dato è
per noi ancor più rilevante se si considera che l'impiccamento è
il tipo di morte indicato nel nostro testo quale modo con cui le
fanciulle affette dal male sono spinte a realizzare il loro impulso
a morire. Tanto che Nicole Loraux, proprio sulla scorta del Peri

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La verginità come follia 723

parthenion, è indotta a suggerire l'ipotesi che il des


chone, in questo testo chiaramente espresso, sia di
gato al soffocamento del sangue nell'utero: «oppr
la donna cerca una via d'uscita verso l'alto, impicca
strangolamento dall'alto ripeterebbe cioè quello d
perfetta rispondenza alla rappresentazione del cor
compreso tra due bocche, tra il collo dell'utero e
nel nodo scorsoio. Tuttavia, senza nulla togliere al
questa immagine, va osservato che nella ginecolog
la ritenzione sanguigna ed il soffocamento isterico
ti come fenomeni nosologici differenti, e che in p
nostro testo a determinare l'impulso ad impiccarsi
sul cuore, mentre lo smarrimento del thymos è da
zione alterata del sangue. E ancora, l'impiccament
forma di suicidio cui le fanciulle del Peri parthenio
te dalla loro follia, ma ad esso si accompagna l'impulso alla
morte per precipitazione, cioè, come è detto nel testo, attraverso
il salto nei pozzi (xaxajríjtxeiv èç xà cpçéaxa), che ci sembra una
sorta di riduzione domestica del salto nelle acque o nel vuoto di
cui abbonda la tradizione mitologica.
Sicché, è ad entrambe queste forme di suicidio che occorre
riferirsi per l'individuazione di modelli simbolici, tenendo conto
per di più del particolare patologico della follia.

Ripercorrendo i numerosi complessi mitici che sviluppano en-


trambi i motivi dell'impiccamento e della precipitazione, appare
possibile in realtà isolarne alcuni che hanno per protagonisti fan-
ciulle in preda a turbe di tipo «erotico» o connesse comunque
all'età adolescenziale, che, attraverso tali forme di suicidio, risol-
vono la loro crisi. In entrambi i casi, specie quando il mito è ai-
tion di un preciso rituale, è possibile, sulla scorta delle più recen-
ti interpretazioni, stabilire un legame col tema delle iniziazioni
giovanili 50.
È questo il caso, tra i miti di impiccamento più significativi
ai fini del nostro discorso, della vicenda della fanciulla Aspalis
che sfugge, impiccandosi, alla violenza sessuale da parte di un
tiranno; il fratello, per vendicarla, travestitosi con gli abiti della
sorella, uccide in seguito il tiranno; un simulacro di Aspalis,
comparso nei pressi di una statua di Artemide, viene quindi ve-
nerato con l'epiclesi di Aspalis Ameilete Hekaerge51. Il travesti-
mento e l'inganno del giovinetto, tipica prova di bravura per l'e-
febo ai fini della sua integrazione nell'ordine militare adulto,

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724 Valeria Andò

nonché il suicidio della fan


mostrato Claude Calarne 52 ,
ziatici, specie sulla base dei
racconto di Pausania sulle ca
nello scenario del tempio d
analoga vicenda di suicidio d
lenza sessuale subita, di travestimento di fanciulli e di azione
militare furtiva 53.
Sia il mito di Aspalis sia il racconto di Pausania stabiliscono
una relazione col culto di Artemide, la divinità strettamente con-
nessa a moltissimi rituali di tipo iniziatico ed esplicitamente
menzionata nel nostro testo per l'uso di consacrarle abiti. Una
testimonianza per noi interessante a questo riguardo è quella sul
culto di Artemide Apanchomene, l'impiccata, nei pressi di Cafia
in Arcadia, di cui siamo informati sempre da Pausania 54 : aition
è il racconto sull'impiccagione del simulacro divino da parte di
alcuni fanciulli. Proprio sulla scorta del Peri parthenion, Helen
King, in un recente studio, propone di intendere l'epiteto come
epiclesi di culto, a testimonianza del ruolo di Artemide nel mo-
mento della vita della fanciulla immediatamente precedente il
menarca e le nozze 55 .
Sempre all'ambito delle iniziazioni è da ricondurre il culto
presso il santuario di Carie, anch'esso dedicato ad Artemide, al
quale si collega la narrazione delle fanciulle Cariatidi che, men-
tre danzano in coro per la dea, prese da improvvisa paura, inter-
pretata per lo più come timore di subire violenza 56 , si impiccano
ai rami di un noce 57 . Altre mitiche fanciulle, come Taigeta 58 ed
Arippe 59 , si sono sottratte, con la morte per impiccamento, alla
violenza sessuale o, dopo averla subita, si sono uccise per la ver-
gogna 60 .
Altri miti, nei quali non è manifesta la componente erotica,
sono tuttavia, come i precedenti, da riconnettere al motivo delle
crisi adolescenziali, e i rituali, dei quali costituiscono Y aition,
vanno ancora una volta considerati di tipo iniziatico. È questo il
caso della vicenda di Erigone: si impicca per il dolore in seguito
alla morte del padre Icario, che aveva introdotto l'uso del vino in
Attica; quindi l'intera regione è colpita da carestia e da una sor-
ta di epidemia di suicidi delle fanciulle61. In memoria di Erigo-
ne e della sua morte viene istituita la festa attica dell 'Aiora, cele-
brata all'interno delle primaverili Anthesteria, in cui si appendo-
no delle bambole ai rami degli alberi, mimesi dell'altalena ritua-
le 62 . Proprio il motivo dell'altalena, riplasmazione simbolica del-

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La verginità come follia 725

la morte per impiccagione, è stato definito, in m


di Ernesto De Martino sul tarantismo pugliese
lenza di deflusso rituale dell'impulso suicida, ch
nella pubertà femminile: le crisi puberali, testim
nostro testo, troverebbero così, nella istituzione co
la festività, un sistema protettivo ed un orizzon
Lo stesso Pausania suggerisce l'analogia tra l'alt
cagione quando, descrivendo la Nekya dipinta d
lesche degli Cnidi a Delfi, informa che vi era r
nell'atto di dondolarsi sull'altalena, a richiamar
di suicidio dell'eroina 64. Una notizia storica di notevole interesse
per noi, che testimonia proprio la crisi dell'età puberale femmi-
nile risolta con il laccio al collo, è pure quella fornita da Plutar-
co, che ci informa dell'impiccagione in massa delle fanciulle di
Mileto, colte una volta da un deinon pathos che le spinge a desi-
derare Yanchone 65 .
Abbastanza simile aìì'Aiora il rituale della festa delfica dei
Charila, cui si collega la storia dell'omonima fanciulla che si im-
picca perché offesa dal re del paese al tempo di una carestia; nel
sacrificio espiatorio che viene istituito si sospende ad un albero
un manichino poi seppellito nel presunto luogo del suicidio 66 .
Ed impiccata era pure, nel culto di Rodi a lei dedicato, Elena
detta dendrìtis 67 , eroina che in taluni rituali spartani a lei dedi-
cati mostra il suo statuto ambiguo tra l'adolescenza e l'età adul-
ta 68 .

