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Il percorso del pensiero di Erich Przywara


a partire da Was ist Gott? (1947):
un’insospettata attualità teologica e storica

Fabrizio Mandreoli e Michele Zanardi

Il nostro percorso – che si basa su una traduzione di prossima pub-


blicazione1 – si snoda in quattro passaggi: una breve contestualizza-
zione di Was ist Gott?; un’introduzione ad alcuni suoi snodi principali;
l’individuazione di una trama teologica di fondo; la descrizione di al-
meno tre dimensioni di inattesa attualità del pensiero dell’autore nei
giorni di Bergoglio come vescovo di Roma.

1. Il contesto di Was ist Gott?

Erich Przywara (1889-1972) nasce nell’Alta Slesia, allora Impero


Tedesco e oggi Polonia, da padre polacco e madre tedesca; in una terra
dove tre imperi si toccano (tedesco, austroungarico e russo), questo ge-
suita, abituato – a partire dalla propria famiglia – alla presenza di dif-
ferenze culturali e religiose, sviluppa una particolare attitudine per la
ricerca dell’«armonia» tra le posizioni contrastanti. Oltre che dagli stra-
volgimenti politici conseguenti alla prima guerra mondiale, gli anni
della sua formazione sono segnati da una duplice lotta: da un lato gli
strascichi del Kulturkampf – le restrizioni alla presenza culturale e so-
ciale della Chiesa cattolica in Germania durante l’epoca di Bismark –,
affrontati con il «tentativo di uscire dal ghetto»;2 dall’altro lato, la pole-

1 Cf. E. PRZYWARA, Che cosa è Dio? L’eccesso del suo amore, a cura di F. MANDREOLI – M.
ZANARDI con la collaborazione di M. K ÖHLER – S. BERTOCCHI, Il Pozzo di Giacobbe, Trapani
2016 (in preparazione).
2 B. GERTZ, «Erich Przywara», in La filosofia cristiana nei secoli XIX e XX, a cura di E.
CORETH – W.M. NEIDL – G. PFLIGERSDORFFER, Città Nuova, Roma 1994, 657.

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mica contro il modernismo: «era l’epoca della neo-scolastica, in cui


senza nemmeno sfiorare il principio dell’autarchia ecclesiale bisognava
essere “antimodernisti” per sé soli, con la netta sensazione di esser ob-
bligati a battersi senza quartiere contro gli altri».3 Przywara non aderi-
sce mai, in questo clima di contrapposizioni, a una precostituita scuola
di pensiero, piuttosto sviluppa autonomamente, durante la formazione
filosofica e teologica presso la Compagnia di Gesù, quello che definisce
il «metodo della sintesi immanente»:4 si tratta di «leggere con estrema
onestà qualsiasi scrittore. È un tipo di lettura scevra da scopi nascosti e
preconcetti, intesa a spiegare l’autore con l’autore, illuminando i passi
difficili con quelli facili e mirante a una interpretazione globale del
pensiero altrui».5
Nel 1955, nel testo In und Gegen (Dentro e contro), tale metodo
viene spiegato nei termini del «pro» (la benevolenza verso una teoria)
e del «contro» (la critica accurata rispetto ai suoi limiti). 6 Questo me-
todo di studio dona a Przywara «la capacità di muoversi liberamente
nella storia del pensiero occidentale senza alcuna paura», 7 in costante
dialogo con gli autori contemporanei e del passato.8 Una scelta di me-
todo in sintonia con la sua vocazione religiosa: «Scegliendo di non
condannare l’ambiente culturale nel quale operava come teologo, egli
fu un missionario, uno che cercava la profonda e primaria rivelazione
di Dio – non tra le tribù africane, ma nell’orizzonte della cultura euro-
pea».9
Il suo pensiero assume così un’apertura universale, tesa a cogliere
i principi di unità del reale e a mostrare «con una straordinaria visione
di insieme, come tutta la storia del pensiero umano [...] non sia nient’al-
tro che il tentativo di un equilibrio tra polarità (essere e divenire, uno e

3 K. RAHNER, «In lode di Erich Przywara», in I D., La grazia come libertà. Brevi saggi teo-
logici, Paoline, Roma 1970, 397.
4 Cf. E. PRZYWARA, In und Gegen. Stellungnahmen zur Zeit, Glock und Lutz, Nürnberg
1955, 29-30.
5 P. MOLTENI, Al di là degli estremi. Introduzione al pensiero di Erich Przywara, Ares, Mi-
lano 1996, 16-19.
6 Cf. GERTZ, «Erich Przywara», 661.
7 C. AVOGADRI, Erich Przywara. Sull’uomo, sul mondo e su Dio, Cittadella, Assisi 2016, 27.
8 Cf. R AHNER, «In lode di Erich Przywara», 396.
9 T.F. O’MEARA, Erich Przywara s.j. His Theology and His World, University of Notre
Dame, Notre Dame 2002, 2.

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molteplice, trascendenza e immanenza, Dio e creazione...)».10 È anche


grazie a lui, secondo le parole di Rahner, che la Chiesa cattolica

si rese conto che è pur possibile imparare qualcosa anche dalla filosofia
moderna e contemporanea, e persino dalla teologia evangelico-prote-
stante, senza esser tenuti soltanto a difendersi da esse; apprese che sol-
tanto ascoltando anche gli altri, è possibile individuare chiaramente la ve-
rità propria.11

In tale quadro si deve collocare il suo lavoro teologico che va, in


primo luogo, compreso nel suo legame con l’opera di Agostino. È un in-
teresse che nel 1934 porta alla pubblicazione del testo Augustinus. Die
Gestalt als Gefüge (Agostino. La forma come struttura),12 in cui, riper-
correndo i movimenti della filosofia europea fino alla contemporaneità,
l’autore ne ricerca i presupposti nel pensiero agostiniano. L’attualità di
questa ricerca è dovuta anche al particolare momento storico, segnato
dalla crisi della civiltà europea e dall’ascesa del nazionalsocialismo.13
Una singolare indicazione di questo si trova nell’esperienza di Sophie
Scholl, del movimento di resistenza antinazista de «La rosa bianca»,
che lesse l’opera di Przywara da cui fu introdotta alla riflessione agosti-
niana sulla fede, la libertà e la coscienza.14
Agostino, anche in relazione alla propria esperienza personale, ha
davvero esercitato una funzione di guida per il pensiero occidentale nei
passaggi epocali: colui che, con i suoi scritti, nei momenti di crisi ha
consentito di gettare uno sguardo sul mondo che doveva venire.
Przywara lo descrive come «il genio degli ultimi tempi».15
Sotto questa ispirazione – nel 1947, dopo il crollo del regime nazi-
sta e la fine della guerra – il testo Was ist Gott? Eine Summula (Cosa è
Dio? Una piccola summa) pone fin dal titolo una domanda che diven-
tava cruciale per la possibilità di rifondare un discorso sull’identità del

10 AVOGADRI, Erich Przywara, 39.


11 RAHNER, «In lode di Erich Przywara», 398.
12 E. PRZYWARA, Agostino informa l’Occidente, a cura di P. CAVASCO, Jaca Book, Milano
2007.
13 Ivi, 13.
14 Cf. F. DREWS, «“Die gedanken sind frei”. Sophie Scholl un der Kirchenvater Augusti-
nus», in www.endstationrechts. Ringraziamo per l’indicazione M. Köhler.
15 Cf. PRZYWARA, Agostino informa l’Occidente, 13.

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cristianesimo in Europa: «la questione dell’immagine di Dio». 16


Przywara l’aveva già affrontata sviluppando il concetto scolastico di
analogia entis, titolo di un suo corposo testo del 1932. Il dilemma della
somiglianza o dissomiglianza tra Dio e uomo, e di conseguenza della
possibilità di nominare Dio, veniva sciolto interpretando in modo nuovo
le categorie della scolastica: compito della teologia è quello di creare
uno «spazio» in cui la rivelazione sia posta in dialogo con la filosofia.
Evitando la ricerca di definizioni conclusive, che sarebbero «scorcia-
toie», ma riformulando sempre meglio i termini di una questione desti-
nata a rimanere aperta: proprio in questo senso nella Summula si af-
ferma che la via dell’ascesa – quella dell’ascesi, etica e intellettuale,
dell’uomo – e la via della discesa – l’incarnazione e la rivelazione di
Dio –, incontrandosi devono generare una terza via, uno «spazio» che
espande, anziché restringere, il campo della risposta.
A tali considerazioni va aggiunta la scelta compiuta da Przywara
alla fine degli anni Trenta di allargare il suo campo d’interesse dalla fi-
losofia della religione ai temi dell’esistenza cristiana. Qui l’ispirazione
ignaziana emerge in Deus semper maior. Teologia degli esercizi (1938)
e, alcuni anni più tardi, nelle Quattro prediche sull’Occidente (1948), in
cui sostiene la necessità di una teologia fondata:

nel processo dell’umana vita temporale in cui Cristo vede continuata la


sua esistenza [...]. Una teologia di tal genere pone il suo accento sul-
l’uomo. Teologia viene a essere una comprensione della particolare e più
profonda eidos umana, quale si fa palese nell’incarnazione di Dio. Teolo-
gia è allora, essenzialmente, «eidetica dell’uomo».17

Quello «spazio» in cui metafisica e rivelazione si incontrano per di-


scutere la domanda su Dio viene così trasformato dal modo in cui la ri-
velazione pone la domanda sull’uomo: per ragionare su «cosa è Dio»,
bisogna chiedersi quale «immagine» abbia l’uomo redento in Cristo e
nella Chiesa.
Was ist Gott? si colloca proprio in questo snodo, preludendo a ciò
che Przywara esprimerà nel 1952 con Humanitas. L’uomo ieri e do-

16 Cf. Ivi, 27.


17 E. PRZYWARA, Filosofia e teologia dell’Occidente, Città Nuova, Roma 1970, 46.

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mani:18 negli anni della ricostruzione dopo il conflitto mondiale, il suo


metodo vuole ricercare il «carattere teologico» della storia,19 mettendo
in luce mediante le categorie di «polarità» e di «utopia» sia la struttura
profonda che le finalità proprie della cultura occidentale.20
Questo percorso su «cosa è Dio» – in parte trattato teologico e in
parte testo di riflessione spirituale – porta Przywara a considerare con
uno sguardo d’insieme il problema teo-logico, cristo-logico, ecclesio-lo-
gico e antropo-logico. In questo senso, Was ist Gott? è la testimonianza
di un teologo che vuole contribuire alla ricerca di un’identità davvero
cristiana all’interno del contesto europeo in anni di crisi e svolte epo-
cali. Egli stesso afferma nella prefazione: «questa Summula appartiene
alla memoria [...] della vecchia Monaco, ma ugualmente fa parte di un
“futuro da scoprire” (verhangene Zukunft)».

