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Sanzioni economiche all'Italia fascista

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Le sanzioni economiche all'Italia fascista, chiamate anche assedio societario o
assedio economico dalla propaganda fascista, furono sanzioni economiche
deliberate dalla Società delle nazioni contro l'Italia in risposta all'attacco contro
l'Etiopia che portò alla conseguente guerra d'Etiopia. Le sanzioni rimasero in
vigore dal 18 novembre 1935 sino al 4 luglio 1936.

Indice
Storia
Le sanzioni
Le reazioni in Italia
Note
Bibliografia
Voci correlate
Roma, manifestazione contro le
sanzioni. Nello specifico si tratta di
rappresentanze francesi ospiti a
Storia Roma

Dopo il 1929, l'espansione coloniale divenne uno dei temi favoriti di Mussolini
che aspirava alla costituzione di un impero, che rievocasse i fasti dell'Impero
romano. In questo periodo fu coniata la retorica del "Posto al sole": infatti,
osservava Mussolini, Regno Unito e Francia possedevano importanti imperi
coloniali in Africa e in Asia, così come altre nazioni europee. Inoltre, nel
racconto propagandistico, si voleva vendicare la sconfitta subita nel 1896
durante la Guerra di Abissinia e nella Battaglia di Adua.

Il 3 ottobre 1935 il generale Emilio De Bono ordinò alle proprie truppe stanziate
in Eritrea di attraversare il fiume Mareb raggiungendo e occupando rapidamente
Adua, Axum e Adigrat[1]. L'attacco italiano all'Etiopia violò l'articolo XVI dello 18 novembre 1935, Soave

statuto della Società delle Nazioni, sottoscritto da entrambi gli Stati:

«Se un membro della Lega ricorre alla guerra, infrangendo quanto stipulato negli articoli XII, XIII e XV, sarà
giudicato ipso facto come se avesse commesso un atto di guerra contro tutti i membri della Lega, che qui
prendono impegno di sottoporlo alla rottura immediata di tutte le relazioni commerciali e finanziarie, alla
proibizioni di relazioni tra i cittadini propri e quelli della nazione che infrange il patto, e all'astensione di ogni
relazione finanziaria, commerciale o personale tra i cittadini della nazione violatrice del patto e i cittadini di
qualsiasi altro paese, membro della Lega o no.»
Il 6 ottobre 1935 il Consiglio della Società delle Nazioni condannò ufficialmente
l'attacco italiano, condanna formalizzata quattro giorni dopo dall'Assemblea, che
istituì un comitato composto da diciotto membri incaricati di studiare le misure
da prendere contro l'Italia[2]. Il 3 novembre furono approvate le sanzioni
discusse dal comitato decidendone l'entrata in vigore il 18[2]. Mussolini che
voleva anticipare le sanzioni da posizioni di forza con l'occupazione di tutto il
Tigrai[1], ordinò una nuova l'offensiva verso l'interno che portò a occupare
Macallè l'8 novembre.

Dopo l'occupazione di Addis Abeba da perte del Regio Esercito il 5 maggio si


ripresentò nuovamente il problema delle sanzioni; vari Stati del mondo
premevano affinché queste fossero revocate, in particolare i paesi che avevano
importanti rapporti commerciali come i paesi sudamericani Cile, Argentina,
Uruguay e Guatemala non intenzionati a seguire la Gran Bretagna sulla strada
della fermezza[3]. Lo stesso Mussolini intervistato dal quotidiano britannico
Daily Telegraph mostrò toni più concilianti[4]. Il 30 giugno, su pressione
dell'Argentina, si riunì un'assemblea speciale della Società delle Nazioni nel
corso della quale Hailè Selassiè propose di non riconoscere le conquiste italiane
Cartolina propagandistica contro le
in Etiopia ma la sua proposta fu rifiutata con 23 voti contrari, 1 favorevole e 25
sanzioni
astenuti[5] e il 4 luglio 1936, nel corso della medesima assemblea dopo poco più
di 7 mesi dalla loro promulgazione, la Società delle Nazioni revocò le sanzioni,
il cui fallimento si rivelò un colpo mortale alla credibilità della Società stessa.

