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MARIO INDELICATO
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TESI DI LAUREA
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Relatore
Chiar.mo Prof. Daniele Malfitana
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Anno Accademico 2013/2014
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Sommario
Introduzione .......................................................................................................... 7
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3.1.1 - Gli agronomi romani.......................................................... 87
3.1.2 – Altre fonti........................................................................... 92
3.2 – La ricerca etnografica....................................................................... 97
3.2.1 – Metodologia....................................................................... 99
3.2.2 – Le fonti orali .................................................................... 100
3.2.2 – Le fonti scritte.................................................................. 101
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Introduzione
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«Da dove potremmo meglio cominciare se non dalla vite, rispetto alla quale l’Italia ha una
supremazia così incontrastata […]»
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Vedremo come anche l’antichissima civiltà dell’Egitto, sin dal tempo dei
faraoni precedenti l’unificazione, abbia attribuito la stessa importanza al consumo
del vino accentuandone ancor di più l’aspetto sacrale collegato in particolar modo
al culto di Osiride e, grazie a quest’ultimo, alla vita nell’aldilà. Questa circostanza
ci ha permesso di osservare le numerosissime pitture tombali con la
rappresentazione della produzione vinicola, dalla vendemmia alla conservazione
del vino prodotto; fondamentali testimonianze iconografiche che hanno permesso
agli studiosi di ricostruire, anche in assenza di congrue testimonianze
archeologiche, la pratica vitivinicola egizia dall’antico regno fino ad età
tolemaica.
Di qui getteremo lo sguardo al mondo egeo, greco in particolare, in cui il
vino “si fa Dio”1. La bevanda occupa infatti il posto d’onore nella pratica
simposiale come ci testimoniano sia la produzione letteraria poetica e tragica, sia
l’enorme mole di materiali ceramici ad uso potorio pensata, prodotta ed utilizzata
dalla civiltà greca nella sua storia. Certamente, se la viticoltura è nata, come
abbiamo accennato e come vedremo, all’alba della civiltà, la bevanda cui
attribuiamo il nome di vino è una creazione successiva dovuta all’affinamento
secolare di pratiche e di metodologie in regioni e climi diversi da quelli orientali.
La Grecia è una di queste regioni dove la vinificazione, ma anche la viticoltura,
verrà affinata ed adattata ai climi meno ostili alla vite, e soprattutto alla
conservazione del vino, di quelli della mezzaluna fertile.
Un altro luogo in cui si assiste ad un affinamento della tecnica è la penisola
italiana in cui si assiste a partire dall’VIII secolo a.C. – epoca di inizio della
colonizzazione greca – al confronto tra le tradizioni colturali e vinificatorie e dei
modelli di consumo del mondo etrusco e magno-greco. Le stesse fonti antiche,
come ci ricorda il testo di Plinio il Vecchio in epigrafe a questa introduzione, ci
testimoniano l’ottima qualità del suolo italico per la coltura della vite. Certamente
ben prima dei greci, e ce lo confermano sia l’archeologia che i poemi omerici,
esisteva in Italia ed in Sicilia una produzione vinicola, probabilmente da forme
paradomesticoidi di Vitis Vinifera sylvestris, come ci ricorda, nell’iconografia e
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JEANMAIRE 2012 E PITTE 2012.
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nella produzione ceramica, l’esperienza vitivinicola etrusca. Ed è per il tramite di
questo popolo che il vino giunge a Roma.
Nel mondo romano è possibile per noi seguire il millenario percorso del
vino nei suoi esiti più alti del mondo antico. Possiamo osservare e studiare il vino
dalla piantumazione della vigna fino alla produzione del vino ed anche al suo
trasporto e consumo. L’archeologia è ricca di materiali per ogni stadio della
vinificazione, ma anche l’iconografia e le fonti letterarie poetiche e storiche che ci
narrano di eccezionali esperienze conviviali dei ricchi romani. Tra le fonti scritte
meritano un posto di rilievo le fonti agronomiche che alla vite dedicano un posto
speciale tra le colture d’eccellenza: tra questi autori spicca Columella, autore del
più accurato trattato di agronomia dell’antichità che resterà inarrivabile per oltre
mille e cinquecento anni. Ed è proprio la lettura di questo testo che ha dato l’idea,
a chi scrive, dell’esperimento oggetto del presente lavoro di tesi.
Sebbene in Italia, a differenza di altri paesi, si sia ancora agli inizi della
diffusione capillare dell’archeologia sperimentale in ambito accademico,
l’applicazione puntuale della metodologia di tale disciplina, enucleata a grandi
linee in un capitolo apposito, è stata alla base della realizzazione del lavoro sul
campo di cui questa tesi è la relazione. La metodologia sperimentale è stata,
inoltre, preceduta dall’accurata lettura delle fonti agronomiche romane –
specificatamente Virgilio, Columella, Palladio – nonché dal confronto con
analoghe esperienze precedenti realizzate per lo più all’estero; la realizzazione
dell’esperimento è stata ulteriormente accompagnata da una costante attuazione di
confronti etnografici – sia attraverso informazioni orali che mediante la lettura di
testi di viticoltura scritti da agronomi siciliani del XIX secolo.
È stato quindi possibile mettere direttamente in pratica, sul campo, i precetti
e le istruzioni contenute nel testo dell’agronomo latino realizzando concretamente
una piccola vigna sperimentale – di sessanta viti – localizzata sulle propaggini
orientali del vulcano Etna al lambire della piana di Mascali (CT); un territorio che
costituiva, verisimilmente, la χώρα della colonia greca Naxos e naturalmente
vocato alla pratica vitivinicola come provano, oltre alle fonti scritte, anche le
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testimonianze archeologiche dalla città calcidese ed anche gli sparuti ritrovamenti
nelle zone limitrofe all’area dell’esperimento.
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Per la realizzazione di questo progetto mi è doveroso ringraziare: innanzitutto il prof. Daniele
Malfitana, docente di Metodologia, cultura materiale e produzioni artigianali nel mondo classico
nonché direttore dell’Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali del CNR (IBAM) che ha
creduto in questa folle idea ed ha reso possibile la realizzazione di questo lavoro; in secondo luogo
il prof. Attilio Scienza dell’Università di Milano per il supporto scientifico, in particolare per la
parte di botanica storica del presente lavoro; il dott. Giuseppe Cacciaguerra assegnista di ricerca
presso l’IBAM-Cnr di Catania, per i preziosissimi consigli bibliografici ed il supporto paziente e
costante nella redazione e revisione del testo; il dott. Giovanni Fragalà responsabile del laboratorio
di fotografia archeologica presso l’IBAM-Cnr di Catania, per i cordiali confronti e le preziose
referenze fotografiche e grafiche fornite. Si ringraziano altresì i numerosi informatori etnografici
che, con i loro preziosi consigli tecnici hanno reso possibile la realizzazione dei preziosi confronti
nonché lo scioglimento di alcuni dubbi circa l’interpretazione delle fonti.
Le riprese fotografiche sono dello scrivente ove non diversamente specificato.
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