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PER IL CONTROLLO
STRATEGICO
E GESTIONALE
1. Coordinatore degli Assessori dell’Area Affari Finanziari in seno alla Conferenza dei Presidenti delle
Regioni e Province autonome.
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PREFAZIONE
DELLA SEGRETERIA DELLA CONFERENZA
DEI SERVIZI DI CONTROLLO
DELLE REGIONI E PROVINCE AUTONOME
I due obiettivi fondamentali che hanno spinto le diverse strutture di controllo inter-
no delle Regioni e Province autonome a costituirsi in Conferenza possono essere sin-
tetizzati nei seguenti:
Il primo obiettivo è stato realizzato, anche se non una volta per tutte, data la conti-
nua evoluzione in atto, con l’indagine interregionale sui sistemi di controllo e di valu-
tazione, svolta dalla Regione Lombardia e dalla Regione Veneto. L’indagine, presenta-
ta alla Costituente della Conferenza il 3 dicembre ‘98 a Roma, ha infatti prodotto un
Annuario con l’articolazione organizzativa delle strutture di controllo interno e dei
relativi responsabili di tutte le Regioni, nonché una dettagliata analisi delle attività
svolte, dei principali prodotti realizzati e dei sistemi di valutazione adottati.
Per realizzare il secondo obiettivo si sono costituiti diversi gruppi di lavoro
interregionali, ognuno dei quali responsabile di approfondire tematiche particolari e
di interesse per la Conferenza.
Tra i temi che sono sembrati più urgenti da affrontare, data la situazione dif-
ferenziata tra le varie Regioni, divisa tra esperienze consolidate e difficoltà operative,
e data la revisione del quadro normativo di riferimento in materia, è subito emerso
quello basilare della condivisione di alcuni concetti fondamentali, della ricerca di una
metodologia comune e della definizione di un possibile modello di riferimento per
implementare o riordinare, alla luce dei principi del decreto 286/99, il sistema com-
plessivo dei controlli interni.
In questo senso, il Manuale per il controllo strategico e gestionale, predispo-
sto dal gruppo di lavoro coordinato dalla Regione Lombardia, realizza pienamente il
mandato assegnatogli. Il Manuale rappresenta infatti uno strumento di chiarificazio-
ne e di riflessione organica nell’ambito di un possibile modello complessivo di piani-
ficazione e controllo.
L’architettura “a tendere” proposta nel Manuale non è un modello prescritti-
vo e sbaglierebbe chiunque la considerasse tale e, come tale, volesse applicarlo alla
propria realtà senza gli inevitabili aggiustamenti e adattamenti. È piuttosto uno sti-
molo alla crescita graduale e guidata dei sistemi e degli strumenti di supporto alle
autonome decisioni nelle singole realtà regionali.
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INTRODUZIONE
DI EZIO LATTANZIO1
La stesura del Manuale per il controllo strategico e gestionale, a supporto del ridise-
gno dei controlli interni nelle Regioni, è un’occasione per ricordare come il salto di
qualità dei sistemi di controllo non sia solo un’opportunità, ma una necessità per il
successo della più generale riforma della pubblica amministrazione italiana.
Tale salto di qualità è infatti la condizione per assicurare, ai livelli politico e
manageriale, la responsabilizzazione dei decisori e le condizioni perché essi possano
operare con successo.
Le prime esperienze degli anni ‘90 di introduzione di sistemi di controllo nelle ammi-
nistrazioni pubbliche italiane, sulla spinta del D.lgs 29/93, hanno assunto come rife-
rimento modelli di controllo prescrittivi e burocratici, in taluni casi addirittura fordi-
sti. Tali scelte erano coerenti con le caratteristiche di modelli organizzativi basati sulla
gerarchia e sull’adempimento.
L’esigenza, ormai irrinunciabile, di passare ad una gestione per obiettivi e
risultati, impone il riposizionamento dei sistemi di controllo e, quindi, il ridisegno dei
modelli di riferimento.
1. Ezio Lattanzio, partner Lattanzio e Associati e responsabile scientifico del gruppo di lavoro inter-
regionale della Conferenza dei Servizi di Controllo delle Regioni e Province Autonome.
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INDICE
Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 5
Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
ALLEGATI
APPENDICE
L’obiettivo del presente Manuale è andato via via focalizzandosi nel corso di nove
mesi di lavoro, da febbraio ad ottobre 1999.
Di fatto, nel mandato iniziale affidatoci dalla Conferenza, il Manuale doveva
rappresentare un punto metodologico di riferimento per tutte le Regioni e consentire
la confrontabilità dei dati a livello interregionale. Il suo titolo era infatti Manuale ope-
rativo e Sistema di Indicatori.
La situazione di partenza delle diverse Regioni e la stessa evoluzione normati-
va di questi mesi ci hanno però rapidamente indotto a rivedere il taglio da dare al
Manuale. Da un lato ci si è infatti rapidamente resi conto di quanto fossero diverse le
amministrazioni regionali (missioni, ambiti di attività, caratteristiche organizzative) e
i mondi nei quali esse operano (sanità, attività produttive, servizi sociali, trasporti,
ecc.), per cui non erano concepibili soluzioni pass par tout e, dall’altro, bisognava
cominciare a fare i conti con i nuovi principi di riordino del sistema dei controlli inter-
ni nelle Amministrazioni pubbliche italiane previste dallo schema di decreto legislati-
vo, poi approvato a luglio 1999 dal Governo (D.lgs. n.286/99), che hanno messo in
crisi i modelli precedenti.
È apparsa quindi evidente la necessità di avviare una riflessione organica su
un possibile modello complessivo di programmazione e controllo che:
In sostanza, e potremmo dire, paradossalmente, proprio per essere più concreti, abbia-
mo rinunciato all’operatività del manuale per lavorare invece sul modello complessivo di
riferimento del sistema di controlli interni, delle relazioni tra di loro e delle relazioni
con il processo di programmazione.
Come già detto, il Manuale si focalizza sulle funzioni di Controllo strategico e Con-
trollo gestionale (nel gergo del D.lgs 286/99).
Tali funzioni sono però solo due delle componenti di un sistema più ampio
(sistema complessivo di programmazione e controllo), da cui la necessità di affronta-
re nel Manuale (per quanto in termini molto generali) gli aspetti delle relazioni con
gli altri Sistemi di programmazione e controllo, contigui a quelli strettamente ogget-
to dello studio (controllo strategico e controllo gestionale).
Per quanto riguarda la struttura del Manuale, fatto da operatori per operatori, si è scelto
di privilegiare un’articolazione che lo rendesse, al di là del suo carattere concettuale,
uno strumento di lavoro al quale le singole Amministrazioni possano fare riferimen-
to nella progettazione dei propri sistemi di programmazione e controllo.
Di conseguenza si è scelta la seguente articolazione:
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cretamente alla più generale riforma istituzionale e organizzativa in atto nelle
Regioni. Da cui la focalizzazione delle finalità alle quali i sistemi di pianificazio-
ne e controllo si devono orientare.
I punti precedenti sono da considerare come delle istruzioni ma anche delle cautele
per l’uso.
Al gruppo di lavoro hanno partecipato, oltre alla Regione Lombardia che lo ha coor-
dinato, altre otto Regioni: l’Abruzzo, la Calabria, il Lazio, le Marche, il Piemonte, la
Toscana, la Valle d’Aosta e il Veneto. La rappresentanza regionale nel gruppo di lavo-
ro è stata quindi molto ampia, comprendendo regioni piccole e grandi, settentriona-
li e meridionali, a statuto ordinario e speciale, con più o meno consolidate esperien-
ze di controllo di gestione.
Il gruppo di lavoro ha costituito al suo interno dei sottogruppi per la realizza-
zione delle diverse attività. In particolare:
• la Regione Veneto ha curato gli aspetti di raccordo con le altre Regioni in ter-
mini di censimento dei dati necessari nel corso del lavoro;
• la Regione Abruzzo ha contribuito con una riflessione sulle diverse forme dei
controlli interni e in particolare, a ritagliare i confini dei controlli interni,
rispetto a quelli esterni;
Più in generale:
1. Cfr. il secondo modulo della ricerca affidata all’I.Re.R Il rapporto di gestione con particolare riferimen-
to agli indicatori di risultato prevista nel PRIR 99.
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lavori, ed ha quindi potuto validare le scelte di merito, anche in funzione
delle esigenze di coordinamento con gli altri gruppi di lavoro;
• infine Ezio Lattanzio e Gabriella Volpi hanno curato la stesura finale del Ma-
nuale.
Il gruppo di lavoro si è riunito per la prima volta l’11 febbraio 1999 ed è subito emer-
sa una forte diversità delle situazioni di partenza delle Regioni partecipanti e, conse-
guentemente, l’esigenza di pervenire ad una omogenizzazione dei componenti il
gruppo in termini di linguaggio e modelli di riferimento.
Il prodotto del workshop è stata l’elaborazione della struttura del Manuale per il con-
trollo strategico e gestionale e del piano operativo di lavoro, con l’individuazione di
una serie di fasi, tempi e responsabili. Il piano operativo è stato poi riportato alla
Segreteria Tecnica che l’ha discusso e fatto proprio, consentendoci di procedere nel
lavoro programmato.
Segreteria
4 marzo Roma Presentazione e Convalida del progetto
tecnica
Segreteria
28 ottobre Roma Presentazione e convalida del Manuale
tecnica
Referente
2 novembre Milano Presentazione e convalida del Manuale
politico
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1.5. I FUTURI SVILUPPI
Come si è detto, il gruppo di lavoro ha cominciato ad operare a febbraio 1999, con l’i-
dea di realizzare un manuale operativo che, muovendosi all’interno del modello preva-
lente nelle diverse realtà regionali, sostanzialmente di PPC (Pianificazione, Program-
mazione e Controllo), come meglio definito più avanti nel testo, ne approfondisse una
parte, individuata nel sistema di indicatori per la misurazione dell’attività svolta.
A questo punto sono individuabili almeno tre linee di ulteriore sviluppo del lavoro
del gruppo, ma più in generale, della stessa Conferenza, in direzione:
Su alcune di queste linee sono già attivi alcuni gruppi di lavoro interregionale. Il con-
tributo del Manuale, sotto questo aspetto, è quello di aiutare a riorganizzare, in una
logica di raccordo e coordinamento, quanto già si sta facendo per cercare di riempire
i vuoti che ancora permangono, o di evitare eventuali sovrapposizioni.
La normativa di riferimento per il sistema dei controlli, interni ed esterni, è molto ampia,
per cui si preferisce rinviare all’Appendice 1 per una sua presentazione più puntuale.
Qui ci limitiamo a descrivere solo le attuali linee evolutive, così come vengo-
no delineate dalle seguenti novità normative:
L’Appendice 2, per comodità degli operatori, contiene il testo originale dei provvedi-
menti considerati e prima elencati.
Tale distinzione contribuisce a chiarire le finalità dei diversi tipi di controllo e i rela-
tivi destinatari.
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Tavola 1 - Le tipologie di controllo interno
Oltre a distinguere tra le diverse funzioni di controllo interno, il D.lgs 286/99 indivi-
dua le strutture competenti allo svolgimento delle previste funzioni e la loro colloca-
zione organizzativa:
Le suddette preclusioni derivano dalla concezione del controllo di gestione come auto-
controllo, all’interno quindi del processo di programmazione e controllo, a salva-
In particolare dalla scelta di quanto e cosa “prendere” dai principi e dalle disposi-
zioni previste dal D.lgs 286/99 (art.1) possono nascere dei vincoli maggiori o
minori a seconda se, ad esempio, si preferisce allinearsi ai soli principi o alle
disposizioni specifiche sui singoli sistemi.
Tale situazione, però, può portare a delle grandi opportunità, quale ad
esempio la possibilità di rivedere nel merito le singole funzioni di controllo.
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Gli ultimi Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL) prevedono, di
conseguenza, una serie di adempimenti per le strutture di controllo interno. In
particolare:
Per quanto attiene al contratto del personale non dirigenziale, gli adempi-
menti previsti sono:
Va peraltro osservato che il D.lgs 286/99 norma solo la valutazione della Dirigen-
za, prevedendo inoltre che:
• la valutazione della dirigenza di nomina politica si basi anche sui dati del
sistema di Controllo strategico;
• pensare prima di agire, che significa, ex ante, supportare i decisori nella indivi-
duazione delle priorità e nella selezione dei progetti da finanziare definendo
un vero e proprio business plan, con l’indicazione delle finalità degli interven-
ti, dei risultati attesi, e dell’architettura generale del progetto;
• garantire l’uso corretto e trasparente delle risorse pubbliche, che significa prevede-
re meccanismi di controllo/ispettorato tradizionale e/o forme di auditing più
evolute.
Vanno in questa direzione sia i due Regolamenti della Commissione europea sui con-
trolli finanziari sulle operazioni cofinanziate dai Fondi strutturali (n.2064/97 e n.
2406/98), che la L. n.144/99 in materia di investimenti pubblici.
In particolare, i due regolamenti prescrivono alle Regioni di dotarsi di strut-
ture incaricate di verificare, attraverso controlli campionari sul 5% dei progetti cofi-
nanziati, l’efficienza e l’efficacia dei sistemi di gestione e controllo utilizzati.
La legge n.144/99 prescrive alle Regioni di dotarsi di Nuclei di valutazione per
la valutazione e la verifica degli investimenti pubblici, utilizzando metodologie ana-
loghe a quelle previste per i progetti cofinanziati con Fondi strutturali.
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• dei decisori (Consiglio e Giunta) e degli utenti;
• tipi di uso:
La recente riforma del Bilancio Statale e la prevista modifica della legge quadro di conta-
bilità regionale (L.n.335/76) vanno in questa direzione. In particolare, la prossima rifor-
ma della legge quadro di contabilità regionale2 introduce, analogamente al bilancio sta-
tale, un bilancio politico su cui l’organo legislativo regionale è chiamato ad esprimere il
proprio consenso, integrato da un bilancio gestionale, con fini comunque autorizzatori.
Il Bilancio politico è articolato in Funzioni obiettivo e in Unità Previsionali di
Base (UPB), determinate con riferimento alle aree omogenee di attività su cui la Regio-
ne ha competenza.
Il bilancio amministrativo, a fini gestionali e di rendicontazione, disaggrega
le UPB in capitoli di spesa.
In questo modo viene salvaguardato:
• contabilità economica;
La tavola 2 posiziona l’Ente Regione all’interno del proprio ambiente sociale, econo-
mico ed istituzionale di riferimento, evidenziando gli attori e le principali relazioni
con gli stessi.
Vi sono evidenziate, da un lato, le relazioni istituzionali con la Unione europea
e lo Stato, che indirizzano e regolano l’attività regionale ed erogano finanziamenti, e
con le Province e i Comuni, e per taluni aspetti anche le Comunità montane, che
invece ne attuano i piani e programmi. Dall’altro le relazioni orizzontali con la società
civile, vale a dire i singoli cittadini, le imprese, le organizzazioni sociali e funzionali
che, da un lato, forniscono risorse attraverso il sistema di prelievo fiscale generale, dal-
l’altro esprimono i bisogni e sono i destinatari delle politiche.
