Sei sulla pagina 1di 46

Capitolo 5

Doppi bipoli

Nei due capitoli precedenti, ci siamo occupati di reti elettriche fatte soltanto di
bipoli. I circuiti elettrici sono, invece, composti non soltanto di bipoli, ma anche di
altri tipi di oggetti, che prendono in generale il nome di ‘componenti’. Tra questi, i
più comuni, specie nelle applicazioni di tipo elettronico (telefoni, TV, computers),
sono senz’altro da annoverare i cosiddetti doppi bipoli.
In questo capitolo, ci proponiamo innanzitutto di spiegarvi cos’è, in generale, un
doppio bipolo; poi, vogliamo mostrarvi come la Teoria dei Circuiti, che abbiamo
finora sviluppato limitatamente alle reti fatte di soli bipoli, si applichi con estrema
naturalezza e semplicità anche alle reti costituite di bipoli e di doppi bipoli; infine,
introdurremo i principali tipi di doppi bipoli che spesso adopereremo nel seguito.
In sostanza, al termine di questo capitolo, avrete tutte le informazioni che
occorrono per risolvere una qualsiasi rete, fatta sia di bipoli che di doppi bipoli, in
regime stazionario. Potremo proprio dire, allora, di essere un bel pezzo avanti nel
nostro studio dei circuiti elettrici ed elettronici!

5.1 Definizione e grandezze fondamentali

Per familiarizzarvi subito con un esempio che è certamente noto a tutti, pensate a
quegli oggetti che vengono di solito chiamati ‘alimentatori’, oppure ‘carica -
batterie’, e che si usano per ‘mettere in carica’ i telefonini portatili, oppure i
‘personal’ portatili, ma anche per i piccoli apparecchi radio, TV e hi-fi. Questi
oggetti si presentano grosso modo come mostrato in Figura 5.1: sono costituiti,
cioè, di un corpo centrale dal quale fuoriescono due cavi, ciascuno dei quali fatto a
sua volta di due fili conduttori ricoperti di isolante. Di solito, uno dei due cavi
termina con una spina, mentre l’altro termina con una ‘presa’, che contiene due o
tre fori nei quali si possono opportunamente infilare gli spinotti (di solito molto
piccoli, questa volta) dei vari apparecchi.
2 Circuiti elettrici in regime stazionario

Figura 5.1: un alimentatore commerciale per telefoni cellulari.

Prescindendo, comunque, dagli aspetti esteriori (dimensione, colore, forma) cosa


possiamo dire che tutti i doppi bipoli hanno in comune? Che sono fatti
concettualmente come in Figura 5.2: sono costituiti, cioè, da un corpo centrale da
cui escono due coppie di fili conduttori, indicati in Figura 5.2 rispettivamente
come la coppia ‘primaria’ 1-1' e ‘secondaria’ 2-2'.

1 2

1' 2'

Figura 5.2: un generico doppio bipolo.

Come nel caso dei bipoli, anche i doppi bipoli possono essere collegati ad altri
componenti, siano essi bipoli, oppure altri doppi bipoli, soltanto attraverso i
rispettivi morsetti. In Figura 5.3 è individuata, ad esempio, una tipica situazione di
una rete fatta di due bipoli e due doppi bipoli collegati fra loro (in questo caso, si
dice ‘in cascata’).
3 Circuiti elettrici in regime stazionario

Prima di ogni altra cosa, occorre chiarire il seguente fatto fondamentale, che
riguarda le reti che contengono doppi bipoli, oltre che bipoli: le leggi di Kirchhoff
(sia LKC che LKT) continuano a essere valide esattamente nello stesso modo in cui
valgono per le reti di soli bipoli, e continuano ad essere applicate nello stesso modo.
Nel seguito, faremo svariati esempi per rendere evidente questo fatto fondamentale.
Per il momento, ci limiteremo ad usarlo quando ci servirà.
Cominciamo, così, col mostrarvi un fatto molto importante che è alla base del
funzionamento di tutti i doppi bipoli, e che discende direttamente dalle LK.
Come d’abitudine, cominciamo con le operazioni ‘di rito’, e cioè cominciamo a
segnare casualmente le frecce che indicano le correnti su tutti i terminali di bipoli e
doppi bipoli, nonché ad indicarle con nomi arbitrari. Per semplicità, scegliamo le
frecce come mostrato in Figura 5.3, ma, lo ripetiamo, avremmo potuto scegliere in
qualsiasi altro modo, e sarebbe stata la stessa cosa. Scegliendole così, riusciremo a
esprimere le conseguenze delle LK in modo più semplice e facile da ricordare:
questo è l’unico motivo per cui vi consigliamo di metterle sempre così.

ID1
1 ID1
2 ID2
1 ID2
2

1 2 3
B1 D1 D2 B2
1' 2' 3'

ID1
1' ID1
2' ID2
1' ID2
2'
S1 S2

Figura 5.3: un generico collegamento tra bipoli e doppi bipoli.

A questo punto, cominciamo ad applicare la LKC a una superficie chiusa come


quella indicata con S1 in Figura 5.3. Si ha subito:

1 - I 1' = 0 → I 1 = I 1' .
+ I D1 D1 D1 D1

Ciò significa che, indipendentemente da come sia fatto ‘dentro’ il doppio bipolo D1,
la corrente che ‘entra’ nel suo morsetto primario 1 è necessariamente uguale (per la
LKC, appunto) alla corrente che ‘esce’ dall’altro morsetto primario 1'.
Applichiamo, ora, la LKC alla superficie chiusa S2 in Figura 5.3, ottenendo subito:

2 + I 2' = 0 → I 2 = I 2' .
- ID1 D1 D1 D1
4 Circuiti elettrici in regime stazionario

Come per i morsetti primari del doppio bipolo D1, anche a quelli secondari succede
quindi la stessa cosa: anche stavolta, la corrente che ‘entra’ nel morsetto secondario
2 è uguale a quella che ‘esce’ dall’altro morsetto, 2', dello stesso doppio bipolo.
A questo punto, il gioco dovrebbe essere chiaro: ragionando come nel caso del
primo doppio bipolo, anche per il secondo si conclude facilmente che

ID2 D2 D2 D2
1 = I 1' , I 2 = I 2' ,

e cioè che, anche per D2, vale la proprietà che la corrente ID2 1 che ‘entra’ nel
morsetto (primario per D2) 2, è uguale a quella, ID21' , che ‘esce’ dall’altro morsetto
(sempre primario per D2), 2'. Similmente per le due correnti ID2 D2
2 e I 2' , che,
rispettivamente, ‘entrano e escono’ dai morsetti secondari di D2.
La conclusione cui giungiamo è dunque molto semplice, e può essere espressa
dicendo che, considerato un qualsiasi doppio bipolo indicato come in Figura
5.4, comunque esso sia fatto ‘dentro’, cioè qualsiasi cosa contenga all’interno del
suo involucro, quando è collegato a una qualsiasi rete, fatta di bipoli e di altri doppi
bipoli (quanti ne vogliamo), deve accadere necessariamente, per la LKC che

I1 = I1' , I 2 = I2' .

I1 I2
1 2

1' 2'
I1' I2'

I1 = I1' I2 = I2'

Figura 5.4: le correnti di porta in un qualsiasi doppio bipolo.

Ciò significa che i due morsetti primari 1-1' costituiscono come una vera e propria
‘porta primaria’ del doppio bipolo nella quale la stessa corrente entra da un
morsetto e esce dall’altro. Così pure, per i morsetti secondari che, nel loro
complesso, costituiscono, dunque, la ‘porta secondaria’ del doppio bipolo.
Per questi motivi, d’ora innanzi, indicheremo i doppi bipoli, battezzandoli come in
Figura 5.5, senza bisogno di indicare esplicitamente che le correnti alle ‘due porte’
sono uguali, e indicando, in più, le d.d.p. con V1 e V2.
5 Circuiti elettrici in regime stazionario

Con ciò, abbiamo deciso, una volta per tutte, di fare la convenzione dell’utilizzatore
a ciascuna delle due porte (e se qualche volta non la faremo, lo segnaleremo con
cura).

I1 I2
1 2
+ +
V1 V2
− −
1' 2'

Figura 5.5: rappresentazione circuitale di un doppio bipolo.

In definitiva, possiamo dire che la proprietà fondamentale che caratterizza un


qualsiasi doppio bipolo è rappresentata proprio dal possedere due ‘porte’, una
primaria ed una secondaria, per le quali valgono, fra le correnti, le relazioni (5.4) e
ai morsetti delle quali sono applicate le d.d.p. V1 e V2, i cui valori possono essere
assegnati ad arbitrio, in linea di principio.
Naturalmente, anche per i doppi bipoli vanno introdotte le grandezze di interesse
energetico, e cioè ‘potenza elettrica’ (assorbita o erogata), nonché ‘energia elettrica’
(assorbita o erogata). La cosa è del tutto naturale, poiché diremo che la potenza
elettrica totale assorbita dal doppio bipolo, avendo fatto sulle due porta la
convenzione dell’utilizzatore, è, per definizione, data dalla somma delle due potenze
elettriche assorbite alle sue due porte:

Pel-ass = P(1) (2)


el-ass + P el-ass = + V1 I 1 + V 2 I 2 .

