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XII / n.s. 2
Luca Ronconi
Firenze Cinque-Seicento
Queens Masques
Gli attori del Siglo de Oro
Archivio Multimediale
degli Attori Italiani
Ricerche in corso
Canterine e attrici italiane
del Sei-Settecento
Eleonora Duse
Poste Italiane spa - Tassa pagata - Piego di libro
Aut. n. 072/DCB/FI1/VF del 31.03.2005
Direzione
Siro Ferrone, Stefano Mazzoni.
Comitato direttivo
Maria Chiara Barbieri, Alberto Bentoglio, Carla Bino, Francesco Cotticelli, Paola
Daniela Giovanelli, Renzo Guardenti, Gerardo Guccini, Claudio Longhi, Teresa
Megale, Caterina Pagnini, Laura Peja, Marzia Pieri, Anna Scannapieco, Francesca
Simoncini, Elena Tamburini, Anna Maria Testaverde, Alessandro Tinterri, Paola
Ventrone, Piermario Vescovo.
Comitato scientifico
Alessandro Bernardi, Lorenzo Bianconi, Annamaria Cascetta, Franoise Decroisette,
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Mamone, Lorenzo Mango, Silvia Milanezi, Cesare Molinari, Juan Oleza, Franco
Perrelli, Franco Piperno, Mirella Schino, Ferdinando Taviani.
Redazione
Lorena Vallieri, caporedattore; Emanuela Agostini, Lorenzo Galletti, Leonardo
Spinelli, Gianluca Stefani, segreteria di redazione, documentazione ed editing.
I saggi editi in Drammaturgia sono stati valutati, in forma anonima, dal Comitato
Direttivo e/o dal Comitato Scientifico e dai referees anche internazionali, tutti
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2015 Author(s). This is an open access journal distributed under the terms of the
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source are credited.
SAGGI
Claudio Longhi, Per Luca Ronconi (1933-2015): quasi una leon de tnbres 7
Sara Mamone, Drammaturgia di macchine nel teatro granducale fiorentino. Il teatro degli
Uffizi da Buontalenti ai Parigi 17
Anna Maria Testaverde, Lavventura del teatro granducale degli Uffizi (1586-1637) 45
Caterina Pagnini, Anna di Danimarca e i Queens Masques (1604-1611) 71
Franoise Siguret, La lumire et le temps sur la scne baroque : Poetique & Pratique 89
Paologiovanni Maione, Il possesso della scena: gente di teatro in musica tra Sei e
Settecento 97
Anna Scannapieco, I numeri delle comiche italiane del Settecento. Primi appunti 109
Franco Perrelli, Il mulo di Lessing 129
Alessandro Tinterri, Silvio dAmico e la nascita del Burcardo 141
DOCUMENTI E TESTIMONIANZE
Teresa Megale, Eleonora Duse. Nuovi frammenti autografi di un lungo percorso teatrale 151
Co2. Intervista a Giorgio Battistelli, a cura di Anna Menichetti 169
RICERCHE IN CORSO
Teresa Ferrer Valls, Il punto sul mondo degli attori del Siglo de Oro 185
Francesca Simoncini, Le prime attrici della compagnia Reale Sarda nel database AMAtI 197
Francesca Simoncini-Antonio Tacchi, Carlotta Marchionni 201
Daniela Sar, Amalia Bettini 223
Emanuela Agostini, Antonietta Robotti 241
Summaries 309
Shiv
La porta si chiude
poi si riapre: un altro.
Il 21 febbraio scorso, sul far della sera, uscito di scena Luca Ronconi. Sen-
za clamori, col suo consueto passo felpato ed elegante di flneur del teatro, in
bilico tra Baudelaire e Robert Walser, intimamente romano, ma in fondo di
casa pure tra Vienna e Berlino. Distinto, caustico e sornione a un tempo, ri-
servato, ma con insospettabili generose aperture, e in fondo anche un po snob,
capace di collere bibliche e di insensibilit sconcertanti, ma anche teneramente
innamorato delle sue rose e dei suoi cani Se n andato scivolando ironico e
leggero, secondo i suoi ben noti tracciati ortogonali, oltre la soglia sospesa, l
a sinistra: una finestra buia ritagliata nel candore clinico e splendente del pal-
1. S. Massini, Lehman Trilogy, Torino, Einaudi, 2014, Parte prima. Tre fratelli, p. 37.
coscenico. Se n andato come gli algidi e umanissimi titani della sua ultima
fatica, la Lehman Trilogy, in scena quella stessa sera in via Rovello: personaggi
esaltati, fissati e di maniera, ricalcati dal copione di Massini, ma profilati con
quel suo inconfondibile tratto spezzato, formatosi alla bottega delladorato
Binswanger. Svelte silhouettes grottesche ritagliate da una fantasia di Bosch, o
da un capriccio di Goya, incollate sulla piatta e rarefatta attesa, tutta metafisi-
ca, di un quadro di Magritte.
Dai tempi leggendari dei Lunatici (1966), ormai mitico anno zero della sua
carriera registica che lo aveva visto balzare agli onori delle cronache teatrali
nazionali, fino a quella sera di febbraio, Luca era stato (ed era pervicacemen-
te rimasto) lenfant terrible (e, a tratti, lenfant gt) delle nostre scene: sempre,
e comunque, lenfant. Lo era ancora, a quasi ottantadue anni, non per la per-
niciosa abitudine tutta italiana di ritardare i processi di crescita, ma perch di
fatto, in barba allanagrafe, e a dispetto di ogni pascolismo edulcorato, Luca era
rimasto, con tutta la violenza, la crudelt e la trasgressivit del caso, un bam-
bino meglio: un adolescente estroso e inquieto. In mancanza di una lucida
comprensione di questa sua lampante schizofrenia, non si capirebbe la follia,
geniale e ottusa, di circa mezzo secolo di progetti teatrali esorbitanti, vissuti
bout de souffle.
Un ragazzo favoloso, una siepe, linfinito Sempre caro mi fu quester-
mo colle, / e questa siepe, che da tanta parte / dellultimo orizzonte il guardo
esclude (Leopardi, Linfinito, vv. 1-3): in fondo Luca e il suo teatro erano tut-
ti l, fissati, da sempre e per sempre, in questo icastico quadretto leopardiano.
Da una parte un desiderio, quasi pantagruelico, di conoscere tutto nel senso
pi fisico e radicale del termine attraverso la scena; di collezionare e catalogare
sulle tracce di Giulio Camillo luniverso intero in teatro; di nutrire la pro-
pria accesa fantasia di qualsivoglia scrittura da quella pi ortodossamente
teatrale a quella pi lontana dalla scena (si pu recitare tutto a teatro, era so-
lito ripetere, anche lelenco del telefono) ma con una evidente inclinazio-
ne per leccentricit, lanomalia o la mostruosit. Dallaltra il limite (fisico ed
economico), la barriera, la convenzione, o peggio ancora labitudine, il condi-
zionamento insuperabile della realt: quei confini, insomma, che Luca ha
sfidato e calpestato e violato per tutta la vita e a cui ogni volta testardamen-
te tornato nella profonda e radicata convinzione che solo nel vincolo e nella
gabbia lartista trova la sua vera libert. Non per nulla, al principio degli anni
Novanta, proprio Nella gabbia di Henry James aveva attratto la sua curiosit e
ne era nato un prezioso e intelligente divertissement, in cui, relegati i settanta
privilegiati spettatori in una tribunetta montata in palcoscenico, al Morlacchi
di Perugia, il teatro, per trasparente allegoria, si era fatto claustrofobica sce-
na del liberissimo fluire del racconto. Dalla Kthchen von Heilbronn, naufragata
sulle acque del lago di Zurigo nel 1972 e presentata finalmente al pubblico in
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PER LUCA RONCONI
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CLAUDIO LONGHI
tenne, per vestire i panni di Mauro Bartoli nei suoi Tre quarti di luna. Arrivato
alla ribalta dopo soli due anni di studi, contro i tre richiesti dagli statuti della
scuola, Luca intraprende al fianco di Vittorio Gassman, sotto legida della pre-
stigiosa ditta Teatro dArte Italiano, una carriera di interprete fortunata che
nel volgere di una manciata danni lo porta a confrontarsi coi maggiori registi
del panorama nazionale: oltre allo stesso Squarzina riincontrato, dopo Tre
quarti di luna, con Lorenzaccio (1954), T e simpatia (1955), La Romagnola (1959),
La congiura (1960) , Orazio Costa (Candida, 1953), Giorgio Strehler (Tre quarti
di luna, 1955), Giorgio De Lullo (Il diario di Anna Frank, 1957) o Michelange-
lo Antonioni (Io sono una macchina fotografica, 1957). Una carriera promettente
che lo vede, per, anche continuamente insoddisfatto; perennemente ombro-
so, taciturno e defilato, nonostante il favore di molti critici. Al fondo del suo
stare in scena, infatti, si colgono sempre una riposta e acuta insofferenza nei
confronti del teatro come e una incontenibile voglia di immaginare un pos-
sibile teatro futuro. Lo strappo arriva, giusto giusto in capo a dieci anni, quan-
do nel 1963 Luca, vincendo le sue esitazioni, smette le vesti dattore e firma la
sua prima regia per la compagnia Gravina-Occhini-Pani-Ronconi-Volont:
La buona moglie, sintesi delle due commedie goldoniane La putta onorata e La
buona moglie, appunto, debuttata a Roma, al teatro Valle, il 23 dicembre. Al-
lergico alle consuetudini e al bon-ton della societ teatrale di quegli anni, per
il suo debutto registico Luca rompe con tutte le tradizioni goldoniane cono-
sciute: dalla placida e implacabile comicit di Baseggio, percorsa da brividi in-
quieti, agli stereotipati omaggi a un lezioso Settecento di maniera, caratteristici
delle messe in scena pi sciatte, al realismo arioso e sorprendente di Visconti.
Il suo un Goldoni aspro e nero, che puzza di unefferata Italietta di provin-
cia. Il fiasco colossale e talmente inappellabile da far vacillare la vocazione
teatrale del giovane regista. Ma dopo due prove in sordina (Il nemico di se stes-
so, per il teatro di Ostia Antica, nel 1965, e Commedia degli straccioni, a Porto-
civitanova Marche, nellestate del 1966), la rivelazione arriva con i Lunatici il
12 agosto sempre del 66. A contatto con il ribollente magma drammaturgi-
co di Middleton e Rowley, la melanconia saturnina di Ronconi si incendia.
Lo spettacolo non meno crudo del Goldoni di tre anni prima. La coppia di
protagonisti che lo porta in scena, i beniamini del pubblico televisivo Sergio
Fantoni e Valentina Fortunato, ridotta ad una sconcia caricatura di s stessa.
La recitazione, violentemente fisica, acida e gridata. I gesti, legnosi ed ec-
cessivi. Ma i tempi sono cambiati e questa volta lintellighenzia teatrale plau-
de. Si scomoda Artaud e il suo teatro della crudelt. A novembre, Luca gi
tra i firmatari dellappello Per un convegno sul nuovo teatro, pubblicato da Fran-
co Quadri sulle pagine di Sipario (n. 247), e proprio il gran satrapo Franco
diventer negli anni il suo pi sagace e lucido esegeta. Lungi dal risolversi in
pulsione autodistruttiva, con i Lunatici lavversione per i limiti del teatro si tra-
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CLAUDIO LONGHI
1994; Questa sera si recita a soggetto, 1998; In cerca dautore. Studio sui Sei personag-
gi, 2012) a echov (Tre sorelle, 1989; Laboratorio per Un altro gabbiano, 2009) o
a ONeill (Strano interludio, 1990; Il lutto si addice ad Elettra, 1997); la sua saga-
ce critica al realismo (Ignorabimus, 1986) e le sue ritornanti tentazioni mistiche
(Dialoghi delle carmelitane, 1988; I fratelli Karamazov, 1998); le sue avvertite e cu-
riose ricognizioni della letteratura (Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, 1996;
Memorie di una cameriera, 1997; Quel che sapeva Maisie, 2002; Pornografia, 2013),
delle scienze (Infinities, 2002; Biblioetica, dizionario per luso, 2006; Lo specchio del
diavolo, 2006) o del cinema (Lolita, 2001) alla ricerca di sempre nuove frontie-
re genuinamente contemporanee del teatrale; la sua spontanea inclinazione al
kolossal (Gli ultimi giorni dellumanit, 1990; Progetto domani, 2006) e ancora le sue
sistematiche esplorazioni del teatro per musica, ugualmente disposte ai commerci
con Rossini (Il barbiere di Siviglia, 1975; Il viaggio a Reims, 1984; La Cenerentola,
1998) e alla dimestichezza con Wagner (Loro del Reno, 1979; La Valchiria, 1980;
Sigfrido, 1981; Il crepuscolo degli dei, 1981), allo studio dei classici del repertorio
contemporaneo (Globokar, Traumdeutung, 1969; Stockhausen, Samstag aus Licht,
1984; Janek, Il caso Makropulos, 1993 e Nono, Intollerance 1960, 2011), cos co-
me allattenta meditazione sul lascito dei grandi maestri del melodramma ba-
rocco (Rossi, Orfeo, 1985; Monteverdi, Orfeo e Il ritorno di Ulisse in patria, 1998;
Lincoronazione di Poppea, 2000; Hndel, Giulio Cesare in Egitto, 2002). Ecco: il
barocco. Il cangiante universo barocco, regno indiscusso di Circe e del pavone,
con le sue ansie di ricapitolazione e di sistematizzazione e le sue stupefacenti
e teatralissime Wunderkammer, resta lo spazio dazione privilegiato di Luca.
Un barocco saggiato nelle sue pi varie declinazioni: dalle lussureggianti in-
venzioni elisabettiane, tra Shakespeare (Misura per misura, 1967 e 1992; Riccardo
III, 1968; Le marchand de Venise, 1987; Re Lear, 1995; Sogno di una notte di mez-
za estate, 2008; Il mercante di Venezia, 2009) e colleghi (La tragedia del vendicatore
di Cyril Tourneur, 1970; Una partita a scacchi di Thomas Middleton, 1973; Pec-
cato fosse puttana di John Ford, 2003), alle abissali implosioni di Racine (Fedra,
1984), dalle spastiche visioni dellantirinascimento italiano (Il candelaio, 1968 e
2001) alle austere pompe dei campioni della controriforma iberica (La vita so-
gno, 2000) e su tutto il concettoso teatro di Andreini (La centaura, 1972 e 2004;
Le due commedie in commedia, 1984; Amor nello specchio, 1987 e 2002). Strano alter
ego, Lelio, attore-autore campione dellArte, del regista-drammaturgo Ron-
coni, sempre cos dichiaratamente ostile alle antiche tradizioni dei comici
italiani in aperto spregio di mode registiche ampiamente diffuse, da Copeau a
Mejerchold, tutte tese a rivalutare i tesori del professionismo allimprovviso
del nostro Bel Paese. In fondo la duplice Centaura di Luca, couplet di allestimenti
rispettivamente firmati per lAccademia darte drammatica di Roma nel 1972 e
per il Teatro Stabile di Genova nel 2004, resta uno degli emblemi pi limpidi
della sua scena smisurata ed eccezionale, quando non eccessiva.
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PER LUCA RONCONI
5. C.E. Gadda, Lingua letteraria e lingua delluso (1942), ora in Opere di Carlo Emilio Gadda,
iii. Saggi giornali favole e altri scritti, a cura di L. Orlando, C. Martignoni, D. Isella, Milano,
Garzanti, 1991, vol. i, p. 491.
6. Testo trascritto da un frammento della registrazione video della lectio magistralis tenuta
da Ronconi a Bologna in occasione del conferimento della laurea ad honorem in Discipline delle
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CLAUDIO LONGHI
arti, della musica e dello spettacolo il 29 aprile 1999, presso laula absidale di Santa Lucia, http://
www.almanews.unibo.it/98_99/Ronconi/Mpg/Ro003.mpg (ultimo accesso: 8 aprile 2015).
7. Cfr. J.W. Goethe, Massime e riflessioni (1983), a cura di S. Seidel, introd. di P. Chiarini,
Milano, TEA, 1988, p. 136 (massima 565).
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PER LUCA RONCONI
8. E. Sanguineti, La philosophie dans le thtre (1992), ora in Id., Il gatto lupesco. Poesie (1982-
2001), Milano, Feltrinelli, 2002, p. 195.
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CLAUDIO LONGHI
Monday Lunch
Intorno al tavolo
tavolo di cristallo
cristallo lungo quanto tutta la stanza
sulle poltrone nere
sembra il lunch del luned
anche se notte
anzi
fra poco
lalba.
9. A. Savinio, Nuova enciclopedia (1977), Milano, Adelphi, 19914, pp. 122-123 (voce
Dramma).
10. Massini, Lehman Trilogy, cit., Parte terza. Limmortale, p. 325.
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Sara Mamone
DRAMMATURGIA DI MACCHINE
NEL TEATRO GRANDUCALE FIORENTINO.
IL TEATRO DEGLI UFFIZI DA BUONTALENTI AI PARIGI*
*
Il 14-15 novembre 2014 Jan Lazardzig ed Hole Rler dellUniversit di Amsterdam han-
no organizzato un workshop focalizzato sulla scoperta da parte di Rler di un manoscritto
di Joseph Furttenbach; il codice (codex iconographicus 401 della Bayerische Staatsbibliothek
Mnchen) sar presto pubblicato sia nella versione originale in tedesco che nella versione in-
glese. Il presente saggio rielabora larticolo presentato in quelloccasione col titolo The Uffizi
Theatre: The Florentine Scene from Bernardo Buontalenti to Giulio and Alfonso Parigi e di prossima
pubblicazione inTechnologies of Spectacle. Knowledge Transfer in Early Modern Theater Cultures, a
cura di J. Lazardzig e H. Rler, Frankfurt a. M., Klostermann, 2016. Per ogni informazione
sul progetto: http://www.holeroessler.de/furttenbach.html.
1. Strumento imprescindibile dinformazione resta Il luogo teatrale a Firenze. Brunelleschi
Vasari Buontalenti Parigi, catalogo della mostra a cura di M. Fabbri, E. Garbero Zorzi, A.M.
Petrioli Tofani, introd. di L. Zorzi [ordinatore] (Firenze, 31 maggio-31 ottobre 1975),
Milano, Electa, 1975.
2. Cfr. L. Zorzi, Il teatro e la citt. Saggi sulla scena italiana, Torino, Einaudi, 1977, pp. 48 n.-
54 n.; 170 n.-174 n. Si vedano anche le riflessioni di S. Mazzoni, Ludovico Zorzi. Profilo di uno stu-
dioso inquieto, Drammaturgia, xi / n.s. 1, 2014, pp. 9-137, in partic. p. 93 e relativa bibliografia.
3. A.M. Testaverde, Lofficina delle nuvole. Il teatro mediceo nel 1589 e gli Intermedi del Buontalenti
nel Memoriale di Girolamo Seriacopi, Musica e teatro. Quaderni degli amici della Scala, vii, 1991,
11-12, p. 71. Per una proficua integrazione documentale: T. Pasqui, Libro di conti della commedia.
La sartoria teatrale di Ferdinando I de Medici nel 1589, prefaz. di A.M. Testaverde, Firenze, Nicomp,
2010. Per le competenze tecnologiche e luso della macchineria nelle rappresentazioni religiose
a partire dalla fine del XIII secolo si veda N. Newbigin, Feste dOltrarno. Plays in Churches in
Fifteenth-Century Florence, Firenze, Olschki, 1996. Limitatamente a una istituzione fiorentina di
lunga durata si veda anche A.M. Evangelista, Lattivit spettacolare della compagnia di San Giovanni
Evangelista nel Cinquecento, Medioevo e Rinascimento, xviii/n.s. xv, 2004, pp. 299-366.
4. Si veda a mo di esempio levoluzione di una tra le figurazioni macchinistiche di pi
vasta applicazione: la nuvola che, evidente tramite tra la terra e il cielo, fa da supporto per le
ascensioni nelle rappresentazioni sacre e, procedendo con laiuto di una tecnologia sempre pi
complessa, diviene elemento portante di molta simbologia barocca nella quale al Salvatore e ai
Santi delluniverso cristiano si sostituiscono gli dei della mitologia, tramite a loro volta delle fi-
gurazioni autorappresentative dei nuovi poteri signorili. Cfr. S. Mamone, Les nues de lOlympe
la scne: les dieux au service de leglise et du prince dans le spectacle florentin de la Renaissance, in Images
of the Pagan Gods, a cura di R. Duits e F. Quiviger, London, The Warburg Institute, 2009, pp.
329-366. Per la sacra rappresentazione v. ora P. Ventrone, Teatro civile e sacra rappresentazione a
Firenze nel Rinascimento, Firenze, Le Lettere, 2016.
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DRAMMATURGIA DI MACCHINE NEL TEATRO GRANDUCALE FIORENTINO
5. [] ordin [Bastiano da Sangallo] con molto ingegno una lanterna di legname a uso
darco dietro a tutti i casamenti [della scena prospettica che rappresentava Pisa], con un sole alto
un braccio, fatto con una palla di cristallo piena dacqua stillata, dietro la quale erano due torchi
[torce] accesi, che la facevano in modo risplendere, che ella rendeva luminoso il cielo della scena
e la prospettiva in guisa, che pareva veramente il sole vivo e naturale; e questo sole [] avendo
intorno un ornamento di razzi doro che coprivano la cortina, era di mano in mano per via di
un arganetto tirato con s fattordine che a principio della commedia pareva che si levasse il sole,
e che salito in fino al mezzo dellarco scendesse in guisa, che al fine della comedia entrasse sotto
e tramontasse (G. Vasari, Le vite de pi eccellenti pittori, scultori ed architettori, in Le opere di Giorgio
Vasari, con nuove annotazioni e commenti di G. Milanesi, Firenze, Sansoni, 19062, to. vi, p.
442, Vita di Bastiano detto Aristotile da San Gallo).
6. Cfr. ivi, pp. 223-226; e v. G. Scocchera, Il programma e lapparato. Contributi allo studio
dellallestimento della Talanta, in Antropologia e Transculturalismo. Roma e Venezia nel Rinascimento,
Teatro e storia, x, 1995, 17, pp. 365-402; da integrare, anche per la bibliografia, con L.
Vallieri, Prospero Fontana pittore-scenografo a Bologna (1543), Drammaturgia, xi / n.s. 1, 2014,
pp. 347-368: 354 e nota 34.
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SARA MAMONE
udi dire duna comedia, la quale aveva avuto bellissimi intermedii. Il primo fu che
il palco salz e sotto vapparve una fucina di Vulcano; e al batter dei martelli su-
diva (e non si vedeva altro che gli uomini nudi che linfocato strale battevano) una
mirabil musica, dopo la quale si richiuse il palco. Dicevano ancra che al secondo
atto, essendo la scena sopra un perno che si voltava a poco a poco, che appena sac-
corsero le brigate che la si volgesse, vi si vedde un teatro pieno di popoli e nel luogo
del palco una battaglia dalcune barchette in acqua, che facevano stupire in quella
gran sala tutti gli udienti. Fu al terzo atto chiusa Venere e Marte sotto la rete con
una musica damori concertata con variati strumenti ascosti, che larmonia cavava i
cuori dei petti per dolcezza alle persone. Al quarto atto dissero i galanti uomini che
saperse il cielo e si vidde tutti gli dei a convito splendidissimo e ricco e tanto orna-
to doro, argento, vestimenti, ornamenti e gioie, che pareva impossibile essersi gli
uomini imaginati tanta pompa: nel qual convito sudirono molte sorte di concer-
ti di musiche allegre e divine. Al quinto atto gli dei di cielo, di terra, di selve e di
mare, con le ninfe loro, fecero su la scena diverse e mirabili danze. [] E univano
gli atti, i salti, i passi, e ciascuno altro moto con le parole dei canti, che parte erano
di sopra, parte dietro alle prospettive, e parte sotto terra. Nel cielo sudivano stor-
te, violini, cetere, cembanelle, arpicordi, flauti, cembali e voce di fanciulle; in terra
violoni, liuti, clavicembali, viole a braccio e voci di tutte le parti; sotto terra sona-
vano tromboni, cornetti senza boccuccio, flauti grossi, e a voce pari, tutti i canti:
talmente che queste musiche e questi intermedi furon giudicati pi stupendi che si
potesser far mai e che mai fosser fatti.7
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DRAMMATURGIA DI MACCHINE NEL TEATRO GRANDUCALE FIORENTINO
9. Cfr. A.M. Testaverde, Teorie e pratiche nei progetti teatrali di Giorgio Vasari, in Percorsi
vasariani tra le arti e le lettere. Atti del convegno di studi (Arezzo, 7-8 maggio 2003), a cura di M.
Spagnolo e P. Torriti, Montepulciano (Si), Le Balze, 2004, pp. 63-75, in partic. 66-67.
10. Per la descrizione della sala teatrale e del palcoscenico allestito verso il lato nord del
salone stesso, oltrech per la descrizione dellapparato di sala e per la scena prospettica, resta
basilare la relazione di Domenico Mellini: Descrizione dellapparato della comedia et intermedii
dessa; recitata in Firenze il giorno di S. Stefano lanno 1565 nella gran sala del palazzo di sua eccellenza
illustrissima nelle reali nozze dellillustrissimo et eccellentissimo signore il signor don Francesco Medici
principe di Fiorenza, et di Siena, et della regina Giovanna dAustria sua consorte, Firenze, Giunti,
1566. Si vedano anche le considerazioni di Anna Maria Testaverde nel saggio qui presentato
alle pp. 45-69.
11. Cfr. Anton Francesco Grazzini detto il Lasca, Descrizione deglintermedii rappresen-
tati colla commedia nelle nozze dellillustrissimo, ed eccellentissimo signor principe di Firenze, e di Siena,
Firenze, s.n.t., 1566.
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SARA MAMONE
12. Ivi, p. 7.
13. Ivi, pp. 8-9.
14. Cfr. ivi, p. 10.
15. Cfr. ivi, p. 12.
16. Ivi, p. 13.
17. Ibid.
18. Ivi, p. 14.
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DRAMMATURGIA DI MACCHINE NEL TEATRO GRANDUCALE FIORENTINO
sua barca. A sigillo dellintero spettacolo, il monte Elicona sale dal sottopalco
con in cima lalato Pegaso. Sar questa limmagine topica che si affermer in
seguito divenendo il vero e proprio simbolo dellintera macchineria del tea-
tro barocco insieme allo sperimentato ingegno delle nuvole. Si segnala gi
qui19 lintervento tecnico del giovane Bernardo Buontalenti per le macchine
pi complesse, relative alla costruzione del cielo (a uso di mezza Botte con
cortine di legname, tutto coperto di tele et dipinto con aria piena di nuvole,
che girava in tondo, secondo che faceva tutta la Scena)20 e la messa in opera
dei tirari del Cielo cio linsieme della macchineria verticale (salite, discese
e, di l a poco, anche il virtuosistico movimento in diagonale). La macchina
delle nuvole ospita gi in questa occasione quella moltitudine di dei celesti
che diverr vero e proprio marchio del grande architetto fiorentino, nonch
banco di prova per tutti gli scenotecnici a venire. Di questo episodio, che si
segnala sempre pi come prototipico, va inoltre sottolineata linvenzione del
retropalco,21 cio lorganizzazione del complesso degli spazi destinati alla-
zione che consente di razionalizzare la gestione degli impianti macchinistici
e funzionali. Questo nuovo assetto segna anche la definitiva separazione tra
gli spazi dellazione e quelli della visione. Altro elemento pionieristico la di-
sposizione strumentale in cui si precisa la distinzione tra gli strumenti ap-
parenti e quelli non apparenti, cio nascosti, destinati a rivestire un ruolo
sempre pi rilevante nel meccanismo illusionistico. Nel v intermedio, opera
dello Striggio, le allegorie della Gelosia, dellInvidia, della Preoccupazione e
dello Scorno, raccolti da terra quattro Serpenti, che di essa si videro mara-
vigliosamente uscire22 e nei quali erano congegnati quattro violoni, perco-
tendoli con verghe spinose che nascondevano gli archetti, accompagnarono
il mesto canto di Psiche con tanta maestria che si vide trarre a pi duno le
lagrime da glocchi.23 Nel 1569 in occasione della visita dellarciduca Carlo
dAustria, fratello della granduchessa, i sei intermezzi de La vedova replicano
la complessit scenotecnica gi sperimentata nello stesso salone dei Cinque-
cento. In particolare il consesso finale degli dei conferma lavvenuto conso-
lidamento del topos.
19. Si veda al proposito A.M. Testaverde, Informazioni sul teatro vasariano del 1565 dai registri
contabili, in Per Ludovico Zorzi, a cura di S. Mamone, Medioevo e Rinascimento, vi/n.s. iii,
1992, pp. 83-95: 92-93.
20. Mellini, Descrizione, cit., p. 9.
21. Cfr. Zorzi, Il teatro e la citt, cit., p. 105.
22. Il Lasca, Descrizione, cit., p. 12.
23. Ibid. E v. le riflessioni di G. Guccini, Loci sonori: i comici e linvenzione del melodramma,
in Drammaturgie dello spazio dal teatro greco ai multimedia, a cura di S. Mazzoni, Drammaturgia,
x, 2003, 10, pp. 141-200: 185 ss.
23
SARA MAMONE
24. Cfr. S. Mamone, Il risparmio e lo spreco sotto lo sguardo di Callot, in Id., Di, semidei, uo-
mini. Lo spettacolo a Firenze tra neoplatonismo e realt borghese (XV-XVII secolo), Roma, Bulzoni,
2003, pp. 149-168. Diverso il caso degli aristocratici Olimpici e del loro struggente sogno di
restituzione dellantico: v. S. Mazzoni, LOlimpico di Vicenza: un teatro e la sua perpetua memoria
(1998), Firenze, Le Lettere, 20102.
25. Cfr. qui pp. 45-69.
24
DRAMMATURGIA DI MACCHINE NEL TEATRO GRANDUCALE FIORENTINO
26. Cfr. J. Furttenbach, Newes itinerarium Italiae [], Ulm, Saur, 1627; Id., Architectura ci-
vilis, Ulm, Saur, 1628; Id., Architectura recreationis [], Augsburg, Schultes, 1640; Id., Mannhaffter
Kunst-Kunst-spiegel [], Augsburg, Schultes, 1663; N. Sabbatini, Pratica di fabricar scene e machine
ne teatri (1638), con aggiunti documenti inediti e disegni originali a cura di E. Povoledo,
Roma, Bestetti, 1955.
27. Cfr. Testaverde, Lofficina delle nuvole, cit., pp. 82, 91-92.
28. Da rilevare anche la complessit dellassetto delle stanze di servizio: stanze dei pittori,
stanza delle acconciature, le stanze dei costumi, la stanza dei doratori, la dispensa (la stanza buia
con derrate per lallestimento dei rinfreschi per i musici e per gli accademici, ecc.; cfr. ivi, p. 93).
25
SARA MAMONE
scendenti dal Cielo, passanti per laria, e uscenti di sotto l palco.29 Parimenti
si rese funzionale la verticalit dello spazio creando una partizione strutturale
che consentisse la praticabilit di un livello di soffitta che verr chiamato Pa-
radiso e che avr varie funzioni. Tra queste quella del ricovero delle macchi-
ne in riposo e del loro funzionamento nel corso dellazione. Saranno appunto
queste le macchine discendenti del Cielo.30
Nel 1991 Anna Maria Testaverde ha pubblicato il Memoriale di Girolamo
Seriacopi, nel quale il provveditore alle fortezze medicee registrava tutti gli
interventi, gli acquisti, e gli ordini relativi alla trasformazione del teatro di
corte. La studiosa aveva suggerito il nome di Furttenbach31 come possibile te-
stimone di un assetto della sala non troppo dissimile da quello di questo 1589.
Effettivamente, in base alle recenti acquisizioni e nel raffronto con i dati for-
niti dal Seriacopi, le indicazioni dellarchitetto tedesco (esplicitamente riferi-
bili al 1608 e anche ad allestimenti successivi) possono estendere il loro valore
testimoniale rebours fino a quella esperienza.
Laumento della volumetria consente lintroduzione contemporanea di mec-
canismi in movimento articolati su tre livelli: la compresenza sia di strutture
aeree, sia di strutture mobili a terra, sia di quelle ascendenti dal sottopalco. Lo
stupore registrato dagli spettatori e dai cronisti il frutto della razionalizza-
zione delle funzioni complesse di questa nuova macchina scenica.
Forse pi ancora della stupefazione illusionistica vale la pena ricordare qui
il dato materiale dellorganizzazione meccanica che la rende possibile e che
risponde appieno allinnovazione buontalentiana nella tradizione tecnologica
fiorentina. Tante macchine, e della grandezza [] che noi diremo, si possano
esser vedute uscir di terra, e irsene al Cielo, e venire in terra, e attraversare in
qua, e n l quella scena, e sempre cariche di persone, commenta il relatore
ufficiale De Rossi.32
La lunga fase organizzativa mette a disposizione dellartista un bacino di
duecentocinquanta macchinisti dai quali estrapolare volta a volta i circa cento
manovratori necessari. Questi vengono suddivisi in squadre che, coordinate
da caporali, vengono incaricate di svolgere rigorosamente i compiti assegnati
e lungamente messi a punto nelle prove. La suddivisione dei compiti orga-
nizzata nella razionalizzazione spaziale: nel i intermedio, ad esempio, ventidue
26
DRAMMATURGIA DI MACCHINE NEL TEATRO GRANDUCALE FIORENTINO
addetti sostano sui ballatoi perimetrali per la manovra dei canapi e dei con-
trappesi per due nuvole; nel sottopalco la squadra di cinque macchinisti, in-
caricati della manovra delle medesime nuvole, muove largano.33 Si conferma
quindi lassestamento tematico conseguente allassestamento macchinistico:
sette nugole allaperture, cinque delle quali si movevano, e se ne venivano in
terra, e due si rimanevan lassuso.34
Nel i intermedio, LArmonia delle sfere, si realizza un gioco complesso di
nuvole portanti, anche laterali, con la contemporanea apertura del cielo in
tre parti. Si materializza uno sfondo di cielo stellato cui seguono la spari-
zione delle sette macchine-nuvole e la contemporanea chiusura del cielo.
Il ii intermedio La contesa tra le Muse e le Pieridi composto di ben cinque fa-
si: la trasformazione della scena in giardino; lascesa dal sottopalco del monte
Parnaso su cui sono collocate le Ninfe Amadriadi; lapparizione di grotte a se-
guito della rotazione dei periatti; la metamorfosi a vista delle Pieridi in gazze;
la sparizione del monte nel sottopalco.
Il iii intermedio, La lotta tra Apollo e Pitone, articolato in quattro fasi: la
prima vede ad apertura di sipario un bosco e una caverna che accolgono lin-
gresso simmetrico laterale di cantori e ballerini; nella seconda fase si apre la
caverna e appare la testa del drago; nella terza la macchina del drago dispie-
ga le ali distese mentre simmetricamente il dio Apollo discende dal cielo; la
quarta fase articolata nel combattimento pantomimico tra il dio e il drago e
nella successiva uscita di scena degli abitanti.
Il iv intermedio, LInferno, assai complesso ma al contempo replica temati-
che gi trattate: su un carro trasportato da una nuvola che si muove orizzontal-
mente la maga evoca i demoni dellaria che scendono su una macchina-nuvola
che si apre a semicerchio mostrando il loro consesso ([] e arrivata al mezzo
saperse, e fecesi un semicircolo [] con maraviglia di chi la vide: e non so-
lamente potette nascer la maraviglia nel vedere cos gran macchina aprirsi in
aria, ma nel vederla cos carica di persone)35 e poi si richiude e risale in cie-
lo mentre il palco si riempie di scogli, dantri, caverne piene di fuochi.36 La
terza fase trasforma lo spazio scenico in mondo inferico: lateralmente il pian-
cito si riempie di altissime rocce mentre il palco sprofonda e simmetricamen-
te emerge lInferno con Lucifero dalle grandissime ali.37 Il meccanismo dello
27
SARA MAMONE
peo, si vedano almeno le tavole delle Tentazioni di SantAntonio in cui lincisore lorenese, allora
testimone diretto e cronista grafico degli eventi spettacolari medicei, si rif senza ombra di dub-
bio alla figurazione teatrale. Cfr. almeno D. Ternois, Lart de Jacques Callot, Paris, De Nobel,
1962. Si veda anche S. Mamone, Loeil thatral de Jacques Callot, in Jacques Callot (1592-1635), a
cura di P. Chon e D. Ternois, Paris, Klincksieck, 1993, pp. 203-229.