2. Un’introduzione a Was ist Gott?

2.1. La questione teo-logica

In un primo capitolo l’autore affronta direttamente il tema dell’i-


dentità divina. La trattazione si articola in otto passaggi di cui i primi
sei sono caratterizzati come tappe tra loro successive mentre il settimo
e l’ottavo sono descrizioni sintetiche delle teologie e dello spirito com-
plessivo che sottende i passaggi precedenti. Questo schema viene ri-
preso anche negli altri capitoli del testo.
In un primo passaggio si tratta della possibilità filosofica e storica
di riconoscere la presenza di Dio nella natura, nella profondità dell’es-
sere umano e nell’esperienza della grandezza del cosmo. Si rintraccia
così una qualità divina nella natura, nell’uomo e nel cosmo. In un se-
condo passaggio si sviluppano queste considerazioni in termini dialet-
tici e si osserva che Dio, in quanto assoluto, si configura anche come il
limite della natura, dell’uomo e del cosmo che in relazione a lui si ma-

18 Cf. MOLTENI, Al di là degli estremi, 19.


19 Cf. V. M ATHIEU, «Erich Przywara nella filosofia d’oggi», in E. PRZYWARA, L’uomo. An-
tropologia tipologica, a cura di V. MATHIEU, Fabbri, Milano 1968, 4.
20 Cf. E. PRZYWARA, L’idea d’Europa. La crisi di ogni politica cristiana, a cura di F. MAN-
DREOLI – J.L. N ARVAJA , Il Pozzo di Giacobbe, Trapani 2013.

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nifestano nella loro come realtà finite e transitorie. In tal momento «Dio
appare come la misura davanti a cui nessuno è all’altezza e davanti a
cui tutto ciò che è creaturale si frantuma».21 In un terzo passaggio si svi-
luppa la considerazione precedente e si rinviene in Dio non solo il li-
mite della realtà creata, ma il suo ideale trascendente. In tale prospet-
tiva «Dio è la pura verità, la pura bontà, la pura bellezza, e, da ultimo,
il puro essere».22
In un quarto momento si tratta non più di Dio come qualità, limite
o ideale della creatura, ma come il Dio vivente di cui parla la Scrittura,
un Dio inafferabile e nel contempo profondamente prossimo all’uomo.
Si accede così alla quinta tappa della riflessione in cui, con un vo-
cabolario a volte difficile che necessita di un’adeguata ermeneutica, si
tratta della passionalità di Dio che talora nella Bibbia viene descritta
come ira e gelosia e visualizzata attraverso l’immagine di Dio come
fuoco divoratore. Przywara, che evidentemente non teme di utilizzare
queste espressioni, le interpreta tutte nel senso dell’amore di Dio che
ama la creatura in maniera radicale e appassionata. All’interno di tale
descrizione egli propone una riflessione sul fatto che: «Dio vuole mo-
strarsi a noi anche come il Dio muto, il Dio silente, il Dio completamente
ammutolito, del tutto scomparso».23 La passione di Dio per l’uomo non
significa dunque un occupare tutti gli spazi, ma comprende anche una
sorta di ammutolimento e scomparsa. Si tratta del silenzio prima della
creazione, del silenzio in preparazione all’incarnazione, del silenzio
dopo il ritorno in cielo del Signore e dell’attesa di cieli e terra nuovi.
Non si tratta solo di un silenzio attivo del Dio che tace, ma anche di un
silenzio passivo: Dio che è fatto tacere in quanto si trova scacciato dal
mondo, dalla storia umana e anche dalla storia dei cristiani e del cri-
stianesimo. La storia è innervata anche da quel rifiuto della verità e del-
l’amore che mette a tacere Dio, i poveri e quel povero che è Gesù di Na-
zaret.24 Proprio in questo mistero di silenzio e rifiuto si trova, in ultima
analisi, il vero senso del suo essere fuoco divoratore, nel senso di amore
che non viene meno e regge – con la pasqua di Gesù – il peso del rifiuto
e dell’odio umano.

21 PRZYWARA, Che cosa è Dio?, I, I.


22 Ivi, I, III.
23 Ivi, I, V.
24 Cf. Gv 12,1-11.

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Si capisce così il sesto passaggio in cui l’autore, sulla scorta di al-


cuni testi della Seconda lettera ai Corinzi e di Agostino, descrive Dio
come eccesso. Si tratta dell’esperienza della sovrabbondante vitalità e
salvezza di Dio che sgorga nel bel mezzo della morte, del silenzio e del-
l’abbandono.
In un settimo passaggio Przywara mostra come quanto preceden-
temente descritto configuri una serie di discorsi teologici che egli deli-
nea con espressioni che presto divengono familiari al lettore dell’opera:
theologia directa positiva, theologia indirecta dialectica, theologia ne-
gativa, theologia eminentiae, theologia excessus.
Theologia directa positiva intesa come un discorso su Dio che parte
direttamente dalla creazione e rileva le relazioni e correlazioni esistenti
tra Dio e la sua creazione. Questo discorso incontra, però, profonde con-
traddizioni come quelle tra immanenza e trascendenza di Dio, tra la sua
presenza nel mondo e il suo lasciar libero il mondo, tra il suo essere as-
soluto e il suo essere personale, tra la sua giustizia e la sua misericor-
dia, tra il suo essere intimo all’uomo e il suo lasciare all’uomo la più am-
pia libertà. Attraverso queste contraddizioni la teologia diviene theolo-
gia indirecta dialectica che mostrando l’ampiezza della non conoscenza
del mistero di Dio apre la strada alla theologia negativa intesa nel senso
di Agostino, che afferma che nel processo del conoscere Dio si possa
dire soltanto «quel che Dio non è». In questo «no» si ha la possibilità di
una teologia che va al di là di se stessa e diviene quindi theologia emi-
nentiae e poi theologia excessus. L’autore afferma che bisogna «attra-
versare la contraddizione apparente ed entrare nell’apparente “No”,
per diventare soltanto così teologia del vero e reale essere-di-Dio: Dio
“al di sopra di tutto ciò che di Lui può essere pensato o detto”».25 Que-
sta ulteriorità ed eccesso è, in definitiva, la dismisura del suo amore che
attraversa dall’interno la tenebra, la negazione e la morte. Con uno
schematismo che diviene anch’esso consueto per il lettore, si dedica
l’ultima sezione – l’ottava – del capitolo a una serie di affermazioni, a
volte decisamente ellittiche, dello Pseudo-Dionigi, di Agostino e di pas-
saggi del Vangelo. Le citazioni dello Pseudo-Dionigi sottolineano il
tema della luce oscura o della tenebra luminosa attraverso l’immagine
della caligine divina, quelle di Agostino riprendono la tematica della ri-

25 PRZYWARA, Che cosa è Dio?, I, VII.

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cerca continua di Dio, quelle del Vangelo fanno riferimento alla logica
paradossale ed evangelica del perdere per trovare, dell’uscire dal pro-
prio sé chiuso per incontrare il mistero di Dio che abita in maniera
profonda in ogni uomo, dell’esporsi donando la propria vita per ritro-
varla salvata e redenta.

2.2. La cristo-logia

Nel secondo capitolo l’autore passa da considerazioni teo-logiche


a considerazioni di natura cristo-logica. In chiave introduttiva scrive
della rivelazione diretta di Dio in Gesù Cristo a partire dal versetto di
Gv 1,18 («Dio nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio, ed
è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato») in cui commenta le varie
possibilità di traduzione del verbo greco exēgēsato mostrando la forza
di rivelazione di Gesù e della sua storia: «la vita umana di Gesù Cristo
è il lento svelamento di questo Dio».26 In Gesù messia è rivelato il Dio
trinitario: Padre e Figlio nell’unità dello Spirito Santo. Nella storia di
Gesù vi è una forza di rivelazione e di generazione che viene parteci-
pata anche alla Chiesa dei credenti chiamata ad annunciare e a gene-
rare con il battesimo figli di Dio.
Per Przywara si tratta quindi di leggere l’identità di Gesù come im-
magine del Dio invisibile attraverso una serie di tappe che sono poste
in parallelismo con le tappe omologhe del primo capitolo.
In un primo passaggio, intitolato Dio-creatura, si tratta della per-
sona e della vicenda di Gesù come rivelazione creaturale e visibile:
«Dio appare non solo in una creatura, ma come una creatura. Dio ap-
pare non come qualità di una creatura, bensì come sua personalità. Dio
non solo è, in Cristo, Dio-Uomo, bensì Uomo-Dio».27
In un secondo passaggio si sviluppa l’essere limitato di Dio ossia
«il mistero di Dio in Cristo il modo con cui egli, che è la pienezza illi-
mitata e infinita, ponga un limite a se stesso, delimitandosi nei limiti
della creatura».28 È in altri termini il mistero della singolarità storica e
geografica di Gesù: «Dio è in Cristo presenza visibile non in un homo