Analogamente procederemo per la potenza totale erogata:

Pel-ero = - Pel-ass = - V1 I 1 - V2 I 2 .

Naturalmente, ove occorra, potremo continuare a parlare della potenza elettrica,


assorbita oppure erogata, a ciascuna delle due porte, scrivendo, ad esempio,

P(1) (2)
el-ass = + V1 I 1 , P el-ero = - V 2 I 2 , e così via .

Tutte queste potenze sono ovviamente misurate in watt e possono essere, a seconda
dei casi, positive o negative. Per quel che riguarda le corrispondenti energie, anche
in questo caso, essendo in regime stazionario, esse potranno essere semplicemente
calcolate moltiplicando le potenze per gli intervalli di tempo che ci interessano, e
6 Circuiti elettrici in regime stazionario

risulteranno misurate, come al solito, in joule (o in Wh, o kWh, o qualsiasi altro


multiplo o sottomultiplo). In tal modo l’energia elettrica totale assorbita dal doppio
bipolo di Figura 5.5, nell’intervallo di tempo che va dall’istante t1 all’istante t2 sarà
data dalla relazione

Uel-ass(t 1, t2) = Pel-ass (t 2 - t1) = (+ V1 I 1 + V 2 I 2) (t2 - t1) .

Prima di concludere questo paragrafo, è importante osservare esplicitamente che


anche il teorema di conservazione delle potenze elettriche continua a valere
per le reti che contengono anche doppi bipoli, nella stessa forma in cui valeva per le
reti di soli bipoli. La ragione è evidente: perché, come dicemmo a suo tempo,
questo teorema è una conseguenza diretta delle LK, che continuano a valere anche
quando la rete contiene doppi bipoli, oltre che bipoli. Così, potremo enunciare il
teorema dicendo, ad esempio, che la somma totale delle potenze elettriche assorbite
da tutti i componenti, tanto bipoli che doppi bipoli, di una qualsiasi rete elettrica è,
in ogni caso, uguale a zero.

5.2 Caratteristiche dei doppi bipoli

È giunto il momento di uscire dal vago e cominciare almeno a nominare i principali


tipi di doppi bipoli che trovano largo uso nei circuiti elettrici ed elettronici, di cui
ci occuperemo nei prossimi paragrafi.
Avrete certamente sentito parlare di ‘transistori’ (detti anche, in gergo,
‘transistors’) e di ‘trasformatori’; pochi avranno invece dimestichezza con altri
termini, quali ‘generatori pilotati’, ‘amplificatori operazionali’, ‘giratori’. Ebbene,
si tratta pur sempre di particolari doppi bipoli, ciascuno ovviamente, diverso
dall’altro, che soddisfano, in ogni caso, le proprietà, le definizioni e le leggi che
abbiamo spiegato nei precedenti paragrafi. Prima, però, di andare a studiare in
maggior dettaglio ciascuno dei doppi bipoli che abbiamo nominato, c’è da porsi una
domanda fondamentale.
Come si fa a specificare, da un punto di vista circuitale, la natura di questo o quel
doppio bipolo? In altre parole, ci stiamo chiedendo come sia possibile distinguere
un transistore da un trasformatore, o da un amplificatore operazionale. È la stessa
questione che ci ponemmo, a proposito dei bipoli, quando ci chiedemmo come si
potesse fare a distinguere, da un punto di vista circuitale, una stufa da un motore
elettrico o da una batteria. La risposta, in quel caso, fu che occorre assegnare caso
per caso, in regime stazionario, la caratteristica statica del bipolo che si sta
prendendo in considerazione. Bene: è ovvio che anche per i doppi bipoli bisogna
fare qualcosa del genere, e cioè assegnare le loro caratteristiche statiche.
7 Circuiti elettrici in regime stazionario

Ma come si fa? Questa volta, ci sono quattro grandezze che interessano i morsetti
del doppio bipolo: le due correnti I1 e I2 alle due porte, nonché le due tensioni V1 e
V2 alle stesse porte. E poi: cosa vuol dire, allora, assegnare la caratteristica statica
di un doppio bipolo?
La risposta è semplice: non basta una sola caratteristica del tipo V = f(I), oppure
I = g(V); ce ne vogliono due, ciascuna delle quali riguardi tutte e quattro le
grandezze fondamentali. Queste caratteristiche, ad esempio, potranno essere del tipo

V1 = F1(I 1, I 2) ,
V2 = F2(I 1, I 2) ,

dove abbiamo indicato con F1(I 1, I 2) e F2(I 1, I 2) due funzioni delle due variabili I1 e
I2, come, ad esempio,

F1(I 1, I 2) = 3 I1 + 2 I2 ,

oppure

F1(I 1, I 2) = 2 I1 I 2 - 7 I22 ,

o ancora

F2(I 1, I 2) = 5 I1 I 2 + 2 I32 .

Queste relazioni forniscono una descrizione ‘su base correnti’ (si dice così, in
gergo), dato che le variabili indipendenti, dette anche ‘variabili di controllo’,
sono proprio le correnti alle due porte; le variabili dipendenti, dette anche ‘variabili
controllate’, sono, invece, le tensioni di porta.
Le caratteristiche di un doppio bipolo possono però essere assegnate anche in modo
diverso, scambiando tra loro i ruoli delle variabili indipendenti con quelli delle
variabili dipendenti. Si ha, in questo caso, una rappresentazione del doppio bipolo
‘su base tensioni’, in quanto le tensioni di porta vengono usate quali variabili
indipendenti:

I1 = G 1(V1, V 2) ,
I2 = G 2(V1, V 2) .

Esistono pure due rappresentazioni, dette ibride (più avanti capirete l’origine
dell’attributo), in cui come variabili di controllo si usano la tensione di una porta e
la corrente dell’altra porta. Per quanto riguarda la prima di esse, scegliamo quali
8 Circuiti elettrici in regime stazionario

variabili dipendenti la tensione alla porta 1 e la corrente alla porta 2; di


conseguenza, la tensione della seconda porta e la corrente della prima porta saranno
le variabili indipendenti. Scriviamo, dunque:

V1 = H1(I 1, V 2) ,
I2 = H2(I 1, V 2) .

D’altra parte, è ragionevole immaginare anche l’altra rappresentazione ibrida:

I1 = L1(V1, I 2) ,
V2 = L2(V1, I 2) ,

in cui il controllo è affidato alle due variabili V1 e I2.


Infine, ma non meno importanti, esistono le rappresentazioni dette di trasmissione,
in cui le grandezze (tensione e corrente) ad una porta diventano funzione di quelle
all’altra porta. In particolare, se scegliamo quale porta di controllo la porta 1, è
immaginabile la rappresentazione:

V2 = M 1(V1, I 1) ,
I2 = M 2(V1, I 1) .

Viceversa, assumendo quale porta di controllo la porta 2, si può scrivere la seconda


rappresentazione di trasmissione:

V1 = N 1(V2, I 2) ,
I1 = N 2(V2, I 2) .

Quest’ultima relazione esaurisce tutti i casi di possibili rappresentazioni: provate ad


enunciarli da soli e a convincervi che, davvero, non ve ne sono altri.
Nella tabella riassumiamo le sei possibili rappresentazioni di un doppio bipolo.

Rappresentazione Grandezze di Grandezze


controllo controllate
Controllata in corrente I1 , I2 V1 , V2
Controllata in tensione V1 , V2 I1 , I2
Ibrida 1 I1 , V2 V1, I2
Ibrida 2 V1, I2 I1 , V2
Trasmissione 1 V1 , I1 V2 , I2
Trasmissione 2 V2 , I2 V1 , I1
9 Circuiti elettrici in regime stazionario

Nei prossimi paragrafi approfondiremo con degli esempi tutti i tipi di caratteristica
introdotti.

5.3 Classificazione dei doppi bipoli

Come per i bipoli, le caratteristiche ci consentono di classificare anche i doppi


bipoli, dividendoli in gruppi aventi proprietà simili.

• Doppi bipoli attivi e passivi


La prima grande distinzione che va fatta è tra i doppi bipoli attivi e passivi. Come
nel caso dei bipoli, questa distinzione nasce dall’esigenza di capire quale, tra le
varie parti di una rete elettrica, fornisce energia elettrica e quale la utilizza.
Diremo che un doppio bipolo, operante in regime stazionario, è passivo se la
potenza assorbita

Pel-ass ≥ 0

risulta sempre positiva (tutt’al più nulla). Ritornando alla formula che esprime la
potenza e ricordando che su entrambe le porte abbiamo fatto la convenzione
dell’utilizzatore, si può anche scrivere:

Pel-ass = + V1 I 1 + V 2 I 2 ≥ 0 .

Cosa cambia se, per lo stesso doppio bipolo passivo, abbiamo fatto la convenzione
del generatore alla porta 1 e quella dell’utilizzatore alla porta 2? È semplice:
dovendo sempre risultare la potenza assorbita positiva, diremo che, in ogni caso,
deve risultare

Pel-ass = - V1 I 1 + V 2 I 2 ≥ 0 .