1. L. 59/97 “Delega al governo per il conferimento di funzioni e compiti alle Regioni ed Enti locali,
per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa” e relativi decre-
ti legislativi di attuazione.
2. La proposta di Finanziaria 2000 prevede che vengano aboliti i vincoli di destinazione dell’IRAP e
dell’addizionale IRPEF alla spesa sanitaria.
3. PdL in discussione alle Camere di modifica degli art. 121, 122, 123 e 126 della Costituzione.
Regione
Cittadini
Risorse Attività
Missioni
Imprese istituzio-
nali Obiettivi
Organizzazioni Cittadini
Prodotti
Enti locali
Comunità
Province Comuni
Montane
Le Regioni, in quanto enti di governo di livello superiore e nei quattro ambiti di inter-
vento (istituzionale, sociale, economico, e territoriale) previsti dal DPR 616/77, esercita-
no soprattutto funzioni di programmazione, di riparto delle risorse, di vigilanza, di indi-
rizzo e di coordinamento, nonché dispongono del potere sostitutivo (in caso di inadem-
pienza degli enti locali nell’esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi confe-
riti) e di revoca della delega o subdelega (nel caso di persistente inadempienza, violazio-
ne di leggi o di non adeguamento alle direttive ed indirizzi da parte degli enti locali).
Per semplificare, le attività attraverso le quali la Regione cerca di perseguire le
proprie finalità istituzionali possono essere sintetizzate nelle seguenti quattro4:
4. La semplificazione delle attività rielabora in parte la classificazione proposta da MAIN in una ricer-
ca realizzata per la Regione Lombardia nell’ambito del Programma annuale di ricerche di interesse
regionale 1996: Indagine sul portafoglio dei prodotti/servizi realizzati dalle strutture della Giunta regionale.
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delle autonomie locali e, più in generale, al territorio, le opportunità, le ini-
ziative, gli interventi intrapresi.
Queste attività non sono ovviamente alternative, ma anzi tendono ad essere contem-
poraneamente presenti nelle modalità di intervento regionale, sebbene con peso diver-
so. Per esempio, nel settore dell’Urbanistica sarà preponderante l’attività di regolazio-
ne ed eventualmente di vigilanza rispetto alle altre; nel settore delle Attività produt-
tive avrà più peso l’attività di erogazione di finanziamenti e di sostegno, ma anche di
informazione e comunicazione.
Naturalmente la preponderanza di una funzione sulle altre non dipende solo
dal settore di intervento, ma anche dalle sue modalità organizzative e gestionali. Nel
settore della Formazione professionale, per esempio, l’attività di formazione può esse-
re svolta direttamente tramite CFP5 regionali, o indirettamente attraverso CFP conven-
zionati. La funzione di vigilanza sarà necessariamente molto più sviluppata in questo
secondo caso che nel primo.
Tra i diversi principi che sono alla base dei conferimenti di funzioni agli enti locali7, oltre
a quello fondamentale di sussidiarietà, vanno ricordati, dal punto di vista del nostro
interesse, i principi di efficienza ed economicità e di adeguatezza, in relazione all’idonei-
tà organizzativa dell’amministrazione ricevente, a garantire l’esercizio delle funzioni.
In sostanza il processo di trasferimento delle competenze, dallo Stato alle
Regioni e dalle Regioni agli Enti locali, deve rappresentare un momento di razionaliz-
zazione e di semplificazione dell’attività amministrativa. Ciò significa prevedere e ren-
dere effettivo un sistema di monitoraggio dello stesso processo di trasferimento, oltre
che delle attività trasferite, non solo a fini meramente di controllo, ma anche e soprat-
tutto per garantire la piena realizzazione del processo stesso di decentramento nelle
modalità più efficienti ed efficaci possibili.
Con il D.lgs 29/93, che ha introdotto il principio della separazione della responsabi-
lità politica e gestionale ed ha previsto l’istituzione di strutture di controllo e valuta-
zione, e ancora più con la L. 94/97, che ha dato attuazione al principio riformando il
bilancio dello Stato, l’ente pubblico si è orientato verso un sistema di governo della
gestione teso a garantire nel contempo:
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ga si accompagni ad un processo di formalizzazione del sistema dei controlli8.
Uno stimolo alla suddetta formalizzazione è venuto anche dall’introduzione
dei sistemi di valutazione della dirigenza e dalle prescrizioni della Corte dei Conti in
tema dei controlli interni (art.3, comma 4, L.20/94).
Obiettivi
Risorse
Responsabilità allocate
In generale, il primo passo è stata l’esplicitazione del legame tra risorse e respon-
sabili, con l’introduzione, in alcune realtà anche di adeguati strumenti informati-
vi di supporto (sistemi di reporting finanziari più articolati a frequenza di rileva-
zione infra-annuale). Per quanto riguarda il collegamento tra obiettivi e risorse e
tra obiettivi e responsabilità il livello di formalizzazione è ancora inadeguato.
In Regione Lombardia è stata avviata ed è operativa dall’inizio del 1999, presso tutte
le Direzioni generali, una procedura informatizzata denominata Scheda unica,
messa a punto da un gruppo di lavoro interdirezionale (Direzioni Generali: Presi-
denza, Bilancio e controllo di gestione, Affari Generali). Questa procedura si propo-
ne di realizzare la triangolazione Obiettivi/Centri di responsabilità/ Risorse, monito-
rando, per centro di responsabilità, l’utilizzo delle risorse assegnate ad un determi-
nato obiettivo e verificandone il raggiungimento dei risultati nei tempi prefissati.
8. Non è un caso che il decreto legislativo di riordino del sistema dei controlli interni sia previsto
proprio dalla legge Bassanini uno che prevede il trasferimento di competenze dallo stato alle Regioni e
agli enti locali.
Abruzzo SI SI
Basilicata SI SI10
Calabria Previsto SI
Campania Previsto SI
Emilia Romagna SI SI
Friuli Venezia Giulia SI Previsto
Lazio SI SI
Liguria 11
SI
Lombardia SI SI SI
Marche SI SI
Molise SI
Piemonte SI SI
Puglia Previsto Previsto
Sardegna In fase di costituzione In fase di costituzione SI
Sicilia NO NO
Toscana SI SI
Umbria SI SI
Valle d’Aosta SI Previsto
Veneto SI SI
Bolzano SI12
Trento Previsto Previsto Previsto
9. Aggiornamento ad ottobre 1999 a cura della dott.ssa Lisa Burlinetto della Regione Veneto.
10. Sono stati istituiti due nuclei, uno per il Consiglio ed uno per la Giunta.
11. Sono state istituite due Servizi rispettivamente per il Consiglio e per la Giunta.
12. Struttura unica ma con due unità separate e indipendenti.
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3.4. L’ORIENTAMENTO DEI SISTEMI IN FUNZIONE
DELLE ESIGENZE DA SODDISFARE
1. orientamento ai risultati;
6. miglioramento della cooperazione tra multi enti / diversi attori nel ciclo di
PeC.
1. Orientamento ai risultati
• una certa competitività, non solo tra pubblico e privato, ma anche all’inter-
no dello stesso pubblico, che introduce elementi di valutazione e confronto,
si va quindi sempre più affermando un modello gestionale per obiettivi e per risultati.
Tale modello, che interessa particolarmente le attività progettuali e innovative, con
attenzione all’efficacia dei risultati raggiunti rispetto agli obiettivi programmati, si va
• rafforza il senso di responsabilità del dirigente nei confronti degli obiettivi lui
attribuiti;
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li, a quelli ambientali e territoriali, e come per ognuno di questi ambiti, siano diverse
le modalità di intervento13.
Qualsiasi sistema di controllo andrà quindi costruito su misura intorno ai
diversi oggetti di controllo, e tenendo conto delle loro modalità gestionali (processi) ed
organizzative (strutture e responsabilità).
In sostanza ciò significa specializzare i sistemi rispetto a:
Il sempre più frequente ricorso alla esternalizzazione dei servizi e delle attività (out-
sourcing), attraverso forme nuove di gestione, tramite la costituzione di Agenzie, Enti
strumentali, Società partecipate e collegate, richiede che vengano rafforzati i sistemi
di controllo verso le macchine delegate.
Tali sistemi in particolare devono:
13. Semplificando, tali modalità di intervento sono state ricondotte a quattro: legislazione e regola-
zione; erogazione e sostegno; comunicazione e informazione; vigilanza e controllo.
6. Miglioramento della cooperazione fra multi enti / diversi attori nel ciclo di PeC
• richiede che vi sia congruenza tra i diversi piani, progetti e interventi e tra
questi e le risorse disponibili per la loro realizzazione;
• richiede la cooperazione tra i diversi attori per la gestione, non solo del sin-
golo accordo, ma di tutti gli accordi in essere, data la logica di intersettoria-
lialità e trasversalità sottintesa agli accordi stessi.
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Tavola 5 - L’orientamento dei sistemi dei sistemi di controllo in funzione delle esigenze
da soddisfare
Orientamento del
Fattori di contesto Finalità
sistema di PeC
Questa parte del Manuale illustra le proposte per l’evoluzione dei sistemi di program-
mazione e controllo nelle amministrazioni regionali.
L’insieme delle proposte è illustrato ipotizzando una architettura “a tendere”
del sistema di PeC, in particolare per quanto riguarda le componenti del Controllo
strategico e del Controllo di gestione.
Con il termine sistema di PeC si intende l’insieme dei seguenti elementi collegati
tra di loro:
• le azioni che vengono messe in atto dai decisori e dai loro collaboratori
per raccogliere e diffondere i concetti, le idee e le decisioni adottate.
Il termine architettura del sistema di PeC è usato per indicare una serie di scelte pro-
gettuali di carattere generale relative ai seguenti aspetti:
N.B. Non sono fornite linee guida, nemmeno generali, per gli aspetti di carattere
organizzativo e sui sistemi informativi e statistici, perché è corretto che tali aspet-
ti siano affrontati all’interno delle singole Regioni.
Architettura “a tendere”
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Infine si precisa che, per facilitare, ora e nel futuro, l’attività degli operatori nelle sin-
gole realtà e il confronto fra le varie Regioni nell’ambito della Conferenza, si è deciso
di conformarsi, ove possibile, al linguaggio introdotto dal D.lgs 286/99, senza con
questo appiattirsi sulle soluzioni previste dal decreto stesso, anzi facilitando l’esplici-
tazione delle peculiarità per le Regioni.
Come già detto, il Manuale è uno strumento per gli operatori negli interventi di ridi-
segno e/o sviluppo dei sistemi di PeC e, come tale, può essere utile alla riflessione che
autonomamente devono svolgere all’interno della propria amministrazione regionale.
In ogni caso è opportuno precisare come la definizione completa dell’archi-
tettura a tendere comporta un lavoro di progettazione ulteriore, a valle delle linee
guida generali espresse nel presente Manuale.
Ovviamente l’ipotesi, come detto più volte nel Manuale, costituisce una con-
figurazione alla quale le singole amministrazioni possono e non devono fare riferimen-
to, nella riflessione al proprio interno per l’inevitabile riposizionamento dei modelli con-
seguenti al contesto. Infatti, al di là dell’autonomia istituzionale ed organizzativa
delle Regioni, la progettazione dei sistemi di controllo in una qualunque organizza-
zione e, quindi anche negli Enti pubblici, deve tenere conto in primo luogo delle spe-
cificità delle singole realtà. In questo caso le soluzioni scelte all’interno delle singole
regioni dovranno tenere conto delle dimensioni, dell’organizzazione, della storia e del
valore delle esperienze già realizzate in precedenza.
I due riquadri sintetizzano gli elementi di prescrittività ed i gradi di libertà del-
l’architettura proposta.
conseguentemente:
• alle relazioni dei sistemi di PeC con gli altri sistemi: ad esempio quelli di
programmazione e rendicontazione economica e finanziaria.
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Valutazione (dei responsabili di primo livello) e controllo strategico
Le funzioni sintetizzate sopra sono distribuite con forme e responsabilità diverse sui
ruoli decisionali che gli ordinamenti delle amministrazioni regionali prevedono. La
figura successiva fornisce una sorta di mappa di copertura dei vari sistemi rispetto
ai diversi ruoli decisionali e ai principali processi decisionali che ogni ruolo deve
sostenere.
Combinazio-
Guida
Ruoli ne obiettivi/ Governo Valutazione/
Indirizzo della
risorse dell’inno- Verifica di
(Politiche) macchina
(routine e vazione regolarità
operativa
innovazione)
Sistema
Autorità di Programmazione Sistema di valutazione
politica Strategica e impatto e controllo strategico
delle politiche
Sistema
di valutazio-
Alta ne dei
direzione dirigenti
Controllo
di regolarità
Sistema di Programmazione amministra-
Management e controllo di gestione tiva
Intermedio e conta-
bile
Management
operativo
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raccordo: ad esempio, tra valutazione e controllo strategico e controllo di
gestione nella traduzione degli obiettivi strategici in obiettivi manageriali per
i C.di R. di primo livello;
Funzioni di Funzioni di P. e C.
Funzioni Tipologie
P.e.C. previste previste
Elementari di P.e C. di controllo
nel modello dal D.lgs 286/99
Supporto
Governo e regia Non prevista
alle decisioni
Programmazione dell’innovazione dal D. lgs 286/99
(di indirizzo)
strategica
e impatto Supporto Valutazione e verifica
Pianificazione e controllo
delle politiche alle decisioni degli investimenti
degli investimenti
(di indirizzo) pubblici (L. 144/99)
Il regolamento
Programmazione Supporto
CE 2064/97 e 2406/98
e impatto alle decisioni
norma solo
dei fondi strutturali (di indirizzo)
la programmazione
Supporto
alle decisioni
Controllo di attuazione
(di indirizzo)
del piano (le direttive)
Internal
Auditing
Valutazione
Valutazione
e controllo Valutazione dirigenti
Valutazione e controllo strategico
strategico C.d.R. 1° livello
Verifiche di adeguatezza
della macchina ammini- Internal
strativa (affidabilità, Auditing
funzionalità, coerenza)
Regolamenti CE
Verifiche ispettive
Internal 2064/97 e 2406/98
sul corretto e trasparente
Auditing (controlli a campione
uso dei fondi strutturali
5%)
Supporto
Budgeting e reporting
alle decisioni Controllo di gestione
direzionale
(manageriali)
50
Funzioni di Funzioni di P. e C.
Funzioni Tipologie
P.e.C. previste previste
Elementari di P.e C. di controllo
nel modello dal D.lgs 286/99
Controllo delle
Valutazione Valutazione
prestazioni dei C.d.R. Valutazione
dei dirigenti dei dirigenti
(livello inferiore al 1°)
Verifiche Internal
Controlli di legittimità Controllo di regolarità
di regolarità Auditing
amministrativa
amministrativa Controlli di regolarità Internal e contabile
e contabile contabile Auditing
Proprietari sono
Proprietario Proprietari
l’organo politico
è il gestore sono
Proprietario nella valutazione
del processo gli organi
Destinatari è l’organo dei C.d.R di primo
(C.d.R. politici
politico livello e i responsa-
a tutti e i vertici
bili amministrativi
i livelli) amministrativi
di primo livello
Finalizzato Finalizzato
Finalizzato
a supportare al governo Finalizzato
alla verifica
le scelte del processo alla verifica delle
della macchi-
Orientamento di indirizzo per il rag- prestazioni
na e del siste-
e di macro giungimen- dei Dirigenti ai vari
ma complessi-
allocazione to dei risul- livelli
vo gestionale
delle risorse tati
Variabile
Orizzonte Pluriennale Annuale secondo Annuale
le esigenze
È di tipo Opera
Frequenza Ad intervalli continuati- per eccezione Ad intervalli
vo e ad hoc
Elementi distintivi
1. Adriano De Maio, Claudio Patalano, Modelli organizzativi e di controllo nel sistema bancario, Ed. Edi-
bank, 1995, pag. 112.
