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Doppi bipoli
Nei due capitoli precedenti, ci siamo occupati di reti elettriche fatte soltanto di
bipoli. I circuiti elettrici sono, invece, composti non soltanto di bipoli, ma anche di
altri tipi di oggetti, che prendono in generale il nome di ‘componenti’. Tra questi, i
più comuni, specie nelle applicazioni di tipo elettronico (telefoni, TV, computers),
sono senz’altro da annoverare i cosiddetti doppi bipoli.
In questo capitolo, ci proponiamo innanzitutto di spiegarvi cos’è, in generale, un
doppio bipolo; poi, vogliamo mostrarvi come la Teoria dei Circuiti, che abbiamo
finora sviluppato limitatamente alle reti fatte di soli bipoli, si applichi con estrema
naturalezza e semplicità anche alle reti costituite di bipoli e di doppi bipoli; infine,
introdurremo i principali tipi di doppi bipoli che spesso adopereremo nel seguito.
In sostanza, al termine di questo capitolo, avrete tutte le informazioni che
occorrono per risolvere una qualsiasi rete, fatta sia di bipoli che di doppi bipoli, in
regime stazionario. Potremo proprio dire, allora, di essere un bel pezzo avanti nel
nostro studio dei circuiti elettrici ed elettronici!
Per familiarizzarvi subito con un esempio che è certamente noto a tutti, pensate a
quegli oggetti che vengono di solito chiamati ‘alimentatori’, oppure ‘carica -
batterie’, e che si usano per ‘mettere in carica’ i telefonini portatili, oppure i
‘personal’ portatili, ma anche per i piccoli apparecchi radio, TV e hi-fi. Questi
oggetti si presentano grosso modo come mostrato in Figura 5.1: sono costituiti,
cioè, di un corpo centrale dal quale fuoriescono due cavi, ciascuno dei quali fatto a
sua volta di due fili conduttori ricoperti di isolante. Di solito, uno dei due cavi
termina con una spina, mentre l’altro termina con una ‘presa’, che contiene due o
tre fori nei quali si possono opportunamente infilare gli spinotti (di solito molto
piccoli, questa volta) dei vari apparecchi.
2 Circuiti elettrici in regime stazionario
1 2
1' 2'
Come nel caso dei bipoli, anche i doppi bipoli possono essere collegati ad altri
componenti, siano essi bipoli, oppure altri doppi bipoli, soltanto attraverso i
rispettivi morsetti. In Figura 5.3 è individuata, ad esempio, una tipica situazione di
una rete fatta di due bipoli e due doppi bipoli collegati fra loro (in questo caso, si
dice ‘in cascata’).
3 Circuiti elettrici in regime stazionario
Prima di ogni altra cosa, occorre chiarire il seguente fatto fondamentale, che
riguarda le reti che contengono doppi bipoli, oltre che bipoli: le leggi di Kirchhoff
(sia LKC che LKT) continuano a essere valide esattamente nello stesso modo in cui
valgono per le reti di soli bipoli, e continuano ad essere applicate nello stesso modo.
Nel seguito, faremo svariati esempi per rendere evidente questo fatto fondamentale.
Per il momento, ci limiteremo ad usarlo quando ci servirà.
Cominciamo, così, col mostrarvi un fatto molto importante che è alla base del
funzionamento di tutti i doppi bipoli, e che discende direttamente dalle LK.
Come d’abitudine, cominciamo con le operazioni ‘di rito’, e cioè cominciamo a
segnare casualmente le frecce che indicano le correnti su tutti i terminali di bipoli e
doppi bipoli, nonché ad indicarle con nomi arbitrari. Per semplicità, scegliamo le
frecce come mostrato in Figura 5.3, ma, lo ripetiamo, avremmo potuto scegliere in
qualsiasi altro modo, e sarebbe stata la stessa cosa. Scegliendole così, riusciremo a
esprimere le conseguenze delle LK in modo più semplice e facile da ricordare:
questo è l’unico motivo per cui vi consigliamo di metterle sempre così.
ID1
1 ID1
2 ID2
1 ID2
2
1 2 3
B1 D1 D2 B2
1' 2' 3'
ID1
1' ID1
2' ID2
1' ID2
2'
S1 S2
1 - I 1' = 0 → I 1 = I 1' .
+ I D1 D1 D1 D1
Ciò significa che, indipendentemente da come sia fatto ‘dentro’ il doppio bipolo D1,
la corrente che ‘entra’ nel suo morsetto primario 1 è necessariamente uguale (per la
LKC, appunto) alla corrente che ‘esce’ dall’altro morsetto primario 1'.