E così potremmo continuare con le altre possibili combinazioni (che potete provare
a fare da soli).
Consideriamo, ad esempio, il doppio bipolo descritto dalle relazioni

V1 = 3 I1 ,
V2 = 10 I2 .

Si tratta di un doppio bipolo controllato in corrente e sul quale immaginiamo,


ovviamente, di avere fatto la convenzione dell’utilizzatore alle due porte, come
10 Circuiti elettrici in regime stazionario

indicato in Figura 5.5. In questo caso avremo che la potenza complessivamente


assorbita dal doppio bipolo vale

Pel-ass = + V1 I 1 + V 2 I 2 = 3 I21 + 10 I22 ≥ 0 ,

e rappresenta una quantità sicuramente positiva, quali che siano i valori assunti
dalle due correnti di porta I1 e I2, dato che essa è composta dalla somma di due
quantità positive, nulle tutt’al più.

Quando è che, invece, un doppio bipolo è attivo? Un doppio bipolo è attivo se esso
non è passivo. Infatti, diremo che un doppio bipolo è attivo quando esiste almeno
un caso per cui

Pel-ass < 0 .

In altri termini, indicate le due porte come in Figura 5.5, dovete essere in grado di
trovare un insieme di tensioni e correnti di porta per cui la potenza elettrica
assorbita risulti negativa. Consideriamo, come esempio, il doppio bipolo descritto
dalla caratteristica

V1 = - 3 I1 ,
V2 = 5 I2 .

Si tratta, ancora una volta, di un doppio bipolo controllato in corrente. La potenza


assorbita vale

Pel-ass = + V1 I 1 + V 2 I 2 = - 3 I21 + 5 I22 .

Ora, considerando la coppia di correnti I1 = 1 e I2 = 1, abbiamo che la potenza


elettrica assorbita risulta positiva Pel-ass = - 3 + 5 = 2. Se, invece, tenendo costante
la prima corrente, la seconda diventa zero, cioè I2 = 0, la potenza elettrica assorbita
diventa negativa. Esiste, dunque, una possibile condizione di funzionamento del
doppio bipolo per cui la potenza assorbita diventa negativa: il doppio bipolo è,
dunque, attivo.

• Doppi bipoli lineari e non lineari


La seconda grande distinzione tra i diversi doppi bipoli riguarda in qualche modo
la forma della caratteristica. Per comprendere quando un doppio bipolo è lineare,
consideriamo, ad esempio, la caratteristica di un doppio bipolo controllato in
tensione
11 Circuiti elettrici in regime stazionario

I1 = G 1(V1, V 2) ,
I2 = G 2(V1, V 2) .

Diremo che questo doppio bipolo è lineare, se le due relazioni che definiscono la
caratteristica sono lineari sia rispetto alla prima variabile indipendente I1, sia
rispetto alla seconda I2. Nel caso del bipolo, sappiamo che la caratteristica generale
I = g(V) diventa, nel caso lineare, I = G V, con G conduttanza del resistore; in
caso, la due relazioni precedenti diventano

I 1 = a V1 + b V2 ,
I 2 = c V1 + d V2 ,

in cui a, b, c, d sono quattro costanti (reali ed omogenee ad una conduttanza) che


definiscono il doppio bipolo. Come, nel caso di un bipolo, la caratteristica I = 6 V
definisce un resistore, cioè un bipolo lineare, di conduttanza pari a 6 S, così le
relazioni

I 1 = 3 V1 - 2 V2 ,
I 2 = 6 V1 + 7 V2 ,

definiscono un doppio bipolo lineare. Questa volta, però, abbiamo avuto bisogno
non più di un solo parametro per identificarlo, bensì di quattro grandezze che,
come vedremo meglio nel prossimo paragrafo, svolgono il ruolo della conduttanza.
Quanto detto per la rappresentazione di un doppio bipolo controllato in tensione, si
estende naturalmente a tutte le altre rappresentazioni.
Un doppio bipolo non lineare è, invece, descritto da due equazioni caratteristiche
che non sono lineari rispetto alle due variabili di controllo. Ad esempio, il doppio
bipolo

V1 = 3 I1 + V 22 ,
I2 = 6 I31 + V2 ,

è descritto da una rappresentazioni ibrida non lineare.

5.4 Doppi bipoli controllati in corrente

In questo paragrafo, e in quelli che seguiranno, dedicheremo una particolare


attenzione ai doppi bipoli lineari dato che sono quelli che maggiormente
12 Circuiti elettrici in regime stazionario

interesseranno le nostre future applicazioni, cominciando dai doppi bipoli


controllati in corrente.
Ripetiamolo ancora una volta: in questo caso le variabili indipendenti, o di
controllo, sono le correnti, mentre quelle dipendenti, o controllate, sono le tensioni
di porta. Se il doppio bipolo è lineare, per quanto detto nel precedente paragrafo,
le caratteristiche possono essere scritte nella forma:

V1 = R11 I1 + R12 I2 ,
V2 = R21 I1 + R22 I2 .

Le costanti R11, R12, R21, R22 hanno tutte le dimensioni di una resistenza, si
misurano in ohm e sono detti parametri resistivi. I due pedici introdotti indicano il
primo, l’equazione, il secondo, la posizione nell’equazione. Così, R12 indica un
parametro relativo all’equazione 1 (primo pedice) e all’addendo 2 (secondo pedice).
Essi definiscono il doppio bipolo e, per comprendere come si faccia a trovarli, una
volta assegnato il doppio bipolo, sviluppiamo un caso particolare.

I1 R1 R2 I2
1 2
+ +
V1 R3 V2
− −
1' 2'

Figura 5.6: esempio di calcolo dei parametri resistivi.

Per il doppio bipolo mostrato in Figura 5.6 (detto ‘a T’), vogliamo determinare i
parametri, supponendo che esso sia controllato in corrente.
Per determinare i parametri, basta usare la stessa definizione secondo la quale,
ponendo I2 = 0, cioè aprendo la seconda porta, risulta:

R11 = V1 e R21 = V2 , quando I2 = 0 .


I1 I1

In termini circuitali queste relazioni possono essere rappresentate come in Figura


5.7, in cui, la prima porta del doppio bipolo è alimentata con un generatore di
corrente di valore I1, arbitrario e non nullo, mentre la seconda è aperta. Siamo così
arrivati alla rete disegnata in Figura 5.7, comprendente anche il generatore di
corrente I1: ricordate sempre che siamo studiando una rappresentazione in cui le
13 Circuiti elettrici in regime stazionario

variabili di controllo, quelle assegnate a piacere o indipendenti, sono le correnti:


per questo, vi è nello schema un generatore indipendente di corrente.

1 I1 R1 R2 I = 0
A 2
2
+ +
I1 V1 R3 V2
− −
2'
1' B

Figura 5.7: schema utile al calcolo dei parametri R11 e R21.

Ai capi del resistore R2, vi è una d.d.p. nulla, dato che è I2 = 0. Ciò comporta che i
due resistori R1 ed R3 sono in serie e percorsi dalla stessa corrente I1 (proprio
quella erogata dal generatore!). Allora,

R11 = V1 = (R1 + R 3) I1 = R 1 + R 3 .
I1 I1

Poi, applicando la LKT alla maglia ‘di uscita’ 2AB2', risulta semplicemente

R21 = V2 = R3 I 1 = R 3 .
I1 I1

Abbiamo in tal modo valutato i primi due parametri e possiamo passare al calcolo
degli altri due. Essi vanno determinati secondo lo schema di Figura 5.8, in cui
abbiamo aperto la prima porta e alimentato la seconda.
Ponendo, dunque, I1 = 0 nelle caratteristiche, gli altri due parametri che ci resta da
determinare sono definiti dalle relazioni:

R12 = V1 e R22 = V2 , quando I1 = 0 .


I2 I2
14 Circuiti elettrici in regime stazionario

I1 = 0 R1 A
R2 I 2
2
1
+ +
V1 R3 V2 I2
− −
1'
B 2'
Figura 5.8: schema utile al calcolo dei parametri R12 e R22.

Ripetendo ragionamenti simili a quelli fatti in precedenza, si ha

R12 = V1 = R3 I 2 = R 3 , R22 = V2 = (R2 + R 3) I2 = R 2 + R 3 .


I2 I2 I2 I2

Abbiamo così calcolato i quattro parametri che definiscono la matrice delle


resistenze per il doppio bipolo a T assegnato che, di seguito, riassumiamo:

R11 = R 1 + R 3 , R12 = R 3 , R21 = R 3 , R22 = R 2 + R 3 .

Notiamo che, dai nostri calcoli, è risultato che

R12 = R 3 = R 21 .

Ciò non è casuale: per un doppio bipolo lineare e passivo, vale il teorema di
reciprocità, che non abbiamo studiato, ma che stabilisce proprio che R12 = R 21. Ciò
vuol dire che, in realtà, i parametri del doppio bipolo da calcolare sono tre, non
quattro, e ai due parametri uguali diamo il nome di resistenza mutua (RM):

RM = R 12 = R 21 .