Analogie strutturali con i miti di impiccamento è possibile co-


gliere nelle narrazioni mitiche in cui crisi adolescenziali si risol-
vono con la precipitazione nelle acque o nel vuoto, katapontismos
cioè o katakremnismos , motivi entrambi iscrivibili talora in un
unico schema sintattico. Ancor più varia in questo caso la tipolo-
gia che consente il riconoscimento di una molteplicità di funzio-
ni simboliche, con la conseguenza di una minore specificità fem-
minile, che non lede, ci pare, l'organicità del nostro discorso. In
particolare il nesso tra crisi adolescenziale e risoluzione attraver-
so il contatto con le acque è espresso in modo paradigmatico dal
mito di Dioniso fanciullo che, reso folle da Era, si tuffa in mare
per sfuggire all'inseguimento di Licurgo 69 . E ancor più esplicita-
mente il valore simbolico dell'immersione nelle acque quale pro-
va iniziatica emerge dal mito di Efesto per il quale la precipita-
zione appare primo stadio dell'iniziazione del roi magicien , che
deve apprendere i segreti dell'arte 70, o da quello di Teseo, per il

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726 Valeria Andò

quale si configura quale a


iniziatico degli Eumolpidi,
per accedere alla carica di i
sione del loro mitico anten
tipico, viene gettato in ma
da Posidone, e infine, diven
All'interno di questo schem
specifico legame tra il salto
lia legata a crisi adolescenz
cennato dell'infanzia di Dioniso, e ulteriormente illustrato da al-
tre vicende mitiche, quale quella relativa al giovane Fasi, matri-
cida folle, come Oreste, che corre a gettarsi nell'Arcturos 73 , o al
giovinetto Sagari che, fatto impazzire dalla madre degli dei,
muore suicida nelle acque di un fiume 74 . Ancora legato al moti-
vo della follia è il noto complesso mitico che ha per protagonista
Ino: seconda moglie di Atamante odia i figliastri Frisso ed Elle,
rappresentati come folli da una versione del mito 75; Elle, fuggita
col fratello in groppa ad un ariete alato, colta da vertigine, preci-
pita nell'Ellesponto; Atamante quindi, reso folle da Era per avere
accolto il bastardo Dioniso, insegue Ino che, per sfuggire alla sua
furia omicida, si getta dall'alto della roccia Moluride col figlio-
letto Melicerte, e viene poi divinizzata col nome di Leucotea 76 .
Altro nesso specifico, e il più affine tipologicamente ai miti di
impiccamento, è possibile cogliere tra le turbe provocate dall'e-
ros e la precipitazione dall'alto: e ciò non solo nel senso più ge-
nerale del richiamo delle acque per gli amanti infelici, come è il
caso del salto dalla celebre rupe di Leucade 77 , o di eroine quali
Evadne 78 o Laodamia 79 che, private dell'uomo amato, risolvono
con la morte per precipitazione il loro dolore, ma anche nel sen-
so più vicino al nostro tema, e cioè che questo tipo di suicidio
possa risolvere per le adolescenti esperienze di eros temuto o su-
bito con la violenza. Si pensi a personaggi mitici quali Nemesi,
che tenta, tuffandosi nelle acque, di sfuggire a Zeus 80; a Brito-
marti, una Artemide cretese, che si getta in mare inseguita da
Minosse, salvata dalle reti di pescatori, in seguito venerata a Cre-
ta col nome di Diktynna81; a Iole che, secondo una tradizione
del mito, si precipita giù dalle mura per non cedere all'amore di
Eracle 82 . Ma l'immagine plasticamente più vivida di agitazione
psicomotoria causata da un eros precluso è quella creata da
Eschilo nella rappresentazione di Io nel Prometeo: punta dal tafa-
no, dall 'oistros inviatole da Era, gelosa dell'amore di Zeus per la
fanciulla, irrompe di corsa sulla scena, narra il suo cieco vagare

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La verginità corne follia 727

ed esprime la sua volontà di precipitarsi dall'al


per porre fine alla sua infelice esistenza di verg
bile amore di un dio rende tormentosa 83 .
Accanto alle narrazioni mitiche ancora una volta taluni fatti
cultuali, specie se rapportati al mito eziologico di fondazione,
consentono di essere interpretati come rituali di tipo iniziatico.
Uno di essi è la celebrazione festiva di Patre, testimoniataci da
Pausania 84, nella quale, durante la processione annuale, un
gruppo di fanciulli e fanciulle si reca al fiume Meilichios e vi si
immerge, ricordando, con l'abbigliamento sacrificale, la morte
mitica di un pais e di una parthenos, un tempo offerti in sacrifi-
cio ad Artemide Triclaria. Vaition del rituale è il racconto degli
amori sacrileghi di Malanippo e Koimatho, una parthenos sacer-
dotessa della dea, la quale, irata, manda una carestia che solo
l'istituzione del sacrificio annuale del più bel giovane e della più
bella giovinetta può far cessare. Questi feroci sacrifici umani, co-
me ci informa il testimone, poterono essere sospesi quando Euri-
pilo, reso folle da Dioniso, riacquistò la ragione proprio con l'i-
stituzione della festa nella quale il bagno rituale dei fanciulli e
delle fanciulle ripete la morte dei giovinetti del mito, assumendo
pertanto l'esplicito valore simbolico di morte iniziatica; e tutta
la festa, pur nella sua complessità, rivela comunque, nel rito ce-
lebrato dagli adolescenti e alla luce del mito relativo, un indub-
bio carattere iniziatico 85 .
Affine al rituale di Patre è il complesso cultuale di Sicione,
descritto ancora da Pausania 86 : sette fanciulli e sette fanciulle si
recano annualmente in processione al fiume Sithas, e al ritorno
si fermano al tempio di Apollo, fondato da Preto dopo la guari-
gione delle figlie dalla pazzia: il racconto mitico delle Pretidi,
per noi particolarmente significativo, narra che, ancora fanciulle,
macchiatesi di hybris per essere penetrate nel santuario di Era,
sono colpite da follia; l'intervento di Artemide o, secondo un'al-
tra versione del mito, del celebre indovino Melampo, le libera
dalla pazzia 87 . Ancora una volta dunque un rituale di tipo ini-
ziatico cui si ricollega per di più, sullo sfondo mitico, una vicen-
da di follia adolescenziale 88 .