Applichiamo, ora, la LKC alla superficie chiusa S2 in Figura 5.3, ottenendo subito:
2 + I 2' = 0 → I 2 = I 2' .
- ID1 D1 D1 D1
4 Circuiti elettrici in regime stazionario
Come per i morsetti primari del doppio bipolo D1, anche a quelli secondari succede
quindi la stessa cosa: anche stavolta, la corrente che ‘entra’ nel morsetto secondario
2 è uguale a quella che ‘esce’ dall’altro morsetto, 2', dello stesso doppio bipolo.
A questo punto, il gioco dovrebbe essere chiaro: ragionando come nel caso del
primo doppio bipolo, anche per il secondo si conclude facilmente che
ID2 D2 D2 D2
1 = I 1' , I 2 = I 2' ,
e cioè che, anche per D2, vale la proprietà che la corrente ID2 1 che ‘entra’ nel
morsetto (primario per D2) 2, è uguale a quella, ID21' , che ‘esce’ dall’altro morsetto
(sempre primario per D2), 2'. Similmente per le due correnti ID2 D2
2 e I 2' , che,
rispettivamente, ‘entrano e escono’ dai morsetti secondari di D2.
La conclusione cui giungiamo è dunque molto semplice, e può essere espressa
dicendo che, considerato un qualsiasi doppio bipolo indicato come in Figura
5.4, comunque esso sia fatto ‘dentro’, cioè qualsiasi cosa contenga all’interno del
suo involucro, quando è collegato a una qualsiasi rete, fatta di bipoli e di altri doppi
bipoli (quanti ne vogliamo), deve accadere necessariamente, per la LKC che
I1 = I1' , I 2 = I2' .
I1 I2
1 2
1' 2'
I1' I2'
I1 = I1' I2 = I2'
Ciò significa che i due morsetti primari 1-1' costituiscono come una vera e propria
‘porta primaria’ del doppio bipolo nella quale la stessa corrente entra da un
morsetto e esce dall’altro. Così pure, per i morsetti secondari che, nel loro
complesso, costituiscono, dunque, la ‘porta secondaria’ del doppio bipolo.
Per questi motivi, d’ora innanzi, indicheremo i doppi bipoli, battezzandoli come in
Figura 5.5, senza bisogno di indicare esplicitamente che le correnti alle ‘due porte’
sono uguali, e indicando, in più, le d.d.p. con V1 e V2.
5 Circuiti elettrici in regime stazionario
Con ciò, abbiamo deciso, una volta per tutte, di fare la convenzione dell’utilizzatore
a ciascuna delle due porte (e se qualche volta non la faremo, lo segnaleremo con
cura).
I1 I2
1 2
+ +
V1 V2
− −
1' 2'
Pel-ero = - Pel-ass = - V1 I 1 - V2 I 2 .
P(1) (2)
el-ass = + V1 I 1 , P el-ero = - V 2 I 2 , e così via .
Tutte queste potenze sono ovviamente misurate in watt e possono essere, a seconda
dei casi, positive o negative. Per quel che riguarda le corrispondenti energie, anche
in questo caso, essendo in regime stazionario, esse potranno essere semplicemente
calcolate moltiplicando le potenze per gli intervalli di tempo che ci interessano, e
6 Circuiti elettrici in regime stazionario
Ma come si fa? Questa volta, ci sono quattro grandezze che interessano i morsetti
del doppio bipolo: le due correnti I1 e I2 alle due porte, nonché le due tensioni V1 e
V2 alle stesse porte. E poi: cosa vuol dire, allora, assegnare la caratteristica statica
di un doppio bipolo?
La risposta è semplice: non basta una sola caratteristica del tipo V = f(I), oppure
I = g(V); ce ne vogliono due, ciascuna delle quali riguardi tutte e quattro le
grandezze fondamentali. Queste caratteristiche, ad esempio, potranno essere del tipo
V1 = F1(I 1, I 2) ,
V2 = F2(I 1, I 2) ,
dove abbiamo indicato con F1(I 1, I 2) e F2(I 1, I 2) due funzioni delle due variabili I1 e
I2, come, ad esempio,
F1(I 1, I 2) = 3 I1 + 2 I2 ,
oppure
F1(I 1, I 2) = 2 I1 I 2 - 7 I22 ,
o ancora
F2(I 1, I 2) = 5 I1 I 2 + 2 I32 .
Queste relazioni forniscono una descrizione ‘su base correnti’ (si dice così, in
gergo), dato che le variabili indipendenti, dette anche ‘variabili di controllo’,
sono proprio le correnti alle due porte; le variabili dipendenti, dette anche ‘variabili
controllate’, sono, invece, le tensioni di porta.
