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A.S. 2012.

13 TEMA DI ITALIANO CLASSE IV C


esercitazioni per le vacanze estive
N.B.: Si raccomanda lo svolgimento di almeno 2 tracce per tipologia

1) Tipologia A – Analisi di un testo letterario

a) Niccolò Machiavelli, A Lorenzo II de’ Medici


1. Spiega con quali aspetti, in questa lettera, si delinea il rapporto fra intellettuale e principe.

b) Francesco Guicciardini, Ricordi

La discrezione e i “discorsi del futuro”

6-
È grande errore parlare delle cose del mondo indistintamente e assolutamente, e, per dire così, per regola; perché
quasi tutte hanno distinzione ed eccezione per la varietà delle circunstanze, le quali non si possono fermare con una
medesima misura; e queste distinzione ed eccezione non si truovano scritte in sui libri, ma bisogna le insegni la
discrezione.

10 -
Non si confidi alcuno tanto nella prudenza naturale che si persuada quella bastare sanza l'accidentale della
esperienza; perché ognuno che ha maneggiato faccende, benché prudentissimo, ha potuto cognoscere che con la
esperienza si aggiunge a molte cose, alle quali è impossibile che el naturale solo possa aggiugnere.

22 -
Quante volte si dice: se si fussi fatto o non fatto cosí, saria succeduta o non succeduta la tale cosa! che se fussi
possibile vederne el paragone, si conoscerebbe simile openione essere false.

23 -
Le cose future sono tanto fallace e sottoposte a tanti accidenti , che el piú delle volte coloro ancora che sono bene
savî se ne ingannano: e chi notassi e giudici loro, massime ne’ particulari delle cose - perché ne’ generali piú spesso
s’appongono - farebbe in questo poca differenza da loro agli altri che sono tenuti manco savi. Però lasciare un bene
presente per paura di uno male futuro è el piú delle volte pazzia, quando el male non sia molto certo o propinquo, e
molto grande a comparazione del bene; altrimenti bene spesso per paura di una cosa che poi riesce vana, ti perdi el
bene che tu potevi avere.

76 -
Tutto quello che è stato per el passato e è al presente, sarà ancora in futuro; ma si mutano e nomi e le superficie delle
cose in modo, che chi non ha buono occhio non le ricognosce, né sa pigliare regola, o fare giudicio per mezzo di
quella osservazione.

82 -
Piccoli princípi e a pena considerabili sono spesso cagione di grandi ruine o di felicità: però è grandissima prudenza
avvertire e pesare bene ogni cosa benché minima.

110 -
Quanto si ingannano coloro che a ogni parola allegano e’ Romani! Bisognerebbe avere una città condizionata come
era loro, e poi governarsi secondo quello essempio: el quale a chi ha le qualità disproporzionate è tanto
disproporzionato, quanto sarebbe volere che uno asino facessi el corso di uno cavallo.

114 -
Sono alcuni che sopra le cose che occorrono fanno in scriptis discorsi del futuro, e quali quando sono fatti da chi sa,
paiono a chi gli legge molto belli; nondimeno sono fallacissimi, perché dependendo di mano in mano l’una
conclusione dall’altra, una che ne manchi, riescono vane tutte quelle che ne deducono.

117 -
È fallacissimo, il giudicare per gli essempli; perché se non sono simili in tutto e per tutto, non servono; conciosia che
ogni minima varietà nel caso può essere causa di grandissima variazione nello effetto: e el discernere queste varietà,
quando sono piccole, vuole buono e perspicace occhio.