Le sanzioni
Il 18 novembre il Regno d'Italia fu colpito dalle sanzioni economiche, approvate
da 50 stati appartenenti alla Società delle Nazioni, con il solo voto contrario
dell'Italia e l'astensione di Austria, Ungheria e Albania[6]. Le sanzioni
risultarono inefficaci perché numerosi Paesi, pur avendo votato la loro
imposizione, continuarono a mantenere buoni rapporti con l'Italia, rifornendola
di materie prime[7]. Fu in questa fase che cominciò un progressivo
avvicinamento tra la Germania di Adolf Hitler e l'Italia di Mussolini. Ciò
nonostante la Germania proseguì la fornitura di armamenti al Negus ancora fino
al 1936[8]. La Spagna e la Jugoslavia, pur avendo votato le sanzioni Il 4 luglio 1936 Benito Mussolini
comunicarono al Governo italiano che non avrebbero inteso rispettarne diverse annunciò la fine delle sanzioni
imposte all'Italia dalla Società delle
clausole[9]. Fu la prima volta nella storia che la Società delle Nazioni decretò
Nazioni dal balcone di Palazzo
delle sanzioni nei confronti di un paese membro[10].
Venezia

Le sanzioni vietarono l'esportazione all'estero di prodotti italiani[10] e all'Italia


l'importazione di materiali utili per la causa bellica[11] Le sanzioni non
riguardarono però materie di vitale importanza, come ad esempio il petrolio e il carbone di cui l'Italia non disponeva[11][12][13].
Gran Bretagna e Francia argomentarono infatti che la mancata fornitura di petrolio all'Italia poteva essere facilmente aggirata
ottenendo adeguati rifornimenti dagli Stati Uniti d'America e dalla Germania nazista che non facevano parte della Società delle
Nazioni[12]. Infatti gli Stati Uniti, pur condannando l'attacco italiano, ritenevano inappropriato che le sanzioni fossero state votate
da nazioni con imperi coloniali come Francia e Gran Bretagna[14].

Le reazioni in Italia
La deliberazione delle pur blande sanzioni fece esplodere il
risentimento dei cittadini italiani contro la Società delle
Nazioni[11] provocando la mobilitazione interna: si cominciò a
raccogliere metalli utili per la causa bellica[11]. L'Italia, per
stigmatizzare le sanzioni, fece immediatamente realizzare
lapidi a "perenne infamia"[12] da esporre in tutti i comuni
italiani. Inoltre, pochi giorni dopo, il partito nazionale fascista
diede il via alla campagna "Oro alla Patria". Un mese dopo la
deliberazione della Società delle Nazioni, il 18 dicembre fu
proclamata la "Giornata della fede", giorno in cui gli italiani
furono chiamati a donare le proprie fedi nuziali d'oro per
sostenere i costi della guerra e far fronte alle difficoltà delle Il 18 novembre 1935 furono adottate le sanzioni
contro l'Italia. Simili lapidi furono disposte in quasi
sanzioni.
tutti i comuni italiani
I canali diplomatici rimasero comunque aperti soprattutto con
la Francia e la Gran Bretagna al fine di poter comunque
giungere a una forma di compromesso[15]. Si arrivò a un
compromesso, noto come Patto Hoare-Laval, che nelle
intenzioni dei proponenti avrebbe dovuto fermare il conflitto in
atto[15]. Si proponeva in sostanza di permettere all'Italia degli
ampliamenti territoriali nel Tigrai orientale e alcune rettifiche
di confine in Dancalia e in Ogaden. Per contro l'Italia avrebbe
ceduto la città di Assab con la stretta fascia di territorio che la
raggiungeva concedendo all'Etiopia l'accesso al mare. Il
documento fu consegnato a Mussolini l'11 dicembre 1935 che
dopo aver temporeggiato si impegnò a discuterlo al Gran
Attestato dell'aeronautica militare che un aviere ha
consiglio del fascismo del 18 dicembre. Ma lo stesso 18 il
consegnato 36,6 g di oro all'erario contro le sanzioni.
ministro degli esteri britannico Samuel Hoare si dimise e al suo
posto si insediò Anthony Eden e nello stesso giorno a Parigi[16]
anche il Negus Neghesti Hailé Selassié espresse il suo rifiuto al piano[15]. Informato del cambio di guardia a Londra, dopo il suo
rientro a Palazzo Venezia, Mussolini lasciò cadere la proposta franco-britannica e il piano non fu nemmeno vagliato[15].