52
La seconda tipologia: il controllo di internal auditing
Elementi distintivi
Elementi distintivi
Le prime esperienze degli anni ‘90 di introduzione di sistemi di controllo nelle ammi-
nistrazioni pubbliche italiane, sulla spinta del D.lgs 29/93, hanno assunto come rife-
rimento modelli di controllo prescrittivi e burocratici, in taluni casi addirittura fordi-
sti. Tali scelte erano coerenti con le caratteristiche di modelli organizzativi basati sulla
gerarchia e sull’adempimento.
L’esigenza, ormai irrinunciabile, di passare ad una gestione per obiettivi e
risultati impone il riposizionamento dei sistemi di controllo e, quindi il ridisegno dei
modelli di riferimento. Tale salto di qualità è infatti la condizione per assicurare, ai
livelli politico e manageriale, la responsabilizzazione dei decisori e le condizioni per-
ché essi possano operare con successo.
Il modello al quale fa riferimento l’architettura proposta è, prima di tutto,
basato sul concetto dell’autocontrollo e della responsabilità manageriale che deve indi-
rizzare l’organizzazione verso i risultati attraverso azioni di pianificazione, di correzio-
ne della rotta e di ripianificazione. Lo schema base di riferimento può essere rappre-
sentato come un ciclo, in cui, due sistemi, “direzione e controllo” e “realizzazione”,
si condizionano reciprocamente. Ciascun sistema è caratterizzato da momenti tipici:
l’interpretazione e valutazione dei dati e la conseguente progettazione/ correzione.
54
Tale schema base viene applicato, in modo diversificato, nei diversi sistemi
secondo le varie focalizzazioni e i vari scopi e ambiti previsti per ciascuno di essi.
“Bisogna operare una sorta di rivoluzione copernicana, passando da una logi-
ca di verifica del rispetto di norme astratte ad una logica basata sulla conoscenza del
sistema organizzativo, del soggetto controllato e dei risultati”2.
Non riprendiamo in questa sede le considerazioni relative alla necessità di
superare la configurazione dei cicli di programmazione e controllo che, attualmente,
caratterizza quasi tutte le realtà nelle amministrazioni pubbliche italiane, perché il
tema è già stato affrontato in occasione del precedente convegno della Conferenza dei
Servizi di controllo interno delle Regioni e Province autonome a Potenza, nei giorni
9-10 giugno 1999. Si rimanda quindi agli atti di tale convegno3.
La Tavola 9 rappresenta la macro configurazione dei cicli, così come prevista
nella architettura a “tendere”.
Interpre-
tazione Obiettivi CdR
di I° livello
Indirizzi e piano Interpre-
e Politiche di auditing tazione
Sistemi
di programmazione Sistema
strategica e impatto di valutazione
delle politiche e controllo
strategico
Attuazione
Rilevazione
Interpre-
tazione Interpreta- Piano Interpre-
Obiettivi zione verifiche tazione
dirigenti
Budget
direzionale
Sistemi Sistema
Sistemi
di programmazione di regolarità
di valutazione
e controllo amministrativa
dirigenti
di gestione e contabile
Rilevazione
Attuazione Rilevazione Rilevazione
Macchina Operativa
Ciclo di autocontrollo
Ciclo di auditing e/o valutazione
Flusso informativo
2. Luigi Campagna, Claudio Patalano, Luciano Pero, L’audit sulle attività amministrative, in “Svilup-
po e organizzazione”, n. 140, nov-dic 1993, E.S.T.E.
3. Ezio Lattanzio, Il riposizionamento dei modelli di controllo, atti del convegno “Controllo strategico,
controllo di gestione e sistemi di valutazioni – Le esperienze delle Regioni italiane a confronto”, Poten-
za 9-10 Giugno 1999, pagg. 31-47.
• le relazioni che intercorrono tra i diversi cicli secondo una logica di integra-
zione in un sistema complessivo dei controlli non unico ma nemmeno slega-
to tra i diversi distinti sistemi di programmazione e controllo interno. Vengo-
no, infatti, nella figura rappresentati diversi collegamenti del flusso informa-
tivo tra i cicli dei sistemi di auto –controllo e di questi con quelli di auditing
e/o valutazione;
In questo paragrafo si presentano soltanto i criteri generali con cui nei vari sistemi si
decidono gli oggetti specifici da controllare.
Il problema della scelta è stato suddiviso in tre livelli.
Primo livello: il livello delle focalizzazioni generali di ciascun sistema per il quale nel
Manuale sono state effettuate le opzioni illustrate nella seguente tavola 10.
Usualmente per i sistemi di PeC esistono due leve di regolazione di questa
focalizzazione o due variabili di scelta principali:
• il mix tra i mezzi (come), e i fini (cosa), , nel senso che gli oggetti del control-
lo possono essere più spostati verso i mezzi, cioè verso le operazioni e gli stru-
menti messi in atto, oppure verso i fini, cioè verso i risultati finali attesi e rea-
lizzati indipendentemente dai mezzi che saranno utilizzati;
• il livello di dettaglio, nel senso che i diversi oggetti di controllo possono essere
considerati con diversi livelli di dettaglio anche in funzione della fattibilità
effettiva.
56
Tavola 10 - Variabili di scelta degli oggetti di controllo
Programmazione
strategica e impatto
Basso delle politiche
Controllo di attuazione
piano
Valutazione dirigenti
Controllo
Livello di gestione
Medio
di dettaglio
Verifiche Verifiche
di regolarità di adeguatezza
amministrativa
e contabile
Alto
• maggiormente spostata sui “fini” e con un livello di dettaglio basso per i siste-
mi di programmazione strategica e impatto delle politiche e di controllo di attua-
zione del piano;
• risultati generali: si intende con questa espressione gli effetti positivi attesi dal-
l’ambiente esterno relativamente ai grandi fini istituzionali dell’amministra-
zione regionale (quale ad esempio i risultati della lotta alla droga, delle poli-
tiche di occupazione, di politica sanitaria, di livello di servizio complessivo,
offerto, etc…)
• sulla tavola non sono posizionati i sistemi di controllo della regolarità ammi-
nistrativa e contabile, perché non orientati al controllo delle performance ma
a controlli di tipo formale, non evidenziati nella tavola.
58
Tavola 11 - Focalizzazione dei sistemi di P. e C. per ruolo e tipo di performance
Tipo di performance
2
1 3
Qualità, quantità 4
Prestazioni Risultati
e costi dei Innovazione
del Processo generali
prodotti/servizi
Autorità
politica Programmazione strategica
e impatto delle politiche
Verifiche Controllo di attuazione del piano
di adeguatezza
Alta della macchina
direzione
Ruoli
Management P. e C Direzionale
intermedio Valutazione dei dirigenti
P. e C operativo
Gestione progetti
innovativi
Management
operativo
• una geometria variabile delle griglie di piano per i sistemi di PeC a livello strate-
gico che consente di adattare alle esigenze del pensiero strategico gli schemi
di pianificazione anno per anno;
• una forte personalizzazione del sistema di PeC direzionale ai vari ambienti orga-
nizzativi (i dipartimenti) e ai vari tipi di C.di R, che consente anche una loro
evoluzione specifica nel tempo relativamente semplice e agevole a fronte di
cambiamenti nell’organizzazione;
• il controllo sulla attuazione degli indirizzi, dei programmi strategici e delle diret-
tive impartite dalla Giunta da parte dei Centri di responsabilità amministra-
tiva (management)
La funzione di valutazione è:
Nei prossimi paragrafi si sviluppano le due funzioni elementari del controllo strategi-
co (Controllo di attuazione del Piano e Verifiche di adeguatezza della macchina), le
quali nel sistema di Programmazione e controllo sono parti di un sistema complessivo.
60
4.5.1. Il controllo di attuazione del piano
Le finalità
La verifica dell’attuazione degli indirizzi definiti a livello strategico risponde alla logi-
ca disciplinata dal decreto legislativo n.29/93, che attribuisce i compiti di indirizzo e
controllo all’Autorità politica e quelli di gestione e attuazione al management. La
modalità attraverso cui questa previsione si realizza consiste nell’assegnazione, da
parte dell’Autorità politica, degli obiettivi ai dirigenti generali e la conseguente dele-
ga di responsabilità e di incarichi ai dirigenti subordinati.
Tale situazione comporta la necessità che chi compie le scelte di indirizzo
(Autorità politica) debba avere l’indispensabile informazione sullo stato di attuazione
dei scelte da parte del management, al fine di verificare eventuali scostamenti, com-
prenderne le cause (ad esempio capire se il problema di un mancato raggiungimento
di alcune scelte strategiche sia dovuto ad una non corretta valutazione dell’ambiente
o ad un difetto nella attuazione) e, di conseguenza, assumere le necessarie decisioni in
termini di azioni correttive.
Le ipotesi base
Le ipotesi base per il sistema del controllo di attuazione del piano sono:
Oggetto del controllo di attuazione sono gli obiettivi di piano assegnati dall’Autorità
politica (le “direttive”), a traduzione degli indirizzi e dei piani strategici.
La scelta dei parametri di controllo, da assumere come indicatori per la misura-
zione del raggiungimento degli obiettivi di piano, è svolta dal Servizio di controllo inter-
no, di concerto con i responsabili dei Centri di responsabilità amministrativa di primo
livello, responsabili dell’attuazione degli obiettivi stessi. Tali parametri sono scelti nella
fase di formalizzazione del piano e costituiscono parte integrante del piano stesso.
Le finalità
Le ipotesi base
62
• ritenere che l’attività di verifica di adeguatezza della macchina debba essere
di tipo conoscitivo e non incidente. Per conoscitivo si vuole intendere che l’at-
tività di verifica di adeguatezza della macchina ha come oggetto di osserva-
zione il management, gli obiettivi, il processo ed i risultati ma senza alcun
potere gerarchico e/o decisionale.
Gli oggetti della funzione di verifica e di adeguatezza della macchina possono essere
distinti a secondo degli obiettivi di affidabilità, funzionalità e coerenza.
• assetti organizzativi
• processi decisionali
Affidabilità
• sistemi di rilevazione e di informazione
• efficacia dei controlli direzionali/operativi
Ognuna delle tre funzioni elementari sopra esplicitate è esercitata attraverso un pro-
prio autonomo e distinto ciclo di funzionamento che “produce valore aggiunto”. Tali
cicli sono ovviamente integrati tra loro a livello informativo.
La tavola 12 che segue rappresenta:
• le relazioni con gli altri sistemi di PeC (a supporto delle decisioni) contigui:
Piano
Interpreta- CdR
zione di primo Interpreta-
livello zione
Indirizzi
e Politiche
Sistemi Controllo
di programmazione di attuazione
strategica e impatto del piano Obiettivi
delle politiche CdR Interpreta-
di primo zione
Rilevazione livello
Attuazione
Indirizzi Rilevazione
Valutazione DG
Direttive di CdR di primo livello
Relazione
di primo livello
di rendiconto
Interpreta-
zione Interpre-
Budget tazione
Rilevazione
direzionale
Pianifica-
Sistemi zione delle
di programmazione verifiche Verifica
e controllo di adeguatezza
di gestione della macchina
Attuazione Rilevazione
Rilevazione
Altri fattori
di valutazione
Processo Processo
Per quanto riguarda le relazioni della funzione di Controllo strategico con gli altri sistemi
di PeC si osserva che:
• la funzione di Controllo di attuazione del piano riceve gli indirizzi dal momen-
to di attuazione del sistema di programmazione strategica e valutazione di impat-
to delle politiche e li traduce negli obiettivi di piano dei Centri di responsabili-
tà di primo livello;
• le informazioni utili per la rilevazione dei dati finalizzati alla valutazione dei
responsabili dei C.d.R. di primo livello provengono dall’interpretazione/ valuta-
zione dei dati della funzione di controllo di attuazione del piano. Tale rileva-
64
zione è integrata anche da altre informazioni, provenienti dal momento di
interpretazione del ciclo del sistema di verifica di adeguatezza della macchina
e da eventuali altre fonti per la consuntivazione dei dati relativi agli altri fat-
tori di valutazione, eventualmente previsti negli obiettivi dei C.d.R. di primo
livello nel primo momento del ciclo di valutazione;
Combinazione Guida
Governo Valutazione/
Indirizzo obiettivi/risorse della mac-
dell’Inno- Verifica
(politiche) (routine china
vazione di regolarità
e innovazione) operativa
Le tre funzioni elementari sono descritte più dettagliatamente nei paragrafi seguenti in
relazione alle loro finalità, utenti ed esigenze, ipotesi di base ed oggetti del controllo.
Infine vengono rappresentati i cicli e le relazioni delle tre funzioni elementa-
ri di controllo di gestione.
Le finalità
66
Gli utenti e le esigenze
• la cosiddetta linea direzionale, vale a dire i responsabili dei C.d.R. ai vari livel-
li, a supporto dei quali il sistema viene costruito;
• gli staff specialistici di supporto alla gestione che, ai vari livelli e nei diversi
ambienti organizzativi, devono attivare i sistemi per supportare la linea dire-
zionale con analisi dei dati, la loro raccolta e interpretazione.
Le ipotesi base
• che il sistema di PeC direzionale (budgeting e reporting) sia lo strumento per l’as-
segnazione degli obiettivi a cascata ai livelli inferiori, ma anche di supporto alle
manovre correttive per migliorare le performance e adattarsi ai cambiamenti
nell’ambito delle leve gestionali rese disponibili a tutti i livelli di responsabi-
lità. I livelli superiori dovrebbero perciò conoscere con tempestività i risulta-
ti, in modo da sollecitare e concordare per tempo adeguate manovre corretti-
ve con i livelli sottostanti, che possono riguardare anche più uffici e scambi
di risorse (team direzionale);
• che il budget sia lo strumento per la negoziazione tra i vari livelli, e cioè che i
valori contenuti nel budget (i numeri) siano il risultato non solo di una asse-
gnazione dall’alto, ma anche di una verifica di fattibilità dal basso. La nego-
ziazione di cui si parla non è perciò una contrattazione tra parti autonome e
indipendenti per raggiungere una mediazione, ma è piuttosto un dialogo tra
manager per approfondire le modalità ottimali di raggiungimento dei risulta-
ti finali. Questo tipo di negoziazione, perciò, non deve rendere vaghi gli obiet-
tivi, ma piuttosto responsabilizzare maggiormente la linea manageriale nel
suo complesso;
• che il sistema di PeC direzionale, che definisce gli obiettivi assegnati e ne mette
in evidenza il grado di raggiungimento, sia affiancato da un sistema comple-
mentare di PeC operativo, che metta concretamente in condizione il manage-
ment di manovrare per raggiungere tali obiettivi.
