Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
TRASCRIZIONE O TRASFIGURAZIONE?
ELABORAZIONI DI SALVATORE SCIARRINO DA
CARLO GESUALDO
Sciarrino e la trascrizione
1. SALVATORE SCIARRINO, Le voci sottovetro, in Carte da suono (1981-2001), Roma, CIDIM, 2001,
p. 187.
2. SALVATORE SCIARRINO, Le figure della musica. Da Beethoven a oggi, Milano, Ricordi, 1998, p. 19.
Su questi temi cfr. inoltre LUISA !"#$%&', Una conversazione con Salvatore Sciarrino, in
Omaggio a Salvatore Sciarrino, a cura di Enzo Restagno, Torino, Settembre Musica, 2002,
pp. 77-95: 88.
3. Le opere di Sciarrino trattate in questo saggio sono edite da Ricordi.
348 LUISA CURINGA
[…] una volta trovate delle potenzialità in una partitura, se fossi un musicologo
scriverei un saggio; essendo un compositore, scrivo un pezzo in cui faccio emer-
gere tali potenzialità. Per esempio, secondo me Domenico Scarlatti scrive a volte
pezzi ‘beethoveniani’: allora nel trascriverli per quartetto d’archi rendo evidente
questa caratteristica, non solo con la scelta dell’organico, ma anche con gli adatta-
menti della scrittura.4
L’accento è posto sulla creatività necessaria a trasformare un brano, allo
scopo di fargli rivivere “una stagione nuova”; per questo motivo Sciarrino non
ama il termine ‘trascrizione’, al quale preferisce quello di ‘elaborazione’. L’ori-
ginale da cui prendono forma le elaborazioni deve restare, negli intenti di
Sciarrino, assolutamente riconoscibile, e nello stesso tempo avere una nuova fi-
sionomia, una nuova vita, un nuovo corpo: non un abito moderno, ma un
corpo moderno, che non può essere calato arbitrariamente, ma che richiede in-
tuizioni di sicura riuscita, affinché l’elaborazione non risulti più debole dell’ori-
ginale. Il compositore stesso suggerisce in proposito un’illuminante chiave di
lettura:
[…] La scelta dei pezzi anzitutto. Non dipende esclusivamente dalla dimestichezza
col repertorio in questione (che pure non mi manca), piuttosto è mossa dall’in-
venzione. Spesso mi attraggono i pezzi più sconosciuti. Afferro alcune potenzialità
intrinseche e cerco di dar loro corpo; bisogna intuire cosa questi brani possono di-
ventare e non ciò che sono già. Senza vie di mezzo, o si fa centro o no.
Infinite le gradazioni del trascrivere. Può trattarsi di un’operazione meccanica e
priva di luce, oppure un divertimento disimpegnato. Ma ciò che è gustoso per sé
non è detto procuri gusto agli altri, e di fatto quello dell’arrangiatore ritengo sia un
lavoro non da tutti. Personalmente uso il termine ‘elaborazioni’ per significare sia
che la creatività non è affatto assente, sia la necessità di far rivivere ciò che non ha
più voce. Si tratta ogni volta di viaggi di scoperta. Una inconsueta lettura può tra-
sfigurare opere stranote, ovvero mettere a fuoco l’indistinto, come nel caso di la-
vori usciti di scena. Vestirli a nuovo sarebbe solo macabro, mentre io voglio arric-
chire la musica di senso (cioè rendere problematica la sua fisionomia).
Quali frutti produrrebbe la coscienza musicologica, se innestata sul coraggio del-
l’immaginare?5
L’elaborazione non è intesa perciò come un commento, ma come un’inter-
pretazione e quindi una trasformazione; non un semplice trasloco meccanico di
note da un organico all’altro, ma un atto traspositivo in cui prendono vita ele-
menti originali frutto della personalità del trascrittore: «[…] mutare strumento,
ce lo insegnano i Classici, vuol dire mutare scrittura, forma, tutto ciò insomma
che dà la reale fisionomia sonora di un’opera».6
4. Conversazione personale con Salvatore Sciarrino, Città di Castello, 29 giugno 2003. Sul tema
della trascrizione come ‘atto d’amore’ e sulla necessità dell’apporto creativo e critico del
compositore cfr., all’interno del presente volume, il saggio di Marco Della Sciucca.