Ora, nonostante la complessità dei contesti mitico-rituali e la


ricca varietà dei temi, che è certamente difficile e inopportuno
forzare entro schemi interpretativi rigidi o guidare verso sempli-
cistiche soluzioni, sembra tuttavia che gli esempi forniti consen-
tano di riconoscere nel testo ippocratico la testimonianza per

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728 Valena Andò

nulla casuale di una forte a


ca, tra i due diversi tipi di
Ad attestarne l'unità conce
le già ricordate analogie st
unità di rappresentazione,
lascia precipitare dall'alto s
bandona il contatto con la terra, fende l'aria, muovendosi nelle
due direzioni opposte, verso l'alto nel caso dell'impiccamento, o
verso il basso nel caso della precipitazione: ed è significativo che
nel nostro testo, nella sequenza dei verbi, il primo sia cxXXeoöai,
«saltare», seguito da xaxajujtxsiv èç xà qpçéaxa e ãyxeodai.
La dimensione aerea, che consente di iscrivere in un unico
orizzonte le due forme di suicidio, viene confermata dall'uso, nei
testi letterari, della metafora dell'uccello riferita sia alle donne
impiccate, come Fedra nell'Ippolito 90 , sia alle eroine che si sono
lanciate nel vuoto, come Evadne nelle Supplici euripidee 91 . Di ef-
ficacia paradigmatica è per noi il passo eschileo in cui le Danai-
di, le vergini che rifiutano il matrimonio, dicono di desiderare il
laccio per sfuggire l'odiato letto nuziale, o una dimora aerea, una
roccia inaccessibile, che assicuri loro una profonda caduta, pri-
ma che possa compiersi il ripugnante destino di nozze 92 : ritro-
viamo ancora dunque il nesso stato verginale-desiderio di morte
per impiccamento o per precipitazione, cioè le due diverse moda-
lità di suicidio qui esplicitamente poste in connessione dalla vo-
lontà di attraversare l'aria. E analoga efficacia semantica potreb-
bero assumere per noi talune narrazioni mitiche di metamorfosi
in uccello di donne suicide 93 .

Sebbene senza altri riscontri nella letteratura medica ippo-


cratica, al Peri parthenion, in cui le fanciulle affette dal male ed
in preda ad un grave stato di alterazione psichica sono spinte a
cercare la morte attraverso il laccio al collo o il salto nei pozzi,
fa eco dunque la tradizione mitico-rituale secondo la quale que-
ste forme di suicidio sono risolutrici di crisi adolescenziali. Spes-
so anzi tali tipi di morte sono espressione simbolica della morte
iniziatica: la morte, cioè, come momento di passaggio dall'età
puberale, con le sue crisi, all'età adulta con i nuovi ruoli che at-
tendono l'adolescente, più esplicitamente come separazione dal
mondo asessuato prima dell'aggregazione al mondo sessuale. Il
simbolo mitico-rituale della morte per impiccamento o per preci-
pitazione avrebbe cioè la funzione di identificare la crisi e di ri-
conoscere il conflitto di pubertà tra la personalità in formazione

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La verginità come follia 729

e l'intero gruppo sociale; il simbolo stesso, rivissuto ri


all'interno del complesso iniziatico, diviene risolutore
gratore della fanciulla in rapporto alla comunità 94 .
Sicché, lo stesso quadro nosologico descritto nel Per
nion, così difficilmente riconducibile ad una malattia
ca o psichica, potrebbe in realtà intendersi come un m
sintomatico sotto il quale si cela uno stato di disagio c
gola parthenos e la collettività non riescono ad esprim
in forma allusiva 95 . Il testo medico cioè e il compless
rituale sono concordi testimoni nel restituire dell'adolescenza
femminile un'immagine univoca e coerente: lo stato verginale,
ossia il tempo nel quale, nonostante la raggiunta maturità fisica,
la fanciulla non ha ancora contratto le nozze, è presentato quale
rischioso momento di forte precarietà psico-fisica. La follia,
espressione estrema di alterazione, con il conseguente desiderio
di morte, è manifestazione palese, e la più drammatica, della cri-
si derivata dallo stato verginale.
Alla verginità non c'è scampo, la sua pericolosità va sfuggita,
lo squilibrio deve sanarsi: quella terapia che il medico ippocrati-
co suggerisce come l'unica che possa risolvere il male, cioè l'ac-
coppiamento e la procreazione, si identifica con l'unica funzione
che la società greca riserva alla fanciulla. Le nozze rappresenta-
no infatti il momento essenziale di realizzazione dell'esistenza
della donna greca, l'asse attorno al quale ruota tutta la sua vita.
E dunque solo attraverso le nozze la fanciulla può riscattare il
proprio corpo dalla rappresentazione carica di pericolosità, for-
nita dalla società greca. A tale rappresentazione sociale dei rischi
dello stato verginale, quale momento di passaggio della vita fem-
minile, corrisponde la strategia protettiva di controllo e aggrega-
zione nel gruppo sociale 96 . E dunque solo attraverso il matrimo-
nio e la maternità, che legittimano l'eros all'interno dell'istituzio-
ne, viene riconosciuta alla fanciulla greca la sua utilità sociale:
solo in quanto futura gyne la parthenos, individuo socialmente
inutile, trova la sua legittimità ad esistere e l'unica via di scam-
po al male di essere vergine.
Valeria Andò
Università di Palermo

NOTE AL TESTO

1 Nell'edizione di E. Littré, Oeuvres complètes ď Hippocrate, tt. I-X, Paris 1839-


1861 (d'ora in poi L con il numero del volume e le pagine), il De eis quae ad virgin
spectant occupa le pp. 466-470 del voi. VIII. Una traduzione con commento, rivolto

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730 Valeria Andò

soprattutto ai contenuti dottrinali, è


net-Cadilhac, Hippocrate. Des maladi
Memoire de D.E.A. (Etudes grecques
1989.