38. De Rossi, Descrizione, cit., p. 57.
39. Ibid.
40. Sulla figura del principe e sul suo ruolo nella organizzazione spettacolare medicea, si
28
DRAMMATURGIA DI MACCHINE NEL TEATRO GRANDUCALE FIORENTINO
veda S. Ferrone, Attori mercanti corsari. La commedia dellArte in Europa tra Cinque e Seicento (1993),
Torino, Einaudi, 2011, pp. 143-199 (Don Giovanni impresario).
41. Cfr. M. Buonarroti Jr, Descrizione delle felicissime nozze della cristianissima maest di
madama Maria Medici regina di Francia e di Navarra, Firenze, Marescotti, 1600 (cito dallesemplare
conservato presso listituto Warburg).
42. Diario del viaggio fatto dal cardinal Pietro Aldobrandini nellandare legato a Firenze per la cele-
brazione del sponsalizio della regina di Francia et in Francia per la pace, ms., Bibliothque Nationale
de Paris, Mss. Its. 1323, c. 37v.
43. La lettera di Emilio de Cavalieri al granduca Ferdinando, Roma, 7 ottobre 1600, ms.,
Archivio di stato di Firenze, Mediceo del principato, f. 899, cc. 415r.-417v., stata pubblicata per la
prima volta in A. Solerti, Laura Guidiccioni e Emilio de Cavalieri. I primi tentativi del Melodramma,
Rivista musicale, ix, 1902, pp. 818-820. Proprio come cerniera tra le acquisizioni del passato
e il, relativo, consolidamento per il futuro, lepisodio analizzato anche sotto questo aspetto
in S. Mamone, Firenze e Parigi, due capitali dello spettacolo per una regina: Maria de Medici (1987),
ricerca iconografica di S. M., fotografie di F. Venturi, Cinisello Balsamo (Mi), Silvana, 19882,
pp. 81-98 (p. 83 per la lettera).
44. Buonarroti jr, Descrizione, cit., p. 36.
29
SARA MAMONE
Oltre che la diversit, e quasi contrariet delle stesse macchine, e di loro aspetto; s co-
me della nugola dellAurora con quella della Notte, dellapertura del Cielo con quella
della Terra, e del Mare con le selve, e daltre con altre; discoverse maggiormente lar-
te, e la nvenzione squisita. E tante, e s fatte furono, che quale avesse veduto lasco-
so luogo dove elle locate erano, e si maneggiavano [] quivi altres avria veramente
veduto, ciascuna apertura, o componimento picciolo, o grande di ferro, o legname a
maraviglia rendere oprare con agevolezza non pi creduta, bench per loro quantit
ad usarli huomini moltissimi richiedessero, regolati in un certo modo da note, e ter-
minazioni di musica, che ad ora ad ora delle macchine abbisognava.45
30
DRAMMATURGIA DI MACCHINE NEL TEATRO GRANDUCALE FIORENTINO
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32
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DRAMMATURGIA DI MACCHINE NEL TEATRO GRANDUCALE FIORENTINO
62. Cfr. A. Salvadori, Veglia della Liberation di Tirreno et Arnea, Autori del sangue Toscano. Il
manoscritto si trova a Firenze, Biblioteca nazionale centrale, ms., Palatino 251, cc. 134r.-144v.,
Raccolta di poesie musicali dei secoli XVI e XVII. Per lopera completa dellimportante personaggio
si rinvia a D. Sar, Andrea Salvadori e lo spettacolo fiorentino allepoca della reggenza (1621-1628),
tesi di laurea in Storia del teatro e dello spettacolo, Universit degli studi di Firenze, Facolt di
lettere e filosofia, a.a. 1999-2000 (relatore: prof. Sara Mamone). A questo episodio si deve la ce-
leberrima incisione di Jacques Callot che mostra linterno del teatro (un esemplare conservato
a Firenze, Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi, 8015 st. sc.).
63. A. Salvadori, La Flora o vero Il Natal de Fiori. Favola dAndrea Salvadori, rappresentata
in musica recitativa nel teatro del serenissimo gran duca per le reali nozze del serenissimo Odoardo Farnese
e della serenissima Margherita di Toscana [], Firenze, Cecconcelli, 1628 (cito dal frontespizio).
64. Rinuccini, Descrizione, cit., p. 52: uno eccelso, e ricco tempio, tutto doro, di super-
bissima architettura, e pieno di statue, e altri ornamenti sacri, nel quale a un tempo compariro-
no, e dal Cielo la Pace in una nugola, e di sotto terra il suo trono.
35
SARA MAMONE
non mi par da indugiare a esercitar le macchine, e le musiche in sul luogo perch, co-
me ho detto, ogni magistero vuol lunga, e diligente pratica, altrimenti le cose van-
no per mala via e ne abbiamo gli anni passati, veduto lesempio e questo un gran
viluppo, perch, essendosi fatte le invenzioni delli intermedi e le musiche ancora da
diversi, ciascuno ha atteso al suo proprio, so che se non si viene presto in cognizione
di quelle difficult che si posson dar le macchine di questa con quella di invenzione,
e il simile le musiche, ci potremmo trovar tanto tardi al procurar il rimedio che le
difficolt saccrescessero.67
36
DRAMMATURGIA DI MACCHINE NEL TEATRO GRANDUCALE FIORENTINO
Fig. 1. Bernardo Buontalenti, Disegno per il prologo del Rapimento di Cefalo, 1600 (Lon-
don,Victoria & Albert Museum, E 1187/1931).
Fig. 2. Epifanio dAlfiano (da Bernardo Buontalenti), Anfitrite e la nave di Arione, v inter-
medio della Pellegrina (1589), 1592, acquaforte (Firenze, Biblioteca marucelliana, I, 400).
37
SARA MAMONE
Fig. 3. Epifanio dAlfiano (da Bernardo Buontalenti), LInferno, iv intermedio della Pelle-
grina (1589), 1592, acquaforte (Firenze, Biblioteca marucelliana, I, 399).
38
DRAMMATURGIA DI MACCHINE NEL TEATRO GRANDUCALE FIORENTINO
Fig. 5. Epifanio dAlfiano (da Bernardo Buontalenti), La contesa tra le Muse e le Pieridi, ii
intermedio della Pellegrina (1589), 1592, acquaforte (Firenze, Biblioteca marucelliana, I,
400).
Fig. 6. Remigio Cantagallina (da Giulio Parigi), Palazzo della Fama, i intermedio del Giu-
dizio di Paride, 1608, acquaforte (Firenze, Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi, 95763).
39
SARA MAMONE
Fig. 7. Remigio Cantagallina (da Giulio Parigi), Astrea scende sulla terra e riporta let delloro,
ii intermedio del Giudizio di Paride, 1608, acquaforte (Firenze, Gabinetto disegni e stampe
degli Uffizi, 95764).
Fig. 8. Federico Zuccari, Bozzetto preparatorio per il sipario della Cofanaria, 1565, disegno
a matita nera, acquerello e tempera bianca su carta tinta marroncina (Firenze, Gabinetto
disegni e stampe degli Uffizi, 11074 F).
Fig. 9. Stefano Della Bella (da Alfonso Parigi), Prima scena rapresentante Fiorenza, Le nozze
degli dei, 1637, acquaforte (Firenze, Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi, 102509).
40
DRAMMATURGIA DI MACCHINE NEL TEATRO GRANDUCALE FIORENTINO
Fig. 10. Giulio Parigi, Il giardino di Calipso, iii intermedio del Giudizio di Paride, 1608,
acquaforte (Firenze, Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi, 95765).
Fig. 11.Alfonso Parigi, Isola dAlcina, seconda mutazione della Liberazione di Ruggiero dallisola
dAlcina, 1625, acquaforte (Firenze, Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi, 2304 st. sc.).
41
SARA MAMONE
Fig. 13. Remigio Cantagallina (da Giulio Parigi), La nave di Amerigo Vespucci, iv intermedio
del Giudizio di Paride, 1608, acquaforte (Firenze, Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi,
95766).
Fig. 14. Remigio Cantagallina (da Giulio Parigi), La Fucina di Vulcano, v intermedio del
Giudizio di Paride, 1608, acquaforte (Firenze, Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi,
95767).
42
DRAMMATURGIA DI MACCHINE NEL TEATRO GRANDUCALE FIORENTINO
43
Anna Maria Testaverde
La memoria visiva dei modelli realizzati nel 1975 per la mostra Il luogo te-
atrale a Firenze, diretta da Ludovico Zorzi, resta viva e condizionante nelle-
segesi del cinquecentesco teatro degli Uffizi progettato per la corte medicea.1
Ritenuta gi dai contemporanei espressione matura di una pratica scenica da-
vanguardia altamente specializzata, quella duplice esperienza fiorentina di fine
secolo (1586, 1589) ha alimentato lhumus della spettacolarit di corte euro-
pea, ponendosi a modello per le riflessioni teoriche e le realizzazioni pratiche
di molti architetti, italiani e stranieri.2
1. Cfr. Il luogo teatrale a Firenze. Brunelleschi Vasari Buontalenti Parigi, catalogo della mostra a
cura di M. Fabbri, E. Garbero Zorzi e A.M. Petrioli Tofani, introd. di L. Zorzi [ordinato-
re] (Firenze, 31 maggio-31 ottobre 1975), Milano, Electa, 1975. I modelli furono nuovamente
esposti e commentati in Teatro e spettacolo nella Firenze dei Medici. Modelli dei luoghi teatrali, cata-
logo della mostra a cura di E. Garbero Zorzi e M. Sperenzi (Firenze, 1o aprile-9 settembre
2001), Firenze, Olschki, 2001. In partic. rinvio ad A.M. Testaverde, Il salone dei Cinquecento nel
palazzo della Signoria: laula regia. Integrazioni e aggiornamenti (ivi, pp. 157-159); Id., Palazzo degli
Uffizi: il teatro mediceo. Integrazioni e aggiornamenti (ivi, pp. 196-198). Cfr. inoltre le riflessioni di
S. Mazzoni, Ludovico Zorzi. Profilo di uno studioso inquieto, Drammaturgia, xi / n.s. 1, 2014,
pp. 9-137: 83-86.
2. La fortuna internazionale della tecnica scenica fiorentina stata oggetto, presso lUni-
versit degli studi di Firenze, di tesi e saggi condotti sotto la guida della prof. Sara Mamone.
Cfr. almeno, tra le numerose referenze scaturite da quella officina, S. Mamone, Firenze e Parigi
due capitali dello spettacolo per una regina. Maria de Medici (1987), Cinisello Balsamo (Mi), Silvana,
19882; A.M. Testaverde-S. Castelli, Le feste del Duca di Lerma nelle lettere degli ambasciatori
fiorentini. Influenze fiorentine, in Reprsentation, criture et pouvoir en Espagne lpoque de Philippe II
(1598-1621). Colloquio internazionale (Firenze, 14-15 settembre 1998), Firenze-Paris, Alinea-
Publications de la Sorbonne, 1999, pp. 49-68; C. Pagnini, Costantino de Servi, architetto-sceno-
grafo fiorentino alla corte dInghilterra (1611-1615), Firenze, Sef, 2006; S. Bardazzi, La furia icono-
clasta dellanno 1619. Le devastazioni nella cattedrale del castello di Praga nel resoconto in italiano di un
anonimo cronista, eSamizdat, v, 2007, 1-2, pp. 459-467. Gi in un mio precedente studio (cfr.
A.M. Testaverde, Lofficina delle nuvole. Il teatro Mediceo del 1589 e gli Intermedi del Buontalenti
nel Memoriale di Girolamo Seriacopi, Musica e teatro. Quaderni degli amici della Scala, vii,
1991, 11-12) mi convinsi che unindagine su Joseph Furttenbach, allievo dellaccademia degli
architetti Parigi e a lungo residente a Firenze, avrebbe arrecato apporti significativi per una
migliore conoscenza del teatro degli Uffizi. A tale fine sono state eseguite, sotto la mia guida,
le traduzioni dal tedesco di tutti i capitoli dedicati al teatro nei trattati del Furttenbach. Cfr.
S. De Gennaro, Lesperienza italiana nellopera teorica e pratica di Joseph Furttenbach, tesi di laurea,
Universit degli studi di Bergamo, a.a. 2003-2004 (relatore: prof. Anna Maria Testaverde). E v.,
in questo numero di Drammaturgia, il saggio di Sara Mamone.
3. La studiosa riteneva che sia la struttura vasariana fiorentina del 1565 che quella progetta-
ta da Vasari a Venezia nel 1542 fossero conformi ai modi tipici del teatro da sala [] con una di-
sposizione longitudinale delle assise, lungo le pareti maggiori dellambiente. Cfr. E. Povoledo,
Vasari, Giorgio, in Enciclopedia dello spettacolo, Roma, Le Maschere, 1962, vol. ix, coll. 1466-471:
1467. Ipotesi ripresa in N. Pirrotta, Li due Orfei. Da Poliziano a Monteverdi (1969), con un saggio
critico sulla scenografia di E. Povoledo, Torino, Einaudi, 19752, p. 415.
4. Al riguardo si vedano i fondamentali S. Mazzoni, O. Guaita, Il teatro di Sabbioneta,
Firenze, Olschki, 1985 e soprattutto S. Mazzoni, LOlimpico di Vicenza: un teatro e la sua perpe-
tua memoria (1998), Firenze, Le Lettere, 20102. Cfr. poi Id., Oltre le pietre: Vespasiano Gonzaga,
Vincenzo Scamozzi y el teatro de Sabbioneta, in Teatro clsico italiano y espaol. Atti delle giornate
diSabbioneta (25-27 giugno 2009), a cura di M. del V. Ojeda Calvo e M. Presotto, Valncia,
Publicacions de la Universitat de Valncia, 2013, pp. 11-52.
46
LAVVENTURA DEL TEATRO GRANDUCALE DEGLI UFFIZI
5. L. Zorzi, Il teatro e la citt. Saggi sulla scena italiana, Torino, Einaudi, 1977, p. 120.
6. Il luogo teatrale a Firenze, cit., p. 96, scheda 7.8.
7. [D. Mellini], Descrizione dellapparato della comedia et intermedii dessa; recitata in Firenze il
giorno di S. Stefano lanno 1565 nella gran sala del palazzo di sua eccellenza illustrissima nelle reali nozze
dellillustrissimo et eccellentissimo signore il signor don Francesco Medici principe di Fiorenza, et di Siena,
et della regina Giovanna dAustria sua consorte, Firenze, Giunti, 1566, p. 4.
8. I documenti sulla costruzione del teatro provvisorio vasariano sono stati editi da A.M.
Testaverde, Informazioni sul teatro vasariano del 1565 dai registri contabili, in Per Ludovico Zorzi, a
cura di S. Mamone, Medioevo e Rinascimento, vi/n.s. iii, 1992, pp. 83-95. Lipotesi vitru-
viana stata poi condivisa, anche in occasione seminariale, da Mazzoni, LOlimpico di Vicenza,
cit., p. 114. Devo agli anni di intenso lavoro con i colleghi fiorentini, con i quali ho trovato
piena rispondenza interpretativa, la decisione di tornare a ri-scrivere la storia di questo teatro
mediceo. Sulla teorizzazione vitruviana di Vasari segnalo la tesi di laurea, condotta sotto la gui-
da di Stefano Mazzoni e Siro Ferrone, di G. Anastasio, Il teatro vasariano del 1565: nuove ipotesi
di ricostruzione, Universit degli studi di Firenze, a.a. 1996-1997.
9. Cfr. A.M. Testaverde, Teorie e pratiche nei progetti teatrali di Giorgio Vasari, in Percorsi
vasariani tra le arti e le lettere. Atti del convegno di studi (Arezzo, 7-8 maggio 2003), a cura di M.
Spagnolo e P. Torriti, Montepulciano (Si), Le Balze, 2004, pp. 63-75. Cfr. anche M. Dezzi
47
ANNA MARIA TESTAVERDE
Bardeschi, Lapparire e lessere. Gli apparati del 1565 per le nozze di Francesco de Medici con Maria
Giovanna dAustria: palazzo Vecchio, Quaderni di teatro, iii, 1981, 12, pp. 173-200.
10. Lepisodio narrato nella Vita di Cristofano Gherardi, in G. Vasari, Le vite de pi
eccellenti pittori, scultori ed architettori, in Le opere di Giorgio Vasari, con nuove annotazioni e com-
menti di G. Milanesi, Firenze, Sansoni, 19062, to. vi, pp. 223-225 (p. 223 per la citazio-
ne). Sullesperienza veneziana restano sempre validi gli studi di D. McTavish, Apparato dei
Sempiterni, Venezia, per la commedia di Pietro Aretino, La Talanta, in Giorgio Vasari. Principi, letterati
e artisti nelle carte di Giorgio Vasari, catalogo della mostra a cura di L. Corti et al. (Arezzo, 26
settembre-29 novembre 1981), Firenze, Edam, 1981, pp. 112-116; G. Scocchera, Il programma
e lapparato. Contributi allo studio dellallestimento della Talanta, in Antropologia e Transculturalismo.
Roma e Venezia nel Rinascimento, Teatro e storia, x, 1995, 17, pp. 365-402; F. Mancini-M.T.
Muraro-E. Povoledo, I teatri del Veneto, i. to. i. Venezia, teatri effimeri e nobili imprenditori,
Venezia, Regione del Veneto, Giunta regionale-Corbo e Fiore, 1995, pp. 41-66. Una sintesi
delle notizie sullo spettacolo, tratte dalle vasariane vite degli artisti, si legge in T.A. Pallen,
Vasari on Theatre, Carbondale and Edwardsville, Southern Illinois University Press, 1999, pp.
92, 99-103. Sulla presenza a Venezia del Vasari e le sue relazioni artistiche in area veneta cfr.
The Ashgate Research Companion to Giorgio Vasari, a cura di D.J. Cast, Farnham, Ashgate, 2014.
11. Il medesimo Tiziano [Minio], quando il Vasari fece il gi detto apparato per li Signori
della Compagnia della Calza in Canareio, fece in quello alcune statue di terra e molti Termini.
Linformazione contenuta nella Vita di Jacopo Sansovino in Vasari, Le vite de pi eccellenti
pittori, scultori ed architettori, cit., to. vii, p. 516.
12. Nella giornata prescritta, fu la Piazza di Santo Stefano adobbata [] con palchi, o
pogioli in giro, in forma di Teatro, e nel mezzo era innalzato uneminente palco in forma
teatrale. Linformazione tratta da B. Giustinian, Historie cronologiche della vera origine di tutti
glordini equestri, e religioni cavalleresche [], Venezia, Combi e LaNo, 1672, p. 114. Cfr. anche
Scocchera, Il programma e lapparato, cit., p. 376, nn. 42-43.
13. La Sempeterna, nel celebrar la sua maggior festa, rappresent in Canal Grande la ma-
china del mondo, nel mezzo del quale cavuo & regalmente addobbato doro & di seta, furono
100 electissime gentildonne, le quali ballando al suono di ben cento stromenti musici, erano
48
LAVVENTURA DEL TEATRO GRANDUCALE DEGLI UFFIZI
tirate dolcemente da palaschermi & altri legni per lo corso dellacqua (F. Sansovino, Venetia
citta nobilissima et singolare [], Venezia, Farri, 1581, p. 152). Lattribuzione al Minio ribadita dal
gi citato Scocchera (rivedi nota precedente) e da L. Padoan Urban, Le feste sullacqua a Venezia
nel sec. XVI e il potere politico, in Il teatro italiano del Rinascimento, a cura di M. de Panizza Lorch,
Milano, Edizioni di Comunit, 1980, p. 493.
14. Cfr. A.M. Evangelista, Lattivit spettacolare della compagnia di San Giovanni Evangelista
nel Cinquecento, Medioevo e Rinascimento, xviii/n.s. xv, 2004, pp. 299-366: 326-327. La
scarsit di studi riguardanti gli scambi culturali sottesi allattivit teatrale dellaretino stata
rilevata anche da C. Conforti, Vasari architetto, Milano, Electa, 1993, pp. 68-69. La carenza di
documentazione grafica teatrale di sicura mano vasariana stata dibattuta e motivata da G. De
Angelis DOssat, Disegno e invenzione nel pensiero e nelle architetture del Vasari, in Il Vasari sto-
riografo e artista. Atti del congresso internazionale nel iv centenario della morte (Arezzo-Firenze,
2-8 settembre 1974), Firenze, Olschki, 1976, pp. 773-784; G. Marchini, Su i disegni darchitettura
del Vasari, ivi, pp. 101-108; R. William, Art, Theory and Culture in Sixteenth-Century Italy: from
Techne to Metatechne, Cambridge, Cambridge University Press, 1997.
15. Cfr. Il luogo teatrale a Firenze, cit., pp. 82-83, scheda 6.3.1.
16. Cfr. ivi, pp. 83-84, 94-95, schede 6.5.1.-6.5.6., 7.3.-7.5. Sulluso della sala del Papa v.
J. Bryce, The Oral World of the Early Accademia Fiorentina, Renaissance Studies, 1991, 1, pp.
77-103. Per una sintesi sulle accademie teatrali fiorentine: S. Mazzoni, Lo spettacolo delle acca-
demie, in Storia del teatro moderno e contemporaneo, diretta da R. Alonge e G. Davico Bonino, i.
La nascita del teatro moderno. Cinquecento-Seicento, Torino, Einaudi, 2000, pp. 869-904: 880-894
(con bibliografia).
17. Cfr. Il luogo teatrale a Firenze, cit., pp. 100-101, schede 7.15.-7.16.; Zorzi, Il teatro e la
citt, cit., pp. 210-212. Sullattivit del Lanci nel 1565, per la mascherata della Genealogia degli dei,
v. ora A.M. Testaverde, Il Libro delle figure delle maschere. Note per i ricamatori della Genealogia
degli dei, in La mascherata della Genealogia degli dei (Firenze, carnevale 1566). Le ricerche in corso. Atti
della giornata di studi (Firenze, 2 dicembre 2011), a cura di L. DeglInnocenti, E. Martini, L.
49
ANNA MARIA TESTAVERDE
udi dire duna comedia, la quale aveva avuto bellissimi intermedii. Il primo fu che
il palco salz e sotto vapparve una fucina di Vulcano; e al batter dei martelli sudiva
(e non si vedeva altro che gli uomini nudi che linfocato strale battevano) una mi-
rabil musica, dopo la quale si richiuse il palco. Dicevano ancra che al secondo atto,
essendo la scena sopra un perno che si voltava a poco a poco, che appena saccorsero
le brigate che la si volgesse, vi si vedde un teatro pieno di popoli e nel luogo del pal-
co una battaglia dalcune barchette in acqua, che facevano stupire in quella gran sala
tutti gli udienti. Fu al terzo atto chiusa Venere e Marte sotto la rete con una musica
damori concertata con variati strumenti ascosti, che larmonia cavava i cuori dei petti
per dolcezza alle persone. Al quarto atto dissero i galanti uomini che saperse il cielo
e si vidde tutti gli dei a convito splendidissimo e ricco e tanto ornato doro, argento,
vestimenti, ornamenti e gioie, che pareva impossibile essersi gli uomini imaginati
tanta pompa: nel qual convito sudirono molte sorte di concerti di musiche allegre e
divine. Al quinto atto gli dei di cielo, di terra, di selve e di mare, con le ninfe loro,
fecero su la scena diverse e mirabili danze.19
Dunque, nel 1565 lallestimento vasariano nel salone dei Cinquecento avreb-
be offerto uneccellente opportunit di applicazione di soluzioni gi collaudate,
ma arricchite da sperimentazioni proposte dal protetto del principe France-
sco, il Buontalenti proiettate verso lalienante spazialit del palcoscenico del
teatro degli Uffizi. Si pensi alla sistemazione dei cieli spezzati sul palcosceni-
co (cos li avrebbe definiti Nicol Sabbatini nel suo trattato),20 i buontalentiani
tirari del Cielo, perfezionati per azionare il congegno della macchina-nuvola
50
LAVVENTURA DEL TEATRO GRANDUCALE DEGLI UFFIZI
21. Cfr. Testaverde, Informazioni sul teatro vasariano del 1565, cit., p. 92. Per la macchina-
nuvola e per gli ingegni di memoria brunelleschiana impalcati nei festeggiamenti delle confra-
ternite fiorentine: N. Newbigin, Feste dOltrarno. Plays in Churches in Fifteenth-Century Florence,
Firenze, Olschki, 1996, in partic. i documenti contenuti nel vol. ii, pp. 283-752; Id., Greasing the
Wheels of Heaven. Recycling, Innovation and the Question of Brunelleschis Stage Machinery, I Tatti
Studies. Essays in the Renaissance, iii, 2007, pp. 201-241. Sui rapporti tra le macchine nuvo-
le e larte coeva cfr. A. Buccheri, The Spectacle of Clouds, 1439-1656. Italian Art and Theatre,
Farnham, Ashgate, 2014.
22. La lettera del Cini al Borghini si legge nel Carteggio artistico inedito di D. Vinc. Borghini,
raccolto e ordinato da A. Lorenzoni, Firenze, B. Seeber, 1912, p. 46; e v. Testaverde,
Informazioni sul teatro vasariano del 1565, cit., p. 93.
23. Cfr. Cantiere Uffizi, a cura di R. Cecchi e A. Paolucci, Roma, Gangemi, 2007.
24. Cfr. almeno, anche per la bibliografia pregressa: C. Conforti, Giorgio Vasari, Milano,
Electa, 2010; Vasari, gli Uffizi e il Duca, catalogo della mostra a cura di C. Conforti, F. Funis, F.
De Luca (Firenze, 14 giugno-30 ottobre 2011), Firenze, Giunti, 2011. Cfr. inoltre L. Satkowski,
Giorgio Vasari Architect and Courtier, Princeton, Princeton University Press, 1993; Giorgio Vasari
and the Birth of the Museum, a cura di M. Wellington Gahtan, Farnham, Ashgate, 2014.
25. Deliberazioni e partiti della fabbrica de 13 magistrati, a cura di C. Conforti, F. Funis,
Roma, Gangemi, 2007, p. 16.
26. Ricordo come a d 23 di Marzo [] si cominci la Fabrica de Magistrati alla Zecha in
fiorenza che havevo fatto modello et dal Duca mi fu fatta provisione di scudi centocinquanta (Il
Libro delle Ricordanze di Giorgio Vasari, a cura di A. Del Vita, Arezzo, Casa Vasari, 1927, pp. 83-84).
51
ANNA MARIA TESTAVERDE
27. Cfr. D. Lamberini, Il principe difeso. Vita e opere di Bernardo Puccini, Firenze, Giuntina,
1990; Id., Il Sanmarino: Giovan Battista Belluzzi architetto militare e trattatista del Cinquecento,
Firenze, Olschki, 2007.
28. Cfr. Lamberini, Il principe difeso, cit., p. 152.
29. Sulla costruzione del corridoio di collegamento cfr. G. Cataldi, La fabbrica degli Uffizi
ed il corridoio vasariano, Studi e documenti di architettura, 1976, 6, pp. 105-144; Il corridoio
vasariano agli Uffizi, a cura di C. Caneva, Cinisello Balsamo (Mi), Silvana, 2002; F. Funis,
Scavalcando il fiume: la costruzione del corridoio vasariano, Firenze 1565, in Architettura e tecnologia:
acque, tecniche e cantieri nellarchitettura rinascimentale e barocca, a cura di C. Conforti e A. Hopkins,
Roma, Nuova Argos, 2002, pp. 58-75; F. Funis, Il corridoio vasariano: idea, progetto e cantiere, in
Cantiere Uffizi, cit., pp. 377-391.
30. Archivio di stato di Firenze (dora in poi ASF), Magistrato di Nove, f. 3710, c. 173v.;
cit. in J. Lessman, Studien zu einer Baumonographie der Uffizien Giorgio Vasaris in Florenz, Bonn,
Rheinische Friedrich-Wilhelms Universitt, 1975, p. 339, doc. 185.
52
LAVVENTURA DEL TEATRO GRANDUCALE DEGLI UFFIZI
31. ASF, Magistrato di Nove, f. 3710, cc. 178v.-179r. (in Lamberini, Il principe difeso, cit., pp.
244-245).
32. ASF, Carteggio dartisti, ii, c. 76; cit. in Lessmann, Studien zu einer Baumonographie der
Uffizien, cit., p. 333, doc. 170.
33. ASF, Magistrato di Nove, f. 3710, cc. 178v.-179r. (in Lamberini, Il principe difeso, cit., p.
245).
34. Il Libro delle Ricordanze di Giorgio Vasari, cit., p. 101.
35. Manca unesatta ricostruzione dellintero complesso architettonico. Prezioso per tale ri-
costruzione il Ristretto delle bellezze della citt di Firenze di Giovanni de Bardi (gi citato in Zorzi,
Il teatro e la citt, cit., p. 218 n. 146). Varie sono le copie del testo del Bardi: a Firenze (Biblioteca
nazionale centrale, Palatino 917; Biblioteca riccardiana, ms. 2020) e a Siena (Biblioteca comu-
nale degli Intronati, ms. A.vi.42). Il testo ora edito: Giovanni de Bardi e il Ristretto delle bellezze
della citt di Firenze per Cristina di Lorena, a cura di E. Carrara, Pisa, ETS, 2014.
53
ANNA MARIA TESTAVERDE
36. Al palazzo di Piazza dove abita [il granduca] fa una giunta di pi di cinquanta stanze
con una sala per rappresentare commedie, il pavimento della quale sar pi alto da un lato che
da un altro acciocch non sia impedita la veduta a quelli che sono di dietro (cit. in Zorzi, Il
teatro e la citt, cit., p. 107).
37. A d 29 di detto aprile, in marted mattina a ore 13 si cant una Messa figurata
nella sala grande nuova sopra li Magistrati; e finita si dette principio a nuovo squittinio (Diario
fiorentino di Agostino Lapini dal 252 al 1596, ora per la prima volta pubblicato da Gius. Odoardo
Corazzini, Firenze, Sansoni, 1900, p. 199).
38. ASF, Guardaroba medicea, f. 114, c. 48d.
39. Cfr. Verso i nuovi Uffizi: progetti e realizzazioni recenti, catalogo della mostra a cura di
M.A. Lolli Ghetti, A. Paolucci (Firenze, 12-19 aprile 1999), Firenze, Giunti, 1999, p. 14.
40. ASF, Guardaroba medicea, f. 114, c. 48d.
41. B. de Rossi, Descrizione del magnificentissimo apparato e de maravigliosi intermedi fatti per la
commedia rappresentata in Firenze nelle felicissime nozze deglillustrissimi, ed eccellentissimi signori il signor
don Cesare dEste, e la signora donna Virginia Medici, Firenze, Marescotti, 1586.
42. Cfr. V. Rossi, Battista Guarini ed il Pastor fido. Studio biografico-critico con documenti
inediti, Torino, Loescher, 1886, p. 79. Daltra parte questi inserti guariniani sono registrati in
uno schema progettuale delle feste fiorentine conservato a Venezia presso il museo Correr (fon-
do Cicogna 537). Limportanza del codice gi stata sottolineata da Mazzoni, LOlimpico di
Vicenza, cit., p. 79 nota 41.
43. Nel febbraio del 1588 Luca Cortile, in una lettera indirizzata al duca Alfonso II dEste
in Ferrara, ricorda che Gioved mattina mentre andavamo alla messa in occhio, Sua Altezza
[Alfonso II dEste] entr in ragionamento di far recitare la comedia e mostr di havere animo
che si recitasse la Pastorale del Cavaliere Guarino, la quale mi disse che sperava di havere
54
LAVVENTURA DEL TEATRO GRANDUCALE DEGLI UFFIZI
(Archivio di stato di Modena [dora in avanti ASMO], Ambasciatori, Firenze, Luca Cortile, b. 28).
Questa e altre lettere sono parzialmente trascritte e commentate in I. Fenlon, Preparations for a
Princess: Florence 1588-89, in In cantu et in sermone. For Nino Pirrotta on his 80th birthday, a cura di
F. Della Seta-F. Piperno, Firenze, Olschki, 1989, pp. 259-281. Si vedano anche le missive del
Guarini indirizzate allamico Bardi in Lettere del signor cavaliere Battista Guarini nobile ferrarese. Di
nuovo in questa seconda impressione di alcune altre accresciute e dallautore stesso corrette, Venezia, Ciotti,
1594, pp. 74-77. Sul Pastor fido basti qui rinviare a L. Ricc, Ben mille pastorali. Litinerario
dellIngegneri da Tasso a Guarini e oltre, Roma, Bulzoni, 2004, passim.
44. Cfr. A.M. Testaverde, La scrittura scenica infinita: La Pellegrina di Girolamo Bargagli, in
Drammaturgia a pi mani, Drammaturgia, i, 1994, 1, pp. 23-38.
45. Cfr. Mazzoni, LOlimpico di Vicenza, cit., passim.
46. De Rossi, Descrizione, cit., p. 2.
47. M. Buonarroti Jr, Descrizione delle felicissime nozze della cristianissima maest di madama
Maria Medici regina di Francia e di Navarra, Firenze, Marescotti, 1600, p. 22.
48. C. Rinuccini, Descrizione delle feste fatte nelle reali nozze de serenissimi principi di Toscana
don Cosimo de Medici, e Maria Maddalena arciduchessa dAustria, Firenze, Giunti, 1608, p. 33.
55
ANNA MARIA TESTAVERDE
49. Alludo specialmente allerronea ricostruzione proposta da James M. Saslow nel suo pur
premiato volume The Medici Wedding 1589: Florentine Festival as Theatrum Mundi, New Haven-
London, Yale University Press, 1996, pp. 78-83. Lo studioso propone un palcoscenico a coulisses,
ignorando sia le ipotesi formulate dalla scrivente (1991) che i documenti iconografici scoperti
da A.R. Blumenthal, Giulio Parigis Stage Designs: Florence and the Early Baroque Spectacle, New
York-London, Garland, 1986, pp. 129-130. Gli inediti disegni, che consentivano di formulare
ipotesi ben diverse, da me condivise, sono ora analizzati in A.M. Testaverde, Michelangelo
Buonarroti il Giovane e le didascalie sceniche per il Giudizio di Paride, in Studi di storia dello spettacolo.
Omaggio a Siro Ferrone, a cura di S. Mazzoni, Firenze, Le Lettere, 2011, pp. 166-179 e figg. 1, 3.
Le due diverse ipotesi di ricostruzione del teatro degli Uffizi sono opportunamente registrate in
S. Mazzoni, Atlante iconografico. Spazi e forme dello spettacolo in occidente dal mondo antico a Wagner
(2003), Corazzano (Pisa), Titivillus, 20084, tavv. 162 e 165.
50. Si veda ad esempio il bel saggio di L. Vallieri, Prospero Fontana pittore-scenografo a
Bologna (1543), Drammaturgia, xi / n.s. 1, 2014, pp. 347-369, che conferma la necessit di
focalizzare gli studi su esperienze precedenti, in una fitta rete di sempre aggiornate relazioni.
51. Come ha sottolineato, tra gli altri, G. Adami, Scenografia e scenotecnica barocca tra
Ferrara e Parma (1625-1631), Roma, LErma di Bretschneider, 2003, pp. 25-38. Ma per una
riflessione filologica circa larchitettura militare e la scenotecnica buontalentiana v. C. Bino,
L'ordine meccanico. Tecnica e sapienza nel teatro degli Uffizi di Bernardo Buontalenti, tesi di dot-
torato in Storia dello spettacolo, Universit degli studi di Firenze, xiii ciclo, 2000, tutor:
Sara Mamone e Stefano Mazzoni. Alla studiosa si deve inoltre una ipotesi di ricostruzio-
ne del teatro degli Uffizi del 1589, ispezionabile anche su YouTube (https://www.youtube.
com/watch?v=exsIHLxaeqg), che non si discosta dallimpostazione del modello progettato
da Zorzi.
52. Il registro fu scoperto da A. Warburg, I costumi teatrali per gli intermezzi del 1589: i disegni
di Bernardo Buontalenti e il Libro di conti di Emilio de Cavalieri. Saggio storico-artistico, Atti dellac-
cademia del r. Istituto musicale di Firenze, xxiii, 1895, pp. 103-146. Lo studio sistematico di
tale fonte fu poi avviato, sotto la guida di Ludovico Zorzi, da F. Berti, Studi su alcuni aspetti del
diario inedito di Girolamo Seriacopiesui disegni buontalentiani per i costumi del1589, in Il teatro dei
Medici, a cura di L. Z., Quaderni di teatro, ii, 1980, 7, pp. 157-168; Id., I bozzetti per i costumi,
in La scena del principe, catalogo della mostra a cura di E. Garbero, A.M. Petrioli Tofani, L.