5. S. SCIARRINO, Esercizi di tre stili, in Carte da suono cit., p. 200.
6. ID., Trascrizioni, in ivi, p. 137.
TRASCRIZIONE O TRASFIGURAZIONE? 349
Vi sono artisti più grandi, che modificano il cammino della storia e rischiano di
più (soprattutto il coraggio di essere se stessi) e dunque anticipano gli autori degli
anni a venire. Dalla gran massa degli autori, il gruppo di questi più estrosi si di-
stingue, costituendo una sorta di famiglia, con relazioni parentali e affinità strettis-
sime a dispetto dei secoli che li separano. Così avviene di un autore artificioso e
raffinato come Gesualdo. All’ascoltatore colto offre una singolare attrattiva: quella
di essere stordito da una ventata di associazioni con i compositori più moderni.
Possiamo riconoscere in Gesualdo le stravaganze di Vivaldi e di Domenico Scar-
latti, Schubert e l’ultimo Beethoven, il profumo tardo romantico o quello Art
Nouveau, il clima espressionista.7
Nonostante prenda in considerazione solo tre madrigali e le due uniche opere
strumentali di Gesualdo a noi note, tra il 1998 e il 1999 Sciarrino ne trae ben
undici elaborazioni diverse (vedi Tabella 1): ciò è sicuramente significativo di
uno speciale interesse nei confronti del Principe di Venosa.
Se quantitativamente sono le trascrizioni da Domenico Scarlatti ad avere la
preminenza nel catalogo delle elaborazioni sciarriniane,8 è Gesualdo infatti che
sembra fornire a Sciarrino maggior linfa creativa e una molteplicità di piani di
lettura, che lo inducono a riprendere e modificare più volte lo stesso soggetto
originale in più versioni successive. La peculiarità di tale procedimento di ela-
borazione per gradi è proprio ciò su cui intendo focalizzare principalmente l’at-
tenzione in questo contributo, attraverso un confronto testuale e musicale tra
l’originale e le varie versioni, e tra le versioni fra loro.
Dopo l’ammirazione e lo studio degli anni giovanili, l’interesse di Sciarrino
per Gesualdo si è ridestato in tempi recenti. Intorno al 1996 egli scoprì infatti
che la tragedia da cui stava prendendo spunto per uno dei suoi libretti si rife-
riva in maniera certa, seppure non esplicita, alla nota biografia del Principe: si
trattava del dramma Il tradimento per l’onore di Giacinto Andrea Cicognini,
del 1664, elaborato da Sciarrino per il libretto di Luci mie traditrici. 9 Il titolo
originale dell’opera doveva essere Gesualdo, ma il compositore decise di mu-
tarlo quando, proprio durante la stesura del lavoro, venne a conoscenza dell’o-
monima opera di Alfred Schnittke.10 La modifica del titolo fu anche accompa-
gnata dalla sostituzione di alcune musiche di Carlo Gesualdo, che avrebbero
dovuto essere utilizzate all’interno dell’opera, con altre di Claude Le Jeune.11
ELABORAZIONI DI SCIARRINO
ORIGINALE DI
GESUALDO TITOLO RACCOLTA ORGANICO ANNO
pano le successive elaborazioni sciarriniane nei due brani oggetto di ripetute ri-
scritture.
Tu m’uccidi, o crudele
Tu m’uccidi, o crudele costituisce per Sciarrino una delle vette più alte non solo
del corpus di Gesualdo, ma dell’intera produzione musicale coeva, attraendolo
sia dal punto di vista compositivo che da quello testuale. 16 Entrambi gli aspetti
sono considerati intrinsecamente collegati, tanto che il madrigale viene fatto
assurgere a simbolo «dell’incrocio suggestivo tra arte e vita».17
Il testo anonimo (vedi Tabella 2), è composto da sette versi, settenari ed en-
decasillabi, con un capoverso che non rima con gli altri versi, e gli altri che ri-
mano due a due secondo lo schema a-bb-cc-dd, schema per cui Gesualdo di-
mostra una marcata preferenza, soprattutto nel IV libro.
L’argomento, il ‘morire d’amore’, è senza dubbio uno dei più sentiti e fre-
quentati da Gesualdo; il termine ‘morire’ e sue varianti, come osserva Glenn
Watkins, compare infatti nella metà dei suoi madrigali.18 Il significato testuale è
qui tutto giocato sui due contrasti tra amore e morte e tra tacere e gridare. Le
parole che si riferiscono alla morte compaiono sei volte (uccidi, omicida, morir,
morire, moro, martire); due termini riguardano l’amore (Amore, amando),
mentre il contrasto tra tacere e gridare si divide equamente tra due forme del
verbo gridare (grida, gridando) e due del verbo tacere (taccia, tacer). La dram-
maticità del testo è enfatizzata inoltre dagli aggettivi crudele, empia, aspro e
dalle due interiezioni Ahi, Ohimé.