2 Morb. mul. I 2 L VIII 20-22: «Il flusso mestruale può prendere anche la via del
vomito e, in alcune donne, quella del sedere, come io ho detto in Malattie delle
vergini»; ibid. I 41 L VIII 98: «Se la malattia (spostamento verso l'alto della purga-
zione puerperale) si prolungasse, la donna avrebbe gli stessi disturbi che sono stati
esposti a proposito della fanciulla alla quale le prime mestruazioni si sono spostate
verso l'alto». In realtà, come diremo subito, il nostro testo non fa affatto menzione
di spostamento del flusso mestruale verso l'alto o verso le parti posteriori.
Tale gruppo comprende, oltre il nostro De eis quae ad virgines spectant: De
morbis mulierum, De sterilitāte, De genitura, De natura pueri, De natura muliebri, De
superfoetatione, De partu septimestrì, De partu octimestri, De excisione foetus.
4 Sui fondamenti epistemologici della scuola di Cnido cfr. tra gli ultimi i lavori
di J. Jouanna, Hippocrate. Pour une archéologie de l'école de Cnide, Paris 1974, e di H.
Grensemann, Knidische Medizin. I: Die Testimonien zur ältesten knidischen Lehre und
Analysen knidischer Schrìften im Corpus Hippocraticum, Berlin-New York 1975. Un
atteggiamento critico nei confronti della stessa possibilità di dare concretezza stori-
ca alla scuola di Cnido, riconoscendole autonomia dottrinale, mostra V. Di Bene-
detto, Cos e Cnido, in Hippocratica. Actes du Colloque hippocratique de Paris (4-9
sept. 1978), Paris 1980, pp. 97-111, rist. in Id., Il medico e la malattia, Torino 1986,
pp. 70-85. Un recente e ricco contributo al problema delle due scuole, di Cnido e di
Cos, ha fornito A. Thivel, Cnide et Cos? Essai sur les doctrines médicales dans la Col-
lection hippocratique, Paris 1981, che ha criticamente ripercorso tutti i tentativi pre-
cedentemente operati di suddivisione in base a principi teorici dottrinali.
5 Si vedano soprattutto i lavori di Grensemann, Knidische Medizin. I cit., che
da dati dottrinali e linguistici ha riconosciuto nelle opere ginecologiche tre diversi
stadi di composizione e tre diversi autori, dei quali A è il più antico, e C il più
recente; Hippokratische Gynäkologie. Die gynäkologischen Texte des Autors C nach den
pseudohippokratischen Schriften De muliebribus I, II und De sterilibus, Wiesbaden
1982; Knidische Medizin. II. Versuch einer weiteren Analyse der Schicht A in den pseu-
dohippokratischen Schriften De natura muliebri und De muliebribus I, II, Stuttgart
1987.
6 Nella suddivisione proposta da Littré I 373-379, ad uno stesso autore di età
prearistotelica sono da attribuire Generazione, Natura del bambino, Malattie IV
(gruppo ricondotto da Grensemann all'autore C), e il trattato che iniziava con Ma-
lattie delle vergini, seguito da Malattie delle donne e Donne sterili. Con questa attribu-
zione concordava ancora R. Joly, Le niveau de la science hippocratique. Contribution
à la psycologie de l'histoire des sciences, Paris 1966, pp. 70 ss.
L'estraneità tra le due opere è affermata da Thivel, Cnide et Cos cit., pp. 254-
269. A conclusioni analoghe giunge anche Bonnet-Cadilhac, Des maladies des jeunes
filles cit., p. 54, che propone di abbassare la data della composizione al periodo
postaristotelico di fine IV sec.
8 Sulla biologia greca cfr. G.E.R. Lloyd, Science, Folklore and Ideology. Studies
in the Life Science in Ancient Greece, Cambridge 1983 [trad. it. Scienza, Folclore,
Ideologia. Le scienze della vita nella Grecia antica, Torino 1987], di cui la Parte se-
conda, pp. 52-84 della trad, cit., è dedicata al sesso femminile.
9 Sulla fisiologia del femminile cfr. P. Manuli, Fisiologia e patologia del femmi-
nile negli scritti ippocratici dell'antica ginecologia greca, in Hippocratica cit., pp. 393-
408, rist. con ampliamenti col titolo Donne mascoline, femmine sterili, vergini perpe-
tue. La ginecologia greca tra Ippocrate e Sorano, in S. Campese - P. Manuli - G. Sissa,

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La verginità corne follia 731

Madre materia . Sociologia e biologia della donna greca, Torino 19


impostazione diversa il lavoro di A. Rousselle, Observation fém
masculine: le corps de la femme d'après les médecins grecs, in
XXXV (1980), 5, pp. 1089-1115, che evidenzia il ruolo delle donne
ni di fisiopatologia ginecologica dei medici greci. Opera classic
greca è P. Diepgen, Die Frauenheilkunde der alten Welt, in W. St
Handbuch der Gynäkologie, vol. XII, t. 1, München 1937, in part
testo.

