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Luisa Curinga

TRASCRIZIONE O TRASFIGURAZIONE?
ELABORAZIONI DI SALVATORE SCIARRINO DA
CARLO GESUALDO

Sciarrino e la trascrizione

Queste licenziose elaborazioni, le loro prospettive illusorie possono sorprendere


l’ascoltatore e tuttavia non sono fatte per sorprendere; piuttosto scaturiscono da
una certezza, che la musica antica può trasfigurarsi e vivere una stagione nuova, a
contatto con lo spirito moderno.1
Salvatore Sciarrino è fermamente convinto che la memoria e la tradizione siano
indispensabili per progredire e che «nonostante le apparenze di totale, reci-
proca estraneità, la musica contemporanea derivi dalla musica antica». 2 In que-
st’ottica è opportuno considerare la sua ricerca nei confronti del genere della
trascrizione, genere affrontato ripetutamente negli ultimi venticinque anni con
passione e impegno ideale, non semplicemente come divertimento dotto, ma
come risultato dell’amorosa ammirazione e dello studio delle musiche e dei
musicisti che hanno affascinato la sua sensibilità di compositore.
Il panorama delle composizioni che Sciarrino ha rielaborato è estremamente
variegato, dai mottetti medievali alle cacce fino alle canzoni del XX secolo, pas-
sando per Carlo Gesualdo, J. S. Bach, W. A. Mozart, Alessandro e Domenico
Scarlatti e Gioacchino Rossini.3 Trascrivere per Sciarrino significa esercitare
un’attività critica di appropriazione e di ricreazione con gli strumenti propri di
un compositore, vale a dire trovare una forma potenziale che è virtualmente
dentro l’originale, ma che non esiste ancora:

1. SALVATORE SCIARRINO, Le voci sottovetro, in Carte da suono (1981-2001), Roma, CIDIM, 2001,
p. 187.
2. SALVATORE SCIARRINO, Le figure della musica. Da Beethoven a oggi, Milano, Ricordi, 1998, p. 19.
Su questi temi cfr. inoltre LUISA !"#$%&', Una conversazione con Salvatore Sciarrino, in
Omaggio a Salvatore Sciarrino, a cura di Enzo Restagno, Torino, Settembre Musica, 2002,
pp. 77-95: 88.
3. Le opere di Sciarrino trattate in questo saggio sono edite da Ricordi.
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[…] una volta trovate delle potenzialità in una partitura, se fossi un musicologo
scriverei un saggio; essendo un compositore, scrivo un pezzo in cui faccio emer-
gere tali potenzialità. Per esempio, secondo me Domenico Scarlatti scrive a volte
pezzi ‘beethoveniani’: allora nel trascriverli per quartetto d’archi rendo evidente
questa caratteristica, non solo con la scelta dell’organico, ma anche con gli adatta-
menti della scrittura.4
L’accento è posto sulla creatività necessaria a trasformare un brano, allo
scopo di fargli rivivere “una stagione nuova”; per questo motivo Sciarrino non
ama il termine ‘trascrizione’, al quale preferisce quello di ‘elaborazione’. L’ori-
ginale da cui prendono forma le elaborazioni deve restare, negli intenti di
Sciarrino, assolutamente riconoscibile, e nello stesso tempo avere una nuova fi-
sionomia, una nuova vita, un nuovo corpo: non un abito moderno, ma un
corpo moderno, che non può essere calato arbitrariamente, ma che richiede in-
tuizioni di sicura riuscita, affinché l’elaborazione non risulti più debole dell’ori-
ginale. Il compositore stesso suggerisce in proposito un’illuminante chiave di
lettura:
[…] La scelta dei pezzi anzitutto. Non dipende esclusivamente dalla dimestichezza
col repertorio in questione (che pure non mi manca), piuttosto è mossa dall’in-
venzione. Spesso mi attraggono i pezzi più sconosciuti. Afferro alcune potenzialità
intrinseche e cerco di dar loro corpo; bisogna intuire cosa questi brani possono di-
ventare e non ciò che sono già. Senza vie di mezzo, o si fa centro o no.
Infinite le gradazioni del trascrivere. Può trattarsi di un’operazione meccanica e
priva di luce, oppure un divertimento disimpegnato. Ma ciò che è gustoso per sé
non è detto procuri gusto agli altri, e di fatto quello dell’arrangiatore ritengo sia un
lavoro non da tutti. Personalmente uso il termine ‘elaborazioni’ per significare sia
che la creatività non è affatto assente, sia la necessità di far rivivere ciò che non ha
più voce. Si tratta ogni volta di viaggi di scoperta. Una inconsueta lettura può tra-
sfigurare opere stranote, ovvero mettere a fuoco l’indistinto, come nel caso di la-
vori usciti di scena. Vestirli a nuovo sarebbe solo macabro, mentre io voglio arric-
chire la musica di senso (cioè rendere problematica la sua fisionomia).
Quali frutti produrrebbe la coscienza musicologica, se innestata sul coraggio del-
l’immaginare?5
L’elaborazione non è intesa perciò come un commento, ma come un’inter-
pretazione e quindi una trasformazione; non un semplice trasloco meccanico di
note da un organico all’altro, ma un atto traspositivo in cui prendono vita ele-
menti originali frutto della personalità del trascrittore: «[…] mutare strumento,
ce lo insegnano i Classici, vuol dire mutare scrittura, forma, tutto ciò insomma
che dà la reale fisionomia sonora di un’opera».6

4. Conversazione personale con Salvatore Sciarrino, Città di Castello, 29 giugno 2003. Sul tema
della trascrizione come ‘atto d’amore’ e sulla necessità dell’apporto creativo e critico del
compositore cfr., all’interno del presente volume, il saggio di Marco Della Sciucca.
5. S. SCIARRINO, Esercizi di tre stili, in Carte da suono cit., p. 200.
6. ID., Trascrizioni, in ivi, p. 137.
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Le elaborazioni da Carlo Gesualdo