56
LAVVENTURA DEL TEATRO GRANDUCALE DEGLI UFFIZI
Si dice che il Gran Duca pensa a maritarsi presto, et si data commissione di metter
allordine una commedia, come dicono qui Regia, et il Signor Giovanni da Vernia
ander per odine del Gran Duca a Urbino a vedere quella che si reciter presto l, per
veder la maniera del recitare, s anco lapparato, et il Fortuna che negozia qui quando
occorre per il Signor Duca dUrbino disse che esso il signor Giovanni ha dato con-
to di questa sua gita, et non sa con che garbo vi voglia andare, non avendo servit
col Signor Duca, et manco amicizia di que paesi, et parer strano che vada di l di
questa maniera [] ha detto a me esso Signor Giovanni che lapparato ha da essere
il pi superbo che si sia fatto mai in nessuna parte, et che si star al manco otto mesi
a metterlo in ordine.53
Gli esiti di quella missione restano ancora poco noti e non sappiamo a quale
modello urbinate il granduca intendesse fare riferimento.54 La volont di re-
alizzare nellarco di otto mesi un nuovo teatro di corte, con il pi superbo
apparato che si sia fatto mai in nessuna parte, acceler lo smontamento dellar-
Zorzi [ordinatore] (Firenze, 1980), Firenze, Edizioni medicee, 1980, pp. 361-363. Infine, il
registro fu trascritto integralmente in Testaverde, Lofficina delle nuvole, cit., pp. 176-249.
53. ASMO, Ambasciatori, Firenze, Ercole Cortile, b. 28 (lettera del 28 febbraio 1588, cit. in
Fenlon, Preparations for a Princess, cit., p. 266 n. 16).
54. Cfr. Bino, L'ordine meccanico, cit., p. 77. Sullattivit teatrale alla corte urbinate, rinvio a
F. Piperno, Limmagine del duca. Musica e spettacolo alla corte di Guidobaldo II duca dUrbino, Firenze,
Olschki, 2001; Id., Spettacoli a Pesaro nel 1621 per nozze Medici-Della Rovere: sulla autonomia pro-
gettuale di una corte periferica, in Lo stupor dellinvenzione. Firenze e la nascita dellopera. Atti del
convegno internazionale di studi (Firenze, 5-6 ottobre 2000), a cura di P. Gargiulo, Firenze,
Olschki, 2001, pp. 87-103; P. Davidson, The Theatrum for the Entry of Claudia de Medici and
Federigo Ubaldo della Rovere into Urbino, 1621, in Court Festivals of the European Renaissance: Art,
Politics and Performance, a cura di R. Mulryne, Aldershot, Ashgate, 2002, pp. 311-334.
57
ANNA MARIA TESTAVERDE
redo buontalentiano della prima versione del teatro degli Uffizi. La vendita dei
materiali venne affidata alla Guardaroba granducale, in occasione dei festeg-
giamenti per le feste patronali di san Giovanni.55
In quei mesi il Cortile riferiva che il granduca pensava di voler mutare
parecchie volte la prospettiva di scena. Ci avrebbe imposto anzitutto il per-
fezionamento del palcoscenico e Ferdinando non era convinto di affidare il
lavoro al mitico Buontalenti, avendo a sua disposizione un altro abile archi-
tetto, lurbinate Francesco Paciotto.56 Due artisti rivali:
[il granduca] pensava di voler mutare parecchie volte la prospettiva di scena; et anco
lapparato della sala, et che le succederebbe facilmente poich aveva il Pacchiotto et
Bernardo delle Girandole, che fanno a gara a chi pu far meglio, et che chi voleva esser
ben servito in simil cose, bisognava haver uomini che sinvidiassero lun laltro; perch
ciascuno procura di far conoscere pi il suo valore; ma il Pacchiotto il principale et si
mostra che nelle cose di Bernardo vi sono molti errori, come nella fabbrica di Livorno.57
55. Per il riuso dellarredo del teatro nei festeggiamenti del 1588 si veda la Lettera allillustris-
simo eccellentissimo signor don Pietro Medici di Valerio Ruggieri sopra la festa fatta dal duca di Carroccio
nella festivit di San Giovambatista, Firenze 1588.
56. Sul personaggio: N. Ragni, Francesco Paciotti, architetto urbinate (1521-1591), Urbino,
Accademia Raffaello, 2001; A. Coppa, Francesco Paciotto architetto militare, Milano, Unicopli,
2002.
57. Lettera di Ercole Cortile al duca Alfonso II dEste, Firenze, 25 giugno 1588 (ASMO,
Ambasciatori, Firenze, Luca Cortile, b. 28, cit. in Fenlon, Preparations for a Princess, cit., p. 270 n. 29).
58. Cfr. Coppa, Francesco Paciotto architetto, cit., p. 103.
58
LAVVENTURA DEL TEATRO GRANDUCALE DEGLI UFFIZI
teatro i quali rinviano alle soluzioni del Buontalenti per la sala medicea degli
Uffizi, soprattutto per landamento curvilineo dellapparato.59
La decisione di assegnare allesperto Buontalenti la nuova versione del te-
atro degli Uffizi risult vincente. Le modalit dei suoi interventi per il nuovo
arredo del salone e soprattutto lorganizzazione tecnico-macchinistica, pen-
sata per un pi ampio palcoscenico, permisero di realizzare una struttura per
ludienza pi ridotta, a vantaggio della spazialit della scena. Lo prova il Me-
moriale del Seriacopi.
La soluzione storiografica di talune incongruenze presupponeva una parti-
zione del teatro in tre sezioni (andito-foyer; cavea con gradoni; palcoscenico),
ma richiedeva soprattutto un ulteriore studio architettonico degli ambienti
circostanti il salone. Per quanto riguarda limpianto semiellittico della cavea
e lincerta collocazione dellandito con soprastante balcone, stato proficuo
comparare il progetto con una idea di teatro formulata nel 1598 da Giorgio
Vasari il Giovane (fig. 5), un cortigiano che molto aveva meditato sui mano-
scritti e sui disegni del Puccini.60
Il foglio propone un originale impianto ottagonale pensato, come specifica
larchitetto, imitando gli Antichi e facendo la presente pianta dun gran Sa-
lone, o vero stanzon per recitarvi commedie, tragedie [] poi che anche le
giostre e simili tornei cavallereschi si possono fare.61 Lipotesi vasariana (solo
proposta o effettivamente realizzata?) una reinterpretazione dellidea di anfi-
teatro degli Antichi inscritta nel vano rettangolare di un salone. Per il lato di
accesso al teatro, Vasari jr proponeva sul lato breve del vano il congiungimento
delle due ali laterali della cavea mediante una struttura balconata sopraeleva-
ta (un ricetto) riservata al pubblico maschile: haviamo fatto due scale acci
gli uomini possono salire, e scendere, senza impedire le donne, e per non fare
confusione si sono fatti i gradi attorno anco per loro.62 Tale soluzione fa me-
glio comprendere lubicazione di quel balcone de pi degni situato sopra il
portale di accesso al teatro degli Uffizi e destinato nel 1589 ai musici. Gi nel
1600 (per le nozze di Maria dei Medici) il balcone-palco ospitava i pi impor-
59. Cfr. F. Mariano, Lo spazio del teatro nelle Marche, in Il teatro nelle Marche: architettura,
scenografia e spettacolo, a cura di F. M. Scritti di F. Battistelli, F. M., A. Pellegrino, Jesi-Fiesole,
Banca delle Marche-Nardini, 1997, p. 64. La pianta stata poi ampiamente discussa in Adami,
Scenografia e scenotecnica barocca, cit., pp. 74-75.
60. Cfr. Testaverde, Lofficina delle nuvole, cit., p. 87. Per un medaglione dellarchitetto: L.
Olivato, Profilo di Giorgio Vasari il Giovane, Rivista dellIstituto nazionale darcheologia e storia
dellarte, n.s., xvii, 1970, pp. 181-229.
61. G. Vasari il Giovane, La citt ideale. Piante di chiese (palazzi e ville) di Toscana e dItalia, a
cura di V. Stefanelli, introd. di F. Borsi, Roma, Officina, 1970, pp. 153-154.
62. Ivi, p. 154.
59
ANNA MARIA TESTAVERDE
Madama S.a con la Principessa di Urbino con le sue filliuole et dame era a vedere so-
pra la porta di detta sala in luogo incognito e non visibile da nessuno; et il Cardinale
de Medici con il Cardinal Capponi erono a una finestra della galleria con lo strato
rosso a vedere, et lambasciatore di Modena et di Lucca et quel di Venezia stettono
allaltre finestre a vedere.66
63. Cos il diarista Tinghi (cito da A. Solerti, Musica, ballo e drammatica alla corte medicea dal
1600 al 1637. Notizie tratte da un Diario con appendice di testi inediti e rari, Firenze 1905; rist. anast.
Bologna, Forni, 1969, p. 26).
64. Ibid.
65. ASF, Guardaroba medicea, f. 308, ins. 2, c. 160r.
66. Cos ancora il Tinghi (in Solerti, Musica, ballo e drammatica alla corte medicea, cit., pp.
174-175).
67. Spetta alla musicologa K. Harness (Echoes of Womens Voices: Music, Art, and Female
Patronage in Early Modern Florence, Chicago, University of Chicago Press, 2006, p. 15) il repe-
rimento del documento, ma la studiosa non ne ha colto n limportanza n la preziosa unicit.
60
LAVVENTURA DEL TEATRO GRANDUCALE DEGLI UFFIZI
Ad 7 ottobre 1624
Il Signor Conte Cesare Molza ambasciatore di Modona in Firenze fu invitato dal
Gran Duca per una [] del Signor Filippo Nicolini []. Per il quale invito and
lambasciatore e fu accompagnato dal Signor Cavalier Staffa cameriero del Gran
Duca, ritrovandovisi nel medesimo tempo li Signori ambasciatori lucchesi ordinario
e straordinario, che tolto in mezo lambasciatore di Modona se nandarono in galeria,
dove dal signor Cavalier Staffa fu applicata la terza finestra che guarda nel teatro al
signor ambasciatore di Modona con quelli di Lucca. Allora il Signor ambasciatore di
Modona domand al Signor Staffa per chi dovevano servire le altre due finestre, ri-
spose la prima per li signori Cardinali Medici e Capponi e la seconda per Monsignor
Nuncio, e con lui il residente di Venezia.68
Sappia dunque Vostra Altezza che quando si fanno feste nella sala grande, si sogliono
assegnare due finestre, che rispondono nella Galleria, una al Nuncio e laltra alli due
ambasciatori per servirsene a loro piacimento e lasciarvi accostare chi a loro piacesse.
Il Nuncio per non star quivi solo ha menato seco talvolta qualche personaggio fore-
stiero o un frate o un amico, s come questa volta vi invit il residente di Venezia,
senza che loro Altezze se ne siano impacciate punto. Quello non luogo pubblico,
anche le finestre restano tanto alte che dal piano della sala difficilmente si scorgono
quelli che vi sono, onde si pu dire che veggono e non sono veduti.69
ottobre 1624
Serenissimo padrone colendissimo
Intesi poi che a Palazzo vi era ordine di dare nella sala della rappresentatione allam-
basciatrice mia con carega di veluto il primo luogo e cos lesortai andarsene, comella
fece qual fu conforme lintentione trattata []. Aggiungo per qualificata considera-
tione che il signor Nuncio non si trov mai nel tempo che si fece la rapresentatione
col residente a quelle finestre, ma se ne stato sempre con li cardinali, restando solo il
residente a quella finestra e produsse causa che il popolo consider assai questa novit.70
Laffinit della sconosciuta pianta modenese del teatro degli Uffizi con una
cavea di forma poligonale (fig. 6) assai simile al disegno-progetto del nipote
del Vasari (fig. 5) a suo tempo messo a opportuno confronto con lincisione
del Callot (fig. 7) sollecita nuove ipotesi ricostruttive. Al nuovo impianto
68. ASMO, Ambasciatori, Firenze, Cesare Molza, b. 53, ins. 18, cc. 35r.-v.
69. Ivi, c. 36r.
70. Ivi, c. 42r.
61
ANNA MARIA TESTAVERDE
della sala e alla sua accertata partizione sar aggiunta la ricostruzione dellasset-
to misto del palcoscenico ancora organizzato con il sistema dei periaktoi, ma
con binari scorrevoli nel fondale.71 Lorganizzazione delle scene ruotanti, gi
studiata su disegni di Michelangelo Buonarroti il Giovane per lallestimento
de Il giudizio di Paride del 1608,72 risponde poi ai modelli registrati nelle pagi-
ne trattatistiche dellarchitetto tedesco Joseph Furttenbach.73
In quello scorcio di Seicento la cinquantennale storia del teatro degli Uffizi
stava ormai divenendo, a livello europeo, un modello tecnico museale visitato
dagli ospiti cittadini;74 un exemplum da descrivere su pagina, certo, ma tecnolo-
gicamente superato dalle sperimentazioni di architetti non direttamente allievi
del Buontalenti. La cristallizzazione del sistema macchinistico, divenuto or-
mai tecnologicamente obsoleto ed economicamente inaccettabile, ne decret
il saltuario utilizzo e quindi un inevitabile disuso. In prossimit dellennesimo
evento spettacolare nuziale mediceo (1637, nozze di Ferdinando II con Vit-
toria della Rovere) lallestimento delle Nozze degli dei fu trasferito nel cortile
della residenza dinastica di palazzo Pitti. La scelta venne allora imputata alla
gran calura estiva e alla pessima acustica dellormai desueto teatro degli Uffi-
zi.75 Lordine di smontare completamente il fastoso teatro di corte giunse il 10
dicembre 1636 quando il segretario Benedetto Guerrini ne dette incarico al
marchese di SantAgnolo del Castello di Firenze: Il Serenissimo Padrone ha
comandato che io dica a V.S. Ill.ma che faccia disfare la sciena della Comedia
che sta nel salone Reale et con q.sto la reverischo, De Pitti, l x di dicembre
1636.76 Il 14 dicembre si motivava lo smantellamento e la necessit di recupe-
rare i materiali ancora utilizzabili per lapparato nel cortile di Pitti:
62
LAVVENTURA DEL TEATRO GRANDUCALE DEGLI UFFIZI
der bisognando e che i ferramenti e legnami della scena vecchia che si disfa, si sal-
vino tutti i buoni per uso della presente festa et si tenga conto a chi si consegnano
e tutto fassi conforme al solito dellaltra volta che si fatto simil festa e la reverisco.
De Pitti, l 14 dicembre 1636
Di V.A. Ill.mo Devotissimo e Obbligatissimo
Benedetto Guerrini
-Il Provveditore Generale delle fortezze eseguisca quanto vi vien comandato da S.A.S.
in virt di questo biglietto. Data in Firenze li 15 dicembre 1636.
Gio. Medici Generale.77
Appendice
c. 43r.
Disegno della pianta del teatro degli Uffizi
A scena
B scenetta per li signori deputati alla sopraintendenza alla representatione
C banchi per il popollo
D gradi pieni di dame
E gradi pieni di gentilomini
F Arciduchessa
G Arciduca
H ambasciatore dellImperatore
I don Louis Bracco ambasciatore cattolico
L Gran Duca
M ambasciatore di Spagna
N principe don Lorenzo
O principessa Margaritta
P principessa Anna
63
ANNA MARIA TESTAVERDE
c. 54v.
La domenica doppo desinare si stette discorrendo aspettandosi lora della rapresenta-
tione che si principi allAve Maria.
Nel qual teatro erano accomodati su gradi divisi con tavole [dallo] oltre da ducen-
to cinquanta dame, la met per parte contigue alla scena, poi i rimanente de gradi
pieni di gentiluomini, la maggior parte forestieri, per mezzo su le banche de genti-
luomini mariti di quelle dame, poi altri della citt, ma con spatio che stessero larghi
senza tomulto.
Larciduchessa con tutti i Principi et dame di palazzo stavano inanzi della scena su
careghe per lordine infrascritto.
Serenissima signora Arciduchessa
Serenissimo signor Arciduca
Serenissimo Gran Duca
Eccellentissimo principe Savelli ambasciatore cesareo
Eccellentissimo duca di Pastrana ambasciatore cattolico
Eccellentissimo don Louis Bravo ambasciatore cattolico allArciduca
Eccellentissimo signor Principe Lorenzo
c. 55r.
Tutti i soprascritti sedevano per ordine del pari in careghe di valuto cremisino.
Innanzi di quelli sedevano del pari in seggiole pi basse assai
Eccellentissima signora principessa Margarita
Eccellentissima signora principessa Anna figliuole della serenissima Arciduchessa
Eccellentissimo signor principe Gio Carlo
64
LAVVENTURA DEL TEATRO GRANDUCALE DEGLI UFFIZI
65
ANNA MARIA TESTAVERDE
Fig. 1. Ipotesi di ricostruzione dellapparato teatrale realizzato da Giorgio Vasari nel 1565
nel salone dei Cinquecento in palazzo Vecchio a Firenze (Ludovico Zorzi-Cesare Lisi
1975. Provincia di Firenze).
66
LAVVENTURA DEL TEATRO GRANDUCALE DEGLI UFFIZI
Fig. 2. Ipotesi di ricostruzione del fiorentino teatro Mediceo degli Uffizi con lapparato
buontalentiano del 1589: veduta della sala (Ludovico Zorzi-Cesare Lisi 1975. Provincia
di Firenze).
Fig. 3. Ipotesi di ricostruzione in pianta del teatro Mediceo degli Uffizi, versione 1589
(Annamaria Testaverde-Saverio Balli 1990. Da Testaverde 1991, p. 28, fig. 7).
67
ANNA MARIA TESTAVERDE
68
LAVVENTURA DEL TEATRO GRANDUCALE DEGLI UFFIZI
69
Caterina Pagnini
1. Pubblico qui una prima stesura dei risultati scientifici, in parte conseguiti e in parte
in via di approfondimento documentario, bibliografico e iconografico, sulla figura di Anna
di Danimarca. Si tratta quindi di un work in progress attualmente mirato sulle fonti conservate
presso gli archivi italiani, in partic. lArchivio di stato di Firenze (dora in poi ASF) e che poi si
focalizzer sui fondi archivistici londinesi.
2. La produzione saggistica di area anglofona sul masque del periodo elisabettiano, giacobino
e carolino estesissima; basti qui ricordare i lavori fondanti di E.K. Chambers, The Elizabethan
Stage, Oxford, Oxford University Press, 1923, 4 voll.; E. Welsford, The Court Masque. A
Study in the Relationship between Poetry and the Revels, Cambridge, Cambridge University Press,
1927; A. Nicoll, Stuart Masques and Renaissance Stage, London, Harrap, 1937; G.E. Bentley,
The Jacobean and Caroline Stage, Oxford, Clarendon Press, 1941-1968, 7 voll.; D. Bergeron,
Twentieth Century Criticism of English Masques, Pageants and Entertainments: 1558-1642, San
Antonio, Trinity University Press, 1972; R. Strong, Art and Power: Renaissance Festivals, 1450-
1650, Woodbridge, Boydell, 1984 (1a ed. 1973); S. Orgel, The Illusion of Power: Political Theatre
in the English Renaissance, Berkeley, University of California Press, 1975; D. Lindley, The Court
Masque, Manchester, Manchester University Press, 1984; J. Peacock, The Stuart Court Masque,
Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, lvi, 1993, pp. 183-208. Tra i pi recenti stu-
di: The Politics of the Stuart Court Masques, a cura di D. Bevington e P. Holbrook, Cambridge,
Cambridge University Press, 1998; J. Astington, English Court Theatre 1558-1642, Cambridge,
Cambridge University Press, 1999; The Cambridge History British Theatre, i. Origins to 1660, a
cura di J. Milling e P. Thomson, Cambridge, Cambridge University Press, 2004; Localizing
Caroline Drama: Politics and Economics of the Early Modern English Stage, 1625-1642, a cura di A.
Zucker e A.B. Farmer, New York, Macmillan, 2006; D. Lewcock, Sir William Davenant, the
Court Masque and the English Seventeenth Century Scenic Stage, c1605-c1700, Amherst, Cambria
Press, 2008; K. Curran, Marriage, Performance and Politics at the Jacobean Court, Farnham,
Ashgate, 2009; B. Ravelhofer, The Early Stuart Masque: Dance, Costume and Music, Oxford,
Oxford University Press, 2009; G. Heaton, Writing and Reading Royal Entertainments, Oxford,
Oxford University Press, 2010; R. Dutton, The Oxford Handbook of Early Modern Theatre,
Oxford, Oxford University Press, 2011; L. Shohet, Reading Masques: The English Masque and
Public Culture in the Seventeenth Century, Oxford, Oxford University Press, 2011.
3. Della riabilitazione politica e culturale di Giacomo I e della sua corte si ampiamen-
te trattato in C. Pagnini, Costantino de Servi, architetto-scenografo fiorentino alla corte dInghilterra
(1611-1615), Firenze, Sef, 2006, pp. 19-52, cui si rimanda per ulteriori approfondimenti e per la
bibliografia. In questa sede vale la pena citare il volume di G.P.V. Akrigg, Jacobean Pageant or The
Court of King James I, New York, Atheneum, 1978, uno dei primi saggi scientifici che propone
una buona ricostruzione del regno del sovrano britannico, affiancandone i tratti politici alle
tendenze culturali, sociali e spettacolari. Inoltre si citano i pi recenti W.B. Patterson, King
James VI and I and the Reunion of Christendom, Cambridge, Cambridge University Press, 1998; J.
Travers, James I: the Masque of Monarchy, London, The National Archives, 2003; A. Stewart,
The Cradle King: a Life of James VI and I, New York, St. Martins Press, 2004; James VI and I:
Ideas, Authority and Government, a cura di R.A. Houlbrooke, Aldershot, Ashgate, 2006; K.P.
Walton, Leanda de Isle. After Elizabeth: the Rise of James of Scotland and the Struggle for the Throne
72
ANNA DI DANIMARCA E I QUEENS MASQUES
of England, The Journal of British Studies, xlvi, 2007, 1, pp. 170-171; J. Rickhard, Authorship
and Authority. The Writings of James VI and I, English Historical Review, cxxvii, 2012, pp.
173-175.
4. La bibliografia su Anna di Danimarca piuttosto scarna; la prima pionieristica mo-
nografia sulla regina risale al 1970, un lavoro che, sebbene tracci un profilo biografico piutto-
sto dettagliato, si focalizza principalmente sui tratti familiari e sul contesto della corte, quasi
ignorando lattivit politica, culturale e spettacolare della regina (cfr. E.C. Williams, Anne of
Denmark. Wife of James VI of Scotland: James I of England, Harlow, Longmans, 1970). Il contri-
buto fondamentale quello dello studioso shakespeariano Leeds Barroll che nella sua biografia
culturale dedicata alla regina inglese delinea un profilo politico e culturale finalmente ade-
guato (cfr. L. Barroll, Anna of Denmark, Queen of England. A Cultural Biography, Philadelphia,
University of Pennsylvania Press, 2001, preceduto dal contributo preparatorio Id., The Court of
the First Stuart Queen, in The Mental World of the Jacobean Court, a cura di L. Peck, Cambridge,
Cambridge University Press, 1991, pp. 191-208). Lo studio di Barroll ha aperto nella produzio-
ne scientifica anglofona una strada che stata, in anni recenti, oggetto privilegiato per gli studi
di gender che, pur apportando notevoli contributi alla restituzione del personaggio, tendono a
spostare i diversi approfondimenti sempre in direzione della medesima prospettiva storiografica
neo-femminista: si veda lo studio di B. Kiefer Lewalski, Enacting Opposition: Anne of Denmark
and the Subversions of Masquing, in Id., Writing Women in Jacobean England, Cambridge, Harvard
University Press, 1993, pp. 15-43, e cfr. i pi recenti C. McManus, Women on the Renaissance
Stage. Anna of Denmark and Female Masquing in the Stuart Court (1590-1619), Manchester,
Manchester University Press, 2002; C. Thomas, Politics and Culture The Role of Queen Anna
of Denmark at the Jacobean Court, https://www.academia.edu/1023265/Politics_and_Culture_
the_Role_of_Queen_Anna_of_Denmark_at_the_ Jacobean_Court (ultimo accesso: 15 luglio
2015); oltre a Curran, Marriage, Performance, and Politics at the Jacobean Court, cit., che, pur essen-
do un saggio scientifico di moderna concezione, non prende in considerazione la derivazione
fiorentina della cultura rinascimentale della corte di Giacomo, Anna e Enrico. Pi inquadrati sul
versante politico della corte giacobina e sul ruolo strategico giocato dalla consorte di Giacomo
I i saggi di D. Stevenson, Scotlands Last Royal Wedding: the Marriage of James VI and Anne of
Denmark, Edinburgh, Donald, 1996 e di L. Roper, Unmasking the Connections between Jacobean
Politics and Policy: the Circle of Anna of Denmark and the Beginning of the English Empire 1614-1618,
in High and Mighty Queens of Early Modern England, a cura di D. Barret-Graves, New York,
Macmillan, 2003, pp. 45-59. Fra gli studi non pubblicati degna di menzione, perch foca-
lizzata sullanalisi dei masques organizzati dalla regina Anna, la dissertazione dottorale di K.L.
Middaugh, The Golden Tree: The Court Masques of Queen Anna of Denmark, discussa nel 1994
alla Case Western Reserve University. Si veda inoltre Pagnini, Costantino de Servi, cit., passim.
73
CATERINA PAGNINI
Anna lived for pleasure, passing her time moving from one of the palaces as-
signed to her to the next []. She deliberately avoided politics, devoting her-
self instead to dancing, court entertainments, and the designs and decoration
of her houses and gardens.5
Il giudizio da imputarsi principalmente a due fattori; lerrata assunzio-
ne, nella maggior parte delle ricostruzioni storiche, del ruolo accentratore di
Giacomo I, emblema di un potere monarchico egemonico e di una corte cen-
tripeta e monolitica; la seconda e conseguente considerazione, che egli mo-
nopolizzasse tutti i settori dellattivit di corte e, da qui, che la regina Anna,
avendo uninfluenza irrilevante nella vita e nella gestione della household reale,
non fosse un soggetto interessante per gli studi. Lindifferenza critica nei con-
fronti della regina stata ulteriormente rafforzata dalla tendenza della maggior
parte delle biografie giacobine a concentrarsi prevalentemente sul periodo suc-
cessivo al 1614, ossia sugli ultimi anni di vita della reale consorte (morta nel
1619), quasi ignorando la prima decade del regno considerata esclusivamente
dal fuorviante punto di vista dellanticipazione degli avvenimenti cruciali e
delle crisi politiche degli anni successivi.
5. R. Strong, Henry Prince of Wales and Englands Lost Renaissance, New York, Thames &
Hudson, 1986, p. 16. Anna visse esclusivamente per il divertimento, passando il tempo a spo-
starsi da un palazzo allaltro []. Evit deliberatamente gli affari politici, dedicandosi invece alla
danza, agli intrattenimenti di corte, alla ristrutturazione e alla decorazione delle sue residenze
e ai giardini (mia la traduzione).
6. Cfr. nota 1.
74
ANNA DI DANIMARCA E I QUEENS MASQUES
7. Per il regesto completo delle filze del fondo Mediceo del principato che contengono le
corrispondenze dei residenti fiorentini a Londra cfr. C. Pagnini, Begli Umori Capricciosi.
Fiorentini alla corte dInghilterra: lattivit del residente mediceo Ottaviano Lotti (1603-1614) e la vicenda
di Costantino de Servi, architetto, scenografo, pittore (1611-1615), tesi di laurea in Storia del teatro e
dello spettacolo, Universit degli studi di Firenze, Facolt di lettere e filosofia, a.a. 2001-2002
(relatore: prof. Sara Mamone), cui si rimanda anche per la trascrizione integrale delle lettere
(vol. ii).
8. Sulla numerosa presenza italiana a Londra si vedano i sempre attuali G.S. Gargano,
Scapigliatura italiana a Londra sotto Elisabetta e Giacomo, Firenze, Battistelli, 1923 e Relazioni di
ambasciatori veneti al Senato. Tratte dalle migliori edizioni disponibili e ordinate cronologicamente, i.
Inghilterra, a cura di L. Firpo, rist. anast. Torino, Bottega dErasmo, 1965 (registrate anche
in Calendar of State Papers and Manuscripts, relating to English Affairs, existing in the Archives and
Collections of Venice [], a cura di R. Brown et al., London, Longman-Roberts-Green, 1864-
1947, voll. x-xv, 1603-1619). Per la migrazione di residenti, ambasciatori e artisti fiorentini nelle
pi importanti corti dEuropa si veda anche S. Bardazzi, Sguardi fiorentini sullImpero. Notizie
dei residenti fiorentini presso la corte cesarea a Praga e Vienna da Massimiliano II a Ferdinando II, tesi di
laurea in Storia del teatro e dello spettacolo, Universit degli studi di Firenze, Facolt di lettere
e filosofia, a.a. 2003-2004 (relatore: prof. Sara Mamone).
9. Sul matrimonio fra Elisabetta e Federico: Strong, Henry Prince of Wales, cit., pp. 73-79.
Sui festeggiamenti per le nozze cfr. Pagnini, Costantino de Servi, cit., pp. 239-263.
75
CATERINA PAGNINI
Hoggi il giorno 29 ho havuto Udienza privata dalla Maest della Regina e perch le
havevano gi fatta condurre la cassa, venuta di Parigi segretamente [] ho trovata Sua
Maest di tutto molto soddisfatta, e in particulare di alcune Immagini di Santi che
dice Sua Maest che vi erano. ben vero che alcune figurine si sono trovate rotte,
ma Sua Maest mi dice che le far accomodare facilmente; e con loccasione di queste
santissime immagini ha liberamente Sua Maest proceduto a dirmi e a confessarmi di
essere Cattolica e di non desiderare altro che lesaltazione della Santa madre Chiesa
e che sia pregato Iddio che la conservi in questo buon proposito, e che non resta ne i
propositi che occorrono fare grandi offizi con il Re sopra di questo, ma che bisogna
10. Per lesperienza londinese dellarchitetto fiorentino: ivi, passim, in partic. pp. 153-310.
11. Per Ottaviano Lotti: ivi, in partic. pp. 103-152 e Id., Ottaviano Lotti residente mediceo
a Londra (1603-1614), Medioevo e Rinascimento, xvii/n.s. xiv, 2003, pp. 323-408. Sulle
trattative per il matrimonio fra Enrico e Caterina: J.D. Mackie, Negotiations between King James
VI and I and Ferdinand I [], London-New York, Milford for St. Andrew University-Oxford
University Press, 1927; R. Strong, England and Italy: the Marriage of Henry Prince of Wales, in
For Veronica Wedgwood These: Studies in Seventeenth-Century History, a cura di R. Ollard e P.
Tudor-Craig, London, Collins, 1986, pp. 59-87; Id., Henry Prince of Wales, cit., pp. 42-80;
Pagnini, Costantino de Servi, cit., pp. 130-152.
76
ANNA DI DANIMARCA E I QUEENS MASQUES
Sette anni pi tardi il residente Lotti si intrattiene nella Galleria dei ritrat-
ti con la regina, ormai ambientatasi nelle sue residenze e con la household ben
organizzata, perfettamente a suo agio nelle questioni politiche e diplomatiche
pi delicate (le trattative con le corti dEuropa per il matrimonio di Enrico),
verso le quali non esita ad assumere apertamente posizioni perentorie e in con-
trasto con la volont del consorte:
Nel passeggiare Sua Maest nella sua solita Galleria piena di ritratti, e fra i quali ella
metter hora quelli dei Serenissimi Patroni, ella dando docchio al ritratto di Madama
Arabella parl compassionevolmente della miseria di lei; e voltatasi poi a quello della
Regina di Spagna, me lo mostr, e mostr ancho quello della piccola Infanta. Onde io,
che vivo con ansiet di rendere humilissimo servitio presi arditamente occasione e dissi:
Io vedo quella Piccola Principessa Regina dInghilterra, se la poca et non limpedi-
sca; rispose Sua Maest: Non so quello che sar, ma let non pu gi guastare, perch
molto pi tempo ha il Re mio marito di me che il Principe dInghilterra dellInfanta
di Spagna. Non ha dubbio che Sua Maest piega a quella banda, ma nel ragionare mo-
stra pi desiderio che speranza della conclusione. Io soggiunsi: Si dice per cosa certa
che il Marescial Lavardino viene anchegli per trattare di dare Madama di Francia al
Principe dInghilterra; risentitamente rispose Sua Maest: Perdio che ci non sar mai
e ne maledirei mio figliolo in eterno. Perch Madama, domandai io: Perch non mi
piace, risposella, e perch io non voglio Figliole duno che ha haver quattro moglie.
Noi, soggiunse ella, tratteremo pi facilmente con il Granduca vostro Signore, e io
che mi feci lontano dal quel pensiero, mostrai di cadere allimprovviso in una estre-
ma allegrezza e dissi: Se ci seguir mai, faccio voto di visitare il Sepolcro Santissimo,
e seguitai: Veda Vostra Maest quanto benedetta da Iddio quella Serenissima Casa,
che gli Imperatori, tutti i Gran Re di Christianit, ogni Principe supremo brama di
congiungersi seco, veda per esempio il Governo delle due Regine di Francia di Casa
Medici, e quello della presente particolarmente, se vuole conoscere con perfetto amore
12. Alfonso Montecuccoli alla segreteria granducale, Winchester, 29 ottobre 1603, ASF,
Mediceo del principato, f. 4186, cc. n.n. Per la trascrizione integrale del doc. si veda Pagnini, Begli
Umori Capricciosi, cit., vol. ii, doc. 11. Riguardo alla fede cattolica della regina, che Giacomo I
le permise di praticare a corte e di cui molto veniamo a sapere dalle corrispondenze dei residenti
medicei, cfr. lappendice documentaria in Barroll, Anna of Denmark, cit., pp. 162-172.
77
CATERINA PAGNINI
di madre e di moglie, e questa bont si deve cercare e lasciare ognaltra cosa oltre che
si sa quanto quella felicissima Casa sia feconda di prole, e Vostra Maestr potr guada-
gnare una nuora e una servitrice, se mai si unisse a questa, di che io voglio ogni giorno
pregare Sua Maest (e Vostra Maest, soggiunsi io, pu bene honorar me povero humi-
lissimo servo per amore de miei Serenissimi Padroni, e per laffetione che le Altezze
le portano pu accennarmi qualcosa). Allhora che si comincer a ragionare di dare
moglie al Serenissimo Principe e la Maest Sua che accett in buonissima parte tutto
quel che io dicevo, mi promesse di farlo, e io lo spero e godo estremamente per i miei
disegni desser arrivato a questo punto, perch Sua Maest liberissima nel parlare bi-
sogna pertanto che io vada sempre procacciando occasione di rivedere la Maest Sua.13
13. Ottaviano Lotti a Belisario Vinta, Londra, inserto del 26 gennaio 1610 [ma 1611], ASF,
Mediceo del principato, f. 4189, cc. n.n. Le trattative per il matrimonio di Enrico Stuart si leggono
in Pagnini, Costantino de Servi, cit., pp. 130-152.
14. Whitehall Palace, in origine York Place, di propriet del cardinale Wolsey, fu acquisito
nel 1530 da Enrico VIII che lo fece ampliare. Giacomo I, al suo arrivo a Londra come nuovo
monarca, lo ristruttur commissionando a Inigo Jones, fra il 1619 e il 1622, la realizzazione della
Banqueting House; e si sa che Carlo I affid a Rubens la decorazione della volta del salone, cul-
minante nellApoteosi di Giacomo I (cfr. R. Strong, Britannia Triumphans: Inigo Jones, Rubens and
Whitehall Palace, London, Thames & Hudson, 1980). Prima dellincendio del 1698, che port
alla sua quasi totale distruzione, Whitehall era il pi grande palazzo reale europeo, quasi una
cittadella dentro la citt di Londra, con pi di millecinquecento stanze e una struttura piuttosto
irregolare dovuta ai numerosi interventi di ampliamento susseguitisi per volont dei diversi
monarchi. Cfr. G.S. Dugdale, Whitehall through the Centuries, London, Phoenix House, 1950;
S. Thurley, Whitehall Palace. An Architectural History of the Royal Apartments, 1240-1698, New
Haven, Yale University Press, 1999; E. Sheppard, The Old Royal Palace of Whitehall (1902), rist.
anast. Charleston, Nabu Press, 2010.
78
ANNA DI DANIMARCA E I QUEENS MASQUES
15. Somerset House, sul lato sud dello Strand lungo il corso del Tamigi, era stata la re-
sidenza privata della principessa Elisabetta Tudor nei mesi precedenti alla sua incoronazione
(1558). Con la ascesa al trono di Giacomo la residenza fu assegnata alla regina consorte Anna
che la fece ampliare da Inigo Jones. Cfr. N. Webster, Somerset House: Past and Present, London,
Unwin, 1905; J. Newmann-A. Hornak, Somerset House: Splendour and Order, London, Scala
Books, 1990.