5.5 Doppi bipoli controllati in tensione

Passiamo, ora, ai doppi bipoli controllati in tensione. Ripetiamolo ancora una volta:
in questo caso le variabili indipendenti, o di controllo, sono le tensioni, mentre
quelle dipendenti, o controllate, sono le correnti di porta. Se il doppio bipolo è
lineare, per quanto detto in precedenza, le caratteristiche diventano:

I1 = G 11 V1 + G 12 V2 ,
I2 = G 21 V1 + G 22 V2 .
15 Circuiti elettrici in regime stazionario

Qui, le costanti G11, G12, G21, G22 hanno tutte le dimensioni di una conduttanza, si
misurano in siemens e sono detti parametri conduttivi. Essi definiscono il doppio
bipolo e, per comprendere come si possa calcolarli una volta assegnato il doppio
bipolo, sviluppiamo, ancora una volta, un esempio.

I1 R3 I2
1 2
+ +
V1 R1 R2 V2
− −
1' 2'

Figura 5.9: esempio di calcolo dei parametri conduttivi.

Consideriamo il doppio bipolo, detto ‘a Π’ (pi greco), di Figura 5.9. Per


determinare G11 e G21, cominciamo a chiudere la seconda porta in cortocircuito,
cioè poniamo V2 = 0, così come mostrato in Figura 5.10. Risulta, allora:

G11 = I1 e G21 = I2 , quando V2 = 0 .


V1 V1

La Figura 5.10 è composta di due parti: ciò perché, quando la porta secondaria è
chiusa con un corto circuito, il resistore R2 viene a trovarsi in parallelo con un
corto circuito e, pertanto, può essere eliminato dalla rete, come suggerisce il
secondo schema.

1 I1 R3 I2
+ 2
V1 R1 R2 V2 = 0

2'
1'
1 I1 R3 I2
+ 2
V1 R1 V2 = 0

2'
1'
16 Circuiti elettrici in regime stazionario

Figura 5.10: schemi utili al calcolo dei parametri G11 e G21.

Adoperando questo circuito semplificato, è facile concludere che G11 rappresenta la


conduttanza che si misura (in gergo, si dice pure ‘che si vede’) dalla porta primaria,
quando la secondaria è chiusa in corto circuito. Ciò comporta che, essendo i due
resistori R1 e R3 in parallelo, si possa scrivere:

G11 = G 1 + G 3 = 1 + 1 = R1 + R 3 .
R1 R3 R1 R3

Invece, sempre osservando la Figura 5.10, da

I2 = - I1 R1 (regola del partitore) ,


R1 + R 3

segue che

G21 = I2 = I2 I1 = - R1 I 1 G11 = - R1 R1 + R 3 = - 1 .
V1 I1 V1 (R1 + R 3) I1 R1 + R 3 R1 R3 R3

Ormai dovreste aver capito come funziona; e, per il calcolo dei due rimanenti
parametri, se fate riferimento alla Figura 5.11, dovreste essere in grado di trovare
che, posto V1 = 0, risulta:

G12 = I1 = - 1 = - G3 e G22 = I2 = G 2 + G 3 = 1 + 1 = R2 + R 3 .
V2 R3 V2 R2 R3 R2 R3

1 I1 R3 I2 2
+
V1 = 0 R1 R2 V2

1' 2'
Figura 5.11: schema utile al calcolo dei parametri G12 e G22.

Riassumendo, dunque, i quattro parametri conduttivi valgono:

G11 = G 1 + G 3 , G12 = - G3 , G21 = - G3 , G22 = G 2 + G 3 .


17 Circuiti elettrici in regime stazionario

Ancora una volta notiamo la reciprocità del doppio bipolo, testimoniata dal fatto
che i termini ‘12’ e ‘21’ sono uguali e, per questo, chiameremo conduttanza mutua
il valore comune

G12 = G 21 = G M .

5.6 Rappresentazioni ibride

Per le rappresentazioni ibride, assumiamo quale variabile di controllo, la corrente


(rispettivamente la tensione) alla porta 1, mentre riterremo controllata, la tensione
(rispettivamente la corrente) alla porta 2. Se il doppio bipolo è lineare,
cominciando con la prima rappresentazione ibrida, la caratteristica si particolarizza
come

V1 = h11 I 1 + h12 V2 ,
I2 = h21 I 1 + h22 V2 .

Qui, le costanti h11, h12, h21, h22 non hanno tutte la stessa dimensione (le
specificheremo più avanti). Esse definiscono il doppio bipolo e, per comprendere
come si faccia a trovarle una volta assegnato il doppio bipolo, sviluppiamo, ancora
una volta, un esempio. Nella Figura 5.12, per evidenziare il doppio bipolo, lo
abbiamo racchiuso in un contenitore rettangolare.

I1 R I2
1 2
+ +
V1 V2
− −
1' 2'

Figura 5.12: esempio di calcolo dei parametri ibridi ‘h’.

Come è ormai chiaro, dobbiamo fare sul nostro doppio bipolo due prove per
determinarne i parametri: una con la porta secondaria in cortocircuito (V2 = 0), un
altro con la porta primaria aperta (I1 = 0).

• Porta secondaria in corto circuito


In questo caso, possiamo determinare i due parametri h11 e h21, secondo le
relazioni:
18 Circuiti elettrici in regime stazionario

h11 = V1 e h21 = I2 , quando V2 = 0 .


I1 I1

Notiamo subito che il primo parametro, cioè h11, ha le dimensioni di una resistenza,
mentre il secondo, h21, essendo dato dal rapporto di due correnti, risulta privo di
dimensioni (si dice pure ‘adimensionale’). Riferendoci alla Figura 5.13,
concludiamo immediatamente che la resistenza ‘vista’ dai morsetti 1-1' vale:

h11 = V1 = R I 1 = R .
I1 I1

Inoltre, dato che la prima legge applicata ad una superficie gaussiana che racchiuda
il resistore R comporta che I1 = - I2, otteniamo che

h21 = I2 = - I1 = - 1 .
I1 I1

1 I1 R I2
2
+
I1 V1 V2 = 0

2'
1'

Figura 5.13: schema utile al calcolo dei parametri h11 e h21.

• Porta primaria aperta


Siamo pronti a calcolare i due rimanenti parametri, h12 e h22, definiti come:

h12 = V1 e h22 = I2 , quando I1 = 0 .


V2 V2
19 Circuiti elettrici in regime stazionario

I1 = 0 R I2 2
1 +
+
V1 V2
− −
1'
2'

Figura 5.14: schema utile al calcolo dei parametri h12 e h22.

Riferendoci alla Figura 5.14, è facile dire che, essendo la porta 1 aperta, nel
circuito non circola alcuna corrente; inoltre, la LKT, applicata all’unica maglia, ci
consente di scrivere:

V2 - V1 = 0 → V1 = V 2 .

Pertanto, i due parametri valgono:

h12 = V1 = 1 e h22 = I2 = 0 .
V2 V2

Vale la pena notare che h12, essendo il rapporto di due tensioni, è adimensionale,
mentre h22, rapporto tra corrente e tensione, è dimensionalmente pari ad una
conduttanza. Si osservi che la proprietà di reciprocità, già citata in precedenza, per
questa rappresentazione ibrida, si esprime dicendo che

h12 = - h21 .

Questo esempio mostra, ove mai ve ne fosse ancora bisogno, che il calcolo dei
parametri ibridi non presenta nulla di diverso o misterioso rispetto a quello dei
parametri resistivi e conduttivi.
Per completare l’analisi delle rappresentazioni ibride, esaminate da soli l’altra
caratteristica, che, sempre nel caso lineare e passivo, assume la forma:

I1 = g11 V1 + g12 I 2 ,
V2 = g21 V1 + g22 I 2 .

Non vi confondete con i parametri conduttivi: per questa seconda rappresentazione


ibrida, i parametri vengono indicati con le ‘g’ minuscole, mentre i parametri
conduttivi sono stati denotati con le ‘G’ maiuscole.
20 Circuiti elettrici in regime stazionario

I1 I2
1 2
+ +
V1 R V2
− −
1' 2'

Figura 5.15: esempio di calcolo dei parametri ibridi ‘g’.

Se provate a trovare, per il doppio bipolo di Figura 5.15, certamente scoprirete che

g11 = 1 , g12 = - 1 , g21 = 1 , g22 = 0 .


R

Per darvi una mano, riportiamo solo le definizioni che dovete adoperare per
sviluppare il calcolo:

g11 = I1 , g21 = V2 , quando I2 = 0 ;


V1 V1

g12 = I1 , g22 = V2 , quando V1 = 0 .


I2 I2

Il parametro g11 ha le dimensioni di una conduttanza, g22 di una resistenza, mentre


g12 e g21 sono privi di dimensioni.

5.7 Caratteristiche di trasmissione

In questo paragrafo discutiamo le due caratteristiche di trasmissione. Poiché, però,


le due rappresentazioni sono veramente molto simili, approfondiamo, sempre nel
caso lineare e passivo, soltanto la prima di esse:

V2 = t11 V1 + t12 I 1 ,
I2 = t21 V1 + t22 I 1 .