Vi sono artisti più grandi, che modificano il cammino della storia e rischiano di
più (soprattutto il coraggio di essere se stessi) e dunque anticipano gli autori degli
anni a venire. Dalla gran massa degli autori, il gruppo di questi più estrosi si di-
stingue, costituendo una sorta di famiglia, con relazioni parentali e affinità strettis-
sime a dispetto dei secoli che li separano. Così avviene di un autore artificioso e
raffinato come Gesualdo. All’ascoltatore colto offre una singolare attrattiva: quella
di essere stordito da una ventata di associazioni con i compositori più moderni.
Possiamo riconoscere in Gesualdo le stravaganze di Vivaldi e di Domenico Scar-
latti, Schubert e l’ultimo Beethoven, il profumo tardo romantico o quello Art
Nouveau, il clima espressionista.7
Nonostante prenda in considerazione solo tre madrigali e le due uniche opere
strumentali di Gesualdo a noi note, tra il 1998 e il 1999 Sciarrino ne trae ben
undici elaborazioni diverse (vedi Tabella 1): ciò è sicuramente significativo di
uno speciale interesse nei confronti del Principe di Venosa.
Se quantitativamente sono le trascrizioni da Domenico Scarlatti ad avere la
preminenza nel catalogo delle elaborazioni sciarriniane,8 è Gesualdo infatti che
sembra fornire a Sciarrino maggior linfa creativa e una molteplicità di piani di
lettura, che lo inducono a riprendere e modificare più volte lo stesso soggetto
originale in più versioni successive. La peculiarità di tale procedimento di ela-
borazione per gradi è proprio ciò su cui intendo focalizzare principalmente l’at-
tenzione in questo contributo, attraverso un confronto testuale e musicale tra
l’originale e le varie versioni, e tra le versioni fra loro.
Dopo l’ammirazione e lo studio degli anni giovanili, l’interesse di Sciarrino
per Gesualdo si è ridestato in tempi recenti. Intorno al 1996 egli scoprì infatti
che la tragedia da cui stava prendendo spunto per uno dei suoi libretti si rife-
riva in maniera certa, seppure non esplicita, alla nota biografia del Principe: si
trattava del dramma Il tradimento per l’onore di Giacinto Andrea Cicognini,
del 1664, elaborato da Sciarrino per il libretto di Luci mie traditrici. 9 Il titolo
originale dell’opera doveva essere Gesualdo, ma il compositore decise di mu-
tarlo quando, proprio durante la stesura del lavoro, venne a conoscenza dell’o-
monima opera di Alfred Schnittke.10 La modifica del titolo fu anche accompa-
gnata dalla sostituzione di alcune musiche di Carlo Gesualdo, che avrebbero
dovuto essere utilizzate all’interno dell’opera, con altre di Claude Le Jeune.11

7. ID., Le voci sottovetro, in ivi, p. 187.


8. Sciarrino ha elaborato infatti dodici sonate di Domenico Scarlatti (L. 215; 222; 223; 230; 238;
239; 257; 418; 428; 439; 445; 448) di cui quattro (L. 230; 238; 439; 448) in due versioni per
quartetto d’archi e per quartetto di sassofoni. Le altre sono tutte per quartetto di sassofoni.
9. SALVATORE SCIARRINO, Luci mie traditrici (opera in due atti), Milano, Ricordi, 1998.
10. ALFRED SCHNITTKE, Gesualdo (opera in un prologo, sette scene e un epilogo, 1994). La prima
esecuzione dell’opera, edita da Schirmer, si ebbe a Vienna il 26/5/1995.
11. A tale proposito cfr. S. SCIARRINO, Le voci sottovetro, in Carte da Suono cit., p. 186.
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ELABORAZIONI DI SCIARRINO
ORIGINALE DI
GESUALDO TITOLO RACCOLTA ORGANICO ANNO

Tu m’uccidi, o crudele Pagine Quartetto di sax 1998


Tu m’uccidi, o crudele Le voci sottovetro Voce e sette esec.: 1998/99
Fl.b., C.i., Cl.b.,
Perc., Vno, Vla, Vc.
Tu m’uccidi, o crudele Terribile e spaventosa Voce, 4 sax e perc. 1999
storia del Principe di
Tu m’uccidi, Venosa e della bella
o crudele Maria – Parte I
(V libro dei Canzone segreta Terribile e spaventosa Voce, 4 sax e perc. 1999
Madrigali) storia del Principe di
Venosa e della bella
Maria – Parte IV
Assassini d’amore Terribile e spaventosa Voce, 4 sax e perc. 1999
storia del Principe di
Venosa e della bella
Maria – Parte VIII
Gagliarda del Principe di Le voci sottovetro Otto esecutori: Apr. 1988
Venosa Fl.b., C.i., Cl.b., Pf.,
Perc., Vno, Vla, Vc.
Ballo e giardino Terribile e spaventosa Quattro sax 1999
Gagliarda del storia del Principe di
Principe di Venosa Venosa e della bella
(per quattro viole) Maria – Parte V
Immagine ossesso Terribile e spaventosa Quattro sax, perc. 1999
storia del Principe di
Venosa e della bella
Maria – Parte VII
Itene, o miei sospiri Itene miei sospiri Pagine Quartetto di sax 1998
(V libro dei
Madrigali)
Canzon francese del Canzon francese del Le voci sottovetro Sei esecutori: 1998
Principe Principe Fl.b., C.i., Cl.b.,
(genericamente per Vno, Vla, Vc.
liuto o tastiera)
Moro, lasso, al mio Moro, lasso Le voci sottovetro Voce e 8 esec.: 1998
duolo Fl.b., C.i., Cl.b.,
(VI libro dei Pf., Perc.,
Madrigali) Vno, Vla, Vc.