Se Nino Pirrotta era dell’opinione che interpretare l’arte di Gesualdo in ter-
mini autobiografici fosse un errore,19 Sciarrino invece ritiene che il testo di Tu
m’uccidi o crudele contenga qualcosa di ben più forte di una genericità tematica
convenzionale: è colpito cioè dall’assonanza con la tragica vicenda biografica
che vede Gesualdo omicida della moglie Maria d’Avalos e di Fabrizio Carafa.
Stando a ciò che riportano in merito le cronache dei Fratelli Corona, l’ultimo
verso del madrigale presenta infatti una notevole somiglianza con le parole pro-
nunciate da Maria d’Avalos e Fabrizio Carafa dopo che parenti, amici, e pare
corredato da un ricco apparato di immagini tratte dal mondo della pittura, della scultura e
dell’architettura, il compositore sviluppa ampiamente questo tema. Il rapporto tra Sciarrino
e le arti figurative è stato da me trattato in una relazione dal titolo Venere che le Grazie la
fioriscono: Salvatore Sciarrino and music, figurative arts and myth, letta al 17th International
Congress della Società Internazionale di Musicologia tenutosi a Leuven (B) nel 2002. L’ab-
stract è pubblicato in International Musicological Society, 17th International Congress, Bru-
xelles, Alamire Foundation, 2002, pp. 198-199.
16. Conversazione personale con S. Sciarrino: cfr. nota 4.
17. A. BATISTI, Da Gesualdo a Sciarrino passando per Scarlatti cit.
18. GLENN WATKINS, Gesualdo: The Man and His Music, Oxford, Oxford University Press, 19912,
pp. 115-116 e 124.
19. NINO PIRROTTA, voce Gesualdo, Carlo, in DEUMM, Le Biografie, III, 1986, pp. 174-178: 176.
TRASCRIZIONE O TRASFIGURAZIONE? 353
anche il viceré si erano adoperati per indurre gli amanti a interrompere la rela-
zione.20
Oltre a ritenere che questa concordanza testuale possa difficilmente essere
una coincidenza, Sciarrino ha l’impressione che tra l’inizio e la fine del testo si
verifichi una sorta di transfert: dopo i primi versi in cui la vittima d’amore è
chiaramente il poeta, i protagonisti sembrano scambiarsi i ruoli tanto che alla
fine sembra che a morire d’amore – di una morte stavolta reale e non figurata –
sia la donna stessa. Una siffatta interpretazione presuppone che l’anonimo au-
tore del testo possa essere stato lo stesso Gesualdo, in linea con le ipotesi di più
di uno studioso riguardo ai testi di molti dei madrigali di Gesualdo; se tali ipo-
tesi, in base ai documenti in nostro possesso, non possono essere confermate,
per gli stessi presupposti non possono nemmeno essere smentite, osserva Sciar-
rino.21 Egli è dell’opinione che questa supposizione sia ulteriormente rafforzata
dal verso «e vuoi che taccia e il mio morir non grida», in cui ravvisa una mani-
festazione del dolore e degli elementi dello scandalo: se da un lato la donna
sembra voler dire «sei tu l’empio omicida», dall’altro questa sorta di immedesi-
mazione in lei esplicita la sofferenza di Gesualdo. L’adesione appassionata del
Principe all’emozione poetica fa sì che queste perturbazioni emotive traslitte-
rino dal testo alla musica con intima connessione.22
Nelle diverse elaborazioni sciarriniane del madrigale, il testo viene varia-
mente utilizzato: dapprima completamente soppresso, viene recuperato prima
per frammenti e poi per intero, fino ad essere poi sostituito con un altro testo
elaborato dallo stesso Sciarrino (vedi Tabella 2).
20. SILVIO E ASCANIO CORONA, La verità svelata à Principi ovvero Successi diversi tragici et amorosi
occorsi in Napoli o altrove a Napoletani, cominciando dalli Re Aragonesi, Bibl. Naz., Napoli,
Ms X-C-19; SILVIO E ASCANIO CORONA , Aggiunta à fatti tragici et amorosi occorsi in Napoli ov-
vero altrove à Napoletani, Bibl. Naz., Napoli, Ms X-C-32. I racconti dei fratelli Corona ri-
guardanti la vicenda sono riportati in G. WATKINS, Gesualdo: The Man and His Music cit., p.