Le finalità
• far funzionare nel migliore dei modi la macchina produttiva in risposta alla
domanda effettiva;
68
proprietà del sistema è innanzitutto dei decisori che li utilizzano.
Le esigenze a cui il sistema operativo risponde sono:
Le ipotesi base
La prima scelta è che il budget direzionale sia il riferimento per la gestione e che quin-
di gli obiettivi manageriali definiti nel budget direzionale (le obbligazioni negoziate)
diano i riferimenti complessivi per la gestione, ma lascino ai manager uno spazio di
discrezionalità da gestire con il supporto dei sistemi di PeC operativo.
In particolare il raggiungimento degli obiettivi dei manager di un livello può
passare attraverso la revisione in corso d’anno degli obiettivi operativi dei livelli sot-
tostanti, per adeguare la capacità di risposta del sistema alle eventuali evoluzioni
dello scenario.
La seconda scelta è l’individuazione delle responsabilità operative anche ai
livelli alti della catena direzionale. In questo senso la responsabilità complessiva della
gestione compete comunque ai livelli superiori che affrontano le decisioni di sistema
e delegano ai livelli inferiori gli obiettivi operativi di volta in volta più idonei per
orientarne la gestione.
La terza scelta è di supportare a tutti i livelli l’uso delle leve che permettono
di incidere proattivamente nella gestione dei servizi, per migliorare sia il livello di ser-
vizio che la produttività delle risorse.
Le finalità
Le ipotesi base
La prima scelta è che il budget direzionale sia il riferimento per la gestione e che quin-
di gli obiettivi manageriali definiti nel budget direzionale (le obbligazioni negoziate)
diano i riferimenti complessivi per il governo dell’innovazione, ma lascino ai mana-
ger uno spazio di discrezionalità da gestire con il supporto dei sistemi di gestione ope-
rativa dei progetti di innovazione.
70
La seconda scelta è legata al riconoscere che:
La gestione dei progetti di innovazione può comportare una gestione dinamica degli
obiettivi direzionali negoziati.
Di seguito sono rappresentati i cicli e le relazioni delle funzioni elementari che com-
pongono il sistema di controllo di gestione.
Dalla figura emerge quanto segue:
Macchina Operativa
Ciclo di controllo
Flusso informativo
Utente dei sistemi non è solo la linea direzionale ma anche gli staff specialistici di sup-
porto alla gestione che, ai vari livelli, devono attivare i sistemi e sostenere la linea nel-
l’analisi dei dati, nella loro raccolta e interpretazione.
Si ricorda che la struttura degli organismi di pianificazione e controllo non è
oggetto del presente Manuale, perché demandata alla autonomia organizzativa delle sin-
gole Regioni.
Si ricorda che, comunque, il D.lgs 286/99 prevede una serie di preclusioni che
non riprendiamo in questo paragrafo, perché già evidenziate nel paragrafo 2.2.2.
Dal punto di vista dell’articolazione dei decisori e della struttura degli organi-
smi dedicati all’esercizio dei sistemi di pianificazione e controllo, è opportuno affron-
tare la ricerca delle soluzioni, a partire dalla situazione e dalle esigenze specifiche delle
diverse realtà, anche tenuto conto delle dimensioni dell’Ente pubblico.
In linea di massima ci sembra opportuno che il modello gestionale:
72
- organismi di auditing interno (autonomi e responsabili delle valutazioni
emesse);
La applicazione, alle diverse realtà di queste linee guida, assume particolare rilevanza
per garantire le seguenti idee ispiratrici:
4. Ezio Lattanzio, Luciano Pero, Il ridisegno dei sistemi di controllo nella Pubblica Amministrazione, in
“Sviluppo e Organizzazione”, Luglio-Agosto 1999, pagg. 95-112, E.S.T.E.
Autorità politica
Valutazione
e controllo strategico
Manager
(centri di Responsabilità)
74
5. I PROBLEMI APERTI PER LE REGIONI
Si è già detto che la proposta di architettura delineata nel capitolo 4 precedente, così
come per tutti gli altri aspetti contenuti nel presente Manuale, è solo un modello
generale al quale le singole Regioni possono e non devono fare riferimento.
La ricerca delle soluzioni specifiche è infatti da costruire “in loco”, a partire
dalle dimensioni, dalla storia, dalle esperienze già realizzate, dal modello organizzati-
vo e dalle finalità di ogni singola regione.
In ogni caso, comunque, la definizione completa dell’architettura “a tendere”
comporta un lavoro di progettazione ulteriore a valle delle linee guida generali e della
proposta formulata nel presente Manuale.
Al fine di prefigurare al tempo stesso:
• e le scelte da compiere nelle singole Regioni per continuare, anzi talvolta per
intraprendere il percorso di sviluppo;
nel seguito si segnalano alcune delle principali domande alle quali ogni singola Regione
deve, nella propria autonomia, dare risposta per “chiudere” su una architettura “a ten-
dere” completa e concreta.
• Ecc…
• Ecc..
• Cosa decentrare?
• Sopravvive una funzione centrale? Con quale ruolo? Sono possibili molte
soluzioni? In ogni caso sono da trovare delle modalità che, al minimo,
consentano di mantenere il livello di omogeneità necessario per assicura-
re l’alimentazione informativa del sistema di controllo strategico
• Ecc.
E) I sistemi informativi
F) Le relazioni tra i sistemi di PeC di supporto alle decisioni (Progr. strategica e controllo
di gestione) e il sistema di programmazione e rendicontazione economico finanziario
• Come integrare il ciclo del bilancio con gli altri due cicli?
76
G) Le relazioni tra sistemi di PeC e sistemi di valutazione dei dirigenti
• Quali relazioni?
Nella parte precedente del Manuale, è stata descritta l’architettura “a tendere” per l'ar-
ticolazione complessiva dei sistemi di PeC delle Amministrazioni regionali.
Ovviamente, come sempre accade nei progetti di innovazione dei sistemi
gestionali, la distanza tra la situazione attuale e l’architettura “a tendere” implica la
necessità di definire un processo di avvicinamento. Più in particolare nelle singole
Amministrazioni regionali, sono da individuare le priorità e, di conseguenza, un
piano di attivazione dei diversi sistemi di PeC previsti “a tendere” e/o delle loro com-
ponenti.
Il presente capitolo illustra i punti di attenzione da considerare, le modalità
di avvicinamento e, infine, le argomentazioni a sostegno delle proposte effettuate.
Le scelte sulle proposte effettuate rispondono alla necessità di contemperare tre esi-
genze:
Il rispetto degli obiettivi, dei tempi e dei risultati attesi dai progetti operativi richiede
comunque, nella singola Regione, la predisposizione di un piano di gestione del cam-
biamento.
Come già detto, al fine di concretizzare delle ipotesi sulle modalità di avvicinamento
alla architettura “a tendere” proposta, il gruppo di lavoro ha dovuto ricostruire le
“situazioni di partenza” tipiche nelle diverse realtà regionali.
Il censimento di tali situazioni tipiche è stato effettuato attraverso una inda-
gine rivolta a tutte le dieci Regioni coinvolte nel gruppo di lavoro.
Le Regioni che hanno fornito le informazioni sono:
• Regione Abruzzo
• Regione Liguria
• Regione Lombardia
• Regione Marche
• Regione Piemonte
• Regione Toscana
• Regione Veneto
• la pianificazione operativa
• principali contenuti
• frequenza di emissione
• orizzonte temporale
• tempestività
80
Per ognuno dei seguenti aspetti, è stato richiesto di evidenziare quanto previsto a
livello normativo e/o procedurale e quanto effettivamente avviene nei processi reali.
L’indagine, condotta sulla base dello schema di lettura descritto nel paragrafo prece-
dente, ha condotto alle seguenti conclusioni:
Tutte le Regioni hanno organizzato, per quanto con diversi livelli di procedu-
ralizzazione, il ciclo di pianificazione e controllo con un modello comune, corrispon-
dente al modello più diffuso nelle pubbliche amministrazioni italiane e usualmente
definito nel gergo degli operativi modello P.P.C.( da Pianificazione strategica, program-
mazione operativa e controllo di gestione).
Per la descrizione dei sistemi P.P.C., si rimanda ad una recente pubblicazione
di uno degli autori del presente Manuale (Ezio Lattanzio, in collaborazione con Lucia-
no Pero1) che descrive le caratteristiche, la storia e le criticità di tali modelli.
Il riquadro successivo contiene alcuni spunti estratti da tale pubblicazione e,
a nostro avviso, utili in questa sede.
In tutte le Regioni sono molto deboli i collegamenti tra il ciclo di pianificazione e control-
lo e il ciclo di programmazione e rendicontazione economico/finanziaria. Esistono certa-
mente livelli diversi di qualità di tali collegamenti e numerosi sono i tentativi recen-
ti e presenti di migliorare, ma di fatto nessuna realtà può dichiarare di aver risolto
compiutamente questo aspetto.
Al contrario, è molto diversificata la realtà nelle singole Regioni dal punto di vista
delle esperienze concrete realizzate e quindi della disponibilità di metodologie, sistemi e
strumenti.
Di conseguenza, variegate sono anche le soluzioni adottate per gli aspetti di
carattere organizzativo concernenti le strutture dedicate alla gestione dei sistemi di
PeC, sulla numerosità di tali strutture, sulla attribuzione dei compiti e livello/tipolo-
gia di dipendenza gerarchica.
Volendo “forzare” una classificazione, per quanto “grossolana”, comunque
adeguata alla nostra esigenza di individuare dei “percorsi tipici” corrispondenti, è pos-
sibile individuare le tre “situazioni tipiche”, descritte nel seguito.
1. Ezio Lattanzio, Luciano Pero, Il ridisegno dei sistemi di controllo nella Pubblica Amministrazione, in
“Sviluppo e Organizzazione”, Luglio-Agosto 1999, pagg. 95-112, E.S.T.E.
Pianificazione strategica
Programmazione
Consuntivazione periodica
Più in dettaglio, le principali caratteristiche, comuni alla quasi totalità dei sistemi,
sono:
82
tempi di emissione elevati, in genere superiori a quelli necessari per indi-
viduare e praticare le azioni correttive. Spesso i report sono emessi con
alcuni mesi di ritardo.
Punti di forza
• terreno vergine;
Punti di debolezza
Punti di forza
Punti di debolezza
84
Terza situazione tipica (Situazione C)
Punti di forza
Punti di debolezza
La tavola 16 sintetizza una diagnosi dei punti di forza e di debolezza nelle tre diverse
“situazioni tipiche”, come punto di partenza verso l’adozione delle ipotesi di architet-
tura dei sistemi di controllo interno proposta nel seguente Manuale.
Riteniamo opportuno riepilogare gli aspetti che devono essere presidiati dalle singole
regioni, per garantire il successo del più generale intervento di riordino del sistema
complessivo dei controlli interni. In particolare:
86
valenza culturale che comporta l’introduzione di strumenti di PeC: il tentati-
vo di modificare il modello gestionale con la responsabilizzazione per obiet-
tivi e risultati del management;
• dare agli utenti dei sistemi (in primis i Centri di responsabilità ai vari
livelli) la possibilità di attivare subito i cicli di PeC, anche se in forma par-
ziale. Questo significa imparare “a fare l’auto-controllo della gestione”;
Le modalità di avvicinamento nei tre casi tipici sono illustrate nei tre paragrafi finali
del presente capitolo, sulla base di uno schema logico complessivo comune presenta-
to nel paragrafo 6.3.2 successivo.
La costruzione dei percorsi di avvicinamento nelle tre situazioni tipiche è stata effet-
tuata a partire da uno schema logico fornito dalla consulenza e già sperimentato in
molti progetti di sviluppo di sistemi di PeC.
Lo schema logico, comunque, comprende una serie di elementi presenti in
tutti i percorsi di avvicinamento. Cambiano le priorità, la sequenza dei passi e i tempi.
In alcuni casi alcuni elementi non sono compresi perché già risolti (passi già compiu-
ti) in precedenza.
Gli elementi comuni e sempre presenti sono:
• la progettazione di dettaglio delle singole componenti, cioè dei sistemi che rea-
lizzano l’architettura;
88
I tre paragrafi successivi descrivono le modalità di avvicinamento proposte nelle tre
situazioni tipiche differenziando in termini generali le priorità e i passi rispetto agli ele-
menti dello schema logico, sopra elencati.
Le esigenze
• costruire delle base di dati, per quanto “grossolane”, anche per alimentare i
sistemi di valutazione dei dirigenti.
Passo 1 Passo 2
Piano di cambiamento
Passo 3-7
Progettazione Sistemi
Sensibilizzazione
Passo 5-9
delle risorse umane
Passo 6
Modello
Attivazione del ciclo
di PeC
Passo 4-8
Le esigenze
Piano di cambiamento
Ridisegno del modello
complessivo di PeC
Passo 4
Sensibilizzazione
Passo 5
Attivazione del ciclo
di PeC
Progettazione
di dettaglio
Passo 6
Sistemi informativi
e statistici
90
6.3.5. Le modalità di avvicinamento per le Regioni nella situazione C
Le esigenze
• decentrare i sistemi di PeC gestionale, a riprova del passaggio dal modello pre-
scrittivo e burocratico al modello di “autocontrollo”.
Piano di cambiamento
Ridisegno del modello
complessivo di PeC
Passo 4
Sensibilizzazione
Progettazione
di dettaglio
Passo 6
Sistemi informativi
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nizzazione”, n. 140, novembre-dicembre 1993,
Lattanzio E., Volpi G. (2000), Un modello per il
E.S.T.E.
controllo strategico, in “Guida agli Enti locali”, n.
De Maio A., Patalano C. (1995), Modelli organiz- 16, 2000.
zativi e di controllo nel sistema bancario, Edibank.
94
ALLEGATI
1. ESEMPLIFICAZIONE SPERIMENTALE
DELLA ARCHITETTURA PROPOSTA
1.1. LA METODOLOGIA
• che proprietari dei sistemi sono i decisori ai vari livelli, i quali possono inter-
venire con azioni correttive sui processi operativi nei limiti della discreziona-
lità ad essi assegnata;
ALLEGATI 97
• individuare, sulla base dei processi decisionali, i fabbisogni informativi in ter-
mini di fenomeni che è necessario tenere sotto controllo (previsioni, consun-
tivazione, monitoraggio e valutazione) e, di conseguenza, gli indicatori di
misurazione di tali fenomeni, i tempi, i modi, ecc.
1. individuazione dei principali profili di ruolo dei decisori ai vari livelli, segmen-
tando la analisi su quattro livelli di riferimento:
• indirizzo
• innovazione
• programmazione e controllo
• guida operativa
2. individuazione dei processi decisionali tipici dei suddetti profili di ruolo ai quat-
tro livelli nei singoli mondi operativi (es. sanità, formazione professionale,
servizi sociali, ecc..) in relazione alle quattro tipologie di attività istituzionale
di una regione:
3. mappatura dei processi decisionali reali nei singoli settori di intervento scelti
per la sperimentare sulla carta del modello;
98
4. individuazione dei fabbisogni informativi in termini difenomeni e indicatori
di misurazione.