Tabella 1 – Elaborazioni di Sciarrino da Gesualdo


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L’attrazione per Gesualdo si era ormai risvegliata, e si concretizzava nelle


prime elaborazioni, quelle dei madrigali Itene, o miei sospiri e Tu m’uccidi, o
crudele, trascritti per quartetto di sassofoni e inserite in Pagine, un’antologia
dei primi mesi del 1998, «aperta su secoli e generi diversi». 12 Alcuni mesi dopo
vedrà la luce Le voci sottovetro, una suite di quattro elaborazioni gesualdiane,
per voce e otto esecutori. La suite comprende due madrigali, cioè una nuova
versione di Tu m’uccidi o crudele e Moro, lasso, e i due brani strumentali Ga-
gliarda del Principe di Venosa e Canzon francese del Principe.
L’anno seguente Sciarrino compose Terribile e spaventosa storia del Principe
di Venosa e della bella Maria, per voce, quattro sassofoni e percussioni, con la
presenza scenica dell’opera dei pupi siciliani di Mimmo Cuticchio. Il lavoro
narra la nota vicenda biografica che vede il tragico epilogo del matrimonio tra
Carlo Gesualdo e Maria d’Avalos, con l’apporto del racconto immaginifico, po-
polare e fortemente mediterraneo dei pupi siciliani. Strutturato in nove parti,
comprende elaborazioni da Domenico Scarlatti e da Gesualdo; due musicisti le-
gati, secondo Sciarrino, da affinità compositive e dal loro estro e coraggio nelle
proprie scelte artistiche. Alberto Batisti osserva che Scarlatti si può considerare
[…] il trait d’union della parentela spirituale che da Gesualdo, attraverso le biz-
zarrie del sommo clavicembalista, giunge idealmente a Salvatore Sciarrino, colto e
raffinato erede di quell’italianità estrosa e mediterranea.13
In Terribile e spaventosa storia sono presenti ben altre tre versioni di Tu
m’uccidi, o crudele, e due nuove elaborazioni della Gagliarda del Principe di Ve-
nosa. Per i brani ritenuti più significativi e stimolanti Sciarrino non si accon-
tenta quindi di una nuova versione: il madrigale Tu m’uccidi, o crudele appare
nei tre lavori summenzionati in ben cinque riscritture, e la Gagliarda del Prin-
cipe di Venosa in tre.
Analogamente a certi procedimenti pittorici, come quelli che informano le
serie di Claude Monet di Ninfee e Cattedrali, o letterari, come l’inesausto gioco
di variazioni degli Esercizi di stile di Raymond Queneau – cui ammicca il titolo
Esercizi di tre stili dato da Sciarrino a una raccolta di elaborazioni da Scarlatti 14
– il compositore si appropria ripetutamente degli stessi soggetti, secondo un
cammino stilistico progressivo.15 Esaminiamo ora in quale direzione si svilup-

12. ID., Pagine, in ivi, p. 181.


13. ALBERTO BATISTI, Da Gesualdo a Sciarrino passando per Scarlatti, note di programma, «Setti-
mana Musicale Senese», numero unico, luglio 1999. Domenico Scarlatti apprezzava Gesual-
do, e aveva studiato i suoi madrigali: cfr. a riguardo GIOVANNI $"($!', Il Principe dei Musici,
Palermo, Sellerio, 1997, p. 111, che riporta sull’argomento una lettera di Scarlatti del 1706.
14. SALVATORE SCIARRINO, Esercizi di tre stili, altre elaborazioni da Scarlatti per quartetto d’archi,
Milano, Ricordi, 1999. Contiene le trascrizioni delle sonate L. 418; L. 439; L. 238; L. 239; L.
448; L. 230.
15. Il paragone con i procedimenti pittorici di Monet, apparentemente azzardato, risulta in real-
tà calzante considerando la ferma convinzione di Sciarrino che tra musica e arti figurative
esistano affinità strutturali importanti. Nel volume S. SCIARRINO, Le figure della musica cit.,
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pano le successive elaborazioni sciarriniane nei due brani oggetto di ripetute ri-
scritture.

Tu m’uccidi, o crudele
Tu m’uccidi, o crudele costituisce per Sciarrino una delle vette più alte non solo
del corpus di Gesualdo, ma dell’intera produzione musicale coeva, attraendolo
sia dal punto di vista compositivo che da quello testuale. 16 Entrambi gli aspetti
sono considerati intrinsecamente collegati, tanto che il madrigale viene fatto
assurgere a simbolo «dell’incrocio suggestivo tra arte e vita».17
Il testo anonimo (vedi Tabella 2), è composto da sette versi, settenari ed en-
decasillabi, con un capoverso che non rima con gli altri versi, e gli altri che ri-
mano due a due secondo lo schema a-bb-cc-dd, schema per cui Gesualdo di-
mostra una marcata preferenza, soprattutto nel IV libro.
L’argomento, il ‘morire d’amore’, è senza dubbio uno dei più sentiti e fre-
quentati da Gesualdo; il termine ‘morire’ e sue varianti, come osserva Glenn
Watkins, compare infatti nella metà dei suoi madrigali.18 Il significato testuale è
qui tutto giocato sui due contrasti tra amore e morte e tra tacere e gridare. Le
parole che si riferiscono alla morte compaiono sei volte (uccidi, omicida, morir,
morire, moro, martire); due termini riguardano l’amore (Amore, amando),
mentre il contrasto tra tacere e gridare si divide equamente tra due forme del
verbo gridare (grida, gridando) e due del verbo tacere (taccia, tacer). La dram-
maticità del testo è enfatizzata inoltre dagli aggettivi crudele, empia, aspro e
dalle due interiezioni Ahi, Ohimé.
Se Nino Pirrotta era dell’opinione che interpretare l’arte di Gesualdo in ter-
mini autobiografici fosse un errore,19 Sciarrino invece ritiene che il testo di Tu
m’uccidi o crudele contenga qualcosa di ben più forte di una genericità tematica
convenzionale: è colpito cioè dall’assonanza con la tragica vicenda biografica
che vede Gesualdo omicida della moglie Maria d’Avalos e di Fabrizio Carafa.
Stando a ciò che riportano in merito le cronache dei Fratelli Corona, l’ultimo
verso del madrigale presenta infatti una notevole somiglianza con le parole pro-
nunciate da Maria d’Avalos e Fabrizio Carafa dopo che parenti, amici, e pare