26 Ivi, II, I.
27 Ivi, II, II.
28 Ivi, II, IV.

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universalis [...] bensì in questo Cristo, come presenza visibile del Dio
infinito, che è, in maniera finita, delimitato in ogni senso».29 Il limite
umano e creaturale diviene una categoria assunta nell’incarnazione e
nella intera vita di Gesù.
In un terzo passaggio si mostra come tale via è anche la rivela-
zione, paradossale, di quanto è ideale. Infatti «in Cristo, il Dio – che è
l’essere uno e ideale – viene annunciato come il vero e reale accordo
del vero, del buono e del bello. Ma proprio questo Dio, inteso come il
compimento del sogno dell’ideale, appare in Cristo in nessun altro
modo che in una forma concretamente finita».30 Qui si ha un capovol-
gimento radicale ossia la rivelazione dell’ideale bellezza, bontà e verità
nella vicenda limitata, corporea, storica di Gesù di Nazaret. In altri ter-
mini «il puro ideale essere di Dio è manifesto solamente come il con-
creto e corporeo essere dell’uomo Gesù».31
Nel quarto livello – l’uomo come Dio vivente – si descrive come il
mistero della debordante vita divina si rivela e si comunica in Gesù:
«L’inafferrabile sovranità di Dio [...] l’abisso del fondamento divino [...]
proprio questo mistero, che solo in Cristo è rivelato, appare in Cristo so-
lamente come vitalità umana».32 È all’interno di questo tipo di com-
prensione progressiva che, in un quinto passaggio,

il Dio che ci appariva come contraddittorio, in (apparente) contraddizione


con le sue stesse caratteristiche e i suoi modi di agire, appare in Cristo
come eccesso di tale contraddizione: proprio in tal senso Cristo «è posto
come segno di contraddizione» e «pietra d’inciampo» e «stoltezza» come
«oltraggio e scandalo».33

Si tratta di una paradossale sovranità di Dio che si rivela nella con-


traddizione di «un misero Signore»34 crocifisso: sulla scorta del secondo
capitolo di Filippesi Przywara individua proprio nella croce di Gesù la
manifestazione di quella contraddizione per cui Dio non risulta solo li-
mitato, ma letteralmente svuotato. Dio in Cristo, che è e possiede la

29 Ivi, II, III.


30 Ivi, II, IV.
31 Ib.
32 Ivi, II, V.
33 Ivi, II, VI.
34 Ib.

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piena sovranità dell’essere e dell’universo, si manifesta – in maniera in-


superabile – come colui che mendica l’aiuto e l’amore della creatura. Si
tratta della dottrina per cui nella croce di Gesù vi è una sorta di scam-
bio per il quale: «colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece
peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia
di Dio».35 Si pone così, in termini paolini, il fondamento del mistero e
del ministero della riconciliazione tra gli uomini e Dio e quindi della ri-
conciliazione universale.36 La più piena manifestazione di Dio avviene
dunque in maniera dialettica e, apparentemente, contraddittoria:

Dio, come maestà, santità, beatitudine [...] appare in Cristo come il Dio
che perfettamente tace, che soccombe radicalmente, come il Dio comple-
tamente estinto, come il Dio perfettamente svuotato, come il Dio vera-
mente sepolto, come il Dio del tutto dimenticato e questo avviene nella te-
nebra del silenzio più inconcepibile che questa terra conosca: il silenzio
del perfetto svuotamento di Dio. Questa è la manifestazione del Dio tri-
personale.37

È secondo questa dinamica che si manifesta – in un ulteriore pas-


saggio – l’excessus dell’amore di Dio nella pasqua di morte e risurre-
zione del Cristo. Afferma l’autore: «Questo è nel senso più proprio Deus
excessus, il Dio dell’eccesso. Il Dio che sopra ogni idea [...] è il Dio sem-
pre più grande. Questo Dio [...] appare qui nella vittoria pasquale dello
scandalo e della pazzia di quel mendicante, di quell’agnello di Dio e di
quella maledizione che è Gesù Cristo stesso».38
Utilizzando il medesimo schema di lettura del primo capitolo, nel
secondo capitolo cristo-logico si ripercorrono le tappe proposte eviden-
ziando come esse corrispondono a cinque tappe del pensare teologico:
dapprima una christologia directa positiva o lucis, in cui l’esistenza di
Gesù è letta come trasparenza luminosa della vita di Dio. Questa tra-
sparenza diviene poi christologia indirecta dialectica o tenebrarum in
cui «questa croce dell’incrociarsi [...] delle contraddizioni è interamente
la croce di Cristo come la croce che è radice di ogni croce: Dio l’onni-
potente, in Cristo è impotente; Dio l’onnisciente, in Cristo è pazzia; Dio

35 2Cor 5,21.
36 Cf. 2Cor 5,11-6,2.
37 PRZYWARA, Che cosa è Dio?, II, VI.
38 Ivi, II, VII.

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il santissimo, in Cristo è la lebbra del peccato». Questo processo dà


forma a una vera e propria christologia negativa: «“Dio, che nessuno ha
mai visto”, è visibile con certezza nel volto di Gesù Cristo, ma proprio
per questo si visualizza in ultimo nel mistero della croce quel che Dio è:
cioè colui “di cui posso dire soltanto quel che non è”».39
Tale tensione si risolve nella logica degli eventi della pasqua, dove
la vita scaturisce dall’amore che si offre fino alla morte di croce, in una
christologia eminentiae e in una christologia excessus: «Dio è la luce
eccellente ed eccedente, in quanto egli balugina in Cristo come luce
pasquale nell’oscurità del venerdì santo. Dio è la vita eccellente ed ec-
cedente, siccome egli si risveglia [...] in Cristo come resurrezione pa-
squale dalla morte del venerdì santo».40
Il capitolo secondo si conclude con una composizione di brevi rife-
rimenti allo Pseudo-Dionigi, che riprendono le immagini della nube lu-
minosa, ad Agostino, che vanno nel senso del cercare per trovare il Cri-
sto nel nascondimento di Dio, e infine al Vangelo e al Nuovo Testa-
mento con il tema del perdere per guadagnare, della vita nascosta con
Cristo in Dio e infine della logica – quella dello scambio salvifico – sot-
tesa a un’autentica comprensione di quello che avviene nella pasqua di
Gesù.

2.3. La questione ecclesio-logica

Il punto di partenza di questo capitolo è la Chiesa come corpo di


Dio in Cristo. Dalla comprensione della Chiesa come luogo della pre-
senza e della incontrabilità della rivelazione di Dio in Cristo nell’oggi,
l’autore deriva una serie di considerazioni sulla presenza della Chiesa
nella storia e sulla rilevanza dei suoi processi di discernimento e scelta.
A questo egli connette alcune considerazioni inerenti la struttura eccle-
siologica e in particolare riflette su coloro che hanno la responsabilità
ultima di tali discernimenti e scelte. Si concentra in maniera specifica
sul rapporto episcopato-vescovo di Roma. Was ist Gott? venne pubbli-
cato nel 1947 e risulta così ovvio che tali considerazioni siano svolte con
un linguaggio precedente il Vaticano II. Nondimeno l’autore desidera:

39 Ivi, II, VIII.


40 Ib.

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a) mostrare come la tradizione cattolica abbia numerosi strumenti per


mantenere un equilibrio tra ruolo dei vescovi e ruolo del papa; b) sotto-
lineare come l’equilibrio raggiunto, negli anni di redazione dell’opera,
risulti sbilanciato sulla centralità del papa; c) suggerire la necessità di
un possibile cambiamento.
La trattazione segue lo schema consueto iniziando dal Dio univer-
sale in quanto Chiesa universale. Si tratta qui de «il Padre, il Figlio, lo
Spirito Santo sono presenti nel Cristo che è presente nell’attuale
Chiesa, debole nel peccato, che, però, in tutte queste sue debolezze le-
gate al peccato è Chiesa santa: presenza del corpo, pienezza e gloria
della, tre volte santa, tri-personalità di Dio».41 In questa prima sezione
egli rimarca sia la debolezza della Chiesa e dei suoi membri sia la sua
effettiva rappresentatività teologica. Per parlare di questo si utilizza il
linguaggio di origini patristiche sulla Chiesa intesa come corpo trinita-
rio: «la Chiesa significa, con le parole di Tertulliano, “corpus Trinitatis”,
corpo del Dio tri-personale e perciò sua presenza corporea nel mondo
corporeo».42 Lo sviluppo di tale analogia produce considerazioni inte-
ressanti tra cui emerge la funzione, al contempo, paterna e materna
della Chiesa che, in relazione all’azione storico salvifica del Dio trinita-
rio, ha un’autorevolezza specifica, una inesauribile capacità generativa
e una debordante possibilità di inspirazione e irraggiamento.
Queste considerazioni si sviluppano in una sezione ulteriore il cui
titolo suona eloquente Dio delimitato nella Chiesa che si trasforma nel
tempo. Si cerca qui di mostrare come la qualità della rappresentanza
teologica della Chiesa implichi non solo l’universalità, ma anche la sua
limitatezza e dimensione locale, proprio in ragione delle strutture di
fondo dell’economia cristiana:

Essa è veramente Chiesa universale, ma appare come tale, ogni volta,


solo in una forma delimitata: Dio che è il limite della creatura, Cristo che
è il limite, fatto uomo, della creatura, la Chiesa come corpo e pienezza di
questo limite divino-umano della creatura, in tutto questo, appunto, si
mostra [...] la logica della rivelazione che avviene in una creatura auto-
delimitatasi.43

41 Ivi, III, II.


42 Ib.
43 Ivi, III, III.

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Fabrizio Mandreoli e Michele Zanardi, Il percorso del pensiero di Erich Przywara a partire da Was ist Gott?