Ciò nonostante, gran parte della società britannica non condivideva le sanzioni[17] e infatti la Gran Bretagna le applicò con un
certo distacco. Escluse dalle sanzioni noli navali e assicurazioni, che costituivano tra i maggiori settori di commercio tra
l'economia italiana e quella britannica.

Un'altra reazione alle sanzioni fu di pianificare e mettere in atto una strategia economica fondata sull'autarchia: l'Italia, al pari
della Germania, tentò di realizzare un'economia indipendente rispetto alle importazioni dall'estero, in modo da diventare
completamente autonoma economicamente e di rendere quindi inutili e inefficaci sanzioni economiche di qualsiasi genere. Con
l'autarchia venne aumentata la produzione di grano e venne dato il via anche a un vasto programma di ricerca scientifica, volto a
scoprire nuovi metodi di sfruttamento delle risorse, presenti nel territorio italiano e nelle sue colonie, o nella loro trasformazione
in oggetti utili in modi diversi da quelli convenzionali. Si deve a questo periodo, ad esempio, lo sviluppo dei tessuti artificiali o
dei carburanti e del carbone sintetico, ma più in generale un forte impulso alla ricerca scientifica in particolare nel campo
farmaceutico e chimico: posizioni di punta assumono in questo periodo la Montecatini, la Anic, l'ACNA, la Società Agricola
Italiana Gomma Autarchica e l'Istituto Guido Donegani.[18]

Il 18 novembre le sanzioni divennero operative e allo scopo di far rispettare l'embargo contro l'Italia, il Governo Britannico inviò
a pattugliare il Mediterraneo la Home Fleet, composta dalle corazzate Nelson e Rodney, dagli incrociatori Orion, Leander,
Neptune, Gyge, Wesse, Veroy, Geva, Valorous, Exeter, Aiax, i cacciatorpediniere Kempenfelt, Comet, Crescent, Faulknor,
Fearless, Fortune, Fame, Forester, Foxhound, Firedrale, Foreight, Froy e i sottomarini Titania, Seawolf, Snapper, Sturgeon,
Swordfish e Oberon, oltre ad altri 3 sottomarini identificati con le sigle "123", "126" e "127", al naviglio di supporto e alla
portaerei Furious. Tale flotta, nel luglio 1936, ricevette l'ordine di rientrare presso le rispettive basi.[19]