corredato da un ricco apparato di immagini tratte dal mondo della pittura, della scultura e
dell’architettura, il compositore sviluppa ampiamente questo tema. Il rapporto tra Sciarrino
e le arti figurative è stato da me trattato in una relazione dal titolo Venere che le Grazie la
fioriscono: Salvatore Sciarrino and music, figurative arts and myth, letta al 17th International
Congress della Società Internazionale di Musicologia tenutosi a Leuven (B) nel 2002. L’ab-
stract è pubblicato in International Musicological Society, 17th International Congress, Bru-
xelles, Alamire Foundation, 2002, pp. 198-199.
16. Conversazione personale con S. Sciarrino: cfr. nota 4.
17. A. BATISTI, Da Gesualdo a Sciarrino passando per Scarlatti cit.
18. GLENN WATKINS, Gesualdo: The Man and His Music, Oxford, Oxford University Press, 19912,
pp. 115-116 e 124.
19. NINO PIRROTTA, voce Gesualdo, Carlo, in DEUMM, Le Biografie, III, 1986, pp. 174-178: 176.
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anche il viceré si erano adoperati per indurre gli amanti a interrompere la rela-
zione.20
Oltre a ritenere che questa concordanza testuale possa difficilmente essere
una coincidenza, Sciarrino ha l’impressione che tra l’inizio e la fine del testo si
verifichi una sorta di transfert: dopo i primi versi in cui la vittima d’amore è
chiaramente il poeta, i protagonisti sembrano scambiarsi i ruoli tanto che alla
fine sembra che a morire d’amore – di una morte stavolta reale e non figurata –
sia la donna stessa. Una siffatta interpretazione presuppone che l’anonimo au-
tore del testo possa essere stato lo stesso Gesualdo, in linea con le ipotesi di più
di uno studioso riguardo ai testi di molti dei madrigali di Gesualdo; se tali ipo-
tesi, in base ai documenti in nostro possesso, non possono essere confermate,
per gli stessi presupposti non possono nemmeno essere smentite, osserva Sciar-
rino.21 Egli è dell’opinione che questa supposizione sia ulteriormente rafforzata
dal verso «e vuoi che taccia e il mio morir non grida», in cui ravvisa una mani-
festazione del dolore e degli elementi dello scandalo: se da un lato la donna
sembra voler dire «sei tu l’empio omicida», dall’altro questa sorta di immedesi-
mazione in lei esplicita la sofferenza di Gesualdo. L’adesione appassionata del
Principe all’emozione poetica fa sì che queste perturbazioni emotive traslitte-
rino dal testo alla musica con intima connessione.22
Nelle diverse elaborazioni sciarriniane del madrigale, il testo viene varia-
mente utilizzato: dapprima completamente soppresso, viene recuperato prima
per frammenti e poi per intero, fino ad essere poi sostituito con un altro testo
elaborato dallo stesso Sciarrino (vedi Tabella 2).

20. SILVIO E ASCANIO CORONA, La verità svelata à Principi ovvero Successi diversi tragici et amorosi
occorsi in Napoli o altrove a Napoletani, cominciando dalli Re Aragonesi, Bibl. Naz., Napoli,
Ms X-C-19; SILVIO E ASCANIO CORONA , Aggiunta à fatti tragici et amorosi occorsi in Napoli ov-
vero altrove à Napoletani, Bibl. Naz., Napoli, Ms X-C-32. I racconti dei fratelli Corona ri-
guardanti la vicenda sono riportati in G. WATKINS, Gesualdo: The Man and His Music cit., p.
11 e in G. IUDICA, Il Principe dei Musici cit., pp. 57 e 124. I dialoghi cui si riferisce Sciarrino
sono la richiesta di Maria d’Avalos: «Signor Duca, più mortifero mi riesce un momento di
Vostra lontananza che mille morti quali mi potessero venire dal mio diletto, se morirò con
voi non sarò mai lontana dal duca mio. […] Insomma io così voglio, così comando, né al
mio ordine si dia replica, se non volete perdermi per sempre», e la replica di Fabrizio Carafa:
«Signora, giacché volete morire, morirò insieme con Voi. Se questo è il vostro desiderio, così
si faccia».
21. Questa ipotesi è riproposta in ALBERTO )'**+, Storia della Musica, vol. I, Torino, UTET,
2004, p. 186.
22. Conversazione personale con S. Sciarrino: cfr. nota 4.
354 LUISA CURINGA

AUTORE RACCOLTA TITOLO TESTO

Gesualdo Madrigali, V libro Tu m’uccidi, o Tu m’uccidi, o crudele


crudele D’Amore empia omicida
E vuoi ch’io taccia e il mio morir non
grida?
Ahi, non si può tacer l’aspro martire
Che va innanzi al morire
Ond’io ne vo gridando
«Ohimé. Ch’io moro amando!»