Tale riflessione è rilevante perché mostra come di volta in volta la


Chiesa si dà – per ragioni cronologiche, geografiche, culturali, antropo-
logiche, politiche e spirituali – forme storiche specifiche, che però non
possono mai essere assolutizzate. Se avvenisse l’esclusione della possi-
bilità di trasformazione tramite un processo di cristallizzazione di una
forma delimitata storicamente, assunta a paradigma assoluto, avver-
rebbe una sclerotizzazione della forza viva che anima tutta la vita della
Chiesa e questo significherebbe voler fermare la storia e l’azione dello
Spirito in essa.
Un ulteriore passaggio affronta la categoria dell’ideale e riguarda
l’idealità di Dio nella Chiesa istituzionale. Qui «il Dio tri-personale è
eterna verità, bontà, bellezza, e Cristo è la visibilità di questo Dio invi-
sibilmente tri-personale, il quale è verità, bontà, bellezza. Così la
Chiesa, che è corpus Trinitatis come corpus Christi, è apparizione vera-
mente incorporata e presenza dell’unico ideale della creatura ossia
della verità, bontà, bellezza qui e ora».44 Questo avviene in una Chiesa
che ha una strutturale dimensione visibile e istituzionale con un proprio
compito storico.
Questo, in un ulteriore sviluppo, evidenzia il problema di cosa si-
gnifichi il Dio vivente nella Chiesa vivente. Si tratta, in altri termini,
della rappresentanza teologica della Chiesa che è anche istituzione ter-
rena governata da alcuni suoi membri. Il discorso si fa ellittico, ma con-
tiene intuizioni importanti. Afferma Przywara:

la Chiesa è questa vitalità sovrana come rappresentante della vitalità


umana di Cristo. Lo è perciò come presenza corporale di Cristo, nel modo
[...] del tutto umano [...] con cui egli è il Cristo vivente: il maestro per i di-
scepoli che sono uomini, il pastore per un gregge di uomini, l’amico per
gli amici, lo sposo per una sposa, il fratello per i fratelli. È la piena uma-
nità di una Chiesa che ammaestra, che pasce, che si fa amica, che celebra
le nozze; in una Chiesa come famiglia: ossia Chiesa docente, Chiesa reg-
gente, Chiesa sacramentale, Chiesa della comunione dei santi.45

Questa vitalità e rappresentatività si esplica simbolicamente e con-


cretamente attraverso alcuni suoi membri che non dovrebbero apparte-

44 Ivi, III, IV.


45 Ivi, III, V.

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nere né a una casta, né a un popolo specifico, né a una determinata tra-


dizione e cultura cristiana in quanto il fondamento della vita di ogni cri-
stiano è il battesimo e il fondamento dell’autorevolezza ecclesiale è la
grazia del sacramento dell’ordine. È il dono immeritato di Dio la base
permanente della vita e dell’autorevolezza ecclesiale. A questo punto si
colloca il tema della contraddizione: Dio contraddizione nella Chiesa
con-contraddizione. La descrizione è precisa e plastica:

Come corpo del Dio tri-personale la Chiesa è corpo del Dio che redime,
nel quale essa è, come corpo di Cristo, corpo del redentore crocifisso. Così
essa è il corpo che condivide anche l’intero mistero della croce. Essa è la
sposa con-crocifissa, il corpo con-crocifisso, la pienezza con-crocifissa del
crocifisso. Essa è il corpo della Trinitas in cruce.46

Da un lato condivide l’annullamento divino nella croce di Cristo e


quindi lo stesso destino di emarginazione, abiezione, mendicità. Dal-
l’altro lei stessa «si riconosce e confessa proprio nel venerdì santo il mi-
stero per cui il Signore viene sempre nuovamente crocifisso dal popolo
della sua Chiesa e nella sua Chiesa».47 Vi è, dunque, una contraddi-
zione sponsale della Chiesa che condivide il medesimo destino del suo
Signore e sposo e vi è anche una contraddizione della sposa infedele
che tradisce il suo Signore.
È qui che si inserisce l’ulteriore passaggio riguardante Dio eccesso
in quanto Chiesa eccesso: nella contraddizione completa del rinnega-
mento degli uomini, del suo popolo e anche della Chiesa si manifesta,
infatti, l’eccesso della capacità riconciliante di Dio. In questa sezione al-
cune citazioni della Lettera ai Romani suonano cruciali: tutti sono infatti
racchiusi nella disobbedienza perché a tutti, ebrei e gentili, venga
usata misericordia.48 Si tratta dell’eccesso dell’amore e della grazia che
scaturisce dalla pasqua – e quindi dall’eucaristia49 – con la sua capacità
inesauribile di riconciliazione con Dio e tra gli uomini.

46 Ivi, III, VI.


47 Ib.
48 Cf. Rm 11,32.
49 Sviluppi interessanti di questo in F. MUSSNER, «”Das Wesen des Christentums ist
συνεσθίειν”. Ein authentischer Kommentar», in H. R OSSMANN – J. R ATZINGER (a cura di), My-
sterium der Gnade. Festschrift für J. Auer, Pustet, Regensburg 1975, 92-102.

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Fabrizio Mandreoli e Michele Zanardi, Il percorso del pensiero di Erich Przywara a partire da Was ist Gott?

Con il solito schematismo si ricostruisce l’itinerario compiuto nel


capitolo attraverso una serie di categorie: si ha dapprima

la theologia directa positiva, cioè teologia che parla di Dio in maniera di-
retta e affermativa esprimendosi attraverso l’immediata immagine della
creatura, diviene del tutto concreta come ecclesiologia directa positiva,
cioè come ecclesiologia in cui Dio appare completamente come creatura:
[...] in una creaturalità che possiede una differenza rispetto a quella del
Cristo, il capo del corpo: si tratta infatti di una creaturalità molteplice
nello spazio e nel tempo, che si trasforma lungo lo spazio e il tempo, che
risplende nella storia attraversando lo spazio e il tempo. [...] Risulta chiara
la concreta corrispondenza di una theologia indirecta dialectica con una
ecclesiologia indirecta dialectica. Il Dio che si mostra tra contraddizioni
apparentemente inconciliabili, e infine nella contraddizione della sua ma-
nifestazione che apporta salvezza e grazia, tale Dio, la cui apparizione av-
viene in Cristo nella croce [...]: lì egli è reso visibile e presente nella croce
della Chiesa e nella Chiesa come croce.50

Si ha così quella che l’autore definisce «una ecclesiologia tenebra-


rum: una “Chiesa oscurata” che, tuttavia, per la forza della croce non
giunge con ciò a confutare se stessa, ma si conferma in modo più au-
tentico».51
A questo punto un ulteriore passaggio è possibile:

L’ecclesiologia indirecta dialectica sfocia qui nella complementarietà e re-


ciprocità di un’ecclesiologia negativa e [poi] di una ecclesiologia eminen-
tiae et excessus. [...] la Chiesa del «niente» di Cristo sulla croce è resa vi-
sibile e presente nel «niente» della tenebra, in maniera tale che essa esi-
ste, ogni volta, nel gioco, scandaloso e folle, dei suoi contrasti e, anche qui
ogni volta, si oltrepassa passando da questo «niente» dell’oscurità al
«niente» di un «oltre» e «sovra» – Über – che risorge.52

Con un linguaggio che si fa via via più difficile egli afferma l’emi-
nentia della Chiesa che nasce continuamente nello Spirito dalla croce e
l’eccesso dell’amore di Dio che in questo si manifesta: «nella Chiesa
tutta la tenebra e il vuoto del nulla creaturale, attraverso tutti i popoli e

50 PRZYWARA, Che cosa è Dio?, III, VIII.


51 Ib.
52 Ib.

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i millenni, è divenuto – e diviene – corpo, abbondanza e gloria di Dio


sulla croce [...]. L’eccesso della Chiesa si trova solo in questo mistero che
è l’eccesso di Dio nel suo essere pienamente presente nella storia».53
Nella conclusione del terzo capitolo alcuni brevi frammenti dello
Pseudo-Dionigi, di Agostino e del Vangelo sono riletti ecclesiologica-
mente e servono per delineare lo spirito complessivo della sua rifles-
sione. Rispettivamente Dio si rivela – secondo l’espressione dionisiana –
tenebra luminosissima nella vicenda e realtà ecclesiale: «Dio è, nel mi-
stero della tenebra rischiarata della Chiesa, tenebra attraverso la so-
vrabbondanza della sua luce. Dio è, nel mistero della morte vivente della
Chiesa, morte attraverso la sovrabbondanza della sua vita».54 Questa

è ecclesiologia dal profondo del Vangelo: [...] la «forma di carne del Capo
e Corpo dell’unico Cristo» che è presente nel crocifisso e questo in una
maniera così intensa che si tratta di quel «sopra» e «oltre» – Über – di
«Dio che ci fa partecipare al suo trionfo in Cristo», noi che, in quanto
Chiesa, siamo il suo corpo «nascosto con Cristo in Dio».55

2.4. L’antropo-logia

In un quarto capitolo Przywara affronta uno dei temi che gli stanno
a cuore: l’uomo.56 Il punto di partenza viene individuato nel legame teo-
logico tra discesa divina e compimento dell’umanità. Infatti si afferma
che:

il mistero di Dio in Cristo nella Chiesa è essenzialmente mistero di una di-


scesa [...]. Questa via della discesa di Dio è non soltanto rivelazione, bensì
redenzione, e in ciò confutazione e risposta adeguata a quella via pecca-
minosa dell’ascesa che avvenne quando l’uomo – ossia Adamo ed Eva –
che si macchiò del peccato originale, volle l’assoluta ascesa.57

In termini agostiniani: «il peccato originale e il peccato dell’uomo


non sono altro che questo non sapersi accettare come uomo», quindi «la

53 Ib.
54 Ivi, III, IX.
55 Ib.
56 Cf. PRZYWARA, L’uomo. Antropologia tipologica.
57 PRZYWARA, Che cosa è Dio?, IV, I.

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Fabrizio Mandreoli e Michele Zanardi, Il percorso del pensiero di Erich Przywara a partire da Was ist Gott?

