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FABIO CODEN MICANT HIC FULGIDA: IL PORTALE DELLA PIEVE DI SAN GIORGIO AD ARGENTA Una particolareggiata indagine sul portale occidentale della pieve di San Giorgio ad Argenta’ (fig. 1) permette di trar- re importanti considerazioni riguardo alla provenienza cultura- le della maestranza che lo esegui, alle tecniche scultoree impie- gate, nonché alle vicende storiche che lo interessarono a parti- re, verosimilmente, da poco tempo dopo l’esecuzione. Tali valutazioni, inoltre, originano non poche perplessita sulla scelta di una tipologia di portale in una data che é assai precoce nel panorama padano-lagunare. Di fatto, un’apparizio- ne cosi anticipata rispetto ai noti casi di Ferrara e Verona, é dif ficilmente comprensibile a fianco della formazione culturale dei suoi esecutori, i quali esibirono un linguaggio che male si concilia con l'innovazione che quest’ opera rappresenta. Non é possibile allo stato attuale ricostruire integralmente Voriginaria idea progettuale, in quanto gli indizi rintracciati non sono cosi consistenti da permettere una completa e sem- pre attendibile restituzione filologica; tuttavia alcuni dati sem- 1) Fraii piti significativi studi su quest’opera si segnalano CORBARA 1949, p. 42-44, per la validita di alcune intuizioni, ma soprattutto GUIDONI 1990, p. 208- 226 ¢ GUIDONT 1992, p. 213-223, per le approfondite analisi con ricca bibliogra- fia precedente. 81 Fig. 1 - Portale di San Giorgio ad Argenta (Ferrara) brerebbero confermare che intervennero varie manomissioni ¢, attraverso un’attenta lettura dei segni lasciati da questi pas- saggi, € possibile fare luce su alcuni aspetti dell’originario impianto. Il punto di partenza imprescindibile é contenuto nelle indicazioni epigrafiche riportate nell’architrave del portale, nelle quali si conferma che Giovanni da Modigliana scolpi que- st’opera all’inizio del terzo decennio del XII secolo®. Senza ripercorrere le alterne vicende edilizie della pieve di San Giorgio’, bastera ricordare che I'intervento all’accesso occiden- tale concluse, con ogni probabilita, una fase di completa riedi- ficazione dell’edificio religioso*, avvenuta sotto l’arcivescovo di Ravenna Gualterio’. Il portale della pieve di Argenta é formato da nove parti che costituiscono l’ossatura strutturale: ai lati ci sono gli stipiti com- posti da due distinte porzioni, una piii interna monolitica ed una esterna di maggiore grandezza; in alto l'architrave poggia sugli stipiti interni ed @ affiancato da due imposte; nella parte superiore una lunetta, composta da due distinti conci, é abbrac- ciata da un’arcata formata da due settori indipendenti, che pro- seguono l’impianto delle modanature degli stipiti. (fig. 2) Ogni concio del portale @ in marmo greco, tranne la lunet- ta che é scolpita in pietra calcarea®, Per l’esecuzione di alcune delle parti marmoree di quest’opera € attestato il riutilizzo di un sarcofago di epoca romana’ e non é escluso, in considera- zione del medesimo spessore di molti altri conci del portale, che anche altri pezzi possano avere la stessa provenienza’. 2) Riguardo al portale di Argenta TOESCA 1927, p. 802, nota 25, include l’o- pera in un elenco di sculture del Duecento, facenti capo alla corrente antelamica. 3) GELICHT 1992a, p. 15-22. 4) MORETTI 1973, p. 14; MAZZOTTI 1975, p. 19; GELICHI 1983, p. 313; STOCCHI 1984, p. 469; GELICHT 1989, p. 29, $1; GELICHT 1992, p. 18; GELL CHI 1992b, p. 110. 5) MAZZOTTI 1975, p. 23; GELICHI 1989, p. 25; GUIDONI 1990, p. 211; UIDONI 1992, p. 213. 6) MORETTI 1973, p. 16; 3, ; GUIDONT 1992, p. 213. 7) GUIDONI 1990, p. 220-221; GUIDONT 1992, p. 213, part. nota 4, p. 2 8) In tal senso é pitt che condivisibile lipotesi secondo la quale nel canticre di San Giorgio si sarebbe utilizzato un grande sarcofago marmoreo, dal quale 83, E4 D3 Da D2, ca =| if Ce] I - U 4 aa Fig. 2 - Rappresentazione grafica della struttura del portale ‘4 Gli stipiti interni (A1-A2). I due stipiti interni sono formati da un’ampia fascia frontale, sulla quale trovano posto le rappresentazioni allegoriche dei mesi, da un toro angolare e da un listello di piccole dimensioni nella parte pid interna del fianco™, (fig. 3) In basso sono arric~ chiti da una bella base modanata formata da una scozia e da un toro poggiante su di un basso plinto, quasi a voler sottolineare la presenza di un sistema organico costituito da una colonnina e da una lesena affiancate. I] dado di sinistra (Al) é liscio, segnato solo da un sottile taglio mediano; quello di destra (A2) @ invece decorato con un fregio composto da un ovulo a forma di losanga, alternato a un dardo di forma rettangolare molto schiacciata. Questo tipo di decorazione, in verita non molto frequente nella scultura di area alto adriatica del XII secolo, é rintraccia- bile in un gruppo omogenco di opere presenti presso l’abbazia di Pomposa. Alcuni dei fregi dell’abside settentrionale”, sia all’interno (all’imposta della calotta) sia all’esterno (nel punto di appoggio del tetto), nonché alcuni frammenti di cornice ricoverati nel museo dell’abbazia’’, riportano nella fascetta in alto un motivo simile a quello di Argenta’. Assai pitt pertinen- te é, pero, il confronto con il fregio che si trova nel collarino del terzo capitello del loggiato sinistro del Palazzo della furono ricavate numerose parti del portale, tranne la lunetta, che, come gia detto, 2 in materiale calcareo. MAZZOTTI 1975, p. 23; GUIDONI 1999, p. 221- 222, 9) Le misure degli elementi che compongono i due stipiti sono: Larghezza altezza cm. spessore om. AL 24.5 cm, 220.5 cm. 12.0 cm. A2 24.0. cm. 218.3 cm. 12.0 / 13.0 cm. 10) La strombatura @ presente unicamente negli stipiti esterni. I due elemen- ti pit interni, infatti, sono piatti frontalmente e aggraziati nello spigolo solo da un pronunciato toro. 11) NOVARA 1999a, p. 163, 173. 12) NOVARA 1999b, p. 306-307. 13) Le cornici dell’interno riportano ancora, in pid punti, l'originario mate- riale di riempimento dell’alveolo, owero mastice di colore rosso, a differenza della sottostante decorazione a mastice nero. 86, Fig. 3 - Particolare dello stipite destro Ragione'*, L’identita di proporzione fra l’opera pomposiana e quella argentana é in questo caso notevole"®: vi é la medesima compressione del dardo rettangolare ed anche la fuseruola ha forma all’incirca di un quadrato ruotato di quarantacinque gradi, a differenza delle losanghe decisamente pit allungate delle cornici dell’abbazia"®. Un altro dato che preme sottolineare in questa sede @ che lo scultore strutturé ogni parte degli stipiti interni in modo compiuto, con una serie di elementi architettonici che si con- cludono alle estremita dell’architrave: in basso, un’elegante base modanata; appena sopra, le rappresentazioni dei mesi entro nicchie, che terminano nelle figure coronate alle estre- mita dell’architrave (fig. 8); nello spigolo, un toro che, con la base modanata e con la terminazione a capitello corinzio del- Parchitrave, si trasforma in elegante colonnina angolare. Fra le descrizioni dei mesi e le due figure coronate di fian- co alla colonnina dell’architrave corre il listello con l'epigrafe che ricorda l’opera di Giovanni da Modigliana. Tuttavia, tale intermissione non crea alcuna cesura nella continuita di narrazione: le sette figure per parte sono tutte entro nicchie semicircolari, alla base delle/quali si trova un listello con l’epigrafe che, nel caso dell’architrave, é sostituito dalla lunga iscrizione continua’’. Lo iato, in realta, si verifica al di sopra delle due figure coronate che, con Ia loro rigida posi- 14) SALMI 1966, p. 114; RUSSO 1997, p. 131. Quest’elemento é da collega- re sicuramente ad alcuni dei capitelli impiegati nella cripta di San Marco a Venezia (BUCHWALD 1964, p. 142; DEICHMANN 1981, p. 50 nr. 129, 131), confermando una datazione in un momento appena posteriore alla riedificazio- ne contariniana della basilica marciana (1063) 5) Data ’evidente semplicita del motivo decorativo & necessario sottolinea- re che questo confronto non intende insinuare la possibilita di un'identita di maestranza fra i due gruppi di opere. 16) Va. le foto pubblicate in NOVARA 1999b, p. 307. 17) L’altezza del listello con Vindicazione dei mesi é solo di poco inferiore rispetto a quella dell’architrave. Ma @ bene sottolineare che le due figure dei ‘mesi piit in alto sono marcate nella parte superiore da un piccolo listello all’in- circa di meta dello spessore di quello inferigre, privo di iscrizione, che ha come unico scopo quello di creare la parte superigre della nicchia. 87 Fig. 8 - Tralcio dell’arcata interna (D4) zione frontale, segnano una sorta di pausa di lettura prima del ricco fregio abitato dell’arcata. Non a caso, in questo punto, la colonnina con capitello marca l’appoggio dell’arcata a cani correnti, determinando un netto stacco degli elementi architet- tonici scolpiti. Tali considerazioni, come si vedra, si riveleranno utili al fine di comprendere la differente soluzione adottata nei due stipiti esterni. Altre osservazioni possono essere fatte sulle differenti dimen- sioni dei due stipiti, entrambi monolitici: quello di sinistra é sen- sibilmente piti basso dell’altro, a tal punto che fu necessario pre- disporre nella parte superiore un piccolo concio di raccordo (H1)¥ per garantire un corretto appoggio dell’architrave!’, 18) Le misure di quest’elemento sono: larghexa altezza spessore H 23.0 cm. 7.0m. 13.0 cm, \ 19) Sembrano non esservi dubbi sul fatto che la piccola zeppa fu aggiunta in epoca posteriore, Al momento dell’immissione di quest’elemento di raccord® si tent6 di predisporre una struttura decorativa simile a quella del sottostante stipi- 88 Tale diseguaglianza, presente fin dall’inizio”, potrebbe essere imputabile alla presenza in cantiere di materiali lapidei di forma e dimensione differenti, alla necessita di ridurre un concio per danni subiti durante il trasporto o la lavorazione, infine ad una errata progettazione del portale. Tutte queste ipotesi non sono, ad ogni modo, in contrasto con la pratica lavorativa di un cantiere medievale di scultura; é attendibile infatti, che lo stesso scultore del portale abbia pre- visto un sistema di raccordo simile a quello odierno®!, proprio nella stessa posizione di quello attuale. Le parti anteriori degli stipiti®® accolgono le rappresenta- zioni dei dodici mesi*, sulle quali si possono trarre alcune inte- ressanti considerazioni per la singolarita iconografica che rap- presentano™. Tutte le figure sono ricavate all’interno di un pic- colo settore rettangolare® a pianta semicircolare*, una sorta di te, con larga fascia nella parte anteriore ¢ un toro nello spigolo, ma l’intento mimetico fu vanificato dalla diferente levigatura della superficie della pietra (assai meglio eseguita nel piccolo concio), dallo spigolo anteriore molto pili affi- lato ¢ dalla maggiore profondita, se pur di poco, del fianco sul quale s‘innesta il toro. Una foto della prima meta del Novecento, prima che gli eventi bellici pro- vocassero danni consistenti al portale, consente di apprezzare con maggior preci- sione tali differenze: vd. a tale riguardo CORBARA 1973, p. 100 20) La differente altezza si deve alla prima realizzazione: entrambi i conci, infatti, non presentano segni di taglio né in basso, né in alto, Tale ineguaglianza é evidente verificando anche le differenti altezze delle prime nicchiette yuote in basso (visibilmente minore a destra) e la maggiore compression dei mesi dello stipite destro. 