Le caratteristiche di un doppio bipolo possono però essere assegnate anche in modo
diverso, scambiando tra loro i ruoli delle variabili indipendenti con quelli delle
variabili dipendenti. Si ha, in questo caso, una rappresentazione del doppio bipolo
‘su base tensioni’, in quanto le tensioni di porta vengono usate quali variabili
indipendenti:
I1 = G 1(V1, V 2) ,
I2 = G 2(V1, V 2) .
Esistono pure due rappresentazioni, dette ibride (più avanti capirete l’origine
dell’attributo), in cui come variabili di controllo si usano la tensione di una porta e
la corrente dell’altra porta. Per quanto riguarda la prima di esse, scegliamo quali
8 Circuiti elettrici in regime stazionario
V1 = H1(I 1, V 2) ,
I2 = H2(I 1, V 2) .
I1 = L1(V1, I 2) ,
V2 = L2(V1, I 2) ,
V2 = M 1(V1, I 1) ,
I2 = M 2(V1, I 1) .
V1 = N 1(V2, I 2) ,
I1 = N 2(V2, I 2) .
Nei prossimi paragrafi approfondiremo con degli esempi tutti i tipi di caratteristica
introdotti.
Pel-ass ≥ 0
risulta sempre positiva (tutt’al più nulla). Ritornando alla formula che esprime la
potenza e ricordando che su entrambe le porte abbiamo fatto la convenzione
dell’utilizzatore, si può anche scrivere:
Pel-ass = + V1 I 1 + V 2 I 2 ≥ 0 .
Cosa cambia se, per lo stesso doppio bipolo passivo, abbiamo fatto la convenzione
del generatore alla porta 1 e quella dell’utilizzatore alla porta 2? È semplice:
dovendo sempre risultare la potenza assorbita positiva, diremo che, in ogni caso,
deve risultare
Pel-ass = - V1 I 1 + V 2 I 2 ≥ 0 .
E così potremmo continuare con le altre possibili combinazioni (che potete provare
a fare da soli).
Consideriamo, ad esempio, il doppio bipolo descritto dalle relazioni
V1 = 3 I1 ,
V2 = 10 I2 .
e rappresenta una quantità sicuramente positiva, quali che siano i valori assunti
dalle due correnti di porta I1 e I2, dato che essa è composta dalla somma di due
quantità positive, nulle tutt’al più.
Quando è che, invece, un doppio bipolo è attivo? Un doppio bipolo è attivo se esso
non è passivo. Infatti, diremo che un doppio bipolo è attivo quando esiste almeno
un caso per cui
Pel-ass < 0 .
In altri termini, indicate le due porte come in Figura 5.5, dovete essere in grado di
trovare un insieme di tensioni e correnti di porta per cui la potenza elettrica
assorbita risulti negativa. Consideriamo, come esempio, il doppio bipolo descritto
dalla caratteristica
V1 = - 3 I1 ,
V2 = 5 I2 .
I1 = G 1(V1, V 2) ,
I2 = G 2(V1, V 2) .
Diremo che questo doppio bipolo è lineare, se le due relazioni che definiscono la
caratteristica sono lineari sia rispetto alla prima variabile indipendente I1, sia
rispetto alla seconda I2. Nel caso del bipolo, sappiamo che la caratteristica generale
I = g(V) diventa, nel caso lineare, I = G V, con G conduttanza del resistore; in
caso, la due relazioni precedenti diventano
I 1 = a V1 + b V2 ,
I 2 = c V1 + d V2 ,
I 1 = 3 V1 - 2 V2 ,
I 2 = 6 V1 + 7 V2 ,
definiscono un doppio bipolo lineare. Questa volta, però, abbiamo avuto bisogno
non più di un solo parametro per identificarlo, bensì di quattro grandezze che,
come vedremo meglio nel prossimo paragrafo, svolgono il ruolo della conduttanza.
Quanto detto per la rappresentazione di un doppio bipolo controllato in tensione, si
estende naturalmente a tutte le altre rappresentazioni.
Un doppio bipolo non lineare è, invece, descritto da due equazioni caratteristiche
che non sono lineari rispetto alle due variabili di controllo. Ad esempio, il doppio
bipolo
V1 = 3 I1 + V 22 ,
I2 = 6 I31 + V2 ,
V1 = R11 I1 + R12 I2 ,
V2 = R21 I1 + R22 I2 .
