Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
LETTERATURA E CINEMA
Decadentismo
Nel panorama del cinema italiano Luchino Visconti (1906-1976) occupa un posto di rilie-
vo ed è riconosciuto come uno dei grandi maestri del dopoguerra. La sua opera cinema-
tografica copre l’arco di un trentennio, dal 1943 al 1976, e presenta un corpus di film
significativi sia per il loro valore estetico, sia per le relazioni che intrattengono con il
periodo storico e culturale nel quale sono apparsi.
I film di Visconti hanno fatto discutere, e la loro presentazione al pubblico raramente è
passata inosservata. Luchino Visconti costituisce un caso a sé nel cinema italiano: in molti
suoi film è evidente il dialogo con la tradizione, con una società raffinata ed elitaria,
profondamente legata al clima artistico e culturale del primo Novecento. Le origini fami-
liari, la formazione culturale, la complessa personalità hanno contribuito a rendere vita-
le il rapporto del regista con la letteratura, con il teatro, con la musica e con il melo-
dramma. E così la scoperta precoce di una “vocazione teatrale”, l’idea di divenire dram-
maturgo, il lavoro come arredatore nelle prime esperienze professionali con il teatro sono
soltanto alcune delle tappe che portano Visconti sulla strada della regia, sia nel cinema
che nel teatro.
Nei film di Visconti le radici culturali che abbiamo ricordato sono sempre presenti, e
fanno da sfondo in alcuni casi a opere che guardano al presente e alla contemporaneità
del regista. In altri casi la riflessione sulla storia e sul destino individuale rimette in discus-
sione personaggi ed eventi passati. Viene allora posto in evidenza il senso di perdita dovu-
to alla caduta dei valori tradizionali che cedono il passo a nuovi modi di concepire la
realtà e l’esistenza. L’accoglienza critica e i dibattiti sorti negli anni in cui questi film sono
apparsi non sempre hanno reso giustizia all’opera di Visconti.
Un momento di pausa sul set del film Lo straniero, con Marcello Mastroianni.
Una scena
del film
La terra trema,
liberamente
ispirato a
I Malavoglia
di Verga.
Alain Delon e
Claudia Cardinale
nella famosa scena
del ballo
de Il Gattopardo.
Helmut Berger interpreta Ludwig II, ultimo re di Baviera, nel film omonimo.
Accortosi del mio stupore per tanto interesse, egli smise la lettura per un attimo e
mi confessò che soffriva ad ogni pagina voltata, pensando che ben presto quel
romanzo prodigioso sarebbe arrivato alla fine.
Bibliografia
Alessandro Bencivenni, Luchino Visconti, Milano, Il Castoro, 1995
Luciano De Giusti, I film di Luchino Visconti, Roma, Gremese, 1985
Lino Micchiché, Visconti e il Neorealismo, Venezia, Marsilio, 1990; Luchino Visconti. Un
profilo critico, Venezia, Marsilio, 1996
Veronica Pravadelli (a cura di), Il cinema di Luchino Visconti, Roma, Quaderni di BIanco
e Nero, 2000
Gianni Rondolino, Luchino Visconti, Torino, Utet, 1981
Bruno Villien, Visconti, Milano, Vallardi, 1987
Filmografia
Lungometraggi di Luchino Visconti:
Ossessione (1943)
La terra trema (1948)
Bellissima (1951)
Senso (1953)
Le notti bianche (1957)
Rocco e i suoi fratelli (1960)
Il Gattopardo (1963)
Vaghe stelle dell’Orsa (1965)
Lo straniero (1967)
La caduta degli dei (1969)
Morte a Venezia (1971)
Ludwig (1973)
Gruppo di famiglia in un interno (1974)
L’innocente (1976)
Durante la prima serata nel “Grand Hotel des Bains”, la sede del suo soggiorno veneziano,
Aschenbach ricorda un importante scambio di opinioni con un amico. Dalla memoria del collo-
quio affiorano alcune importanti affermazioni: l’artista è paragonato a un cacciatore che si muove
nell’oscurità, ma non è la realtà a guidarlo: La bellezza preesiste alla presunzione dell’artista… La
creazione della bellezza è un atto spirituale… L’arte è il mezzo più elevato di educazione.
Riferendoti alla concezione sacrale dell’arte di Aschenbach e a quel che hai letto sul Decadentismo,
a quali altri personaggi di opere narrative del periodo da te conosciuti può essere accostato il com-
positore tedesco e perché?
Dirk Bogarde è il musicista tedesco Gustav von Aschenbach, protagonista del film.
Da una parte la vicenda individuale di un artista: dalla gloria del successo e dalla sicurezza degli
affetti all’amara incomprensione, all’infelice situazione esistenziale, alla malattia, alla passione
censurata per il giovane Tadzio e tuttavia tenace e perturbante; dall’altra il tramonto di un’epoca,
simbolicamente rappresentato da Visconti in una Venezia crepuscolare e ammorbata dal colera.
Relaziona, in un saggio breve, le tue riflessioni su questo rapporto tra un personaggio e un’epoca.