21) Quest'ipotesi potrebbe essere confermata dalla successione di montag- gio delle singole parti del portale. 22) Nei casi italiani di calendari scolpiti la localizzazione in facciata fu prefe- rita rispetto ad altre soluzioni. Ad Argenta, addirittura, le rappresentazioni furo- no sistemate nella faccia esterna del portale, anziché nei fianchi, come ad esem- pio a Modena. MANE 1983, p. 33; vd. inoltre GANDOLFO 1984, p. 432-433; MANE 1986, p. 258; FRUGONI 1980, p. 387, 340; FRUGONT 1991, p. 290; COMET 1992, p. 50-51. 23) BERTOLDI 1783, p. 50; MORETTI 1973, p. 18; STOCCHI 1984, p. 470; GUIDONT 1990, p. 217; GUIDONI 1992, p. 219; DIETL. 1998, p. 213. 24) Le particolarita del ciclo argentano sono sottolineate da PANADERO 1984, p. 145-146, 25) Le misure di questo spazio sono: 24 x 12,5 cm. (GUIDONI 1992, p. 219) 26) Una rappresentazione del tutto simile dei mesi si trova nel possente sup- 89 minuta nicchia al centro della quale le personificazioni si dispongono ad occupare quasi interamente lo spazio””. Le epi- grafi con le specifiche del mese si trovano sempre nel listello inferiore. (fig. 3). Per dovere di completezza si daranno di seguito le indica- zioni dettagliate di ogni raffigurazione*, partendo dal mese di gennaio, nello stipite sinistro (Al) in basso, per continuare con il mese di luglio, in quello destro (A2) sempre in basso”. IANVARIVS. L’allegoria di gennaio é un uomo seduto su di un basso sgabello®, con Ja mano sinistra sollevata e protesa in avanti, mentre quella destra é poggiata alla coscia™. L’abito é un corto mantello sollevato all’altezza delle brac- cia, il cappuccio copre la testa, le gambe sono nude e i piedi scalzi®, Non pare® che la testa, oggi resa illeggibile dal cattivo porto poligonale con i mesi, segni zodiacali ed esseri fantastici che un tempo decorava la chiesa di Souvigny. Anche nel caso francese, infatti, le figure hanno una collocazione spaziale all’interno di una nicchia a pianta semicircolare e il listello inferiore contiene i riferimenti alla figurazione stessa; nei fianchi di que- ste serie, inoltre, vi sono motivi decorativi ad ulteriore definizione dello spazio. CAUMONT 185 fig. p. 379, 381, 384-385, 390-391; CROSNIER 1855, p. 240-243; DESHOULIERES 1916, p. 212-213. 27) Solamente il mese di luglio @ di dimensioni minori rispetto alla nicchia, occupando circa due terzi dello spazio. In tutti gli altri casi i personaggi poggiano i piedi alla base della nicchia e il capo ne tocca la sommita. 28) Una completa descrizione, corredata di tutte le immagini, @ presente in GUIDONT 1990, p. 218; GUIDONT 1992, p. 219-222. 29) In tal modo i mesi si trovano uno al di sopra dell’altro, secondo una dispo- sizione consueta nelle rappresentazioni di questo soggetto. MANE 1983, p. 38, 30) Per l’analisi del mobilio nelle rappresentazioni dei mesi vd. MANE 1983, p. 105 ss. 31) La medesima scena compare anche a Verona (San Zeno), Modena (duomo, Porta della Pescheria), Pavia (S. Maria delle Storie). Per un confronto ico- nografico dei cicli d’area italiana e francese vd. ad es. BRESCIANI 1968; MANE, 1983; PANADERO 1984, p. 144 ss., COMET 1992, part. p. ss. Un Tepertorio completo dei cicli ispanici con mumerosi riferimenti alla situazione europea @ pre- sente in CASTINEIRAS GONZALEZ 1996, p. 117 ss. Desidero ringraziare V'a. per avermi gentilmente messo a disposizione molto materiale sulliconografia dei mesi. 32) Le gambe non sembrano protratte in avanti nell’atto di scaldarsi (GUE DONT 1992, p. 220), ma sono semplicemente incrociate in un suggestivo movi- mento di realismo. 33) Come annota giustamente GUIDONT 1992, p. 220. 90 stato di conservazione, fosse in origine bifronte*!, come potreb- be suggerire la sua grandezza, a meno che non si ipotizzi un’a- naloga improbabile soluzione anche per la raffigurazione del mese seguente. Questa @ I'unica scena del ciclo che si svolge all’interno di uno spazio abitativo, come awveniva abbastanza di consueto per le rappresentazioni dei mesi invernali, anche se lambicnte viene suggerito pitt che da una reale rappresenta- zione, dalla presenza dello sgabello e dall’azione della scena. La composizione si rifa all'iconografia dell’uomo seduto di fronte al fuoco in atto di scaldarsi®, anche se ad Argenta manca il riferimento esplicito al focolare. L’oggetto caratteriz- zante dell’episodio é quindi lo sgabello, che compare nella medesima tipologia anche nel mese di gennaio del portale di San Martino a Lucca®®, F(E) BR(VARIVS)*”, La personificazione di febbraio® @ una figura di uomo in piedi, leggermente chino. Indossa una tuni- chetta corta, ripresa in vita, ha il cappuccio sollevato sulla testa, le calze legate sotto al ginocchio e i calzari ai piedi. Con la mano destra maneggia un arnese appuntito, proba- bilmente un coltello, e sta lavorando il tronco di un arbusto che regge con la sinistra’*: forse si tratta della rappresentazione della potatura della vite", o forse della preparazione dei pali di sostegno per la vite". 34) Ipotesi suggerita da MORETTI 1973, p, 18. Per l'impiego di Giano nel mese di gennaio vd, BRESCIANI 1968, p. 12; MANE 1983, p. 88 ss., CASTINEIRAS GONZALEZ 1996, p. 121-130. 35) STOCCHI 1984, p. 344, 470; GUIDONI 1990, p. 218; p. 220. 36) MANE 1983, pl. VI, fig. 2 37) A differenza di quanto riportano alcuni a. (CORBARA 1949, p. 4 MORETTI 1978, p. 18, GUIDONI 1992, p. 220 e GUIDONT 1992, p. 220), sem bra che 'epigrafe presenti 'abbreviazione FBR anziché FEB (MORETTI 1975, p. 159). 38) MORETTI 1973, p. 18; GUIDONI 1990, p. 218; GUIDONT 1992, p. 220. 39) Scene simili, che pero si rifanno alla raccolta della legna, compaiono a Verona (San Zeno), Piacenza (San Savinio), Bobbio (San Colombano) 40) Per STOCCHI 1984, p. 344, 470, il contadino sarebbe in atto di vangare © di portare un albero. 41)Tale ipotesi é suggerita per il mese di febbraio rapp' DONT 1992, a MAR(TIVS). La rappresentazione del mese di marzo é una figura maschile in piedi, vestita con tunichetta stretta in vita"? e ha gli avambracci sollevati. Nell’angolo superiore destro c’é un oggetto arrotondato, forse un cesto®, al quale l’uomo rivolge le mani“. Vi sono notevoli difficolta a trovare in altri calendari medievali rappresentazioni che possano aiutare a spiegare la scena argentana, in quanto, di norma, in questo mese compare Vallegoria che ad Argenta fu destinata a quello seguente®. APRILIS. Il mese di aprile & impersonato da un suonatore di corno* abbigliato con tunichetta, e bassi calzari, con una mano poggiata al bacino e l'altra che regge lo strumento a fiato rivolto verso l’alto’?. In realta la rappresentazione del mar- cius cornator, come ricordato sopra, appartiene al mese di mar- zo", piuttosto che ad aprile, come attestato ad esempio a Verona® e a Piona®. L’ipotesi secondo cui vi fu uno scambio*! fra le rappresentazioni di marzo ed aprile sembra prendere perci6 consistenza: il mese di marzo avrebbe dovuto rappresen- tare® una scena strettamente connessa alla rinascita primaveri- le della natura®’, RUSMINI 2000, p. 63, 65, fig. 2. Va. inoltre il mese di marzo di Pavia (S. Maria delle Storie). 42) Non @ chiaro se anche in questo caso vi siano i calzari, in quanto la superficie del supporto é notevolmente consunta. Tuttavia al di sopra della cavi- glia destra sembrerebbe esserci il segno di una fascia simile a quella del mese di febbraio. 43) GUIDONT 1992, p. 220. 44) Questa personificazione é interpretata anche come suonatore di flauto da MORETTI 1973, p. 18; STOCCHI 1984, p. 344. 45) Vd. lo schema dei calendari d’ambito padano contenuto in STOCCHI 1984, p. 438, 46) ZANICHELLI 1985, p. 576-577, nota 29; GUIDONT 1992, p. 220. 47) Per MORETTI 1973, p. 18 e STOCCHI 1984, p. 344, il personaggio sta- rebbe cogliendo un fiore, 48) MANE. 1983, p. 72 ss. Il suonatore di coro, per rappresentare il mese di marzo, é presente anche a Piacenza (San Savinio), Pavia (S. Michele Maggiore), Bobbio (San Colombano) 49) NICHOLAUS 1985, p. 268, fig. 14. 50) RUSMINI 2000, p. 63, 65, fig. 3. 51) GUIDONT 1992, p. 220. : 52) BRESCIANT 1968, p. 11; MANE 1983, p. 77-78, 80; CASTINEIRAS GONZALEZ 1996, p. 130-138. 92 MADIVS. La rappresentazione di maggio é un guerriero™ vestito con la consueta tunichetta e i bassi calzari, armato con piccolo elmo arrotondato in testa, uno scudo sannitico solleva- to sulla spalla, una lunga lancia poggiata a terra e sostenuta con la mano destra. Guerrieri armati sono ben attestati nei calendari medievali®’, come ad esempio nel portale principale di San Zeno a Verona”. IVNIVS. La personificazione di giugno’? é una figura maschile in piedi, con le gambe incrociate, in atto di affilare la lunga lama di una falce fienaia; il manico, sorretto con la mano sinistra, € poggiato a terra sopra ad un masso™, Il contadino é vestito con una corta tunica stretta in vita e forse ha i piedi scalzi. Cid che emerge da questa scena é la disinvoltura con cui lo scultore ritrasse il personaggio, in posa di momentaneo riposo, prima di riprendere il faticoso lavoro dei campi. IVL(V)S. La figurazione di luglio® é un falciatore®, con una falce messoria®! in mano, nell’atto di effettuare la mietitu- 58) Scene di questo tipo si trovano ad esempio a Modena (duomo, Porta della Pescheria), a Parma (protiro del duomo e battistero), Bobbio (San Colombano), Pavia (S. Maria delle Storie), Pavia (S. Michele Maggiore) 54) MORETTI 1973, p. 18; STOCCHI 1984, p. 844, 470; GUIDONI 1990, p. 218; GUIDONT 1992, p. 220. 55) Limportanza che assunse la nuova tecnica di guerra a partire dall’VIIL secolo, potrebbe essere alla base della fortuna di questa rappresentazione nei calendari, STERN 1955, p. 147-148; MANE 1983, p. 85 ss; MANE 1986, p. 261; CASTINEIRAS GONZALEZ 1993, p. 75-76, 79. 56) NICHOLAUS 1985, p. 269, fig. 15. 57) MORETTI 1973, p. 18; STOC I 1984, p. 344; GUIDONI 1990, p. 218; GUIDONT 1992, p. 222. 58) Quest’oggetto arrotondato su cui @ poggiato il manico della falce & di difficile interpretazione. A prima vista sembrerebbe trattarsi di una pala, ma tale ipotesi sarebbe in contrasto con l'azione che si svolge nella parte alta della scena. Rimane percid alquanto problematica la lettura di questa parte della rappresen- tazione. 59) STOCGHI 1984, p. 344; GUIDONI 1990, p. 218; GUIDONT 1992, p. 222. 