redenzione dal peccato originale e dal peccato, come lo è Dio in Cristo


nella Chiesa, afferma pertanto che “Dio si fa uomo, affinché l’uomo ac-
cetti di voler essere uomo”».58 La discesa assoluta di Dio si compie in
Cristo per fare ascendere l’uomo per puro dono e grazia: l’umanizza-
zione di Dio in Cristo ha come finalità di rendere l’uomo più uomo, per
cui ogni rivolta dell’uomo contro Dio per essere come Dio59 è, per il no-
stro autore, previamente accolta e superata dall’eccesso dell’amore di
Dio rivelato definitivamente in Cristo.60
Tale cammino viene ripercorso in una serie di tappe di cui la prima
tratta dell’umanesimo di Goethe realizzato nell’umanità di Dio:

La via dell’ascesa della creatura a Dio – fino all’estremo peccaminoso del-


l’essere «come Dio» – è redenta dalla via della discesa di Dio nelle crea-
ture – fino all’estremo di un «Dio quale nulla» –, ma entrambe le vie con-
fluiscono appunto in un’unica via dell’inabitazione piena: inabitazione di
Dio nell’uomo e dell’uomo attraverso Dio.61

Queste premesse significano che: «Dio non ha ora altra abitazione


che l’uomo, e l’interiorità ultima dell’uomo e il suo io vero non hanno
altro fondamento che Dio»62 e soprattutto che:

d’ora in poi ogni cammino religioso sarà non più cammino per distanziarsi
sempre più dalla terra [...] sempre più dall’uomo, ma sarà l’opposto: in
Dio, che divenne terra, sarà un cammino sempre più dentro la terra; in
Dio, che divenne mondo, sempre più dentro il mondo; in Dio, che divenne
vita, sempre più dentro la vita.63

In tal senso il desiderio umanistico si compie paradossalmente


nella vicenda di Gesù. Infatti l’umanesimo «tenta di modellare un’im-
magine anticristiana dell’uomo, che tuttavia fin dal principio contiene
Cristo – einverchristlicht»,64 si tratta de:

58 Ib.
59 Gen 3,5.
60 Cf. E. PRZYWARA, Umiltà, pazienza e amore, a cura di G. R UGGIERI, Queriniana, Brescia
1968, 9-20.
61 PRZYWARA, Che cosa è Dio?, IV, II.
62 Ib.
63 Ib.
64 Ib.

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l’uomo formato, [...] l’uomo bello per definizione; questo umanesimo vor-
rebbe essere protesta [...] contro un dio [...] che in quanto crocifisso ap-
pare come scherno e umiliazione di quanto c’è di bello nell’uomo. Ma, a
ben vedere, ogni positivo messaggio di un «puro uomo», che questo uma-
nesimo vorrebbe [...] è soltanto riflesso e risonanza dell’autentico mes-
saggio cristiano: «è apparsa l’umanità di Dio».65

In un secondo livello si tratta de il criticismo (di Kant) realizzato


nel «Dio-Cristo limitato». Egli, riprendendo l’idea di un movimento del-
l’uomo che vorrebbe orgogliosamente superare i propri limiti e di un
correlativo movimento di discesa divina che invece entra per amore nei
limiti e nella mortalità dell’uomo, mostra come alla superbia dell’uomo
corrisponda l’umiltà di Dio. Quindi: «Noi possiamo essere umanamente
umili nel nome di Dio».66 Ed è in tale contrasto che viene superata, nel
pensiero di Przywara, non solo l’opzione di Goethe ma anche quella di
Kant per il quale si ha un

uomo nella sua (disillusa) finitezza, [...] nei suoi (semplicemente auto-im-
posti) limiti, [...] nella sua (severamente e silenziosamente rassegnata)
transitorietà. Con questi tratti il criticismo vorrebbe essere protesta contro
l’«entusiasmo» di un mondo divinizzato al di fuori e al di sopra di questa
finitezza, limitatezza e transitorietà.67

Ma questo movimento è sin dall’inizio accolto e avvolto dal mistero


dell’umiltà di Dio in Cristo che attraversa e fa dimora in ogni limite e fi-
nitezza.
Dopo lo sviluppo del tema del compimento e quello del limite, si
giunge all’idealismo. Il percorso è simile:

la creatura, nel peccato originale, voleva essere essa stessa, in via diretta,
il «come Dio» di tale verità, bontà e bellezza ideale, Dio – che come Dio
tri-personale è per sua natura questa verità, bontà e bellezza ideale – ap-
pare egli stesso, in risposta a tutto ciò, con il suo divenire uomo, ossia
realtà finita, limitata e transitoria come la realtà di questa verità, bontà,
bellezza.68

65 Ib.
66 Ivi, IV, III.
67 Ib.
68 Ivi, IV, IV.

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Fabrizio Mandreoli e Michele Zanardi, Il percorso del pensiero di Erich Przywara a partire da Was ist Gott?

Anche in rapporto all’ideale che anima la vita dell’uomo si può rin-


tracciare: «un’immagine anticristiana dell’uomo che tuttavia sin dal
principio contiene Cristo: si ha qui l’immagine dell’uomo come l’ha vi-
sta e la vede un idealismo dinamico, come, classicamente, la si trova in
Platone ed Aristotele».69

Questo idealismo dinamico vorrebbe essere protesta contro un Dio [...] che
appare, in quanto crocifisso, come scherno di ogni idealità, come per la «sa-
pienza dei greci» la croce è «follia». Ma ogni messaggio positivo di un in-
finito ricercare, lottare e dare forma, che questo idealismo ha voluto e vuole
proclamare, è solo riflesso [...] della [...] «decisione della volontà di Dio»: di
collocare l’uomo, il mondo e tutto fin da principio in riferimento all’ideale
di Cristo, che è la presenza della verità, della bontà e della bellezza.

Non solo la tensione verso l’ideale non è, in definitiva, rivolta con-


tro il Cristo, ma è in lui dall’origine accolta e abbracciata in maniera
tale che tale tensione «non solo diventi in Cristo un ideale per un lot-
tare e un agire infinito, ma piuttosto perché Cristo stesso sia presente
nel soffiare e nell’ardere dello Spirito Santo che muove l’inesauribile
impulso, spinta e inquietudine di questa ricerca infinita».70
In un penultimo passaggio si tratta del compimento in Cristo del-
l’attualismo radicale di Lutero, vitale di Goethe e spirituale di Kierke-
gaard in Gesù Cristo. Egli ravvede anche per l’attualismo la volontà di
rappresentare – in chiave apparentemente anticristiana e anticattolica
– «un’immagine dell’uomo che tuttavia sin dal principio contiene Cri-
sto».71 L’attualismo porta avanti un’istanza giusta, si tratta de: «l’uomo
nel lampo dell’attimo, l’uomo nella pienezza splendente dell’attimo,
l’uomo nell’incontro e nella lacerazione dell’attimo [...] protesta contro
un Dio nel quale questo attimo appare come crocifisso e sepolto in una
chiesa statica».72 Ma tale protesta non è, a ben vedere, estranea al dato
originario cristiano, infatti:

ogni messaggio positivo di un attimo, che si accende improvvisamente,


che è completo in sé e che si rivela con impeto [...] è solo riflesso [...] della

69 Ib.
70 Ib.
71 Ivi, IV, V.
72 Ib.

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«decisione della volontà di Dio»: di radunare cielo e terra nell’unità del


Cristo, che è, nella stessa vita divina, l’atto della parola che risuona e
della luce che irradia e, dentro il mondo, atto [...] del compimento me-
diante lo Spirito Santo, che nella vita divina coincide ancor più con quel-
l’atto per cui lo Spirito soffia senza poter sapere da dove viene e senza sa-
pere dove va. In tal modo quell’attimo dell’uomo che si accende, splende
e prorompe è fin dal principio generato in Cristo dal Padre, formato dal
Figlio, ispirato dallo Spirito Santo come attimo che, in maniera divina e
umana e in modo più intenso si accende.73

In un ultimo passaggio si ha La dialettica di Lutero, Schopenhauer,


Nietzsche e Bakunin che si compie nella dialettica di morte e risurre-
zione. Qui, partendo dalla questione dell’attualismo, si pone la do-
manda inerente la dialettica presente nella vita dell’uomo e nel cristia-
nesimo. Per cui il movimento distorto dell’uomo che si muove in dire-
zione o tragica o estatica verso Dio è incontrato dal movimento appa-
rentemente contraddittorio della discesa di Dio che si compie nella glo-
ria della croce. Qui il testo che descrive il modo di procedere è il pas-
saggio citato di 2Cor 6,8-9 in cui gli apostoli sono descritti per bocca di
Paolo in termini dialettici: «come impostori, eppure siamo veritieri,
come sconosciuti, eppure notissimi, come moribondi e invece viviamo;
come puniti, ma non uccisi; come afflitti ma sempre lieti; come poveri,
ma capaci di arricchire molti». Nella vita cristiana il morire è il morire
al peccato quindi «il morire dell’uomo tragico e estatico, il morire del
suo disperato aut aut di sfida che diviene un, semplice e silenzioso, con-
morire e con-essere-sepolti con un Dio morente e sepolto nel silenzio
del venerdì santo».74 Dove «in verità, nel con-morire e nel con- essere-
sepolti con il Dio che in Cristo nella chiesa è morente e risorge e con il
Dio che è sepolto e che si rialza, l’essere morti e sepolti è solo l’ecce [...]
dell’ecce vivimus». Questa dinamica permette di affrontare le sfide po-
ste dalle varie forme storiche e filosofiche del pensiero dialettico con
cui «vorrebbe imporsi l’immagine anti-cristiana dell’uomo che in ultima
battuta si proclama esplicitamente come l’anticristo, e tuttavia proprio
sin dall’inizio contiene il Cristo».75 È