Comprensione e analisi del testo:


1) Quale significato assume nell’accezione di Guicciardini il termine discrezione?
2) Metti a confronto i ricordi 6 e 117.
3) Quale insegnamento dà Guicciardini per una corretta analisi della realtà?
4) Egli insiste sul bisogno di avere buono occhio; cosa intende dire?
5) Quale visione della storia emerge dai Ricordi?
6) E dal ricordo 22 quale atteggiamento si deve mantenere nei confronti del fatto storico?
7) Nel ricordo 23 Guicciardini consiglia un atteggiamento pragmatico o teorico riguardo all’agire umano?
8) La prudenza del ricordo 82 è paragonabile alla prudenza di Machiavelli?
9) Guicciardini critica coloro che a ogni parola allegano e’ Romani! A chi pensi si riferisca? E che significato ha la sua
osservazione?
10) Cosa intende quando dice che distinzione ed eccezione non si truovano scritte in sui libri?
11) Guicciardini predilige un periodare scandito e affermazioni perentorie. Trovi nel testo elementi a sostegno di
questa affermazione?
c) Giuseppe Parini, Il Bisogno, vv. 55-84
d) Dante Alighieri, Divina Commedia, Purgatorio, XXX, vv. 1-39 e 73-81
Analizza le terzine dantesche secondo la seguente traccia:

a) Esegui la parafrasi dei versi nel modo più puntuale possibile


b) Riassumi brevemente il contenuto dell’intero canto, in particolare di quanto segue i versi in
analisi (max due colonne di foglio protocollo)
c) Inquadra il brano (in quale canto e luogo ci troviamo, quali sono i principali protagonisti)
d) Precisa il significato allegorico dei sette candelabri, dei ventiquattro vecchi, del grifone e del
carro che fanno parte della processione trionfale (ti sarà utile anche consultare l’intreccio del
canto XXIX); precisa poi che cosa indicano allegoricamente i tre colori delle vesti di Beatrice;
quali sono i rimproveri che Beatrice muove a Dante? Qual è la sua reazione?
e) Rileggi i capitoli II e III della Vita nova nei quali sono descritti il primo e il secondo incontro con
Beatrice e poi metti a confronto quelle apparizioni con quella di questo canto, rilevando
analogie e differenze; prendi ora in esame la rievocazione della biografia morale di Dante svolta
da parte di Beatrice ai vv. 109-145. essa può essere divisa in micro sequenze. Cerca di
individuarle, attribuisci a per ciascuna di esse un titolo e indica i versi ad esse relativi
f) Segnala eventuali particolarità sul piano lessicale (latinismi, termini di origine popolare o al
contrario colti e rari, ecc.) e, se presenti, segnala almeno alcune figure retoriche

2) Tipologia B – Redazione di un articolo di giornale


Suggerimenti per la redazione dell'elaborato:

 leggi attentamente i documenti relativi all'argomento e allegati alla traccia, sottolineando se lo


ritieni opportuno, i passaggi che ritieni più utili e significativi
 prepara una 'scaletta' contenente le argomentazioni di cui intendi servirti
 dopo una breve premessa in cui introduci la questione, sviluppa le varie argomentazioni nella
parte centrale del testo
 se ciò facilita l'organizzazione dei vari punti della tua esposizione, puoi scandirla in brevi paragrafi
 al termine della redazione, revisiona il tuo scritto eliminando eventuali ripetizioni e facendo
attenzione all'uso dei tempi verbali
 ricordati di 'creare' una occasione concreta da cui può essere scaturito il tuo articolo (un
approfondimento in apposito inserto o apposita rubrica del tuo quotidiano o altro periodico, un
convegno, una conferenza, ecc.)
 ricordati di dare un titolo al tuo 'pezzo', corredandolo di un occhiello, di un sommario e della
destinazione (quotidiano, giornalino scolastico, periodico, ecc.)

a) Ambito artistico-letterario
Argomento: Il Purgatorio, nuovo spazio dell’immaginario cristiano

DOCUMENTI

Elabora le citazioni tratte da La nascita del Purgatorio dello storico francese Jacques Le Goff e scrivi
un articolo sulla scoperta, la novità, il cambiamento introdotto dalla comparsa del Purgatorio nello
spazio dell' immaginario cristiano, spiegando le ragioni del successo del Purgatorio.