Esaminiamola per mezzo dell’esempio di Figura 5.16.


21 Circuiti elettrici in regime stazionario

I1 R1 R2 I2
1 2
+ +
V1 R3 V2
− −
1' 2'

Figura 5.16: esempio di calcolo dei parametri di trasmissione.

Si noti che, come è abitudine per questo tipo di descrizione del doppio bipolo,
abbiamo fatto la convenzione del generatore sulla porta due, invece che quella
dell’utilizzatore: ciò viene fatto di solito per agevolare il calcolo del doppio bipolo
equivalente, ottenuto collegando in cascata due, o più, doppi bipoli. Come per le
altre rappresentazioni, per poter calcolare gli elementi della matrice di
trasmissione, è necessario fare due prove: nella prima, manteniamo aperta la porta
uno, nella seconda, manteniamo la stessa porta in corto circuito.

• Porta primaria aperta


Questa situazione circuitale può essere utile per ricavare gli elementi t11 e t21 della
caratteristica di trasmissione

t11 = V2 e t21 = I2 , quando I1 = 0 .


V1 V1

Tuttavia, la cosa non è così immediata come è stata per gli altri casi di
rappresentazione esaminati, poiché, considerando ad esempio la definizione del
coefficiente t11, essa richiede che sulla stessa porta, cioè la porta 1, si impongano
una tensione arbitraria e diversa da zero, e contemporaneamente una corrente che è
invece nulla. Ora, I1 e V1 non sono due variabili indipendenti e non possono
assumere due valori qualsiasi.
22 Circuiti elettrici in regime stazionario

I1 = 0 R1 R2 I2 2
1
+ +
V1 R3 V2
− −
1'
2'

Figura 5.17: calcolo del parametro t11.

Per aggirare questa piccola difficoltà, calcoleremo, invece che t11, il suo inverso

1 = V1 ,
t11 V2

alimentando, cioè, la porta due e lasciando aperta la porta uno. Di fatto, stiamo
considerando V2 come variabile indipendente; in tal modo, usando la regola del
partitore di tensione, si ha (Figura 5.17):

1 = - R3 I 2 = R3 → t11 = R2 + R 3 .
t11 - (R 2 + R 3) I2 R2 + R 3 R3

Adoperando lo stesso artificio di considerare l’inverso dell’elemento e facendo


riferimento alla Figura 5.18, possiamo facilmente verificare che l’elemento t21 vale

1 = V1 = - R 3 I 2 = - R3 → t21 = - 1 .
t21 I2 I2 R3

I1 = 0 R1 R2 I2 2
1
+ +
V1 R3 V2 I2
− −
1'
2'

Figura 5.18: calcolo del parametro t21.

• Porta primaria in corto circuito


Da questa situazione circuitale, ricaveremo i coefficienti t12 e t22, definiti come
23 Circuiti elettrici in regime stazionario

t12 = V2 e t22 = I2 , quando V1 = 0 .


I1 I1

Considerando anche in questo caso gli inversi per ciascun coefficiente, è facile
verificare che (Figura 5.19), essendo

I1 = I2 R3 e V2 = - (R2 + R 3 || R1) I2 ,
R1 + R 3

risulta:

1 = I1 = R3 I2 = - R3 .
t12 V2 R1 + R 3 V2 R1 R2 + R 2 R3 + R 1 R3

R1 R2 I2
1 I1 2
+
V1 = 0 R3 V2

1' 2'

Figura 5.19: calcolo del parametro t12.

Similmente, per l’ultimo elemento (Figura 5.20), si può scrivere:

1 = I1 = R3 I 2 = R3 → t22 = R1 + R 3 .
t22 I2 (R1 + R 3) I2 R1 + R 3 R3

R1 R2 I2 2
1 I1
+
V1 = 0 R3 V2 I2

1' 2'

Figura 5.20: calcolo del parametro t22.

5.8 Generatori dipendenti


24 Circuiti elettrici in regime stazionario

Consideriamo il circuito mostrato in Figura 5.21. Esso è costituito da tre resistori,


un generatore di tensione e uno di corrente (indipendenti) e, sui rami AB e CD, vi
sono due nuovi oggetti, individuati con dei simboli a forma di rombo. Si tratta di
due generatori, cioè bipoli attivi, diversi, però, da quelli esaminati fino a questo
momento. Cerchiamo di capire quale è la loro particolarità.
Sul lato AB vi è un tipo speciale di generatore di corrente, poiché il valore della
corrente da esso erogata non è assegnato in partenza, ma è invece proporzionale alla
corrente che circola attraverso la resistenza R3: è, cioè, proporzionale alla corrente
che fluisce in un altro lato della rete. Contrariamente al generatore I0 che, invece,
eroga sempre la stessa corrente, indipendentemente dal circuito cui viene collegato
(perciò lo abbiamo chiamato generatore indipendente), il nuovo tipo di generatore
rappresenta un generatore di corrente controllato in corrente, in quanto eroga una
corrente il cui valore dipende dalla corrente che circola in un altro lato del circuito.
Si può anche immaginare un generatore di corrente controllato in tensione, la cui
corrente erogata dal generatore dipenda dalla tensione esistente ai capi di un
qualunque altro bipolo della rete.

αI3
A B R1 C

I2
+ +
E0 R2 βI2
− −
R3 I3 I1
F
E D

I0
Figura 5.21: circuito con generatori controllati.

Sul lato CD abbiamo posto un nuovo tipo di generatore di tensione, la cui tensione è
proporzionale alla corrente che circola attraverso la resistenza R2. In questo caso
diremo che siamo in presenza di un generatore di tensione controllato in corrente,
in quanto esso eroga una tensione il cui valore dipende dalla corrente che circola in
un altro lato del circuito. Si può anche immaginare un generatore di tensione
25 Circuiti elettrici in regime stazionario

controllato in tensione la cui tensione dipenda dalla tensione esistente ai capi di un


qualunque altro bipolo della rete.
I generatori controllati (lineari) sono, dunque, oggetti ideali nei quali la
grandezza erogata, tensione o corrente, è direttamente proporzionale a una
corrente, oppure a una tensione, relativa ad un altro bipolo della rete. È importante
sottolineare che tutti i generatori pilotati di cui abbiamo parlato non sono dei bipoli,
bensì doppi bipoli, poiché hanno due porte: una, interessata dalla grandezza che
‘pilota’ il generatore (ad esempio, la corrente in un generatore di tensione pilotato
in corrente), mentre l’altra porta è interessata alla grandezza ‘pilotata’ (la tensione,
nel nostro esempio). Per questo motivo, come vedremo subito, anche i simboli che
rappresentano i generatori pilotati saranno tipici dei doppi bipoli. Va detto, però,
che usualmente, quando si disegna lo schema di una qualsiasi rete contenente
generatori pilotati, si preferisce, per semplicità, tralasciare la porta ‘pilotante’ e
rappresentare la sola porta ‘pilotata’ (di qui a poco, faremo degli esempi che
chiariranno ancora meglio la cosa).
I generatori controllati vengono comunemente utilizzati per semplificare la
rappresentazione circuitale di componenti più complessi, quali il transistore o
l’amplificatore operazionale, che sono fondamentali in tutte le applicazioni
elettroniche (radio, TV, calcolatori).

Considerando tutte le possibili combinazioni, si hanno i seguenti elementi:

• il generatore di tensione controllato in tensione,


• il generatore di tensione controllato in corrente,
• il generatore di corrente controllato in tensione,
• il generatore di corrente controllato in corrente.

Esaminiamoli in qualche dettaglio.

• Generatore di tensione controllato in tensione


Un generatore di tensione controllato in tensione (GTCT) è un doppio bipolo con
una porta che opera come un circuito aperto, l’altra come un generatore che eroga
una tensione direttamente proporzionale alla tensione dell’altra porta:

V2 = α V1 .
26 Circuiti elettrici in regime stazionario

1 2
+ +
V1 V2 = αV1
− −
1' 2'

Figura 5.22: definizione e simbolo circuitale di un GTCT.

La costante α è adimensionale.

• Generatore di tensione controllato in corrente


Un generatore di tensione controllato in corrente (GTCC) è un doppio bipolo con
una porta che opera come un corto circuito, l’altra come un generatore che eroga
una tensione direttamente proporzionale alla corrente dell’altra porta:

V2 = β I 1 .

1 2
+
I1 V2 = βI1

1' 2'

Figura 5.23: definizione e simbolo circuitale di un GTCC.

La costante β ha le dimensioni di una resistenza.

• Generatore di corrente controllato in tensione


Un generatore di corrente controllato in tensione (GCCT) è un doppio bipolo con
una porta che opera come un circuito aperto, l’altra come un generatore che eroga
una corrente direttamente proporzionale alla tensione dell’altra porta:

I2 = γ V1 .
27 Circuiti elettrici in regime stazionario

1 2
+
V1 I2 = γV1

1' 2'

Figura 5.24: definizione e simbolo circuitale di un GCCT.

La costante γ ha le dimensioni di una conduttanza.