Gesualdo- Pagine Tu m’uccidi, o ---


Sciarrino crudele
Gesualdo- Le voci sottovetro Tu m’uccidi, o Tu m’uccidi, o crudele
Sciarrino crudele […]
E vuoi ch’io taccia e il mio morir non grida?
Ahi […]
[…] morire
[…]
Ond’io ne vo gridando
[…]
Gesualdo- Terribile e spaventosa Tu m’uccidi, o Tu m’uccidi, o crudele
Sciarrino storia del Principe di crudele D’Amore empia omicida
Venosa e della bella E vuoi ch’io taccia e il mio morir non grida?
Maria (I parte) Ahi, non si può tacer l’aspro martire
Che va innanzi al morire
Ond’io ne vo gridando
«Ohimé. Ch’io moro amando!»

Sciarrino Terribile e spaventosa Canzone segreta Ohi, voglio


storia del Principe di Morire amando
Venosa e della bella Così comando!
Maria (VI parte)
Sciarrino Terribile e spaventosa Assassini d’amore Crudele omicida
storia del Principe di d’amore assassina
Venosa e della bella infame, teng’e corna
Maria (VIII parte) t’ammazzo
e ancora non muori?
Uccidi il corpo
Uccidi la mente
La tua, la mia
Che a te si dona
Crudele m’uccidi

Tabella 2 – Tu m’uccidi, o crudele: mutazioni testuali


TRASCRIZIONE O TRASFIGURAZIONE? 355

Anche gli organici vocali-strumentali impiegati mutano nelle successive ela-


borazioni (Tabella 1). Nella prima, per quartetto di sassofoni (Pagine), la sop-
pressione del testo e l’impiego di una compagine interamente strumentale non
si traducono in una lacerazione rispetto alla versione originale. Nonostante la
mutilazione del rapporto tra musica e parola e la riduzione da cinque a quattro
voci, questa è in realtà la versione più vicina al dettato originale gesualdiano: i
sassofoni, strumenti estremamente versatili dal punto di vista delle sonorità,
sono utilizzati infatti nel loro aspetto più morbido e cantabile, e, pur non per-
dendo la loro specificità, sembrano quasi proporre una mimesi vocale o co-
munque la ricostituzione di un timbro ‘antico’ tramite strumenti moderni, ri-
nunciando a utilizzare le particolari emissioni, i timbri, le dinamiche che danno
personalissima fisionomia all’originale universo sonoro di Sciarrino. I quattro
strumenti non sono vincolati in maniera univoca a una singola voce, ma le loro
linee melodiche derivano di volta in volta da voci diverse.
La successiva versione del madrigale fa parte de Le voci sottovetro, una suite
di quattro elaborazioni da Gesualdo. Nella sua prima redazione la raccolta
comprendeva solo tre pezzi: Gagliarda del Principe di Venosa, Canzon francese
del Principe e Moro, lasso. Tu m’uccidi, o crudele venne aggiunta qualche mese
dopo, ed eseguita nella prima esecuzione italiana delle Voci Sottovetro a Mi-
lano, sia per dare alla suite un’ampiezza e un equilibrio maggiori, che per la vo-
lontà di musicare Tu m’uccidi o crudele in modo molto diverso, di trasformarlo
ulteriormente rispetto alla versione di Pagine.
Pur comprendendo la voce nel suo organico, il testo è utilizzato solo per al-
cuni frammenti ritenuti più significativi; Sciarrino sembra così enfatizzare ed
estremizzare lo stile epigrammatico di Gesualdo definito ‘respirato’ o ’sospirato’,
soprattutto quando egli tratta le parole ‘respiro’ o ’sospiro’. 23 Anche in questa ver-
sione i sette strumenti e il canto attingono in maniera alterna alle cinque voci
originali. La volontà di caratterizzazione timbrica porta Sciarrino ad utilizzare
gli strumenti a fiato gravi – come il flauto basso e il clarinetto basso – in una
tessitura acuta, a volte con eolian, cioè suoni con molto soffio. I tre archi sfrut-
tano invece la sonorità del flautato e degli armonici naturali; l’invocazione
«Ahi» di b. 19 è rafforzata dall’uso dei crotali, nell’intento di ottenere un suono
acuto, limpido, tagliente come una lama; la parola «gridando» alle bb. 32-33
viene ripetuta con effetto d’eco (già presente nella versione per quartetto di sas-

23. Cfr. G. WATKINS, Gesualdo: The Man and His Music cit., p. 171. Sul tema si esprime anche
Marco Angius notando quanto sia curioso che «[…] senza voler compiere un’operazione fi-
lologica vera e propria (e probabilmente disinteressandosene), Sciarrino colga l’aspetto pa-
radigmatico della prassi compositiva dei madrigali di Gesualdo, la “sigla” che li contraddi-
stingue da quelli dei suoi contemporanei (primo fra tutti Claudio Monteverdi)»: MARCO
ANGIUS, Le voci sottovetro. Da Sciarrino a Gesualdo, «Hortus Musicus», Anno III n. 11, Lu-
glio-Settembre 2002, pp. 39-45: 41. L’attenzione di Angius nei confronti di Gesualdo si è re-
centemente concretizzata nel volume Come avvicinare il silenzio. La musica di Salvatore
Sciarrino, Roma, Rai-ERI, 2007.
356 LUISA CURINGA