Lo storico francese Jacques Le Goff ha affrontato la nascita del terzo regno, che fino al XII secolo non
esisteva, nel libro La nascita del Purgatorio(Einaudi, 1996) e ci induce a riflettere sull'importanza del
processo di spazializzazione del pensiero nella storia delle idee e della mentalità: sul piano simbolico il
territorio è un'interiorizzazione dello spazio, organizzata dal pensiero e tra il 1150 e il 1300 la cristianità si
dedica a un grande rimaneggiamento cartografico, in terra e nell'aldilà. In particolare c'è una data che
sancisce la nascita del Purgatorio come luogo: nel 1254 papa Innocenzo IV in una lettera nomina
esplicitamente il Purgatorio: "per designare il luogo di tale purgazione …il nome è il Purgatorio".

Cos'è il purgatorio?

"Un aldilà intermedio, nel quale alcuni defunti subiscono una prova che può essere abbreviata dai
suffragi - l'aiuto spirituale dei viventi … Credere nel Purgatorio implica innanzitutto credere
nell'immortalità e nella resurrezione…Molto originale è il tipo di giudizio che implica l'esistenza di un
Purgatorio. Esso infatti si basa sulla credenza in un doppio giudizio, il primo al momento della morte, il
secondo alla fine dei tempi … Presuppone dunque la proiezione di un'idea di giustizia e di un sistema
penale molto sofisticati.
Tale giudizio è inoltre collegato all'idea della responsabilità individuale, del libero arbitrio dell'uomo,
colpevole per natura, a causa del peccato originale, ma giudicato sulla base di peccati commessi, sotto la
sua propria responsabilità.
Il Purgatorio è un luogo intermedio, dal punto di vista temporale rappresenta il periodo che intercorre tra
la morte individuale e il Giudizio finale …
Il Purgatorio costituisce un luogo intermedio anche dal punto di vista propriamente spaziale,
insinuandosi ed estendendosi tra il Paradiso e l'Inferno…infine non ha l'eternità dell'Inferno e del
Paradiso."
La prova del fuoco

"Il Purgatorio è un luogo in cui i defunti subiscono una o più prove…Due di esse si presentano con
maggior frequenza, il fuoco e il ghiaccio - la prima ha svolto un ruolo di primo piano nella storia del
Purgatorio.
Antropologi, studiosi del folclore e storici delle religioni conoscono bene il fuoco come simbolo sacro
….Nei riti di iniziazione il fuoco sacro è il fuoco che cancella il periodo di esistenza già trascorsa e ne
rende possibile una nuova. E' quindi un rito di passaggio che ben si colloca in quel luogo di transizione.
Si tratta di un fuoco che rigenera e rende immortali. La leggenda della fenice, che il cristianesimo
medievale ha ripreso da Tertulliano, ne è la più celebre incarnazione. La fenice diventa il simbolo
dell'umanità chiamata alla resurrezione …
La prima caratteristica del fuoco che rigenera e che rende immortali è un fuoco attraverso il quale si
passa …La prova del fuoco è un'ordalia. …E' evidente come questo rito abbia potuto sedurre uomini che,
alle tradizioni provenienti da una lontana antichità, passate attraverso la Grecia ed eredi del fuoco
indoeuropeo, hanno sommato i lasciti delle credenze e delle pratiche barbariche.
La seconda caratteristica è che il fuoco purgatorio medievale …ha fatto parte di una coppia: il fuoco e
l'acqua … Nei testi dell'antichità classica si trovano asceti del Caucaso che vivono nudi talvolta tra le
fiamme, talvolta nel ghiaccio. Cicerone parla dei saggi che vivono nudi e sopportano senza dolore le nevi
del Caucaso e i rigori dell'inverno, poi si buttano nel fuoco e si lasciano bruciare senza un gemito..
La coppia fuoco-acqua (fredda) si ritrova in un rito rievocato nei primi tempi del cristianesimo: il
battesimo col fuoco".