16. Greenwich Palace, nel Kent, a sud della Torre di Londra lungo il Tamigi, vide la nascita
di Enrico VIII e delle figlie Maria ed Elisabetta, future regine dInghilterra, che la elessero a
residenza privata anche durante gli anni dei rispettivi regni. Sotto Giacomo I il palazzo e il suo
parco furono assegnati alla consorte Anna. Tra il 1614 e il 1617 la regina commission a Inigo
Jones la completa ristrutturazione del palazzo e la costruzione, a sud, di un nuovo edificio; lar-
chitetto, appena rientrato dal suo grand tour italiano e quindi ben consapevole dei principi archi-
tettonici del classicismo filtrati dai modelli romani, rinascimentali e palladiani, costru quello
che oggi lunico edificio rimasto del complesso di Greenwich, la Queens House, ispirata alla
villa medicea di Poggio a Caiano; il nuovo pavillon venne portato a termine, dopo linterruzione
dei lavori nel 1618 per la malattia e la morte della regina Anna (1619), solo dopo il 1629, quando
Carlo I assegn la residenza alla consorte Henrietta Maria. Cfr. P. van der Merwe, The Queens
House: Greenwich, London, Scala, 2012.
17. Sulle residenze reali inglesi, in partic. su quelle della dinastia Stuart: N. Williams,
Royal Homes of Great Britain from Medieval to Modern Times, London, Lutteworth Press, 1971 e
J.E. Adair, The Royal Palaces of Britain, New York, Potter, 1981.
18. Cfr. McManus, Women on the Renaissance, cit.
79
CATERINA PAGNINI
19. Queste pratiche consuete sono documentate dai libretti di Daniel e di Jonson. Si veda-
no le introduzioni autoriali ai masques di Samuel Daniel e Ben Jonson in Court Masques: Jacobean
and Caroline Entertainments 1605-1640, a cura di D. Lindley, Oxford, Oxford University Press,
1995.
20. Ivi, p. 35. Sua Maest (ben sapendo che il successo di questi spettacoli sta nella varie-
t) mi comand di pensare a qualche danza, o spettacolo, che potesse precedere il suo masque e
avesse la funzione di antagonista o falso-masque (mia la traduzione).
21. Ibid. Dodici donne, in costume da streghe, introducendo le personificazioni della
80
ANNA DI DANIMARCA E I QUEENS MASQUES
Non c dubbio che sotto legida della reale consorte vengano prodotti i
masques dellera giacobina che codificano definitivamente il genere, confer-
mando lindipendenza delle scelte della regina e la sua attivit spettacolare
ben identificata e volutamente distinta da quella del re; come il figlio Enrico
ella ama le commedie che si rappresentano nei teatri pubblici, protettrice di
compagnie di attori e si dedica alla danza che pratica con particolare talento
sia negli intrattenimenti privati che sulla scena di corte. Lufficio dei Queens
Revels testimonia il ruolo attivo di una sovrana rinascimentale che produce
spettacoli per se stessa e per le sue dame (Queens and Ladiess masques). Per-
ci pu essere affiancata allesempio, di non molto precedente, di Margherita
Gonzaga, figlia di Guglielmo Gonzaga duca di Mantova e di Eleonora dAu-
stria e terza moglie di Alfonso II dEste, duca di Ferrara. Margherita, dal suo
arrivo nella capitale estense, propone alla corte per pi di un ventennio, dal
1571 al 1597, la tipologia del ballo delle dame o ballo della Duchessa, un
appuntamento spettacolare di grande rilievo e risonanza, con vasto impiego
di mezzi allestitori.22
Dopo gli intensi anni trascorsi alla corte scozzese, durante i quali Anna
ebbe modo di farsi notare per il suo impegno politico e per le sue frequenti e
poco gradite incursioni nelle decisioni del consorte reale,23 in Inghilterra
che Anna pu dedicarsi a soddisfare il suo interesse per lo spettacolo, inteso
come tramite metaforico-politico autocelebrativo, creando un polo di attra-
zione, se non opposto, diverso dalla corte del re e seme forte della sua ideo-
logia volutamente alternativa al potere del sovrano.
Fin dal suo arrivo a Londra la regina imposta il calendario spettacolare in-
glese in modo che lallestimento dei suoi spettacoli, i citati Queens Masques,
coincida con lappuntamento pi importante delle feste annuali: la notte
dellEpifania (Twelfth Night) che dal 1604, anno della prima rappresentazione
di un masque di Anna, diventa levento rappresentativo pi dispendioso.24 Da
Ignoranza, del Sospetto e della Credulit [], opposte alla buona Fama, eseguono il Prologo,
non come un masque, ma uno spettacolo bizzarro, con molteplicit di gesti (traduzione mia). Su
The Masque of Queens: Pagnini, Costantino de Servi, cit., pp. 168-198.
22. Si vedano, ad esempio, il Gran ballo del carnevale del 1582, a soggetto pastorale, per otto
dame in ruoli di ninfe e pastori e il Ballo armato del 1594, per dodici dame, di cui sei in effigie di
guerriere. Cfr. M. Padovan, Il Ballo della Duchessa. Margherita Gonzaga coreografa e ballerina (1579-
1597), in Le lombarde in musica, Roma, Colombo, 2008, pp. 41-53 e Id., Il Cinquecento, in Storia
della danza italiana dalle origini ai nostri giorni, a cura di J. Sasportes, Torino, edt, 2011, pp. 48-52.
23. Il periodo di Anna come regina di Scozia uno dei pi significativi dal punto di vista
politico. La sua ricostruzione storiografica servita non poco alla rivalutazione del personag-
gio storico per quanto riguarda la fase inglese. Cfr. Williams, Anne of Denmark, cit., pp. 1-68;
Barroll, Anna of Denmark, cit., pp. 14-35.
24. Cfr. Pagnini, Costantino de Servi, cit., pp. 168-198.
81
CATERINA PAGNINI
questa data, per sette anni, la regina mette in scena lapoteosi della dinastia,
unificatrice dei tre regni e portatrice di pace e armonia; una strategia auto-
celebrativa alla quale prende attivamente parte in qualit di masquer: in sce-
na come protagonista e valente esecutrice delle danze teatrali di corte, tra le
quinte come ispiratrice dellallestimento, dei costumi e della drammatur-
gia. Gli eventi in programma sono i pi attesi dalla corte e dai visitatori stra-
nieri che si contendono la possibilit di essere ammessi agli spettacoli: The
Vision of the Twelve Goddesses, rappresentato nel palazzo di Hampton Court,
l8 gennaio 1604, su libretto di Daniel e con scene di Jones;25 The Masque of
Blackness, messo in scena il 6 gennaio 1605 a Whitehall Palace, che sancisce
la prima delle successive e numerose collaborazioni fra Jonson, autore del li-
bretto, e Jones per le scene e i costumi (figg. 10-11); The Masque of Beautie, il
10 gennaio 1608 allestito a Whitehall Palace, dove i due autori, per volont
della regina, portano a termine il disegno drammaturgico e il messaggio po-
litico del masque precedente (fig. 12); The Masque of Queens, rappresentato il
2 febbraio 1609 sempre a Whitehall, uno degli intrattenimenti di corte pi
complessi ed elaborati, di cui Anna cura personalmente i dettagli dellallesti-
mento (figg. 8-9);26 Thetys Festival, portato in scena a Whitehall nel giugno
del 1610, su libretto di Daniel e scenografie di Jones, offerto dalla regina per
la Creazione del primogenito a principe di Galles (fig. 13); lultimo Queens
Masque, Love Freed from Ignorance and Folly, allestito ancora a Whitehall il 3
febbraio del 1611, di nuovo con la collaudata collaborazione di Jonson e Jo-
nes, di ispirazione neoplatonica.27
Dopo la morte del principe Enrico, scomparso nel 1612 allet di diciotto
anni molto probabilmente per una febbre tifoide,28 Anna smette di produrre
spettacoli e si ritira nelle sue residenze private con le dame pi fidate del suo
seguito (fig. 14); intanto alla corte di Giacomo, scomparso lerede al trono,
25. Gi dalla sua prima esperienza sulla scena regale Anna svel la propria ideologia
spettacolare indicando a Inigo Jones la fonte dei costumi di scena nel guardaroba della defunta
regina Elisabetta. Cfr. S. Daniel, The Vision of the Twelve Goddesses, con una introd. di E. Law,
London, Quaritch, 1880, p. 13 (ora in https://archive.org/details/visiontwelvegod00danigoog,
ultimo accesso: 15 luglio 2015).
26. Abbiamo gi visto (cfr. supra) come per questo masque Ben Jonson inserisca per la prima
volta lantimasque.
27. Per lanno 1611 la data dellEpifania fu riservata alla rappresentazione del masque
Oberon The Fairy Prince, uno spettacolo programmatico voluto da Giacomo I per celebrare il
primogenito, nuovo principe di Galles.
28. La morte del principe ereditario, sul quale la nazione aveva riposto le pi fervide
speranze di un regno illuminato, getta lInghilterra e la corte di Giacomo I nel pi grande
sconforto, che viene puntualmente riferito dai residenti medicei alla segreteria granducale. Cfr.
Strong, Henry Prince of Wales, cit., pp. 220-226; Pagnini, Costantino de Servi, cit., pp. 149-151.
82
ANNA DI DANIMARCA E I QUEENS MASQUES
cominciano a prendere campo i favoriti del re, prima Robert Carr e poi Ge-
orge Villiers.29
Negli anni seguenti, tuttavia, vengono ancora allestiti diversi intratteni-
menti nei palazzi della sovrana, non pi partecipante allo spettacolo ma piut-
tosto attiva in un ruolo di mediazione e di patrocinio: fra le produzioni a
Greenwich House si ricorda Cupids Banishment (4 maggio 1617), attribuito
a Robert White, interpretato dalle giovani allieve, pupille della regina, della
scuola di Deptford. Il prologo dedicatorio indirizzato alla contessa di Bedford
sancisce la definitiva uscita della regina dalle scene dellorganizzazione spet-
tacolare, anche a causa delle sempre pi gravi condizioni di salute. Mor a soli
quarantaquattro anni, Anna. Era il 2 marzo del 1619.30
29. Su questa fase politica successiva alla morte del principe Enrico si vedano: Williams,
Anne of Denmark, cit., pp. 133-142, 166-176; Akrigg, Jacobean Pageant, cit., pp. 190-226; S.J.
Houston, James I, New York, Longman, 1995, pp. 42-55; Pagnini, Costantino de Servi, cit.,
pp. 264-310.
30. Sugli ultimi anni di vita della regina Anna cfr. Williams, Anne of Denmark, cit., pp.
192-205.
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CATERINA PAGNINI
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ANNA DI DANIMARCA E I QUEENS MASQUES
Fig. 3.Willem van de Passe, King James I and His Royal Progeny, 1625-1630, incisione (Lon-
don, National Portrait Gallery, NPG 9808).
Fig. 4. Wenceslaus Hollar, Palatium Regis prope Londinum vulgo White-hall, 1647 ca., inci-
sione (London, Metropolitan Archives).
Fig. 5. Pianta del Palazzo di Whitehall nel 1680, 1807, stampa (London, British Library,
Cartographic, Port. 11 65).
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CATERINA PAGNINI
Fig. 6. Wenceslaus Hollar (da), Old Somerset House, 1670 ca., stampa (da The Mirror of
Literature, Amusement, and Instruction, xiii, 1829, 365, p. 241).
Fig. 7. Inigo Jones, Progetto per la Queens House a Greenwich, 1615 ca., disegno (Lon-
don, RIBA 30693).
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ANNA DI DANIMARCA E I QUEENS MASQUES
Fig. 8. Inigo Jones, Queen Anne as Bel-Anna Fig. 9. Inigo Jones, Headdress for Queen
Queen of the Sea for The Masque of Queens, Anne for The Masque of Queens, 1609,
1609, disegno (Devonshire, Chatsworth disegno (Devonshire, Chatsworth House
House Collection). Collection).
Fig. 10. Inigo Jones, Queen Anne as the Fig. 11. Inigo Jones, Costume of a Torch-
Daughter of Niger for The Masque of bearer for The Masque of Blackness, 1605,
Blackness, 1605, disegno (Devonshire, disegno (Devonshire, Chatsworth House
Chatsworth House Collection). Collection).
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CATERINA PAGNINI
Fig. 12. Inigo Jones, Lady Masquer Fig. 13. Inigo Jones, Queen Anne as Thetys for
for The Masque of Beautie, 1608, Thetys Festival, 1610, disegno (Devonshire,
disegno (Devonshire, Chatsworth Chatsworth House Collection).
House Collection).
88
Franoise Siguret
I. Le Temps
*
Comunicazione fatta a Firenze (teatro della Pergola) il 3 aprile 2014 nel quadro del
Convegno internazionale di studi del Dottorato di ricerca interuniversitario Pegaso in Storia
delle arti e in Storia dello spettacolo. Ringrazio Siro Ferrone, Renzo Guardenti, Sara Mamone
e Marzia Pieri che mi hanno invitato.
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LA LUMIRE ET LE TEMPS SUR LA SCNE BAROQUE
Rappelons pourtant que jusqu la fin du XVIIe sicle le temps nest pour-
tant pas compt, dans les spectacles baroques (le feste teatrali), selon le drou-
lement de lhorloge qui rgle la tragdie, mais plutt lantique, selon les
quatre temps(un temps qui est aussi un rythme) qui prsidaient aux quatre ges
du monde, aux quatre ges de lhomme, aux quatre saisons de lunivers et de
lanne. Dans lanne liturgique qui ordonnait la vie de tous, le retour des
quatre temps et leurs vigiles (Nol, Pques) marquaient de fait lentre dans les
quatre saisons. Les 24 heures du jour taient, elles aussi, divises en quatrepar-
ties : de 6 heures du matin midi, de midi 6 heures du soir, pour le jour, de
6 heures du soir minuit et de minuit 6 heures du matin, pour la nuit, et
dailleurs les mots nous en ont laiss la trace: mezzo/giorno, mezza/notte, mi/di,
mi/nuit. Par exemple, quand le narrateur de La Calandria rapporte son cor-
respondant que la reprsentation a commenc a un hora de notte il est pour
nous, 7 heures du soir.
Cest sur ce dcoupage archaque, mais familier, de quatre temps et donc
de quatre vigiles que fut compos, en 1608, le divertissement allgorique de
Francesco Cini intitul Notte damore, pour les noces de Cme de Mdicis et
Marie-Madeleine dAutriche ; autrement dit, chaque tableau dsign comme
vigile donc comme avant-coureur du suivant, est entran par la Ncessit, du
dbut de la nuit laube, dans la poursuite inluctable dun temps cosmique,
acclr pour les besoins du spectacle. Ce mot de vigile appartient donc la re-
prsentation cosmique de la scne. Les spectateurs, appels veglianti1 parce quils
participent la veille festive de la suppose nuit damour des poux princiers,
sont entrans eux aussi par le retour rythmique des ballets suivant chaque acte
de la fable cosmique.
Prenons pour exemple la seconde vigile de notre Endymion, qui se droule de
9 heures du soir minuit. Le dcor est un beau jardin. Arrive la Lune avec
son cortge dtoiles blondes , puis Endymion. Le narrateur de la fte les
dcrit rapidement: La Lune chasseresse, toute argente, avec le croissant sur la tte.
Endymion, vtu en berger, avec un habit riche et bizarre, et sur la tte, un astrolabe.
(Ne pas oublier cet trange dtail, encore quau cours des mmes ftes, le qua-
trime intermde du Jugement de Paris soit intitul Le Navire dAmerigo Vespucci,
rfrant aux mmes navigations).
Puis descend un cortge dtoiles blondes et autres cratures clestes. Cette
scne de lEndymion est le clou du spectacle, au sommet de la nuit. Aprs quelques
1. Le mot franais veilleur est rserv maintenant aux veilleurs de nuit, chargs de surveillance
de btiments et dusines ; il ne correspond plus cet aspect festif des veilles anciennes des cam-
pagnes, runions de voisins isols o lon chantait et dansait : de l est demeur longtemps dans
les parlers locaux le mot de veilleux.
91
FRANOISE SIGURET
vers, les divinits descendent de la scne pour danser dans le thtre avec les
veglianti. Se fondent alors le temps cosmique et le temps humain. Linstant de
passage de la terre au ciel, aprs le bal, est toujours signal par la chute du ri-
deau et la vue phmre dune perspective.
Ce divertissement quanimaient de nombreuses figures allgoriques: la Nuit,
les toiles, les Heures, les Songes, les Cupidons, le Silence, lOubli et pro-
bablement quelques machines qui marquaient une lumire/temps comme le
char de la Lune ou de lAurore, ce divertissement aurait pu sombrer lui-mme
dans loubli, net t Benserade promu pote des Ballets de la cour de France,
qui en fit le fameux Ballet de la Nuit, dans pour le Carnaval, dans la salle du
Petit-Bourbon le 23 fvrier 1653, dans une scnographie de Torelli. Ce spec-
tacle rest clbre par son immense dploiement partir du modle florentin,
avec sa trentaine dEntres, raffines ou grotesques, ses dizaines de danseurs, la
beaut des lumires et des costumes, les imbrications de thtre dans le thtre,
comprenait, entre autres, lpisode dEndymion louverture de la troisime
partie de minuit jusques 3 heures avant le jour. Mais la suprme merveille de
la soire fut lEntre du Roi, la fin du Ballet, aprs le passage de lAurore.
Le jeune Louis, Apollon de quinze ans, reprsentant le soleil levant, portait
un blouissant costume dor et de pierreries; un soleil tait peint ou brod sur
son juste au corps et saffichait comme sa figure emblmatique. Ses escarpins,
ses genoux, taient orns de soleils; les poignets, les paulires, le colletin de
cette armure apollinienne ntaient que flamboiements de rayons; sa tte enfin,
couronne de rayons sur ses cheveux blonds, semblait porter majestueusement
le dernier plumet de la Nuit. Lair grave du visage royal laissait entendre que
cette magnifique soire fut bien comme la dernire veille darmes du cheva-
lier. Le roi, en septembre, avait atteint sa majorit et, aprs les dsordres de la
Fronde et le retour de Mazarin le 3 fvrier, cette apothose intronisait le jeune
souverain et le discours du livret qui devait tre lu en son nom, prsentait dj
lAstre des Rois comme Matre de lUnivers.
II. La Lumire
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LA LUMIRE ET LE TEMPS SUR LA SCNE BAROQUE
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FRANOISE SIGURET
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LA LUMIRE ET LE TEMPS SUR LA SCNE BAROQUE
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FRANOISE SIGURET
lme du spectateur que la vision de Zeus descendant des cintres dans une ma-
chine clatante conduite par un aigle, pour ravir une nymphe qui danse dans
un pr avec ses compagnes ! Dans la tragdie classique, le support discursif
doit compenser le spectacle constitu par les lments du dcorqui trompent
lilcaptif et surpris : toute la construction de la scne et limplantation des
chssis par lartifice illusoire de la perspective, la peinture desdits chssis, et les
effets des machines ne sont bien que des trompe-lil. Dans les deux cas, la
lumire primordiale demeure comme condition imprieuse dune mimesis, mais
ce qui change cest la reprsentation de la lumire comme condition circons-
tantielle, particulire, dune smiosis, le donn voir tant finalement un donn
entendre. Chez Racine lil coute, comme disait Claudel et limage se creuse
dans le texte, au rythme rgulier, envotant de la dclamation de lalexandrin;
dans le spectacle des machines, lil est sidr et limage se fige dans un clat;
cest un thtre de la merveille. Seul le mouvement, le changement fera sens,
ficel par un livret assez mince et une musique expressive. Chez Racine, cest
le sens qui nous laisse mditer sur les passions de lhomme dans lHistoire:
cela la pitre ordonnance de la luce suffit.
Enfin, ajoutons que dans la fable mythologique du spectacle baroque, nous
sommes instruits du sens par lAllgorie, cet autre discours adress au public, port
par des figures et la multiplicit imprvue, dsordonne des lumi, dans une sorte
de mouvement perptuel des cratures et des choses entre le Ciel et la Terre,
o finalement le temps humain nest rien, ni lHistoire. Si le cycle des jours et
des nuits, des mois, des saisons, des annes, si les Heures et les minutes mmes
envahissent la scne, de faon invraisemblable, ce nest pas pour contraindre
une action qui ne se raconte que par les forces mouvantes des dieux, et des Al-
lgories, mais cest, dune part, pour montrer la grandeur et limmortalit du
prince (Cosimo/cosmo est le mme mot), et dautre part, pour faire tourner
et montrer la machine du monde dans sa moindre prcision et sassurer de son
mouvement perptuel. Ainsi lon voit au muse des sciences de Florence de
formidables machines rondes manivelles, entre les astrolabes et les lunettes,
de Vespucci Galile, offertes comme des thtres prts sbranler.
Les deux gloires mdicennes retournent alors de lHistoire au mythe,
entre les songes dEndymion de Cini et ceux du Guerchin : au XVIIe sicle,
la science, la posie, la peinture, le spectacle sont autant de machines rver
et explorer le monde et la nuit, comme pour se rassurer: Eppur si muove !
lpoque o lon redcouvrira lhliocentrisme, la rationalisation de la pen-
se ramnera le soleil, premier moteur de la fable du monde, dans lespace de
la fable thtrale. Dans le microcosme humain, lHistoire naura de sens qu
partir de ce soleil souverain et le mouvement perptuel de la terre autour de
lui. Le temps nest quun accident de la lumire.
96
Paologiovanni Maione
1. Sulla figura del cantate si vedano, tra laltro, gli scritti di S. Durante, Il cantante, in Storia
dellopera italiana, a cura di L. Bianconi e G. Pestelli, iv. Il sistema produttivo e le sue competenze,
Torino, EDT, 1987, pp. 347-415 e J. Rosselli, Il cantante dopera. Storia di una professione (1600-
1990) (1988-1989), trad. it. a cura di P. Russo, Bologna, il Mulino, 1993, corredati di ricca e
utile bibliografia. Le donne dedite allo spettacolo erano assiduamente oggetto di fiere critiche
come pu evincersi dalla ricca documentazione presente in F. Taviani, La Commedia dellArte e
la societ barocca. La fascinazione del teatro, Roma, Bulzoni, 1969 (rist. anast. ivi, 1991).
2. Una disamina sui costumi e la professionalit delle cantanti in et moderna, in area na-
poletana, si delinea attraverso le pagine di B. Croce, I teatri di Napoli. Secolo XV-XVIII, Napoli,
Luigi Pierro, 1891, passim (lopera stata pi volte ristampata, con aggiunte e modifiche, presso
la casa editrice Laterza di Bari; della quarta ediz. si avuta una ristampa a cura di G. Galasso
presso Milano, Adelphi, 1992); U. Prota-Giurleo, Breve storia del teatro di corte e della musica a
Napoli nei secoli XVII-XVIII, in F. De Filippis e U. P.-G., Il teatro di corte del palazzo reale di Napoli,
Napoli, Larte tipografica, 1952, pp. 17-146; F. Cotticelli e P. Maione, Onesto divertimento,
ed allegria de popoli. Materiali per una storia dello spettacolo a Napoli nel primo Settecento, Milano,
Ricordi, 1996, pp. 179-192; P. Maione, Giulia de Caro seu Ciulla da commediante a cantarina.
Osservazioni sulla condizione degli Armonici nella seconda met del Seicento, Rivista italiana di
musicologia, xxxii, 1997, 1, pp. 61-80; Id. e F. Seller, Vita teatrale a Napoli tra Sette e Ottocento
attraverso le fonti giuridiche, in Salfi librettista, a cura di F.P. Russo, Vibo Valentia, Monteleone,
2001, pp. 83-95; P. Maione e F. Seller, I virtuosi sulle scene giuridiche a Napoli nella seconda met del
Settecento, in Fonti darchivio per la storia della musica e dello spettacolo a Napoli tra XVI e XVIII secolo,
a cura di P. M., Napoli, Editoriale Scientifica, 2001, pp. 477-486; Id., Mena vita onestissima: le
cantarine alla conquista della scena, in Dibattito sul teatro. Voci, opinioni, interpretazioni, a cura di C.
Dente, Pisa, ETS, 2006, pp. 123-134; P. Maione, Giulia de Caro: from whore to impresario. On
cantarine and Theatre in Naples in the second half of the Seventeenth Century, in Online-Tagungsbericht
zum Symposium: Das Eigene und das Fremde - Beziehungen zwischen verschiedenen Musikkulturen,
Universitt Innsbruck, sterreich, a cura di K. Drexel e R. Lepuschitz, 2013 (http://www.uibk.
ac.at/musikwissenschaft/forschung/publikationen/daseigene/maione.pdf. Ultimo accesso: 20
dicembre 2015); P. Maione, Gli impieghi delle virtuose tra alcova e palcoscenico, in corso di stampa.
3. Si veda ad esempio B. Croce, Un prelato e una cantante del secolo decimottavo. Enea Silvio
Piccolomini e Vittoria Tesi. Lettere damore, Bari, G. Laterza & F., 1946.
4. Cfr. S. Di Giacomo, La prostituzione in Napoli nei secoli XV, XVI e XVII, s.l., Del Delfino,
1968.
5. P. Trinchera e L. Leo, La simpatia del sangue, Napoli, A spese di Nicola di Biase, 1737, iii 7.
98
GENTE DI TEATRO IN MUSICA TRA SEI E SETTECENTO
6. Ibid.
99
PAOLOGIOVANNI MAIONE
7. Per Giulia de Caro si rinvia a A. Broccoli, Del Fuidoro e del Muscettola, La Lega del
Bene i, 1886, 10 (pp. 4-7), 11 (pp. 7-8), 12 (pp. 6-8), 13 (pp. 5-6), 14 (p. 8), 15 (pp. 5-6);
Croce, I teatri di Napoli, cit., pp. 167-180; U. Prota-Giurleo, I teatri di Napoli nel 600. La
commedia e le maschere, Napoli, Fiorentino, 1962, pp. 293-303; Di Giacomo, La prostituzione in
Napoli, cit., pp. 147-153; Maione, Giulia de Caro seu Ciulla, cit.; Id., Giulia de Caro: from whore
to impresario, cit.; Id., Giulia de Caro Famosissima Armonica e Il bordello sostenuto del signor don
Antonio Muscettola, Napoli, Luciano, 1997.
8. A tal proposito si veda F. Cotticelli e P. Maione, Abilitarsi negli impieghi maggio-
ri: il viaggio dei comici fra repertori e piazze, in Europische Musiker in Venedig, Rom und Neapel
(1650-1750), a cura di A.-M. Goulet e G. zur Nieden, Analecta Musicologica, 2015, 52, pp.
326-346.
100
GENTE DI TEATRO IN MUSICA TRA SEI E SETTECENTO
101
PAOLOGIOVANNI MAIONE
di proseguire le lezioni per darsi poi alle recite de Teatri tanto in questa citt
di Napoli quanto fuori,13 si promette la mett di tutto il lucro [] di quello
pervenir da venti opere diverse, che dover detta Giuseppa recitare, con una
particolare assistenza alla prima recita.14 Comunque coloro che decidevano di
votarsi alla commedia sapevano che
13. Ibid.
14. Ibid.
15. Anonimo e N. Conforto, La commediante, Napoli, Carlo Cirillo, 1754, i 3.
16. Per la presenza della cantante nella compagnia cfr. il sito http://www.operabuffa.tur-
chini.it dove sono riportati i libretti in cui compare tra le interpreti: http://www.operabuffa.
turchini.it/operabuffa/libretti/Giancocozza-0.jsp e http://www.operabuffa.turchini.it/opera-
buffa/libretti/FraLoSdegno-0.jsp (ultimo accesso: 15 dicembre 2015). Su di Fiore si veda: F.
Cotticelli, Neapolitan Theatres and Artists of the Early 18th Century: Domenico Antonio Di Fiore, in
Theater am Hof und fr das Volk. Beitrge zur vergleichenden Theater-und Kulturgeschichte. Festschrift
fr Otto G. Schindler, a cura di B. Marschall, Vienna, Bhlau, 2002 (Maske und Kothurn,
48. Jahrgang, Heft 1-4), pp. 391-397.
17. La testimonianza si legge nellincartamento conservato allArchivio di stato di Napoli,
Affari diversi della Segreteria dei Vicer, fascio 1778, executado 16 ottobre 1727.
102
GENTE DI TEATRO IN MUSICA TRA SEI E SETTECENTO
18. Cfr. A. Palomba e L. Leo, La fedelt odiata, Napoli, a spese di Domenico Langiano,
1744, in cui compare nei panni di Rinaldo.
19. Cfr. C. Sartori, I libretti italiani a stampa dalle origini al 1800, Cuneo, Bertola & Locatelli,
1990-1992, 5 voll., nn. 25412, 5480, 6713.
20. Cfr. Cotticelli e Maione, Onesto divertimento, ed allegria de popoli, cit., pp. 182 e
222 nota 122.
21. Si veda Croce, I teatri di Napoli, cit., p. 365, nonch Sartori, I libretti, cit., nn. 21417,
20134, 2784, 19791.
22. Cfr. Cotticelli e Maione, Onesto divertimento, ed allegria de popoli, cit., p. 222 nota
122.
23. Si veda ivi, pp. 379-381 e 388.
24. Larticolata trattativa documentata allinterno del fondo Ministero degli affari esteri cu-
stodito presso lArchivio di stato di Napoli, fascio 2215, il primo incartamento datato Napoli,
16 agosto 1735.
103
PAOLOGIOVANNI MAIONE
diretta dal grande Arlecchino Gabriele Costantini che nella vorticosa contrat-
tazione reclama che il Rey [] les ha de dar la iluminaz.n y musica. Dal-
tronde gi si concordava sulla presenza enla Comp.a delos Comicos [] otras
personas que hazen su parte en los entremeses de Musica per cui lorchestra
avrebbe soddisfatto non solo le esigenze sceniche delle comedie e opera ma
anche quelle degli artisti destinati a esibirsi negli intermezzi.25 La troupe, co-
me si apprende da una prima lista, cos composta:
104
GENTE DI TEATRO IN MUSICA TRA SEI E SETTECENTO
nel 33 a Livorno dove veste i panni di Pollastrella negli Intermezzi musicali tra
Pollastrella e Parpagnacco,31 nel 1734-1735 a Milano in quelli di Dulcinea in un
anonimo Intermezzo musicale32 e di Grilletta ne Il Porsignacco,33 per poi vestire
nel 1738, a Napoli, come primo uomo, le vesti di Riccardo nellInganno per
inganno (Commedia per musica di Gennaro Antonio Federico e musica di
Nicola Logroscino)34 e di Lelio ne LOdoardo (Commedia per musica tratta
da La finta sorella di Bernardo Saddumene intonata da Niccol Jommelli)35 e
ancora di Ortensio nel 39 ne LOrtensio (Commedia per musica di Federi-
co musicata da Giovan Gualberto Brunetti),36 e nel 44 di Leandro ne Il Lean-
dro (Commedia per musica di Antonio Villani composta da Logroscino).37
Leclettica artista si voter poi definitivamente alla scena della commedia in-
contrando sulla sua strada anche Goldoni prima di partire, forse proprio in
polemica con lavvocato veneziano, per la corte di Dresda.38
La padronanza scenica enunciata dal proscenio del Fiorentini ne La comedian-
te fa tesoro di unantica pratica attoriale che aveva trovato gi in Perrucci il suo
maggiore cantore, le regole dellArte rappresentativa non sfuggono ad unattenta
disamina di tutti quei requisiti corporei destinati al magistero rappresentativo
in cui lindividuo doveva avere la consapevolezza e il controllo del suo agire.39
La professione dei commedianti retta da una ferrea tecnica per soddisfare
alle richieste dellesigente mercato dello spettacolo, la domanda esige persona-
le altamente specializzato munito di doti disparate: gestualit, mimica, voca-
lit, fisicit concorrono alla realizzazione di personaggi compositi dove canto
danza musica, associati ai requisiti performativi, contraddistinguono un pro-
dotto eclettico e raffinato.
Gli artisti assecondano le temperie performative disegnate da Perrucci al
tramonto del XVII secolo con vigile attenzione osservando le regole dellarte
105
PAOLOGIOVANNI MAIONE
nei minimi dettagli, nulla sfugge ai poeti pratici pronti a secondare le effi-
caci norme dettate dallautorevole abate la cui vita trascorsa tra tutte le sce-
ne possibili in un viaggio che si conclude con la summa teorica;40 dissimulano
una conoscenza raffinata tutta racchiusa in unesperienza che si manifesta nel-
le pieghe testuali, la mimica e la gestualit suggerite dal succedersi dei versi
rivela implicite didascalie per corpi eloquenti finalizzate a un diletto onni-
comprensivo che con la pronuncia, gesti, ed azzioni41 esprima i sentimenti
dellanimo a chi ascolta, con modo, e garbo, avendo gran forza di persuadere
lespressione al vivo.42
La pronunciazione una eloquenza del corpo [] divisa in due parti, che
sono la voce ed il gesto, delle quali una per lorecchio, laltra per locchio mo-
vono gli affetti dellanimo, e vi penetrano43 raccomanda il dottor Andrea
che con sicuro piglio aggiunge che il gestire accompagnando la voce, come
proprio delloratore, cos anche del rappresentante, che poco in ci dallo-
ratore differisce, ed essendo il gestire un muto parlare, alle volte pi esprime
un atto muto ed un gesto che la parola istessa.44
Le occorrenze, per coloro che calcano il teatro del mondo ma soprattutto
per quelli che approntano il loro apparire, devono tener conto di quei principi
impliciti che rendono efficace il mostrarsi con sprezzatura per cui il volto
si muta con gli affetti, a cui obbediranno gli occhi, le palpebre, le guance, le
ciglia, e la bocca; la maggior espressione per la faranno gli occhi. Le ciglia
sono viziose allora che stanno sempre immobili, e viziose quando troppo si
muovono, sicch la mediocrit l necessaria; incurvarle ed increspar la fronte
si fa negli atti di meraviglia, ma con modo che non ecceda i termini, perch
allora o cosa da stolto, o da buffone; ristrette significano mestizia, dilatate
allegrezza, rimesse vergogna, ed il sopraciglio del decemviro Capuano dimo-
strava la sua severit e superbia45 mentre i gesti con tutte due le mani si fanno,
o quando sinalzano al Cielo per adorarlo, o quando sabbassano per supplica-
40. Su Andrea Perrucci si veda F.C. Greco, Teatro napoletano del 700. Intellettuali e citt
tra scrittura e pratica della scena, Napoli, Pironti, 1981; Id., Ideologia e pratica della scena nel primo
Settecento napoletano, Studi pergolesiani. Pergolesi Studies, 1986, 1, pp. 33-72 (cfr. anche Id.,
La scrittura teatrale: dalla letteratura alla scena, Critica letteraria, xiv, 1986, 51, fasc. ii, pp. 225-
274). Di grande suggestione anche Id., Drammaturgia e scena a Napoli da Belvedere a Federico,
Studi pergolesiani. Pergolesi Studies, 1999, 3, pp. 117-155. Si veda inoltre lIntroduzione di F.
Cotticelli a Perrucci, A Treatise on Acting, cit., pp. xii-xx e la bibliografia alle pp. 205-209.
41. Ivi, Parte i, Al lettore, p. 3.
42. Ibid.
43. Ivi, Parte i, Regola ix, p. 51.
44. Ivi, Parte i, Regola xi, p. 57.
45. Ivi, p. 58.
106
GENTE DI TEATRO IN MUSICA TRA SEI E SETTECENTO
Deh non perdete, caro fratello, il calor naturale nel deplorar la decadenza de
nostri teatri. Gi tale che o debbono finire o correggersi. Attori che suona-
no, invece di rappresentar cantando, non possono lungamente sussistere sul-
la scena. I buffi ed i ballerini che singegnano oggid di recitare ridurranno
in polvere cotesti rosignuoli inanimati, come gi visibilmente succede.49 E
nellelogiare una compagnia di comici, che incanta, pregusta il piacere pec-
caminoso della vendetta contro i nostri rosignoli eroici che, vergognandosi di
recitare, sono spolverizzati dai buffi e da ballerini.50
In effetti negli anni in cui fioriva il magistero metastasiano cera un nugo-
lo di cantanti che fondava la propria perizia anche sulle doti performative; un
caso assai vicino a Metastasio quello della Marianna Benti Bulgarelli la sua
maniacalit sulluso dello spazio scenico si deduce dallepistolario del poeta ce-
107
PAOLOGIOVANNI MAIONE
La prima fu Vittoria Tesi Fiorentina discepola del Redi, e del Campeggi, la quale ad
una inflessione di voce sommamente patetica, ad una intonazion perfettissima, ad
una pronunzia chiara, netta, e vivacemente sonora, ad un portamento di persona si-
mile a quello della Giunone dOmero seppe unire possesso grande della scena, azio-
ne mirabile, espressione sorprendente de diversi caratteri doti, che la resero la prima
Attrice del secolo.53
La scrittura vocale si plasma alle esigenze della scena e diviene gesto sono-
ro per una genia di artisti dalle molteplici potenzialit rette da una disciplina
solida e rigorosa in cui la scrittura poetico-musicale fa tesoro delle predispo-
sizioni dei singoli per allestire pagine efficaci. Gli spettatori riconoscono gli
svariati codici usati con fantasmagorica abilit e entrano nel gioco ordito dagli
uomini della scena partecipando e godendo, cos, dellonesto divertimento.