Le costanti R11, R12, R21, R22 hanno tutte le dimensioni di una resistenza, si
misurano in ohm e sono detti parametri resistivi. I due pedici introdotti indicano il
primo, l’equazione, il secondo, la posizione nell’equazione. Così, R12 indica un
parametro relativo all’equazione 1 (primo pedice) e all’addendo 2 (secondo pedice).
Essi definiscono il doppio bipolo e, per comprendere come si faccia a trovarli, una
volta assegnato il doppio bipolo, sviluppiamo un caso particolare.
I1 R1 R2 I2
1 2
+ +
V1 R3 V2
− −
1' 2'
Per il doppio bipolo mostrato in Figura 5.6 (detto ‘a T’), vogliamo determinare i
parametri, supponendo che esso sia controllato in corrente.
Per determinare i parametri, basta usare la stessa definizione secondo la quale,
ponendo I2 = 0, cioè aprendo la seconda porta, risulta:
1 I1 R1 R2 I = 0
A 2
2
+ +
I1 V1 R3 V2
− −
2'
1' B
Ai capi del resistore R2, vi è una d.d.p. nulla, dato che è I2 = 0. Ciò comporta che i
due resistori R1 ed R3 sono in serie e percorsi dalla stessa corrente I1 (proprio
quella erogata dal generatore!). Allora,
R11 = V1 = (R1 + R 3) I1 = R 1 + R 3 .
I1 I1
Poi, applicando la LKT alla maglia ‘di uscita’ 2AB2', risulta semplicemente
R21 = V2 = R3 I 1 = R 3 .
I1 I1
Abbiamo in tal modo valutato i primi due parametri e possiamo passare al calcolo
degli altri due. Essi vanno determinati secondo lo schema di Figura 5.8, in cui
abbiamo aperto la prima porta e alimentato la seconda.
Ponendo, dunque, I1 = 0 nelle caratteristiche, gli altri due parametri che ci resta da
determinare sono definiti dalle relazioni:
I1 = 0 R1 A
R2 I 2
2
1
+ +
V1 R3 V2 I2
− −
1'
B 2'
Figura 5.8: schema utile al calcolo dei parametri R12 e R22.
R12 = R 3 = R 21 .
Ciò non è casuale: per un doppio bipolo lineare e passivo, vale il teorema di
reciprocità, che non abbiamo studiato, ma che stabilisce proprio che R12 = R 21. Ciò
vuol dire che, in realtà, i parametri del doppio bipolo da calcolare sono tre, non
quattro, e ai due parametri uguali diamo il nome di resistenza mutua (RM):
RM = R 12 = R 21 .
Passiamo, ora, ai doppi bipoli controllati in tensione. Ripetiamolo ancora una volta:
in questo caso le variabili indipendenti, o di controllo, sono le tensioni, mentre
quelle dipendenti, o controllate, sono le correnti di porta. Se il doppio bipolo è
lineare, per quanto detto in precedenza, le caratteristiche diventano:
I1 = G 11 V1 + G 12 V2 ,
I2 = G 21 V1 + G 22 V2 .
15 Circuiti elettrici in regime stazionario
Qui, le costanti G11, G12, G21, G22 hanno tutte le dimensioni di una conduttanza, si
misurano in siemens e sono detti parametri conduttivi. Essi definiscono il doppio
bipolo e, per comprendere come si possa calcolarli una volta assegnato il doppio
bipolo, sviluppiamo, ancora una volta, un esempio.
I1 R3 I2
1 2
+ +
V1 R1 R2 V2
− −
1' 2'
La Figura 5.10 è composta di due parti: ciò perché, quando la porta secondaria è
chiusa con un corto circuito, il resistore R2 viene a trovarsi in parallelo con un
corto circuito e, pertanto, può essere eliminato dalla rete, come suggerisce il
secondo schema.
1 I1 R3 I2
+ 2
V1 R1 R2 V2 = 0
−
2'
1'
1 I1 R3 I2
+ 2
V1 R1 V2 = 0
−
2'
1'
16 Circuiti elettrici in regime stazionario
G11 = G 1 + G 3 = 1 + 1 = R1 + R 3 .
R1 R3 R1 R3
segue che
G21 = I2 = I2 I1 = - R1 I 1 G11 = - R1 R1 + R 3 = - 1 .
V1 I1 V1 (R1 + R 3) I1 R1 + R 3 R1 R3 R3
Ormai dovreste aver capito come funziona; e, per il calcolo dei due rimanenti
parametri, se fate riferimento alla Figura 5.11, dovreste essere in grado di trovare
che, posto V1 = 0, risulta:
G12 = I1 = - 1 = - G3 e G22 = I2 = G 2 + G 3 = 1 + 1 = R2 + R 3 .