Solidarietà tra vivi e morti

I cristiani presero l'abitudine di pregare per i loro morti. In confronto ai tempi antichi, questa è una novità:
i pagani pregavano i morti, mentre i cristiani pregavano per i morti. L'intervento dei vivi in favore dei loro
morti che soffrono nell'aldilà si riscontra in alcuni ambienti pagani, come nel caso dell'orfismo:
Orfeo dice: "Gli uomini compiono le azioni sacre per ottenere la liberazione degli antenati empi. Tu, che
hai potere su di loro…Tu liberali dalle grandi pene e dall'immensa tortura".
Diodoro Siculo verso il 50 a.C. compì un viaggio in Egitto e rimase colpito dalle usanze funebri:
"Nel momento in cui la cassa che contiene il morto viene collocata sulla barca, i sopravvissuti invocano
le divinità infernali e le supplicano di ammetterlo nella dimora riservata agli uomini pii".
Commenta Le Goff:
"E' importante, rispetto al formarsi del terreno sul quale si svilupperà più tardi la credenza nel Purgatorio,
il fatto che i vivi si siano preoccupati del destino dei loro morti, che al di là della sepoltura abbiano
conservato con essi legami che non sono quelli dell'invocazione della protezione dei defunti, ma
dell'utilità delle preghiere pronunciate per loro".
Questi brevi cenni stanno a significare che esiste un retroterra consolidato nei secoli sul rapporto tra vivi
e morti. Nel Medioevo questo rapporto viene formalizzato:
"Il purgatorio è un aldilà intermedio, nel quale la prova che si subisce può essere abbreviata per mezzo
dei suffragi, degli interventi dei vivi….
Quale aumento di potenza per i vivi, questa possibilità di influire sulla morte!
E per la Chiesa quale strumento di potere! Potere spirituale, ma anche, semplicemente, profitto finanziario
…L'infernale sistema delle indulgenze finirà col trovarvi robusto alimento …"

Il giubileo del 1300

"In quell'anno il papa Bonifacio VIII …convocò per la prima volta tutti i fedeli a Roma per la celebrazione
del giubileo…Si trattava di una sorta di super-anno sabbatico, anno di espiazione e di riposo, di
liberazione e di ritorno alle origini, che doveva ripetersi ogni volta che fossero trascorsi sette volte sette
anni, cioè ogni cinquant'anni.
In quell'occasione il papa accordò ai pellegrini che giungevano a Roma l'indulgenza plenaria, la
remissione completa dei peccati, sino ad allora concessa soltanto ai crociati, ed estese il beneficio di tale
indulgenza a dei defunti, cioè a delle anime del Purgatorio".
Nel Natale del 1300 poi "Bonifacio VIII accordò l'indulgenza plenaria a tutti i pellegrini che erano morti
durante il pellegrinaggio, in cammino verso Roma, e a tutti coloro che, avendo avuto l'intenzione di
compiere il pellegrinaggio, ne erano stati impediti". La misura è di capitale importanza: "La possibilità per
i vivi di liberare i morti dal Purgatorio non si era sino ad allora esercitata se non per modum suffragii,
attraverso il trasferimento ai morti dei meriti che i vivi acquisivano compiendo buone opere."
b) Ambito artistico-letterario
Argomento: L’ Arcadia

DOCUMENTI

Il mito dell’Arcadia sedusse la poesia da Teocrito fino al ‘700 rispondendo ad esigenze diverse a
seconda dell’autore e soprattutto del periodo storico. Individuate analogie/differenze che si
intersecano in epoche tanto lontane facendo emergere sentimenti e bisogni che dietro la maschera e
al di là della finzione rispondono a interrogativi storici ed esistenziali concreti e autentici.