10 Cfr. P. Manuli, Elogio della castità. La Ginecologia di Sorano, in «Memoria»,


3 (1982), pp. 39-49; e in generale sulla ginecologia in età romana D. Gourevitch, Le
mal d'être femme. La femme et la médecine dans la Rome antique, Paris 1984; ancora
sui costumi sessuali nei primi secoli dell'Impero attraverso i testi pagani e cristiani
A. Rousselle, Porneia. De la maîtrise du corps à la privation sensorielle, Paris 1983
[trad. it. Sesso e società alle origini dell'età cristiana, Roma-Bari 1985].
«Principio della medicina è per me la formazione delle cose eterne: non è
possibile infatti conoscere la natura delle malattie, cosa che è specifico oggetto d'in-
dagine dell'arte medica, se non si conosce la natura nella sua indivisione nel mo-
mento iniziale dal quale ha avuto origine il suo distinto sviluppo». I problemi te-
stuali e interpretativi posti da questo passo sono discussi da Littré, VIII 527-533,
sulla base del confronto con Nat. mul. 1 L VII 312 e Morb. mul. II 111 L VIII 238
(delle quali ritiene la prima una tarda epitome della seconda). Ma cfr. contra Thi-
vel, Cnide et Cos cit., pp. 93-94.
Quest'età dovrebbe porsi forse attorno ai 14 anni: cfr. D.W. Amundsen -J.
Diers, The Age of Menarche in Classical Greece and Rome, in «Human Biology», XLI
(1969), pp. 125-132; e inoltre la testimonianza di Senofonte, Oecon. VII 5.
13 La fisiologia delle mestruazioni è analoga a quella esposta in altre opere gi-
necologiche; cfr. per es. Gen. 2 L VII 472, per il rapporto istituito con la complessi-
va crescita fisica, e Morb. mul. I 1 L VIII 12-14, per il collegamento tra sangue e
cibo: la natura femminile, più umida e spugnosa, assorbe gli alimenti in misura
superiore al necessario, sicché tale eccesso, metabolizzato in sangue, deve essere
espulso.
14 Sulla individuazione e localizzazione anatomica delle phrenes da Omero in
poi, menzionate nel Corpus ippocratico col valore di diaframma, cfr. R. B. Onians,
The Origins of European Thought about the Body, the Mind, the Soul, the World, Time
and Fate, Cambridge 1954, pp. 23-43.
15 G. Sissa, Le corps virginal. La virginité en Grèce ancienne, Paris 1987.
16 Questa concezione si ritrova in Plat. Tim. 91 c.
Per i casi di spostamento dell'utero cfr. Morb. mul. I, 7 L VIII 32; I, 32 p. 76;
II, 123 p. 266; II, 124, 125 p. 268; II, 126 p. 270; II, 127 p. 272; II, 130 p. 278; II 151
p. 326; II, 201 p. 384; II, 203 p. 386; Nat. mul. 3 L VII 314; 26 p. 342; 44 p. 388; 48,
49 p. 392; 62 p. 400; 73, 75 p. 404; 87 p. 408.
Si veda, per la regione umbra, Z. Zanetti, La medicina delle nostre donne,
Foligno 1978 (rist. anast., Città di Castello 1892), p. 10: «Anche l'utero è considerato
quale un animale, ed anzi, animale policéfalo, dotato di sette capi come un'idra,
capriccioso nei suoi gusti, ne' suoi appetiti, aggirantesi per le cavità del ventre e del
torace in cerca di cibo, di odori a lui favoriti, e capace di sdegnarsi a tal segno, da
stringere alla gola e stramazzare a terra colei che lo alberga. Esso sarebbe causa
delle convulsioni o confusioni (accessi isterici), delle mancanze (lipotimie), dei nervi
delle donnine delicate». P. 81: «L'utero infatti, quando non è nel periodo di gesta-
zione, è considerato dalle nostre vecchie, come un animale, di cui esse non sanno
definire la forma, ma che, nella loro immaginazione, possiede sette capi o teste, qua-
si un'idra nascosta entro il ventre, dotata di movimento di traslazione, di gusto ed

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732 Valeria Andò

olfatto, capace di sdegnarsi se qualch


tal punto da finire (uccidere, ridurr
scere, col soffocarla ». Una tale conc
nella cultura popolare siciliana, defi
biguità della eziologia, comprenden
lascia comunque ricondurre all'amb
dialetto: su tale malattia cfr. E. Gugg
gica della malattia in Sicilia, Palermo
I difetti di fonazione in Ippocrate
silenzi del corpo. Difetto e assenza di v
sui disagi della comunicazione, a cur
inoltre D. Gourevitch, L'aphonie hip
tion hippocratique, Actes du IVe Col
Genève 1983, pp. 297-305.
20 Sull'isteria attraverso numerosi
M.R. Lefkowitz, Heroines and Hyster
della malattia del nostro testo come di
21 Cfr. Morb. mul. II 127 L VIII 27
stato anche nella donna incinta in Mor
D. Gourevitch, Chronique anachroniq
te, in «Revue française de Gynécol
753-755.
22 In Morb. mul. II 125 L VIII 268, p. es., è detto che se il soffocamento è in alto,
si dovranno fare fumigazioni con sostanze profumate per attirare l'utero verso il
basso, e inalazioni fetide dal naso; viceversa se l'utero preme verso il basso, per
risospingerlo in su, si dovranno fare fumigazioni fetide e inalazioni aromatiche; cfr.
inoltre Morb. mul. II 123 L VIII 266; Nat. mul. 26 L VII 342; 44, 388 etc.
23 Cfr. Zanetti, La medicina delle nostre donne cit., pp. 244-245.
24 Cfr. Morb. mul. II 128 L VIII 276; II 135 L VIII 308; Nat. mul. 3 L VII 314.
25 I due fenomeni di ritenzione sanguigna e soffocamento isterico saranno inse-
riti in un unico quadro nosologico da Galeno, De loc. aff. VI 5 (Kühn VIII 413-437) e
De usu part. XIV 4 (Kühn IV 208) e da Sorano, Gyn. II 4.
Morb. mul. I 41 L VIII 100; cfr. inoltre, tra gli altri, ibid. I 40 L VIII 96; I 48
L VIII 106; Nat. puer. 18 L VII 502.
27 Superf. 34 L VIII 504; per altri casi di amenorrea cfr. p. es. Gen. 4 L VII 476;
Nat. puer. 15 L VII 492; in Morb. mul. I 2 L VIII 14 l'amenorrea è conseguenza dello
spostamento dell'utero.
28 Si veda M.P. Duminil, Le sang, les vaisseaux, le coeur dans la collection hippo-
cratique. Anatomie et physiologie, Paris 1983, pp. 243 ss.
29 Oltre la fumigazione, ancora una volta prescritta anche per l'amenorrea (Su-
perf. 34 L VIII 504), sono indicati anche pessari vaginali (p. es. Morb. mul. I 37 L
VIII 90; I 74 L VIII 154 ecc.), bagni o fomenti caldi (p. es. ibid. I 35 L VIII 82), dieta,
vomiti e purghe (p. es. ibid. I 3 L VIII 22).
30 Per es. Morb. mul. I 37 L VIII 92; II 131 L VIII 280.
31 Per es. Epid. III 2,6 L III 50; III 16,14 L III 140; Morb. mul. II 182 L VIII 364;
II 154 L VIII 328; I 8 L VIII 34; II 174 L VIII 354; ma cfr. M.G. Ciani, Psicosi e
creatività nella scienza antica, Venezia 1983, pp. 21 ss.
3 Sul tema della follia nella Grecia antica mi limito a rinviare ai più recenti
lavori: B. Simon, Mind and Madness in Ancient Greece. The Classical Roots of Modern
Psychiatry, Ithaca-London 1978, per una disamina dei testi poetici di Omero e dei
tragici, filosofici di Platone ed Aristotele, e medici del Corpus ippocratico; J. Mat-
tes, Der Wahnsinn im griechischen Mythos und in der Dichtung bis zum Drama des