73 Ib.
74 Ivi, IV, VI.
75 Ib.

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Fabrizio Mandreoli e Michele Zanardi, Il percorso del pensiero di Erich Przywara a partire da Was ist Gott?

l’immagine dell’uomo come l’ha vista [...] la dialettica: ancora all’interno


del cristianesimo nell’antitetica di Lutero; in maniera idealistica nell’e-
splicita dialettica di Hegel; in modo tragicamente pessimista in Scho-
penhauer; fino al materialismo dialettico di quella rivolta per la libera-
zione [...] prefigurata da Bakunin; oppure nel dionisiaco nella forma com-
piuta di Nietzsche. Questa dialettica [...] vorrebbe essere non solo prote-
sta, ma rivolta ancora più forte [...] contro quel Dio che morendo risorge e
sepolto si risveglia, sostituendosi in tal modo al circolo dialettico e co-
smico [...]. Vorrebbe essere protesta ancora più forte contro l’immagine
della croce avvolta di splendore, che appare come immagine della picco-
lezza umana piantata in mezzo al mondo quale derisione e scherno dell’i-
dea di umanità superiore ossia di quell’oltre umano collocato nel vortice
cosmico.76

L’itinerario del quarto capitolo sull’antropo-logia giunge così a


conclusione fornendo uno sguardo d’insieme sul senso dell’uomo. In-
fatti:

la strada dell’uomo verso Dio [...] significa, in conclusione, la via di Dio


verso l’uomo. Via di Dio in quanto uomo tra gli uomini. In definitiva ciò
che Dio è, viene reso visibile e presente in quell’uomo che Dio diventa
[...]. Così la theologia directa positiva è [...] nel senso proprio anthropolo-
gia directa positiva.77

Ma tale corrispondenza vale anche nella rivelazione di Dio che av-


viene nell’uomo, infatti:

Dio, nell’opposizione e nella contraddizione delle sue qualità e delle sue


vie (theologia indirecta dialectica), è reso visibile e presente in Cristo e
nella chiesa in quell’opposizione e contraddittorietà che è l’uomo (in una
anthropologia indirecta dialectica). Dio – che in questa opposizione e con-
traddizione e attraverso di esse supera tutte le sue immagini e allegorie in
un incomprensibile e indicibile «nulla» (theologia negativa) – è reso visi-
bile [...] in Cristo e nella chiesa in quel nulla che l’uomo diventa nel vor-
tice di tutte le sue opposizioni e contraddizioni in una anthropologia ne-
gativa.78

76 Ib.
77 Ivi, IV, VII.
78 Ib.

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Quindi: «Dio il cui nulla – siccome “io posso dire solo quel che egli
non è” – è soltanto l’eccesso de “l’oltre” e del “sovra” – Über – che
scuote, sconvolge e infiamma (theologia eminentiae et excessus)».79
Tale Dio

è reso visibile [...] in Cristo, nella chiesa, nel cristiano, ossia in quella [...]
«lunghezza e ampiezza e altezza e profondità» della croce, nella quale
tutte le direzioni del mondo [...] si incrociano, in maniera tale che questa
croce si trova collocata tra il cielo e la terra come strumento del suo
amore.80

L’uomo, la sua storia, il suo pensiero e operare è, dunque, il luogo


– paradossale – di rivelazione e presenza del Dio sempre più grande
nel suo amore. Le citazioni conclusive dello Pseudo-Dionigi, Agostino
e del Vangelo mostrano il legame tra i vari passaggi della riflessione,
per cui l’uomo è pensato come colui in cui risplende oscuramente la te-
nebra luminosissima di Dio. La luce abissale di Dio si ritrova negli
abissi della storia degli uomini e dei loro cuori inquieti perché lì Dio ha
voluto abitare.
Il capitolo quinto – su cui qui sorvoliamo – è strutturato in maniera
più semplice e vi si illustrano in sintesi, attraverso il prisma della rifles-
sione mariologica, le prospettive precedenti della teologia, cristologia,
ecclesiologia e antropologia.

3. Una trama di fondo in tre movimenti

Alla conclusione del percorso compiuto dalla breve summa ci pos-


siamo chiedere se è possibile trovare una trama profonda del percorso
proposto dall’autore. Prima di tutto va rilevato il modo di procedere teo-
logico, articolato secondo cinque passaggi: l’affermazione diretta, la ne-
gazione, la dialettica, l’eminenza e l’eccesso. Si tratta di una modalità
classica del discorso teologico che Przywara usa creativamente caratte-
rizzandola con tre elementi specifici del suo approccio filosofico e teo-
logico. Questi elementi sono tra loro correlati e intrecciati in maniera

79 Ib.
80 Ib.

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Fabrizio Mandreoli e Michele Zanardi, Il percorso del pensiero di Erich Przywara a partire da Was ist Gott?

dinamica e possono essere identificati, a grandi linee, nella sua dottrina


dell’analogia, nella singolare teologia della croce dell’evento pasquale
di Gesù, nella teologia dello scambio salvifico.
L’importanza e la strutturazione della dottrina dell’analogia non è
sintetizzabile in poche righe, si può però osservare come il principio per
cui si parla di Dio come l’assoluto «dentro-sopra» viene letto attraverso
l’utilizzo della nota formula del Lateranense IV: «tra il creatore e la
creatura, per quanto grande sia la somiglianza, maggiore è la diffe-
renza».81 Questo modo di procedere permette a Przywara di rintracciare
il ritmo di fondo dell’essere e del pensiero in cui, da un lato, l’analogia
è intesa come «la struttura che include e informa ogni cosa»,82 dall’al-
tro lato, si comprende che il fondamento di tale modo di procedere si ha
nell’agostiniano e ignaziano Deus semper maior: Dio è sempre più
grande.83
Per lui tale analogia della dissomiglianza sempre maggiore è dav-
vero la struttura dinamica sempre valida che meglio descrive il ritmo
del cosmo. I problemi che tale formulazione pone sono innumerevoli,
così come le prospettive che apre; per noi è sufficiente rilevare come
progressivamente Przywara integri questa forma fondamentale del suo
modo di intendere l’ontologia della realtà e il conoscere umano con una
singolare riflessione sulla teologia della croce.
Infatti, nella lettura del testo della summula oltre alla presenza
della logica di fondo del suo pensiero analogico ci si avvede progressi-
vamente che ogni problematica è letta attraverso una tensione che pare
attraversare tutta la storia umana: da un lato il movimento della volontà
di ascesa e di appropriazione tipico del peccato di voler essere «come
Dio», dall’altro lato il movimento di discesa che anima dall’interno la
storia della salvezza e culmina nella vicenda di Gesù di Nazaret. La
tensione è tra la superbia e l’orgoglio umano che vogliono ascendere al
cielo violando ogni limite e l’umiltà di Dio che discende verso gli abissi
della storia e dell’umanità superando ogni confine e distanza. Il testo
fondamentale che anima questa prospettiva è l’inno cristologico di Fil

81 CONCILIO LATERANENSE IV: COD 232.


82 E. PRZYWARA, Analogia entis. Metafisica, traduzione e introduzione di P. Volonté, Vita
e Pensiero, Milano 1995, 134.
83 Ivi, 132.

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2, laddove la via di svuotamento e spoliazione del Cristo si compie nella


morte di croce e proprio lì rivela la gloria di un Dio sempre più grande:

Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella
condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò
se stesso assumendo la condizione di servo, diventando simile agli uo-
mini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi ob-
bediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e
gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome.84

L’incomprensibilità divina ha il luogo proprio nella prossimità del


crocifisso ad ogni umanità lontana e svuotata. La gloria di Dio, la sua
trascendenza sempre più grande appare dunque, nella storia della sal-
vezza, nel luogo meno glorioso e nobile:

Dio appare in Cristo, il crocifisso, come «oltraggio e pazzia» alla maestà,


alla santità, alla beatitudine, e anche oltraggio e pazzia a colui che è in
pienezza, proprio in tale momento quello è Deus lux in tenebris, Dio che
risplende come luce nella sua oscurità [...]. Poiché il mistero estremo e più
profondo della croce è il mistero – che risolleva dall’abisso – della resur-
rezione. Il Dio perfettamente de-divinizzato ha pronunciato nel crocifisso,
verso se stesso, la parola del compimento: «tutto è compiuto» [...]. Il com-
pimento, che è Dio, si accende e risplende nel volto del nulla che è il Cri-
sto sulla croce.85

Qui si ha il: «Deus excessus, il Dio dell’eccesso. Il Dio che sopra


ogni idea, ogni misura, ogni sogno della creatura, sopra ogni timore e
amore della creatura è il Dio sempre più grande. Questo Dio appare qui
nella vittoria pasquale dello scandalo e della pazzia di quel mendi-
cante, di quell’agnello di Dio e di quella maledizione che è Gesù Cristo
stesso». In sintesi il Dio sempre più grande, a fondamento ultimo della
logica e del ritmo dell’analogia lette teologicamente, si rivela in ma-
niera storica e insuperabile nell’eccesso di agape del mistero pasquale
di croce e risurrezione in cui il Cristo ama i suoi sino alla fine/compi-
mento. Il Dio sempre più grande si manifesta tale nel suo discendere
per fare ascendere l’uomo.86