Arcadia: regione del Peloponneso (Grecia), alte montagne, boschi vergini

Arcadia locus amoenus: alberi (olmi, noccioli, pini), erbetta, fonti o ruscelli, antri, tempietti; ambiente
naturale incontaminato popolato da pastori che fanno gare di canto al suono della zampogna

Pan: il dio visse in Arcadia, dove pascolava greggi e allevava le api; sedusse molte ninfe montane;
inventò lo zufolo; pigro e indolente amava fare la siesta.

42 – 39 a. C le Bucoliche di Virgilio (modello il greco Teocrito, III secolo a. C., che scrisse gli Idilli, carmi
bucolici) per il quale l’Arcadia divenne un paesaggio di sogno, la patria dell’anima, l’ambito in cui vive la
sua vita interiore – Arcadia, regione remota, privilegiata, in mezzo a una realtà brutale, truce, senz’anima.
Scrive Antonio La penna:

“All’inizio dell’ecloga 5 i pastori Menalca e Mopso s’incontrano vicino a un gruppo di olmi e di noccioli: il
vento muove leggermente le loro ombre; poco più lontano è un antro, rivestito in parte da una vite
selvatica. Nell’ecloga 7 un leccio sussurrando offre la sua ombra ai pastori che gareggiano nel canto; il
locus amoenus è presso la riva del Mincio [Virgilio nasce nei pressi di Mantova], rivestita di tenere canne;
più lontano è una quercia maestosa, che offre ricetto a un alveare. Questi pastori che cantano in riva al
Mincio sono ambedue, con nostra sorpresa, Arcadi. Dunque da regione geograficamente determinata
l’Arcadia può diventare in Virgilio un paesaggio ideale di pastori-cantori, collocabile in molte parti della
terra […]
[…] questi pastori menano una vita semplice e sana, in buona parte oziosa; anche l’accompagnare il
gregge somiglia molto all’ozio, e senza l’ozio non sarebbe possibile dedicare tanto tempo al canto…Oltre
all’amore, più dell’amore il piacere che conta per i pastori è il canto […] suonano la zampogna e cantano.”

1341 – 1342 Boccaccio compone la Commedia delle ninfe fiorentine.


“Gli antichi schemi di rappresentazione pastorale si incentravano tradizionalmente sulla descrizione di
una natura gradevole, fatta di paesaggi boscosi ma accogliente e serena, abitata da dignitosi pastori e da
ninfe piene di grazia: questi schemi vengono trasferiti da Boccaccio nelle colline nei pressi di Firenze.”(G.
Ferroni)

1485 – 86 Jacopo Sannazaro scrive l’Arcadia un romanzo pastorale che narra le vicende del pastore
napoletano Azio Sincero (che è l’autore stesso) il quale si reca in Grecia per cercare sollievo alle sue pene
d’amore tra i pastori-poeti dell’Arcadia, lontano dalla falsità e dall’ipocrisia delle corti. La vita dei pastori è
dipinta in modo idillico: cacce e gare poetiche, apparizione di bellissime ninfe, scambi di doni, momenti di
quiete e riposo caratterizzano la vita pastorale della mitica terra d’Arcadia che viene così descritta:

“Giace nella sommità di Partenio, non umile monte de la pastorale Arcadia, un dilettevole piano …di
minuta e verdissima erbetta sì ripieno che se le lascive [allegre] pecorelle con gli avidi morsi non vi
pascessero, vi si potrebbe di ogni tempo ritrovare verdura. Ove …son forse dodeci o quindeci alberi di
tanto strana et eccessiva bellezza, che chiunque li vedesse, giudicarebbe che la maestra natura vi si
fusse con sommo diletto studiata in formarli. Quivi …il drittissimo abete…, la robusta quercia e l’alto
frassino, lo amenissimo platano vi si standono, con le loro ombre non picciola parte del bello e copioso
prato occupando. Et èvi [e vi è] …l’albero di che Ercule coronar si solea [il pioppo], …il noderoso
castagno, il fronzuto bosso, e con puntate foglie lo eccelso pino, …lo ombroso faggio, la incorruttibile
tiglia [tiglio]; e ‘l fragile tamarisco [tamerici], insieme con la oriental palma…Ma fra tutti nel mezzo, presso
un chiaro fonte, sorge verso il cielo un dritto cipresso …Né sono le dette piante sì discortesi, che del tutto
con le loro ombre vieteno i raggi del sole entrare nel dilettoso boschetto…In questo così fatto luogo
sogliono sovente i pastori con li loro greggi dagli vicini monti convenire, e quivi in diverse non leggiere
pruove [difficili gare] esercitarse…; e ‘l più delle volte in cantare et in sonare le sampogna a pruova l’un
de l’altro, non senza pregio e lode del vincitore.”