60) La stessa scena appare a Verona (San Zeno), Modena (duomo, Porta della Pescheria), Ferrara (cattedrale, Porta dei Mesi), Parma (battistero), Piacenza (cripta di San Savino), Bobbio (San Golombano) 61) Per la tipologia della falce vd. MANE 1983, pl. XXIV-XXV1. | ra®, Indossa una corta tunica, un paio di brache affusolate®, unico esempio nel calendario argentano, ed @ a piedi scalzi. Anche in questo caso lo scultore volle rappresentare idealmen- te quest’attivita, mostrando solo le caratteristiche essenziali per identificarla: una sola spiga (a quanto sembra) a manifestare la tipologia del lavoro, la piccola falce mentre sta per reciderla, in una posizione peré talmente alta da terra che prevedrebbe gia Vazione compiuta. A(V)GV(STVS). Il mese di agosto ritrae un mastro bot- taio, vestito con una tunichetta stretta in vita, a piedi scalzi, con in testa un copricapo conico risvoltato alla base. La scena descrive l’atto di costruzione di un tino®: con la mano destra sollevata tiene un martello e¢ sta per sferrare un colpo ad un cuneo stretto con la sinistra e poggiato sopra al cerchio della botte™. L’azione é qui fermata nell’istante stesso in cui il mar- tello arriva nel punto pit alto del suo percorso e per un attimo si ferma, prima che la forza del braccio lo indirizzi violente- mente verso il basso. SEPTE(MBE)R®. Settembre® @ impersonato dalla figura di un uomo in piedi che regge con la destra una bilancia a due piatti®®, segno zodiacale di questo mese”, e con la sinistra un 62) Per MORETTI 1973, p. 18, starebbe battendo il grano. 63) Questo tipo di vestiario @ documentato nei calendari medievali, MANE 1983, p. 139-130. 64) MORETTI 1973, p. 18; STOCGHI 1984, p. 344, 470; GUIDONI 1990, p. 218; GUIDONT 1992, p. 222. 65) Un tino simile si trova nella Porta della Pescheria del duomo di Modena. MANE 1983, pl. XLIL3, XLVIL 66) La stessa scena @ presente anche a Verona (San Zeno), Modena (duomo, Porta della Pescheria), Parma (battistero ¢ protiro del duomo), Ferrara (cattedrale, Porta dei Mesi), Piacenza (San Savino), Bobbio (San Colombano). Per le tecniche di preparazione di questo contenitore vd. MANE 1983, p. 181 ss. 67) CORBARA 1949, p. 43, riporta SEPTBR. 68) MORETTI 1973, p. 18; GUIDONI 1990, p. 218; GUIDONT 1992, p. 222. 69) STOCCHI 1984, p. 344. 70) A differenza di quanto afferma MANE 1983, p. 44, ad Argenta vi @ un richiamo allo zodiaco, anche se limitato al solo mese di settembre. Per quanto riguarda l'unione delle rappresentazioni dei mesi con i segni dello zodiaco vd. PANADERO 1984, p. 131 ss., COMET 1992, p. 47. 94 cesto poggiato sulla spalla, a simboleggiare” la vendemmia”. Veste una corta tunichetta ripresa in vita, calze strette sotto al ginocchio e calzari che frontalmente terminano a V. Questo tipo di calzatura non fu pit utilizzato nelle altre scene e rap- presenta, come per i pantaloni del mese di luglio, un wnicum nel calendario di Argenta. OCTVB(ER). La raffigurazione di ottobre” é un contadino che sta seminando™: con una mano getta una manciata di semi”, mentre con I'altra regge il sacco per le sementi Indossa una tunica corta, é a gambe nude e porta calzari stretti alla caviglia. I semi sono ancora sospesi in aria e la mano si é appena aperta per lasciarli cadere: questa tipologia di Tappresentazio- ne é abbastanza consueta per questo tipo di attivi NOVEMBER. II mese di novembre é una figura maschile con tunichetta, cappuccio sollevato sulla testa, calze legate sotto al ginocchio e calzari stretti alla caviglia. Al di sotto del braccio sinistro c’é un oggetto non ben iden- tificabile”. Nell’angolo inferiore sinistro della nicchia c’é un grande contenitore tortile, forse il corno dell’abbondanza, 0 forse un 71) Nel caso argentano, infatti, non é esplicito il riferimento alla ver\dem- mia, come in molti altri calendari, ma fu preferito porre l'attenzione all’tnico elemento zodiacale del calendario, vale a dire la bilancia. Solamente la presenza del piccolo cesto sopra alla spalla potrebbe far pensare a l’attiviti di raccolta del- Tuva. Per le rappresentazioni della vendemmia vd. MANE 1983, p. 187 ss. 72) La vendemmia compare anche a Verona (San Zeno), Parma (battistero ¢ protiro del duomo), Ferrara (cattedrale, Porta dei Mesi). Per le rappresentazio- ni di quest’attivita agricola vd. MANE 1983, p. 168 ss., part. p. 173 73) MORETTI 1973, p. 18; STOCCHI 1984, p. 344; GUIDONT 1990, p. 21 GUIDONT 1992, p. 222 74) La semina di ottobre compare anche a Parma (battistero), Bobbio (San Colombano). MANE 1983, p. 148 ss. 75) Questi grandi semi hanno l'aspetto di una fuseruola delimitata da un solco intagliato che ne traccia il perimetro, segno probabile di una derivazione da modelli grafici. 76) Per la tipologia del sacco vd. MANE 1983, pl. XXII. 77) Secondo GUIDONT 1990, p. 218 e GUIDONT 1992, p. 222, il personag- gio sarebbe in atto di portare una fascina di legna. 95 grande cesto intrecciato®, dalla cui bocca fuoriescono numero- si ciuffi di vegetali”. DECEMB(E)R®. La personificazione di dicembre®! @ una figura maschile con tunichetta stretta in vita ¢ calzari alla cavi- glia. Con la mano destra regge un oggetto allungato rivolto verso l’alto, forse un coltello™, con la sinistra un piccolo panie- re € sta camminando alla ricerca di vegetali da riporre nel con- tenitore. Come é evidente le allegorie dei mesi sono tutte rap- presentate in modo dinamico*, come manifestano i contadini intenti al lavoro™ nelle stagioni primaverile, estiva ed autunna- le; solamente a gennaio lo stanco villico si riposa al focolare ¢ a maggio un soldato é in posizione statica, quasi frontale®*. Un’altra particolarita del ciclo argentano é l’assenza di figure femminili®® e di animali*’, anche per i mesi in cui questi ultimi meglio avrebbero potuto caratterizzarli. T personaggi sono vestiti con gli abiti che normalmente venivano indossati dalla gente rurale e non pare vi sia stata 78) Sono documentati cesti a forma di tronco di cono rovesciato eseguiti in materiale intrecciato, che potrebbero essere un pertinente confronto per il caso argentano. MANE 1983, pl. XL-XLL 79) MORETTI 1973, p. 18, GUIDONI 1992, p. 222, pensano ad un’allusione alla raccolta delle rape. \ 80) CORBARA 1949, p. 43, riporta DEMBR. ‘ 81) GUIDONT 1990, p. 218, GUIDONT 1992, p. 222. 82) MORETTI 1973, p. 18, vi intrawede la preparazione per I’uccisione del 3) Come di consueto nei calendari dell’XE-XII secolo i mesi sono rappre- sentati da uomini intenti in unazione che meglio caratterizza quel particolare momento dell’anno. FRUGONT 1980, p. 328, 333-334, 340; MANE 1986, p. 258- 259, 84) CASTINEIRAS GONZALEZ 1997, p. 325, 327. 85) I mesi invernali, soprattutto gennaio € febbraio, sono spesso rappresen- tati con scene di riposo. MANE 1988, p. 94 ss.; CASTINEIRAS GONZALEZ 1996, p. 138. 86) Solo raramente furono rappresentate figure femminili ¢ bambini. MANE 1983, p. 135. 87) Talvolta nei mesi invernali si fa riferimento all’allevamento dei maiali e alla caccia e alla pesca. Nel caso di Argenta invece é del tutto assente qualsiasi riferimento al mondo animale. 88) MANE 1983, p. 124. 96 una particolare attenzione a differenziare il vestiario fra mesi freddie caldi®, wanne che per gennaio e novembre”. Per con- tro, lo scultore pose speciale attenzione a ritrarre vari tipi di abbigliamento, come le due fogge di calzature (con bordo risvoltato e con la parte anteriore aperta a V), di indumenti per le gambe (calze strette sotto al ginocchio e brache aderenti), di copricapo (cappuccio alzato e capello a cono). Probabilmente Giovanni da Modigliana ebbe presente i cicli dei mesi che poco prima furono scolpiti per la Porta della Pescheria a Modena” e per quella di San Benedetto Po’, dai quali attinse, pur rielaborandolo, lo stimolo iconografico®; ma il confronto con quanto di li a poco Nicholaus avrebbe esegui- to nel portale di San Zeno a Verona, permette di comprendere quali fossero le soluzioni iconografiche della rappresentazione dei mesi in area padana. Larchitrave (B1)*. Il grande blocco di marmo che compone ’architrave, origina- riamente monolitico®, é largo quanto I'arcata interna e i sotto- stanti stipiti con le figurazioni dei mesi, sui quali poggia. (fig.4) \ 89) Tale noncuranza é soprattutto evidente nella scelta di rappresentare i personaggi con calzari e calze o scalzi e a gambe nude, senza apparenti rapporti con il tipo di clima di quel mese. 90) In entrambi i casi i personaggi hanno il cappuccio alzato. 91) QUINTAVALLE 1985b, p. 801; FRUGONT 1991, p. 290 ss. Le differenze fra i due cicli, rimangono evidenti, sia per quanto riguarda la scelta di alcune delle rappresentazioni, sia per cid che concerne la disposizione formale delle scene: al di sotto di architetture ben definite a Modena, completamente isolate nel caso di Argenta. 92) QUINTAVALLE 1983, p. 76; GANDOLFO 1987, p. 331. 93) QUINTAVALLE 1985b, p. 794; di questo avviso @ anche F. Zuliani (comunicazione orale dell’a.). 94) Le misure sono: larghezza spessore B1 199.5 cm. 13.0 cm. 95) La rottura in due parti dell’architrave non @ conseguenza degli eventi bellici. Gia prima della Seconda Guerra Mondiale quest’elemento riportava evi- denti tracce di frattura, com’é possibile vedere dalle fotografie pubblicate in CORBARA 1973, p. 100-101. 97 Alle estremita vi @ una nicchia che contiene una figura nuda che, come si é gia detto, conclude l’impianto decorativo degli stipiti. Le caratteristiche sembrerebbero confermare che si tratti di rappresentazioni allegoriche legate al ciclo dei mesi: Fig. 4 - Parte superiore del portale! quella a sinistra ha sembianze femminili, con spalle strette, un timido accenno di seno e ventre e fianchi appena marcati; quella di destra ha aspetto maschile, con spalle pid larghe e fianchi stretti®. Gli elementi distintivi di queste immagini sono la nudita’” e la corona raggiata posta sul capo”, simbolo que- 96) Queste figure sono state interpretate come Adamo ed Eva (STOCCHI 1984, p. 470) o come cariatidi (CORBARA 1949, p. 42; MORETTI 1973, p. 17-18; GANDOLFO 1987, p. 331; GUIDONT 1990, p. 215; GUIDONI 1992, p. 219) 97) Figure nude al di sopra di un ciclo dei mesi compaiono anche nel porta- le sinistro di SaintDenis. In questo caso le due allegorie, molto probabilmente 98 st'ultimo che potrebbe essere compatibile a destra con la rap- presentazione del Sole”, ma che crea qualche problema a sini- stra per quella della Luna”. Ipotesi plausibile & che si tratti anche del Giorno e della Notte, simboli che talvolta furono rappresentati entrambi con teste raggiate!'. Queste allegorie subirono in un momento imprecisato la cancellazione degli attributi sessuali, operazione ben riconoscibile se si osserva da vicino la zona del pube, ove sono evidenti le insistenti tracce dei colpi lasciati da un cesello a punta. (fig. 5) Oltre le nicchie vi sono le due colonne, notevolmente rastremate al sommoscapo, con elegante capitello corinzio'”, di cui si é parlato sopra. La parte mediana dell’architrave @ occupata da due figure di piccole dimensioni, oggi scalpellate", ma delle quali riman- gono fortunatamente le silhouettes lievemente in aggetto. Anche entrambe femminili, poiché hanno capelli molto lunghi, sao distese su un fian- co e poggiano la testa sul palmo della mano. GAIGNEBET - LAJOUX 1986, p. 60-61. 98) Secondo ZANICHELLI 1985, p. 584, nota 84, le figure dai capelli raggia ti sarebbero riconducibili all'iconografia degli esseri demoniaci oppure a quella solare o infine dei venti alati. : 99) CASTINEIRAS GONZALEZ 1994, p. 97-99; CASTINEIRAS GONZALEZ 1995, p. 102-107. 100) Sulle motivazioni religiose delle rappresentazioni del Sole ¢ della Luna vd. CASTINEIRAS GONZALEZ 1996, p. 120-121. 