84 Fil 2,6-9.
85 PRZYWARA, Che cosa è Dio?, II, VII.
86 PRZYWARA, Umiltà, pazienza e amore, 20.

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Secondo questa logica il Cristo, come inviato del Padre e nella


forza dello Spirito, è disceso fino al fondo per raggiungere ogni uomo.
Si tratta dell’admirabile commercium: nella croce di Gesù avviene uno
scambio per il quale «colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo
fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giu-
stizia di Dio».87 Tale vicenda di discesa e condivisione, che si compie in
Cristo e anima in profondità tutta la storia della salvezza, mostra che
proprio attraversando la povertà e la morte dell’uomo, lì scaturisce la
vita di Dio in ragione dell’ampiezza, lunghezza, altezza e profondità
dell’amore di Cristo.88 Il crocifisso è davvero la manifestazione piena
della gloria del Padre nello Spirito, quindi Dio nella kenosi non tanto si
nasconde, ma si rivela in pienezza. Si potrebbe dire che «l’umiliazione
fino alla morte di croce risponde all’essenza di Dio nella contraddizione
dell’abbandono. Affermando che Gesù crocifisso è l’immagine del Dio
invisibile diciamo che questo è Dio e così Dio è».89
Pertanto si può comprendere bene come il «concetto teologico fon-
damentale dell’Antico e del Nuovo Testamento» – Grund-Theologume-
non des Alten und Neuen Bunds – si trovi nella «centralità del mistero
della croce» che Przywara legge nei termini dello scambio salvifico, av-
venuto nella persona e nella storia di Gesù, tra l’uomo e Dio.90 Tale
scambio salvifico91 è l’asse intorno a cui pensare l’intera storia della sal-
vezza e intorno a cui strutturare una visione cristiana della realtà.92 Per
Przywara – che elaborerà il tema in maniera davvero profonda in una
delle sue ultime opere pubblicate, Commercium93 – tale scambio è es-
senzialmente una riconciliazione. La parola greca katallagē di 2Cor
5,16-21 lascia intendere questa duplice sfumatura di uno scambio che è

87 2Cor 5,21.
88 Cf. Ef 3,18-19.
89 G. DOSSETTI, «Introduzione», in L. GHERARDI, Le querce di Monte Sole, il Mulino, Bolo-
gna 1995, XXVIII.
90 E.-M. FABER, «Commercium», in W. K ASPER (a cura di), Lexikon für Theologie und Kir-
che, Herder, Freiburg i.B. 31994, II, 1274-1275.
91 E. PRZYWARA, «Evangelische Katholizität – Katholische Evangelizität», in ID., Katholi-
sche Krise, Patmos, Düsseldorf 1967, 207.
92 PRZYWARA, «Evangelische Katholizität – Katholische Evangelizität», 207-208.
93 E. PRZYWARA, Logos. Logos, Abendland, Reich, Commercium, Patmos, Düsseldorf 1964,
119-171.

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anche riconciliazione:94 nel fatto che il Cristo, facendosi altro, prende il


posto degli uomini ingiusti e peccatori, nel momento in cui questi sono
ancora peccatori,95 avviene la creazione di una possibilità di riconcilia-
zione e di cammino per tutti gli uomini, nessuno escluso. Questo è il
motivo per cui Przywara valorizza – in molti testi di varia natura spiri-
tuale, teologica e teologico politica – il tema dell’amore di Dio inteso
come servizio, come lavanda dei piedi, come principio dinamico di di-
scesa e abbassamento, come accoglienza e assunzione della morte dei
più lontani da Dio.96
Non è un caso che il modo di morire di Gesù diventi il paradigma
di quella comunità di credenti, la Chiesa, che custodisce il messaggio
dell’amore «sempre più grande» di Dio: «anche Gesù, per santificare il
popolo con il proprio sangue, subì la passione fuori della porta della
città. Usciamo dunque verso di lui fuori dell’accampamento, portando il
suo disonore: non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in
cerca di quella futura».97 Il modo effettivo con cui Gesù è messia indica
che nella sua esistenza non solo è avvenuto un contatto tra Dio e
l’uomo, ma si è verificato uno scambio che istituisce un’alleanza nuova
in vista della riconciliazione degli uomini con Dio e tra loro. La dottrina
dello scambio dà, così, forma non solo alla missione e all’identità di
Gesù di Nazaret, ma anche alla vita dei cristiani. La Chiesa e i suoi
membri sono, come popolo messianico, a servizio della riconciliazione
tra Dio e gli uomini lontani da Dio: in ogni tempo della storia si è chia-
mati a seguire il Cristo fuori delle mura della città santa dove egli
muore come un maledetto per potere raccogliere e raggiungere l’intera
umanità, anche quella che si crede reietta e abbandonata da Dio. Si
comprende bene allora come, per Przywara, l’unica eresia e tentazione
davvero pericolosa per la vita interna della Chiesa è la perdita della
consapevolezza profonda dell’agape «sempre più grande» di Dio verso
tutti gli uomini a partire dagli ultimi e dai maledetti.98 Questo avviene

94 Cf. H. BALZ – G. SCHNEIDER (a cura di), Dizionario esegetico del Nuovo Testamento, Pai-
deia, Brescia 1995, I, 1941-1942, alla voce.
95 Cf. Rm 5,8.
96 Cf. G. RUGGIERI, Della fede. La certezza, il dubbio, la lotta, Carocci, Roma 2014, 51-59.
97 Eb 13,12-14.
98 Cf. E. PRZYWARA, «Innerkirchliche Häresien», in I D., In und Gegen, 350-364. Ringrazio
per la segnalazione e l’approfondimento su questo testo il prof. J.L. Narvaja.

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– per Przywara – con varie modalità di cristallizzazione, reazioni di


paura, indottrinamento e irrigidimento che fissano, assolutizzandole,
alcune forme storiche della vita della Chiesa e tendono così a separare
questa vita dall’energia sempre nuova e attuale dello Spirito.

4. L’attualità storica – nei giorni di Bergoglio –


del pensiero analogico, del principio dello scambio,
del servizio cristiano contro la violenza

Il modo di procedere teologicamente di Przywara apre numerosi


orizzonti, donando diversi impulsi al pensiero e all’azione che paiono di
profonda attualità. Ne ricordiamo, per sommi capi, solo tre che ci
paiono particolarmente significativi.
In primo luogo l’individuazione del tema della polarità che, da un
lato, custodisce un’attenzione minuta e concreta verso la realtà del con-
creto vivente, e dall’altro colloca tale sguardo in maniera tale da non in-
tendere la realtà conchiusa in se stessa senza possibilità di trascen-
denza e ulteriorità. In questo duplice movimento si colloca l’utilizzo del
linguaggio analogico sia nel discorso filosofico che in quello teologico.
Karl Rahner nella sua Laudatio afferma che grazie a Przywara

la cosiddetta analogia entis da piccola cavillosità scolastica è assurta a


struttura portante del pensiero cattolico [...]. È colui che fa sfociare ogni
formula scolastica della teologia, pur senza elevarla ad orgoglioso ibrido,
nel muto e inafferrabile silenzio di Dio, il quale è amore abbandonatosi
volontariamente alla morte.99

L’analogia della dissomiglianza sempre maggiore, intesa come


struttura dinamica fondamentale della realtà e del conoscere, e inte-
grata dalla individuazione nel mistero pasquale dell’amore di Dio
«sempre più grande» rendono il pensiero teologico cristiano un pen-
siero umile.100 Dal punto di vista teologico all’umiltà della discesa e del
silenzio di Dio101 è chiamato a corrispondere in maniera omogenea l’u-

99 RAHNER, «In lode di Erich Przywara», 400.


100 R. REPOLE, Il pensiero umile, Città Nuova, Roma 2007.
101 PRZYWARA, Umiltà, pazienza e amore, 15.

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miltà e il senso del limite del pensare e dell’agire cristiani. Senza poter
entrare in recto dentro questo tema, possiamo rilevare come la stessa
importanza che Przywara attribuisce al momento dialettico e poi nega-
tivo della teologia in Was ist Gott? vanno ultimamente nella direzione
non della impossibilità del discorso teologico, ma della percezione pro-
gressiva del mistero oscuro e luminoso del Dio sempre più grande.102 In
altre parole si tratta della fondamentale «esperienza che tutte le affer-
mazioni teologiche sono, per quanto nei modi più diversi e in diverso
grado, affermazioni analoghe».103
Molto recentemente le riflessioni teologica, magisteriale e pastorale
sembrano manifestare un nuovo apprezzamento per tale senso dell’ana-
logia. Ricordiamo come semplice esempio l’importante testo post-sino-
dale Amoris laetitia laddove, trattando del matrimonio come visibilità sa-
cramentale dell’amore di Cristo per la Chiesa vissuta nella realtà con-
creta, si afferma che: «non è bene confondere piani differenti: non si deve
gettare sopra due persone limitate il tremendo peso di dover riprodurre
in maniera perfetta l’unione che esiste tra Cristo e la sua Chiesa, perché
il matrimonio come segno implica “un processo dinamico”».104 La lettu-
ra della realtà e la riflessione teologica invitano così a un senso profondo
di umiltà che porta «a non maltrattare i limiti»105 in una profonda sinto-
nia con il modo di procedere «fluttuante» dell’analogia di Przywara che
non elimina le polarità ma le integra in un processo vivente.
Un secondo elemento di singolare attualità che viene dalla lettura
di Was ist Gott? è il progressivo affermarsi – in quella fase del pensiero
di Przywara maturata negli anni della seconda guerra mondiale – del
principio pasquale. In particolare egli si concentra sul mistero della
croce di Gesù intesa, in termini giovannei, come luogo della presenza
già attiva della luce e della vita della risurrezione. Questa concentra-
zione sul mistero della croce di Gesù comporta l’affinamento di quello

102 Cf. M. Z ECHMEISTER , Gottes Nacht. Erich Przywaras Weg negativer Theologie, LIT,
Münster 2000.
103 K. RAHNER, «Esperienze di un teologo cattolico», in A. R AFFELT – H. VERWEYEN, Leggere
Karl Rahner, Queriniana, Brescia 2014, 161.
104 FRANCESCO, Esortazione apostolica Amoris laetitia (19.03.2016), n. 122, EDB, Bologna
2016, 84-85.
105 J.M. BERGOGLIO, «Guidare nelle cose grandi e in quelle piccole», in I D., Nel cuore di
ogni padre, Rizzoli, Milano 2014.