1573 – Nei giardini dell’isoletta di Belvedere (Ferrara, corte estense) viene rappresentata la favola
pastorale Aminta di Torquato Tasso che ambienta la patetica vicenda amorosa a lieto fine in una cornice
arcadica. La trama consiste nell’amore del pastore Aminta per la ninfa Silvia, consacratasi a Diana e alla
caccia e perciò insensibile all’amore di Aminta; Silvia non si mostrerà grata neppure quando a salvarla
dalle insidie di un satiro sarà proprio Aminta. Soltanto quando verrà a sapere che Aminta si è ucciso
disperato per la notizia della sua falsa morte Silvia, presa dal rimorso, vuole suicidarsi a sua volta e,
trovato il corpo di Aminta, lo bacia piangendo. Ma il pastore era soltanto svenuto e, tornato in sé, può
finalmente abbracciare la sua ninfa finalmente vinta dall’amore. Commenta Ferroni: “Con quest’opera,
Tasso attua una sintesi tra dimensione pastorale e mondo cortigiano: l’immagine poetica tradizionale dei
pastori, già ampiamente rinnovata dall’Arcadia di Sannazaro, si trasforma ora definitivamente in specchio
dell’elegante vita di corte, imponendo un modello che resisterà fino al Settecento”.

1690 – A Roma un gruppo di letterati e scrittori che si era costituito intorno all’ex regina di Svezia Cristina
(che aveva abdicato e scelto il cattolicesimo e la residenza romana) fonda un’accademia chiamandola
Arcadia, con riferimento quindi al mito classico della poesia pastorale, col fine di eliminare dalla poesia
italiana il “cattivo gusto” barocco.
Determinante, nell’accademia dell’Arcadia, è il travestimento pastorale: ogni socio deve assumere un
nome pastorale greco e tutte le attività accademiche devono svolgersi nel bucolico stile di vita dell’antica
Arcadia: il luogo delle riunioni viene definito Bosco Parrasio; l’insegna dell’accademia è la siringa di Pan,
ma il protettore è Gesù Bambino, visitato e onorato dai pastori.
“Il mondo dei salotti contemporanei si trasferisce in ambienti campestri e boscherecci, frequentati da
pastori e da pastorelle …Una società ideale prende il posto di quella reale, e ne riproduce, purificate e
distanziate, le stesse forme e le stesse regole. In questo mondo dell’evasione e dell’artificio, la stessa
natura diventa artificio: i paesaggi sono stilizzati e culturalizzati, come in un teatro sapientemente
costruito, dove va in scena il superficiale rito quotidiano dell’elegante società aristocratica:” (G. Ferroni)

c) Ambito artistico-letterario

ARGOMENTO: L’illuminismo è l’uscita dell’uomo dalla minorità

DOCUMENTI
d) Ambito storico-politico

Argomento: Bene individuale e bene comune

DOCUMENTI
«Ora, le leggi devono essere giuste sia in rapporto al fine, essendo ordinate al bene comune, sia in
rapporto all’autore, non eccedendo il potere di chi le emana, sia in rapporto al loro tenore, imponendo ai
sudditi dei pesi in ordine al bene comune secondo una proporzione di uguaglianza. Essendo infatti
l’uomo parte della società, tutto ciò che ciascuno possiede appartiene alla società: così come una parte in
quanto tale appartiene al tutto. Per cui anche la natura sacrifica la parte per salvare il tutto. E così le leggi
che ripartiscono gli oneri proporzionalmente sono giuste, obbligano in coscienza e sono leggi legittime.»