Leggi il lungo racconto La morte a Venezia di Thomas Mann e paragonalo alla sua versione cine-
matografica. Relaziona oralmente alla classe su ciò che ti ha maggiormente colpito nel confronto
tra le due opere.
Un’immagine del giovanissimo Björn Andresen (Tadzio) sulla spiaggia del Lido di Venezia.
Il Gattopardo
Il romanzo che Giuseppe Tomasi di Lampedusa scrive negli ultimi anni della sua vita esplode postumo
come uno dei massimi successi e casi letterari del dopoguerra. Non appena legge il romanzo di Tomasi
di Lampedusa, Visconti, apprezzandone il vitale intrecciarsi di vita interiore e vita sociale, decide di
trarne un film.
Nel romanzo, così come nella versione cinematografica, la tradizione legata al realismo si unisce ad
una più cupa e misteriosa vena decadente. Dietro alla realtà, descritta e rappresentata minuziosa-
mente in ogni dettaglio, traspare una profonda introspezione psicologica. I cerimoniali del protago-
nista don Fabrizio di Salina descritti da Visconti, la preghiera, la vestizione, la caccia, il pranzo e il
ballo, non si esauriscono mai nella pura illustrazione, ma alludono sempre ad un significato meno
apparente; suggeriscono ai protagonisti il loro essere effimero, sfuggevole e precario, la loro fine
imminente. Tutto, nel romanzo e nel film, converge nello struggente ritratto della fine del principe don
Fabrizio, che è il vero tema dominante del film. Il suo culmine è nel ballo, posto a fine della vicen-
da e dilatato da Visconti sino ad occupare un terzo dell’opera. Tra lo sfarzo esteriore il regista inseri-
sce quegli aspetti luttuosi di cui Tomasi di Lampedusa ha intessuto tutto il romanzo. La spettacolarità
della festa diventa contemplazione interiore. In quell’illusoria vitalità, don Fabrizio presagisce la fine
imminente non solo della vecchia aristocrazia in declino di cui egli peraltro fa parte, ma della sua
stessa vita. Durante il ballo l’introspezione del protagonista si tinge di tinte ancor più cupe.
Corteggiando la morte egli contempla il quadro di Greuze La morte del Giusto presagendo la propria.
Quando la festa volge al termine, Visconti riprende il principe mentre si osserva nello specchio. La
musica, un inedito valzer di Verdi, tace per un istante; con un lungo primo piano, la macchina da
presa si arresta sull’immagine riflessa, per poi soffermarsi in controcampo sullo stesso volto in lacri-
me. Don Fabrizio, anche se circondato dalla festa e dai suoi partecipanti, è solo con il proprio io
come a compiacersi di un pensiero di morte che lo rende così vivo. Visconti rende meravigliosamen-
te l’intuizione di morte del protagonista, esaltando la sua solitudine nella affollata vanità mondana.
Con il gioco degli specchi, il ricorso alle lacrime e quel gusto melodrammatico tipici del suo stile, il
regista interrompe il romanzo al suo culmine lirico. Quel don Fabrizio principe di Salina che nel
romanzo incontrerà la morte, è nella versione cinematografica un uomo che tra le rovine di case
diroccate si allontana per poi sparire nel buio.
Don Fabrizio di Salina (Burt Lancaster) si guarda nello specchio, nel quale la macchina da presa fa riflettere
il giovane nipote Tancredi (Alain Delon).
Rintraccia nel film altre sequenze in cui il regista si è servito di tecniche analoghe (primi e primis-
simi piani), analizzando in particolare le due sequenze, una iniziale, l’altra durante il ballo, in cui
i personaggi si guardano allo specchio. Che cosa Visconti ci vuole far vedere? Quale aspetto del
personaggio vuole sottolineare?
Visconti realista e Visconti decadente. Trova nel romanzo e nel film, in particolare durante la scena
del ballo, elementi per ognuno dei due aspetti con cui si definisce la poetica del regista. Pensa
soprattutto al modo in cui il regista rappresenta il palazzo di Ponteleone, gli abiti, il banchetto, la
società in generale e all’attenzione data anche all’interiorità e alla psicologia dei personaggi, al
senso del tempo e della morte.
In quali scene, secondo il tipico gusto decadente, l’interiorità del personaggio si riflette sul paesag-
gio circostante inteso anche come ambiente interno?
Il protagonista del film, don Fabrizio di Salina, per la scelta di vita e di pensiero potrebbe essere
accostato ad un eroe pascoliano? Pensa alla sua introspezione, a quella tendenza a guardarsi den-
tro, alla nostalgia del tempo che è passato e che corre verso la morte, al sottile pessimismo verso la
società contemporanea cercando di rintracciare analogie e differenze.
Per quali aspetti potrebbe invece essere accostato ad un eroe dannunziano? Pensa al suo vitalismo
e attivismo, al suo modo di reagire e di rapportarsi con la società.
L’invito al ballo strappa il Principe alla pensosa contemplazione di una copia della Morte del Giusto
di Greuze.