V2 R3 V2 R2 R3 R2 R3
1 I1 R3 I2 2
+
V1 = 0 R1 R2 V2
−
1' 2'
Figura 5.11: schema utile al calcolo dei parametri G12 e G22.
Ancora una volta notiamo la reciprocità del doppio bipolo, testimoniata dal fatto
che i termini ‘12’ e ‘21’ sono uguali e, per questo, chiameremo conduttanza mutua
il valore comune
G12 = G 21 = G M .
V1 = h11 I 1 + h12 V2 ,
I2 = h21 I 1 + h22 V2 .
Qui, le costanti h11, h12, h21, h22 non hanno tutte la stessa dimensione (le
specificheremo più avanti). Esse definiscono il doppio bipolo e, per comprendere
come si faccia a trovarle una volta assegnato il doppio bipolo, sviluppiamo, ancora
una volta, un esempio. Nella Figura 5.12, per evidenziare il doppio bipolo, lo
abbiamo racchiuso in un contenitore rettangolare.
I1 R I2
1 2
+ +
V1 V2
− −
1' 2'
Come è ormai chiaro, dobbiamo fare sul nostro doppio bipolo due prove per
determinarne i parametri: una con la porta secondaria in cortocircuito (V2 = 0), un
altro con la porta primaria aperta (I1 = 0).
Notiamo subito che il primo parametro, cioè h11, ha le dimensioni di una resistenza,
mentre il secondo, h21, essendo dato dal rapporto di due correnti, risulta privo di
dimensioni (si dice pure ‘adimensionale’). Riferendoci alla Figura 5.13,
concludiamo immediatamente che la resistenza ‘vista’ dai morsetti 1-1' vale:
h11 = V1 = R I 1 = R .
I1 I1
Inoltre, dato che la prima legge applicata ad una superficie gaussiana che racchiuda
il resistore R comporta che I1 = - I2, otteniamo che
h21 = I2 = - I1 = - 1 .
I1 I1
1 I1 R I2
2
+
I1 V1 V2 = 0
−
2'
1'
I1 = 0 R I2 2
1 +
+
V1 V2
− −
1'
2'
Riferendoci alla Figura 5.14, è facile dire che, essendo la porta 1 aperta, nel
circuito non circola alcuna corrente; inoltre, la LKT, applicata all’unica maglia, ci
consente di scrivere:
V2 - V1 = 0 → V1 = V 2 .
h12 = V1 = 1 e h22 = I2 = 0 .
V2 V2
Vale la pena notare che h12, essendo il rapporto di due tensioni, è adimensionale,
mentre h22, rapporto tra corrente e tensione, è dimensionalmente pari ad una
conduttanza. Si osservi che la proprietà di reciprocità, già citata in precedenza, per
questa rappresentazione ibrida, si esprime dicendo che
h12 = - h21 .
Questo esempio mostra, ove mai ve ne fosse ancora bisogno, che il calcolo dei
parametri ibridi non presenta nulla di diverso o misterioso rispetto a quello dei
parametri resistivi e conduttivi.
Per completare l’analisi delle rappresentazioni ibride, esaminate da soli l’altra
caratteristica, che, sempre nel caso lineare e passivo, assume la forma:
I1 = g11 V1 + g12 I 2 ,
V2 = g21 V1 + g22 I 2 .
I1 I2
1 2
+ +
V1 R V2
− −
1' 2'
Se provate a trovare, per il doppio bipolo di Figura 5.15, certamente scoprirete che
Per darvi una mano, riportiamo solo le definizioni che dovete adoperare per
sviluppare il calcolo:
V2 = t11 V1 + t12 I 1 ,
I2 = t21 V1 + t22 I 1 .
I1 R1 R2 I2
1 2
+ +
V1 R3 V2
− −
1' 2'
Si noti che, come è abitudine per questo tipo di descrizione del doppio bipolo,
abbiamo fatto la convenzione del generatore sulla porta due, invece che quella
dell’utilizzatore: ciò viene fatto di solito per agevolare il calcolo del doppio bipolo
equivalente, ottenuto collegando in cascata due, o più, doppi bipoli. Come per le
altre rappresentazioni, per poter calcolare gli elementi della matrice di
trasmissione, è necessario fare due prove: nella prima, manteniamo aperta la porta
uno, nella seconda, manteniamo la stessa porta in corto circuito.