Note
1. Enzo Biagi, Storia del fascismo, Vol 2, sadea-Della Volpe Editori, Firenze, stampa Milano, 1964, pag 261
2. Nicola Tranfaglia, Il fascismo e le guerre mondiali, UTET, 2011, pag:309
3. ^ Enzo Biagi, Storia del fascismo, Vol 2, sadea-Della Volpe Editori, Firenze, stampa Milano, 1964, pag 514
4. ^ Enzo Biagi, Storia del fascismo, Vol 2, sadea-Della Volpe Editori, Firenze, stampa Milano, 1964, pag 514-515
5. ^ Enzo Biagi, Storia del fascismo, Vol 2, sadea-Della Volpe Editori, Firenze, stampa Milano, 1964, pag 515
6. ^ Nicola Tranfaglia, Il fascismo e le guerre mondiali, UTET, 2011, pag:309
7. ^ L'inutile guerra delle sanzioni da Mussolini a Putin, su lanostrastoria.corriere.it.
8. ^ Giorgio Candeloro, Storia dell'Italia moderna, 9ª, Feltrinelli, novembre 1981, pp. 396-397, ISBN 88-07-81378-5.
URL consultato il 24 settembre 2012.
9. ^ Giuseppe Parlato nell'articolo "L'Italia resta sola, come la punizione si trasformò in successo" su L'illustrazione
italiana, N°4 anno3, 2012, pag.8
10. Enzo Biagi, Storia del fascismo, Vol 2, sadea-Della Volpe Editori, Firenze, stampa Milano, 1964, pag 289
11. Enzo Biagi, Storia del fascismo, Vol 2, sadea-Della Volpe Editori, Firenze, stampa Milano, 1964, pag. 289
12. Giuseppe Parlato nell'articolo "L'Italia resta sola, come la punizione si trasformò in successo" su L'illustrazione
italiana, N. 4 anno 3, 2012, pag. 8
13. ^ Arrigo Petacco, Faccetta nera. Storia della conquista dell'impero p. 98: "Le misure economiche applicate contro
l'Italia erano peraltro non molto gravose. Si limitavano alla proibizione di qualsiasi credito e all'embargo sulle armi
e su una serie di prodotti necessari alle industrie di guerra, salvo però il carbone e il petrolio. Soprattutto di
quest'ultimo l'Italia aveva assoluto bisogno, visto che allora non ne produceva neppure un litro".
14. ^ Arrigo Petacco, Faccetta nera. Storia della conquista dell'impero p. 99 "Secondo il governo di Washington,
tradizionalmente anticolonialista, la guerra all'Abissinia era certamente ingiusta e l'Italia meritava la condanna, ma
altrettanto era ingiusto che le sanzioni fossero state applicate per volontà del Regno Unito che, essendo un
impero coloniale, non aveva maggiori giustificazioni dell'Italia. Meglio quindi restarne fuori e mantenere buoni
rapporti con gli italiani".
15. Enzo Biagi, Storia del fascismo, Vol 2, sadea-Della Volpe Editori, Firenze, stampa Milano, 1964, pag. 290
16. ^ Enzo Biagi, Storia del fascismo, Vol 2, sadea-Della Volpe Editori, Firenze, stampa Milano, 1964, pag. 315
17. ^ Arnold H.M. Jones e Elizabeth Monroe, Storia d'Etiopia, 1935: "Nessuno dovrebbe avere a ridire
sull'espansione italiana, notevole e pressante. L'Italia è una nazione che abbisogna di materie prime per le sue
industrie in via di sviluppo e di uno sbocco per la sua popolazione in eccesso. È arrivata ultima nella corsa alle
colonie e a causa di un governo inefficiente è stata poco considerata alla Conferenza di Versailles. Le si deve una
riparazione".
18. ^ Roberto Maiocchi, Gli scienziati del duce: il ruolo dei ricercatori e del CNR nella politica autarchica del
fascismo, Carocci, 2003.
19. ^ La Home Fleet torna alle basi, La Stampa, 10 luglio 1936

Bibliografia
Petra Terhoeven Oro alla Patria, Il Mulino, 2006.
Enzo Biagi, Storia del fascismo, Vol 2, sadea-Della Volpe Editori, Firenze, stampa Milano, 1964.
Renzo De Felice Breve storia del fascismo, Mondadori, 2002.
Ennio di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali 1918-1999, Laterza, Roma-Bari, 2005.
J. P. Diggins, L'America, Mussolini e il fascismo, Laterza, Roma-Bari, 1982.

Voci correlate
Anic
ACNA
Autarchia
Colonialismo italiano
Centro Ricerche per le Energie Non Convenzionali - Istituto Eni Donegani
Montecatini (azienda)
Oro alla Patria
Società delle Nazioni
Società Agricola Italiana Gomma Autarchica

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