La varietà dei modelli organizzativi e gestionali è molto forte, sia tra i settori di una
stessa regione, sia, a maggior ragione, tra gli stessi settori di diverse regioni, tenendo
conto delle specificità economiche, sociali, storiche, culturali e territoriali.
Le due tabelle successive illustrano la modulistica predisposta per l’analisi dei
fabbisogni informativi:
Modulo A
Ambiti decisionali da supportare
Ambiti decisionali tipici
Ruoli
Programmazione Guida operativa
Indirizzo Innovazione
e controllo Decisioni operative
Autorità
politica
Alta
direzione
Management
Intermedio
Management
operativo
ALLEGATI 99
Modulo B
Possibili fenomeni da osservare e relativi indicatori
Ambiti decisionali tipici
Ruoli
Programmazione Guida operativa
Indirizzo Innovazione
e controllo Decisioni operative
Autorità
politica
Alta
direzione
Management
Intermedio
Management
operativo
La materia verrà completamente delegata alla competenza delle Province; alla Regio-
ne resterà una funzione di programmazione e controllo; le risorse finanziarie ed
umane verranno assegnate alle Province.
Lo studio, dovendo costituire un esempio utile al lavoro del Gruppo, viene con-
dotto sulla situazione precedente alla delega, caratterizzata da una competenza mista.
La Regione gestisce infatti direttamente una parte dell’attività formativa,
quella finanziata dal Fondo Sociale Europeo; per essa la Regione individua il fabbiso-
gni formativo, redige il Piano Triennale della Formazione Professionale, finanzia i
corsi che rientrano nelle finalità in esso previste, eroga i finanziamenti (a consuntivo)
ai Centri di Formazione Professionale che organizzano i corsi; fondamentale è anche
la funzione di monitoraggio dell’attività corsuale.
Accanto a tale attività c’è quella già delegata alle Province, l’attività ordina-
ria, portata avanti attraverso le Scuole Regionali di Formazione professionale. Per
quest’ultima, la Regione conserva la funzione di recepimento dei Piani Provinciali,
di controllo sulla rendicontazione dei corsi, di erogazione delle risorse finanziarie
alle Province.
Questo carattere differenziato dell’azione formativa può essere utile per una
descrizione più completa della “mission” dell’Ente Regione, nei quattro ambiti indi-
viduati:
100
Legislazione / Regolazione: è l’attività per la quale è più complessa la distinzione tra gestio-
ne diretta e delega. Se, infatti, essa comprende scelte generali di programmazione certa-
mente comuni ai due livelli (definizione delle priorità formative, in coerenza con gli
obiettivi del PRS), per la sostanza della funzione le decisioni da prendere sono diverse:
Le decisioni sono quindi nettamente diverse: per la prima, scelta dei corsi da finanzia-
re, piani di riparto, controllo sugli obiettivi formativi, monitoraggio dell’attività; per
la seconda, criteri di riparto fondi tra le Province, tempi di erogazione.
ALLEGATI 101
AMBITI DECISIONALI DA SUPPORTARE
Attività di legislazione/regolazione
Ambiti decisionali tipici
Ruoli Programmazione Guida operativa
Indirizzo Innovazione
e controllo Decisioni operative
Riorganizzazione Adozione
Direttive
amministrativa Regolamenti
Alta Applicative
interna Interni
direzione Piani e DOCUP
(Circolari) (Deliberazioni
(atto consiliare)
Giunta Regionale)
Management Valutazione
Intermedio in itinere della Concorso alla
corrispondenza definizione dei
Management tra criteri e criteri di gestione
operativo gestione operativa
Verifica coerenza
Tasso di disoccupazione per aree
obiettivi PRS
Autorità geografiche, fasce d’età e titolo di studio;
politica Verifica attuazione
numero di imprese e di addetti per
PRS (fattibilità
settore produttivo (possibile indicatore
finanz.)
di struttura della domanda formativa)
domanda reale in rapporto ai posti
disponibili Valutazione
indicatori di effi-
domanda di professionalità nuove:
cienza finanziaria
Alta richieste figure nuove
% impegni
direzione richieste figure emergenti
% pagamenti
tempi di redazione e approvazione
% residui prodotti
dei piani
e pagati
Management
Intermedio
Management
operativo
102
AMBITI DECISIONALI DA SUPPORTARE
Attività di erogazione
Ambiti decisionali tipici
Ruoli Programmazione Guida operativa
Indirizzo Innovazione
e controllo Decisioni operative
Criteri di riparto
Definizione delle
Autorità Scelta corsi da risorse disponibili
politica finanziare in
(bilancio
relazione al fabbi-
di previsione)
sogno formativo
Criteri di Utilizzazione
Autorità ammissibiltà corsi delle risorse
politica (analisi delle pro- (efficienza
poste formative) finanziaria)
C Indicatori
Alta di efficienza:
direzione osti Corsi di F.P.
N. partecipanti (totali
soddisfatti/ e per allievo)
partecipanti Tempi di realizza- Tempi medi
% occupati zione Corsi di F.P. di rendicontazione
ad un anno Numero medio corsi dai Centri
Management
sugli idonei di allievi per corso di F.P.
Intermedio
% occupati Durata media corsi
nella qualifica
sugli idonei Costo medio Tempi medi
nella qualifica per allievo di erogazione
Costo medio ai Centri di F.P.
Salario medio
dopo per giornata
la formazione %posti disponibili
Management su richieste
operativo
% idonei su posti
iniziali disponibili
% di abbandono
ALLEGATI 103
AMBITI DECISIONALI DA SUPPORTARE
Attività di vigilanza
Ambiti decisionali tipici
Ruoli Programmazione Guida operativa
Indirizzo Innovazione
e controllo Decisioni operative
Gestione funzione
di vigilanza (moni-
Concorso toraggio, servizio
Management alla verifica ispettivo, controllo
Intermedio degli strumenti contabile)
di vigilanza
Raccordo con
i servizi finanziari
Management
operativo
Personale addetto
Autorità
all’attività
politica
di controllo
Ricognizione
Funzionalità
standard corsuali
per Corsi di F.P. Procedure
Alta Verifica attualità
N° partecipanti Tempi
direzione degli standard
N° ore / corso Costi
altro Verifica n° contenziosi
Indicatori
di efficienza:
104
AMBITI DECISIONALI DA SUPPORTARE
Attività di informazione
Ambiti decisionali tipici
Ruoli Programmazione Guida operativa
Indirizzo Innovazione
e controllo Decisioni operative
Definizione
dimensione uten-
Autorità za da raggiungere,
politica periodo di promo-
zione e strumenti
da utilizzare
Relazioni con
Individuazione
la committenza Verifica raggiungi-
possibili bacini Stipula contratti
Alta pubblica e privata mento obiettivi
di utenza di consulenza
direzione (ricerche, studi, campagne
e quantificazione e collaborazione
campagne informative
utenza potenziale
informative ecc.)
Relazione
Management Affidamento con l’utenza
Intermedio incarichi (incontri, semina-
ri, workshop ecc.)
Management
operativo
N° di utenti
raggiunti
Utenza potenziale Tempi
Alta giornali
Aggiornamento di attuazione
direzione TV
studi e ricerche promozione
sportelli
informativi
Esame affidabilità
Management e requisiti Utenza informata:
Intermedio consulenti
e collaboratori
depliants
distribuiti
giornate
Management di Workshop
operativo
ALLEGATI 105
1.3. IL CASO DEL SETTORE “SERVIZI SOCIALI” NELLA REGIONE PIEMONTE
Aspetti normativi
La legge regionale 13 aprile 1995, n. 62 - Norme per l’esercizio delle funzioni socio-assi-
stenziali identifica come obiettivi generali “la tutela del diritto di cittadinanza sociale
delle persone e la tutela ed il sostegno della famiglia”.
I principi ispiratori sono: rispetto della dignità della persona e del suo diritto
alla riservatezza; superamento dell’istituzionalizzazione, privilegiando servizi e inter-
venti mirati al mantenimento, all’inserimento ed al reinserimento della persona nel
contesto familiare, sociale, scolastico e lavorativo; superamento delle logiche di assi-
stenza differenziata per categorie di assistiti; coordinamento ed integrazione dei servi-
zi socio-assistenziali con i servizi sanitari, educativi, scolastici, dell’Amministrazione
giudiziaria e con tutti gli altri servizi sociali territoriali; riconoscimento dell’apporto
originale ed autonomo del privato sociale; promozione e incentivazione delle varie
forme di solidarietà liberamente espresse dai cittadini e dalle forze sociali; promozio-
ne ed incentivazione di tutte le forme di integrazione di cittadini di culture diverse.
Il Piano socio-sanitario triennale della Regione (PSSR), approvato con legge, determina,
per quanto attiene la programmazione socio-assistenziale integrata con la program-
mazione sanitaria:
106
a) gli obiettivi prioritari articolati per settori di intervento;
g) gli indirizzi per l’integrazione delle attività socio-assistenziali con i servizi ter-
ritoriali ed in particolare con il servizio sanitario regionale, disciplinando le
modalità ed i criteri della messa a disposizione di personale e mezzi per l’eser-
cizio delle attività integrate e per la costituzione di gruppi di lavoro interdi-
sciplinari;
i) gli indirizzi e le modalità per l’esercizio delle funzioni svolte dalle Province e
per la predisposizione della programmazione locale;
l) gli indirizzi per l’inserimento, nella gestione associata dei servizi socio-assi-
stenziali, di altri servizi sociali svolti dai Comuni che partecipano alla gestio-
ne stessa;
La Regione individua nella gestione associata la forma gestionale idonea a garantire l’ef-
ficacia e l’efficienza delle attività socio-assistenziali di competenza dei Comuni.
I Comuni, nel rispetto dei vincoli della programmazione e degli indirizzi
regionali, gestiscono le attività socio-assistenziali secondo le seguenti modalità:
b) tramite consorzi o altre forme associative previste dalla legge 142/1990 tra
Comuni o tra Comunità montane oppure tra Comuni e Comunità montane;
e) direttamente.
Aspetti organizzativi
ALLEGATI 107
• programmazione e promozione degli interventi a sostegno della persona e
della famiglia e, in particolare, di minori, anziani, disabili, detenuti, ex dete-
nuti e altre fasce deboli e indirizzi per la loro realizzazione;
• interventi socio educativi per la prima infanzia e gestione del fondo assegnato;
• supporto alla programmazione locale, verifica della sua congruità e della qua-
lità dei servizi erogati;
• riparto del fondo regionale per la gestione dei servizi socio-assistenziali, veri-
fica della spesa locale e dei risultati di gestione dei fondi assegnati;
• promozione delle risorse di altri soggetti pubblici e privati operanti nel setto-
re socio-assistenziale;
3. Promozione della rete delle strutture, vigilanza e controllo sulla qualità dei
servizi;
108
AMBITI DECISIONALI DA SUPPORTARE
Attività di legislazione/regolazione
Ambiti decisionali tipici
Ruoli Programmazione Guida operativa
Indirizzo Innovazione
e controllo Decisioni operative
Attuazione norme
per l’esercizio Interrelazione con
delle funzioni Preferenza per la il Piano Regionale
socio-assistenziali gestione associata di Sviluppo e con
L.R. 13/4/95 n. 62 (incentivi nel il Piano socio-sani-
riparto dei fondi) tario (triennale)
Autorità Approvazione
politica Piano Socio-Sani- Integrazione delle Approvazione indi-
tario Regionale attività socio-assi- rizzi di program-
(triennale) stenziali con i ser- mazione socio-assi-
vizi territotoriali stenziale, coordina-
Legge di e con il SSN mento e verifica
attuazione della dell’attuazione
Bassanini quater
Promozione, indi-
Piano Socio Sani- rizzo e coordina-
mento del sistema Applicazione crite-
tario Regionale, Proposta contratti
informativo regio- ri per il riparto
approvato con e convenzioni tipo
Alta nale e locale annuale del Fondo
legge per PSS inte-
direzione per la gestione Proposta delega
grato con pro- Preferenza per la delle attività socio- tipo
grammazione gestione associata assistenziali
sanitaria (incentivi nel
riparto dei fondi)
Regolamentazione
Riequilibrio Normativa
del sistema infor-
Management economico raccolta
mativo ed utilizzo
Intermedio e riequilibrio dei in una pubblica-
di una batteria
servizi territoriali zione periodica
di indicatori
Management
operativo
ALLEGATI 109
POSSIBILI FENOMENI DA OSSERVARE E RELATIVI INDICATORI
Attività di legislazione/regolazione
Ambiti decisionali tipici
Ruoli Programmazione Guida operativa
Indirizzo Innovazione
e controllo Decisioni operative
Grado di utilizzo
Grado di
delle informazioni Capacità di incide-
Management diffusione della
derivanti dal siste- re nelle decisioni
Intermedio normativa agli
ma di indicatori locali
utenti ed ai gestori
(feed-back)
Management
operativo
110
AMBITI DECISIONALI DA SUPPORTARE
Attività di erogazione
Ambiti decisionali tipici
Ruoli Programmazione Guida operativa
Indirizzo Innovazione
e controllo Decisioni operative
Determinazione
delle priorità di
destinazione per
settore d’interven-
to delle risorse
Definizione previste per
obiettivi prioritari il riparto annuale
per settori del Fondo per
d’intervento gestione attività
Definizione dei Trasmissione
finanziamenti Gestione associata all’assemblea
Alta in coerenza con quale forma dei Comuni
direzione obiettivi strategici gestionale idonea di una relazione
(riequilibrio dei e preferibile annuale sull’anda-
servizi a livello mento della
territoriale gestione e sullo
e verifica stato di attuazione
della qualità) del PAS (Piano di
attività e di spesa)
Programmazione
delle risorse
Valutazione
direzionale
Management Verifica e
Piano di riparto
Intermedio riprogrammazione
Management
operativo
ALLEGATI 111
POSSIBILI FENOMENI DA OSSERVARE E RELATIVI INDICATORI
Attività di erogazione
Ambiti decisionali tipici
Ruoli Programmazione Guida operativa
Indirizzo Innovazione
e controllo Decisioni operative
N. di riunioni
Precisione
dell’assemblea
e puntualità
dei gestori
Autorità nella definiz. degli
politica obiettivi strategici Grado di informa-
zione derivante
Definizione
dai documenti
degli scenari
contabili
Capacità di incide-
re sul riequilibrio
% Comuni che Rispetto dei tempi
territoriale
non gestiscono nella trasmissione
Alta Variazione % dei autonomamente i dello stato di
direzione servizi erogati per servizi socio-assist. attuazione del PAS
Usl rispetto all’an- / totale soggetti Leggibilità
no precedente gestori del documento
e rispetto alla
domanda
Management
operativo
112
AMBITI DECISIONALI DA SUPPORTARE
Attività di informazione
Ambiti decisionali tipici
Ruoli Programmazione Guida operativa
Indirizzo Innovazione
e controllo Decisioni operative
Promozione
iniziative per
Autorità l’informazione
politica sul settore socio-
assistenziale per
ricerche e progetti
Studi e ricerche
Pubblicazione,
per identificare Divulgazione PAS
diffusione annuale
stati di bisogno e Istituzione uffici (predisposta dai
dell’opuscolo
Alta di emarginazione, URP (Ufficio soggetti gestori
informativo
direzione con particolare relazioni delle attività socio-
sul Piano Socio
riferimento con il pubblico) assistenziali, con
Sanitario
ad innovazioni validità annuale)
Regionale
tecnologiche
Pubblicazioni
Management periodiche
Intermedio per operatori
del privato sociale
Management
operativo
N. di iniziative
Autorità intraprese
politica Periodo
di promozione
N. di copie
Stato di aggiorna- prodotte del PAS
mento degli studi Ore di funziona-
e ricerche mento degli URP Corretta selezione
Alta Tempi
dei possibili lettori
direzione Grado di affidabi- N. utenti rivoltisi di divulgazione
del PAS
lità delle informa- agli URP nell’anno
zioni possedute Tempi
di divulgazione
Tempi
Management di divulgazione
Intermedio Grado di soddisfa-
zione dei lettori
Management
operativo
ALLEGATI 113
AMBITI DECISIONALI DA SUPPORTARE
Attività di vigilanza
Ambiti decisionali tipici
Ruoli Programmazione Guida operativa
Indirizzo Innovazione
e controllo Decisioni operative
Verifica e control-
lo attuazione della
programmazione
Autorità indirizzo e coordi-
politica namento dei servi-
zi socio-assisten-
ziali a livello terri-
toriale
Indirizzi per la
delega ai soggetti
che gestiscono
le attività socio-
assistenziali della
Recepimento Adeguamento Modalità vigilanza ed
Alta criteri autorità strumenti per la verifica del il controllo sugli
direzione sovraregionali di controllo raggiungimento organi delle IPAB
ed UE e verifica degli obiettivi
Definizione moda-
lità operative del
funzionamento
della Commissio-
ne di vigilanza
Gestione funzione
Concorso alla veri-
Management di vigilanza
fica degli strumen-
Intermedio (monitoraggio,
ti di vigilanza
servizio ispettivo,
controllo
contabile), grazie
alla Commisssione
di vigilanza
formata dai
Management soggetti delegati.
operativo Sospensioni
e revoche
dell’autorizzaz. al
funzionamento di
presidi socio-assist.