Tuttavia, la cosa non è così immediata come è stata per gli altri casi di
rappresentazione esaminati, poiché, considerando ad esempio la definizione del
coefficiente t11, essa richiede che sulla stessa porta, cioè la porta 1, si impongano
una tensione arbitraria e diversa da zero, e contemporaneamente una corrente che è
invece nulla. Ora, I1 e V1 non sono due variabili indipendenti e non possono
assumere due valori qualsiasi.
22 Circuiti elettrici in regime stazionario
I1 = 0 R1 R2 I2 2
1
+ +
V1 R3 V2
− −
1'
2'
Per aggirare questa piccola difficoltà, calcoleremo, invece che t11, il suo inverso
1 = V1 ,
t11 V2
alimentando, cioè, la porta due e lasciando aperta la porta uno. Di fatto, stiamo
considerando V2 come variabile indipendente; in tal modo, usando la regola del
partitore di tensione, si ha (Figura 5.17):
1 = - R3 I 2 = R3 → t11 = R2 + R 3 .
t11 - (R 2 + R 3) I2 R2 + R 3 R3
1 = V1 = - R 3 I 2 = - R3 → t21 = - 1 .
t21 I2 I2 R3
I1 = 0 R1 R2 I2 2
1
+ +
V1 R3 V2 I2
− −
1'
2'
Considerando anche in questo caso gli inversi per ciascun coefficiente, è facile
verificare che (Figura 5.19), essendo
I1 = I2 R3 e V2 = - (R2 + R 3 || R1) I2 ,
R1 + R 3
risulta:
1 = I1 = R3 I2 = - R3 .
t12 V2 R1 + R 3 V2 R1 R2 + R 2 R3 + R 1 R3
R1 R2 I2
1 I1 2
+
V1 = 0 R3 V2
−
1' 2'
1 = I1 = R3 I 2 = R3 → t22 = R1 + R 3 .
t22 I2 (R1 + R 3) I2 R1 + R 3 R3
R1 R2 I2 2
1 I1
+
V1 = 0 R3 V2 I2
−
1' 2'
αI3
A B R1 C
I2
+ +
E0 R2 βI2
− −
R3 I3 I1
F
E D
I0
Figura 5.21: circuito con generatori controllati.
Sul lato CD abbiamo posto un nuovo tipo di generatore di tensione, la cui tensione è
proporzionale alla corrente che circola attraverso la resistenza R2. In questo caso
diremo che siamo in presenza di un generatore di tensione controllato in corrente,
in quanto esso eroga una tensione il cui valore dipende dalla corrente che circola in
un altro lato del circuito. Si può anche immaginare un generatore di tensione
25 Circuiti elettrici in regime stazionario
V2 = α V1 .
26 Circuiti elettrici in regime stazionario
1 2
+ +
V1 V2 = αV1
− −
1' 2'
La costante α è adimensionale.
V2 = β I 1 .
1 2
+
I1 V2 = βI1
−
1' 2'
I2 = γ V1 .
27 Circuiti elettrici in regime stazionario
1 2
+
V1 I2 = γV1
−
1' 2'
I2 = δ I 1 .
1 2
I1 I2 = δI1
1' 2'
La costante δ è adimensionale.
Pel-ass = + V1 I 1 + V 2 I 2 ≥ 0 .
Ora, nel caso dei generatori controllati, il primo addendo è sempre nullo dato che
la prima porta o è un corto circuito, oppure è un circuito aperto. Ciò vuol dire che
28 Circuiti elettrici in regime stazionario
Pel-ass = V 2 I 2 .
Il valore in tensione di E1 è
in cui NC1 e NC2 sono due nodi del circuito e VALUE è una costante
adimensionale, detta guadagno in tensione.
Il nome di un generatore di corrente controllato in tensione deve cominciare con la
lettera G. Ad esempio, un generatore di nome G1 connesso tra i nodi 0 e 2 è
individuato dall’istruzione
Il valore in corrente di G1 è
laddove NC1 e NC2 sono due nodi del circuito e VALUE è una costante
dimensionale, detta trans-conduttanza.
H1 2 0 VCONTR VALUE .
Il valore in tensione di H1 è
F1 0 2 VCONTR VALUE .
Il valore in corrente di F1 è
• Esempi
Dopo aver introdotto i quattro tipi di generatori controllati lineari, mostriamo con
degli esempi come si risolva una rete di bipoli e doppi bipoli quando vi siano anche
dei generatori controllati: nostra intenzione è convincervi che i metodi di analisi
delle reti che avete appreso nei precedenti capitoli, si applicano in maniera del tutto
naturale al caso di reti contenenti anche generatori controllati. Cominciamo col
mostrare come si applicano le Leggi di Kirchhoff.