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La verginità come follia 733

fünften Jahrhunderts, Heidelberg 1970, per un'analisi dei miti e


la psicopatologia nei testi medici e soprattutto filosofici J. Pig
l'âme. Étude sur la relation de l'âme et du corps dans la tradition
que antique, Paris 1981; in particolare sulla mania E a d., Folie et
les médicins de l'antiquité gréco-romaine. La manie, Paris 1987;
Flashar, Melancholie und Melancholiker in den medizinischen T
Berlin 1966.

33 Per questo aspetto cfr. Di Benedetto, Il medico e la malattia cit., pp. 35-69.
34 Si veda Pigeaud, Folie et cures de la folie cit., pp. 1 1-69 sulla manie ippocrati-
ca.

35 Cfr. ibid. e Ciani, Psicosi e creatività cit., per una stimolante panor
Ad una forma di epilessia pensa infatti Manuli, Donne mascoline, fe
sterili, vergini perpetue, cit., p. 162; una forma mista di isteria e melanconi
sostenuta da Simon, Mind and Madness in Ancient Greece cit., p. 258, che
stamento, a mio avviso poco pertinente, tra il nostro testo e i vv. 121-16
lito euripideo, in cui il Coro, tra le possibili cause della malattia di Fe
anche il perturbamento dovuto ai dolori del parto.
37 Cfr. Morb. sacr. 1 L VI 362; 14 L VI 386.
Tale peculiarità spinge Pigeaud, Folie et cures de la folie cit., pp. 118
considerare l'opuscolo di composizione assai tarda, senza alcun legame
con il De morbis mulierum.
39 Sul ruolo degli indovini nella medicina magica cfr. G. Lanata, Medicina ma-
gica e religione popolare in Grecia fino all'età di Ippocrate, Roma 1967, in part. p. 42.
40 Per tali differenze dottrinali cfr. Duminil, Le sang, les vaisseaux, le coeur cit.,
pp. 261 ss. e 308 ss.
41 Si veda P. Manuli - M. Vegetti, Cuore, sangue e cervello. Biologia e antropolo-
gia nel pensiero antico, Milano 1977.
42 Cfr. Morb. mul. II 177 L VIII 360; Loc. Hom. 39 L VI 328; Epid. V 84 L V 252;
VII 89 L V 446; Cam. 18 L VIII 608. L'unico caso di suicidio femminile menzionato
nel Corpus è in Epid. V 33 L V 230. Si vedano le osservazioni di D. Gourevitch, Le
triangle hippocratique dans le monde gréco-romain. Le malade, sa maladie et son médi-
cin, Roma 1984. chap. IV: Le refus absolu de la maladie: le suicide, pp. 169-216, in
part. p. 189 n. 46, circa le motivazioni sociologiche dello scarso numero di donne
suicide per malattia. Sull'argomento del suicidio razionale dei malati v. inoltre
Ead., Suicide among the Sick in Classical Antiquity, in «Bulletin of the History of
Medecine», XLIII (1969), pp. 501-518.
43 Per il rapporto tra l'esperienza fisica del corpo e il controllo sociale cfr. M.
Douglas, Natural Symbols, Harmondsworth 1970 [trad. it. I simboli naturali. Sistema
cosmologico e struttura sociale, Torino 1979], in part. p. 99 della trad, cit.: «Il corpo
sociale determina il modo in cui viene percepito il corpo fisico».
Cfr. Aeschin. Ctes. 244, che ci informa che ad Atene la mano dei suicidi veni-
va seppellita separatamente dal corpo; e Plut. Them. 22 testimonia che si gettavano
nel baratro di Melite il laccio e i vestiti degli impiccati. Plat. Leg. 873 cd prescrive
che i suicidi siano sepolti senza onori in tombe isolate, senza stele e poste ai confini
del territorio. Condanna etica del suicidio in quanto forma di ingiustizia contro se
stessi è espressa tra gli altri da Aristot. Eth. Nic. V 15. Un'ordinata rassegna delle
testimonianze è fornita da R. Hirzel, Der Selbstmord, in «Archiv für Religionswis-
senschaft», X (1908), pp. 243-284.
45 Su tutto questo argomento cfr. N. Loraux, Façons tragiques de tuer une fem-
me, Paris 1985 [trad. it. Come uccidere tragicamente una donna, Roma-Bari 1988].
Al tempo della pubertà la fanciulla indossa la sua prima cintura, che consa-
cra ad Artemide al tempo delle nozze; l'espressione «sciogliere la cintura» indica