114
POSSIBILI FENOMENI DA OSSERVARE E RELATIVI INDICATORI
Attività di vigilanza
Ambiti decisionali tipici
Ruoli Programmazione Guida operativa
Indirizzo Innovazione
e controllo Decisioni operative
Personale addetto
ad attività di
Autorità verifica e controllo
politica N. di interventi
correttivi
intrapresi
Stato di aggiorna-
Capacità mento e rispetto
N. di rapporti e/o
Alta Tempi di rimodellare delle modalità
provvedimenti
direzione di recepimento gli strumenti di funzionamento
intrapresi
di controllo delle Commissioni
di vigilanza
N. di ispezioni
Grado
e di controli
di coinvolgimento
effettuati dalla
Management Partecipazione a Commissione
Intermedio determine dirigen- di vigilanza
ziali di definizione
Numero di
degli strumenti
sospensioni e di
revoche effettuate
Management nell’anno
operativo
ALLEGATI 115
2. GLOSSARIO
Questo Allegato fornisce “Il glossario del Manuale” con questo comprendendo l’elen-
co delle definizioni dei principali termini utilizzati all’interno del manuale.
In generale, le suddette definizioni sono già presenti nel corpo del Manuale e
sono riprese in questo allegato solo per comodità degli operatori nei progetti operati-
vi di ridisegno e/o sviluppo dei sistemi di P. e C.
In questo senso la selezione dei termini è limitata alle parole chiave, utili e
indispensabili per una corretta interpretazione e, quindi, per un corretto uso del
Manuale stesso.
DEFINIZIONI GENERALI
Sistema di Governo
Insieme di metodologie, modelli e sistemi che rendono possibile il funzionamento
complessivo delle diverse componenti che costituiscono il sistema regione (sistema
dei decisori, sistema della produzione interno ed esterno, sistema delle performance,
ambiente socio – economico – istituzionale esterno di riferimento), in modo che i
diversi aspetti della gestione siano coerenti con gli indirizzi politici e favoriscano il
raggiungimento dei risultati finali.
Politica
Insieme di azioni finalizzate a risolvere una specifica esigenza della collettività o a rag-
giungere un cosiddetto “risultato generale”.
Obiettivi programmatici
Formalizzano gli impegni presi verso gli elettori. Individuano dei riferimenti oggetti-
vi, rispetto a cui valutare gli effetti delle politiche. Le politiche sono definite in attua-
zione degli obiettivi programmatici.
Obiettivi specifici
Definiscono le “grandi cose” da fare o i “grandi risultati” da raggiungere per attuare
la politica e, quindi, l’obiettivo programmatico.
ALLEGATI 117
Obiettivi gestionali
Definiscono le modalità operative in termini di prodotti/servizi da erogare.
Controlli interni
Insieme delle attività che i decisori svolgono per governare.
La definizione comprende tutti i momenti del ciclo di PeC, vale a dire il processo, più
o meno formalizzato, attraverso il quale i responsabili delle strutture guidano l’orga-
nizzazione.
Tale ciclo comprende la programmazione, l’attuazione, la verifica dei risultati, la ana-
lisi degli scostamenti e l’implementazione delle eventuali azioni correttive.
118
FUNZIONI DI CONTROLLO
ALLEGATI 119
APPENDICE
1. LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO
SUI CONTROLLI INTERNI PER LE REGIONI
La riforma dei controlli pubblici, iniziata negli anni ottanta, è divenuta una esigenza
negli anni novanta, periodo in cui l’intero sistema dei controlli è stato riformato in
modo sostanziale attraverso l’introduzione di numerose disposizioni normative.
Nella produzione normativa degli anni ’90 è agevole cogliere l’opzione per
forme di controllo dell’azione amministrativa non più inserite negli schemi classici
della legalità formale, ma sempre più protese alla verifica dei risultati.
Questo percorso di trasformazione dei procedimenti di controllo inizia con la
legge 142/90, con la valorizzazione delle autonomie locali, ed è consequenziale al
conferimento, con la legge 59/97, di funzioni e compiti alle Regione e alle autonomie
locali, che ha finito per rendere inadeguate forme di controllo di chiara derivazione
centralistica.
Le tappe significative della metamorfosi delle forme di controllo sull’azione
amministrativa, per le Regioni, si possono trovare nella legge 241/90, nel D.lgs. 29/93
e successive modificazioni (D.lgs 80/98), nella nuova disciplina delle competenze
della Corte dei Conti in materia di controlli, nel decreto legislativo 286/99 e nelle
disposizioni in corso di approvazione riguardanti la riforma della normativa sui bilan-
ci regionali
APPENDICE 123
1.2. IL SISTEMA DEI CONTROLLI INTRODOTTO
DAL D.LGS. 3 FEBBRAIO 1993, N. 29
1. Cfr. legge 23 ottobre 1992, n. 421 “Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione della
disciplina in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale”.
2. Cfr. decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 “Razionalizzazione dell’organizzazione delle ammi-
nistrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego a norma dell’art. 2
della legge 23 ottobre 1992, n. 421”.
3. Il D.lgs 286/99 di fatto mantiene in vita solo il comma 8.
124
gestione, non solo in quanto non prevedeva alcuna sanzione per le Amministrazioni
che non avessero istituito i servizi di controllo interno o i nuclei di valutazione nel
termine previsto del 1° febbraio 1994, ma soprattutto in quanto ha ingenerato quelle
confusioni logiche e terminologiche su cui è intervenuto poi il decreto legislativo di
riordino dei sistemi di controllo interni (D.lgs 286/99)4.
Nella evoluzione del sistema dei controlli si colloca anche la riforma della giurisdizio-
ne e del controllo della Corte dei Conti, iniziata con le leggi 19/94 e 20/94 e comple-
tata con la legge 639/96.
Gli aspetti qualificanti della nuova normativa si possono individuare nella
riduzione delle categorie di atti sottoposti al controllo preventivo di legittimità e nel
rafforzamento del ruolo della Corte dei Conti come organo di controllo della gestio-
ne, oltre che in via successiva, anche durante il corso dell’esercizio finanziario. Tale
controllo, svolto stabilendo i dovuti collegamenti con la struttura di controllo inter-
no e chiamando la Corte stessa ad un nuovo ruolo collaborativo piuttosto che ispet-
tivo, non è limitato all’Amministrazione statale, ma è esteso all’intero settore pubbli-
co, quindi alle Amministrazioni statali autonome, agli Enti pubblici e alle Regioni.
In riferimento ai profili della riforma riguardanti l’accertamento e la misura-
zione della efficienza e della efficacia della gestione è attribuita alla Corte la definizio-
ne annuale dei programmi e dei criteri di riferimento del controllo, la verifica del fun-
zionamento del servizio di controllo interno, l’esercizio del controllo sulla legittimità
e sulla regolarità della gestione, accertando, in tal modo, la corrispondenza tra i risul-
tati ottenuti e gli obiettivi prestabiliti e valutando i costi, le modalità e i tempi dell’a-
zione amministrativa. Per poter esercitare appieno le sue attribuzioni alla Corte è attri-
buita la facoltà di “richiedere alle Amministrazioni pubbliche ed agli altri organi di
controllo interno qualsiasi atto o notizia e può effettuare e disporre ispezioni e accer-
tamenti diretti”5.
A fronte di tutto questo, la Corte riferisce, almeno un volta l’anno, al Parla-
mento e, tramite i Collegi regionali di controllo6, ai Consigli regionali sull’esito dei
controlli e invia le sue relazioni alle Amministrazioni interessate. La Corte invia anche
le sue osservazioni, che comportano l’obbligo, per l’Amministrazione ricevente, di
comunicare alla Corte e agli organi elettivi le misure conseguentemente adottate.
Nel rispetto dei principi autonomistici, il controllo della Corte sulle Regioni
è limitato al perseguimento degli obiettivi stabiliti dalle leggi di principio e di pro-
gramma.
Nonostante queste limitazioni, alcune Regioni, asserendo la violazione della
propria autonomia finanziaria, hanno impugnato la legge 20/94 di fronte alla Corte
Costituzionale. La sentenza n. 29/95 della Corte Costituzionale, nel rigettare i ricorsi,
contribuisce sostanzialmente al processo di definizione di un più moderno sistema dei
controlli. La Corte afferma che il controllo sulla gestione, in termini di efficienza e di
APPENDICE 125
economicità, non si contrappone all’autonomia delle Regioni, ma si configura come
rapporto collaborativo tra la Corte dei Conti e le Amministrazioni interessate stante
che “il controllo dei risultati è, prima di tutto, diretto a stimolare ... processi di auto-
correzione”.
La conclusione più importante a cui si arriva analizzando la sentenza è,
comunque, il riconoscimento che non tutti i parametri, i criteri di valutazione ed i
modelli operativi del controllo possono essere definiti a livello normativo, ma devo-
no essere elaborati dall’organo di controllo, non solo in chiave giuridica, ma anche
secondo le conoscenze “tecnico-scientifiche delle discipline economiche, aziendalisti-
che e statistiche”. In un certo senso si può ritenere che i controlli della Corte dei Conti
saranno sempre più orientati anche alla verifica della funzionalità del sistema dei con-
trolli interni alle amministrazioni regionali in una logica di scambio e collaborazione.
Il quadro normativo sui controlli trova adeguato completamento nella legge 15 marzo
1997, n. 59, con la quale, all’art. 11, si conferisce al Governo la delega per riordinare
e potenziare i meccanismi e gli strumenti di monitoraggio e di valutazione dei costi,
dei rendimenti e dei risultati dell’attività svolta dalle Amministrazioni Pubbliche.
L’art. 12 prevede che, nel riordinare le amministrazioni pubbliche, si crei una
più razionale organizzazione, collegando tra loro gestione finanziaria e azione ammi-
nistrativa, con strutture costituite per funzioni omogenee e per centri di imputazione
di responsabilità. Si prevede inoltre “l’istituzione di servizi centrali per la cura delle
funzioni di controllo interno, che dispongano di adeguati servizi di supporto ed ope-
rino in collegamento con gli uffici di statistica istituiti ai sensi del decreto legislativo
6 settembre 1989, n. 322” e “interventi sostitutivi nei confronti delle singole ammi-
nistrazioni che non provvedano alla istituzione dei servizi di controllo interno entro
tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo”7.
Il successivo art. 13 apporta modifiche all’art 17 della legge 23 agosto 1988,
n. 400 e dispone che i regolamenti di disciplina dell’organizzazione degli uffici deb-
bano essere emanati, oltre che con l’osservanza dei principi del D.lgs. 29/93, preve-
dendo “strumenti di verifica periodica dell’organizzazione e dei risultati”8.
Infine l’art. 17 dispone che il Governo, nell’attuazione della delega conferita-
gli in materia di monitoraggio e valutazione preveda l’organizzazione di “un sistema
informativo-statistico alimentato da rilevazioni periodiche al massimo annuali dei
costi delle attività e dei prodotti”, la istituzione di “sistemi per la valutazione, sulla
base di parametri oggettivi, dei risultati dell’attività amministrativa e dei servizi pub-
blici”, l’obbligo che ciascuna amministrazione provveda periodicamente “alla elabo-
razione di specifici indicatori di efficacia, efficienza ed economicità ed alla valutazio-
ne comparativa dei costi, rendimenti e risultati” e colleghi l’esito dell’attività di valu-
tazione alla allocazione annuale delle risorse9.
In attuazione della delega di cui all’art.11, è stato poi approvato il D.lgs
286/99 di riordino dei sistemi di controllo interno nelle Pubbliche amministrazioni.
126
1.5. LO SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO PER LA MODIFICA DELLA LEGGE
QUADRO DI CONTABILITÀ REGIONALE (L. 335/76)10
Un notevole aiuto allo svolgimento delle attività di controllo interno di gestione può
derivare dalle nuove norme in materia di bilancio e contabilità delle Regioni.
La riforma proposta tenta di rendere possibili controlli sulla gestione del
bilancio che consentano di valutare le politiche di settore, non solo sotto il profilo
della legittimità, ma anche secondo i criteri dell’efficienza e dell’economicità.
Una delle novità che caratterizza la riforma è rappresentata dalla modifica
della struttura del bilancio. La proposta di modifica prevede infatti la ripartizione
delle entrate e delle spese, oltre che in capitoli, in unità previsionali di base e, per le sole
spese, in funzioni-obiettivo. Tali modifiche hanno lo scopo di modificare il tradiziona-
le bilancio conservando i consueti strumenti gestionali, affiancandoli con uno stru-
mento per la decisione politica che ne renda i contenuti più chiari e trasparenti. Un
bilancio, quindi, più facilmente intelligibile dai singoli componenti dell’organo poli-
tico, sia di maggioranza che di opposizione, con lo scopo di mantenere importanza
alle scelte politiche.
10. In seguito formalizzato nel D.Lgs. 76/2000 “Principi fondamentali e norme di coordinamento in
materia di bilancio e di contabilità delle regioni, in attuazione dell’articolo 1, comma 4, della legge 25
giugno 1999, n. 208”.