sofoni) il quale, in quanto fenomeno naturale, acustico, crea un’associazione


naturale nel rapporto tra testo e musica.24
La parte finale (a partire dalla b. 36) vede l’eliminazione della voce e diventa
puramente strumentale. Secondo Sciarrino infatti questa sezione, con il suo in-
trecciarsi di vocalizzi estremamente virtuosistici sulla parola «amando», non ri-
sulta abbastanza efficace con le voci, ma lo diventa invece, potenziando la sua
espressività in maniera addirittura ‘esplosiva’, se eseguita solo con gli stru-
menti.25 Il suono di fiati e archi è esaltato dall’uso di una macchia di percus-
sioni molto colorita, comprendente tamburello basco, campana a piastre e
piatto charleston, con la funzione di creare una forza quasi etnica attraverso dei
suoni napoletani, meridionali. Con tale mezzo Sciarrino intende inserire questa
musica in un contesto geografico e sociale che, a suo parere, nei secoli era an-
dato perduto.
In tale direzione si inquadra anche l’inserimento dei pupi siciliani in Terri-
bile e spaventosa storia, dove compaiono le tre successive versioni del madri-
gale. La prima, per voce, quattro sassofoni e percussione è il brano d’apertura; il
testo viene recuperato comparendo per intero e la voce ancora una volta non
attinge ad un’unica linea vocale, ma si muove tra le varie voci, unificate in una
sola linea melodica. Ai sassofoni è principalmente affidato l’intreccio contrap-
puntistico.
Già dall’esordio l’atmosfera è sempre più inserita nel mondo sonoro di
Sciarrino, e sempre meno in quello di Gesualdo. Alcuni elementi timbrici rive-
lano l’intenzione di assecondare la teatralità dell’opera enfatizzando probabil-
mente la presenza passionale del cuntu e dei pupi siciliani: il brano ha il suo
avvio con lo scoppio di una lampadina (lanciata dentro un bidone metallico)
per simulare uno sparo, accompagnato dai suoni soffiati di tre sassofoni; l’in-
gresso della voce coincide con un altro scoppio di lampadina mentre i sassofoni
eseguono note con flatterzunge, e la rottura di un calice di vetro è prevista
anche a b. 25. Nella sezione finale la voce compare per brevi frammenti e si ri-
trova la nutrita percussione etnica della precedente versione.
Nella sesta parte dell’opera, dal titolo Canzone segreta, il processo di trasfor-
mazione di Tu m’uccidi, o crudele compie un decisivo passo avanti. In questo
caso non si può più parlare di una trascrizione, nonostante Sciarrino utilizzi al-
cuni frammenti armonici dell’originale, che si intravedono a tratti e sono resi
quasi irriconoscibili. Il brevissimo testo, di Sciarrino, è elaborato dalle già citate
cronache dei fratelli Corona, e riporta anche l’invocazione «voglio morire
amando», così simile al testo del madrigale.

24. Sul concetto di naturalismo in musica Sciarrino ha più volte preso posizione, anche in con-
trasto con alcune tendenze avanguardiste. Sull’argomento si veda L. CURINGA, Una conversa-
zione con Salvatore Sciarrino cit., p. 89.
25. Conversazione personale con S. Sciarrino: cfr. nota 4.
TRASCRIZIONE O TRASFIGURAZIONE? 357

L’assimilazione ormai profonda dell’originale porta alla sua ricreazione nello


stile personale di Sciarrino, come si avverte già dall’esordio del brano, in cui
prendono campo le sonorità di grande suggestione che sono una delle cifre sti-
listiche della sua musica: tremoli soffiati, che dal nulla nascono e al nulla ritor-
nano, su cui si innesta episodicamente la voce con sospiri resi dall’uso del glis-
sando. Quasi a ribadire il divenire autonomo del pezzo, nella partitura muta
non solo il titolo, ma anche l’indicazione dell’autore: Sciarrino, e non più Ge-
sualdo elaborato da Sciarrino.
Allo stesso modo cambiano autore e titolo anche nell’ultima versione del
madrigale, Assassini d’amore, in cui il progressivo processo di trasfigurazione
giunge a compimento. Nello svolgimento della narrazione di Terribile e spa-
ventosa storia, è qui che il culmine drammatico viene raggiunto; il testo origi-
nale è completamente sostituito da una rielaborazione di Sciarrino in dialetto
napoletano di alcune frasi e alcuni insulti attribuiti a Gesualdo, tratti dall’Infor-
mazione verbale del processo Gesualdo.26
Non siamo più in presenza di una trascrizione, ma di una vera e propria tra-
sformazione, che assimila elementi dell’originale – comunque presenti e rico-
noscibili – ma li trasfigura facendoli diventare qualcosa di assolutamente di-
verso e ormai completamente autonomo.
Il forte elemento drammatico, sottolineato ancora da vetri che si rompono
(lampadine, bottiglie) come nel brano d’apertura, viene in un certo senso esor-
cizzato dalla ‘licenziosità’ dell’elaborazione: il madrigale è tramutato in una
sorta di canzone rock, con gli ossessivi, ritmici slap27 ribattuti del sax baritono,
glissandi eseguiti dagli altri sax quasi a simulare una chitarra con distorsore
elettrico, senza rinunciare ai suoni soffiati. La nutrita percussione comprende
anche una grancassa muted, cioè che esegue colpi di puro impulso senza vibra-
zione, mentre la voce canta brevi figure con carattere di ostinato. Nel brano si
realizza una sorta di una forte interferenza che crea un corto circuito fra due
dimensioni diverse, quella della canzone rock, con la sua attualità e aggressi-
vità, e l’antico madrigale, di cui vengono inseriti frammenti più o meno ampi,
come gli intervalli cantati dalla voce dopo b. 21 (Es. 1), e la parte vocalizzante
nelle bb. 86-90 (Es. 2).28