51. Per la Benti Bulgarelli si rinvia a R. Candiani, Pietro Metastasio da poeta di teatro a vir-
tuoso di poesia, Roma, Aracne, 1998, ad indicem e Id., La cantante e il librettista: il sodalizio artistico
del Metastasio con Marianna Benti Bulgarelli, in Il canto di Metastasio, a cura di M.G. Miggiani,
Bologna, Forni, 2004, 2 to., to. ii, pp. 671-699.
52. Per la Tesi oltre Croce, Un prelato e una cantante del secolo decimottavo, cit., si rinvia ad A.
Ademollo, Le cantanti italiane celebri del secolo decimottavo: Vittoria Tesi, Nuova antologia, xii,
1889, 3, pp. 308-327.
53. S. Arteaga, Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente,
Venezia, Carlo Palese, 1785, to. ii, p. 43.
108
Anna Scannapieco
110
I NUMERI DELLE COMICHE ITALIANE DEL SETTECENTO
dello allonesto contegno delle fanciulle sue pari, che hanno per la via del Te-
atro incamminati i loro passi.
Se lasciava cader le spoglie meretricie, come quelle di una griffe ormai fuori
mercato, Angela Cicuzzi tuttavia continuava a interpretare la cifra stilistica pi
distintiva della tradizione attorica dellArte: quellimpasto di diversi linguag-
gi performativi in cui, dal miliare contributo di Nino Pirrotta (1955) alla re-
centissima summa di Siro Ferrone (2014), stato riconosciuto uno dei fattori
genetici della Commedia dellArte.6
Uno dei fattori genetici e si pu aggiungere subito uno dei connotati pi
duraturi, anche se reso alquanto indistinto, segnatamente nella sua fenomeno-
logia settecentesca, da quello che fu il progredire settoriale delle competenze
professionali nella realt dei processi in atto;7 e reso pressoch irriconoscibile
dalla lunga egemonia, nella successiva ricognizione storico-critica, di una pro-
spettiva troppo incline ad assolutizzare gli elementi di discontinuit e, di con-
seguenza, ad annichilire quelli di continuit. Solo il rinnovarsi dellapproccio
ermeneutico e un uso pi consapevole delle fonti stanno inducendo a ricono-
scere come in realt, anche nel Settecento, la labilit dei confini professionali
aveva facilitato leclettismo di cantanti-attori o attori-cantanti capaci di passare
da un genere allaltro, assecondando una memoria per cos dire genetica del
mestiere; o a documentare come, proprio nel Settecento, avesse avuto rinno-
vato luogo una straordinaria convivenza di generi pronti ad aiutarsi vicende-
volmente, in un processo di contaminazioni gravido di futuro.8
In tale prospettiva, prestare ascolto alla testimonianza offerta dallexemplum
di unAngela Cicuzzi, e cercare di sondare la versatilit professionale delle co-
miche sulla scena italiana settecentesca, potrebbe riservare qualche sorpresa.
6. Cfr. N. Pirrotta, Commedia dellarte e opera (1955), in Id., Scelte poetiche di musicisti.
Teatro, poesia e musica da Willaert a Malipiero, Venezia, Marsilio, 1987, pp. 147-171; S. Ferrone,
La Commedia dellArte. Attrici e attori italiani in Europa (XVI-XVIII secolo), Torino, Einaudi, 2014
(in partic. pp. 110-126). Per quanto riguarda larco temporale intermedio, mi limito a segnalare
il progetto, promosso da Gerardo Guccini e dal gruppo di lavoro del centro teatrale la Soffitta
su Larte dei Comici. Invenzioni e pratiche di un teatro multimediale (Bologna, 26 gennaio-16 maggio
2004), i cui riscontri editoriali si leggono nel numero 10 di Culture teatrali (primavera 2004).
7. Sul tema, dobbligo il riferimento a S. Durante, Il cantante, in Storia dellopera italiana,
a cura di L. Bianconi e G. Pestelli, iv. Il sistema produttivo e le sue competenze, Torino, EDT,
1987, pp. 347-415.
8. Cfr. P. Fabbri, I comici allopera: le competenze musicali dellattore, Culture teatrali, 2004,
10, pp. 47-54; F. Cotticelli-P. Maione, Le carte degli antichi banchi e il panorama musicale e teatrale
della Napoli di primo Settecento: 1732-1733, Studi pergolesiani. Pergolesi Studies, 2006, 5, pp.
21-54 (dei medesimi autori si veda anche Onesto divertimento, ed allegria de popoli. Materiali per
una storia dello spettacolo a Napoli nel primo Settecento, Milano, Ricordi, 1996, in partic. il cap. iv).
111
ANNA SCANNAPIECO
112
I NUMERI DELLE COMICHE ITALIANE DEL SETTECENTO
della loro carriera intrecciarono alla prestazione attorica anche quella cano-
ra e/o quella coreutica, quando non addirittura assunsero funzioni capoco-
micali, circostanza questultima che come vedremo assume un rilevo
storico-critico eccezionale, travalicando i pur estesi confini della storia del
teatro e dello spettacolo e sollecitando, per dirla in breve, nuovi interro-
gativi sullidentit giuridica e leffettivo potere contrattuale delle donne in
epoca di Ancien rgime.
c. A quantificare in uno schema di massima la varia fenomenologia di tale
versatilit professionale muliebre, si possono enucleare le seguenti catego-
rie e la relativa incidenza demografica:
i. Comiche tersicoree. 15, di cui 5 anche canterinole (segnalate con asterisco),
e tra questultime una anche impresaria (indicata con doppio asterisco):
*
Gaetana Bassi, *Marianna Bassi, *Angela Cicuzzi, **Elisabetta DAfflisio
Moreri, Maria Donati, *Luigia Lapy Belloni,11 Maddalena Raffi Mar-
liani, Teodora Raffi Medebach,12 Teodora Ricci Bartoli, Angiola Ricci
Cesari, Marianna Ricci Rotti, Adriana Sacco Lombardi Zanoni, Chiara
Benedetti Simonetti, Teresa Zanoni, Marianna Zanotti Barilli.
ii. Comiche canterinole. 24, di cui 6 anche tersicoree e 4 anche impresarie:
Agnese Amurat,13 Anna Barbieri Colombini, Antonia Bianchi Zanarini,
Rosa Brunelli Zanarini Baccelli, Chiara Cardosi,14 Rosa Costa, Antonia
DArbes Grandi, Marta Davia, Giovanna Farussi Casanova,15 Giusep-
pa Fineschi, Rosa Foggi,16 Teresa Gandini,17 Giulia Gritti Pizzamiglio,
fonti ho aggiunto gli undici nomi di Agnese Amurat, Anna Baccherini, Marta Colleoni, Teresa
Consoli, Antonia Ferramonti, Rosa Lombardi, Matilde Maiani, Rosa Pontremoli, Angiola
Ricci, Caterina Ricci e Marianna Ricci.
11. Le poche attestazioni canore di questa attrice-ballerina sono documentate dal solo
Sartori (C. Sartori, I libretti italiani a stampa dalle origini al 1800, Cuneo, Bertola & Locatelli,
1990-1992, 5 voll., n. 8489 e n. 22996).
12. Non da Bartoli, ma da fonte goldoniana ci son note le virt tersicoree della Medebach.
13. nome, non registrato dal Bartoli, ma di fonte goldoniana (Mmoires e Memorie italia-
ne), da accogliere con pi di una riserva, dal momento che nulla sappiamo della sua professione
propriamente attorica, e pochissimo di quella canora.
14. Delle prestazioni canore della Cardosi, attrice molto affermata sulle scene del secondo
Settecento, abbiamo solo un fuggevole cenno in Bartoli, Notizie istoriche, cit., to. i, p. 154.
15. Bartoli non menziona le sue prestazioni canore, limitandosi a segnalare che recit da
prima Donna con molta intelligenza (ivi, p. 160).
16. Servetta fiorentina formatasi nella compagnia Roffi, di cui documentata una presenza
anche al Fiorentini di Napoli (1788, comp. Giovanni Grassi: cfr. Croce, I teatri di Napoli, cit.,
pp. 630-631); il suo impegno musicale, non menzionato da Bartoli, pu essere molto vagamente
desunto solo in base a documentazione Sartori (n. 18576).
17. Anche in questo caso, ben pi significativo, Bartoli non d alcuna notizia dellattivit
musicale dellattrice. Si veda di sguito a testo.
113
ANNA SCANNAPIECO
18. Bartoli segnala la sua attivit capocomicale solo allinterno della voce dedicata alla
figlia, Angela Cicuzzi.
19. C. Goldoni, Memorie italiane. Prefazioni e polemiche III, a cura di R. Turchi, Venezia,
Marsilio, 2008, p. 288; lespressione in realt riferita alla sola Teodora, ma lo stesso Goldoni
dice di Maddalena che era una copia fedele della Teodora (ibid.). Allapprendistato della Raffi
Marliani come ballerina di corda dedica molte pagine la stilizzazione romanzesca che dellattri-
ce realizz Pietro Chiari nella sua Commediante in fortuna (1755; se ne veda la moderna ediz. per
le cure di V.G.A. Tavazzi, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 2012).
114
I NUMERI DELLE COMICHE ITALIANE DEL SETTECENTO
radici che per certo saranno state metabolizzate e messe a frutto nello stile
rappresentativo delle due attrici, e probabilmente anche nella drammaturgia
dei due principali poeti di compagnia che scrissero per loro, Carlo Goldoni e
Pietro Chiari.20
In secondo luogo, facile riconoscere un tratto distintivo della formazio-
ne presumibilmente abituale, e il relativo itinerario professionale, previsti per
le donne attive nelle grandi compagnie della tradizione dellArte: cio lavvio
precoce dellattivit lavorativa, nella forma che doveva essere pi congrua al-
la prima et puberale, quella appunto della danza. Non a caso come balleri-
ne esordiscono, ancora ragazzine, molte delle attrici della compagnia Sacco.
La precoce messa a frutto della forza lavoro femminile pu essere osserva-
bile anche in contesti diversi, come dimostra il caso di quattro figlie di Emilia
Gambacciani Ricci, attrice di solida formazione ed esperienza:21 Angiola, Ma-
rianna, Teodora e Caterina erano figlie darte, ma non esordirono nella pro-
fessione della madre perch esercit maggior peso quella del padre Antonio,
ballerino che le addestr nel proprio mestiere, rendendole immediatamente
spendibili sul mercato: appena quattordicenne, ad esempio, figura nel cor-
po di ballo del San Benedetto il pi prestigioso teatro musicale veneziano
dellepoca la futura musa di Carlo Gozzi, Teodora Ricci Bartoli, e vi rima-
20. Tanto per rimanere a un livello di superficie, basti considerare come sul profilo della
Marliani Goldoni ide il personaggio della ballerina Olivetta nella Figlia obbediente (1752), o
come alla Medebach protagonista eponima della Pastorella fedele (1754) Chiari riservasse, nella
scena 4 dellatto ii, un salto acrobatico dalla montagna nel fiume (su cui, a quasi trentanni di
distanza, ancora si intrattiene compiaciuta la memoria di Bartoli).
21. Fu infatti attiva nella compagnia Sacco e poi in quella Medebach. Di origine pisana, e
appartenente come da testimonianza del Bartoli ad una civilissima Famiglia, venne fatta
oggetto di un ritratto infamante da Carlo Gozzi, in un brogliaccio che documenta la preistoria
testuale delle Memorie inutili, e che merita in parte citare: LEmilia fu bella femmina, e cattiva
Comica. [] fece ammaestrare le sue cinque figlie. Quattre furono Ballerine, e una Cantatrice
[Maddalena, che non cito a testo perch la sua professione esclusiva fu appunto quella della
cantante]. Soprattutto ha fatto loro capire il mestiere di spogliare delle sostanze glappassionati,
larte di non curar la vergogna; la massima filosofica di non avere amicizia per nessuno mo-
strando daverne moltissima per tutti, e la fortezza di considerare i tradimenti gloriose imprese
da donne di spirito. I ricordi della vecchia Ava Clarice [madre di Emilia], e lesempio materno
furono scola efficace, e il sangue viziato a puttanesimi delle Madri, passa assolutamente per ere-
dit nelle vene delle figliuole (Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Gozzi, 11.1/6, c. 62r.,
cit. in F. Soldini, Rapporti tra Carlo Gozzi e gli attori nella corrispondenza e nelle carte autobiografiche.
Un episodio significativo: Teodora Ricci nelle pagine inedite delle Memorie inutili, in Carlo Gozzi entre
dramaturgie de lauteur et dramaturgie de lacteur: un carrefour artistique europen. Atti del convegno
(Parigi, 23-25 novembre 2006), a cura di A. Fabiano, Problemi di critica goldoniana, xiii,
2006 [ma 2007], p. 61). Bartoli invece, che di Teodora Ricci com noto fu marito, rifer
che ella fu onestamente educata, e sotto glinsegnamenti dellAva sua materna impar a leggere,
ed a scrivere.
115
ANNA SCANNAPIECO
116
I NUMERI DELLE COMICHE ITALIANE DEL SETTECENTO
I casi delle sorelle Ricci e di Maria Donati sembrano suggerire come, an-
che in anni di ascendente fortuna dellarte coreutica, lapprodo alla professione
attorica potesse per le donne rappresentare una tappa pi alta, o comunque
a vario titolo pi gratificante, della loro realizzazione artistica (e in tal senso
esse sembrano raccontare il recto della caricaturale parabola di Felicita, lallieva
della goldoniana Scuola di ballo [1759] che appena pu getta alle ortiche ogni
ambizione tersicorea e si fa commediante);26 ma, in tutti i casi, propongono
con evidenza credo il dato di una professionalit attorica che si nutre di
altre abilit performative: pregresse s, ma evidentemente non obliterabili nel
successivo evolvere della carriera.
Daltronde, di attrici che portavano in scena le loro risorse coreutiche, e le
accompagnavano altres con quelle canore, ci racconta non solo Angela Ci-
cuzzi, lexemplum da cui abbiamo preso le mosse: infatti, tra le sue consorel-
le, merita una menzione almeno Marianna Bassi, esperta di recitazione ballo
e canto, tre pregi [che] adoperati tutti anche in una sola sera sopra il Teatro,
destavano la meraviglia, e gli applausi negli Uditori. La quale Marianna, ap-
pena ventenne, quando [] incominciarono i suoi meriti ad essere portati
dalla Fama per ogni dove, mor (1769). Non era bellissima ricorda ancora
Bartoli , ma aveva grazie non poche, e potevasi dir di lei: Nobil daspetto,
e di belt modesta, / Modi, e maniere, avea soavi, e piane.27 Fort jolie la-
veva invece giudicata Giacomo Casanova, che avec plaisir laveva vista dan-
zare in un teatro di Augusta, ancora tredicenne, e che nei giorni successivi era
facilmente trapassato dal tenerla sur ses genoux [] en innocente al farne
digiosa comparsa, effetto dalcune utili instruzioni avute da Giuseppe Majani. [] assai
ben vista dal Pubblico per il suo bel modo desprimere le parti appassionate, e per la grazia
con cui ella rappresenta altri caratteri, e sostenuti, e piacevoli ancora. [] Se a cos rapidi,
e felici principj devono corrispondere in egual modo gli avanzamenti, noi potremo in que-
sta giovane Attrice sperar di veder risorta la fama delle Comiche valorose, o mancate alla
Professione, o vicine alla lor decadenza. Lo studio indefesso della Donati, la sua instancabile
volont daffaticarsi, e le varie doti dalla Natura impartitele, ci fanno un certo pronostico,
che non siano per riuscir vane le nostre, e le sue ben collocate speranze (Bartoli, Notizie
istoriche, cit., to. i, p. 198). Dal punto di vista della sua effettiva carriera, sappiamo che fu in-
gaggiata dalla compagnia Lapy (in cui appunto agiva ancora il Maianino, il maieuta della
Donati) a partire dallanno comico 1780-1781, e milit poi in quella Pellandi dal 1786-1787
al 1792-1793 (cfr. O. Giardi, I comici dellarte perduta. Le compagnie comiche italiane alla fine
del secolo XVIII, Roma, Bulzoni, 1991, pp. 175, 225, 227); le grandi aspettative degli esordi
dovettero peraltro andare deluse, dato che nel 1790 figurava ancora come seconda donna
(cfr. B. Brunelli, I teatri di Padova. Dalle origini fino alla fine del secolo XIX, Padova, Angelo
Draghi, 1921, p. 252).
26. Si vedano in particolare la scena 1 dellatto iii e la scena 6 dellatto v (C. Goldoni, La
scuola di ballo, a cura di A. Nari, Venezia, Marsilio, 2014, pp. 105-109 e 142).
27. Bartoli, Notizie istoriche, cit., to. i, p. 112.
117
ANNA SCANNAPIECO
28. Cfr. J. Casanova de Seingalt, Histoire de ma vie. Texte intgral du manuscrit original suivi
de textes indits, dition prsente et tablie par F. Lacassin, Paris, R. Laffont, 2009, vol. ii, pp.
721-727 (le citazioni a testo alle pp. 721-722, 723, 727).
29. Le citazioni sono tratte rispettivamente da G.G. Stiffoni, Introduzione a C. Goldoni,
Intermezzi e farsette per musica, a cura di A. Vencato, Venezia, Marsilio, 2008, p. 20 e A. Vencato,
Introduzione a C. Goldoni, Drammi musicali per i comici del San Samuele, a cura di A. V., Venezia,
Marsilio, 2009, pp. 59-60 (i corsivi sono miei).
30. Cfr. in partic. F. Piperno, Buffe e buffi (considerazioni sulla professionalit degli interpreti di
scene buffe ed intermezzi), Rivista italiana di musicologia, xviii, 1982, 2, pp. 240-284 (la cita-
zione a p. 241).
31. Cfr. Durante, Il cantante, cit., p. 369 n.
32. Sono debitrice allamico e maestro Eduardo Rescigno di questa suggestione (come di
molte altre).
118
I NUMERI DELLE COMICHE ITALIANE DEL SETTECENTO
tative del caso. Si consideri, per limitarsi allesempio pi macroscopico, che una
delle interpreti degli intermezzi goldoniani per il San Samuele (citata peraltro
dallo stesso autore, e in termini non di sprezzante sufficienza, come dordi-
nario in casi consimili)33 era stata Rosa Costa, unattrice, come ci informa il
Bartoli, che possedeva ancora labilit di cantare e che aveva fatto il suo ap-
prendistato con lo strepitoso Argante (cos nella definizione di Goldoni), e
cio Antonio Franceschini, direttore della compagnia comica pi accreditata
nella Venezia degli anni Trenta.34 Ebbene, la Rosa Costa che viene ingaggia-
ta dalla compagnia Imer per subentrare alla Passalacqua (su cui torneremo a
breve) probabilmente la medesima artista che a partire dallanno successivo
avrebbe avviato a Napoli una fortunata carriera di soprano: nel 1737, gi di-
venuta virtuosa di camera del duca di Montemari, interpreta al Fiorentini il
protagonista eponimo del Flaminio di Federico-Pergolesi; e lanno successivo,
nel Grande Real Teatro di San Carlo, Partenope nel bellissimo prologo
ideato dal Carasale in occasione dei festeggiamenti per le nozze e il complean-
no di Carlo di Borbone, a corredare lallestimento dellArtaserse di Metastasio-
Vinci (del prologo, e non dellopera, diede ammirata descrizione la Gazzetta
di Napoli).35 Nel giro di un lustro (1737-1742), bilanciandosi tra repertorio
33. Presero [i comici del San Samuele, nel 1736] la Rosina Costa, giovane, non bella, ma
spiritosa, che sapeva un poco di musica, ed aveva una voce angelica e unabilit sorprendente
(Goldoni, Memorie italiane, cit., p. 256).
34. Cfr. ivi, p. 234. Il Franceschini fu celebre innamorato e direttore della compagnia del
San Luca; Bartoli indica in termini molto generici lappartenenza della Costa alla sua compa-
gnia, e sembra basarla sostanzialmente su ununica fonte (espressamente citata), e cio la cele-
bre stampa padovana della tragicommedia (con vari inserti musicali) La clemenza nella vendetta
(1736), nel cui elenco di personaggi-interpreti, la Costa figura nella triplice veste di Cingara
Indovina, che canta, Madama della Sol Re Virtuosa di Camera della Reg.[ina] ed Eurilla
Figlia del mag. Sacerdote, secondo le mansioni di una terza donna (a sguito di Vittoria Miti
e Marta Bastona Focari; la servetta era Felice Bonomi) che giostrava in ruoli minori le sue virt
soprattutto canore. Anche in considerazione dei sommovimenti che si sarebbero prodotti di l a
poco nella compagnia del San Luca, con la partenza di Franceschini per Dresda, ragionevole
ipotizzare che la Costa abbia accettato, nellautunno di quello stesso anno, lingaggio presso il
San Samuele. Le considerazioni che fanno sguito a testo, e che conservano un carattere ine-
vitabilmente ipotetico, sono basate sullidentificazione operata da Claudio Sartori tra la Rosa
Costa interprete della Clemenza nella vendetta e quella interprete di tutte le altre opere cui si far
riferimento (cfr. Sartori, I libretti, cit., vi. Indici, to. ii, pp. 210-211).
35. [21 gennaio 1738] Ieri, [...], degnossi la maest sua allimbrunir dellaria di passare
al R. teatro per ascoltarvi il nuovo dramma LArtaserse, [], nella qual congiuntura il direttore
capitano D. Angelo Caresale, per contrassegno della sua venerazione, sul bel cominciamen-
to dellopera fece rappresentare un bellissimo prologo da cinque personaggi, che, figurando
la Notte, Venere, Amore, Partenope e il Sebeto, cantavan le laudi del re e della sposa reale.
Compariva intanto un bosco con campagna e colline e a destra miravasi Partenope vestita in R.
foggia, assisa sopra unaureo seggio sopra scalini in atto di dormire e intorno ad essa varie ninfe
119
ANNA SCANNAPIECO
anche dormendo agiate sopra vari sassi. A sinistra osservavasi il Sebeto che, ancor dormendo,
appoggiato era alla sua urna da cui chiare e limpide acque scorrevano e, intorno a lui, anche
sorpresi da sonno, vari pastori faceanli corona. In aria a sinistra vedevasi la notte in un carro a
quattro ruote tirato da due neri cavalli, vestita ella di azzurro sparso di stelle doro, coronata di
fiori di papavero; a destra scorgeasi un altro carro da due colombe tirato, entro cui locata era
Venere, coronata di rose e di mirto, e sulla cui testa splendea una lucidissima stella. Fra tutti
per ammiravasi il carro damore, tirato da quattro cavalli bianchi, in cui era esso Amore con
ali bianche, turcasso ed arco e con facella accesa in mano e nel tempo stesso scorgevasi spuntare
nellorizzonte la lucente Luna, il di cui globo scorgevasi ingombrato dalleffigie della maest di
Maria Amalia, sposa reale del nostro sovrano; il tutto per festeggiare il fortunatissimo e feste-
vol giorno del compleanno di sua maest ed alludere al real maritaggio contratto dalla maest
sua con la R. sposa Maria Amalia Walburga nostra signora. Nel fine del qual prologo tra li
viva del coro e strepitoso sparo di mortaretti e cannoni, furono da sopra il cielo del teatro da
volanti amorini sparsi per tutta ludienza copiosi sonetti allusivi ad un giorno cotanto felice
(A. Magaudda-D. Costantini, Musica e spettacolo nel Regno di Napoli attraverso lo spoglio della
Gazzetta [1675-1768], Roma, ISMEZ, 2009, pp. 162-163 e 186; a p. 538 dellAppendice in pdf
contenuta nellallegato cd-rom si legge il passo citato della Gazzetta di Napoli. Cfr. anche
Croce, I teatri di Napoli, cit., pp. 338-339).
36. Tuttti i dati sono desunti dal repertorio di Sartori. Pur avendo, verosimilmente, inter-
pretato i tre intermezzi goldoniani del 1736 (Monsieur Petiton, La bottega da caff, Lamanate cabala),
la Costa non degna neanche di una menzione nel citato contributo di Gian Giacomo Stiffoni
(cfr. supra, nota 29).
37. Il corago, o vero alcune osservazioni per mettere bene in scena le composizioni drammatiche (ini-
zio sec. XVII), a cura di P. Fabbri e A. Pompilio, Firenze, Olschki, 1983, p. 91. Merita citare
anche la considerazione immediatamente successiva: Intorno a che alcuni muovono questione
se si deve eleggere un musico non cattivo che sia perfetto recitante o pure un musico eccellente
ma di poco o nessun talento di recitare, nel che si toccato con mano che s come ad alcuni
pochi molto intendenti di musica sono pi piaciuti leccellenti cantatori quantunque freddi nel
recitamento, cos al co[mun]e del teatro sodisfazione maggiore hanno dato i perfetti istrioni con
mediocre voce e perizia musicale (ibid.).
120
I NUMERI DELLE COMICHE ITALIANE DEL SETTECENTO
luogo alla specializzazione di una competenza tra le altre, resa possibile pro-
prio dalla genetica versatilit della formazione attorica.38
Daltronde, lampia estensione della categoria delle comiche canterine con-
sente di individuare molteplici fenomenologie della loro carriera. Si possono,
ad esempio, riscontrare tragitti professionali esattamente inversi a quello di una
Rosa Costa. Al riguardo, i due casi pi significativi chiamano in causa attrici
rimaste a vario titolo celebri solo per i loro trascorsi goldoniani: Elisabetta
DAfflisio Moreri e Teresa Gandini.
Il prolungato esercizio di questultima sulla scena musicale (tra il 1733 e il
1744) rimosso dal Bartoli e per sommi capi riesumato dal Rasi stato pun-
tualmente richiamato di recente da Paologiovanni Maione, e quindi si offre
alle nostre valutazioni senza il bisogno di ulteriori indugi documentari;39 pa-
re tuttavia utile affiancare la notizia che quando la Gandini approda a Napoli
e, a partire dal 38, si esibisce en travesti negli spettacoli musicali dei Fiorenti-
ni (duettando peraltro con la prima donna Rosa Costa),40 risulta anche attiva
nel teatrino di corte, animato dalla celebre compaa de los Trufaldines diretta
dallArlecchino di Spagna Gabriello Costantini.41 E forse non un caso che il
medesimo 1744, in cui Carlo di Borbone decreta que se despida la compagnia
de Trufaldines,42 sar anche lultimo anno in cui la Gandini risulta impegnata
sulla scena musicale, e non solo di Napoli. Da questo momento in poi, infatti,
la carriera della comica probabilmente sovrastata dagli interessi del suo le-
gittimo procuratore,43 cio il collerico e violento marito Francesco (che non
38. Un altro caso singolare, in direzione inversa, sembra costituito da Marta Davia che, for-
matasi nella celebre compagnia del ciarlatano Bonafede Vitali (detto lAnonimo), si distinse poi
a lungo, in qualit di prima donna a vicenda con Marta Bastona Focari, nella compagnia del San
Luca; poco prima di ritirarsi dalla carriera, fu interprete di spicco nelle prime veneziane, 1751 e
1752, di due drammi giocosi goldoniani, Il conte Caramella e Le pescatrici, affiancando una star del
calibro di Serafina Penni (anche in questo caso, il relativo volume dellEdizione nazionale non
ha fornito nuove indicazioni, se non la designazione erronea di Francesca in luogo di Marta:
cfr. M. Bizzarini, Introduzione a C. Goldoni, Drammi comici per musica, ii. 1751-1753, a cura di
A. Vencato, Venezia, Marsilio, 2011, p. 18).
39. Cfr. qui il saggio di Maione, pp. 97-108.
40. Al Fiorentini le due artiste calcano assieme la scena sia nellOdoardo (inverno 1738: la
Costa nel ruolo di Lavinia e la Gandini in quello di Lelio), sia nellOrtensio (carnevale 1739: la
Gandini nel ruolo del protagonista eponimo, la Costa in quello di Lavia).
41. Cfr. Croce, I teatri di Napoli, cit., p. 405. Il dato, di grandissimo rilievo, sinora sfug-
gito agli studiosi, probabilmente perch nel documento citato da Croce si parla di una Teresa
Gantini (e non Gandini) e soprattutto del suo marito Francesco (e non come si sempre
pensato Pietro: per cui cfr. infra a testo e note 42-43). Su Costantini e la compaa de los
Trufaldines, si veda la n. 2.
42. Cfr. Croce, I teatri di Napoli, cit., p. 412.
43. Si rinviene ad esempio la sottoscrizione Francesco Gandini come legittimo procura-
tore di Teresa mia moglie in un documento del 28 novembre 1750, relativo alla compagnia
121
ANNA SCANNAPIECO
ha niente a che fare con Pietro, il celebrato Brighella trasformista con cui vie-
ne sempre confuso)44 risulter incanalata nella professione attorica, e specie
dopo lapprodo a Venezia: qui infatti viene ingaggiata al San Luca, tempio del
teatro comico cittadino, e vi consegue presto il titolo di prima donna. Ha come
partner una star del calibro di Antonio Vitalba, ed tenuta a concertarsi con
altri gloriosi esponenti della tradizione dellArte, dal Pantalone Rubini allAr-
lecchino Cattoli: lo fa, come ricorda il Bartoli, con immensa bravura [] in
tutto ci che allArte Comica per dovere si aspetta, una bravura ovviamente
memore del duraturo e versatile esercizio sulle scene napoletane. Una cogni-
zione cos matura e sperimentata dei segreti dellArte (in cui a detta sempre
del Bartoli si distingueva anche la brillante energia infinitamente lodevo-
le dispiegata nellinterpretazione delle cose studiate),45 che sarebbe stata per
certo messa a frutto da un Carlo Goldoni, se tra i due non si fosse interposta
la brutalit dispotica del legittimo procuratore della Gandini, troppo pre-
occupato che la visibilit della moglie e il capitale che recava in seno po-
tesse essere scalfito dalla rivoluzione delle convenzioni rappresentative avviata
dal nuovo poeta di compagnia. Sicch il capitale in questione fu dirottato a
Dresda e la compagnia del San Luca si trov privata della miglior femmina
di questo mondo.46
Per tanti versi, ancora pi istruttivo il caso di Elisabetta DAfflisio More-
ri. Per riuscire oggi a scorgere il suo profilo artistico dovremmo impegnarci
a scoperchiare la pietra tombale sotto cui la seppell il risentimento di un suo
amante corbellato, Carlo Goldoni. Stizzito ancora in tarda et, ne immortal
il fisico rinsecchito, lincarnato ple et jauntre, malamente coperto dal bel-
letto, la phisionomie grimaciere e, naturalmente, la mediocrit artistica.47
Il romanzetto teatrale della Passalacqua, che adesca il poeta di compagnia per
del San Luca: cfr. Venezia, Biblioteca di Casa Goldoni, Archivio Vendramin, 42.f.8/1, Scritture
e Lettere dallanno 1733 sino 1764 attinenti alli accordi con li Sig.ri Comici per dover recitare nel Teatro di
San Salvador, c. 26.
44. Avevo gi segnalato il dato in Noterelle gozziane, cit., p. 102 n., ma devo rinviare ancora
ad altra sede la sua distesa documentazione.
45. Bartoli, Notizie istoriche, cit., to. i, p. 252.
46. Come mai la prima donna, chera la miglior femmina di questo mondo ha avuto
cuore di abbandonarci cos?, chiede il Florindo Francesco Falchi nellIntroduzione per la prima
sera dellautunno dellanno 1755, volendo acclimatare il pubblico alla difficile situazione in cui
versa la compagnia allindomani della fuga dei Gandini; e Celio gli risponde: Che potea fare
la poverina? Ella ha dovuto accondiscendere al marito suo (C. Goldoni, Introduzioni, Prologhi,
Ringraziamenti. Prefazioni e polemiche II, a cura di R. Turchi, Venezia, Marsilio, 2011, p. 125).
47. C. Goldoni, Mmoires, p. i, chap. 38, in Id., Tutte le opere, a cura di G. Ortolani,
Milano, Mondadori, 1935, vol. i, p. 172 (dove si rimarca anche la voix fausse e la maniere
monotonne).
122
I NUMERI DELLE COMICHE ITALIANE DEL SETTECENTO
goderne i favori, e nel frattempo si sollazza con il primo uomo della troupe
(il ben pi seducente Antonio Vitalba), continua comprensibilmente a in-
cantare tutti (lo stesso Luigi Rasi ne trasse materia per uno dei suoi pi sapidi
monologhi);48 un po meno quel Don Giovanni Tenorio in cui il poeta corbel-
lato volle fare le sue vendette, lasciandoci di fatto una delle sue prove pi in-
felici. Se tuttavia si prova a leggere lo stesso Goldoni in controluce, si riesce a
ravvisare qualche elemento di pi attendibile storicizzazione. Circa un decen-
nio prima dei Mmoires, dalla prefazione al tomo xiv delledizione Pasquali, a
proposito della nostra Elisabetta aveva potuto infatti scrivere:
48. Cfr. L. Rasi, Il libro dei monologhi, Milano, Hoepli, 1891, pp. 113-128.
49. Goldoni, Memorie italiane, cit., p. 246 (il corsivo mio); per la datazione (1776-1777)
del to. xiv dellediz. Pasquali cfr. A. Scannapieco, Scrittoio, scena, torchio: per una mappa della
produzione goldoniana, Problemi di critica goldoniana, vii, 2000, pp. 216-217.
50. Profilo non a caso trascritto in chiaro nella voce dedicata da Bartoli allattrice, deriva-
ta sicuramente dalla pagina goldoniana: Esercitavasi nel Ballo con molta grazia; aveva qualche
intelligenza della Musica, e fece talvolta spiccare in essa la sua abilit, cantando in Musicali
Operette, ed Intermezzi. Giocava assai bene la Bandiera, e sapeva colla spada schermire a mera-
viglia (Bartoli, Notizie istoriche, cit., to. i, p. 1).
51. Dal repertorio di Sartori si evince che la DAfflisio aveva fatto parte del cast de La
forza dammore, commedia pe museca, al teatro Nuovo di Napoli nel 1732 (n. 10829); lanno
successivo registrata la sua presenza a Corf, nellallestimento del Geronte tiranno di Siracusa (n.
11576); per altri due drammi seri Eurene (n. 9394a) e Semiramide riconosciuta (n. 21542) la ri-
troviamo a Brescia nel carnevale 1735. E nellautunno di questo stesso anno esordir sulle scene
del San Samuele, come nuovo ingaggio della compagnia Imer.
52. Pour mon bonheur, la Passalacqua avoit t renvoye: je navois pas de rancune; mais
je me portois mieux quand je ne la voyois pas (Goldoni, Mmoires, cit., p. i, chap. 40, p. 184).
123
ANNA SCANNAPIECO
lacqua era stata poi renvoye dal San Samuele, in compenso, gi nel 1741,
sarebbe stata assunta dal ben pi prestigioso San Luca, come parte fissa e non
semplicemente stipendiata, con un contratto della durata di otto anni.53 Qui
si sarebbe fatta apprezzare anche nellinterpretazione di ruoli tragici,54 e per
certo la sua reputazione dovette rendersi ascendente e ben consolidata, dato
che venne poi proposta alla corte di Napoli come prima donna in una com-
pagnia di Comici Lombardi, compagnia senza paragone, a sostituire quella del
celebre Arlecchino Costantini. Il progetto non and in porto per il maturato
disinteresse della corte verso tale tipo di intrattenimento,55 e della presenza
dellattrice sulle scene meridionali c rimasto solo il ricordo di una spetta-
colare quanto drammatica caduta nellesecuzione di un volo al Santa Ceci-
lia di Palermo; evento che se a noi oggi rimarca unaltra risorsa abituale della
multimedialit dellArte quella del virtuosismo acrobatico , stato per
solito assunto solo a simbolico, tragico suggello della carriera dellattrice. In
realt, lultimo documento archivistico a noi noto della sua vicenda artistica,
ce la restituisce in unaltra veste ancora, quella del tutto inattesa di direttrice
di compagnia in area lombarda.56
Come servetta acrobata e ugualmente vittima di una precipitosa caduta,
al San Samuele, per un guasto nellattrezzeria aveva daltronde esordito uno
dei pi rilevanti capocomici del secondo Settecento, Faustina Tesi, la Ristori
dellepoca, nella definizione tuttaltro che demenziale di un Luigi Rasi. Del
marito, a cui doveva quei rudimenti nellarte comica che con perspicace ta-
lento e instancabile applicazione57 aveva messo presto a massimo frutto, si
era rapidamente disfatta: mal tollerava lincuria di un compagno che si ridu-
53. Cfr. Venezia, Biblioteca di Casa Goldoni, Archivio Vendramin, 42.f.8/1, Scritture e
Lettere, cit., cc. 5-6: il contratto sottoscritto in data 8 ottobre 1741 e prevede la durata di otto
anni (dal 1742 al 1749). Per la differenza tra parti fisse e stipendiati, cfr. A. Scannapieco, Carlo
Goldoni direttore e salariato dei suoi comici, Studi goldoniani, ix n.s. 1, 2012, pp. 27-37.