APPENDICE 127
L’introduzione delle unità previsionali di base, che raggruppano aree omoge-
nee di attività, unitamente alla previsione dell’assegnazione ai dirigenti delle risorse
necessarie al raggiungimento degli obiettivi dovrebbero consentire una maggiore
autonomia della dirigenza, responsabilizzandola in merito alla gestione delle risorse
pubbliche, in termini di costi sostenuti e di risultati conseguiti.
La nuova struttura del bilancio pone, quindi, le basi per la risoluzione del collegamen-
to tra decisione politica e responsabilità amministrativo- gestionali e per l’attuazione
di una nuova politica di bilancio, consentendo un’evoluzione dei controlli sull’attua-
zione della spesa e sui risultati.
In tema di politica di bilancio, la riforma, prevede l’adozione di strumenti
idonei all’analisi dei costi e dei rendimenti per consentire scelte allocative delle risor-
se che non siano basate sul criterio della spesa storica.
Occorre, però , osservare che molte Regioni, non sono ancora attrezzate per
un controllo di tipo economico che richiede, invece, una focalizzazione sugli obietti-
vi da raggiungere, superando l’attuale ottica delle singole attività espletate, per conse-
guire una visione globale delle proprie “missioni”.
Sarà necessario, quindi, avviare da un lato l’attivazione del sistema di rilevazio-
ne e monitoraggio dei costi di gestione e, dall’altro, sostenere il cambiamento cultura-
le necessario per la realizzazione integrale del nuovo processo previsto dalla riforma.
128
2. I TESTI DELLE NOVITÀ NORMATIVE
APPENDICE 129
2.1. IL D.LGS 286/99 DI RIORDINO
DEI SISTEMI DI CONTROLLO INTERNO
Decreto Legislativo 30 luglio 1999, n. 286
Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio
e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell’attività svolta dalle
amministrazioni pubbliche, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo
1997, n. 59
Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 193 del 18 agosto 1999
Vista la legge 15 marzo 1997, n. 59, recante delega al Governo per il conferi-
mento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della
pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa;
Visto altresì l’articolo 17 della stessa legge n. 59 del 1997, che detta principi e
criteri direttivi cui l’esercizio della delega deve attenersi;
Visto il parere della conferenza unificata, espresso nella seduta del 13 maggio
1999;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del
29 luglio 1999;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro per la
funzione pubblica;
130
Emana il seguente decreto legislativo:
CAPO I
DISPOSIZIONI DI CARATTERE GENERALE
APPENDICE 131
3. Gli enti locali e le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura
possono adeguare le normative regolamentari alle disposizioni del presente
decreto, nel rispetto dei propri ordinamenti generali e delle norme concer-
nenti l’ordinamento finanziario e contabile.
5. Ai sensi degli articoli 13, comma 1, e 24, comma 6, ultimo periodo, della legge
7 agosto 1990, n. 241, le disposizioni relative all’accesso ai documenti ammi-
nistrativi non si applicano alle attività di valutazione e controllo strategico.
Resta fermo il diritto all’accesso dei dirigenti di cui all’articolo 5, comma 3,
ultimo periodo.
4. I membri dei collegi di revisione degli enti pubblici sono in proporzione alme-
no maggioritaria nominati tra gli iscritti all’albo dei revisori contabili. Le
amministrazioni pubbliche, ove occorra, ricorrono a soggetti esterni specializ-
zati nella certificazione dei bilanci.
132
Art. 3. Disposizioni sui controlli esterni di regolarità amministrativa e contabile
APPENDICE 133
lettivi nazionali di lavoro, le prestazioni dei propri dirigenti, nonché i com-
portamenti relativi allo sviluppo delle risorse professionali, umane e organiz-
zative ad essi assegnate (competenze organizzative).
5. Nel comma 8 dell’articolo 20 del decreto n. 29, sono aggiunte alla fine del
secondo periodo le seguenti parole: “, ovvero, fino alla data di entrata in vigo-
re di tale decreto, con provvedimenti dei singoli Ministri interessati”. Sono
fatte salve le norme proprie dell’ordinamento speciale della carriera diploma-
tica e della carriera prefettizia, in materia di valutazione dei funzionari diplo-
matici e prefettizi.
134
2. Gli uffici ed i soggetti preposti all’attività di valutazione e controllo strategi-
co riferiscono in via riservata agli organi di indirizzo politico, con le relazio-
ni di cui al comma 3, sulle risultanze delle analisi effettuate. Essi di norma
supportano l’organo di indirizzo politico anche per la valutazione dei dirigen-
ti che rispondono direttamente all’organo medesimo per il conseguimento
degli obiettivi da questo assegnatigli.
CAPO II
STRUMENTI DEL CONTROLLO INTERNO
1. Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri è costituita una banca dati,
accessibile in via telematica e pienamente integrata nella rete unitaria della
pubblica amministrazione, alimentata dalle amministrazioni dello Stato, alla
quale affluiscono, in ogni caso, le direttive annuali dei Ministri e gli indicato-
ri di efficacia, efficienza, economicità relativi ai centri di responsabilità e alle
funzioni obiettivo del bilancio dello Stato.
APPENDICE 135
gerimenti per l’aggiornamento e la standardizzazione dei sistemi di controllo
interno, con riferimento anche, ove da queste richiesto, alle amministrazioni
pubbliche non statali.
1. La direttiva annuale del Ministro di cui all’articolo 14, del decreto n. 29, costi-
tuisce il documento base per la programmazione e la definizione degli obiet-
tivi delle unità dirigenziali di primo livello. In coerenza ad eventuali indiriz-
zi del Presidente del Consiglio dei Ministri, e nel quadro degli obiettivi gene-
rali di parità e pari opportunità previsti dalla legge, la direttiva identifica i
principali risultati da realizzare, in relazione anche agli indicatori stabiliti
dalla documentazione di bilancio per centri di responsabilità e per funzioni-
obiettivo, e determina, in relazione alle risorse assegnate, gli obiettivi di
miglioramento, eventualmente indicando progetti speciali e scadenze inter-
medie. La direttiva, avvalendosi del supporto dei servizi di controllo interno
di cui all’articolo 6, definisce altresì i meccanismi e gli strumenti di monito-
raggio e valutazione dell’attuazione.
1. Ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera a), della legge 15 marzo 1997, n. 59,
il sistema di controllo di gestione e il sistema di valutazione e controllo stra-
tegico delle amministrazioni statali si avvalgono di un sistema informativo-
statistico unitario, idoneo alla rilevazione di grandezze quantitative a caratte-
re economico-finanziario. La struttura del sistema informativo-statistico basa-
ta su una banca dati delle informazioni rilevanti ai fini del controllo, ivi com-
prese quelle di cui agli articoli 63 e 64 del decreto n. 29, e sulla predisposizio-
ne periodica di una serie di prospetti numerici e grafici (sintesi statistiche) di
corredo alle analisi periodiche elaborate dalle singole amministrazioni. Il
sistema informativo-statistico è organizzato in modo da costituire una strut-
tura di servizio per tutte le articolazioni organizzative del Ministero.
b) sistemi e procedure relativi alla gestione del personale (di tipo economi-
co, finanziario e di attività - presenze, assenze, attribuzione a centro di
disponibilità);
d) sistemi e procedure relativi alla rilevazione delle attività svolte per la rea-
lizzazione degli scopi istituzionali (erogazione prodotti/servizi, sviluppo
procedure amministrative) e dei relativi effetti;
136
e) sistemi e procedure relativi alla analisi delle spese di funzionamento (per-
sonale, beni e servizi) dell’amministrazione;
1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo le
amministrazioni statali, nell’ambito delle risorse disponibili, adeguano i loro
ordinamenti a quanto in esso previsto. In particolare, gli organi di indirizzo
politico provvedono alla costituzione degli uffici di cui all’articolo 6, nell’ambi-
to degli uffici di cui all’articolo 14, comma 2, del decreto n. 29, e vigilano sugli
adempimenti organizzativi e operativi che fanno carico agli uffici dirigenziali di
livello generale per l’esercizio delle altre funzioni di valutazione e controllo.
APPENDICE 137
5. Più amministrazioni omogenee o affini possono istituire, mediante conven-
zione, che ne regoli le modalita di costituzione e di funzionamento, uffici
unici per l’attuazione di quanto previsto dal presente decreto.
CAPO III
QUALITÀ DEI SERVIZI PUBBLICI E CARTE DEI SERVIZI
1. I servizi pubblici nazionali e locali sono erogati con modalità che promuovo-
no il miglioramento della qualità e assicurano la tutela dei cittadini e degli
utenti e la loro partecipazione, nelle forme, anche associative, riconosciute
dalla legge, alle inerenti procedure di valutazione e definizione degli standard
qualitativi.
138
2.2. DECRETO LEGISLATIVO 28 MARZO 2000, N. 76
Principi fondamentali e norme di coordinamento in materia di bilancio
e di contabilità delle regioni in attuazione dell’articolo 1, comma 4, della legge
25 giugno 1999, n. 208
Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 77 del 1° aprile 2000
Vista la legge 3 aprile 1997, n. 94, recante modifiche alla legge 5 agosto 1978,
n. 468, e delega al Governo per l’individuazione delle unità previsionali di
base del bilancio dello Stato;
Sulla proposta del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica, di concerto con il Ministro per gli affari regionali;
APPENDICE 139
Art. 1. Finanza regionale e strumenti di programmazione finanziaria e di bilancio
140
2. Le leggi regionali che dispongono spese a carattere pluriennale indicano l’am-
montare complessivo, nonché la quota eventualmente a carico del bilancio in
corso o già presentato al consiglio, rinviando ai successivi bilanci la determina-
zione delle quote di spesa destinate a gravare su ciascuno dei relativi esercizi.
3. La quantificazione annuale della spesa può essere prevista per i casi in cui le
leggi disciplinino interventi o servizi per i quali la continuità e la regolarità
dell’erogazione della stessa spesa nel tempo assume un interesse preminente.
4. Gli stanziamenti di spesa di cui alla lettera b), del comma 3, sono iscritti in
bilancio nella misura indispensabile per lo svolgimento delle attività o inter-
venti che sulla base della legislazione vigente daranno luogo, nell’esercizio cui
il bilancio si riferisce, ad impegni di spesa a norma dell’articolo 18.
APPENDICE 141
denziazione delle relative disposizioni legislative. I capitoli sono determinati
in relazione al rispettivo oggetto per l’entrata e secondo l’oggetto e il conte-
nuto economico e funzionale per la spesa.
10. In relazione a quanto disposto dal comma 8, le regioni adottano misure orga-
nizzative idonee a consentire l’analisi ed il controllo dei costi e dei rendimen-
ti dell’attività amministrativa, della gestione e delle decisioni organizzative,
nonché la corretta quantificazione delle conseguenze finanziarie dei provve-
dimenti legislativi di entrata e di spesa.
1. In ciascun bilancio annuale il totale dei pagamenti autorizzati non può esse-
re superiore al totale delle entrate di cui si prevede la riscossione sommato alla
presunta giacenza iniziale di cassa.
2. Il totale delle spese di cui si autorizza l’impegno può essere superiore al totale
delle entrate che si prevede di accertare nel medesimo esercizio, purché il rela-
tivo disavanzo sia coperto da mutui e altre forme di indebitamento autorizza-
ti con la legge di approvazione del bilancio nei limiti di cui all’articolo 23.
1. Tutte le entrate sono iscritte nel bilancio regionale al lordo delle spese di
riscossione e di altre eventuali spese ad esse connesse.
3. Sono vietate le gestioni di fondi al di fuori del bilancio della regione e dei
bilanci di cui all’articolo 12, comma 1.
142
Art. 8. Leggi di bilancio ed esercizio provvisorio
2. L’esercizio provvisorio del bilancio può essere autorizzato, nei modi, nei ter-
mini e con gli effetti previsti dagli statuti e dalle leggi regionali e non può pro-
trarsi, comunque, oltre i quattro mesi.
1. Nel bilancio della regione le entrate sono ripartite nei seguenti titoli:
Titolo I: entrate derivanti da tributi propri della regione, dal gettito di tri-
buti erariali o di quote di esso devolute alla regione;
APPENDICE 143
regionale e in capitoli secondo il rispettivo oggetto ai fini della gestione e
della rendicontazione.
1. La legge regionale, nel rispetto dei principi determinati dai commi 2 e 3, sta-
bilisce il sistema di classificazione delle spese di bilancio, in correlazione alle
previsioni del bilancio pluriennale.
Art. 12. Bilanci degli enti dipendenti dalla regione e spese degli enti locali
144
biliti dallo statuto e dalle leggi regionali e sono pubblicati nel bollettino uffi-
ciale della regione.
2. Nei bilanci degli enti e degli organismi di cui al comma 1, le spese sono clas-
sificate e ripartite in conformità a quanto disposto nell’articolo 10.
3. La legge regionale detta norme per assicurare, in relazione alle funzioni dele-
gate dalle regioni agli enti locali, la possibilità del controllo regionale sulla
destinazione dei fondi a tale fine assegnati dalle regioni agli enti locali.
3. Nel solo bilancio di cassa è iscritto un fondo di riserva, il cui ammontare mas-
simo, in rapporto alla complessiva autorizzazione a pagare ivi disposta, è sta-
bilito dalla legge di contabilità regionale in misura non superiore ad un dodi-
cesimo e i cui prelievi e relative destinazioni ed integrazioni delle altre unità
previsionali di spesa, nonché dei relativi capitoli del bilancio di cassa, sono
disposti con delibere della giunta regionale non soggette a controllo.
1. Nel bilancio regionale possono essere iscritti uno o piu fondi speciali, desti-
nati a far fronte agli oneri derivanti da provvedimenti legislativi regionali che
si perfezionino dopo l’approvazione del bilancio.
3. I fondi di cui al comma 1 sono tenuti distinti a seconda che siano destinati al
finanziamento di spese correnti o di spese in conto capitale.
4. Le quote dei fondi speciali, non utilizzate al termine dell’esercizio nel modo
di cui al comma 2, costituiscono economie di spesa.
APPENDICE 145
caso resta ferma l’assegnazione degli stanziamenti dei detti fondi speciali al
bilancio nel quale essi furono iscritti e delle nuove o maggiori spese al bilan-
cio dell’esercizio nel corso del quale si perfezionano i relativi provvedimenti
legislativi.
6. Nei casi di cui al comma 5, allo stanziamento della nuova o maggiore spesa
di bilancio dovrà accompagnarsi una annotazione da cui risulti che si tratta
di spese finanziate con ricorso ai fondi speciali dell’esercizio precedente. Fino
a quando non sia approvato il rendiconto di tale esercizio, delle spese di cui
al presente comma non si tiene conto ai fini del calcolo dell’eventuale disa-
vanzo di cui all’articolo 5, comma 2.
146
5. La giunta regionale può disporre variazioni compensative, nell’ambito della
stessa o di diverse unità previsionali di base di conto capitale, anche tra stan-
ziamenti autorizzati da leggi diverse, a condizione che si tratti di leggi che
finanziano o rifinanziano interventi relativi alla stessa funzione obiettivo ai
sensi dell’articolo 10, comma 2. Il relativo provvedimento è comunicato al
consiglio regionale.