11 e in G. IUDICA, Il Principe dei Musici cit., pp. 57 e 124. I dialoghi cui si riferisce Sciarrino
sono la richiesta di Maria d’Avalos: «Signor Duca, più mortifero mi riesce un momento di
Vostra lontananza che mille morti quali mi potessero venire dal mio diletto, se morirò con
voi non sarò mai lontana dal duca mio. […] Insomma io così voglio, così comando, né al
mio ordine si dia replica, se non volete perdermi per sempre», e la replica di Fabrizio Carafa:
«Signora, giacché volete morire, morirò insieme con Voi. Se questo è il vostro desiderio, così
si faccia».
21. Questa ipotesi è riproposta in ALBERTO )'**+, Storia della Musica, vol. I, Torino, UTET,
2004, p. 186.
22. Conversazione personale con S. Sciarrino: cfr. nota 4.
354 LUISA CURINGA
23. Cfr. G. WATKINS, Gesualdo: The Man and His Music cit., p. 171. Sul tema si esprime anche
Marco Angius notando quanto sia curioso che «[…] senza voler compiere un’operazione fi-
lologica vera e propria (e probabilmente disinteressandosene), Sciarrino colga l’aspetto pa-
radigmatico della prassi compositiva dei madrigali di Gesualdo, la “sigla” che li contraddi-
stingue da quelli dei suoi contemporanei (primo fra tutti Claudio Monteverdi)»: MARCO
ANGIUS, Le voci sottovetro. Da Sciarrino a Gesualdo, «Hortus Musicus», Anno III n. 11, Lu-
glio-Settembre 2002, pp. 39-45: 41. L’attenzione di Angius nei confronti di Gesualdo si è re-
centemente concretizzata nel volume Come avvicinare il silenzio. La musica di Salvatore
Sciarrino, Roma, Rai-ERI, 2007.
356 LUISA CURINGA
24. Sul concetto di naturalismo in musica Sciarrino ha più volte preso posizione, anche in con-
trasto con alcune tendenze avanguardiste. Sull’argomento si veda L. CURINGA, Una conversa-
zione con Salvatore Sciarrino cit., p. 89.
25. Conversazione personale con S. Sciarrino: cfr. nota 4.
TRASCRIZIONE O TRASFIGURAZIONE? 357
26. L’Informazione verbale del processo Gesualdo, datata 27 ottobre 1590, è riportata integral-
mente in G. IUDICA, Il Principe dei Musici cit., pp. 165-172.
27. Lo slap è una tecnica nata sul contrabbasso a New Orleans alle origini del jazz – la cui pater-
nità è attribuita a Bill Johnson – in cui le corde vengono ’schiaffeggiate’ e strappate, alla stes-
sa maniera dei successivi contrabbassisti di rockabilly e rock’n’roll. Dal contrabbasso lo slap
passa al basso elettrico, dove viene perfezionato e reso più complesso da Larry Graham, e
nella musica occidentale d’avanguardia viene trasferito anche agli strumenti a fiato ad ancia
semplice. Nel sassofono lo slap si ottiene con un particolare modo di attacco del suono, di
cui si percepisce comunque l’altezza, con effetto percussivo molto breve e più o meno vio-
lento.
28. Sciarrino definisce questo procedimento compositivo «forma a finestre», le cui caratteristi-
che sono ampiamente illustrate in S. SCIARRINO, Le figure della musica cit., pp. 97-148.
358 LUISA CURINGA
zato Infinito Nero,29 non ha una tradizione storica e non ha una sua formante
timbrica, perciò Sciarrino ne ha inventato una adattandola al suo mondo; tut-
tavia c’è anche un echeggiamento di Infinito Nero, dove erano state già utiliz-
zate molte delle tecniche impiegate nella suite.30
29. SALVATORE SCIARRINO, Infinito Nero. Estasi di un atto, Milano, Ricordi, 1998. Il lavoro, per voce
e otto strumenti, è basato su frammenti poetici di Maria Maddalena de’ Pazzi ricomposti da
Sciarrino.
30. L’Ensemble Recherche pensò in seguito a una destinazione teatrale de Le voci sottovetro, in-
frammezzando le musiche alla lettura di lettere di Torquato Tasso. Da questa realizzazione è
nata anche una incisione discografica: SALVATORE SCIARRINO, Le voci sottovetro – Infinito nero,
Sonia Turchetta, Ensemble Recherche, Kairos, CD 0012022KAI.