101) Il Giorno e la Notte furono rappresentati in questo modo in un mano- seritto che si conserva a Stoccarda, nel quale, tuttavia, i due simboli sono raffigu- rati solo con il volto raggiato e non a figura intera, COMET 1992, p. 92. 102) Lo scultore esegui queste parti, di ridotte dimensioni, seguendo con precisione il modello corinzio, Gli elementi che costituiscono i capitelli argenta- ni, infatti, sono: nella parte inferiore un giro di foglie d’acanto spinoso molto allungate ed appuntite verso l’alto; nel settore mediano fra la foglia centrale e quelle angolari se ne innesta una che da vita all’elice (ritorto verso Vinterno) ¢ alla voluta che si posiziona nello spigolo esterno della campana, entrambi della medesima dimensione; nella parte superiore un sottile abaco a due elementi digradanti. 103) Le figure forse furono abrase nel XVIII secolo quando Ia pieve fu custodita prima dall’eremita Iacobo vid. Gragnola 4 Bozolo e quindi da Mattheus Brunellus de Argenta, come ricordato nella visita pastorale del 1680, trascritta da SOGLIANI 1992, p. 26-27. 99 Fig. 5 - Architrave, particolare delle figure alle estremita se é assai arduo cercare di comprendere chi possano essere i due personaggi rappresentati, la posa e il contesto in cui si tro- vano potrebbero suggerire che si tratti di Adamo ed Eval. Sembrerebbe, infatti, di intravvedere due figure nude affianca- te, rappresentate di tre quarti, rivolte l’una verso l’altra, con le braccia reciprocamente dietro le spalle del compagno™. 104) MORETTI 1973, p. 16; MAZZOTTI 1975, p. 78; ZANICHELLI 1985, p. 576, nota 29; GANDOLFO 1987, p. 331; GUIDONI 1990, p. 215; GUIDONI 1992, p. 216; DIETL 1998, p. 213. Propende per un‘interpretazione di questo tipo anche F. Zuliani (comunicazione orale dell'a.). 105) La presenza di Adamo ed Eva sembrerebbe anche confermata dalla consuetudine di accostare, nella penisola italiana, scene dell’antico testamento ¢ programmi agiografici alle personificazioni dei mesi. MANE 1983, p. 48; CASTINEIRAS GONZALEZ 1997, p. 333. 100 Di entrambe é facilmente leggibile l’altro braccio calato lungo il corpo, con il gomito leggermente piegato, in un movi- mento che portava l’arto sul davanti ove la mano avrebbe potu- to servire per nascondere le nudita. (fig. 6) Di fianco i due possenti grifoni', in atteggiamento aggres- sivo'’’, sembrerebbero essere in stretta connessione con la pre- Fig. 6 - Architrave, proposta ricostruttiva delle figure di Adamo ed Eva 106) BERTOLDI 1783, p. 50, preferisce interpretarli come ippogrifi. 107) I due animali, in atto di sferrare un salto, sono lavorati in modo assai preciso, con una definizione sorprendente dei particolari, L’occhio é scavato in profondita con la pupilla a forma di globuletto, la fronte corrucciata conferisce tun aspetto minaccioso, il becco & appena aperto in quello di sinistra, chiuso in quello di destra, le squame del collo sono regolari ¢ le piume delle ali ben deli- neate. 101 senza dei Progenitori!; un segno di minaccia a chi si approssi- masse al luogo sacro con animo impuro!. Il confronto pid pertinente per questo tipo di rappresentazione'" é sicuramen- te il portale di San Casciano a Settimo, in territorio pisano, ese- guito da Biduino nel 1180", nel quale due grifoni assai simili a quelli argentani in quanto a posa, stanno per azzannare un orso posto fra di loro", Larchitrave @ anche il punto focale del portale, poiché in esso sono riportate le epigrafi che ricordano l’anno d’esecuzio- ne e il nome dello scultore. Nella fascia superiore é scritto:!!’ ANNI D[OMI]NI MIL(LESIMO) [CE]NTESIMO XX SECVNDO INDICCIONE QIVAR]TA™ DECIMA’®’, La questione principale riguarda una modifica intervenuta nella sesta parola, l'anno di fabbrica- zione del portale (1122)"°, e il riferimento all’indizione!”’. si sia iniziato con la stesura di secundo sembrerebbe confermato 108) Il significato negativo di questo animale fantastico é ribadito nelle wat tazioni medievali: MORINI 1996, p. 509, 594. 109) GUIDONI 1992, p. 217, 219, propende per un'interpretazione simboli- ca legata all’originario significato di questi animali, utilizzati come guardiani all ingresso degli ambienti funerari d’epoca classica e romana. 110) GUIDONT 1992, p. 219, nota 16. 111) MORETTI - STOPANT 1982, p. 368-364. 112) BARACCHINI - FILIERT 1992, p. 117, 119. 113) L’epigrafe é riportata anche in CORBARA 1949, p. 42; MORETTI p. 18; GUIDONI 1990, p. 214, 217; SOGLIANI 1992, p. 22; GUIDONI p. 219. 14) BERTOLDI 1783, p. 50, cita l'iscrizione completa prima che il portale fosse danneggiato, confermando questa lettura dell’indizione. 115) A causa degli eventi bellici intercorsi nelle adiacenze di San Giorgio nella Seconda Guerra Mondiale pid parti dell’architrave furono danneggiate, causando oltre alla perdita di una porzione dell’epigrafe, anche la definitiva frat tura dell’architrave stesso, BERTOLDI 1783, p. 50; MAZZOTTI 1975, p. 63, 73; GUIDONI 1990, p. 214. Per un refuso in RIZZARDI 1993, p. 474, é riportata la data 1112, 116) Anche il BERTOLDI 1783, p. 49, ricorda che l'anno di esecuzione fu il 1122. 117) La difficolta di una corretta interpretazione della data @ messa in rilie- vo anche da DURLIAT 1994, p. 635. 102 dagli spazi regolari fra le lettere, che corrispondono a quelli della restante parte dell’epigrafe; tuttavia, le numerose revisio- ni svelano l’intenzione di correggere la scritta!!® per mutarla, non senza qualche difficolta, in primo'!®. Un dato ulteriore che porterebbe a spingere per una datazione anticipata di un anno viene dalla restante parte dell’epigrafe, nella quale si cita indi- zione quattordicesima che in realta appartiene all’anno 1121", Anche se é assai difficile immaginare il momento in cui fu eseguito l'aggiustamento della data, non é escluso, viste le caratteristiche epigrafiche della correzione, che tale intervento sia avvenuto immediatamente a ridosso dell’esecuzione di que- sta parte del portale, forse addirittura prima della conclusione dell’epigrafe™!, In tal caso é@ ipotizzabile che quanto rimaneva in pit della scritta secundo sia stato riempito con sostanze cementizie, allo scopo di cancellare ogni possibilita di errata lettura della data: solo successivamente, quando le intemperie 118) Secondo alcuni a. (CORBARA 1949, p. 43; GUIDONT 1990, p. 217, nota 17; GUIDONI 1992, p. 219, nota 19) la correzione secundo é da ritenere posteriore ed eseguita sul termine sprevit, gid presente nella lunetta € riportato per distrazione anche nell’architrave. 119) La lettera ‘S’ fu lasciata intatta. La “E’ fu mutata in ‘P*, con l'aggiunta dell’occhiello nella parte superiore. La ‘C’ fu cambiata in ‘R’, di cui si notano facilmente l’asta verticale rinforzata nel piede, Vocchiello leggermente schiaccia- to ¢ la gamba diagonale. La gamba destra della ‘V’ fu rafforzata alla base con un. colpo di scalpello per farla diventare una ‘I’, La stanghetta diagonale della ‘N’ fu intersecata nella parte mediana da un’altra che si tent di collegare in malo modo all’asta verticale della ‘D’, per fondere le due lettere in una ‘M’; non a caso quest ultima fu notevolmente rinforzata alla base per cercare di farla perce- pire come tratto finale della nuova lettera. Le lettere in sovrappiit non furono abrase per non compromettere ulteriormente la chiarezza del messaggi 120) La ‘R’ @ simile a tutte le altre delle epigrafi del portale: la stanghetta diagonale 2 leggermente pid corta rispetto all’asta verticale, rafforzata nell’attac- co all’occhiello e leggermente sinuosa nell’andamento. Certo la posizione nella quale fu eseguita non avrebbe permesso un’identica formulazione, anche perché Ja parte inferiore della ‘C’ di fatto ne impediva una pitt agevole stesura. Inoltre tutte le altre lettere sono rafforzate nelle parte terminale con un tratto allargato allo stesso modo delle altre lettere dell’epigrafe. 121) Ad ogni modo non é escluso che chi esegui lepigrafe € chi la corresse materialmente fossero persone differenti. 103 fecero cadere tale materiale, la prima epigrafe ritornd ad esse- re quella maggiormente leggibile, ingenerando nuovamente il fraintendimento che si tent di evitare. (fig. 7) Nella parte inferiore dell’architrave @ ricordato: SCULPT(A) A IOHA[NN(E)] MICANT H[IC] [F]ULGID(A) A MUTILIANO + PRO QVO QUIUE UIDENT ROGITENT PRECE COTIDI[ANA]". La consapevolezza di aver eseguito un’opera di grande pregio é evidente nel tenore di questa parte dell’epigrafe: Giovanni da Modigliana' scolpi queste Fig. 7-Architrave: proposta ricostruttiva della data pietre rifulgenti di splendore grazie alla propria maestria. Significativi paralleli potrebbero essere istituiti con le epigrafi presenti nei portali di San Giorgio a Ferrara, di San Zeno ¢ della cattedrale a Verona, nelle quali Nicholaus si defini ARTI- FICEM GNARUM"™, ed ancora in quello principale della basili- 122) Lepigrafe @ riportata anche in BERTOLDI 1783, p. 50; CORBARA 1949, p. 42; MORETTI 1973, p. 18; GUIDONI 1990, p. 214, 217; SOGLIANI 1992, p. 22; GUIDONT 1992, p. 219. 128) MANE. 1983, p. 42. Si tratta percid di uno dei pochi esempi di rappre- sentazione scolpita dei mesi di cui si conosce il nome dell’esecutore. 124) Per la cattedrale di Ferrara vd. STOCCHI 1984, p. 347; per San Zeno a Verona vd. VALENZANO 1993, p, 229-230; per la cattedrale di Verona vd. BAR- ‘TOLI 1987, p. 189. Per I'analisi delle epigrafi di Nicholaus vd. inoltre QUINTA- VALLE 1985a, p. 179, 104 ca dei Santi Felice e Fortunato di Vicenza, eseguita NON VILI SCHEMATE da Pietro Veneto nel 1154'**: uno stesso modo di valutare il proprio operato, come si pud intuire dal tenore delle parole, ¢ la consapevolezza che quanto realizzato fosse di tale qualita da meritare un’esplicita dichiarazione. Ma le parole dell’epigrafe di Giovanni da Modigliana sono anche un’eco della famosa iscrizione di Lanfranco affissa nell’abside del duomo di Modena, nella quale si ricorda MARMORIBUS SCULPTIS DOMUS HEC MICAT UNDIQUE PULCHRIS™®, La lunetta (C1-C2)!". Larcata al di sopra del portale @ occupata da una hunetta nella quale é scolpito un episodio del martirio di san Giorgio". (fig. 4) Non si tratta di un concio monolitico ma di due frammenti giustapposti con estrema precisione™: i bordi delle due parti si appoggiano per tutta l’altezza con uno spigolo vivo che passa appena oltre alla testa dell’aguzzino di sinistra, tagliandone le braccia ed una gamba, ma garantendo senza imprecisione la continuita del disegno. I] fondo della scena é lavorato finemen- te con una gradina a pid punte che ha uniformato la superficie lasciando evidenti tracce di punzecchiatura, a differenza delle altre parti del portale che risultano levigate con maggiore accu- ratezza. Come é gia stato notato, la scena rappresentata, san Giorgio che subisce il martirio della ruota'™, ha caratteristiche 125) MARESCHI 1979, p. 220. 126) F. Zuliani (comunicazione orale dell'a.). Sull'epigrafe modenese vd. CAMPANA 1984, p. 374-377. 127) Le misure dei due conci che compongono Ia lunetta sono: largheza altezza C142 150.0 cm. 81.0cm. 128) BERTOLDI 1783, p. RBARA 1949, p. 42; GELICHI 1983, p. 300; RIZZARDI 1993, p. 474; DIETL 1998, p. 213. 