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Fabrizio Mandreoli e Michele Zanardi, Il percorso del pensiero di Erich Przywara a partire da Was ist Gott?

che diviene uno degli strumenti interpretativi più significativi del suo
approccio al cristianesimo, ossia la teologia dello scambio. Tale teolo-
gia, che integra anche il discorso analogico della sempre più grande
dissomiglianza, è l’asse intorno al quale la sua riflessione teologica si
dispone progressivamente.
Questa maturazione è chiaramente visibile nella sua, difficile e pe-
netrante, opera Commercium: l’approccio dell’amore sempre più
grande di Dio nello scambio salvifico diviene il criterio di discernimento
decisivo per la comprensione autentica del messaggio cristiano nei suoi
aspetti spirituali, teologici, sociali ed ecclesiologici. In Idee Europa106
tale principio emerge limpidamente attraverso: a) una rilettura fenome-
nologica della storia e del pensiero europeo; b) una riflessione sul con-
tributo cristiano – ossia secondo la logica del servizio e dello scambio
salvifico – all’identità profonda dell’Europa. Non casualmente in tempi
recenti Francesco, il vescovo di Roma, in diversi suoi – davvero profe-
tici – pronunciamenti sull’Europa ha citato espressamente il pensiero
del nostro autore.107 In particolare nell’intervista al quotidiano La Croix
del 9 maggio 2016 Bergoglio, in risposta a una domanda sulle radici eu-
ropee, afferma:
Bisogna parlare di radici al plurale perché ce ne sono tante. In tal senso,
quando sento parlare delle radici cristiane dell’Europa, a volte temo il
tono, che può essere trionfalista o vendicativo. Allora diventa coloniali-
smo. Giovanni Paolo II ne parlava con un tono tranquillo. L’Europa, sì, ha
radici cristiane. Il cristianesimo ha il dovere di annaffiarle, ma in uno spi-
rito di servizio come per la lavanda dei piedi. Il dovere del cristianesimo
per l’Europa è il servizio. Erich Przywara, grande maestro di Romano
Guardini e di Hans Urs von Balthasar, ce lo insegna: l’apporto del cristia-
nesimo a una cultura è quello di Cristo con la lavanda dei piedi, ossia il
servizio e il dono della vita. Non deve essere un apporto colonialista.108

È il servizio dello scambio della salvezza – simboleggiato concre-


tamente dalla lavanda dei piedi del Signore – il criterio ultimo e diri-

106 Cf. PRZYWARA, L’idea d’Europa.


107 Cf. FRANCESCO, Discorso per il conferimento del premio Carlo Magno (06.05.2016), in
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speech es/2016/may/do cuments/pa pa-fran ce -
sco_20160506_premio-carlo-magno.html.
108 G. GOUBERT – S. MAILLARD, «Quale cristianesimo per l’Europa», in L’Osservatore Ro-
mano, 18.05.2016, 5.

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mente dell’esistenza della Chiesa che vive dell’amore «sempre più


grande» di Dio dentro la storia.109
L’individuazione di tale prospettiva fondamentale ci permette di
entrare in una terza riflessione riguardante un tratto di tale servizio
dello scambio che giunge fino agli abissi della negazione e della vio-
lenza umana. In molti passaggi di Was ist Gott? l’autore non risparmia
l’uso di un vocabolario biblico che tratta della passionalità, della vo-
lontà assoluta, della forza di Dio. In alcuni passaggi questo discorso su
Dio come fuoco divoratore sconcerta. Sennonché il lettore viene lenta-
mente condotto – attraverso le tappe dell’affermazione, della dialettica,
della negazione, dell’eminenza e dell’eccesso – a rileggere questo lin-
guaggio nel senso dell’amore eccessivo di Dio rivelato in maniera defi-
nitiva nella pasqua di Gesù. È in questa condivisione del peccato del
mondo da parte dell’agnello di Dio che Egli si manifesta nella sua
profondità «sempre più grande» di fuoco d’amore. La passionalità del-
l’amore di Dio si rivela nell’attraversamento della violenza umana per
porre al centro di tale rifiuto e prevaricazione il seme dell’amore perdo-
nante di Dio: è la rivelazione della radicale non violenza dell’agire del
Dio rivelato da Gesù. Nella kenosi si rivela la volontà di condivisione, di
riscatto e di vivificazione propria della potenza dell’amore di Dio.110
Recentemente la Commissione teologica internazionale ha propo-
sto una riflessione illuminante su Dio Trinità, unità degli uomini con l’o-
biettivo di mostrare come il monoteismo cristiano sia contro la violenza,
religiosa e umana. In essa si mostra bene come «l’ultima parola sulla
verità del mistero di Dio nella storia dell’uomo deve essere lasciata alla
potenza dell’amore»111 e nello stesso tempo come tale amore «apre, con
la sua potenza, il luogo e il tempo del riscatto e della custodia di Dio per
le vittime della violenza prevaricatrice (Ap 21). Il loro abbandono giu-
dicherà i popoli (Mt 25)».112 Secondo tale prospettiva:

109 Cf. J. BETZ, «Pope Francis, Erich Przywara and the idea of Europe», in First Things,
12.05.2016; J.L. NARVAJA, «La crisi di ogni politica cristiana», in La Civiltà Cattolica
(2016)3977, 437-448; F. M ANDREOLI, «L’idea d’Europa di Erich Przywara: una riflessione
critica per l’ora attuale», in Rte 18(2014)35, 187-221.
110 Cf. 2Cor 13,4.
111 COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, Dio Trinità, unità degli uomini. Il monoteismo
cristiano contro la violenza, EDB, Bologna 2014, nn. 28, 35.
112 Ivi, nn. 32, 38.

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Gesù disinnesca radicalmente il conflitto violento che egli stesso potrebbe


incoraggiare, in difesa dell’autentica rivelazione di Dio. In tal modo egli
conferma, una volta per tutte e per sempre, il senso autentico della sua te-
stimonianza a riguardo della giustizia dell’amore di Dio. Questa giustizia
non si compie mediante la legittimazione della violenza omicida in nome
di Dio, bensì mediante l’amore crocifisso del Figlio in favore dell’uomo.
Nel gesto della consegna di sé al supremo sacrificio che risparmia il san-
gue dei discepoli e degli oppositori, risplende la potenza radicale dell’a-
more di Dio [...] la grazia sbarra la strada alla moltiplicazione della vio-
lenza.113

Ci pare che tali prospettive, singolarmente omogenee con la pro-


spettiva del servizio dello scambio da parte dell’amore di Dio,114 siano
particolarmente eloquenti nella nostra epoca di post-secolarizzazione,
di rimescolamento globale e di un periodo che può essere descritto
come la «terza guerra mondiale combattuta a pezzi». È infatti chiaro –
per fare solo un esempio legato al bacino del mediterraneo – che il pro-
cesso innescato dalle guerre del Golfo, dai vari e stratificati conflitti me-
diorientali,115 la crescita dei movimenti di radicalizzazione islamica, i
fenomeni epocali di fuga di milioni di profughi, le problematiche di
un’immigrazione massiccia e gestita spesso irresponsabilmente,116 lo
stesso mar Mediterraneo diventato la tomba per migliaia di persone po-
vere, le correlative questioni poste ai Paesi europei117 mostrano: da un
lato, la rilevanza delle categorie religiose nel loro legame, molto
profondo e multifattoriale, con le questioni geopolitiche più scottanti,118
dall’altro lato, l’importanza della storicizzazione della testimonianza
cristiana – in maniera creativamente non violenta119 – dell’amore «sem-

113 Ivi, nn. 50-51, 49-50.


114 Ivi, nn. 54-56, 52-56.
115 Cf. M.C. R IOLI (a cura di), Ritornare a Israele. Giorgio La Pira, gli ebrei, la Terra
Santa, Edizioni della Normale, Pisa 2016, 167-252.
116 Cf. «La tragedia dei bambini migranti», in La Civiltà Cattolica (2016)3982, 313-320.
117 Cf. A. HELLER, «L’Europa e la responsabilità verso l’intero pianeta», in Vita e Pensiero
(2016)2, 10-17.
118 Cf. G. SALE, «Il ritorno della religione sulla scena internazionale», in La Civiltà Cat-
tolica (2015)3996, 207-215.
119 Cf. R. MANCINI, La nonviolenza della fede. Umanità del cristianesimo e misericordia
di Dio, Queriniana, Brescia 2015.

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pre più grande» all’interno di tali brucianti questioni.120 Davvero la pro-


spettiva dell’amore di Dio «sempre più grande», inteso come servizio
all’uomo e tra gli uomini, può divenire un seme di nuovi processi e un
importante fattore di maturazione storica.121

FABRIZIO MANDREOLI
Incaricato triennale
Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna
Bologna
mandreoli.fabrizio@gmail.com

MICHELE ZANARDI
Licenziando in Teologia
Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale
Firenze
mikelzan@gmail.com

Keywords
Przywara – Teologia di Bergoglio – Analogia – Teologia della croce – Teologia e
geopolitica.
Przywara – Theology of Bergoglio – Analogy – Theology of the cross – Theology
and geopolitics.

Summary
The article aims to briefly outline the overall development of Przywara’s thought
starting – not chronologically but prospectively – from his little summa, which he calls
summula, Was ist Gott? In this text he faces some of the most important issues of Chris-
tianity and points out some of his basic thoughts. In particular, he highlights – in con-
nection with his own doctrine of analogy – the «negative theology» of Augustine and of
Pseudo-Dionysius as regards the doctrine of the salvific exchange which, in his opinion,
is the cornerstone of the gospel. This point of view helps understand a theological pro-
posal that can still be relevant today and is also appreciated by the magisterium of
Bergoglio, as shown by the articles by Spadaro and Narvaja in the last two issues of La
Civiltà Cattolica.

120 Cf. A. SPADARO, «La diplomazia di Francesco. La misericordia come processo poli-
tico», in La Civiltà Cattolica (2015)3975, 209-226.
121 COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, Dio Trinità, unità degli uomini, nn. 61, 57.

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