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734 Valeria Andò

nella poesia erotica il compimento


larga cintura da togliere durante il
tuali prematrimoniali, v. P. Schmitt,
minins des Apatouries à Athènes, i
1073.
47 Cfr. Loraux, Come uccidere tragicamente una donna, trad, cit., pp. 33-50, sulla
morte tragica delle fanciulle.
48 Cfr. ibid., p. 136, n. 64, in cui lo scarto tra il discorso mitico e la tragedia
viene inteso come «un indizio del lavoro di rielaborazione verso il quale procede un
genere letterario a partire dalle rappresentazioni comuni della tradizione».
Ibid., pp. 71-91 (in part. p. 89), trad, di Le corps étranglé, in Le châtiment dans
la cité, a cura di Y. Thomas, Roma-Paris 1984, pp. 195-218.
5U Cosi, tra gli altri, A. Brelich, Paides e parthenoi, Roma 1969, p. 443 n. 2, in
relazione ai miti di impiccamento. Analogamente sulla precipitazione C. Gallini,
«Katapontismos» , in «Studi e Materiali di Storia delle Religioni», XXXIV (1963),
pp. 61-90, inserisce i miti relativi sotto l'unico orizzonte dell'adolescenza, delle sue
crisi e delle sue possibili soluzioni mediante appositi rituali iniziatici giovanili, sul-
la scia di J. Hubaux, Le plongeon rituel, in «Musée Belge», XXVII (1923), pp. 5-81. F.
Jesi, Il simbolismo dell'impiccagione, in Mitologie intorno all'illuminismo, Milano
1972, pp. 134-148, sottolinea invece, nella vicenda sacra della kore impiccata, che
pende come un frutto dai rami dell'albero, l'importanza del rapporto morte della
Jfcore-incremento della vegetazione, riproponendo quindi l'interpretazione di A. Sep-
pilli, Poesia e magia, Torino 1962, pp. 323-325, e p. 434 n. 98, che vede nell'impicca-
gione un rito di fecondità. Ead., Sacralità dell'acqua e sacrilegio dei ponti. Persistenza
di simboli e dinamica culturale, Palermo 1977, ha dedicato il cap. IV, pp. 130-219, al
motivo del salto nelle acque nelle culture del bacino dell'Egeo e in Italia, con con-
fronti anche con lo sciamanesimo e i miti nordici. Altri contributi specifici saranno
citati nelle note seguenti.
51 Ant. Lib. 13.
C. Calame, Les choeurs de jeunes filles en Grèce archaïque, Roma 1977, pp.
253-264.
53 Paus. IV 4,2 ss.: secondo la versione di Sparta, le fanciulle spartane, mentre
assistevano al rituale di Artemide Limnatis, furono violate dai Messeni e quindi,
per la vergogna, si uccisero; secondo la versione che dei fatti danno i Messeni inve-
ce, dei giovinetti, spartani, travestiti da fanciulle, si introducono nel tempio presso i
Messeni per assassinarli nel sonno.
54 Paus. VIII 23, 6-7.
55 H. King, Bound to Bleed: Artemis and Greek. Women, in A. Cameron - A.
Kuhrt (a cura di), Images of Women in Antiquity, London 1983, pp. 109-127: la stu-
diosa intende l'epiteto come «Strangolata», col quale Artemide manifesterebbe il
suo legame con la parthenos nel momento in cui non ha ancora esperienza del san-
gue mestruale e della deflorazione. La connessione con il culto di Artemide Apan-
chomene è sottolineato anche da E.D. Baumannn, Die Krankheit der Jungfrauen, in
«Jānus», XLIII (1939), pp. 189-194, che conclude che la malattia descritta sia «eine
psychische Volkskrankheit religiösen Ursprunges».
56 Così Brelich, Paides e parthenoi cit., p. 165, seguito da Calame, Les choeurs
de jeunes filles cit., pp. 264-276, che accoglie l'ipotesi in base al confronto col citato
passo di Pausania sul complesso mitico-rituale di Artemide Limnatis.
57 Schol. Stat. Theb. 4,225.
58 Si impicca sulla cima del Taigéto per non essere riuscita a sfuggire all'am-
plesso di Zeus nonostante la sua metamorfosi in cerbiatta: Ps. Plut. De fluv. 17,3.

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La verginità come follia 735

59 Sacerdotessa di Artemide si impicca per essere stata vio


tempio della dea: Ps. Plut. De fluv. 7,5.
60 Più in generale, altre eroine hanno risolto con il laccio al
da uno stato alterato dell'eros, o perché temuto e sfuggito, com
o perché desiderato o non più goduto. Basti pensare ad Arian
Teseo, che, secondo una versione del mito, si impicca: Plut. The
son, The Minoan-Mycenaean Religion and its Survival in Greek R
pp. 523-527, che considera Arianna una delle «Greek Goddessess
vedendo nell'impiccagione un antico culto legato alla vegetazi
re Cizico, ucciso dagli Argonauti, si impicca per il dolore: Apoll
Polimela, madre di Giasone, si impicca in seguito alla morte del marito Esone:
Apollod. I, 9,27; Fillide si impicca non sperando più di rivedere l'amato Acamante,
o Demofoonte, secondo le fonti: Apollod. Epit. VI 16; per Antigone la valenza ses-
suale potrebbe essere implicita nell'equazione tra la tomba e la stanza nuziale:
Soph. Ant. 891. L'eventualità del suicidio per impiccagione è prospettata per Cliten-
nestra, che con l'adulterio ha alterato le regole dell'eros coniugale: Aesch. Agam.
874-876.
61 Tra le fonti v. Apollod. III, XIV 7. Per un'interpretazione del mito cfr. R.
Merkelbach, Die Erigone des Eratosthenes, in Miscellanea di Studi Alessandrini in
memoria di A. Rostagni, Torino 1963, pp. 469-526.
62 Cfr. M.P. Nilsson, Die Anthesterien und die Aiôra, in «Eranos», XV (1915), pp.
189 ss., per l'interpretazione dell'altalena rituale come antico rito agrario di prima-
vera. Inoltre L. Deubner, Attische Feste, Hildesheim-New York 19692, pp. 118-123.
Al motivo dell'altalena e del volo magico sono dedicati alcuni contributi presentati
all'VIII Congresso Internazionale di Storia delle Religioni (Roma 17-23 Aprile 1955),
sui quali v. il resoconto in «Lares», XXI (1955), pp. 70-72. Molti esempi di impicca-
gione rituale desunti da diverse aree geografiche, e interpretati come riti di fertilità
connessi alla crescita delle messi, sono raccolti da J.G. Frazer, The Golden Bough,
London 1925, pp. 285-289 (trad. it. Il ramo d'oro, Torino 1950, 1, pp. 465, 470-471).
63 E. De Martino, La terra del rimorso. Contributo a una storia religiosa del Sud,
Milano 1961, in part. pp. 209-218. Lo studioso individua nel simbolismo dell'altale-
na rituale una sorta di antecedente classico dell'analoga pratica di lasciarsi pendere
dagli alberi mediante funi, eseguita nella crisi-terapia di tarantismo, che vede una
partecipazione prevalentemente femminile, e una maggiore incidenza dello stato
critico proprio nelle fanciulle: cfr. pp. 129-131.
64 Paus. X 29,3. Su questo passo e su questa complessiva tematica cfr. Ch. Pi-
card, Phèdre «à la balançoire» et le symbolisme des pendaisons, in «Revue Archéologi-
que», XXVIII (1928), pp. 47-64, che vede nel motivo dell'altalena la sopravvivenza
di idee cretesi relative al culto dell'albero.
65 Plut. Mul. virt. 11=249 B.
66 Plut. Quaest. graec. 12=293 BF.
67 Paus. III 19,10.
68 Cfr. Calame, Les choeurs de jeunes filles cit., pp. 333-350.
69 Horn. //. VI 130-137, e su questo episodio cfr. H. Jeanmaire, Dionysos, Paris
1951 [trad. it. Dioniso. Religione e cultura in Grecia, Torino 1972, pp. 58 ss.], e Id.,
Couroi et Courètes, Paris 1927, pp. 336-337, per il legame col tema delle iniziazioni.
70 Cfr. M. Delcourt, Héphaistos ou la légende du magicien, Paris 1982, pp. 41-43,
e 115-120, in cui il motivo dell'immersione di Efesto viene valutato in rapporto ad
altri miti di salto nelle acque.
71 Ibid., e Jeanmaire, Couroi et Courètes cit., pp. 324-337, per un'analisi del mito
di Teseo nell'ambito del tema rituale dell'immersione.