26. L’Informazione verbale del processo Gesualdo, datata 27 ottobre 1590, è riportata integral-
mente in G. IUDICA, Il Principe dei Musici cit., pp. 165-172.
27. Lo slap è una tecnica nata sul contrabbasso a New Orleans alle origini del jazz – la cui pater-
nità è attribuita a Bill Johnson – in cui le corde vengono ’schiaffeggiate’ e strappate, alla stes-
sa maniera dei successivi contrabbassisti di rockabilly e rock’n’roll. Dal contrabbasso lo slap
passa al basso elettrico, dove viene perfezionato e reso più complesso da Larry Graham, e
nella musica occidentale d’avanguardia viene trasferito anche agli strumenti a fiato ad ancia
semplice. Nel sassofono lo slap si ottiene con un particolare modo di attacco del suono, di
cui si percepisce comunque l’altezza, con effetto percussivo molto breve e più o meno vio-
lento.
28. Sciarrino definisce questo procedimento compositivo «forma a finestre», le cui caratteristi-
che sono ampiamente illustrate in S. SCIARRINO, Le figure della musica cit., pp. 97-148.
358 LUISA CURINGA

C. Gesualdo: Tu m’uccidi, o crudele, bb. 7-9

S. Sciarrino: Assassini d’amore, bb. 22-24

Es. 1 – Impiego del materiale gesualdiano in Assassini d’amore


TRASCRIZIONE O TRASFIGURAZIONE? 359

Es. 2 – S. Sciarrino, Assassini d’amore, bb. 87-92

Gagliarda del Principe di Venosa


L’allontanamento di Tu m’uccidi, o crudele dall’originale, attraverso le diverse
rivisitazioni, aveva un segnale privilegiato nelle mutazioni testuali. Sarà interes-
sante ora vedere come si sviluppa la riscrittura sciarriniana in un brano esclusi-
vamente strumentale.
La prima elaborazione della Gagliarda è il brano d’apertura de Le voci sotto-
vetro, dove due madrigali sono alternati a due pezzi strumentali. L’organico
comprende tre strumenti a fiato gravi (flauto basso, corno inglese e clarinetto
basso), tre archi (violino, viola, violoncello), pianoforte e percussioni (Es. 3).
La fisionomia della composizione è mutata e resa personale soprattutto at-
traverso l’uso di emissioni differenziate: suono, soffio e armonici per il flauto
basso; corde premute o sfiorate, suoni con sordina, pizzicati o vibrato per il trio
d’archi. Il pianoforte impiega un’evidente divaricazione di registro, suonando
solo nell’ottava più acuta e in quella più grave della tastiera con particolare ef-
fetto coloristico. La percussione, usata in maniera molto parca, comprende cro-
tali, marimba, campana a piastre e campana tubolare e sottolinea solo alcuni
punti significativi. L’organico, in parte obbligato perché Le voci sottovetro è
stato dedicato all’Ensemble Recherche con cui Sciarrino aveva appena realiz-
360 LUISA CURINGA

zato Infinito Nero,29 non ha una tradizione storica e non ha una sua formante
timbrica, perciò Sciarrino ne ha inventato una adattandola al suo mondo; tut-
tavia c’è anche un echeggiamento di Infinito Nero, dove erano state già utiliz-
zate molte delle tecniche impiegate nella suite.30

Es. 3 – Gesualdo-Sciarrino, Gagliarda del Principe di Venosa, bb. 1-6


All’ascolto emerge con evidenza la volontà di unire musica antica e musica
moderna: la musica antica viene ricreata senza stravolgerla, con sonorità che
spesso ricordano quelle degli strumenti antichi, come nel caso del flauto basso
che, usato nella tessitura acuta, rievoca il timbro di un flauto a becco. Avendo a
disposizione un organico più ampio rispetto all’originale, la melodia è fram-
mentata tra i vari strumenti, nessuno dei quali assume mai la funzione di prota-
gonista.

29. SALVATORE SCIARRINO, Infinito Nero. Estasi di un atto, Milano, Ricordi, 1998. Il lavoro, per voce
e otto strumenti, è basato su frammenti poetici di Maria Maddalena de’ Pazzi ricomposti da
Sciarrino.
30. L’Ensemble Recherche pensò in seguito a una destinazione teatrale de Le voci sottovetro, in-
frammezzando le musiche alla lettura di lettere di Torquato Tasso. Da questa realizzazione è
nata anche una incisione discografica: SALVATORE SCIARRINO, Le voci sottovetro – Infinito nero,
Sonia Turchetta, Ensemble Recherche, Kairos, CD 0012022KAI.
TRASCRIZIONE O TRASFIGURAZIONE? 361

Le due successive versioni della Gagliarda fanno parte di Terribile e spaven-


tosa storia. La prima è il quinto pezzo dell’opera; nonostante sia indicata l’ori-
gine («da Gesualdo»), il titolo è già mutato in Ballo e giardino, mentre l’orga-
nico comprende il solo quartetto di sassofoni (Es. 4).

Es. 4 – S. Sciarrino, Ballo e giardino, bb. 1-6


A una prima proposizione per intero della danza, che si conclude con la ri-
petizione della sezione iniziale di sei battute e in cui i sassofoni usano emissioni
tradizionali e dinamiche esclusivamente ff o pp, segue una seconda parte (da b.
46) dove l’atmosfera e l’ambientazione cambiano radicalmente (Es. 5).