30 Circuiti elettrici in regime stazionario
+ R1 R3
1 − 2 − + 3
+ +
I1 I3
E R2 V2 JS
− I I2 −
+ I1 + J - I = 0 [equazione al nodo 1] ,
+ I 2 - I1 - I3 = 0 [equazione al nodo 2] ,
+ I 3 - J - JS = 0 [equazione al nodo 3] ,
- E + R1 I 1 + R 2 I 2 = 0 [equazione alla maglia 1 - R 1 - 2 - R2 - 0 - E] .
I = I1 + J ,
I1 + I3 = I2 ,
I 3 = J + α R2 I 2 ,
R1 I 1 + R 2 I 2 = E .
I1 + I3 = I2 ,
I 3 - α R2 I 2 = J ,
R1 I 1 + R 2 I 2 = E .
I1 - I2 + I3 = 0 ,
- 0.5 I2 + I3 = 30 ,
I1 + 2 I2 = 20 ,
I1 = - 20 , I2 = 20 , I3 = 40 .
PA = R 1 I 21 + R 2 I 22 + R 3 I 23 ,
PG = E I + V31 J + V30 JS .
I = I1 + J = 10 ,
V31 = V 32 + V 21 = R 1 I 1 + R 3 I 3 = 100 ,
V30 = V 32 + V 20 = R 3 I 3 + R 2 I 2 = 160 ,
PA = PG = 6 kW .
Esempio 1
*Generatori controllati
R1 1 2 1
R2 2 0 2
R3 3 2 3
I0 1 3 DC 30
V0 1 0 DC 20
GS 0 3 2 0 0.25
.END
Discutiamo ora un secondo esempio per mostrare come si applica il metodo dei
potenziali nodali quando nella rete siano presenti generatori controllati.
1 R3
2
I2
R2 +
R1
E
J + 3
−
I1 VS I3
−
0
I1 = - V1 , I2 = VS - V1 , I3 = E - V1 ;
R1 R2 R3
I2 = α I 3 - V1 = α E - V1 - V1 = α E - α + 1 V1 .
R2 R2 R3 R2 R2 R3 R3 R2
J + I 1 + I2 + I3 = 0 ,
ottenendo:
J - V1 + α E - α + 1 V1 + E - V1 = 0 .
R1 R2 R3 R3 R2 R3
E 1+ α +J
V1 = R3 R2 = 15 .
1 + 1 1+ α + 1
R1 R2 R3 R3
PS = - VS I 2 = - α I 3 I 2 = 11.25 , PJ = V 1 J = 6.75 , PE = E I3 = 54 .
Ciò vuol dire che i due generatori indipendenti stanno veramente erogando energia
alla rete, mentre quello dipendente sta assorbendo, comportandosi come un bipolo
utilizzatore.
Esempio 2
*Generatori controllati
R1 1 0 100
R2 3 1 5
R3 2 1 25
I0 0 1 DC 0.45
V0 2 0 DC 45
HS 3 0 V0 -6.25
.END
Ancora una volta potete controllare i risultati ottenuti per mezzo del listato Spice.
1 R2 I2 2 3
A
+ +
J R1 αV3 βI2 V3 R3
− −
I1
B
0
E 0 = V3 = β R3 I2 .
Occorre allora calcolare la corrente I2. Vale la pena notare incidentalmente che nel
ramo che unisce le due parti che compongono il circuito non circola alcuna
corrente.
Per calcolare le correnti incognite in questa prova a vuoto, applichiamo il metodo
dei potenziali nodali. Adoperando come incognita il potenziale V1, per la corrente
che scorre nel resistore R1, si ha:
I1 = V1 ,
R1
mentre per la corrente I2 bisogna imporre anche il vincolo dettato dal generatore
controllato di tensione, sicché risulta:
I2 = V1 - α V3 = V1 - α β R3 I 2 → I 2 = V1 .
R2 R2 R2 + α β R3
+ I1 + I2 - J = 0 → I1 + I2 = J ,
V1 + V1 =J.
R1 R2 + α β R3
J R1 R2 + α β R3
V1 = .
R1 + R 2 + α β R3
J β R1 R3
E 0 = V3 = = 21.6 V ≅ 18.62 mV .
R1 + R2 + α β R3 1160
I0 = β I2 = β J R1 = 540 µA = 0.5 µA .
R1 + R2 1080
R3 R1 + R2
R0 = E 0 = = 43200 kΩ ≅ 37.24 kΩ .
I0 R1 + R2 + α β R3 1160
R2 I2 2
1 3
+ +
J R1 αV3 βI2 V3 I0
− −
I1
R0 = VEST .