S. Tommaso D’Aquino (1225-1274), La somma teologica, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 1996

«Da quanto precede consegue che la volontà generale è sempre retta e tende sempre all’utilità pubblica:
ma non ne consegue che le deliberazioni del popolo abbiano sempre la stessa rettitudine. Si vuol sempre
il proprio bene, ma non sempre lo si vede: non si corrompe mai il popolo, ma spesso lo si inganna, ed
allora soltanto egli sembra volere ciò che è male. V’è spesso gran differenza fra la volontà di tutti e la
volontà generale: questa non guarda che all’interesse comune, l’altra guarda all’interesse privato e non è
che una somma di volontà particolari […]. Ma quando si crean fazioni, associazioni parziali a spese della
grande, la volontà di ciascuna di queste associazioni diventa generale rispetto ai suoi membri, e
particolare rispetto allo Stato: si può dire allora che non ci sono più tanti votanti quanti uomini; ma solo
quante associazioni. Le differenze diventano meno numerose, danno un risultato meno generale. […]
Importa dunque, per aver veramente l’espressione della volontà generale, che non vi siano società
parziali nello Stato, e che ogni cittadino non pensi che colla sua testa. […] Finché parecchi uomini riuniti
si considerano come un solo corpo, non hanno che una sola volontà, che si riferisce alla comune
conservazione e al benessere generale. Allora tutte le forze motrici dello Stato sono vigorose e semplici,
le sue massime chiare e luminose; non vi sono interessi imbrogliati, contraddittori; il bene comune si
mostra da per tutto con evidenza, e non richiede che buon senso per essere scorto. La pace, l’unione,
l’uguaglianza sono nemiche delle sottigliezze politiche.»

Jean-Jacques Rousseau, Del contratto sociale o principi del diritto politico, 1762, in Opere, Sansoni,
Firenze 1972

«Vi sono certamente due tipi di uomini: coloro che pensano a sé soli e quindi restringono i propositi
d’avvenire alla propria vita od al più a quella della compagna della vita loro. […] Accanto agli uomini, i
quali concepiscono la vita come godimento individuale, vi sono altri uomini, fortunatamente i più, i quali,
mossi da sentimenti diversi, hanno l’istinto della costruzione. [...] Il padre non risparmia per sé; ma spera
di creare qualcosa che assicuri nell’avvenire la vita della famiglia. Non sempre l’effetto risponde alla
speranza, ché i figli amano talvolta consumare quel che il padre ha cumulato [...]. Se mancano i figli,
l’uomo dotato dell’istinto della perpetuità, costruisce perché un demone lo urge a gettare le fondamenta
di qualcosa.»

Luigi Einaudi, Lezioni di politica sociale, Einaudi, Torino 1949

«La prima [acquisizione] è il superamento del tabù costituito dalla parola "profitto", in pratica citata solo
nella prima delle undici regole di sintesi, senza nessuna ulteriore sottolineatura di una sua importanza
(tecnica, morale, religiosa) che ha occupato decenni di discussione. La seconda è il coraggio con cui si
affronta la necessità di definire con semplicità il contenuto del termine "bene comune". Mi è sembrata
decisiva, al riguardo, l’importanza attribuita ai "benefici immateriali che danno all’uomo un appagamento
spirituale, come i sentimenti, la famiglia, l’amicizia e la pace". Ciò rappresenta una innovazione che
supera sia le antiche mura materialistiche del bene comune sia le più recenti tendenze a valorizzare la sua
dimensione istituzionale, nazionale e anche internazionale. E la terza decisiva acquisizione è quella
relativa alla "centralità dell’uomo come cuore pulsante del bene comune", una acquisizione almeno per
me importante ed inattesa, perché richiama il fatto che noi non dobbiamo sentirci soggetti di domanda di
un bene comune, che altri devono costruire, ma dobbiamo sentirci "motore primario nella organizzazione
e valorizzazione del bene comune, così come Nostro Signore è il motore del creato".»