54. Valga in tal senso una testimonianza del Bartoli: Essendo lanno 1744. in Venezia a
recitare nel Teatro S. Luca al servizio de Nobili Uomini Signori Fratelli Vendramini ebbe da
Bartolommeo Vitturi Cittadino Veneziano una Tragedia intitolata: Berenice Regina dArmenia, la
quale fu posta in Scena; ed Elisabetta vi sostenne egregiamente il carattere eroico di quella gran
Donna (Bartoli, Notizie istoriche, cit., to. i, pp. 1-2).
55. Cfr. Croce, I teatri di Napoli, cit., p. 422 (da cui anche la citazione a testo).
56. Si tratta di una supplica presentata da Elisabetta da Flisio detta la Passalacqua, in data
10 dicembre 1748, per avere in gestione il teatro di Parma nel carnevale successivo; nella rela-
tiva autorizzazione si fa espresso riferimento alla compagnia di detta Donna (il documento,
conservato presso lArchivio di stato di Milano e senzaltro bisognoso di ulteriori verifiche,
citato in L. Rasi, I Comici italiani. Biografia, Bibliografia, Iconografia, Firenze, Fratelli Bocca, 1897,
vol. i, p. 10).
57. Bartoli, Notizie istoriche, cit., to. ii, p. 247.
124
I NUMERI DELLE COMICHE ITALIANE DEL SETTECENTO
58. Tale figura negli allestimenti cremonesi della Sposa fedele e degli Uccellatori (entrambi del
1769: n. 22446 e n. 24190 del Sartori, cui si rinvia anche per tutti gli altri elementi richiamati
sinteticamente a testo).
59. Bartoli, Notizie istoriche, cit., to. ii, p. 248.
60. A. Piazza, Lattrice (Il teatro, ovvero fatti di una veneziana che lo fanno conoscere, 1777-1778),
a cura di R. Turchi, Napoli, Guida, 1984 (le citazioni, rispettivamente, alle pp. 56, 51 e 54).
61. Bartoli, Notizie istoriche, cit., to. ii, pp. 248-249.
62. Direzione esercitata ricordava sempre Bartoli con quellalterezza subitanea, ed
improvvisa, che la faceva essere fastidiosa co compagni, e poco rispettosa con il pubblico istes-
so. Una preziosa tessera documentaria dellinflessibilit nella conduzione della troupe stato
rintracciata nellarchivio parmense da Paola Cirani: dopo che la sua compagnia era stata in-
gaggiata per i teatri di Parma e Colorno (dovera la residenza estiva della corte) per la stagione
autunnale del 1776, la Tesi licenzia su due piedi il secondo amoroso, Luigi Delicati, e giunge a
fare istanza presso il sovrano affinch lattore abbia proibito laccesso nel territorio parmense per
tutto il periodo di soggiorno della compagnia, istanza che Don Ferdinando accoglie senzaltro
(P. Cirani, Musica e spettacolo a Colorno tra XVI e XIX secolo, Parma, Zara, 1995, pp. 72-73). Sulle
ragioni profonde che animavano i collerici trasporti della Tesi, sempre Bartoli ha tracciato
considerazioni non facilmente liquidabili come effetti della retorica dellelogium: questi suoi
collerici trasporti hanno per lorigine da un buonissimo sentimento, e da quel zelo, per cui
vorrebbe che ognuno operasse con estrema cura nellesecuzione de proprj doveri, se si parla
de Compagni suoi, o de personaggi che ella stipendia; e se del Pubblico si ragiona, un eguale
amore della sua professione la fa trascendere in orgogliose dimostrazioni, a motivo di qualche
non curanza chella veda trovarsi negli uditori per lei, sentendosi alzar la voce in tempo chella
recita, e distraerle cos quella lode che fervidamente ambisce di poter guadagnarsi (Bartoli,
Notizie istoriche, cit., to. ii, pp. 249-250).
125
ANNA SCANNAPIECO
sicch lo stesso Bartoli, nel piano editoriale del suo opus, la qualifica unica
insieme a Maddalena Battaglia Direttrice della sua Compagnia.
Siamo gi insensibilmente, e non a caso trapassati nella categoria delle
comiche impresarie, ma varr la pena ricordare almeno unaltra tipologia riscon-
trabile nellaffollata schiera delle comiche canterinole: quella ben testimoniata dal
caso (non unico) di Antonia DArbes Grandi, in cui arte attorica e arte canora
andarono intrecciate lungo tutta la carriera artistica. Figlia darte per eccellen-
za, Antonia era tuttavia stata avviata dal padre, il celeberrimo Pantalone Cesa-
re DArbes, alleducazione musicale e canora, e il matrimonio con Tommaso
Grandi un eccellente primattore, con pronunciate risorse multimediali (era
o sarebbe stato anche ballerino, cantante e autore drammatico) aveva spinto
la sua formazione ad ampliarsi sul versante recitativo, per poi presumibilmente
lasciarla a sua volta influire su quella del marito: sicch per entrambi pu essere
tenuto nel conto di traguardo, almeno simbolico, lallestimento del Pygmalion,
il rivoluzionario melologo di Rousseau, dapprima a Milano nelloriginale fran-
cese (1775) e poi a Venezia nella traduzione dellabate Perini (1777).63
63. Cfr. i n. 18680 e n. 18701 del repertorio del Sartori. Com noto, con la scne lyrique
del Pygmalion (composto nel 1762, andato per la prima volta in scena a Lione nel 1770, poi nel
1772, con prodigiosa affluenza di pubblico, allOpra di Parigi, e infine, 1775, alla Comdie
Franaise), Rousseau aveva inaugurato un nuovo genere rappresentativo, il melologo, cio un
testo poetico declamato da uno o pi attori sulla base di un accompagnamento musicale cui si
alternano brani orchestrali; sulla sua fortuna italiana, cfr. G. Morelli-E. Surian, Pigmalione
a Venezia, in Venezia e il melodramma nel Settecento. Atti del convegno internazionale di studio
(Venezia, 24-26 settembre 1973), a cura di M.T. Muraro, Firenze, Olschki, 1981, vol. ii, pp.
147-167. Per molti versi analogo a quello di Antonia DArbes Grandi il caso di Giulia Gritti
Pizzamiglio.
64. Nel repertorio di Bartoli non c riferimento allattivit impresariale di Regina
Cicuzzi ed Elisabetta DAfflisio Moreri; non sono proprio menzionate, inoltre, le comiche-
126
I NUMERI DELLE COMICHE ITALIANE DEL SETTECENTO
capocomicali in ben dodici attrici settecentesche, di cui solo una non vivente:
il che ci porterebbe al paradosso non beninteso mia intenzione accreditar-
lo di un numero di capocomiche coeve a Bartoli maggiore del corrispettivo
maschile. evidente che, in molti casi, si tratta di entit non comparabili: al-
cune attrici possono assumere funzioni capocomicali in brevi segmenti della
loro carriera, o in mercati periferici, o perch subentrano alla morte del tito-
lare della ditta in quanto mogli divenute vedove: ma, per quanto ridimen-
sionato e ridotto alle sue reali proporzioni, il dato non pu continuare a essere
eloquente se rapportato a un contesto storico-giuridico in cui aveva pieno vi-
gore di legge il deficit di capacit, radicato nellidentit di genere, che esclu-
deva le donne dalla sfera pubblica e dallesercizio di officia e munera, e in cui
lo statuto di proprietario entrava in collisione con quello di minus habens.65 E
forse lacribia storiografica di Bartoli, al di l delle sue stesse intenzioni, regi-
stra i connotati di un fenomeno emergente,66 che si rispecchia gi nella scel-
ta lessicale e sia pur usata con estrema parsimonia del titolo di direttrici, in
luogo di quello di capocomiche: la differente denominazione rendeva omaggio
al principio della distinzione della gerarchia dei generi e dei ruoli, ma anche
allaffermarsi di nuove identit, giuridiche (di fatto) non meno che artistiche.67
impresarie Marta Colleoni e Teresa Consoli, su cui si intrattiene invece a lungo Colomberti
(e, di riflesso, Rasi).
65. Valga per tutte la testimonianza del repertorio giuridico tardosettecentesco dellav-
vocato padovano Marco Ferro: Gli uomini, per la prerogativa del loro sesso, e per la forza del
loro temperamento, sono naturalmente capaci di ogni sorte dimpieghi e di obbligazioni; al
contrario le femine, a motivo della debolezza del loro sesso, e della loro naturale delicatezza,
sono escluse da molti ufficii, e dichiarate incapaci di certe obbligazioni (M. Ferro, Dizionario
del diritto comune, e veneto, che contiene le leggi civili, canoniche e criminali, Venezia, Fenzo, 1778-1781,
10 to.; la citazione tratta dal to. v [1779], s.v. femmina). Sulla problematica in oggetto, anche per
ulteriori indicazioni bibliografiche, cfr. S. Feci, Pesci fuor dacqua. Donne a Roma in et moderna:
diritti e patrimoni, Roma, Viella, 2004.
66. Fenomeno che peraltro non aveva mancato di avere anticipazioni nel secolo prece-
dente, come attesta almeno il caso di una Giulia de Caro (1646-1697), al cui riguardo ha per
osservato Siro Ferrone: Non da escludere che la fama di teatrante malavitosa le derivasse non
solo dalle azioni commesse ma anche dalla pratica manageriale: donne cantanti e attrici si erano
viste oramai da tempo, ma non cos sfrontate da pretendere di occupare addirittura il ruolo di
impresarie e non solo in Napoli ma anche tra Napoli e Venezia. Fu uneccezione, Giulia De
Caro (Ferrone, La Commedia dellArte, cit., p. 59).
67. Lidentit giuridica, almeno sotto il profilo formale, avrebbe notoriamente dovuto at-
tendere tempi molto lunghi; ma tutta da meditare la circostanza per cui la trattatistica italiana
di fine Ottocento riconoscesse, proprio in materia teatrale, una virtuosa legislazione di fatto
che avrebbe dovuto incidere sulla ridefinizione normativa della giurisprudenza in materia: Il
principio della libert nelle industrie e nei commerci, che vedemmo applicarsi indistintamen-
te anche nelle materie teatrali, doveva eliminare dalle nostre leggi una disposizione che vieti
daffidare alle donne la direzione di compagnie teatrali; ed abbiamo anzi in pratica lesempio di
127
ANNA SCANNAPIECO
distinte attrici, quali la signora Ristori, la signora Sadowschi, la Duse ed altre, che diressero per
molto tempo le loro compagnie drammatiche, mostrando col fatto come sieno poco fondate le
pretese ragioni di convenienza e le apprensioni di pericoli che determinarono altre legislazioni
a contrarie misure (E. Rosmini, Legislazione e giurisprudenza dei teatri, terza ediz. riveduta e
corretta dallautore, Milano, Hoepli, 1893, p. 32, corsivo originale; si veda anche la sez. ii del
cap. v, p. ii, dedicata alle Scritture delle donne maritate, dove lautore, obtorto collo, costretto a rico-
noscere il vincolo dellautorizzazione maritale nella misura in cui limpegno professionale della
donna confligga con i suoi, assolutamente prioritari, doveri di moglie e di madre; mentre
riconosciuta piena capacit e libert di obbligarsi alle nubili e alle vedove [ivi, rispettivamente
alle pp. 395 e 393]).
128
Franco Perrelli
IL MULO DI LESSING
1. Ed ora, per questa volta, basta con la Mrope!. Cos conclude Lessing il
capitolo l del primo volume della Drammaturgia dAmburgo (1767-1769), ren-
dendosi ben conto che lanalisi serrata e incrociata della Merope di Scipione
Maffei (1713) e della Mrope di Voltaire (1736-1738) aveva occupato decine di
pagine delle sue cronache (a partire dal capitolo xxxvi): un settimo sta-
to calcolato dal Robertson 1 di unopera che, non senza ironia, lautore aveva
immaginato che i suoi lettori potessero desiderare varia, divertente e allegra
come pu essere soltanto una rivista di teatro.2
Lessing si era soffermato tanto su due indubbi e discussi successi teatrali del
XVIII secolo: la Merope italiana era stata rappresentata a Modena nel giugno
del 1713 da Elena Balletti e Luigi Riccoboni, con precisi intenti di riforma e
regolarizzazione scenica, non estranei a certi ideali dellArcadia; quella fran-
cese, nel febbraio del 1743 da les Comdiens du Roi, protagonista Mlle Du-
mesnil. Il confronto fra i due testi, la contrapposizione fra stile italiano e stile
francese, se non addirittura fra Verona e Parigi, avevano sollevato sonore po-
lemiche e, per di pi, sul lavoro di Voltaire sera posato il sospetto del plagio
in relazione alla Merope del Maffei (unipotesi cui Lessing avrebbe dato peral-
tro ampio credito). Tuttavia, ci che interessava prioritariamente lautore del-
la Drammaturgia dAmburgo era sciogliere nodi teorici strategici sia relativi alla
tragedia di Euripide sia alla Poetica di Aristotele.
Maffei, dopo tutto, si era impegnato, con Merope, a restare nellambito di
un aristotelismo che non fosse soffocato, alla francese, da regole vincolanti,
bens sostenuto dai principi di verit e di natura, con un accento particola-
re sul diletto e il piacere che accompagnano la rappresentazione scenica del-
1. J.G. Robertson, Lessing, Maffei and Calepio, The Modern Language Review, xiii,
1918, 4, pp. 482-483.
2. G.E. Lessing, Drammaturgia dAmburgo, a cura di P. Chiarini, Roma, Bulzoni, 1975, pp.
234, 231 (rip. facsimile dellediz. Bari, Laterza, 1956).
130
IL MULO DI LESSING
mo fra tutti i poeti tragici,8 il passo relativo al Cresfonte a detta anche di vari
commentatori avrebbe attribuito a questo tipo di tragedia a lieto fine (ap-
punto come la Merope di Maffei) la peculiarit di porsi come un vero e proprio
modello poich la stessa Poetica sancisce che, in una tragedia, meglio se chi
agisce non fa e viene a sapere dopo aver agito; la situazione non ripugnante e
il riconoscimento ha un effetto di sorpresa. La situazione migliore per []
come quando nel Cresfonte Merope sta per uccidere suo figlio, e non lo uccide
perch lo riconosce, o come nellIfigenia la sorella sta per uccidere il fratello, o
nellElle il figlio riconosce la madre quando sta per consegnarla.9
Il passo aristotelico scatena in Lessing una puntuta discussione che si dira-
ma dallapparente contraddizione che la Poetica, oltre alla peripezia a lieto fine,
sancisce pure che una buona trama tragica non deve avere uno scioglimento
lieto, ma funesto.10 In questo caso e di norma, Lessing simpegna a risolvere
le difficolt teoriche, interpretando Aristotele in una chiave laica e invitando,
nello specifico, critici e drammaturghi a considerare flessibilmente le sfaccet-
tature di una fabula scenica: se essa non vi concede altro che o la migliore
peripezia, o la migliore trattazione della catastrofe, cercate quale elemento
dellalternativa vi offra vantaggi maggiori, e scegliete.11
un fatto per che il Cresfonte di Euripide intriga non poco Lessing,
tanto da spingerlo a una sorta dipotetica ricostruzione di questa tragedia
perduta, fermo che il tema di Merope, a suo avviso, in base alla relativiz-
zazione del citato passo della Poetica, non pu essere considerato senzaltro
una perfetta favola tragica (quantomeno con la benedizione dellautorit
di Aristotele), perch le lodi del filosofo non si riferiscono allintera favo-
la, ma solo a una singola parte della stessa.12 Era quindi uniperbole inso-
stenibile quanto scritto da Voltaire, nella Lettre M. Maffei, nella quale in
cortocircuito con un riferimento plutarcheo si sosteneva che Aristotele,
nella Poetica, aveva esaltato il coup de thtre euripideo del riconoscimento di
Merope e di suo figlio come il momento pi interessante di tutta la scena
greca, smentita peraltro da altri mirabili (e sempre relativi) casi di ricono-
scimento in un autore come Euripide, che ha fatto uso frequentissimo della
peripezia a finale tragico.13
8. Ivi, p. 188. E cfr. Aristotele, Poetica, a cura di G. Paduano, Roma-Bari, Laterza, 20119,
1453a 29-30.
9. Ivi, 1454a 4-9.
10. Lessing, Drammaturgia dAmburgo, cit., p. 180.
11. Ivi, pp. 185-186.
12. Ivi, p. 186.
13. Ivi, pp. 187-188.
131
FRANCO PERRELLI
poco prima ella aveva udito, appunto, che era arrivato uno straniero, il quale si van-
tava di averlo ucciso, e che questo straniero riposava placidamente sotto il suo tetto.
Ella afferra la prima cosa che le capita fra le mani, corre piena dira verso la stanza di
lui, il vecchio le si precipita appresso: e il riconoscimento avviene proprio nellistante
in cui il delitto avrebbe dovuto compiersi. Tutto ci era molto semplice e naturale,
molto umano e commovente!
per Egisto, senza poter provare un sentimento dorrore per Merope. Essi tremavano
per lei stessa, che una scusabile precipitazione minacciava di trasformare nellassassi-
na del proprio figlio. Al contrario, Maffei e Voltaire mi fanno tremare soltanto per
la sorte di Egisto, giacch io sono cos indignato con la loro Merope, che quasi vor-
rei concederle di portar a compimento il suo gesto. E cos fosse! Se ella pu prender
132
IL MULO DI LESSING
tempo per la vendetta, avrebbe potuto prenderlo anche per condurre delle indagini.
[] Non vorrei sbagliarmi di grosso, ma ad Atene lavrebbero fischiata.17
da Egisto stesso la sua vera identit; e pi egli era certo che Merope si apprestava a uc-
cidere il proprio figlio, tanto pi grande doveva essere il terrore che lo afferrava, tanto
pi dolorosa la piet alla quale egli si preparava, nel caso che il proposito di Merope
non venisse frustrato a tempo. In Maffei e Voltaire, al contrario, noi congetturiamo
soltanto che il presunto assassino sia il figlio stesso, e il nostro terrore si raccoglie tut-
to nel preciso istante in cui destinato a dissolversi.18
4. Lessing approda cos ai cruciali capitoli xlviii e xlix, nei quali simpe-
gna in una definizione pi puntuale delleccellenza di quello che Aristotele
aveva incoronato come il pi tragico di tutti i poeti tragici.19
Preliminarmente, Lessing ci offre unampia citazione del migliore dei cri-
tici francesi, Denis Diderot, tratta da Sulla poesia drammatica del 1758.20 Nel
capitolo xi di questopera, relativo a cosa sostiene e rafforza lInteresse in
teatro, Diderot fissa un piccolo (e dichiarato) paradosso sul dramma: tutto de-
ve essere chiaro per lo spettatore. Confidente di ogni personaggio, informa-
to di ci che avvenuto e di ci che avviene, ci sono cento momenti in cui
non si ha niente di meglio da fare che informarlo con precisione di ci che
accadr. Pertanto:
133
FRANCO PERRELLI
Sono cos lontano dal pensare con la maggior parte di coloro che hanno scritto di
arte drammatica, che si debba nascondere allo spettatore lo scioglimento, che non
penserei di accollarmi unimpresa molto al di sopra delle mie forze, se mi mettessi a
scrivere un dramma in cui lo scioglimento fosse annunciato dalla prima scena, e do-
ve attingessi linteresse pi vivo proprio da questa circostanza.
21. D. Diderot, Teatro e scritti sul teatro, a cura di M. Grilli, Firenze, La Nuova Italia, 1980,
pp. 268 ss.
22. Lessing, Drammaturgia dAmburgo, cit., p. 201.
134
IL MULO DI LESSING
spiega non solo il passato, ma anche il futuro, non accontentandosi distruire lo spet-
tatore dellantefatto, necessario allintelligenza del dramma, ma mettendo al corrente
dello scioglimento e della catastrofe completa, di modo che tutti gli avvenimenti siano
previsti: si tratta di una pecca assai rilevante assolutamente opposta a questa attesa o
sospensione [attente ou suspension] che deve sempre regnare in teatro, distruggendo tutte
le attrattive di un dramma, che consistono quasi sempre nella sorpresa e nella novit.
135
FRANCO PERRELLI
136
IL MULO DI LESSING
137
FRANCO PERRELLI
il segreto di tutti i miei racconti, novelle, favole che sono dei drammi. Infatti,
quando i teatri mi furono interdetti per lunghi periodi, pensai di scrivere i miei
drammi in forma epica a uso futuro. [] Ora sono convinto che con una conce-
zione pi libera e pi nuova del dramma si possono anche prendere in considera-
zione i racconti esattamente come sono! Sarebbe una novit! Le scene mutano, ma
non altro che lubiquit di Shakespeare, le riflessioni dellautore diventano mono-
loghi. Ma si potrebbe anche inserire un nuovo personaggio (corrispondente al coro
dei greci) e potrebbe essere il Suggeritore, semivisibile, che legge le descrizioni
(paesaggi, ecc.) e racconta o riflette, mentre la scena cambia. [] Tutte le forme
non sono oggi consentite?36
35. H. Jger, Henrik Ibsen 1828-1888. A Critical Biography (1888), New York, Blom, 19722,
pp. 267 ss. Traduzione mia.
36. A. Strindberg, Vita attraverso le lettere, a cura di F. Perrelli, Ancona-Milano, Costa &
Nolan, 1999, pp. 358-359.
37. Cfr. F. Perrelli, Strindberg: la scrittura e la scena, Firenze, Le Lettere, 2009, pp. 45-46, 87.
38. Cfr. R. Critchfield, The Mixing of Old and New Wisdom: On Lessings Nathan der Weise
and Brechts Der kaukasische Kreidekreis, Lessing Yearbook, xiv, 1982, pp. 161-162.
138
IL MULO DI LESSING
39. Benjamin, Lopera darte nellepoca della sua riproducibilit tecnica, cit., pp. 127 ss.
40. P. Chiarini, Brecht, Lukcs e il realismo, Roma-Bari, Laterza, 1970, pp. 89 ss.; B. Brecht,
Scritti teatrali, Torino, Einaudi, 19743, p. 135.
41. Scotton, La poetica della Merope nella Drammaturgia amburghese di Lessing, cit., p. 162.
42. Chiarini, Brecht, Lukcs e il realismo, cit., p. 91.
139
Alessandro Tinterri
Di padre in figlio era il titolo originariamente pensato per questa nota sulle
origini del Burcardo, anche se qui si tratta pi del padre che del figlio. Padre
e figlio, Silvio e Alessandro dAmico, condividevano la grande passione per il
teatro e un interesse non erudito per la sua storia. La passione in Silvio dA-
mico era alimentata da una frequentazione dei teatri, che travalicava il dovere
professionale, in suo figlio Sandro si traduceva in un piacere non meno intenso
e gratuito, affrancato dallobbligo professionale. Entrambi si adoperarono per
il teatro e la sua storia, al fine di dotare di strumenti adeguati la storiografia
teatrale, una disciplina tardivamente accolta nellUniversit italiana.
Sicuramente agli occhi di Silvio dAmico doveva apparire un curioso pa-
radosso, non meno inaccettabile del ritardo nellintroduzione della regia nel
nostro teatro, il fatto che proprio lItalia, culla, con la Grecia antica, del tea-
tro occidentale, non potesse vantare unadeguata considerazione del teatro in
ambito accademico e storiografico. E a colmare questa lacuna si adoper con
energia non inferiore a quella impiegata nella battaglia per laffermazione anche
in Italia di un teatro di regia. Se a questo scopo fu da lui concepita lAccademia
nazionale darte drammatica e, adatto alla bisogna, quello strumento didattico
che la sua Storia del teatro drammatico,1 ripetutamente aggiornata dal figlio San-
dro, per un pi vasto progetto storiografico fond lEnciclopedia dello spettacolo.2
Entrambi poi, padre e figlio, furono allorigine di due istituzioni preposte
alla conservazione e allo studio del nostro passato teatrale: il Burcardo di Ro-
ma e il Museo biblioteca dellattore di Genova. Se pi nota la parte avuta
1. Cfr. S. dAmico, Storia del teatro drammatico, Milano-Roma, Rizzoli & C., 1939-1940,
4 voll.
2. Roma, Le Maschere, 1954-1968, 11 voll. (rist. Roma, Unedi-Unione editoriale, 1975).
Alessandro dAmico fu redattore capo dellEdS dal 1954 (vol. i) al 1957 (vol. iv). Si vedano da
ultimo, anche per la bibliografia, le pagine di Stefano Mazzoni (Ludovico Zorzi. Profilo di uno
studioso inquieto) e di Francesca Simoncini (Il sistema AMAtI fra tradizione e multimedialit), in
Drammaturgia, xi / n.s. 1, 2014, rispettivamente pp. 74-75 e nota 376, 317-318.
3. Su Alessandro dAmico, con il quale ho avuto la ventura e il privilegio di lavorare per ol-
tre venticinque anni, mi sia consentito rinviare a un mio precedente contributo, Alessandro dA-
mico o dellascolto, http://drammaturgia.fupress.net/recensioni/recensione1.php?id=4490 (data di
pubblicazione sul web: 13 aprile 2010); sul ruolo da lui avuto nella creazione del Museo biblio-
teca dellattore di Genova rimando al mio intervento La sua parte di storia, Ariel, n.s., i, 2011,
1, pp. 59-64 (numero monografico dedicato a Alessandro dAmico e Luigi Squarzina due maestri).
4. Cfr. L. Rasi, La Duse, Firenze, Bemporad & figlio, 1901 (ed. mod., con una postfazione
di M. Schino, Roma, Bulzoni, 1986). Per le altre notizie si veda il numero monografico della
rivista Ariel, vi, 1991, 1, dedicato a Luigi Rasi e la Scuola di recitazione di Firenze.
142
SILVIO DAMICO E LA NASCITA DEL BURCARDO
143
ALESSANDRO TINTERRI
Se dellarte del comico, che fra le pi nobili e le pi grandi di tutte le arti, come
quella che in un attimo d le sensazioni pi profonde a una moltitudine pendente
estatica dalle labbra o dal gesto di un uomo o di una donna, non rimane pi traccia,
fuorch nella fredda, pallida notizia tramandataci oralmente da contemporanei, che
va poi attenuandosi, alterandosi, trasformandosi nel suo passar di bocca in bocca, di
generazione in generazione, perch non serberem noi raccolte in un tempio sacrato
alla storia di quellarte le memorie di coloro, davanti a quali e noi e i nostri avi pal-
pitammo, e palpiteranno i nostri nipoti tornando a vivere con essi, rievocando nella
nostra mente le grandi ore godute per virt del loro genio, o ricostruendo nella no-
stra fantasia quelle godute da nostri antichi? Se la indifferenza di essi trascin con
lala inesorabile del tempo gran parte di quelle memorie nelloblio, moltissime ancor
ne rimangono ad attestar la grandezza nostra nel regno del teatro.10
Sia la Raccolta teatrale, che son venuto formando con tanto amore e in cos lungo
tempo, collocata in Italia o allEstero; o sia, com accaduto pur troppo a quasi tut-
te le raccolte di chi non ebbe intento di speculazione (Taylor, Filippi, Sapin, Vitu,
Sarcey informino, e primo di tutti il Soleinne), venduta alla spicciolata, ho creduto
opportuno per la storia del nostro teatro comico e un po anche per mia soddisfazio-
ne darne fuori un catalogo relativamente completo in un esiguo numero di esemplari
(150), che fosse per gli studiosi, per le biblioteche e i professionisti librai un indispen-
sabile ferro del mestiere.12
144
SILVIO DAMICO E LA NASCITA DEL BURCARDO
13. S. dAmico, Per il museo teatrale di Luigi Rasi, Lidea nazionale, 20 marzo 1919: Dal
momento che, nonostante le ciarle strombazzate su tutti i giornali circa il prossimo interessa-
mento dello Stato al Teatro darte in Roma, alla riforma della Scuola di Recitazione in Roma,
alla creazione dun Teatro in Musica in Roma, ecc. ecc., il competente Ministero non si
nemmeno sognato di assicurare a Roma questo Museo, non resta che fare il possibile perch
almeno esso rimanga a disposizione degli studiosi a Milano. Che almeno i mecenati e i ricchi di
buon gusto siano meno sordi del Governo e corrispondano allappello per la creazione di questo
nuovo e necessario istituto nazionale: il Museo del Teatro Italiano.
145
ALESSANDRO TINTERRI
Limportante si che il Museo non venga costituito a caso, raccogliendo cio quel-
lo che cpita dalla buona ventura, dalle offerte di questo o di quello, dallamicizia di
X o dalla benevolenza di Y. Il Museo va costituito seguendo un piano preordinato;
col proposito di documentare, in tutti suoi aspetti, quello che fu la scena italiana nel
passato, e insieme di trasmettere ai posteri i documenti di quello ch oggi. Soltanto
14. S. dAmico, Il dono della vedova Rasi agli Autori. La sede del Museo Rasi, La tribuna,
14 ottobre 1928, ora in Id., Cronache 1914/1955, a cura di A. dAmico e L. Vito, introd. di G.
Pedull, Palermo, Novecento, 2001-2005, vol. iii (1928-1933), to. i (1928-1929), p. 165.
15. Due gli articoli apparsi nel 1932 a firma Silvio dAmico sotto lo stesso titolo Per un
Museo del teatro italiano, il primo sulla Tribuna del 14 luglio, il secondo, pi ampio e illustra-
to, dal quale citiamo, nel numero di luglio della rivista Scenario (i, 1932, 6, pp. 1-8: 1), da
lui fondata e diretta, insieme con Nicola De Pirro. Sui primi anni di vita di Scenario v. ora
M. Schino, La parola regia, in Studi di storia dello spettacolo. Omaggio a Siro Ferrone, a cura di S.
Mazzoni, Firenze, Le Lettere, 2011, pp. 491-527.
146
SILVIO DAMICO E LA NASCITA DEL BURCARDO
cos il singolo pezzo, anche in s mediocre, acquista il suo valore dal posto che oc-
cupa: come anello duna catena, come momento dunevoluzione.16
E qui DAmico avanzava la sua proposta di un Museo in cui prevalesse la parte vi-
siva, intonata al gusto del tempo, cio consacrata specialmente alla messinscena:
Ma per questo, secondo noi, bisognerebbe non contentarsi delle belle stampe, vec-
chie o nuove, riproducenti le fastose o raffinate composizioni con cui, dal Seicento
al Settecento fino a ieri, i nostri scenografi hanno fatto quello che tutti sanno.
Occorrerebbe di pi: mettere cio per la prima volta in atto, sotto gli occhi del vi-
sitatore, con una serie di plastici (per lAntichit e Medioevo) e di teatrini (per lEt
moderna), tutta la storia dellarchitettura teatrale, della scenotecnica, della scenografia,
della messinscena. Cominciare con la riproduzione dun teatro della Magna Grecia
(che, se non sbagliamo, era Italia), e duna sua messinscena tragica; poi quella dun te-
atro romano, con una commedia; poi due o tre sacre rappresentazioni del Medioevo
di vario tipo (in chiesa, allaperto, ecc.); poi spettacoli del Rinascimento (commedia
erudita, drammi pastorali); e teatri del Sei e Settecento; e scene di Commedie dellAr-
te, e di Melodrammi; e teatro ottocentesco, dal Romanticismo al Naturalismo; e saggi
del secolo nostro. Per il quale ultimo si potr certo largamente ricorrere al legittimo
orgoglio degli scenografi e registi doggid.17
147
ALESSANDRO TINTERRI
1933, quando, per il tramite di Silvio dAmico, larchivio Boutet venne acqui-
stato dalla S.I.A.E. per la somma di 12.000 lire.
Lacquisizione era carica di significato, data la personalit di Boutet,20 critico
drammatico animato da una volont moralizzatrice della scena italiana, testi-
moniata in Quidam,21 romanzo didascalico sulla missione dellattrice, e da uno
spirito riformatore che nel 1905 cerc di tradurre nellesperienza pratica della di-
rezione della Stabile romana allArgentina. Nel 1908 confid la delusione segui-
ta a quellesperienza in una conferenza dal titolo trasparente, La mia follia.22 Una
figura, la sua, per certi versi affine a Rasi e cara a Silvio dAmico, che si trov a
occupare la cattedra di letteratura drammatica al conservatorio di Santa Cecilia,
gi ricoperta da Boutet, sicch non stupisce la sua parte attiva nelloperazione.
Porta la data 10 maggio 1928 la perizia dattiloscritta, redatta da DAmico
per conto del Ministero della Pubblica istruzione sullarchivio Boutet, su cui
vale la pena soffermarsi non solo per una ricostruzione indiziaria del fondo, ma
anche per linterpretazione che ne d DAmico, prima valutazione sul piano
storiografico delle carte di Boutet e della realt che vi riflessa:
Si tratta avverte DAmico dun copioso epistolario, doltre tremila fra lettere (che
sono la massima parte), cartoline, biglietti e anche telegrammi: tutta la corrispondenza
che Edoardo Boutet ebbe, come amico, critico, consigliere, incitatore, e (parte im-
portante) come direttore del primo tentativo dun teatro moderno in Italia, la Stabile
Romana, con tutti si pu dire gli scrittori e attori del tempo suo.23
20. Cfr. A. Barbina, Edoardo Boutet. Il romanzo della scena, Roma, Bulzoni, 2005.
21. Torino-Roma, Casa editrice nazionale Roux e Viarengo, 1904.
22. Roma, M. Carra e C., 1908.
23. S. dAmico, Relazione a S.E. il sottosegretario di stato per lIstruzione sulla collezione dauto-
grafi teatrali di propriet della vedova di Edoardo Boutet, Roma, 10 maggio 1928, Museo biblioteca
dellattore di Genova, Fondo Silvio dAmico, Corrispondenza Anita Wiel Boutet, faldone 63, fasc.
7, 10 cc. dattiloscritte, c. 1.
24. Ivi, c. 3.
148
SILVIO DAMICO E LA NASCITA DEL BURCARDO
si rivela che, per il suo Aligi, il poeta prima che a Ruggeri aveva pensato a Tumiati,
vi si leggono apprezzamenti che stupiranno qualcuno sullo stile erroneamente usa-
to nella prima interpretazione della Figlia di Jorio diretta da Talli, quella che sia-
mo usi a considerare come linterpretazione autentica; si segue il nascere della Citt
morta e della Nave.25
si intravede qualche retroscena della Stabile, e dei suoi dirigenti; e anche Falena
svela qual cosetta circa la cosiddetta camorra romana allArgentina. Gallina annun-
cia una sua novit, che Serenissima; ne espone, ne chiarisce e ne commenta lidea
informativa, senza che sia alcuna traccia di quel Nobiluomo Vidal, poi creato e in-
trodottovi, in sei ore, da Benini. Di Gandolin, c lautografo del famoso monologo
La macchina per volare []. E.[rcole] L.[uigi] Morselli ringrazia Boutet del premio,
conferito allOrione dalla Commissione permanente del Ministero dellIstruzione,
per merito principale di Boutet contro lopposizione di vecchie talpe []. Nel 1911
Pirandello invia a Boutet il suo primo drammetto [Il dovere del medico], spiegandone la
situazione e la forma []. Nelle lettere di Rovetta assistiamo alla nascita e alle vicende,
di varie sue commedie (Romanticismo, Pap eccellenza, La moglie di Molire),
e si ascolta anche qualche suo giudizio (contro Fortis, Praga, la Duse). Nelle let-
tere di Caramba (L.[uigi] Sapelli) si trovan notizie curiose sui prezzi delle messe in
scena dellanteguerra, cento costumi per un sontuoso Cyrano a cento lire luno!26
Tutta la mentalit del vecchio comico italiano in quella con cui Luigi Biagi, con-
futando lopuscolo La mia follia di Boutet, spiega al suo autore le ragioni perch
lui, letterato, non poteva avere successo nella direzione dun teatro. [] Le lettere
25. Ivi, c. 4.
26. Ivi, cc. 5-6.
27. Milano, Mondadori, 1929.
149
ALESSANDRO TINTERRI
della Duse contengono sue impressioni varie; un giudizio su Dumas figlio e uno su
Ibsen; una affermazione sulla inferiorit del teatro di fronte alla letteratura pura;
ecc. Una volta ella chiede informazioni sulle qualit dun giovane attore di nome
Ruggero Ruggeri. Le lettere di Garavaglia documentano gli iniziali entusiasmi
dellattore per il sogno di quella Stabile Romana, del cui crollo egli fu poi, forse, una
delle cause principali. [] Piene di vivace colore certe lettere di [Ermete] Novelli,
di ritorno da giri artistici e finanziari; in unaltra egli risponde a una critica di Gino
Monaldi; importante, perch tipica, quella dove fa la sua recisa professione di fede
nel teatro a mattatore; e preziosi due manoscritti contenenti ricordi e giudizi sulla
Ristori, e una autobiografia, scritta a lapis, in sette pagine. [] Ma forse la parte di
maggior valore di tutta la raccolta costituita dalle 58 fra lettere, biglietti e autogra-
fi vari di Adelaide Ristori: sono note autobiografiche, ricordi dinfanzia, aneddoti
sui suoi costumi teatrali e cimeli; un giudizio sulla Duse; uno su Scarpetta; consigli
a novizi e a dilettanti; aforismi e detti sullarte drammatica in genere, dichiarazioni
sullarte propria, ecc. ecc.28
28. Museo biblioteca dellattore di Genova, Fondo Silvio dAmico, Corrispondenza Anita
Wiel Boutet, faldone 63, fasc. 7, cc. 6-8.