129) La Tunetta in tal modo risulta composta da una porzione di circa due terzi del totale sulla destra e di una corrispondente ad un terzo sulla sinistra. 130) L'analisi delle fonti di questa fase del martirio & presente in MARK- WEINER 1977, p. 143-157. 105 iconografiche che si riscontrano principalmente in area bizan- tina piuttosto che in quella occidentale™, e fu interpretata da Giovanni da Modigliana in chiave semplificata™. Innanzitutto, la scena del martirio della ruota anche in area bizantina fu pid usualmente impiegata in cicli che narra- no la vita € la passio del santo", mentre, in caso di rappresenta- zione a figura isolata', venne preferita immagine stante di un gucrricro o di un soldato a cavallo che sconfigge il drago™. Ad Argenta san Giorgio @ rappresentato col dorso rivolto ad una ruota dalle acuminate lame, all’interno della quale é ripor- tata l’epigrafe S(ANC)TVS GEORGIVS"™*, mentre i due carne- fici (quello di sinistra gli afferra la testa, l’altro i piedi), trasci- nandolo avanti e indietro, ne provocano la lacerazione delle carni’’, Negli esempi bizantini, invece, san Giorgio @ saldamente legato mani e piedi alla ruota ¢ le lame sono infisse alla base dello strumento di tortura'*; i due seviziatori, a differenza che nel caso argentano, fanno girare la ruota con corde o lunghe aste, portando il corpo del santo in prossimita di quegli arnesi taglienti’*. 31) GUIDONT 1992, p. 216. 132) La rappresentazione di san Giorgio su di una Iunetta scolpita appare anche a Ferrara (1135), ma in questo caso il santo é in sella al proprio cavallo in atto di sopraffare il drago. NERI LUSANNA 1985, p. 416-417; ZANICHELLL 1985, p. 567-569, 575-756 nota 29. 183) Per 'iconografia di san Giorgio vd. il recente lavoro di WALTER 2003, p. 123-144, part, p. 134138. Un elenco dei monumenti bizantini che contempla- no la rappresentazione della tortura della ruota é presente in MARK-WEINER 1977, p. 35-113, part. p. 99. 184) WALTER 2003, p. 138-140. 135) JANIN 1965, col. 526. 136) L'epigrafe @ riportata anche in BERTOLDI 1783, p. 50; CORBARA 1949, p. 48; MORETTI 1973, p. 16; GUIDONI 1990, p. 214. 137) San Giorgio appare vestito unicamente con un perizoma, mentre i due carnefici, a piedi scalzi, indossano tunichette corte identiche a quelle delle perso- nificazioni dei mes. 138) Fra le rappresentazioni di questa tortura vale la pena di citare Picona lignea conservata presso il Museo Nazionale d’Arte d’Ucraina, nella quale la quarta scenetta del lato sinistro riporta il martirio della ruota. MILYAEVA 2000, p. 102 ss. 139) WALTER 2003, p. 139. 106 E necessario porre in evidenza anche un parallelo con un’opera che non ha alcun legame apparente sia con le vicen- de martiriali di san Giorgio, sia con quelle storico-artistiche della pieve argentana, ma che conserva una rappresentazione assai vicina a quella della lunetta scolpita da Giovanni da Modigliana, vale a dire la lastra con Issione™”, conservata nella cattedrale di Torcello™'. Oltre a questa, é bene ricordare anche la scena del suppli- zio di san Teodoro affrescata nella chiesa di Santo Spirito a Ravenna, nella quale vi @ una ruota quasi identica a quella di Argenta, ripresa mentre sta martirizzando il santo, in questo caso, posto nella parte inferiore dello strumento!”. Ritornando alla lunetta é doveroso ricordare che in prossi- mita dello spigolo dell’arcata c’é l'epigrafe che ricorda il marti- rio: ISTE ROTAM"™ SPRTEVIT'® QVEM MEMBRA PER OMNIA FREGIT + VITAM DONAVIT CVI MORTEM FERRE PVTAVIT™®, E subito evidente che vi fu una errata interpreta- zione della parola SPREVIT, mutata in SPRTEVIT. In tutte le epigrafi del portale furono utilizzate solo poche legature (DI- UL-UT-UE-ULTE), ¢ fra queste TE compare solo in ROGE TENT, nella parte inferiore dell’architrave, e in SPRTEVIT: fra 140) Per quest’opera vd. GRABAR 1976, p. 116; POLACCO 1981, p. 140- 142. Nella lastra Issione appare legato con la schiena rivolta alla ruota, vestito solo con un perizoma ed affiancato da due figure in piedi. 141) Senza stabilire dei nessi con Ia lastra di Torcello CORBARA 1949, p. 42, nota un’affinita nella rappresentazione di Issione con quella del martirio di san Giorgio. 142) PASI 2001, p. 61-65, part. p. 63-64, p. 62 fig. 49, p. 101 fig. 49. Quest'immagine secondo I'a. dovrebbe collocarsi entro linizio del XII secolo. 143) La scritta si trova all'interno di un campo leggermente ribassato ¢ ben levigato ¢ al colmo dell'arcata c’é una croce latina, il cui incrocio dei bracci & marcato da quattro piccoli forellini, allo stesso modo che nell’epigrafe inferiore dell’architrave. 144) La perdita di una piccola parte del supporto lapideo costrinse lo sculto- re ad eseguire le lettere ‘OT’ ad altezza dimezzata rispetto a tutte le altre dell’e- pigrafe, 145) II nesso ‘TE’ é chiaramente leggibile ad un’analisi rawicinata. 146) L’epigrafe @ wascritta anche in BERTOLDI 1783, p. 50; CORBARA 1949, p. 42; MORETTI 1973, p. 16; GUIDONT 1990, p. 215; GUIDONT 1992, p. 216. 107 i due termini, tuttavia, é assai difficile intravvedere una pur minima assonanza. L’errore in cui cadde lo scultore sembra confermare ancora una volta che egli si servi di un modello preconfezionato, che non seppe correttamente rispettare"’. La lunetta del portale argentano costituisce un fatto di straordinario rilievo per la data in cui fu scolpita, rappresentan- do un nodo vincolante per la storia di questo tipo di soluzione in area padana™*. Timpani figurati sono assenti nei portali dei pit importanti edifici padani risalenti a prima di Argenta, come ad esempio in quelli del duomo di Modena™, di Cremona e di Piacenza". In tutti questi esempi furono preferi- ti spazi aperti fra l'architrave e l’arcata e strutture eseguite con conci a spigolo vivo, con modanature non molto articolate: soluzioni che, com’é stato rilevato, si rifanno a modelli di ascendenza classica’®!. Solamente oltre un decennio piii tardi rispetto ad Argenta comparvero timpani istoriati‘? (fondamen- tali per comprendere la diffusione di questa tipologia in area padana), come nel portale della cattedrale di Ferrara’, in quello di San Zeno" e della cattedrale di Verona’. Certo la Francia, territorio che intorno al 1100! elabord 147) A differenza che nell’architrave in questo punto si decise di non appor- tare alcuna correzione. Forse perché un errore di questo tipo non compromette- va, di fatto, il messaggio trascritto nella lunetta, 148) MORETTI 1973, p. 18; GANDOLFO 1987, p. 330. 149) Nel portale principale c’@ in realta un timido tentativo di effettuare una lieve strombatura, tramite la colonna tortile posta anteriormente agli stipiti. A questa corrisponde un toro nell’arcata, una gola e una serie di listelli via via leggermente pid: prominenti rispetto al piano degli stipiti, CASTELNUOVO 1984, p. 452, 456-457; POESCHE 1998, p. 38, fig. 17. 150) QUINTAVALLE 1991, p. 194 ss.; POESCHE 1998, fig. 38-40. 151) CASTELNUOVO 1984, p. 452; POESCHE 1998, fig. 17 (portale occi- dentale), fig. 28 (Porta die Principi), fig. 29 (Porta della Pescheria) 152) GOSEBRUCH 19 p. 128-129. 153) VERZAR BORNSTEIN 1985, p. 841-342 e nota 32; QUINTAVALLE 1985a, p. 208 ss. 154) VALENZANO 1993, p. 157-158. 155) BARTOLI 1987, p. 139. 156) VERGNOLLE 1994, p. 236-254 338, Fra i primi episodi con lunetta 108 questa tipologia!®’, potrebbe essere uno dei punti di riferimen- to per comprendere il caso argentano; ma qualora si accettasse questa ipotesi sarebbe necessario porre altrettanto in rilievo che i territori padani rimasero refrattari ad una tale novita fino al 1135", I] disagio ad accettare per Argenta un ruolo di elabo- razione per questo tipo di portale é dovuto principalmente al fatto che, nel suo insieme, Giovanni da Modigliana fu portato- re di un linguaggio artistico decisamente non innovatore. Larcata interna (D1-D6)'. L’arcata che avwvolge la lunetta é formata da sei conci giustap- posti che ospitano una decorazione a basso rilievo. Nella larga fascia piatta superiore é accolto, fra due sottili listel- li piatti, un fregio abitato, formato da un tralcio ad un capo monosolcato, arricchito da numerose foglie, figure antropo- morfe nude e piccoli uccelli che beccano grappoli di frutta’®. Nella parte verso l’interno, l’arcata termina con un elegante toro decorato a cani correnti', La disposizione odierna dei conci non corrisponde perd a quella originaria. Valutando con istoriata ci sono il timpano di SaintFortunat a Charlieu (verso il 1100), il portale occidentale di Cluny III (1115-1120) e la Porte Miégeville di SaintSernin a Tolosa (1115 circa), mentre per la Porta dei Conti della stessa chiesa (verso il 1080) non fu impiegata questa soluzione. 157) CHRISTE 1998, p. 683. 158) QUINTAVALLE 1969, p. 37, 90, 92; GOSEBRUCH 1985, p. 126. 159) Le misure dei sei conci che compongono l’arcata interna sono: largheza — altexa D1 64.0cm. 23.0 / 24.0 em. D2 57.0cm. 23.0 / 24.0 cm. D3 545m. 23.0 / 24.0 cm. D4 34.0cm. 23.0 / 24.0 em. D5 58.0cm. — 23.0 / 24.0 cm. D6 _50.0cm. 23.0 / 24.0 em. 160) GUIDONI 1990, p. 215. 161) La struttura di questi due elementi é coerente con quella degli stipiti € dell'architrave sottostante: la larghezza della fascia corrisponde perfettamente ai settori che pitt in basso ospitano le personificazioni dei mesi e le figure del Sole/Giorno € della Luna/Notte; il toro angolare @ coerente con quello dello sti- pite e s'imposta al di sopra della colonnina con capitello corinzio dell’architrave. 109 attenzione le parti terminali ed iniziali di ogni singolo clemen- to é evidente che il tralcio fu concepito per garantire una con- tinuita lungo tutta l’arcata, mentre l’ordinamento attuale solo apparentemente rispetta quest’intento. La coerenza progettua- le é ricostituita solamente se l’assetto dei conci viene corretto come segue: D1 - D2 - D3 - D5 - D4 - D6. Vale a dire che, a seguito di un presunto rimontaggio del portale, furono scambiati di posto il quarto concio con il quin- to, anche perché, pure in questo modo, la continuita del dise- gno sembrava essere garantita. Cid che emerge dall’analisi della organizzazione delle figure é che il tralcio abitato segue una disposizione ordinata' degli elementi per tutto lo svilup- po dell’arcata', alternando una voluta con volatile o con foglia! ad una con figura antropomorfa!™. Tuttavia, mentre i volatili sono ripetuti quasi identici senza grandi caratterizzazio- ni, i dati descrittivi delle figure umane evidenziano un intento quasi giocoso dello scultore. Partendo dalla parte sinistra del- Yarcata (D1), la prima figura, che faticosamente si arrampica aggrappandosi ad un germoglio, mostra le terga nude™, ha il ventre particolarmente prominente e con la mano destra affer- ra un arbusto che ha I'aspetto di una corona d’alloro!®; poco oltre la seconda, ugualmente nuda, é comodamente distesa, si 162) Di diferente aviso é GANDOLFO 1987, p. 331. 163) Tutti i soggetti, come suggerisce GUIDONI 1992, p. 215, sono sempre rivolti verso il vertice dell’arcata. 