• Generatore di corrente controllato in corrente


Un generatore di corrente controllato in corrente (GCCC) è un doppio bipolo con
una porta che si comporta come se fosse un corto circuito ideale (la porta di
controllo) e con l’altra che funziona come un generatore che impone una corrente
direttamente proporzionale a quella che circola nell’altra porta:

I2 = δ I 1 .

1 2

I1 I2 = δI1

1' 2'

Figura 5.25: definizione e simbolo circuitale di un GCCC.

La costante δ è adimensionale.

Un’ultima osservazione va fatta sulla potenza elettrica assorbita da un generatore


controllato. Secondo quanto detto in precedenza, la potenza elettrica assorbita da un
doppio bipolo, a patto di fare sulle due porte la convenzione dell’utilizzatore, vale:

Pel-ass = + V1 I 1 + V 2 I 2 ≥ 0 .

Ora, nel caso dei generatori controllati, il primo addendo è sempre nullo dato che
la prima porta o è un corto circuito, oppure è un circuito aperto. Ciò vuol dire che
28 Circuiti elettrici in regime stazionario

la porta 1 assorbe potenza elettrica nulla e la precedente relazione si semplifica


come:

Pel-ass = V 2 I 2 .

Da quanto detto, si deduce immediatamente che la potenza elettrica assorbita alla


porta 2 può assumere segno qualsiasi e, pertanto, un generatore pilotato è un
doppio bipolo attivo, potendo la porta secondaria sia erogare, sia assorbire
potenza elettrica.

• Generatori dipendenti in Spice


Spice offre il notevole vantaggio di inserire nei circuiti dei generatori di corrente e
di tensione controllati, in cui il valore del generatore è proporzionale alla
differenza di potenziale di una coppia di nodi oppure è proporzionale alla corrente
che scorre in un generatore indipendente di tensione. Illustriamo la sintassi di tali
istruzioni.

Sintassi dei generatori dipendenti controllati in tensione


Il nome di un generatore di tensione controllato in tensione deve cominciare con la
lettera E. Ad esempio, un generatore di nome E1 connesso tra i nodi 2 e 0 è
individuato dalla linea

E1 2 0 NC1 NC2 VALUE .

Il valore in tensione di E1 è

V(E1) = V(NC1) - V(NC2) ⋅ VALUE

in cui NC1 e NC2 sono due nodi del circuito e VALUE è una costante
adimensionale, detta guadagno in tensione.
Il nome di un generatore di corrente controllato in tensione deve cominciare con la
lettera G. Ad esempio, un generatore di nome G1 connesso tra i nodi 0 e 2 è
individuato dall’istruzione

G1 0 2 NC1 NC2 VALUE .

Il valore in corrente di G1 è

I(G1) = V(NC1) - V(NC2) ⋅ VALUE


29 Circuiti elettrici in regime stazionario

laddove NC1 e NC2 sono due nodi del circuito e VALUE è una costante
dimensionale, detta trans-conduttanza.

Sintassi dei generatori dipendenti controllati in corrente


Il nome di un generatore di tensione controllato in corrente deve cominciare con la
lettera H. Ad esempio, un generatore di nome H1 connesso tra i nodi 2 e 0 è
rappresentato da

H1 2 0 VCONTR VALUE .

Il valore in tensione di H1 è

V(H1) = I(VCONTR) ⋅ VALUE

in cui VCONTR è il generatore di tensione indipendente attraverso il quale scorre


la corrente di controllo e VALUE è una costante dimensionale, detta trans-
resistenza. Ovviamente, se la corrente di controllo scorre in un ramo senza
generatori è sempre possibile introdurre un generatore fittizio usato come
amperometro.
Il nome di un generatore di corrente controllato in corrente deve cominciare con la
lettera F. Ad esempio, un generatore di nome F1 connesso tra i nodi 0 e 2 è
individuato da

F1 0 2 VCONTR VALUE .

Il valore in corrente di F1 è

I(F1) = I(VCONTR) ⋅ VALUE .

dove VCONTR è il generatore di tensione indipendente attraverso il quale scorre la


corrente di controllo e VALUE è una costante adimensionale, detta guadagno in
corrente.

• Esempi
Dopo aver introdotto i quattro tipi di generatori controllati lineari, mostriamo con
degli esempi come si risolva una rete di bipoli e doppi bipoli quando vi siano anche
dei generatori controllati: nostra intenzione è convincervi che i metodi di analisi
delle reti che avete appreso nei precedenti capitoli, si applicano in maniera del tutto
naturale al caso di reti contenenti anche generatori controllati. Cominciamo col
mostrare come si applicano le Leggi di Kirchhoff.
30 Circuiti elettrici in regime stazionario

Esempio 1 - Risolvere la rete mostrata in figura. Si assuma che E = 20, J = 30,


R1 = 1, R2 = 2, R3 = 3, JS = α V2, α = 0.25.

+ R1 R3
1 − 2 − + 3
+ +
I1 I3
E R2 V2 JS
− I I2 −

La rete assegnata ha n = 4 nodi e r = 6 rami, in uno dei quali c’è un generatore


controllato che eroga una corrente la quale dipende dalla tensione sulla resistenza
R2: essa è cioè pari a JS = α V2. In base alle conclusioni raggiunte nel Capitolo 4,
possiamo scrivere n - 1 = 3 equazioni indipendenti ai nodi e r - (n - 1) = 3
equazioni indipendenti alle maglie: in totale 6 equazioni. A prima vista potrebbero
sembrare troppe, perché abbiamo solo quattro correnti incognite! L’apparente
mistero si svela osservando che, quando abbiamo dei generatori di corrente,
dipendenti o indipendenti, incognite sono anche le tensioni ai capi di questi
generatori, peraltro calcolabili una volta note le correnti nei vari rami. Potremmo
procedere, a questo punto, secondo il procedimento ‘standard’ più volte descritto,
risolvendo il sistema completo di 12 equazioni indipendenti nelle 12 incognite (6
correnti e 6 tensioni), ma preferiamo, per semplicità, seguire una via più rapida. A
questo scopo, riduciamo le incognite alle sole correnti, e eliminiamo le equazioni
alle maglie che contengono i due generatori di corrente (sia quello indipendente, sia
quello controllato). In questo modo, le tensioni incognite su questi generatori non
figurano nelle equazioni. Considerazioni simili si potrebbero fare per i generatori
di tensione, qualora avessimo deciso di risolvere nelle incognite tensioni.
Dopo aver compiuto ai capi dei diversi bipolo le consuete operazioni di rito,
indicando le tensioni e le correnti, scriveremo allora tre equazioni ai nodi 1, 2 e 3,
ed una sola equazione alla maglia 1 - R 1 - 2 - R2 - 0 - E, la sola che non contenga
alcun generatore di corrente. Si ha, così:
31 Circuiti elettrici in regime stazionario

+ I1 + J - I = 0 [equazione al nodo 1] ,
+ I 2 - I1 - I3 = 0 [equazione al nodo 2] ,
+ I 3 - J - JS = 0 [equazione al nodo 3] ,
- E + R1 I 1 + R 2 I 2 = 0 [equazione alla maglia 1 - R 1 - 2 - R2 - 0 - E] .

Dato che JS = α R2 I 2, il precedente sistema può essere riscritto come:

I = I1 + J ,
I1 + I3 = I2 ,
I 3 = J + α R2 I 2 ,
R1 I 1 + R 2 I 2 = E .

La prima equazione del sistema, l’equazione al nodo 1, in realtà, è la sola che


contiene l’incognita I: una volta che saranno note le altre correnti, anch’essa potrà
essere valutata. Questa osservazione è particolarmente interessante, dato che
consente di ridurre il numero di equazioni a tre soltanto. Adoperando, allora, solo
le tre ultime equazioni si può scrivere il sistema:

I1 + I3 = I2 ,
I 3 - α R2 I 2 = J ,
R1 I 1 + R 2 I 2 = E .

Sostituendo i valori numerici, otteniamo il seguente sistema

I1 - I2 + I3 = 0 ,
- 0.5 I2 + I3 = 30 ,
I1 + 2 I2 = 20 ,

che, risolto, ci fornisce il valore delle tre correnti incognite

I1 = - 20 , I2 = 20 , I3 = 40 .

Controllare che le tre correnti riportate verifichino effettivamente il sistema


trovato. Inoltre, per verificare la bontà dei calcoli eseguiti, è consigliabile eseguire
una verifica sulle potenze messe in gioco nel circuito. In particolare, vogliamo
verificare che la potenza complessivamente assorbita dai tre resistori,
32 Circuiti elettrici in regime stazionario

PA = R 1 I 21 + R 2 I 22 + R 3 I 23 ,

è pari a quella complessivamente erogata dai tre generatori:

PG = E I + V31 J + V30 JS .

Semplici passaggi algebrici ci consentono di calcolare le grandezze che ancora


servono

I = I1 + J = 10 ,
V31 = V 32 + V 21 = R 1 I 1 + R 3 I 3 = 100 ,
V30 = V 32 + V 20 = R 3 I 3 + R 2 I 2 = 160 ,

e di verificare che la potenza complessivamente assorbita è uguale alla potenza


complessivamente erogata

PA = PG = 6 kW .