1. Salvo quanto disposto dagli articoli 13, 14 e 16, è vietato il trasporto, con arto
amministrativo, di somme da una unità previsionale all’altra del bilancio, sia
per quanto riguarda gli stanziamenti di competenza, sia per quanto riguarda
gli stanziamenti di cassa.
1. Gli impegni di spesa sono assunti nei limiti dei rispettivi stanziamenti di com-
petenza del bilancio in corso.
1. I pagamenti sono disposti nei limiti dei rispettivi stanziamenti di cassa del
bilancio in corso, con separata scritturazione secondo che si tratti di paga-
menti in conto competenze o in conto residui.
APPENDICE 147
2. Al pagamento delle spese, conseguenti alle deliberazioni o agli atti con i quali
sono assunti i relativi impegni, si provvede esclusivamente se tali deliberazio-
ni o atti siano divenuti esecutivi, ovvero risultino immediatamente eseguibili.
3. Le somme di cui al comma 2 possono essere conservate nel conto dei residui
per non più di due anni, successivi a quello in cui l’impegno si è perfezionato,
per le spese correnti e per non più di sette anni per le spese in conto capitale.
4. Tutte le somme iscritte tra le entrate di competenza del bilancio e non accer-
tate entro il termine dell’esercizio costituiscono minori accertamenti rispetto
alle previsioni ed a tale titolo concorrono a determinare i risultati finali della
gestione.
1. Tutte le somme assegnate, a qualsiasi titolo, dallo Stato alla regione conflui-
scono nel bilancio regionale, senza vincolo a specifiche destinazioni, salvo il
caso di assegnazioni in corrispondenza di deleghe di funzioni amministrative
a norma dell’articolo 118, secondo comma, della Costituzione, nonché di
assegnazioni vincolate per calamità naturali e per interventi di interesse
nazionale.
2. Nei casi di assegnazioni dallo Stato alla regione, connesse a deleghe di funzio-
ni amministrative, e comunque negli altri casi di assegnazione di somme di
148
cui al comma 1, la regione ha facoltà di stanziare e di erogare somme ecce-
denti quelle assegnate dallo Stato, ferme, nel caso di delega, le disposizioni
delle leggi statali che disciplinano le relative funzioni.
5. Fino a quando non sia approvato il rendiconto di tale ultimo esercizio, delle
spese di cui al comma 4 non si tiene conto ai fini del calcolo dell’eventuale
disavanzo di cui all’articolo 5, comma 2.
APPENDICE 149
Art. 25. Rendiconto generale
1. Nel conto del bilancio sono esposte le risultanze della gestione delle entrate
e delle spese secondo la stessa struttura del bilancio di previsione. Esso deve
consentire, sulla base dei criteri stabiliti ai sensi dell’articolo 10, comma 3, la
valutazione delle politiche pubbliche regionali di settore, sulla base della clas-
sificazione per funzioni obiettivo e per unità previsionali di base, in modo da
consentire la valutazione economica e finanziaria delle risultanze di entrata
e di spesa in relazione agli obiettivi stabiliti, agli indicatori di efficacia e di
efficienza.
Art. 28. Rendiconti degli enti dipendenti dalla regione e spese degli enti locali
150
2. I rendiconti di cui al comma 1 sono redatti in conformità a quanto disposto
negli articoli 26 e 27.
1. Le regioni, sulla base delle norme dei rispettivi statuti, assicurano l’autonomia
contabile del consiglio regionale, nell’ambito dei principi stabiliti dalla legge
6 dicembre 1973, n. 853, ferma la competenza regolamentare interna attribui-
ta al consiglio medesimo.
APPENDICE 151
Art. 33. Responsabilità verso l’ente degli amministratori e dei dipendenti,
competenza della Corte dei conti e obblighi di denunzia.
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate
tutte le disposizioni con esso incompatibili e, in particolare, la legge 19 mag-
gio 1976, n. 335.
152
2.3. ESTRATTO DALLA LEGGE N.144/99
SULLE PRESCRIZIONI IN TEMA DI VALUTAZIONE
E VERIFICA DEGLI INVESTIMENTI PUBBLICI
L. 17 maggio 1999, n. 144
Misure in materia di investimenti, delega al governo per il riordino degli
incentivi all’occupazione e della normativa che disciplina l’INAIL, nonché
disposizioni per il riordino degli enti previdenziali.
CAPO I
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI INVESTIMENTI
c) l’attività volta alla graduale estensione delle tecniche proprie dei fondi
strutturali all’insieme dei programmi e dei progetti attuati a livello terri-
APPENDICE 153
toriale, con riferimento alle fasi di programmazione, valutazione, moni-
toraggio e verifica.
4. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decre-
to del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza permanen-
te per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, sono indicate le caratteristiche organizzative comuni dei nuclei di
cui al presente articolo, ivi compresa la spettanza di compensi agli eventuali
componenti estranei alla pubblica amministrazione, nonché le modalità e i
criteri per la formulazione e la realizzazione dei programmi di attuazione di
cui al comma 3.
154
del CIPE, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regio-
ni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con decreto del Ministro
del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. Per la dotazione
del fondo è autorizzata la spesa di lire 8 miliardi per l’anno 1999 e di lire 10
miliardi annue a decorrere dall’anno 2000.
APPENDICE 155
2.4. REGOLAMENTO DELLA COMMISSIONE EUROPEA
N.2064/97 IN TEMA DI GESTIONE
E CONTROLLO DEI FONDI STRUTTURALI
Reg. (CE) n. 2064/97 del 15 ottobre 19971
Regolamento della commissione recante modalità di applicazione
del regolamento (cee) n. 4253/88 del consiglio, riguardo ai controlli finanziari
effettuati dagli stati membri sulle operazioni cofinanziate dai fondi strutturali2.
1. Pubblicato nella G.U.C.E. 23 ottobre 1997, n. L 290. Per l’entrata in vigore del presente regolamen-
to vedi l'articolo 17.
2. La parola “destinatario” è stata così sostituita dalla parola “beneficiario” in tutto il testo del presen-
te regolamento, così come disposto dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 18 novembre 1998, n. L 308.
156
considerando che i sistemi di gestione e di controllo degli Stati membri deb-
bono essere tali da assicurare un un’esecuzione adeguata ed efficace delle ope-
razioni cofinanziate dai Fondi strutturali;
considerando che occorre dettare regole per l’esecuzione dei controlli da parte
degli Stati membri e prevedere consultazioni periodiche tra gli Stati membri e
la Commissione in modo da sfruttare al massimo le risorse globalmente desti-
nate ai controlli a livello nazionale e comunitario;
considerando che gli Stati membri debbono riferire annualmente alla Com-
missione sull’applicazione del presente regolamento;
considerando che, nel caso di forme d’intervento cui partecipano più Stati
membri, occorre prevedere una cooperazione amministrativa tra gli Stati
membri interessati e la Commissione;
considerando che gli Stati membri devono essere liberi di applicare, a livel-
lo nazionale, norme di controllo più severe di quelle di cui al presente rego-
lamento;
considerando che in forza dell’articolo 214 del trattato CE non devono esse-
re divulgati a persone non autorizzate i segreti professionali di cui si venis-
se a conoscenza durante l’esecuzione dei controlli previsti dal presente rego-
lamento;
APPENDICE 157
Articolo 1
Articolo 2
3. Una descrizione indicativa delle informazioni richieste per una pista di con-
trollo adeguata figura nell’allegato I.
Articolo 3
b) verificare, con criteri selettivi e sulla base di un’analisi dei rischi, le dichia-
razioni di spesa predisposte ai diversi livelli5.
3. Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 18 novembre 1998, n. L 308.
4. Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 18 novembre 1998, n. L 308.
5. Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 18 novembre 1998, n. L 308.
158
2. I controlli eseguiti prima della liquidazione delle varie forme di intervento
riguardano almeno il 5% della spesa totale sovvenzionabile e un campione
rappresentativo dei progetti o delle iniziative, approvati, tenendo conto del
disposto del paragrafo 3.
Per le forme d’intervento approvate prima dell’entrata in vigore del presente
regolamento la suddetta percentuale può essere ridotta proporzionalmente.
Gli Stati membri si adoperano per ripartire uniformemente l’esecuzione dei
controlli su tutto il periodo interessato.
Articolo 4
Con i controlli di cui all’articolo 3 gli Stati membri tentano di verificare alme-
no gli aspetti seguenti:
f) che i contributi finanziari della Comunità rientrino nei limiti fissati dal-
l’articolo 13 del regolamento (CEE) n. 2052/88 e dalle altre disposizioni
comunitarie pertinenti, e che siano pagati ai beneficiari finali senza
decurtazioni o ritardi ingiustificati;
Articolo 5
APPENDICE 159
facenti capo allo stesso beneficiario finale o sono gestiti dalla stessa autorità
responsabile della realizzazione; individuano inoltre le cause di una tale situa-
zione e l’esigenza di eventuali esami ulteriori nonché di opportune misure
correttive e preventive.
Articolo 6
Articolo 7
Articolo 8
6. Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 18 novembre 1998, n. L 308.
160
2. Se l’esistenza di gravi carenze di gestione o controllo o la frequenza delle irre-
golarità constatate non consentono di certificare globalmente la fondatezza
della domanda di pagamento finale e della dichiarazione finale delle spese,
l’attestato riferisce in merito alla situazione, indica la probabile rilevanza del
problema e stima le relative conseguenze finanziarie.
In tal caso, la Commissione può chiedere l’esecuzione di un ulteriore control-
lo al fine di individuare e sanare le irregolarità entro un dato termine.
Articolo 9
Entro il 30 giugno di ogni anno e per la prima volta entro il 30 giugno 1998,
gli Stati membri, informano la Commissione in merito all’applicazione del
presente regolamento nell’anno civile precedente, con particolare riguardo al
disposto dell’articolo 2, indicando anche eventuali integrazioni e aggiorna-
menti da apportare alla descrizione dei sistemi di gestione e controllo di cui
all’articolo 23, paragrafo 1, secondo comma del regolamento (CEE) n. 4253/88.
Articolo 10
Sulla base di accordi amministrativi conclusi con ogni Stato membro, la Com-
missione e gli Stati membri cooperano per assicurare il conseguimento degli
scopi del presente regolamento.
Articolo 11
Per le forme di intervento cui partecipano più Stati membri o i cui beneficia-
ri sono in più Stati membri, gli Stati membri interessati e la Commissione si
forniscono la reciproca assistenza amministrativa necessaria ad assicurare un
adeguato controllo.
Articolo 12
Articolo 13
7. Parola cancellata dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 18 novembre 1998, n. L 308.
APPENDICE 161
Articolo 14
Articolo 15
Articolo 16
Articolo 17
Per la Commissione
Anita Gradin
membro della Commissione
162
ALLEGATO I
DESCRIZIONE INDICATIVA DELLE INFORMAZIONI RICHIESTE
PER LA PISTA DI CONTROLLO
(ARTICOLO 2, PARAGRAFO 3)
2. Nel caso di voci di spesa che si riferiscono solo in parte alle operazioni cofi-
nanziate dalla Comunità, dev’essere adeguatamente giustificata l’accuratez-
za della ripartizione dell’importo tra operazioni cofinanziate dalla Comuni-
tà ed altre operazioni. Analoga giustificazione è fornita anche per quei tipi di
spesa riconosciuti ammissibili entro determinati limiti o proporzionalmente
ad altri costi.
9. Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 18 novembre 1998, n. L 308.
APPENDICE 163
7. Qualora, tra il beneficiario finale e l’autorità abilitata intervengano più auto-
rità intermedie, ciascuna di queste esige, per il proprio settore di competenza,
un rendiconto dettagliato delle spese al livello inferiore che utilizza come
documentazione di sostegno per le proprie registrazioni contabili, delle quali
trasmette al livello superiore almeno un rendiconto degli importi di spesa per
ogni singolo progetto.
ALLEGATO II
MODELLO INDICATIVO DI ATTESTATO PER LA LIQUIDAZIONE
DELLE FORME D’INTERVENTO
(ARTICOLO 8)
INTRODUZIONE
CONTROLLI EFFETTUATI
OSSERVAZIONI
10. Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 18 novembre 1998, n. L 308.
164
quenza (indicare a seconda dei casi; se la frequenza è alta, fornire le necessa-
rie spiegazioni) di errori/irregolarità. Tutti gli errori/irregolarità rilevati hanno
dato luogo ad un adeguato intervento da parte delle autorità di gestione e
non sembrano ripercuotersi sull’importo del contributo comunitario erogabi-
le, con le seguenti eccezioni: a) b) c), ecc.(Indicare gli errori/le irregolarità che
non hanno dato luogo ad un adeguato intervento e, per ciascun caso, il pos-
sibile carattere sistematico e la portata del problema, e l’importo del contribu-
to comunitario interessato.)
CONCLUSIONI
5 c) In considerazione degli aspetti di cui al precedente punto 3 e/o vista l’alta fre-
quenza di errori indicata al punto 4 non sono in grado di esprimere un giu-
dizio sulla dichiarazione finale di spesa e sulla richiesta di pagamento del
saldo del contributo comunitario.
Data e firma
APPENDICE 165
STRUMENTI PER L’INNOVAZIONE
DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE
VOLUMI PUBBLICATI
MANUALI ESPERIENZE
Manuale per il Controllo strategico e Gestionale - Lo Sportello Unico per le attività produttive -
Un contriburo ai progetti di ridisegno dei Sistemi di Il caso dei 19 comuni associati nel “Salentocentro”
Programmazione e Controllo a cura di Ezio Lattanzio
a cura di Ezio Lattanzio e Gabriella Volpi 2003
2003
Finito di stampare nel novembre 2003
da Rubbettino Industrie Grafiche ed Editoriali
88049 Soveria Mannelli (CZ)
MANUALE PER IL CONTROLLO
STRATEGICO E GESTIONALE
Il tema del riordino dei sistemi di controllo to, nell’ambito della Conferenza dei Servizi
interno ha una portata dirompente nel pro- di controllo delle Regioni e Province auto-
cesso di trasformazione della Pubblica nome, da un gruppo di lavoro interregio-
Amministrazione del quale non è solo parte nale coordinato dalla Regione Lombardia.
integrante, ma ne costituisce uno degli ele-
menti determinanti per il suo successo o Il Manuale costituisce un contributo ai
fallimento. L’introduzione di un modello progetti di ridisegno dei sistemi di pro-
gestionale per obiettivi e risultati implica grammazione e controllo, attraverso
una concezione dei controlli più moderna e un’articolazione per passi, a partire da
funzionale, basata sull’autocontrollo, che un’analisi del quadro normativo e da una
superi le logiche di controllo burocratico e proposta di architettura generale dei
prescrittivo che hanno caratterizzato le sistemi di programmazione e controllo
esperienze degli anni ’90 nella prima fase fino alla individuazione di soluzioni e per-
di attività dei Servizi di controllo interno corsi specifici, con riferimento a tre situa-
nelle amministrazioni pubbliche italiane. zioni tipiche di partenza, caratterizzate
dalla diversità delle esperienze realizzate
È questo il messaggio del Manuale per il e quindi della cultura e della disponibilità
controllo strategico e gestionale, elabora- di metodologie e strumenti.