164) Considerando alla stessa stregua la figura di volatile e quella di elemen- to vegetale (che compare solamente nella prima voluta a destra ¢ in quella al colmo dell’arcata), ordine alternato é perfettamente rispettato, 165) L’unico episodio in cui una figura occupa due volute consecutive @ nel secondo concio (D2). In tutti gli altri casi ogni elemento, sia vegetale, sia anima- le 0 floreale, & confinato all'interno di una singola spira. 166) La presenza di personaggi nudi nel tralcio argentano pud essere para- gonata a quella del portale maggiore del duomo di Modena, opera alla quale il portale di Argenta sembra essere debitore per molte scelte formali. Per Modena vd. CASTELNUOVO 1984, p. 452 ss., part. p. 462. Un repertorio completo delle immagini si trova anche in POESCHE 1998, fig. 18. 167) La posa di questo personaggio ricorda da vicino quella di uno degli abi- tatori del tralcio del portale maggiore del duomo di Modena. In entrambi i casi, 110 regge con la mano destra ad un ramo con tre foglie lanceolate e sembra abbozzare un sorriso ironico!®. Il concio successivo (D2) ospita un uomo, che indossa una grande brachetta, comodamente appoggiato all’intreccio di alcuni rami; la sua testa @ posata ad una grande foglia palmata, che sembra fargli da corona raggiata. Il personaggio seguente (D3) é ritratto di schiena con il capo girato all’indietro ed esibisce anch’egli nude € rotonde natiche. La scena pit interessante @ perd rap- presentata nel concio appena oltre il vertice dell’arcata (D4), nel quale ’'uomo nudo, seduto'™ in bilico all’interno del gira- le, mostra licenziosamente i propri organi sessuali (fig. 8)!"°. Il quinto concio (D5) ospita in alto una figura che brandi- sce un coltello con la destra e con la sinistra afferra un grande arbusto a forma di spiga con l’intenzione di tagliarlo, poco pitt sotto un piccolo personaggio nudo, ma che indossa un coprica- po arrotondato, la osserva nascosto dietro ad un germoglio. Infine, nel primo concio di destra (D6), un soggetto nudo si arrampica faticosamente!”, le figure si arrampicano faticosamente ad un germoglio secondario che s'incurva a causa del peso del corpo. CASTELNUOVO 1984, p. 461 (prima figura in basso asinistra) 168) Pure in questo caso é possibile svelare uma vaga somiglianza con un personaggio femminile nudo presente nel portale maggiore di Modena, disteso all'interno dello spazio della voluta, ma con il ventre rivolto verso il basso. Il cat stato di conservazione della scena argentana non permette perd di valutare a fondo le simmetrie fra i due episodi, CASTELNUOVO 1984, p. 460 (prima figura in basso a destra) 169) La posa di questo personaggio sembra proporre quella del mangiatore d'uva nell’'archivolto del portale maggiore del duomo di Modena: in entrambi i casi i soggetti sono appoggiati con la schiena al tralcio, le ginocchia leggermente piegate ¢ sono aggrappati con una mano ad una foglia. CASTELNUOVO 1984, p. 463 (figura centrale della pagina). 170) Sulle esibizioni di organi ed atti sessuali vd. PACE (cds); desidero rin- graziare I'a. per avermi concesso gentilmente la lettura di questo saggio. Nella penisola italiana, come ha ben dimostrato l’a., tali immagini scolpite non ebbero particolare diffusione, ma sono documentate da alcuni episodi sicuramente significativi. 171) Anche in questo caso l'archivolto del portale maggiore di Modena ha una figura di vecchio che faticosamente si arrampica facendo leva sulla gamba di Larcata esterna (E1-E7)'. La stessa sorte toccé anche all’arcata pitt esterna. II principale indicatore di questo cambiamento di posizione é, pure in que- sto caso, la mancanza di continuita delle decorazioni presenti nei due listelli piatti che sembra ricomporsi come segue: E3 - E4-E2-E5-E6- (?) - E7. Il concio che originariamente formava l’inizio dell’arcata a sinistra é sicuramente E3!"%, in quanto da questo lato sono evi- denti i listelli che nelle testate determinano il punto iniziale della decorazione'‘, allo stesso modo che nel concio E7, che determina l’inizio dell’arcata dalla parte destra. La prosecuzio- ne dei motivi per tutti gli altri conci é facilmente individuabile seguendo le indicazioni dello schema sopra riportato, tranne che fra E7 ed E6. Tale interruzione potrebbe essere dovuta alla perdita di una porzione dell’arcata, come sembrerebbe denun- ciare il primo concio di sinistra, E1. Questo elemento, infatti, é notevolmente differente dagli altri per quanto riguarda le decorazioni delle due fascette: lo scultore che si trovd ad eseguirlo tentd di riprodurre gli orna- menti gia presenti nel portale, riuscendo pero a proporre sola- mente un motivo similare per la fascia superiore e una cattiva imitazione per quella inferiore. (fig. 9) La decorazione della fascia superiore dei conci é formata destra ¢ aggrappandosi con la mano al tralcio che gli sta davanti, CASTELNUO- VO 1984, p. 463 (terza figura a destra della serie centrale) 172) Le misure dei conci che compongono T’arcata esterna sono: larghexa Altezza El 42.5 cm, 0 cm. E2 98.0 cm. Ocm. E3_58.0cm. 0 em, E4 41.5 cm. 32.0 /33.0cm. E5 88.0 cm. 32.0 / 33.0.cm. E6 64.0 cm. 32.0 / 33.0.cm. E7_ 77.0 cm, 32.0 / 33.0cm. 178) E3 ed E4 originariamente facevano parte del medesimo blocco che gia in antico, come ben dimostrano i bordi consunti, si ruppe in due parti. 174)Tali listelli iniziali sono presenti sia nel motivo superiore, sia in quello inferiore, veh Fig. 9 - Arcata esterna: conci E1-E2 da una foglia palmato-lobata a cinque apici, dalle cui radici si dipartono due germogli per parte che l’abbracciano e termina- no in alto con un piccolo ricciolo ricurvo; fra un germoglio e Valtro vi € un grande fuso che fonde le composizioni adiacenti in una successione continua (motivo E.a). La fascetta inferiore ha invece un motivo a tralcio che si apre in volute a forma di mandorla, che contengono foglie palmato-lobate a cinque apici molto allungate; nello spazio esterno fra questi grandi baccelli trova posto una foglia lanceolata a tre riseghe con un germoglietto alla base (motivo E.b). (fig. 10) Un dato importante riguarda la tecnica con cui furono ese- guiti questi due decori!”, un tipo di lavorazione ad ‘incrosta- 175) Solamente CORBARA 1949, p. 42, 44, nota che questi due fregi furono 113 zione di mastice”*, che inevitabilmente riporta all’area adriati ca. Il motivo decorativo di entrambe le fasce € eseguito a rispar- mio, vale a dire scavando il campo di fondo con un cesello di piccole dimensioni: € ancora ben visibile, infatti, la differenza fra la superficie ben levigata del piano superiore e il fondo XL 10 - Motivi decorativi dell’arcata esterna ribassato, finemente punzecchiato per permettere una maggio- re tenuta del mastice'”. Le cattive condizioni del portale non permettono di verificare il tipo e il colore del mastice che fu utilizzato, in quanto non se ne conserva nemmeno una piccola lavorati con la tecnica del ‘niello bizantino’, indicazione che non fu pitt seguita dalla critica successiva. 176) Questa tecnica é pitt comunemente conosciuta come ‘niello’ 0 ‘cham: plevé’ (BEGULE 1905) ma, viste le implicazioni alle quali inevitabilmente indu- cono questi termini, si é preferito non utilizzarli, per non creare parallelismi cor procedure artistiche appartenenti all’ambito dell’oreficeria. Su quest’argomento vd. CODEN 2003, p. 13 ss. 177) La superficie degli ornamenti ben levigata, gli spigoli netti delle figure, il campo di fondo irregolarmente lavorato ¢ i listelli perimetrali di contenimento dell’area destinata al mastice, non lasciano dubbi sull’impiego di questa tecnica nelle due fasce dell’arcata esterna del portale. 114 traccia; non é escluso che potesse essere di colore nero, giac- ché si tratta della versione pid diffusa in area adriatica ed impiegata comunemente per decorazioni di parti architettoni- che destinate all’esterno. Il primo dei due motivi (E.a), che ebbe nel Medioevo parti- colare fortuna’, fu utilizzato in modo diffuso all’interno della basilica marciana’”, nei capitelli ad incrostazione di mastice degli interni!® riconducibili alla fase della riedificazione conta- riniana, e all’esterno nelle due linee d’imposta della facciata'®! durante i lavori di riassetto intervenuti a seguito della Quarta Crociata'. Anche il secondo motivo (E.b) ebbe una discreta diffusione e pure in questo caso gli esempi adriatici'** di ascen- denza bizantina™ sembrano svelare un altro tassello delle influenze culturali dell’esecutore dei conci argentani™®. 178) Si veda ad esempio in pittura 'utilizzo che ebbe in numerose opere comprese fra il XIII e XIV secolo: PASUT 2003, foliated motifs fig. I, XIV-XIX. Nelle cupole del battistero di Parma inoltre ebbe una variante quasi identica a quella di Argenta, nella quale le parti terminali delle radici si ritorcono all’indie- tro con un piccolo ricciolo, i due apici inferiori della foglia ricadono all ingit rigirandosi su se stessi: MAXWELL 1999, p. 5 ss., part. fig. 14, Ma questa stessa variante fu utilizzata anche nella Porta dello Zodiaco della Sacra di San Michele, NICHOLAUS 1985, p. 91, fig. 11 179) In area bizantina questo motivo @ documentato in numerose sculture, vd. GRABAR 1976, p. 50 ss., fig. 44, 180) DEICHMANN 1981, p. 36, 39, tav. 4 fig. 27, tav. 6 fig, 48. Ma soprattutto vd. gli impieghi nella variante a bassorilievo d’ambito marciano in BUCHWALD 1962-1963, p. 185-188, fig. 16, 18, ¢ i rispettivi confronti con le sculture bizantine, BUCHWALD 1964, p. 147-149, fig. 30-33, 40-45, 181) DEICHMANN 1981, tav. 18 ss. 182) ZULIANI 1995, p. 74-75. 183) A Caorle si trova impiegato in un frammento di cornice proveniente da Santo Stefano e oggi conservata presso il Museo della Cattedrale, GABERSCECK 1988, p. 127, fig. 25. Ma non si dimentichi lutilizzo in luoghi assai pitt distanti, anche se con formulazioni un po’ differenti, come nella colonna con i mesi di Souvigny, CAUMONT 1855, p. $76; MANE 1983, passim, fig. 88. 184) Nei territori greco-bizantini del centro (Beozia, Focide ed Eubea) que- sto motivo trovd un impiego assai significativo, divenendo quasi una caratteristica regionale, Va. a tale rignardo VANDERHEYDE 1999, p. 165 ss.; GRABAR 1976, p. 71-72, fig. 69. 185) Va ulteriormente ribadito che la grande diffusione di questi motivi ornamentali in Oriente ed Occidente non pud essere presa come unico indi 115 Gli stipiti esterni (F1; F2-F3)"*. Gli elementi che compongono la parte piti esterna degli stipiti hanno, come si é detto in precedenza, la stessa struttura del- larcata ed é importante sottolineare come l’aspetto lievemente strombato"” del portale sia dovuto essenzialmente al leggero digradare del listello piti interno rispetto al piano della fascia aderente al muro della facciata. L’elemento di sinistra € mono- litico (F1), mentre quello di destra é composto da due parti indipendenti (F2-F3). E evidente che nell’esecuzione delle decorazioni lo scultore incorse in un’inversione della sistema- zione degli ornamenti della fascetta pit interna. Nello stipite sinistro il motivo a foglie é destinato alla parte inferiore e si svi- luppa per circa 67 cm.; in quello destro lo stesso decoro si trova nella parte superiore e prosegue per 66 cm. In quest’ultimo caso, inoltre, non vi sono dubbi che la disposizione degli elementi (F2-F3) sia quella stabilita fin dal- Vorigine, come conferma la continuazione del motivo della fascetta pit esterna™™*. Un’altra interessante considerazione riguarda l’altezza dei conci che compongono i due stipiti, che sembra conservare le per spiegare l'infiltrazione di cultura adriatica in terra argentana, Tuttavia a rafforzare questa ipotesi ¢’@ il fatto che le due cornici in questione furono ese- guite con la teenica ad incrostazione di mastice, metodologia che comparve nella basilica marciana nel 1068 ¢ che immediatamente si diffuse lungo la costa dell’Adriatico. CODEN 2003, passim, 186) Le misure degli stipiti pitt esterni sono largheza altexza spessore FI 33.5an. 220.5 em. 12.0 / 15.0 em. F2 33.0cm. 66.0 cm. 12.0 em, F3_ 33.0 cm. 152.3 cm, 12.0 em. 187) STOCCHI 1984, p. 470. 