Esempio 1
*Generatori controllati
R1 1 2 1
R2 2 0 2
R3 3 2 3
I0 1 3 DC 30
V0 1 0 DC 20
GS 0 3 2 0 0.25
.END

Controllate, infine, i risultati dell’esercizio proposto usando il listato Spice


riportato.

Discutiamo ora un secondo esempio per mostrare come si applica il metodo dei
potenziali nodali quando nella rete siano presenti generatori controllati.

Esempio 2 - Per la rete mostrata in figura, calcolare la potenza assorbita dal


generatore controllato e le potenze erogate dai generatori indipendenti, usando il
metodo dei potenziali nodali. Si assuma che E = 45, J = 0.45, VS = α I 3, α = 6.25,
R1 = 100, R2 = 5, R3 = 25.
33 Circuiti elettrici in regime stazionario

1 R3
2
I2
R2 +
R1
E
J + 3

I1 VS I3

0

La rete considerata è costituita da n = 2 nodi e da r = 4 rami; il metodo dei


potenziali nodali consente di scrivere una sola equazione risolvente per la rete
nell’unica incognita V1, mentre il nodo 0 rappresenta il riferimento per i potenziali.
Assumiamo, pertanto, V0 = 0.
Le correnti nelle tre resistenze dipendono dal potenziale incognito secondo le
relazioni

I1 = - V1 , I2 = VS - V1 , I3 = E - V1 ;
R1 R2 R3

inoltre, la seconda può ulteriormente essere specificata utilizzando il vincolo


imposto dal generatore controllato:

I2 = α I 3 - V1 = α E - V1 - V1 = α E - α + 1 V1 .
R2 R2 R3 R2 R2 R3 R3 R2

Possiamo ora applicare la LKC al nodo 1

J + I 1 + I2 + I3 = 0 ,

ottenendo:

J - V1 + α E - α + 1 V1 + E - V1 = 0 .
R1 R2 R3 R3 R2 R3

Risolvendo questa equazione di primo grado, si ha:


34 Circuiti elettrici in regime stazionario

E 1+ α +J
V1 = R3 R2 = 15 .
1 + 1 1+ α + 1
R1 R2 R3 R3

Pertanto, le correnti nelle tre resistenze valgono:

I1 = - 0.15 , I2 = - 1.5 , I3 = 1.2 ,

e le potenze richieste (si faccia attenzione alle convenzioni e ai segni che ne


conseguono, per poter distinguere quali siano quelle erogate e quali quelle
assorbite)

PS = - VS I 2 = - α I 3 I 2 = 11.25 , PJ = V 1 J = 6.75 , PE = E I3 = 54 .

Ciò vuol dire che i due generatori indipendenti stanno veramente erogando energia
alla rete, mentre quello dipendente sta assorbendo, comportandosi come un bipolo
utilizzatore.

Esempio 2
*Generatori controllati
R1 1 0 100
R2 3 1 5
R3 2 1 25
I0 0 1 DC 0.45
V0 2 0 DC 45
HS 3 0 V0 -6.25
.END

Ancora una volta potete controllare i risultati ottenuti per mezzo del listato Spice.

Quando nella rete sono presenti generatori controllati appare particolarmente


evidente l’utilità di calcolare i parametri del teorema di Thévenin facendo prima
una prova a vuoto, per calcolare la tensione E 0, e poi una prova in corto
circuito, per determinare la corrente I0. Mostriamo come si opera con un
esempio.

Esempio 3 - Trovare il circuito equivalente di Thévenin rispetto ai terminali AB.


Si assuma che J = 135 nA, R1 = 100, R2 = 980, R3 = 40 kΩ, α = 5⋅10-5, β = 40.
35 Circuiti elettrici in regime stazionario

1 R2 I2 2 3
A
+ +
J R1 αV3 βI2 V3 R3
− −
I1
B
0

Cominciamo a trovare la tensione a vuoto E 0. Osservando la figura riportata, è


facile affermare che

E 0 = V3 = β R3 I2 .

Occorre allora calcolare la corrente I2. Vale la pena notare incidentalmente che nel
ramo che unisce le due parti che compongono il circuito non circola alcuna
corrente.
Per calcolare le correnti incognite in questa prova a vuoto, applichiamo il metodo
dei potenziali nodali. Adoperando come incognita il potenziale V1, per la corrente
che scorre nel resistore R1, si ha:

I1 = V1 ,
R1

mentre per la corrente I2 bisogna imporre anche il vincolo dettato dal generatore
controllato di tensione, sicché risulta:

I2 = V1 - α V3 = V1 - α β R3 I 2 → I 2 = V1 .
R2 R2 R2 + α β R3

Ora, applicando la LKC al nodo 1, dovendo essere

+ I1 + I2 - J = 0 → I1 + I2 = J ,

l’equazione che definisce il potenziale incognito è:

V1 + V1 =J.
R1 R2 + α β R3

Questa equazione può essere facilmente risolta nella forma:


36 Circuiti elettrici in regime stazionario

J R1 R2 + α β R3
V1 = .
R1 + R 2 + α β R3

Essendo poi V3 = β R3 I 2, si ha:

J β R1 R3
E 0 = V3 = = 21.6 V ≅ 18.62 mV .
R1 + R2 + α β R3 1160

Passiamo ora alla prova in cortocircuito. Riferendoci al circuito di seguito


riportato, in cui i terminali A e B sono stati uniti con un cortocircuito (cosa che ha
comportato la scomparsa del resistore R3 e del generatore di tensione controllato in
tensione), una semplice operazione di partizione della corrente sulla prima maglia
ci consente di affermare che la corrente I0 vale:

I0 = β I2 = β J R1 = 540 µA = 0.5 µA .
R1 + R2 1080

È pertanto facile calcolare la resistenza equivalente, R0, definita dal rapporto:

R3 R1 + R2
R0 = E 0 = = 43200 kΩ ≅ 37.24 kΩ .
I0 R1 + R2 + α β R3 1160

R2 I2 2
1 3

+ +
J R1 αV3 βI2 V3 I0
− −
I1

Alla stessa conclusione si arriva se si calcola la resistenza equivalente collegando ai


terminali A e B un qualsiasi generatore indipendente di tensione, diciamo di valore
VEST, e si valuta la corrente I0 che fluisce attraverso esso. Come suggerito dallo
schema che segue, il valore della resistenza, un volta eliminati i generatori
indipendenti, sarà dato allora da

R0 = VEST .
IEST
37 Circuiti elettrici in regime stazionario

1 R2 I2 2 3 A
IEST

+ + +
R1 αV3 βI2 V3 R3 VEST
− − −
I1

0 B

Ora, la prima legge al nodo A ci fornisce la corrente IEST, essendo:

+ I 3 - β I 2 - IEST = 0 → I EST = I3 - β I 2 = VEST - β I 2 ,


R3

mentre, per la seconda legge applicata al circuito di ingresso, la corrente I2 vale

α VEST + R 1 I 2 + R 2 I 2 = 0 → I 2 = - α VEST .
R1 + R 2

In definitiva, si hanno i seguenti valori per la corrente e per la resistenza


equivalente

IEST = VEST + β α VEST → R0 = VEST = R3 (R 1 + R 2) .


R3 R1 + R 2 IEST R1 + R 2 + α β R3

Esempio 3
*Generatori controllati
R1 1 0 100
R2 1 2 980
R3 3 0 40k
I0 0 1 DC 135n
V2 2 20 DC 0
E2 20 0 3 0 5e-5
F3 0 3 V2 40
.TF V(3,0) I0
.END

Operate, come d’abitudine, il controllo con Spice.


38 Circuiti elettrici in regime stazionario

Infine, nei due esempi che seguono, vediamo come si trovano i parametri di un
doppio bipolo in cui siano presenti generatori controllati.

Esempio 4 - Determinare i parametri ‘h’ che descrivono il doppio bipolo.

I1 R1 R3 I2

+ + − +
V1 R2 r I2 V2
− −

I1 I2

Le variabili di controllo di una caratteristica ibrida ‘h’ sono la corrente alla porta
uno e la tensione alla porta due:

V1 = h11 I 1 + h12 V2 ,
I2 = h21 I 1 + h22 V2 .

Allo scopo di calcolare i quattro elementi della rappresentazione, consideriamo le


due situazioni separatamente discusse qui di seguito.

• Porta secondaria in corto circuito


Da questa situazione circuitale, peraltro rappresentata nella figura che segue, siamo
in grado di ricavare i primi due parametri della rappresentazione ibrida:

h11 = V1 e h21 = I2 , quando V2 = 0 .


I1 I1

Applicando la LKT ai due anelli di cui è costituita questa rete (le due LKC ai nodi
sono automaticamente verificate!), risulta:

V1 = R 1 I 1 + R 2 I1 + I2 ,
r I 2 = R 3 I 2 + R 2 I1 + I2 .

Sostituendo in questo sistema le definizioni dei due parametri cercati, cioè


V1 = h11 I 1 e I2 = h21 I 1, otteniamo un nuovo sistema nelle incognite h11 e h21:
39 Circuiti elettrici in regime stazionario

h11 = R 1 + R 2 1 + h21 ,
r h 21 = R 3 h 21 + R 2 1 + h21 .