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736 Valeria Andò

72 Apollod. III 15,4; sul rito degli E


leusis, Paris 1914, pp. 173 ss.
73 Ps. Plut. Defluv. 5,1.
74 Hyg. Ästron, poet. II 14; Ps. Plut.
75 Hyg. Fab. 3.
Su questo mito ed il suo legame a
delle fonti, cfr. L.R. Farnell, Ino-Leukothea, in «The Journal of Hellenic Studies»,
XXXVI (1916), pp. 36-44. Sul culto di Ino-Melicerte sull'Istmo di Corinto cfr. Jean-
maire, Couroi et Courètes cit., pp. 563 ss., e A. Brelich, Gli eroi greci. Un problema
storico-religioso, Roma 1958, p. 121.
77 Per questo tema cfr. A. Seppilli, Sacralità dell'acqua e sacrilegio dei ponti cit.,
pp. 137-159.
78 Eur. Suppl. 990-1071.
79 Hyg. Fab. 104.
0 Paus. I 33,7; Eratosth. Cat. 25.
Call. Hymm. Art. 189 ss.; Paus. II 30,3 e III 14,2; Ant. Lib. 40. Su questo mito
cfr. Seppilli, Sacralità dell'acqua e sacrilegio dei ponti cit., pp. 132-137, che vi vede
una delle più antiche attestazioni, di provenienza minoico-micenea, del motivo del
salto nelle acque nel bacino dell'Egeo.
Plut. Parali. 13=308 F. Analogamente il giovinetto Tanais si annega in un
fiume pur di non cedere all'incestuosa passione per la madre: Ps. Plut. De fluv. 14.
Aesch. Prom. 747-751. Su questo episodio, e in generale sul motivo della fol-
lia nel teatro con particolare riguardo alla terminologia, cfr. M.G. Ciani, Lessico e
funzione della follia nella tragedia greca, in «Bollettino dell'Istituto di Filologia gre-
ca», Univ. Padova, I (1974), pp. 70-110. Inoltre De Martino, La terra del rimorso cit.,
pp. 199-208, vede nel motivo dell'oisiros il precedente classico del morso della ta-
ranta, interpretato anch'esso nella sua valenza simbolica di turba di tipo erotico
dell'età adolescenziale.
84 Paus. VII 19,1-20,2 e 21,6 ss.
85 Sul rituale di Patre cfr. Brelich, Paides e parthenoi cit., pp. 366-377.
86 Paus. II, 7,7 ss.
87 Tra le numerose fonti cfr. Bacch. 11, 37 ss. Le diverse versioni del mito sono
discusse in Jeanmaire, Dioniso trad, cit., pp. 203 ss.
88 Sul rituale di Sicione cfr. Brelich, ibid., pp. 377-387. Sul mito delle Pretidi,
quale migliore esempio delle sfere di intervento di Artemide ed Era nell'adolescen-
za femminile, v. Calame, Les choeurs de jeunes filles cit., pp. 214 ss.
89 G. Dumézil, Le noyé et le pendu, in Du mythe au Roman, Paris 1970, pp. 127-
146, sulla base di vari miti nordici, parla di «une solidarité qui fait structure» tra i
due tipi di morte.
90 Eur. Hipp. 759 (ôuaÓQviç); 828 (õqviç ya q œç xiç): questi passi e la metafora
dell'uccello per l'impiccata sono segnalati anche da Loraux, Come uccidere tragica-
mente una donna, trad, cit., p. 84; e su questo passo dell'Ippolito v. H. Parry, The
Second Stasimon of Euripides' «Hippolytos» (732-775), in «Transactions and Procee-
dings of the American Philological Association», XCVII (1966), pp. 317-326.
91 Eur. Suppl. 1046 (õqviç tiç (boeí); 1047 (aííóçrma, usato per indicare il volo).
92 Aesch. Suppl. 787-798.
93 Alcione, addolorata per la morte del marito annegato, si butta in mare, ed
entrambi vengono trasformati in tordi marini; Hyg. Fab. 65; Ovid. Met. XI 410-750.;
Schol. Horn. II. IX 562. La dea Leucotea, quella Ino che si era buttata dalla roccia
Moluride, sotto le sembianze di gabbiano si posa sulla zattera di Odisseo: Hom. Od.
V 333-353; Hyg. Fab. 125; anche Scilla, una volta annegata, viene trasformata in
uccello: Hyg. Fab. 198; Esaco, dopo la morte dell'amata Asterope, cerca di uccidersi

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La verginità corne follia 737

gettandosi in mare da una rupe, ma gli dei lo trasformano in


Apollod. III 12,5; Ovid. Met. XI 749-795.
Sui momenti di passaggio, socialmente protetti dall'organi
classico il volume di A. van Gennep, Les rites de passage, Paris 19
passaggio, Torino 1981], in part. pp. 57 ss. della trad. cit.
95 Cfr. Guggino, Un pezzo di terra di cielo cit., p. 80, che propon
malattia popolare della matrazza come «un'organizzazione sinto
una forma di copertura di un tipo di problemi di cui la cultura
nalità non può o non sa farsi carico», «un contenitore autodiagn
e condiviso».
Sulla pericolosità delle donne e per le donne, derivata dalle funzioni fisiolo-
giche femminili, in rapporto alla ideologia del rafforzamento dei ruoli sessuali, cfr.
G. Pomata, La storia delle donne: una questione di confine, in II mondo contempora-
neo, vol. X, t. 3, Firenze 1983, pp. 1434-1469, in part. pp. 1455-1459.

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