29. Il promemoria, intitolato Continuazione delle raccolte, si compone di 7 cc. dattiloscritte
ed allegato alla lettera di Dino Alfieri a Silvio dAmico, Roma, datata 9 marzo 1935 (Museo
biblioteca dellattore di Genova, Fondo Silvio dAmico, Corrispondenza con Enti, S.I.A.E., fal-
done 70, fasc. 16).
30. A giudicare dallesiguit di quella presente nel fondo pervenuto in seguito al Museo
biblioteca dellattore di Genova.
31. Si riveda nota 3.
150
DOCUMENTI E TESTIMONIANZE
Teresa Megale
ELEONORA DUSE.
NUOVI FRAMMENTI AUTOGRAFI DI UN LUNGO
PERCORSO TEATRALE
1. Dopo gli studi di Gerardo Guerrieri, confluiti nel volume postumo Eleonora Duse. Nove
saggi, a cura di L. Vito, Roma, Bulzoni, 1993, il mondo dusiano stato fin qui largamen-
te sondato, con dovizia di prospettive e di angolazioni critiche. A prescindere dai contributi
singoli, a dar conto della ricchezza dellargomento bastino qui C. Molinari, Lattrice divina.
Eleonora Duse nel teatro italiano fra i due secoli (1985), Roma, Bulzoni, 19872; M. Schino, Il teatro
di Eleonora Duse, Bologna, il Mulino, 1992 e Roma, Bulzoni, 2008 (ediz. riveduta e amplia-
ta); P. Bertolone, I copioni di Eleonora Duse. Adriana Lecouvreur, Francesca da Rimini, Monna
Vanna, Spettri, Pisa, Giardini, 2001; F. Perrelli, Echi nordici di grandi attori italiani, Firenze, Le
Lettere, 2004; M. Schino, Racconti del Grande Attore. Tra la Rachel e la Duse, Citt di Castello,
Edimond, 2004; F. Simoncini, Rosmersholm di Ibsen per Eleonora Duse, Pisa, ETS, 2005; D.
Orecchia, La prima Duse. Nascita di unattrice moderna (1879-1886), Roma, Artemide, 2007; F.
Simoncini, Eleonora Duse capocomica, Firenze, Le Lettere, 2011. A questi studi monografici si ag-
giungano almeno i saggi confluiti nel numero di Ariel, vi, 1989, 1-2, negli Atti del convegno
internazionale Voci e anime, corpi e scritture (Venezia, 1-4 ottobre 2008), a cura di M.I. Biggi e P.
Puppa, Roma, Bulzoni, 2009 e nei cataloghi delle mostre Divina Eleonora. Eleonora Duse nella
vita e nellarte, a cura di F. Bandini e P. Bertolone, coordinamento di M.I. Biggi (Venezia, 30
settembre 2001-6 gennaio 2002), Venezia, Fondazione Giorgio Cini-Marsilio, 2001; Eleonora
Duse. Viaggio intorno al mondo, a cura di M.I. Biggi (Firenze, 14 marzo-17 aprile 2011), Milano,
Skira, 2010.
2. V. Branca, Vocazione letteraria di Eleonora Duse, in Divina Eleonora. Eleonora Duse nella vita
e nellarte, cit., pp. 111-122: 112.
152
ELEONORA DUSE. NUOVI FRAMMENTI AUTOGRAFI
3. Torelli aveva tutti i doni che una natura prodiga pu elargire a un suo protetto. Bel
giovane, dai capelli corvini, dagli occhi intelligenti, mobili e scintillanti, a volte velati di malin-
conia, la figura prestante, il tratto disinvolto e signorile, un temperamento animoso, dinamico,
nervoso (S. Gaetani, Napoli ieri e oggi. Passeggiate e ricordi, Milano-Napoli, Ricciardi, 1965, p.
116). Sul prolifico autore, nonch direttore della Biblioteca teatrale e archivio musicale Lucchesi
Palli alla sua apertura pubblica, dal 1897 fino al 1902, v. il catalogo della mostra bio-bibliogra-
fica Achille Torelli nei documenti della Biblioteca nazionale, Roma, Istituto poligrafico e zecca dello
Stato, 1995.
4. Sulle relazioni di tale periodo, che incisero sensibilmente sulla formazione della sua
personalit e sulla sua espressivit artistica, cfr. T. Megale, Passioni napoletane di Eleonora Duse,
in Voci e anime, corpi e scritture, cit., pp. 49-63.
5. Fu Pierina Giagnoni Ajudi la prima interprete di Scrollina, da lei tenuta a battesimo
allArena del Sole di Bologna il 14 luglio 1881 nel ruolo del titolo con la compagnia di Luigi
Monti. Subito dopo, il 19 agosto dello stesso anno, la interpret e la rilanci la Duse allArena
nazionale di Firenze con la Drammatica compagnia della citt di Torino e in seguito, il 15 di-
cembre 1929, Marta Abba (gi Scrollina un anno prima, nella compagnia diretta da Pirandello,
al teatro Manzoni di Milano, il 25 aprile; cfr. A. dAmico-A. Tinterri, Pirandello capocomico.
La compagnia del Teatro dArte di Roma, 1925-1928, Palermo, Sellerio, 1987, pp. 290-292) con la
propria formazione. Il successo del testo, in una carriera drammaturgica diseguale, fatta di ful-
minee affermazioni e di ripetuti arresti, fu tale da spingere Torelli a monumentalizzarlo al punto
da chiamare Scrollina la villa che si fece costruire a Capodimonte.
153
TERESA MEGALE
6. Lopera della nobile filantropa, che spesso finanziava la sua attivit benefica tramite il
teatro, fu pubblicata a Napoli, presso lo stabilimento tipografico di Francesco Giannini, senza
alcuna data e successivamente presso lo stabilimento tipografico di Antonio Morano della stessa
citt, negli anni 1875-1879.
7. Saranno forse questi impedimenti a spingere Achille Torelli a inviare il manoscritto della
Duchessa don Giovanni anche a Virginia Reiter. Il 6 agosto 1896 lattrice gli scrive da Modena di
averlo ricevuto e di volerlo leggere. Cfr. Biblioteca nazionale di Napoli (dora in poi BNN), ms.
L[ucchesi] P[alli] [dora in poi L.P.] vii, 22.
8. V. la foto della Duse nel ritratto della contessa Teresa (Scrollina) conservata presso la
Fondazione Giorgio Cini di Venezia e riprodotta in Divina Eleonora. Eleonora Duse nella vita e
nellarte, cit., p. 32, fig. 9.
9. Per la puntuale ricostruzione del repertorio della Duse si rimanda alla voce curata da
Francesca Simoncini per lArchivio Multimediale degli Attori Italiani (AMAtI) allindirizzo:
http://amati.fupress.net.
10. Trascrive questo appunto Rosaria Savio in una nota del suo Indice bio-bibliografico, in
Achille Torelli nei documenti della Biblioteca nazionale, cit., p. 42 e n.
154
ELEONORA DUSE. NUOVI FRAMMENTI AUTOGRAFI
11. La protagonista del titolo, Debora Di Lara, figlia di una cantante e di un conte, rifiutata
dalla madre, divenuta cantante per vivere. Ammaliatrice e seduttrice, riuscita a inserirsi nella
famiglia altolocata del padre come dama di compagnia della zia, la contessa Editta, di cui ama
il figlio, Mario. Ma quando costui viene obbligato dalla madre a sposare la principessa Tecla,
Debora accetta le nozze con il duca Livio, costruite anche queste su misura dalla potente zia. Si
tratta di un matrimonio senzamore, che spinger Debora a mutare il suo nome in Duchessa don
Giovanni, per ritornare una volta tanto sulle scene a provar lebbrezza dellarte e degli applausi
e per sedurre quanti uomini le capitino a tiro. A lei Torelli fa dire il peggio in amore sempre
il vecchio Una bellezza non posseduta come una strofa non iscritta; il poeta segue cupida-
mente unidea che gli sfugge; ma quando lafferra, lincanto rotto (A. Torelli, La duchessa
don Giovanni. Dramma in un atto, Milano, C. Barbini, 1888). Mario, che ha lasciato Tecla, vive
passando da un amore a un altro ed proprio Debora a spiegare alla zia che suo figlio un don
Giovanni impenitente, che potrebbe fermarsi solo dinanzi a una Cleopatra, e che lei lo lascia al
suo destino. Quando Livio scopre che Debora attende un figlio da Mario, si suicida. Latto unico
dedicato alla contessa Teresa Statella Guevara.
12. Lettera di Flavio And ad Achille Torelli, Milano, 19 gennaio 1897, BNN, ms. L.P. 84.
13. Sulle tournes dellattrice cfr. il catalogo della mostra Eleonora Duse. Viaggio intorno al
mondo, cit.
155
TERESA MEGALE
Parigi (doc. 18), tuttaltro tenore ha quella vergata per la sua cameriera-trova-
robe (doc. 13). Qui, ordinativi alla sarta di camicie di seta bianche e di cravat-
te dello stesso colore, richieste di biancheria intima (camicie da notte e calze,
sempre bianche), acquisti di sculture raffiguranti madonne rinascimentali e di
mensole, risuonano della frenesia implacabile della messa in scena (La signora
dalle camelie, probabilmente, per linsistito ricorso al bianco dei costumi e Gio-
conda per limpiego di un calco scultoreo dal Verrocchio o forsanche Francesca
da Rimini, per la presenza di una madonna almeno nella scena del v atto)14 e
della ricerca affannosa di elementi congruenti con una precisa scrittura sceni-
ca, che governa e assilla la mente dellattrice. Come gli altri, o forse pi degli
altri, il documento, fresco e vivace, introduce nel pieno della fabbrile offici-
na dusiana e apre uno squarcio sulla meticolosa cura necessaria per ogni fase
della scrittura scenica.
Altrettanto interessanti per la progettualit che le sottende le due missive a
Di Martino (docc. 16-17). In una risponde in modo franco al corrispondente
che, si accennato, sollecita il suo aiuto per Maria Rosa Guidantoni,15 nellal-
tra, che riguarda certamente il disegno ambizioso della creazione della Libreria
delle attrici a Roma, lo sollecita ad appoggiare il suo disegno, non nasconden-
dogli le incertezze e le difficolt del suo varo, sul quale lei comunque proietta
molte attese (questo inizio si tramuter, si esprimer da s e per s, evolven-
dosi sempre, ingrandendo se stesso, diventando una cosa esistente fra le fugaci
cose di nostra vita, assumendo nuova forma, nuova espressione). Inaugurata il
27 maggio 1914, a breve distanza temporale dalle parole inviate a Di Martino
da una Duse che si giustifica per usare la matita (Scusi questo scrivere a mati-
ta. Ma scrivere mi di fatica grande, e a matita m pi facile farlo), la Casa-
libreria sorta in via Pietralata, sulla Nomentana e dotata di unampia bibliote-
14. Per un riscontro figurativo delle scene v. Molinari, Lattrice divina, cit., figg. 49-50
(Gioconda, v). In particolare, mentre la fig. 50 fotografa la Duse accanto alla celebre Dama
col mazzolino, capolavoro dellartista fiorentino, la fig. 49 riproduce unimmagine, tratta da
Lillustrazione italiana, in cui lambiente scenico sovraccaricato di busti, statue, rilievi, su
piedistalli, tavoli e pareti. Per Francesca da Rimini cfr. ivi, fig. 87.
15. Tali le sintetiche, efficaci notizie di Alberto Manzi a riguardo di Maria Rosa Guidantoni
pubblicate nella corrispondente voce apparsa nellEnciclopedia italiana, edita a Roma dallIstitu-
to dellenciclopedia italiana Treccani, vol. xviii, 1933, p. 250: Attrice, nata a Rimini verso il
1840, morta nei primi anni del Novecento. Da bimba recit coi filodrammatici; studi ballo e
canto, e come cantante ebbe veri successi. Nel 1860 si scrittur con G. Peracchi; nel 1863-64 fu
con Ernesto Rossi; mediocrissima amorosa, fu ottima nella tragedia, specie in Oreste e nellAm-
leto: grande prima attrice madre e caratterista. Compose una rivista e in essa cant e danz;
scrisse commediole, monologhi; commemor Guerrazzi, tenne conferenze; raccolse in qualche
opuscolo alcune delle sue molte poesie. Dalla lettera della Duse si comprende che lattrice era
ancora viva nel giugno del 1910.
156
ELEONORA DUSE. NUOVI FRAMMENTI AUTOGRAFI
ca16 per la formazione delle interpreti, chiuse appena un anno dopo, nel 1915,
dinanzi ai fragori della prima guerra mondiale. La missiva allamico la coglie
mentre tesse i suoi rapporti, come sempre consapevole e prospettica, generosa
e determinata. Unistantanea di grande efficacia, pur nel suo impianto rapso-
dico, quasi il sigillo di una vita interamente dedicata al teatro.
Appendice
Gli autografi sono trascritti con criteri conservativi, in ordine cronologico, nel pie-
no rispetto della punteggiatura, fedele al ritmo, in taluni casi quasi recitato, impresso
dallautrice alle parole, e dellimpostazione, anche grafica, degli originali. Tra paren-
tesi quadre le proposte di datazione per alcuni documenti. Ad eccezione del docu-
mento 5, per il quale stato possibile risalire alle circostanze temporali della stesura,
resta del tutto arbitraria, per quanti sforzi si siano fatti, la collocazione affidata agli
inediti privi di data e di luogo. Si riproducono prima le dodici lettere ad Achille
Torelli (docc. 1-12), a seguire quella alla cameriera Nina (doc. 13), i due telegrammi
a Domenico Lanza (docc. 14-15), le due missive a Gaspare di Martino (docc. 16-17)
e, infine, quella al conte Enrico di San Martino Valperga (doc. 18).
Nel licenziare gli inediti ringrazio Gennaro Alifuoco e Patrizia Mottolese della se-
zione Lucchesi Palli della Biblioteca nazionale di Napoli insieme con Maria Beatrice
Cozzi Scarpetta.
Doc. 1
Eleonora Duse ad Achille Torelli
Roma, 1 ottobre 1883
16. Sullambizioso progetto culturale della Libreria delle attrici si rimanda alle acute rifles-
sioni di L. Mariani, Il femminismo di Eleonora Duse, in Id., Il tempo delle attrici. Emancipazionismo
e teatro in Italia fra Ottocento e Novecento, Bologna, Mongolfiera, 1991, pp. 135-163, in partic. pp.
154-159; Id., Amicizie e possesso di s nel teatro, la Duse e le giovani attrici, in Voci e anime, corpi e
scritture, cit., pp. 355-372. Sullargomento si veda M.I. Biggi, La Libreria delle attrici, in Donne e
teatro. Atti del convegno (Venezia, 6 ottobre 2003), a cura di D. Perocco, Venezia, Universit Ca
Foscari-Cartotecnica veneziana, 2004, pp. 105-124. Tra il 1918 e il 1919 la Duse si preoccup di
tutelare il suo patrimonio librario, altamente rappresentativo del patrimonio artistico, e invi a
Cambridge i volumi, ritrovati nel 2007 da Anna Sica. Su questo ritrovamento cfr. A. Sica, The
Eleonora Duse Collection in Cambridge, Arco-Journal, 12 luglio 2008, pp. 1-15 e il volume, scritto
a quattro mani, Id.-A. Wilson, The Murray Edwards Duse Collection, Milano, Mimesis, 2012.
157
TERESA MEGALE
Grazie della lettera e del manoscritto. Lho ricevuto stamane. Sono ansiosa di legger-
lo e lo legger mercoled notte dopo Fedora.
Ho bisogno di occupare e bene del vostro lavoro e non leggerlo fra una prova e lal-
tra di questa opprimente Fedora. / Lasciate dunque che la reciti e dopo tutta per voi.
Mi permettete di rappresentare Fragilit? Sono stanca di parti pazze ho bisogno dun
ambiente buono, nostro, italiano, ho bisogno di molti vostri lavori.
Vi scriver presto.
Intanto una stretta affettuosa e saluti
E. Duse Checchi
Doc. 2
Eleonora Duse ad Achille Torelli
Roma, 8 ottobre 1883
Dunque ho letto Madre e ho dato a Rossi il copione per averne le parti. La met-
teremo subito in prova. Vi sono scene potenti di pensiero e di passione e pregio (o
torto maggiore) non di teatralit. Voglio vederla in /scena e studiarla prima di pro-
mettervi di riuscire nella mia parte.
Se tardate mandarmi Fragilit non faro [sic] pi tempo perch a Roma e me ne
dispiacerebbe.
Credete a me non correggete i vostri lavori. non /togliete nulla ad essi, non farete
limandoli che limare la loro bellezza.
Come va la vostra salute? Io benone. Il successo un ricostituente.
Dunque per le prove di Madre sarebbe bene che ci foste aizzate in collo e veni-
tevene a Roma.
Eccovi una mano buona e affettuosa di voi devotamente
E. Duse Checchi
Doc. 3
Eleonora Duse ad Achille Torelli
Roma, 28 ottobre 1883
Lettera mutila
158
ELEONORA DUSE. NUOVI FRAMMENTI AUTOGRAFI
Roma 28 ottobre 83
Doc. 4
Eleonora Duse ad Achille Torelli
s.l., s.d.
Caro Torelli
molte e molte grazie del cortese saluto. Vi ricambio affettuosamente saluto e augu-
ri. Spero nulla di grave vi tormenta, e sarete presto ristabilito. Spero vedervi prima
della mia partenza.
Molte buone cose
E. Duse
Doc. 5
Eleonora Duse ad Achille Torelli
[Napoli, 18 gennaio 1889]
Carta intestata: un cartiglio con la scritta: Beati qui lugent quoniam ipsi consolabuntur
Venerd
Egregio e carissimo amico. Non vi si visto pi al Sannazaro.
Perch
Avete diffidato di me?
Un tempo, ebbi paura della vostra Duchessa Don Giovanni, oggi non pi. Le vado
incontro poich credo dintenderla.
Le parti sono quasi copiate e lo [sic] metteremo in prova ai primi di Febbraio.
Per esecuzione, e concerto, eseguiremo la vostra volont. Voi dirigerete le prove.
Vi va? Passate da casa mia, avr piacere, tanto, di vedervi e parlarvi.
Saluti
E. Duse
159
TERESA MEGALE
Doc. 6
Eleonora Duse ad Achille Torelli
[Napoli], 19 gennaio 1889
Amico buono. Se ieri vi ho detto che prendo in braccio la vostra Duchessa, non c
nessuna ragione perch oggi io dovessi cambiare idea.
Per conciliare per un possibile contratto con Rossi, ditemi voi, come volete fare?
Volete dare a Rossi la precedenza?
Fatelo, se vi conviene. Vi assicuro non mi duole che lo facciate. Limportante che la
comedia [sic] vada bene e che vi frutti anche dei quattrini. Sono oggetti conside-
revoli i quattrini. Calcolate che fino al 1 febbraio, io non posso, proprio non posso,
incominciare le prove ma una volta avviate in otto o 10 giorni andr.
Combinate con Rossi come pi vi conviene.
Ecco tutto.
Vi ringrazio della vostra buona lettera.
Avete ragione. Chi resiste a vivere solo riesce a vivere buono. Non siete il solo che
stanco e stonato della vita durtoni che si vive ogni giorno, / ma ogni giorno passa
un giorno, e qualunque sia la via, e la vita vissuta, la strada che se ne fa ogni giorno
conduce alla quiete. C chi sa meritarsela.
Ave!
Statevi bene.
Eleonora
Doc. 7
Eleonora Duse ad Achille Torelli
[Napoli], s.d.
Caro Torelli.
Ho salito le scale per trovarvi niente,
pas de chance
Fate una corsa allHtel Vesuve.
Parto domani
e vorrei tanto vedervi.
Eleonora Duse
160
ELEONORA DUSE. NUOVI FRAMMENTI AUTOGRAFI
Doc. 8
Eleonora Duse ad Achille Torelli
s.l., s.d.
E. Duse
Doc. 9
Eleonora Duse ad Achille Torelli
[Napoli], 1 febbraio 1889
1 Febbraio 89.
Carissimo Torelli
La Duchessa Ravaschieri ha cortesemente ed insistentemente domandato chio pren-
da parte a una recita di beneficenza che ella stessa organizia [sic].
Ora per far questo stato scelto una commedia in un atto, e in versi, di G. Giacosa,
che io ho recitato solo una sera, 4 anni or sono [sic].
Ci dunque necessario / per me e per due attori della compagnia che reciteranno
con me di riaffiatare il piccolo poema.
Rimangono, dunque, necessariamente rimandate le prove della Duchessa vostra.
Perdonatemene il ritardo, ma per beneficenza, e alla Duchessa Ravaschieri, a tante
intercessioni nulla si niega.
Se per, / credete intanto di affrettarne lesecuzione nella Compagnia ove il Zaccone
che ve lha chiesta, non danneggiatevi, e provvedete, con giudizio, in modo che ne
abbia utile Zaccone, e lautore, da lui pregato!
- abbiate pazienza, pel ritardo, e vogliatemi bene!
e statevi bene!
E. Duse
161
TERESA MEGALE
Doc. 10
Eleonora Duse ad Achille Torelli
s.l., s.d.
Caro Torelli
Mandatemi il copione. Se la comedia [sic] la trovo adatta alla Compagnia, e al mio
piccolo io, allora continueremo.
Saluti tanti!
E. Duse
Doc. 11
Eleonora Duse ad Achille Torelli
[Roma], 23 marzo 1899
Carta intestata: Rome-Grand Hotel. Il logo in alto a sinistra reca la scritta: Tout
chemin mene a Rome.
Destinatario: Egr. Achille Torelli Ministero dellIstruzione (Piazza Minerva?) Roma.
Due giorni di ritardo a rispondere alla vostra lettera, ma caro Torelli, ho avuto una
leggera influenza che mi tiene ancora a letto, e non ho potuto scrivere. Per oggi sto
meglio, ma ogni mio progetto di lavoro in ritardo, e non so se ora trover uno-
ra libera.
E al mio ritorno da Sicilia / si potrebbe?
Sapete attendere?
Dite per me, vi prego, tutta la mia devozione ad Adelaide Ristori.
A voi affettuosamente
E. Duse
23 marzo 1899
Doc. 12
Eleonora Duse ad Achille Torelli
s.l., dicembre 1921
162
ELEONORA DUSE. NUOVI FRAMMENTI AUTOGRAFI
Decembre [sic] 21
Prima di ripartire, amo ripetervi Grazie per ogni parola che ho riudita da voi.
Ho ritrovato, per caso, questo ritratto di Scrollina e pregovi accoglierlo.
Esso vi ricordi la parola della mia immutata devozione sempre.
Eleonora Duse
Natale 21
Doc. 13
Eleonora Duse a Nina
s.l., s.d.
Cara Nina,
va subito dalla Bossi, portale questo camice di seta e dille di farmene con la pi gran-
de sollecitudine, per domani sera uno eguale in seta bianca.
Dille che scelga la migliore qualit di seta bianca che ha.
Poi va dal Rondi, quello dei gessi di ieri.
Digli che ti dia subito quella Madonna grande del Verrocchio / che contrattai ieri.
una madonna grande e si chiama ricordati : Madonna del Verrocchio.
La fai incartare bene, te la metti in vettura con te e la consegni alluomo.
Gli dirai anche (al Rondi) che ieri scelsi anche / una piccola mensola di gesso con due
griffoni, del prezzo di cinque lire, e non la trovai nei pacchi.
Raccomanda alla Signora Bossi la massima sollecitudine.
Mandami una camicia bianca da notte, dellultimo atto della Comedia [sic].
Ne ho due, una fine, e una di qualit inferiore, mandale tutte due.
Se hai biancheria, dovresti avere una camicia da notte, mandala.
Se hai delle calze leggere bianche mandale.
Ordina alla Bossi altre due cravatte bianche da uomo uguali a quelle che son andate
perse per non averle appuntate e lasciate nella carta velina.
Spicciati.
E.D.
163
TERESA MEGALE
Doc. 14
Eleonora Duse a Domenico Lanza
Frankfurt, 28 novembre 1908
Telegramma destinato a Domenico Lanza Stampa Torino
Ricevo lettera ringrazio infinitamente sono incerta e inquieta per Politeama ambien-
te forse troppo vasto per Ibsen. Per tale lavoro lambiente cosa molto importante
pregovi calcolare bene e ripetermi con ponderazione vostra opinione in ogni modo
preferisco rimanere strettamente al programma Ibsen e preferisco dare una sola recita
con Borkmann [sic] tanto pi che non potr andare oltre il 21 prego farmi telegrafa-
re dai Chiarella risposta conforme a questa proposta sar domani Wiesbaden Nassau
Hotel sono tanto felice potere ancora una volta esservi grata e dirvi grazie e au revoir.
Eleonora Duse.
Doc. 15
Eleonora Duse a Domenico Lanza
Wiesbaden, 30 novembre 1908
Telegramma destinato a Domenico Lanza Torino Stampa
Eleonora Duse
Doc. 16
Eleonora Duse a Gaspare di Martino
Firenze, 12 giugno 1910 [data del timbro postale]
Destinatario: Gaspare di Martino, Via Corrieri a S[an]ta Brigida, 14, Napoli
164
ELEONORA DUSE. NUOVI FRAMMENTI AUTOGRAFI
Egregio Signore,
molto in ritardo arriva la sua raccomandazione a me diretta, in lettera aperta in favo-
re di M[aria] R[osa] Guidantoni.
La Signora M[aria] R[osa] Guidantoni fu ed , da anni soccorsa da me ahim,
nei limiti del possibile.
Non so dirle dunque quanto la sua iniziativa mi abbia sorpreso.
Non posso dare nessunaltra / risposta alla sua lettera aperta, poich veramente credo
che a certi dolori e a certi conforti meglio conviene il silenzio.
La prego dunque non rendere questa mia di pubblica ragione.
Coi migliori saluti.
E. Duse
Doc. 17
Eleonora Duse a Gaspare di Martino
Roma, aprile 1914
Lettera scritta fronte retro, a matita, su fogli sciolti.
Certo; difficolt,
errore,
e incertezza di tutto.
Cos questo cominciamento,
cos per ogni cosa di vita; ma niente immutabile.
Ogni giorno gi apporta nuove correnti, nuove esperienze, qualche forza amica che
ieri era ignota, oggi per noi, e qualche resistenza, sar, forse, col tempo, tramuta-
ta, o lontana.
Questo iniziare, ora, non sar n un sistema, n un programma da seguire fissato e
inamovibile, ma sar solo preparare un domani, un ambiente, unattivit ben diret-
ta, unenergia non dispersa infine, un riconoscere la necessit di / fare noi stessi
per noi stessi.
Certo, bisogner pazientare, attendere molto, riunirci se pur a poco a poco, ma non
per vagar fra nuvole e sogni, n per avere catene al piede.
Abbiamo degli amici, e dei nemici; giusto, bello che sia cos, abbiamo il tempo
per noi, per vagliare gli uni e gli altri, e noi stessi prima di tutti.
Cominciamo come si pu
e
dove si pu, e
andiamo oltre.
165
TERESA MEGALE
Le dissi che speravo in uno stato danimo e questo Ella ha gi creato con la sua parola
nobile e bella, il resto muter, si completer, come sempre succede, strada facendo.
A poco a poco, / questo inizio si tramuter, si esprimer da s e per s, evolvendosi
sempre, ingrandendo se stesso, diventando una cosa esistente fra le fugaci cose di no-
stra vita, assumendo nuova forma, nuova espressione.
Questo ridico a Lei, con tutta fede, quasi che io senta necessit di ridirle questa fede,
dopo aver ricevuto la sua lettera che [] copiai tristamente.
Spero che lincomprensione non sar turbata n da rifiuti n da malintesi, penosi
entrambi.
Esiste solo, per ora, una circostanza che renderebbe forse propizio il ritardo di qual-
che giorno, cio aspettare la prima settimana di Giugno per avere a Roma Tina di
Lorenzo, che fu fra le prime adesioni, e preziosa. /
Infine! Si vedr!
Per ora, eccole la mia preghiera e il mio augurio: che niente turbi la fusione dei pri-
mi mezzi, e dei primi elementi indispensabili.
Sono certa che, per ora, qualsiasi eliminazione sarebbe gi creare un disaccordo.
Se ella dunque acconsente di avere la sua calda parola di Luce, la prego sia alcuna an-
che parola di bont verso gli eventi, senza guardare intorno, senza illudersi, Ella pu-
re a sua volta, che io possa, io, che pur intravedo un libero mare per tutti noi, che io
possa per, ora, / nelle condizioni attuali, navigare contro corrente.
Gli ambienti esistono, le forze contrarie esistono, non le ho create io, per certo, ma
le ho trovate organizzate e viventi, e come bene viventi, da anni e anni, fra noi, con
noi, per noi, in favore e contro di noi.
Io, non posso dunque che andare pi oltre senza assumermi di fare, io, dellordine,
fra le cose discordi.
Dicemmo, parlando, qui a Roma, / che per preparare lambiente a questo inizio, oc-
corre carta ed inchiostro e poich in questo momento, la mia buona sorte me lo
consente, nei mezzi che mi sono possibili, ecco, che di cuore offro la carta e lin-
chiostro ma la parola lanima della cosa, e questa la doni Lei!
Le dico grazie, con tutta confiance.
Eleonora Duse
Saluti
alla gentile Signora Di Martino. /
Doc. 18
Eleonora Duse al Conte di San Martino
Parigi, s.d. [dopo il 1915]
Destinatario: Paris, Conte di San Martino Rue Copernic 39
166
ELEONORA DUSE. NUOVI FRAMMENTI AUTOGRAFI
Stasera, alle 4.
E. Duse
167
CO2. INTERVISTA A GIORGIO BATTISTELLI
1. Nato ad Albano Laziale nel 1953, Giorgio Battistelli ha studiato composizione al conser-
vatorio dellAquila dove si diplomato nel 1978, frequentando contemporaneamente i seminari
di Karlheinz Stockhausen e Mauricio Kagel a Colonia. Tra il 1978 e il 1979 ha seguito i corsi
sul teatro musicale contemporaneo di Jean Pierre Drouet e Gaston Sylvestre. Dal 1981, anno
di Experimentum Mundi, ha inizio unintensa attivit di scrittura di opere per il teatro musicale.
Le sue composizioni sono state rappresentate presso il Festival dAutomne al Centre Pompidou
di Parigi, i festival di Salisburgo e di Lucerna, la Biennale e la Gasteig di Monaco, la Biennale
di Berlino, laccademia nazionale di Santa Cecilia, in teatri quali La Scala di Milano, lOpera
di Roma, il teatro Comunale di Firenze, nei teatri dellopera di Anversa, Strasburgo, Ginevra,
Brema, Mannheim, Almeida di Londra, e inoltre a Hong Kong, Adelaide, Brisbane, Melbourne,
Sydney, Wellington, Taipei, Tokyo, New York, Washington, Singapore, La Paz, Pechino. La
sua musica stata eseguita da direttori come Riccardo Muti, Antonio Pappano, Lorin Maazel,
Daniele Gatti, Daniel Harding, dm Fischer, Jukka-Pekka Saraste, Myung-Whun Chung,
Susanna Mlkki, Zoltn Pesk. Ha collaborato con i registi Robert Carsen, Luca Ronconi,
Georges Lavaudant, Mario Martone, Michael Londsdale, David Pountney, Daniele Abbado,
con Fura dels Baus e Studio Azzurro, e con interpreti come Toni Servillo, Bruno Ganz, Ian Mc
Diarmid, Philippe Leroy, Moni Ovadia, Vladimir Luxuria. Insignito del titolo di Chevalier de
lOrdre des Arts et des Lettres dal Ministero della cultura francese e di commendatore dellOr-
dine al merito della Repubblica italiana, stato compositore in residenza allOpera di Anversa,
alla Deutsche Opera am Rhein di Dsseldorf e al teatro San Carlo di Napoli. Ha unampia espe-
rienza di direzione artistica maturata presso lOrchestra della Toscana (dove tornato dal 2011),
la Biennale di Venezia, la Societ aquilana dei concerti, laccademia Filarmonica romana, la fon-
dazione Arena di Verona, il Cantiere darte di Montepulciano; attualmente direttore artistico
per lopera contemporanea e la musica sinfonica al teatro dellOpera di Roma. Nellultimo anno
si segnalano le prime dei lavori sinfonici commissionati dallOrchestra sinfonica nazionale della
Rai (Tail Up, diretto da Susanna Mlkki), dallOrchestra sinfonica di Mnster (Pacha Mama),
dalla Saint Paul Chamber Orchestra (Mystery Play), dallOrchestra Haydn di Trento e Bolzano
(Sciliar). In campo teatrale il 2012 ha visto la prima de Il Duca dAlba per il teatro dellOpera di
Anversa, completamento di un lavoro incompiuto di Gaetano Donizetti, e delloratorio per il
dal titolo CO2 che prende spunto dal libro di Al Gore, Una scomoda verit. Il
30 marzo 2015 abbiamo incontrato il Maestro nella sua casa di Roma per co-
noscere da vicino il nuovo lavoro e avere alcune anticipazioni. Battistelli di
recente nomina alla direzione artistica per lopera contemporanea e la musica
sinfonica al teatro dellOpera di Roma (in codirezione con Alessio Vlad) ci
ha illustrato in dettaglio i complessi meccanismi, la nascita, la progettazione
e lallestimento dellattesissima prima di CO2 , parlando anche di s: delle sue
attivit e del suo modo di vivere la propria arte.
Maestro, quali sono le origini di questa sua nuova opera, come nasce lidea?
Il progetto nasce nel 2007, quando lallora sovrintendente del teatro alla
Scala, Stphane Lissner, mi telefon dicendo che aveva piacere di parlarmi di
una commissione data dal teatro. Decidemmo di vederci la settimana seguente,
lui venne a Roma e ci incontrammo. Io da un po di tempo avevo in mente di
scrivere un soggetto che non fosse di consueto tipo narrativo, ma che avesse il
carattere di una narrazione pi comparativa, o legata a simboli che non fossero
troppo vincolanti, troppo ristretti a un ambito ideologico di storia familiare o
di storie psicologiche; una narrativit diciamo non circoscritta a una cultura
precisa e che non fosse legata alla cultura europea n orientale, n americana,
ma davvero globale. Un soggetto che doveva toccare ed essere presente nel-
la cultura di tutto il pianeta: dallAustralia alla Svezia. Stavo leggendo in quel
periodo un testo particolarissimo, che non un testo narrativo ma un testo
parascientifico: Una scomoda verit di Al Gore. un libro in cui sono riportate
ricerche, riflessioni, intuizioni, preoccupazioni temi che Al Gore ha appro-
fondito e perseguito continuamente in questi anni sullo scioglimento dei
ghiacciai, il surriscaldamento del globo e tutte le varie e drammatiche con-
seguenze. Al Gore ha dato vita a una fondazione importante rivolta a queste
problematiche con la collaborazione di giovani scienziati che fanno un serio
lavoro di monitoraggio in diversi punti del pianeta. Ne ha fatto una ragione
di vita. E quindi parlai a Lissner di questo progetto e gli chiesi cosa ne pensas-
se. Non mi fece neanche finire: quando vide il libro e il soggetto, a met della
mia presentazione e della mia proposta, si entusiasm moltissimo, dicendo: ho
San Carlo di Napoli Napucalisse. Ha insegnato alla Aldeburgh Music e nellestate 2012 ha tenuto
il corso Progetto opera presso laccademia Chigiana di Siena. Nel 2013 Battistelli ha intrapreso
la lavorazione di Lot, la sua opera su soggetto biblico commissionata dallHannover Staatsoper.