188) Il passaggio fra i due motivi nello stipite sinistro avviene improwisa- mente con una brusca cesura; in quello destro, invece, la mutazione di decora- zione corrisponde alla grandezza dei due conci. Tale situazione potrebbe far pensare per F2- F3 ad un possibile rimontaggio in modo inverso, ma, analizzan- do il motivo della fascetta pitt esterna, @ subito evidente che il disegno della radi- ce della foglia inferiore continua nei due conci in modo naturale, innestandosi in quella del concio superiore. 116 misure originarie: le decorazioni di entrambi terminano in alto ed in basso senza brusche cesure, talvolta appena arretrate rispetto allo spigolo'®, che non sembrano ammettere I’ipotesi di una riduzione awenuta posteriormente all’esecuzione™. A conseguenza di tutto cié emerge una pratica di esecuzio- ne degli stipiti che merita di essere accennata, anche se som- mariamente. Entrambi gli elementi appaiono composti dagli stessi motivi decorativi, ma disposti in modo inverso!®!: cid che in F1 si trova in alto, in F2-F3 é posto nella parte inferiore. Immaginando che lo scultore abbia scolpito questi conci par- tendo in entrambi i casi da destra e proseguendo verso sinistra, ma rivolto sempre dalla stessa parte (vale a dire con la fascetta esterna, ad esempio, pit vicina all’esecutore), allora i due ele- menti apparirebbero identici nella composizione!. Tale situazione sarebbe facilmente spiegabile se dopo aver eseguito uno dei due elementi lo scultore lo avesse utilizzato come modello per scolpire il secondo, senza considerare che, anziché essere equivalenti, i due stipiti sarebbero dovuti essere 189) Nella parte alta di Fl Ja fascetta pid esterna termina con una foglia su cui s’innesta una radice recisa qualche centimetro arretrata rispetto allo spigolo del concio; nella parte inferiore del concio fa una sorta di ricciolo ad S partico- larmente compresso. La fascetta pitt interna termina in alto con mezzo modulo del motivo a losanga e in basso con un risvolto a doppio uncino dei tralci senza Ja presenza della consueta foglia. In F2-F3 la fascetta esterna termina in alto con mezza foglia a ridosso dello spigolo e in basso con una foglia completa su cui s‘innesta una radice recisa, allo stesso modo che nella parte superiore dell’altro stipite. La fascetta interna, in alto, si conclude con un motive a mandorla intero affiancato da due foglioline compresse ¢, in basso, con i moduli laterali completi della mezza losanga. 190) Tale situazione non ammette dubbi ad esempio per la parte alta di Fl per la parte bassa di Fl ed F3. Qualche perplessita potrebbe essere sollevata per la parte superiore di F2, dato che entrambi i motivi terminano a ridosso dello spigolo. Tuttavia il medesimo sviluppo in altezza di ambedue gli stipiti dovrebbe essere un indizio sufficiente per ammettere una piit che probabile conservazione dell’ originaria grandezza, 191) GANDOLFO 1987, p. 331 192) In tal caso, infatti, le due foglie della fascetta esterna, che iniziano con la radice recisa si trovano dallo stesso lato, come anche i motivi a losanga che ini- Ziano sempre con un modulo intero. ae speculari (per riproporre le decorazioni nella medesima posi- zione)’, Forse, nella progettazione originaria fu previsto che nella parte superiore la decorazione della fascetta interna mutasse di aspetto, ma, l’errore di progettazione in cui cadde il lapicida, non permise la realizzazione di tale intento!*. Laltra questione, alla quale si accennera pitt dettagliata- mente in seguito, é la mancanza di modanature nella parte inferiore dei due stipiti, soluzione abbastanza inspiegabile se si considera la precisione con la quale, al contrario, fu progettato lo zoccolo degli stipiti interni (A1-A2). Venendo ora all’analisi tipologica del fregio si prenderan- no in considerazione i singoli motivi, per tentare di compren- dere gli influssi culturali di cui fu portatore questo scultore. La fascia pid esterna di entrambi gli stipiti contiene una decorazione a foglie palmate nervate dal profilo finemente seghettato, alternate diritte e rovesce ed unite a quella seguen- te attraverso una radice a forma di S (motivo Fa). Lo stipite di sinistra ha foglie molto compresse, quello di destra le ha piti dilatate e di dimensioni leggermente maggiori. Tale diversita di modulo, che sottintende ad una esecuzione non particolar- mente attenta, determin6 la differente quantita dei singoli ele- menti € la mancanza di regolarita della loro disposizione. Tl listello interno invece ha la superficie divisa fra due moti- vi ben distinti. Una parte é destinata ad una serie di losanghe composte da fettucce piatte, contenenti quadrifogli e negli spazi di risulta trifogli (motivo F.b); l’altra parte ha un motivo a foglie contenute entro figure a fuseruola e negli spazi di risulta foglie lanceolate (motivo F.c), decorazione del tutto simile a 193) L’esecutore si limit solamente a mutare Vorientamento delle foglie centro fuseruola della fascetta piti interna, 194) Che fosse previsto nella parte superiore il motivo a fuseruole e in quel la inferiore quello a losanghe sembrerebbe suggcrito dalla presenza, anche nella corrispondente fascetta dell’arcata, di questo stesso tipo di decorazione. Lo stipi- te destro sembrerebbe in tal caso maggiormente rispondente alla progettazione originaria in quanto le foglie con l'apice indirizzato verso il basso sarebbero l'i- deale prosecuzione di quelle dell’arcata, rivolte dalla medesima parte. 118 quella dell’arcata pit esterna, ma, in questo caso, con una resa marcatamente tridimensionale dovuta alle nervature degli cle- menti vegetali. Questi tre tipi di decorazioni, non inconsueti nelle decora- zioni medievali, trovano nell’ambito alto adriatico una fortuna e una diffusione abbastanza significativa. In particolare i] moti- vo a losanghe (Fb), lavorato nella tecnica ad incrostazione di mastice, ebbe nella San Marco contariniana un impiego tal- mente esteso da divenire quasi un motivo firma di questo can- tiere, nonché delle maestranze che vi lavorarono!®°. Nel caso argentano, tuttavia, il tema subi un’ulteriore riela- borazione'”’ che porté ad una interpretazione a bassorilievo con la mutazione della croce gigliata in rosellina'’*. Anche il motivo a foglie entro mandorle (F.c), come si é visto pitt sopra, riconduce all’area adriatica, cosi come ultima tipologia di ornamento degli stipiti (Fa) che, pur conferman- do una derivazione classica, trova un largo impiego, ad esem- pio, nei capitelli ionici della prima campata di San Marco! Senza voler insistere forzatamente sulla derivazione diretta di questi elementi dall’area veneziana, é pur sempre evidente che non é possibile spiegarne la presenza a San Giorgio senza ipo- tizzare un’irradiazione della cultura bizantina attraverso la citta 195) Per la definizione delle fasi costruttive di San Marco vd. fra tutti ZULIA- NI 1995, p. 71-98. 196) Fra i numerosi studi su. quest’argomento vd. soprattutto BUCHWALD 1962-1963, p. 172 ss.; ZULIANI 1971, p. 42 197) PORTA 2001, p. 533, nota giustamente come il motivo argentano non potesse ospitare ‘niello’, a differenza del caso della cattedra di Trento € in quello del cantiere marciano. A San Giorgio, l'improwiso cambio di decorazione nello stesso concio, induce a ritenere che tutto il pezzo fosse in origine eseguito con la tecnica a bassorilievo. 198) Ad Argenta vi sono due tipi di roselline: nella maggior parte dei casi al centro dei quattro petali arrotondati si trova un grande calice circolare; talora perd questo elemento manca, semplificando notevolmente la tipologia floreale trasformando Ia rosellina in quadrifoglio. La disposizione di questi elementi pare non avere una logica ricorrente, in quanto le due varianti si trovano certe volte alternate, pit spesso semplicemente disposte senza un ordine preciso. 199) DEICHMANN 1981, p. 35, 39, tav. 4 fig. 26, tav. 6 fig. 42-44. 19 di Venezia, anche nei territori notevolmente distanti dalla laguna veneta””, Le imposte laterali (G1, G2?”. Alle estremita dell’architrave, fra l’arcata e gli stipiti pitt ester- ni, vi sono due imposte che solo in parte ripropongono i profili sagomati degli elementi architettonici che vi si raccordano, determinando in tal modo una sorta di cesura nella struttura del portale. Liimposta del lato sinistro (G1) tenta di imitare la stromba- tura del portale nella parte inferiore®’, ma in alto ogni sforzo in tal senso € abbandonato, per lasciare posto ad una soluzione che semplifica notevolmente l’'andamento digradante delle modanature (fig. 11). L’autonomia di questo elemento é ulte- riormente rafforzata da una sorta di sottile cornicetta a forma di cordoncino annodato, posta negli spigoli superiore ¢ infe- riore del concio™. La facia dell’imposta é occupata da tre per- sonaggi”®, delineati in modo assai approssimativo sospesi in 200) Questi motivi si trovano ad esempio impiegati abbastanza di consueto nella miniatura bizantina. Vd. ad es. FRANTZ 1934, passim, tav, I, XIV, XVEXVIL. 201) Fra tutti va citata la presenza, per quanto riguarda il motivo Fe, di moti- vi cosiddetti marciani nella decorazione della recinzione presbiteriale di San Ciriaco ad Ancona (seconda meta del XII secolo). SCHNEIDER 1981, p. 150,158, part. 162. 202) Le misure delle due imposte laterali sono: larghexa altexza spessore G1 35.5 45.5 10.5 G2 33.0 49.0 15.5 203) La suddivisione in settori verticali della superficie @ particolarmente cvidente nella parte sottostante ai piedi delle tre figure. Il rimontaggio di questo concio in posizione sensibilmente pitt avanzata rispetto al piano dello stipite della soprastante arcata incide non\ poco sulla sensazione di un’errata esecuzio- ne. 204) Questo semplice decoro & particolarmente evidente in alto perché, essendo ricavato fra due listelli piatti di andamento rettilineo, fu eseguito pit in profondita. In basso, al contrario, fu scolpito scavando poco la superficie della struttura modanata ¢ l'usura del tempo ha contribuito ad un parziale occulta- mento del motivo. 205) GUIDONI 1990, p. 215; GUIDONIT 1992, p. 219. 