Es. 5 – S. Sciarrino, Ballo e giardino, bb. 46-51


362 LUISA CURINGA

Il ballo, adesso «molto lento» mentre prima era «in vortice», viene udito dal
giardino, come un’eco lontana. Improvvisamente l’ascoltatore è proiettato in
un mondo sonoro diverso, come uno sfondo di paesaggio reso rarefatto e im-
palpabile grazie all’uso esclusivo di tremoli di armonici quasi sempre in dina-
mica ppp, mentre le voci sono distribuite diversamente rispetto all’inizio «in
vortice», e ulteriormente frammentate fra i quattro sassofoni. Inoltre, come
nota Marco Angius
[…] è anche vero che il Ballo udito dal giardino è frutto di un efficacissimo cam-
biamento della sceneggiatura (apportato in seguito) che rende, in termini musi-
cali, lo stordimento dei due innamorati mentre danzano con lo sguardo fisso l’uno
nell’altra.31
In Immagine ossesso, settima parte dell’opera, il processo di trasfigurazione
della Gagliarda è portato a compimento non già, come in Tu m’uccidi, o cru-
dele, con una reinterpretazione che, pur conservando riconoscibili alcuni ele-
menti dell’originale, dà vita a una composizione del tutto diversa, ma esaspe-
rando l’aspetto formale e quello timbrico attraverso un duplice e parallelo pro-
cesso di dilatazione e contrazione. Da un lato la forma del pezzo viene ampliata
temporalmente grazie all’inserimento di numerosi refrain in ogni sezione di sei
battute, che viene ripetuta da due a quattro volte, portando il brano a 313 bat-
tute, numero non indifferente se si considera la brevità dell’originale; dall’altro
la contrazione timbrica riduce il brano a uno stato di impalcatura sonora,
grazie all’uso quasi esclusivo, per tutti e quattro i sassofoni, della tecnica dello
slap, che del suono fa sentire solo l’impulso (Es. 6).

Es. 6 – S. Sciarrino, Immagine ossesso, bb. 1-6

31. M. ANGIUS, Le voci sottovetro. Da Sciarrino a Gesualdo cit., p. 44.


TRASCRIZIONE O TRASFIGURAZIONE? 363

La ripetizione ossessiva è tuttavia resa cangiante da lievi variazioni timbriche e


dinamiche, e dall’inserimento di pause misurate o corone che interrompono a
tratti l’incessante fluire del tempo. Le percussioni (hi-hat e gran cassa muted)
hanno solo sporadici interventi, sempre in sonorità vicine al silenzio.
Gesualdo è ormai ridotto a un’ombra indistinta, quasi un fantasma di
suono, ma ossessivo nel suo ripresentarsi.

!!!
Appuntando l’attenzione sulle elaborazioni gesualdiane che sono state oggetto
di ripetute riscritture da parte di Sciarrino, ho inteso non solo prendere in
esame una delle più recenti riletture della musica di Gesualdo, ma anche por-
tare alla luce un peculiare processo di elaborazione per gradi successivi.
L’ammirazione di Sciarrino nei confronti delle musiche che lo affascinano
non si traduce infatti in una contemplazione statica, come potrebbe essere
quella di opere da museo, intoccabili e un po’ polverose; egli tratta le musiche
del passato – in particolare quelle di Gesualdo – come materia viva, talmente
viva che si modifica sotto le sue mani quando egli ritiene di non avere ancora
detto su di esse tutto quello che si potrebbe dire, originando così un vero e pro-
prio processo di trasfigurazione.
In modo solo apparentemente paradossale, più il profondamente il brano
originale è assimilato, più l’elaborazione se ne distacca assumendo un alto
grado di autonomia. L’originale è sempre riconoscibile, ma più nascostamente,
e le caratteristiche del linguaggio di Sciarrino poco a poco prendono il posto di
quelle del linguaggio di Gesualdo.
Il grande potere di suggestione delle composizioni di Gesualdo e la fertile
fantasia di Sciarrino portano a ottenere risultati sonori inediti. Come un gioco
di specchi, di rifrazioni, di continui rimandi dall’antico al moderno, tecniche
strumentali uguali possono stimolare associazioni uditive differenti: mentre lo
slap dei sassofoni in Immagine ossesso evoca un chitarrone rinascimentale, in
Assassini d’amore suggerisce aggressive chitarre elettriche; i suoni acuti soffiati
del flauto basso, pur essendo di moderna concezione, rimandano a sonorità di
flauti dolci. La pacifica convivenza di antico e nuovo è ulteriormente rappre-
sentata dai tre archi de Le voci sottovetro che impiegano nello stesso momento
tecniche antiche come il pizzicato e il vibrato, e tecniche più moderne come i
flautati di armonici, mentre i fiati suonano eolian e tremoli di chiave.
Dopo le numerose rivisitazioni novecentesche, le recenti elaborazioni di
Sciarrino rappresentano a mio avviso una conferma di quanto la musica di Ge-
sualdo possa essere tuttora attuale, al punto di costituire un fertile terreno per
operazioni non semplicemente di nostalgico recupero. Essa al contrario si di-
mostra in grado di far germinare una nuova stagione, stimolando l’immagina-
zione creativa dei compositori di oggi.
364 LUISA CURINGA
')*,#'!,

The familiarity of Salvatore Sciarrino towards the genre of arrangement dates


by now more than 25 years. For him the arrangement is a process of transfigu-
ration of a piece beloved, a way to take possession of it. In this kind of arrange-
ment the creativity of the arranger must not be absent at all, and therefore
Sciarrino prefers to call it “elaborazione”.
In the corpus of Sciarrino’s arrangements from different authors, both an-
cient and modern, Gesualdo has a particularly important place, with several
elaborations for different instrumental groups, with or without voice. The Ge-
sualdo’s pieces that have mostly stimulated the imagination of Sciarrino are the
madrigal Tu m’uccidi, o crudele (V book) and the instrumental Gagliarda del
Principe di Venosa, with respectively five and three elaborations, from 1998 to
1999.
The examination of these elaborations and their comparison among them
and with the original, allows to show the progressive detachment from the
primary source. In a way only in appearance paradoxical, the more the original
piece is profoundly assimilated, the more the elaboration goes away, taking up
a high degree of autonomy. The original is always recognizable, but more
secretly, and the characteristics of the sonorous world of Sciarrino little by little
replace those of the language of Gesualdo.

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