I1 R1 R3 I2

+ + − +
I1 V1 R2 r I2 V2
− I1 + I2 −

I1 I2

Dalla seconda equazione ricaviamo h21 che, sostituita nella prima, ci fornisce il
valore di h11:

R2 r - R 3 R2
h11 = R 1 + , h21 = .
r - R2 - R 3 r - R2 - R 3

• Porta primaria aperta


Da questa situazione circuitale, riportata in dettaglio nella figura che segue, siamo
in grado di ricavare gli altri due parametri:

h12 = V1 e h22 = I2 , quando I1 = 0 .


V2 V2

La seconda legge, applicata alla sola maglia di cui è costituita la rete, (il ramo in cui
vi è la resistenza R1 è aperto) stabilisce che

+ r I 2 + V 2 - R 2 I 2 - R 3 I 2 = 0 → V2 = R2 + R 3 - r I 2 .

Ciò vuol dire che i due elementi da noi cercati si possono scrivere nella forma:

h12 = V1 = R2 I 2 = R2 , h22 = I2 = 1 .
V2 V2 R2 + R 3 - r V2 R2 + R 3 - r
40 Circuiti elettrici in regime stazionario

R1 R3 I2

+ + − +
V1 R2 r I2 V2
− I2 −
I1 = 0 I2

Esempio 5 - Calcolare i parametri ‘g’ che descrivono il doppio bipolo mostrato in


figura. Si assuma R1 = 5, R2 = 50, R3 = 25, α = 6.

I1 R1 R3 I2

+ + − +
V1 R2 V3 α V3 V2
− − + −

I1 I2

La rappresentazione ibrida che vogliamo trovare è definita dalle relazioni 5.30

I1 = g11 V1 + g12 I 2 ,
V2 = g21 V1 + g22 I 2 .

Per determinare i quattro parametri che caratterizzano il doppio bipolo, come


d’abitudine, studiamo le due situazioni circuitali.

• Porta secondaria aperta


Da questa situazione circuitale, peraltro rappresentata nella figura che segue, siamo
in grado di ricavare i coefficienti

g11 = I1 e g21 = V2 , quando I2 = 0 .


V1 V1

Applicando le leggi di Kirchhoff, possiamo scrivere


41 Circuiti elettrici in regime stazionario

- V1 + R1 I1 + R3 I1 = 0 ,
+ V2 + α V3 = 0 .

I1 R1 R3

+ + − +
V1 R2 V3 α V3 V2
− − + −

I1 I2 = 0

Dalla seconda equazione, troviamo:

V2 = - α V3 = - α R3 I 1 .

Dalla prima risulta, invece:

I1 = V1 .
R1 + R 3

Sostituendo le relazioni trovate nelle definizioni dei parametri ‘g’, otteniamo

g11 = I1 = 1 = 1 S,
V1 R1 + R 3 30

e similmente

g21 = V2 = - α R3 I 1 = - α R3 = - 5 .
V1 V1 R1 + R 3

• Porta primaria in corto circuito


Da questa situazione circuitale, riportata nella figura che segue, siamo in grado di
ricavare gli altri due parametri:

g12 = I1 e g22 = V2 , quando V1 = 0 .


I2 I2

La LKT alla maglia di ingresso stabilisce che:


42 Circuiti elettrici in regime stazionario

+ R1 I 1 + R 3 I 1 = 0 → (R1 + R 3) I1 = 0 → I 1 = 0 .

I1 R1 R3 I2

+ + − +
V1 = 0 R2 V3 α V3 V2 I2
− − + −

I1 I2

Da ciò segue che anche la tensione V3 è nulla, e, pertanto, gli altri due parametri
valgono:

g12 = 0 , g22 = V2 = R 2 = 50 .
I2
43 Circuiti elettrici in regime stazionario

Appendice: il transistore

Dopo aver introdotto le caratteristiche dei doppi bipoli, i generatori controllati e


aver discusso in qualche dettaglio il calcolo dei parametri di un doppio bipolo
lineare e passivo, è giunto il momento di introdurre un doppio bipolo
particolarmente interessante per le applicazioni, che più volte utilizzeremmo, le cui
reali potenzialità saranno completamente chiare solo quando rimuoveremo l’ipotesi
di stazionarietà, considerando regimi variabili nel tempo. Si tratta del transistore,
più precisamente del transistore bipolare a giunzione, BJT. Esso rappresenta la
parte centrale della maggior parte degli apparecchi elettronici e può amplificare
segnali elettrici deboli, immagazzinare informazioni nei computers e svolgere molte
altre funzioni. Il transistore fu inventato nel 1947 dai fisici americani William
Shockley, John Bardeen e Walter Brattain.
Si tratta, come suggerisce la Figura A.1, di un dispositivo a tre terminali, chiamati
base (B), emettitore (E), collettore (C). Esso, opportunamente alimentato,
costituisce un doppio bipolo, che ha due morsetti delle due porte riuniti in un unico
morsetto ‘comune’. Nella configurazione di Figura A.1, detta ad emettitore
comune, le due porte sono costituite dalle seguenti coppie di morsetti: porta 1, base
- emettitore (BE), porta 2, collettore - emettitore (CE).

IC
+C
IB
Β +
− −E
E
IB IC

Figura A.1: simbolo circuitale del transistore bipolare a giunzione (npn).

Il suo comportamento viene generalmente descritto per mezzo di una caratteristica


ibrida del primo tipo:

VBE = H1(I B, V CE) ,


IC = H2(I B, V CE) ,

in cui abbiamo posto V1 = VBE, I1 = IB, V2 = VCE e I2 = IC.


Le precedenti relazioni caratteristiche sono, in generale, due equazioni non lineari,
fornite dal costruttore, tipicamente in forma grafica. Qui ci accontenteremo di un
44 Circuiti elettrici in regime stazionario

modello semplificato, lineare, che costituisce un buon compromesso tra semplicità


di calcolo e affidabilità delle previsioni.
Nel caso lineare, queste relazioni diventano:

VBE = h11 I B + h12 VCE ,


IC = h21 I B + h22 VCE .

Quanto valgano i parametri di questa rappresentazioni, dipende dal modello di


transistore adoperato; per un dato transistore, una volta che il costruttore ci abbia
fornito le relazioni non lineari, non sarebbe difficile determinarli. Tuttavia, il
parametro h12 può, con buona approssimazione, ritenersi nullo

h12 = 0 .

IB IC

+ +
VBE h11 h21 IB 1/h22 VCE
− −

Figura A.2: circuito equivalente linearizzato di un transistore a emettitore


comune.

La relazione

VBE = h11 I B + h12 VCE ≅ h 11 I B

è la cosiddetta caratteristica di ingresso e si riduce, in ultima analisi, ad un


legame lineare tra VBE ed IB, che, dal punto di vista circuitale, si può descrivere
con un semplice resistore di valore h11, come suggerito dalla Figura A.2.
L’altra relazione, invece,

IC = h21 I B + h22 VCE

rappresenta la cosiddetta caratteristica di uscita, e può ricondursi al parallelo di


un resistore di valore 1/h22 (o, se preferite, a una conduttanza di valore h22) e di un
generatore controllato, come mostrato in Figura A.2.
Supponiamo, allora, di conoscere il valore dei parametri che assumeremo pari a
45 Circuiti elettrici in regime stazionario

h11 = 1 kΩ , h12 = 0 , h21 = 300 , h22 = 0.1 mS ,

che rappresentano valori medi di un’ampia classe di transistori commerciali.

IC (mA)
4.5
4.0 IB = 10 µA
3.5 IB = 8 µA
3.0 IB = 6 µA
2.5
IB = 4 µA
2.0
1.5 IB = 2 µA
1.0
0.5
0 2 4 6 8 10
VCE (V)

Figura A.3: caratteristiche linearizzate di uscita di un transistore a emettitore


comune.

Inserendo questi valori numerici, le relazioni linearizzate diventano

VBE = 1000 IB ,
IC = 300 IB + 10-4 VCE ,

in cui si è immaginato di esprimere le tensioni in volt e le correnti in ampere.


Come già osservato, la caratteristica di ingresso è una retta che collega IB e VBE; la
caratteristica di uscita è mostrata in Figura A.3 e rappresenta un insieme di rette
che si ottiene fissando, di volta in volta, diversi valori della corrente di base.
Spieghiamo meglio il procedimento seguito per costruire questa figura: per
ottenere la retta corrispondente alla corrente di base IB = 8 µA, ad esempio,
abbiamo sostituito questo valore nella seconda relazione linearizzata, ottenendo

IC = 300 ⋅ 8 ⋅ 10 -6 + 10-4 VCE = 2.4 ⋅ 10 -3 + 10-4 VCE ,


46 Circuiti elettrici in regime stazionario

che, nel piano individuato dalle variabili VCE ed IC, rappresenta la quarta, contando
dal basso, retta mostrata in Figura A.3. Ripetendo questo stesso ragionamento, non
è difficile ottenere tutte le altre rette mostrate.

Potrebbero piacerti anche