IEST
37 Circuiti elettrici in regime stazionario
1 R2 I2 2 3 A
IEST
+ + +
R1 αV3 βI2 V3 R3 VEST
− − −
I1
0 B
α VEST + R 1 I 2 + R 2 I 2 = 0 → I 2 = - α VEST .
R1 + R 2
Esempio 3
*Generatori controllati
R1 1 0 100
R2 1 2 980
R3 3 0 40k
I0 0 1 DC 135n
V2 2 20 DC 0
E2 20 0 3 0 5e-5
F3 0 3 V2 40
.TF V(3,0) I0
.END
Infine, nei due esempi che seguono, vediamo come si trovano i parametri di un
doppio bipolo in cui siano presenti generatori controllati.
I1 R1 R3 I2
+ + − +
V1 R2 r I2 V2
− −
I1 I2
Le variabili di controllo di una caratteristica ibrida ‘h’ sono la corrente alla porta
uno e la tensione alla porta due:
V1 = h11 I 1 + h12 V2 ,
I2 = h21 I 1 + h22 V2 .
Applicando la LKT ai due anelli di cui è costituita questa rete (le due LKC ai nodi
sono automaticamente verificate!), risulta:
V1 = R 1 I 1 + R 2 I1 + I2 ,
r I 2 = R 3 I 2 + R 2 I1 + I2 .
h11 = R 1 + R 2 1 + h21 ,
r h 21 = R 3 h 21 + R 2 1 + h21 .
I1 R1 R3 I2
+ + − +
I1 V1 R2 r I2 V2
− I1 + I2 −
I1 I2
Dalla seconda equazione ricaviamo h21 che, sostituita nella prima, ci fornisce il
valore di h11:
R2 r - R 3 R2
h11 = R 1 + , h21 = .
r - R2 - R 3 r - R2 - R 3
La seconda legge, applicata alla sola maglia di cui è costituita la rete, (il ramo in cui
vi è la resistenza R1 è aperto) stabilisce che
+ r I 2 + V 2 - R 2 I 2 - R 3 I 2 = 0 → V2 = R2 + R 3 - r I 2 .
Ciò vuol dire che i due elementi da noi cercati si possono scrivere nella forma:
h12 = V1 = R2 I 2 = R2 , h22 = I2 = 1 .
V2 V2 R2 + R 3 - r V2 R2 + R 3 - r
40 Circuiti elettrici in regime stazionario
R1 R3 I2
+ + − +
V1 R2 r I2 V2
− I2 −
I1 = 0 I2
I1 R1 R3 I2
+ + − +
V1 R2 V3 α V3 V2
− − + −
I1 I2
I1 = g11 V1 + g12 I 2 ,
V2 = g21 V1 + g22 I 2 .
- V1 + R1 I1 + R3 I1 = 0 ,
+ V2 + α V3 = 0 .
I1 R1 R3
+ + − +
V1 R2 V3 α V3 V2
− − + −
I1 I2 = 0
V2 = - α V3 = - α R3 I 1 .
I1 = V1 .
R1 + R 3
g11 = I1 = 1 = 1 S,
V1 R1 + R 3 30
e similmente
g21 = V2 = - α R3 I 1 = - α R3 = - 5 .
V1 V1 R1 + R 3
+ R1 I 1 + R 3 I 1 = 0 → (R1 + R 3) I1 = 0 → I 1 = 0 .
I1 R1 R3 I2
+ + − +
V1 = 0 R2 V3 α V3 V2 I2
− − + −
I1 I2
Da ciò segue che anche la tensione V3 è nulla, e, pertanto, gli altri due parametri
valgono:
g12 = 0 , g22 = V2 = R 2 = 50 .
I2
43 Circuiti elettrici in regime stazionario
Appendice: il transistore
IC
+C
IB
Β +
− −E
E
IB IC
h12 = 0 .
IB IC
+ +
VBE h11 h21 IB 1/h22 VCE
− −
La relazione
IC (mA)
4.5
4.0 IB = 10 µA
3.5 IB = 8 µA
3.0 IB = 6 µA
2.5
IB = 4 µA
2.0
1.5 IB = 2 µA
1.0
0.5
0 2 4 6 8 10
VCE (V)
VBE = 1000 IB ,
IC = 300 IB + 10-4 VCE ,
che, nel piano individuato dalle variabili VCE ed IC, rappresenta la quarta, contando
dal basso, retta mostrata in Figura A.3. Ripetendo questo stesso ragionamento, non
è difficile ottenere tutte le altre rette mostrate.