Giuseppe De Rita, Presentazione di Le undici regole del Bene Comune, Marketing Sociale, 2010

e) Ambito tecnico-scientifico
Argomento: La scoperta dell’energia elettrica e la sua applicazione

DOCUMENTI

“La pila di Volta, ebbe a dire Einstein, è “la base fondamentale di tutte le invenzioni moderne”. [...]
La pila è un prodotto della visione globale della scienza che Volta, studioso fuori ordinanza,
possedeva. A soli vent’anni espone il concetto di unità dei fenomeni elettrici e newtoniani, che
lascia intravedere il moderno concetto di energia. [...] Le proprietà della corrente elettrica vengono
presto scoperte, costruiti motori, illuminate le città e tutto nasce da quello strumento, che Volta
concepisce pur non capendone bene – sia detto senza togliergli nulla - il principio.”

G. M. Pace, A duecento anni dalla pila - Alessandro Volta, lo scienziato elettrico

“Un po’ dovunque in Europa, e in concomitanza negli Stati Uniti e in Giappone, il primo decennio
del secolo vide un’accelerazione dei saggi di crescita economica e, soprattutto, un’espansione
dell’industria fondata sul trinomio elettricità-chimica-automobile e su più ampie forme di
concentrazione produttiva e finanziaria. Dall’età del ferro e del vapore si passò all’era dell’elettricità
e del motore a scoppio. L’avvento del forno elettrico rinnovò le basi dell’industria siderurgica,
creando nuove leghe e acciai speciali, mentre la produzione in grandi centrali di energia elettrica e
la sua distribuzione a distanza emanciparono le imprese da molti vincoli di ordine naturale e i paesi
più poveri di combustibile dalla soggezione ai rifornimenti esteri di carbon fossile. [...] Rilevante fu,
in particolare, l’aiuto fornito dai nuovi istituti di credito all’elettrificazione, premessa fondamentale
allo sviluppo del sistema industriale. [...] L’ambiente economico in cui essa aveva fatto i suoi primi
passi era ancora incerto sugli indirizzi da seguire e sull’effettiva portata delle applicazioni elettriche
sperimentate per la prima volta nel 1879 negli Stati Uniti da Thomas Edison. La società fondata con
lo stesso nome a Milano nel Luglio 1882, per iniziativa del senatore Giuseppe Colombo, aveva
provveduto ad installare nel vecchio teatro di Santa Radegonda, a due passi da piazza del Duomo,
un impianto della potenza di 400 KW e l’anno dopo aveva cominciato a dotare i quartieri centrali di
un sistema di illuminazione stradale permanente. Ma si era dovuto ricorrere all’estero per l’acquisto
dei primi impianti, e l’attività aveva mantenuto per i primi anni un carattere essenzialmente
sperimentale, come d’altronde a Roma, Genova e Livorno dove s’erano realizzate nel frattempo
analoghe iniziative.”

V. Castronovo – L’industria italiana dall’Ottocento ad oggi, Milano, (1980)

Produzione di energia elettrica e consumo nell’industria manifatturiera, in milioni di Kwh


anni produzione consumo anni produzione consumo

1901-10 752 ......... 1960 56.240 31.789

1921-30 7.640 ......... 1965 82.968 46.436

1931-40 14.158 8.785 1970 117.425 67.110

1941-50 19.165 10.701 1975 147.101 76.649

1955 38.124 18.390 1977 166.545 87.293

Nel 1996 la produzione è stata di 232.366 milioni di Kwh.

V. CASTRONOVO, in “Annuario”, De Agostini (1999)

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