120 una superficie priva di definizione spaziale: al centro c’é un vescovo, vestito con una casula dalle ampie maniche, il pallio sacro e in testa una cuffia dal bordo ricamato; ai lati due figure femminili vestite con ampi abiti a maniche ricadenti, dai lun- ghi capelli con scriminatura centrale riportati dietro ad una spalla. II prelato, con le braccia distese lungo il corpo, afferra i Fig. 11 - Imposta sinistra (G1) polsi delle due donne, che hanno ’altra mano sollevata davanti al corpo, con il palmo rivolto verso l’esterno™”. Questo brano”” rimane tutt’oggi oscuro”: potrebbe essere un‘allegoria o una scena sacra, ma gli attributi che contraddi- stinguono i personaggi non aiutano a far luce sulla questione. Non vi sono appigli nemmeno per stabilire un legame con le vicende agiografiche di san Giorgio né, infine, con quelle stori- che della pieve. L'imposta di destra (G2) ha una definizione della super: cie un po’ pia rispettosa delle modanature che raccorda: in alto ¢ in basso, infatti, c’@ un’ampia fascia neutra, che si collega a quella riservata alle epigrafi nell’architrave (fig. 12)”. Le figure di telamoni” sono sistemate nei settori occupati dai due tori, sconfinando solo parzialmente nello spazio dei listelli piatti e, come nel corrispondente elemento dell’altro lato, sembrano disposte sulla superficie senza alcun tentativo di coerenza spaziale. I telamone di destra é vestito con una tuni- chetta dalle lunghe maniche, malamente rimborsata in vita, indossa alte calze strette sotto il ginocchio e calzari alla caviglia, ha le braccia alzate sopra la testa € le mani aperte; l’altro, vesti- to allo stesso modo, ma privo di calze e a piedi nudi, ha la testa inclinata a sinistra, le braccia penzolanti™"! e regge il peso sulla spalla destra. 206) Secondo GUIDONT 1992, p. 219, le due figure femminili terrebbero nella mano un oggetto, forse un’ampolla; tale interpretazione € dovuta essenzial- mente al cattivo stato di conservazione della superficie, che inganna ad und visio- ne a distanza. 207) Secondo CORBARA 1949, p. 42 e MORETTI 1973, p. 18, sarebbero gli elett. 208) Dato che in mano non vi sono oggetti, inevitabilmente cade anche l'i- potesi che si tratti di una scena legata all’attesa della ricomposizione della salma del santo a seguito del martirio, GUIDONT 1992, p. 219. 209) In realta il profilo di questo elemento é assai impreciso, a tal punto che i settori corrispondenti ai due tori sono semplicemente fasce piatte dallo spigolo arrotondato. 210) GUIDONT 1990, p. 215; GUIDONT 1992, p. 219. Per CORBARA 1949, p. 42. e MORETTI 1973, p. 18, sarebbero invece i malvagi. 211) A causa di questa postura é stato interpretato come un impiccato da XCHI 1984, p. 470. Le fasi costruttive Da quanto si é detto sopra, appare evidente che nel portale della pieve di San Giorgio lavorarono differenti maestranze: alcuni interventi avvennero contemporancamente 0 poco dopo l’esecuzione delle parti principali del portale, altri con ogni probabilita a distanza di qualche tempo. In primo luogo é necessario porre in evidenza che il nucleo principale del portale, vale a dire gli stipiti con i mesi Fig. 12-Imposta destra (G2) 123, (A1-A2), Varchitrave (B1), la lunetta (C1-C2) e Parcata con tralcio abitato (D1-D2-D3-D4-D5-D6) appartengono ad uno stesso autore, identificabile sicuramente con Giovanni da Modigliana: il dato stilistico su tutte queste parti non ammette al riguardo altre ipotesi. Se si confrontano ad esempio le pose dei due torturatori sulla lunetta e quelle delle personificazioni dei mesi non sara difficile vedervi una medesima concezione compositiva: l’atteggiamento del torturatore di destra ritorna nell’allegoria di ottobre; quello della figura di sinistra nei per- sonaggi dei mesi di dicembre, luglio e marzo. Gambe ampia- mente divaricate, glutei arrotondati e molto pronunciati, posture adagiate sul bacino, sembrano essere le caratteristiche che contraddistinguono il linguaggio di Giovanni da Modi- gliana®"®. Guance rigonfie, labbra ricavate scavando la superfi- cie intorno a queste, menti arrotondati ed ampi, si presentano olure che nei personaggi sopra citati anche nelle personificazio- ni del Sole/Giorno e Luna/Notte, nonché nei piccoli abitatori del tralcio. In questi ultimi due gruppi di opere, in particolare, i tratti somatici sono talmente stereotipati che ripetono le medesime caratteristiche senza alcuna variazione. Per contro, non manca nell’opera di quest’autore una sin- golare attenzione ai particolari, che si manifesta nella definizio- ne attenta delle unghie dei due grifoni, di quelle della manus Dei nella scena del martirio, degli elementi vegetali dei capitelli dell’architrave e del tralcio abitato. Tutti i personaggi inoltre sono disposti all’interno di una struttura spaziale verosimile, una nicchia, come nel caso dei mesi, 0 un ambiente di tralci vegetali, come nell’arcata. A questa disinvoltura si contrappone pero la rigidita di un vocabolario che fa apparire l'insieme un po’ forzato, tanto da far sorgere il sospetto che l’autore si sia servito di un modello grafico preesistente. Per comprendere 212) Liinnegabile differente qualita riscontrabile fra i mesi e i personaggi della lunetta potrebbe essere dovuta principalmente alla diversita di materiale impiegato. Il marmo, infatti, si presta ad una maggiore definizione dei particola- ri, mentre la pietra calcarea non permette un’esecuzione altrettanto particola- reggiata, 124 questo linguaggio @ necessario guardare all’ambito padano® ed in particolare a quanto fu elaborato nel cantiere della cattedrale di Modena all’inizio del XII secolo”!*: sembra proprio che l’autore del portale argentano abbia fatto riferimento alle novita introdotte dal linguaggio di Wiligelmo e dalla sua bottega. Ad un differente ambiente culturale appartengono invece gli elementi degli stipiti (F1-F2-F3) e le arcate (E2-E3-E4-E5-E6- E7, esclusa la prima di sinistra, El), che compongono la parte pid esterna del portale. Come si é visto sopra, l’'ambito a cui é necessario guardare, sia per quanto riguarda la tecnica d’esecu- zione, sia per il repertorio dei motivi ornamentali, @ quello lagunare. Queste considerazioni farebbero pensare, quindi, ad uno scultore a fianco di Giovanni da Modigliana, forse di pro- venienza alto-adriatica, che fu portatore di un linguaggio di ascendenza vagamente bizantina. Che si tratti di una persona- lita distinta da quella del maestro sembrerebbe confermato dalla minore qualita dei motivi decorativi, dall’evidente incapa- cita di eseguire gli stipiti in modo speculare, nonché dalla tec- nica d’esecuzione caratterizzata da un lavoro molto pid in superficie. Quest’autore, in ogni caso, svilupp6 con precisione quanto era gia sottinteso nella strutturazione delle modanature della parte interna del portale, alternando in modo coerente fascet- te € tori: tale organicita sembrerebbe percid confermare una progettazione omogenea di queste due parti dell’opera. ‘A questo punto é necessario rivolgere l’attenzione alla mancanza dello zoccolo sotto agli stipiti esterni, rimarcando che tale soluzione sarebbe ben poco plausibile con le innegabi- li attenzioni per le definizioni architettoniche scolpite di Giovanni da Modigliana nel portale. Vi é, tuttavia, la possibilita di una perdita di alcune parti avenuta in occasione di uno dei rimontaggi dell’opera. Ma, dato che l’altezza dei due stipiti 213) GUIDONI 1992, p. 214; RIZZARDI 19} GONZALEZ 1997, p. 829; DIETL 1998, p. 213. 214) CORBARA 1949, p. 42, ha supposto che Giovanni da Modigliana fosse stato compagno di Wiligelmo, Nicholaus ¢ Guglielmo. p. 474; CASTINEIRAS 125 esterni (F1-F2/F3) equivale a quella dello stipite maggiore interno (Al), é difficile pensare all'esistenza di tali supposte basi fin dall’origine, a meno che non si ammetta una soluzione differente a quella attuale?!. Ad un periodo forse di poco posteriore e sicuramente attri- buibili ad altra mano sono le due imposte (G1-G2) e il primo concio sulla sinistra (E1). E’ evidente gia ad una sommaria ana- lisi che tutti questi elementi furono scolpiti da una personalita differente da Giovanni da Modigliana, in quanto le caratteristi- che stilistiche e tecniche si distaccano a tal punto da fugare ogni dubbio in merito. Solo per citare alcuni aspetti é evidente che nelle due imposte i personaggi sono contraddistinti dal- Vimmobilita nei gesti, da un’evidente incapacita a disporre i corpi in uno spazio definito, dall’imbarazzo a rendere i piedi in visione frontale, dalla rigidita del panneggio degli abiti ed infi- ne dallo sproporzionato rapporto fra le teste e i corpi. L’inca- pacita di proporre in modo corretto la strutturazione degli ele- menti verticali su cui disporre i personaggi sembrerebbe con- fermare che questo scalpellino non possa neppure essere con- fuso con l’aiuto di Giovanni. Mai quest’ultimo, infatti, avrebbe potuto interpretare in modo cosi grossolano la definizione dei tori e delle fascette, tanto meno concepire decorazioni cosi semplici e rozze come la treccia annodata, dal momento che nell’arcata superiore utilizz6 motivi lavorati ad incrostazione di mastice in continuita su pit conci. L’autore delle due imposte fu probabilmente di provenienza locale, uno scalpellino di scarse capacita che si trovd a completare un’ opera gia iniziata e forse solo parzialmente montata. Le fogge dei tre personaggi sulla sinistra e il modo di concepire le piccole pieghe a doppio triangolo del bordo dei gonnellini di quelli sulla destra sembre- rebbero suggerire un intervento ancora addentro al secolo XII. Un’ultima questione riguarda il concio El, sicuramente 215) In tal caso, sarebbe necessario immaginare un grande zoccolo posto al di sotto di entrambi gli stipiti, oppure una soglia che terminasse al di sotto degli stipiti interni e affiancata da due basi di pari altezza in corrispondenza di quelli esterni, Entrambe queste possibilita appaiono alquanto improbabili. 126 scolpito in sostituzione di uno analogo, che originariamente si trovava nella parte destra dell’arcata, ricopiandone malamente i motivi decorativi (motivo E.c; motivo E.d). Tale rimpiazzo potrebbe essere avvenuto a causa di danni subiti dal portale in uno dei rimontaggi successivi all’esecuzione, ma individuare Tesatto momento di tale intervento @ assai arduo. Forse cid awenne durante i consistenti lavori alle murature condotti a partire dall’inizio del XVI secolo*"® 0 nel 1773 quando é docu- mentato un rimontaggio”” o forse anche ben pit anteriormen- te se la vaga somiglianza del motivo decorativo pit esterno con un’opera trevigiana della meta del XII secolo dovesse essere giudicata pertinente*"®. Alcune cornici oggi conservate al Museo Civico di Treviso, pitt precisamente nella sezione lapida- ria di “Casa da Noal”, e provenienti dal distrutto duomo di San Pietro*"’, sembrano avere caratteristiche tali da indurre il sospetto di una contemporaneita: tale simmetria si deve soprat- tutto al modo di scolpire il contorno della foglia isolata, alla tipologia dei due piccoli germoglietti posti nella parte inferio- re, rivoltati verso I’alto, ed infine alla tecnica di lavorazione, in entrambi i casi ad incrostazione di mastice. 216) In questo momento @, infatti, supposta la trasformazione dell’ edificio da tre navate ad aula unica, determinando in tal modo consistenti lavori alle murature. 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