TRASCRIZIONE O TRASFIGURAZIONE? 361
Il ballo, adesso «molto lento» mentre prima era «in vortice», viene udito dal
giardino, come un’eco lontana. Improvvisamente l’ascoltatore è proiettato in
un mondo sonoro diverso, come uno sfondo di paesaggio reso rarefatto e im-
palpabile grazie all’uso esclusivo di tremoli di armonici quasi sempre in dina-
mica ppp, mentre le voci sono distribuite diversamente rispetto all’inizio «in
vortice», e ulteriormente frammentate fra i quattro sassofoni. Inoltre, come
nota Marco Angius
[…] è anche vero che il Ballo udito dal giardino è frutto di un efficacissimo cam-
biamento della sceneggiatura (apportato in seguito) che rende, in termini musi-
cali, lo stordimento dei due innamorati mentre danzano con lo sguardo fisso l’uno
nell’altra.31
In Immagine ossesso, settima parte dell’opera, il processo di trasfigurazione
della Gagliarda è portato a compimento non già, come in Tu m’uccidi, o cru-
dele, con una reinterpretazione che, pur conservando riconoscibili alcuni ele-
menti dell’originale, dà vita a una composizione del tutto diversa, ma esaspe-
rando l’aspetto formale e quello timbrico attraverso un duplice e parallelo pro-
cesso di dilatazione e contrazione. Da un lato la forma del pezzo viene ampliata
temporalmente grazie all’inserimento di numerosi refrain in ogni sezione di sei
battute, che viene ripetuta da due a quattro volte, portando il brano a 313 bat-
tute, numero non indifferente se si considera la brevità dell’originale; dall’altro
la contrazione timbrica riduce il brano a uno stato di impalcatura sonora,
grazie all’uso quasi esclusivo, per tutti e quattro i sassofoni, della tecnica dello
slap, che del suono fa sentire solo l’impulso (Es. 6).
!!!
Appuntando l’attenzione sulle elaborazioni gesualdiane che sono state oggetto
di ripetute riscritture da parte di Sciarrino, ho inteso non solo prendere in
esame una delle più recenti riletture della musica di Gesualdo, ma anche por-
tare alla luce un peculiare processo di elaborazione per gradi successivi.
L’ammirazione di Sciarrino nei confronti delle musiche che lo affascinano
non si traduce infatti in una contemplazione statica, come potrebbe essere
quella di opere da museo, intoccabili e un po’ polverose; egli tratta le musiche
del passato – in particolare quelle di Gesualdo – come materia viva, talmente
viva che si modifica sotto le sue mani quando egli ritiene di non avere ancora
detto su di esse tutto quello che si potrebbe dire, originando così un vero e pro-
prio processo di trasfigurazione.
In modo solo apparentemente paradossale, più il profondamente il brano
originale è assimilato, più l’elaborazione se ne distacca assumendo un alto
grado di autonomia. L’originale è sempre riconoscibile, ma più nascostamente,
e le caratteristiche del linguaggio di Sciarrino poco a poco prendono il posto di
quelle del linguaggio di Gesualdo.
Il grande potere di suggestione delle composizioni di Gesualdo e la fertile
fantasia di Sciarrino portano a ottenere risultati sonori inediti. Come un gioco
di specchi, di rifrazioni, di continui rimandi dall’antico al moderno, tecniche
strumentali uguali possono stimolare associazioni uditive differenti: mentre lo
slap dei sassofoni in Immagine ossesso evoca un chitarrone rinascimentale, in
Assassini d’amore suggerisce aggressive chitarre elettriche; i suoni acuti soffiati
del flauto basso, pur essendo di moderna concezione, rimandano a sonorità di
flauti dolci. La pacifica convivenza di antico e nuovo è ulteriormente rappre-
sentata dai tre archi de Le voci sottovetro che impiegano nello stesso momento
tecniche antiche come il pizzicato e il vibrato, e tecniche più moderne come i
flautati di armonici, mentre i fiati suonano eolian e tremoli di chiave.
Dopo le numerose rivisitazioni novecentesche, le recenti elaborazioni di
Sciarrino rappresentano a mio avviso una conferma di quanto la musica di Ge-
sualdo possa essere tuttora attuale, al punto di costituire un fertile terreno per
operazioni non semplicemente di nostalgico recupero. Essa al contrario si di-
mostra in grado di far germinare una nuova stagione, stimolando l’immagina-
zione creativa dei compositori di oggi.
364 LUISA CURINGA
')*,#'!,