Per ulteriori informazioni si rinvia a Il punto di vista di Giorgio Battistelli, a cura di S. Ferrone e
P. Carbone, Drammaturgia. Quaderno, 1999, pp. 7-13.
170
CO2 . INTERVISTA A GIORGIO BATTISTELLI
171
ANNA MENICHETTI
S. Lopera era stata commissionata nel 2007 e prevista nel 2011. Poi dal
2011 si deciso di portarla al 2013. Nel 2013 la struttura era gi abbastanza
avanzata e forse ce lavremmo anche fatta. Ma Lissner, in accordo con il sin-
daco di Milano, mi propose di posticiparla al 2015 perch il tema dellEXPO
sullalimentazione e le problematiche dellacqua e della globalizzazione era
molto pertinente con CO2 .
172
CO2 . INTERVISTA A GIORGIO BATTISTELLI
anche interessante che il titolo sia stato scelto dai ragazzi delluniversit: un pro-
blema che li riguarda da vicino. molto bello questo. Vogliamo parlare pi strettamente
dellopera: lorganico, le voci, i personaggi?
173
ANNA MENICHETTI
Quindi con uno scontro di vocali, di consonanti, di sillabe di potente effetto fonico
e verbale?
174
CO2 . INTERVISTA A GIORGIO BATTISTELLI
prima sole voci, poi grande orchestra ed entriamo in unaltra scena di as-
soluta poesia. Siamo immersi nel verde ed lEden. Abbiamo tre personaggi:
due bellissimi Adamo ed Eva, tenore e soprano, nudi e persi nella natura, che
cantano fra di loro con estrema dolcezza e dialogano sullecosistema; e un altro
personaggio che appare improvvisamente: il serpente, un controtenore, con il
quale si avvia il terzetto e si sviluppa fino al momento in cui riesce a donare
una mela. Il morso della mela entra in orchestra. Noi ascoltiamo quel morso:
un suono campionato, durissimo aspro forte, che chiude la scena dellEden.
175
ANNA MENICHETTI
176
CO2 . INTERVISTA A GIORGIO BATTISTELLI
La complessit della scrittura, come spesso nella mia musica, pi una com-
plessit di concertazione, di come fare emergere le varie voci: sia le voci dellor-
chestra, dei singoli strumenti, che le voci dei personaggi. E quindi un lavoro
sempre, spero, divertente ma pi impegnativo per i direttori dorchestra. La mia
scrittura in genere densa e proprio per questa densit c bisogno di fare un
lavoro di concertazione molto attento per tutte le voci. Diriger lopera Cor-
nelius Meister, un giovane direttore tedesco che sta facendo una carriera, direi,
folgorante in questi ultimi anni. Labbiamo visto a Salisburgo con opere impe-
gnative; venuto lanno scorso qui a Roma allaccademia di Santa Cecilia, do-
ve ha ottenuto molto successo. Da questo punto di vista mi sento molto sicuro
di avere interpreti di rilievo. Anche i cantanti sono molto bravi. Curiosamente
sono cantanti che provengono soprattutto da frequentazioni ed esperienze del
grande repertorio: Strauss, Wagner. molto interessante verificare come san-
no accostarsi con disinvoltura a una partitura di oggi, del nostro tempo. In me
c stato un cambiamento, in questi ultimi dieci anni, perch in passato cerca-
vo sempre la specializzazione, come se un cantante, un interprete, un direttore
formatosi nella musica contemporanea e del Novecento mi desse la garanzia di
possedere una sensibilit, unattenzione di maggior perizia su un tipo di scrit-
tura; devo dire, invece, che in questi ultimi dieci anni ho cominciato a fidar-
mi, non dico di pi, ma allo stesso modo: mi capitato di incontrare direttori
dorchestra che non hanno mai diretto opere moderne e che hanno realizzato
risultati strabilianti. Il primo, mi ricordo, fu Adam Fischer tredici anni fa. Un
direttore che ha sempre diretto un certo tipo di repertorio, da Haydn e Mo-
zart a Wagner, ma che non andava oltre. Quando fu chiamato in Germania, a
Mannheim, a dirigere una mia opera ero molto preoccupato e nei primi gior-
ni di prove avevo un certo timore. Poi invece ha fatto un lavoro molto serio
e accurato. Entrare dentro una partitura, che sia di Battistelli, di Wagner o di
chi altro significa sempre tirar fuori dei contenuti e con la stessa attenzione.
Non sar anche, Maestro, che la sua scrittura ha un carattere molto fluido, un gran-
de e articolato flusso sonoro e che quindi chi si occupa, diciamo, di opera tradizionale ci
si ritrova molto bene?
Questo, francamente, non posso dirlo io. Vedo che oggi la complessit della
scrittura dovuta anche al fatto che abbiamo una grande libert degli elemen-
177
ANNA MENICHETTI
Io lo sento naturalmente come un linguaggio del mio tempo, del nostro tempo,
che deve essere per sua natura un linguaggio sferico, tridimensionale. Soprattut-
to sento la diversit fra gli autori dellOttocento, ma anche da Monteverdi, fino
agli autori del primo Novecento e ai compositori di oggi. che noi, attraverso
il grande sviluppo e levoluzione della tecnologia, abbiamo in questo momento
storico la possibilit di metterci in contatto, di ascoltare visto che ci occupiamo
di ascolto tutto: dal canto gregoriano alla musica techno, alla musica elettro-
nica. Nessun altro orecchio ha ascoltato quello che noi possiamo ascoltare oggi,
quindi la tecnologia ha modificato il nostro attuale sistema percettivo. Il com-
positore dopera deve tener presente tutti questi elementi e avere il coraggio, io
lo definisco coraggio, di seguire il senso drammaturgico della scrittura piuttosto
che quello razionale, di coerenza, di un determinato sviluppo musicale. Que-
sto fondamentale. Oggi pi innovativo o pu essere molto pi innovativo
linserimento di una triade allinterno di un contesto armonico, se appare come
qualcosa di inaspettato e dirompente. Pu essere molto pi dirompente di un
cluster: la sorpresa, un qualcosa di inatteso che crea una tensione di ascolto.
E certo! Perch non si pu scrivere niente nel nome della coerenza: no,
questo io non posso farlo. Il non poterlo fare, si fa rispetto a dei canoni, dei
modelli convenzionali. E invece linteressante di oggi, per ritornare a Dahlhaus,
che, in particolare, il compositore dopera deve essere pronto a tollerare: pu
tollerare tutto, tutto nella scrittura, anche il kitsch che fondamentale. Ma non
pu tollerare la purezza, cio lessere puro. unaltra dimensione di ascolto ri-
spetto allopera, rispetto al teatro. Ma anche i grandi del passato erano impuri,
lo stesso Monteverdi lo era nello scrivere lopera. E pensiamo a Puccini. Per
178
CO2 . INTERVISTA A GIORGIO BATTISTELLI
Indubbiamente. Tornando a CO2, Maestro, lei andr alle prove della sua opera, le
seguir?
Seguir le prove quando verr invitato perch linizio delle prove sem-
pre un momento delicatissimo, occorrer quindi andare al momento giusto. Il
7 aprile inizieranno le prove con i cantanti. Io credo che sar necessario fare
un incontro con loro per dare qualche suggerimento, e poi naturalmente con
lorchestra; anche se tendo sempre ma questo anche per mio carattere, per-
ch a me piace tendo sempre a essere sorpreso. Il mio lavoro termina davve-
ro quando consegno la partitura. E rispetto le interpretazioni del regista, del
direttore dorchestra anche quando sono molto distanti dalle mie. Mi incu-
riosisce molto vedere come un interprete pu leggere, guardare, ascoltare lo
stesso oggetto da angolature diverse. Mi permette di vedere in un altro mo-
do Mi sempre capitato, con ogni direttore dorchestra che ha diretto mie
partiture e anche lavori sinfonici o anche registi, di pensare: ma guarda come
viene!. curioso. Ricordo uninterpretazione bellissima di Luca Ronco-
ni quando fece la regia della mia parabola in musica, Teorema, da Pasolini: ne
fece uninterpretazione talmente particolare, talmente piena di poesia che ha
arricchito il mio rapporto con questopera.
E poi per un compositore, sentirla finalmente tutta, lopera composta, forse sempre
qualcosa di straordinario, anche se oggi ci sono mille modi tecnologici per potere senti-
re gli effetti, certe scelte timbriche piuttosto che armoniche Schubert docet. Sentire le
proprie opere importante
A matita?
S, s sono ancora uno dei [ride divertito]. Devo dire che a volte ho
persino difficolt a reperire la carta. Io me la faccio stampare, perch non si
trova pi carta a 32, a 36 righi, non la fanno pi. Ma ho proprio bisogno di
questo. Poi consegno il manoscritto e Ricordi, il mio editore, laffida a copisti
che la trascrivono con un sistema computerizzato.
179
ANNA MENICHETTI
La scrittura sempre. C stato un periodo della mia vita in cui ero molto
tormentato dal rapporto con la scrittura. Tormentato perch ero ossessiona-
to dalla paura che potesse esaurirsi, lidea che il mio pozzo creativo potesse
Per un Maestro come lei che ci svela che scrive a matita, cosa che trovo meraviglio-
sa, quanto la scrittura musicale, la grafica cio il segno, sono esaustive di un pensiero?
180
CO2 . INTERVISTA A GIORGIO BATTISTELLI
quella perdita non facile. una sofferenza per me perch vorrei naturalmente
mettere tutto, ma so che, quando traduco in segno un pensiero, avviene au-
tomaticamente una privazione. La questione poi che c una successiva sot-
trazione che si effettua tra il segno e ci che noi ascoltiamo: quando lo diamo
in mano allinterprete. L mi accorgo che c unulteriore perdita, che negli
ultimi anni per accetto molto di pi perch la vivo, come dicevo prima, co-
me un arricchimento: un modo diverso di guardare la stessa cosa; e anzi mi
piace vedere come il signor X o il direttore Y o il cantante Z interpretano il
mio suggerimento, la mia proposta.
Comunque lei sente che il segno grafico non esaustivo, non fedele a un pensie-
ro: limitato?
181
ANNA MENICHETTI
S, certo!
Maestro parliamo anche della missione userei questo termine nel campo della
direzione artistica e quindi dei suoi rapporti con la Toscana, con Firenze, con lOrchestra?
Maestro, ora che ha terminato la scrittura di CO2, quali sono i progetti futuri?
182
CO2 . INTERVISTA A GIORGIO BATTISTELLI
S: inteso come forse, chi lo sa Certo. Una volta parlai proprio con un
cardinale di questi argomenti Mi proposero di scrivere una Via Crucis, di-
versi anni fa. Pranzando con questo prelato ho affrontato il tema della fede. E
183
ANNA MENICHETTI
lui mi fece una precisazione molto importante. Gli dissi: ma sa, io sono av-
volto nel dubbio, un dubbio che mi fa male, che mi distrugge, che mi lacera;
non ho usato il termine dubbioso perch mi pareva estremamente riduttivo.
E lui mi disse: ma pi che un dubbio, lei dubitante. Quindi non dubbioso.
Mi sembrata unespressione pi delicata.
184
RICERCHE IN CORSO
*
Si pubblicano qui, con ritocchi, aggiornamenti e in traduzione italiana, le pagine gi ap-
parse su nsula, 2013, 802, pp. 7-9.
186
GLI ATTORI DEL SIGLO DE ORO
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TERESA FERRER VALLS
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196
Francesca Simoncini
198
LE PRIME ATTRICI DELLA COMPAGNIA REALE SARDA
Venendo a queste ultime non sar inutile ricordare che la veste editoriale
cartacea, per le sue insite caratteristiche, penalizza lesaustivit delle voci con-
tenute in AMAtI pensate per una pi flessibile e ampia navigazione on line.
Poco del corollario di dati, di fonti e di materiale iconografico, raccolto nel-
la banca dati sulla carriera e sulle interpretazioni delle attrici, stato qui, per
ovvie ragioni di spazio, riprodotto (e si registrano, daltronde, inevitabili ripe-
tizioni di notizie). Si invitano quindi i lettori e gli studiosi desiderosi di appro-
fondimenti a non accontentarsi della punta delliceberg e a non rinunciare n
alla puntuale illustrazione del sistema AMAtI apparsa nel precedente numero
di Drammaturgia,1 n, soprattutto, alla consultazione del sito (http://amati.
fupress.net) per ottenere di queste attrici, e di altri loro compagni dArte, un
ritratto pi completo e capillarmente documentato. Resta, tuttavia, lesempla-
rit dello specimen qui presentato.
199
FRANCESCA SIMONCINI
Fig. 1. Ritratto di Carlotta Marchionni, particolare, 1840, incisione (da Sanguinetti 1963).
200
Francesca Simoncini-Antonio Tacchi
CARLOTTA MARCHIONNI
(Pescia, 14 giugno 1796-Torino, 1 febbraio 1861)
Sintesi
Figlia dArte, tra le pi famose attrici italiane della prima met dellOtto-
cento, muove i primi passi recitando in compagnie di giro toscane. Appro-
da al ruolo di prima donna nel 1811 nella Sociale della madre Elisabetta e di
Antonio Belloni, Carlo Calamari e Ferdinando Meraviglia. Nel 1823 diviene
acclamata prima attrice della compagnia Reale Sarda. La capacit di armo-
nizzare gradatamente mestiere, impresariato e nuove teorie sulla recitazione
costituisce la qualit che la porta a ottenere una posizione preminente nella
Reale Sarda e nella storia del teatro italiano.
Biografia
Figlia del fiorentino Angelo Marchionni (attore comico nel ruolo di carat-
terista e interprete delle maschere di Brighella e di Arlecchino) e della buona
attrice tragica senese, Elisabetta Baldesi, nasce il 14 giugno 1796 a Pescia, piaz-
za toccata dalla compagnia di Giovan Battista Mancini dove i genitori recita-
vano. Fin da piccola, emula della madre, dimostra inclinazione per il teatro.
Tale propensione non labbandona neppure durante gli anni, dal 1800 al 1806,
trascorsi nel collegio delle Orsoline di Verona dove acquisisce un misticismo
tanto intenso da farle guadagnare lappellativo di estatica di Verona. Dellin-
segnamento religioso impartitole in questi anni, modellato sullesempio della
fondatrice dellordine, Angela Merici, mantiene per tutta la vita la devozione
fervente e la vocazione al nubilato cui sembra abdicare solo per il compagno
dArte Ferdinando Meraviglia con il quale lavora negli anni giovanili. Lanno
successivo allabbandono del collegio da parte di Carlotta la Merici viene san-
tificata, nel 1810 lordine delle Orsoline abolito: Carlotta sembra metterne
1. S. Geraci, Carlotta Marchionni in effige, Teatro e storia, xviii, 2004, 25, pp. 368-369.
202
CARLOTTA MARCHIONNI
alla fine del gennaio 1814, si segnala per la sua interpretazione del personaggio
di Isabella nel Filippo di Vittorio Alfieri sostenendo la difficile arte di proce-
dere riguardata nei colloqui con Carlo.2
Alla fine dellanno comico 1813-1814 Carlotta, abbandonata la compagnia
Pani, diviene prima donna della pi modesta Sociale Marchionni-Belloni (di
cui sono soci anche Carlo Calamari e Ferdinando Meraviglia) e dove figura
anche Luigi Domeniconi. La formazione, inizialmente dotata di scarsi mezzi,
sa avvantaggiarsi nel tempo della presenza di Carlotta, guadagnando il favo-
re del pubblico e divenendo un complesso di buon livello. Gli attori, secondo
Luigi Rasi, reciterebbero al teatro della Piazza Vecchia di Firenze con la Pa-
mela nubile di Carlo Goldoni. In questa formazione, condotta nominalmente
da Elisabetta Marchionni che ricopre anche i ruoli di prima donna e di madre,
Carlotta assume di fatto sempre pi importanza fino a divenire la vera capo-
comica. Nella primavera del 1814, al teatro Castiglioncelli di Lucca, in com-
pagnia recita anche il padre Angelo come secondo caratterista. Nel giugno del
1815 gli attori si spostano a Milano per tenere un corso di rappresentazioni al
teatro Lentasio e a quello diurno dello Stadera, quindi passano al teatro Re
dove Carlotta interpreta per la prima volta la Francesca da Rimini di Silvio Pel-
lico con grande successo di critica e di pubblico cui contribuisce anche lin-
terpretazione di Luigi Domeniconi nella parte di Paolo. Questultimo sar,
nellanno successivo, lindiretto responsabile di un grave lutto per la famiglia
Marchionni: la morte accidentale della sorella minore di Carlotta, Giuseppi-
na, dovuta al morso del suo cane.
Fra il 1815 e il 1820 Carlotta frequenta oltre a Pellico, Pietro Maroncelli, e
labate Ludovico di Breme che sembra assumere per lei la funzione di ideolo-
go e di dramaturg. Lattrice, grazie al suo carisma scenico, ispira e incoraggia la
vena teatrale del gruppo di intellettuali del Conciliatore che considerano le
sue interpretazioni come il modello cui anche le altre attrici devono confor-
marsi. Nel 1818 lattrice recita al teatro del Corso di Bologna.
Al 1820 da ascrivere la stesura del dramma Bianca e Fernando che lautore
teatrale e attore Carlo Roti scrive appositamente per lei. Del settembre del-
lo stesso anno anche il primo contatto con il conte Lodovico Piossasco con
cui lattrice entra in trattative per una scrittura, come prima donna, nella co-
stituenda compagnia Reale Sarda. Il Piossasco si reca personalmente a Cre-
ma per incontrare lattrice e garantirsi la sua disponibilit nel timore che ella
possa accettare le offerte di Salvatore Fabbrichesi, divenuto nel frattempo ca-
pocomico della compagnia al servizio di Ferdinando IV di Borbone di stanza
al teatro dei Fiorentini di Napoli. La Marchionni, tentata dallofferta del con-
203
FRANCESCA SIMONCINI-ANTONIO TACCHI
204
CARLOTTA MARCHIONNI
bisogna stillarsi il cervello per trovar vedove o maritate per tenerla sempre in
buona vista del pubblico.4 Per lei scrivono anche Carlo Marenco (Pia de To-
lomei, 1836), Giacinto Battaglia e Angelo Brofferio. Alcuni testi di questulti-
mo vengono declamati da Carlotta e Francesco Righetti nei circoli letterari.
Poco pi che quarantenne, allacme della carriera artistica, di ritorno da
una tourne milanese, il 3 marzo 1840 abbandona le scene recitando, al teatro
dAngennes di Torino, ne La fiera di Alberto Nota: impossibil descrivere il
fanatismo, lentusiasmo dimostrato a lei dai torinesi. Vi fu teatro illuminato.
Alla fine della commedia scese una bambina vestita damorino a porle in capo
una corona di lauro in oro ed argento ed a presentarle un volume delle poe-
sie stampate per tale circostanza. [Luigi] Gandolfi e Oggero [sic!] [A. Auge-
ro] fecero due composizioni litografiche magnifiche che vennero distribuite;
e lAccademia Filodrammatica parimenti dispens copia litografica del busto
della Marchionni.5 Con tale gesto i filodrammatici intendevano nominar-
la reggitrice e maestra dellaccademia. Allalbergo Universo di Torino si era
tenuto pochi giorni prima un banchetto daddio durante il quale la giovane
Adelaide Ristori, quasi a simboleggiare un avvenuto passaggio di testimone,
aveva declamato versi in onore della prima donna uscente, tra i quali spicca-
no i seguenti: Tu dellarte maestra amorosa, / Tu allerrante mio piede se-
gnavi / Infallibile traccia. // [] Se or mi lasci, se a me pi compagna / Non
verrai nellarena onorata, / A me resta grandorma segnata: / Possa io quella
costante calcar. // E se a pien non tradiscemi speme / A te, invece di pove-
ri fiori, / Fia chio renda cresciuti gli allori / Che tue mani pietose educar.6
Durante la serata allattrice era stata inoltre donata una preziosa corona pro-
babilmente quella stessa con cui, alla fine del suo ultimo spettacolo, era stata
incoronata e con la quale eternata nella litografia distribuita al pubblico in
quella occasione.
Torna a calcare sporadicamente le scene a scopo di beneficenza per lacca-
demia Filodrammatica di Torino di cui successivamente nominata direttri-
ce. Nellaula Brofferio dellaccademia viene posta una lapide commemorativa
dedicata allattrice. Il re di Sardegna le concede una pensione.
Carlotta, oltre a divenire soggetto di numerosi componimenti poetici (rac-
colti in volume in occasione del suo addio alle scene) e incisioni a lei dedicate
stata la prima attrice italiana, dopo Isabella Andreini, per la quale sono sta-
te coniate due medaglie. La prima a Milano nel 1821, la seconda a Bologna
205
FRANCESCA SIMONCINI-ANTONIO TACCHI
nel 1822. Di lei sono stati scolpiti due busti marmorei, a Bologna dal profes-
sor Francesco Rosaspina, a Torino, come ornamento del vestibolo del teatro
dAngennes, dallo scultore Giuseppe Bogliani.
Il 1 febbraio 1861 muore a Torino dove sepolta insieme alla madre.
Famiglia
7. F. Bartoli, Notizie istoriche de comici italiani che fiorirono intorno allanno MDL. fino a giorni
presenti, Padova, Conzatti, 1781-1782, vol. ii, p. 27.
206
CARLOTTA MARCHIONNI
sembra subire una battuta darresto mentre quella della moglie, prima donna
in varie compagnie tra la fine del Settecento e gli inizi dellOttocento, co-
nosce nuovi sviluppi. Ella, dopo aver alternato il suo impegno tra formazio-
ni toscane e di giro nazionale approda infatti, nel 1814, a ruoli di madre e al
capocomicato in societ con Antonio Belloni, Ferdinando Meraviglia e Car-
lo Calamari. In questa compagnia figurano Angelo, secondo caratterista, la
giovane Carlotta e, in parti da ragazza, la piccola Giuseppina, morta precoce-
mente due anni pi tardi.
Elisabetta, prima attrice e capocomica, svolge un ruolo fondamentale per gli
esordi e per la definitiva consacrazione della figlia Carlotta come prima don-
na. Tutti gli anni di apprendistato di questultima, nella Lorenzo Pani (1807-
1814) e nella Marchionni-Belloni (1814-1823) si svolgono infatti sotto legida
e la supervisione di Elisabetta che segue la figlia anche nel suo debutto nella
Reale Sarda ricoprendo ruoli di madre nobile e caratteristica dal 1824 al 1828.
Formazione
Figlia dArte, nel 1807 esordisce come seconda amorosa nella compagnia
diretta da Lorenzo Pani indicato da Luigi Rasi come uno dei maggiori capoco-
mici attivi tra il 1785 e il 1815. Nella troupe, insieme a Carlotta figurano anche
la madre e il fratello Luigi. Con questi esce dallangusto circuito teatrale tosca-
no e calca i palcoscenici milanesi dove comincia a essere notata e apprezzata.
Avvertendo lincompletezza della propria formazione e, nel 1814, dovendo
riprendere linterpretazione di Mirra di Vittorio Alfieri che gi aveva in reper-
torio dal 1810, vuole andare oltre lesempio fornitole dalla madre (apprezzata
interprete del personaggio) e frequenta per due mesi, a Firenze, la Scuola di
declamazione di Antonio Morrocchesi, vecchio compagno dArte del padre,
per approfondire e perfezionare lo studio della parte. Il processo intrapreso
dallattrice per nobilitare una genesi chiusa nella tradizione di un mestiere at-
torico ereditato per filiazione prosegue attraverso lincontro con alcuni intel-
lettuali romantici (Silvio Pellico, Ludovico di Breme, Pietro Giordani e Pietro
Maroncelli) che la portano a concepire significativi cambiamenti nella con-
sueta prassi recitativa e con cui istaura un proficuo rapporto di collaborazione
rafforzandone linteresse verso il teatro.
Gli anni 1814-1823, trascorsi nella compagnia della madre, diretta da An-
tonio Belloni (che le fu prodigo di preziosi consigli) sono fondamentali per
la sua maturazione. Allinterno di un repertorio che alterna messinscene di
drammi storici, commedie e tragedie Carlotta decreta la sua definitiva consa-
crazione con la Francesca da Rimini che Silvio Pellico scrive secondando le sue
caratteristiche di giovane prima attrice.
207
FRANCESCA SIMONCINI-ANTONIO TACCHI
Interpretazioni/Stile
208
CARLOTTA MARCHIONNI
attori in una lettera del 21 agosto: una compagnia povera venuta al Lentasio
e passata per caso al Re, e tuttora recitante alla luce del sole nello Stadera, non
pu darmi quel che vale la tragedia. Io dunque non gliene cedo la propriet.
Gliela lascer recitare per qualche tempo, perch, sul dubbio ancora della riu-
scita, hanno fatto delle spese per un vestiario apposta e magnifico.11
Stendhal, viaggiatore consapevole, la ricorda nel suo diario in una notazio-
ne dellanno 1817: Lingenuit in Italia cosa rarissima []. Quel poco di in-
genuit che ho incontrato, lho trovato tutto nella signorina Marchioni [sic!],
giovane divorata da passioni, la quale recita ogni giorno, spesso due volte: ver-
so le quattro, al teatro allaperto, per il popolo; la sera, alla luce delle lampade,
per la buona societ. Mi ha commosso fino allestasi, alle quattro, nella Gazza
ladra, e alle otto in Francesca da Rimini.12
Versatile nella scelta del repertorio, interpreta testi tragici e comici (soprat-
tutto di Alfieri e Goldoni) insieme a drammi lacrimosi e sentimentali (alcuni
dei quali scritti o tradotti per lei dal fratello Luigi), eccelle nelle parti ingenue
suscitando generale ammirazione: La naturale sensibilit, il nobile gestire,
lespressione del volto, e pi di tutto il suono armonioso della voce donavano
alla Carlotta un fascino che domin per quasi trentanni tutti i pubblici dIta-
lia. Chi la vide rappresentare LAlexina, La Fiera, La Lusinghiera e La Vedova in
solitudine del Nota; la Sposa sagace, le due Pamele, GlInnamorati, le tre Zelin-
de del Goldoni; La bella Fattora, traduzione del conte Piossasco; le due Chiare
di Rosemberg, La figlia della terra desilio, LOrfanella svizzera, drammi scritti a
posta per lei dal fratello Luigi, non pot a meno di riconoscere e di applaudire
in lei quei tratti di grande attrice, che caratterizzano il vero genio. Un altro
genere da lei insuperabilmente rappresentato era quello delle parti ingenue.
La Giurl o La famiglia indiana, la Lauretta di Gonzales, e varie altre erano da lei
con tale innocenza rappresentate, e nel tempo stesso con una variet s grande
da far supporre che larte non vi aggiungesse nulla del proprio, quando invece
era la sublimit di questa che le faceva raggiungere il vero; e se questa somma
attrice fu a tante superiore nella commedia e nel dramma, con non minore
maestria seppe innalzarsi nella tragedia, poich la Francesca da Rimini che ella
cre, la Pia de Tolomei, la Mirra, lOttavia, e tante altre le procuraron sempre
nuovi trionfi.13
Quella della Mirra di Alfieri considerata la sua migliore interpretazione.
Con questa Carlotta super la celebre attrice alfieriana Anna Fiorilli Pellandi
11. Ibid.
12. Stendhal, Roma, Napoli, Firenze. Viaggio in Italia da Milano a Reggio Calabria, Roma-
Bari, Laterza, 1990, p. 224.
13. Antonio Colomberti, ora in L. Rasi, I Comici italiani. Biografia, Bibliografia, Iconografia,
Firenze, Bocca-Lumachi, 1897-1905, vol. ii, p. 78.
209
FRANCESCA SIMONCINI-ANTONIO TACCHI
sia per le mosse degli occhi, che pel muto parlare degli atti e della fisionomia.14
Il personaggio, svelato in tutta la sua prorompente peccaminosit nellultimo
atto della tragedia, recitato, per i primi quattro, soltanto con lievi, ma con-
tinue allusioni alla sua passione incestuosa. Linquietudine interiore di Mirra
viene sapientemente dosata e lasciata intuire soltanto attraverso nascoste sot-
tolineature che esaltano la capacit dellattrice nel controllare registri inter-
pretativi tra loro antitetici.
Sulla stessa linea si colloca la scrittura scenica utilizzata per la parte di Giu-
lia in La lusinghiera di Alberto Nota. La protagonista della commedia incarna
una donna dal comportamento spregiudicato nelladulare contemporaneamente
molti corteggiatori con audaci civetterie giocate su menzogne, sorrisi, sguardi
languidi e sensuali elargiti indistintamente a tutti gli spasimanti. Linterpre-
tazione della Marchionni fu in un primo momento criticata dallautore che,
in una lettera a Vincenzo Monti del 1 aprile 1818, la taccia di essere nemica
di tal commedia perch portatrice di una recitazione romantica inadeguata
al personaggio. Tale accusa decisamente respinta dalla Marchionni che, l8
aprile 1818, in risposta allautore, replica sostenendo di gradire la parte e di
averla interpretata se non magistralmente quantomeno in maniera da non dan-
neggiare la fortuna della pice. In effetti linterpretazione dellattrice assicura
un costante successo alla commedia al punto che lo stesso Nota, abbandonato
ogni scetticismo, cos ne parla nella sua Prefazione: Poche altre attrici potranno
per avventura agguagliare, nonch superare la signora Carlotta Marchionni, a
cui fu le prime volte affidata la parte di donna Giulia, parte che richiede assai
maestria, giacch le arti e le lusinghe per trarre altrui nella rete, e per conser-
vare ed accrescere il numero degli adoratori, vogliono esser custodite da un
contegno nobile, disinvolto, ben educato e gentile.15
A testimonianza della qualit dellesecuzione, piena di vitalit, Giuseppe
Costetti aggiunge: Donna Giulia un carattere scabroso, la cui licenziosit
di tanto insinuante quanto meno aperta: una bella donna che collo sguardo,
co sorrisi, e con la parola indiretta soffre ad ogni momento, non conceden-
dosi mai. Saggiunga che il pi degli effetti scenici di questo ruolo di coquette
nellartifizio della controscena muta, nelle occhiate, nei sorrisi, nel provo-
cante abbigliamento, nella procace scollatura delle vesti dissimulata in guisa
da riuscire pi stimolante. [] Carlotta Marchionni, la estatica di Verona, la
immancabile alle Messe meridiane della Consolata o di San Filippo, che prima
14. Epilogo di notizie teatrali, Il Corriere delle Dame, 4 maggio 1816, 18, p. 139, ora in G.
Ciotti Cavalletto, Attrici e societ nellOttocento italiano. Miti e condizionamenti, Milano, Mursia,
1978, p. 124.
15. A. Nota, Teatro comico di Alberto Nota, Torino, Pomba, 18422, vol. iv, p. 321.
210
CARLOTTA MARCHIONNI
di uscir sulla scena ogni sera si faceva senza ostentazione, n sotterfugio, il suo
bravo segno di croce rappresent alla perfezione Donna Giulia e le sue spinte
civetterie, come gi aveva reso le fiamme incestuose di Mirra.16
Non esente da alcuni vizi propri dei figli dArte le vengono rimproverati
difetti dovuti a mancanza di scuola sia nel gesto, sia nelle intonazioni. Parti-
colarmente criticata la sua consuetudine di incrociare le mani al petto e di
stringere i gomiti alla testa muovendo in modo scomposto gli avambracci. A
tali appunti tenta di rimediare frequentando nel 1814 a Firenze, per breve pe-
riodo, la Scuola di declamazione di Antonio Morrocchesi. universalmente
apprezzata, invece, per la nobilt dellincedere sulla scena, per la semplicit e
la versatilit della sua recitazione che sa esprimersi naturalmente, sia nella di-
zione sia nella riproduzione di particolari minuti a cui viene restituita appa-
renza di realt, e per la capacit di modulare con variet di inflessioni la voce.
La sua presenza scenica si avvantaggia di un fisico scultoreo e giunonico,
di braccia ben modellate e di una fisionomia, non bella n regolare, ma dota-
ta di comunicativa e fascino. Alla biasimata abitudine dei comici, accusati di
una eccesiva gesticolazione, sostituisce nel tempo, la grande mobilit del vol-
to e la particolare espressivit dello sguardo che le permettono una recitazio-
ne eloquente, ma priva di gesti esasperati. Le doti di naturalezza evidenziate
nella conduzione dei dialoghi, unite ad una eleganza non affettata, fanno di
lei una caposcuola: Ma io sfido tutti i delicati conoscitori dellarte comica a
dirmi in chi, dove e quando si veduto nella commedia italiana una donna,
che con tanta grazia, con tanta decenza, e con tanta nobilt passeggi la scena?
Io mappello a tutte le dame di tutte le corti pi galanti, se si pu con miglior
dignit ed amabilit in una nobile e gentile conversazione, dir sedete come lo
dice la nostra Marchionni; con quale vivacit di colorito sa ella moltiplicare e
compartire le tinte in una scena di gelosia! Chi sa comporre quello sguardo,
accomodar quel labbro, emettere quel suono di voce in una scena dironia al
pari di lei? Della felicit sorprendente nelle transazioni, e nel passaggio dun af-
fetto allaltro, della dizione semplicissima e naturale, dellartifizio che par tutto
natura, ne abbiamo un esempio parlante nella Lusinghiera dellavvocato Nota.17
Vere e proprie innovazioni volute dallattrice sono da considerare labolizio-
ne del suggeritore e la concertazione degli attori durante le prove, che arriva a
prolungare fino ad un mese, dirigendole personalmente. Capace di compiere
scarti che le permettono di eccellere nel tragico, nel comico, nelle parti inge-
nue e nellinterpretazione delle passioni contrastate, considerata la migliore
16. G. Costetti, La compagnia Reale Sarda e il teatro italiano dal 1821 al 1855, Milano,
Kantorowicz, 1893, pp. 36-37.
17. Francesco Righetti, ora in Rasi, I Comici italiani, cit., vol. ii, p. 78.
211
FRANCESCA SIMONCINI-ANTONIO TACCHI
attrice italiana dellepoca ancora prima di approdare, come prima donna, alla
Reale Sarda: Il Vestri e la Marchionni personificarono [] quella variet di
attitudini che degli attori italiani soltanto, e che permette a ciascuno di lo-
ro, che sia veramente nato allarte, di suscitare le commozioni pi disparate e
diverse; di passare con stupenda volubilit e occorrendo in una sera medesi-
ma dal tragico al comico, dallAlfieri al Goldoni: dessere come la Marchion-
ni ora Mirra o Clitennestra, pi tardi Mirandolina o Rosaura: come il Vestri oggi
Don Marzio, domani Il povero Giacomo.18 Le sue interpretazioni sono il frutto
della scrittura scenica di unattrice noncurante di intervenire decisamente sui
copioni con tagli e interpolazioni. A tale proposito aggiunge Francesco Regli
la Marchionni erasi formata unalta e vera idea dellarte sua. Ragguardavala
essa come un aiuto e un supplimento allinvenzione del poeta e allopera dello
scrittore; epper, o le parti che doveva sostenere erano con maestria colorite,
ed ella, nel concetto dellautore internandosi, vi dava lultima mano; o dista-
vano troppo da quella verit, da quel calore, da quel moto che si richiede nelle
situazioni drammatiche, ed ella tanto vi lavorava sopra dingegno e di cuore,
tanto vi metteva del proprio, che diventava, come Talma col Bruto, come De
Marini col Benefattore e lOrfana, come Vestri col Povero Giacomo o Gustavo
Modena col Saul, creatrice.19
Altra importante testimonianza della convergenza tra il suo stile recitativo
e la drammaturgia a lei contemporanea la fornisce nel dicembre del 1839, sul-
le colonne del Figaro, il recensore dellultima sua apparizione milanese: La
Marchionni compendia in se stessa i tratti speciali al dramma moderno. Per-
ch essa pinge ogni maniera di posato o concitato, gaio o malinconico affet-
to e principalmente il dolore che si stende nellopere moderne al modo stesso
che sincarna nella vita della societ. Essa percorre con naturale andamento
tutte le gradazioni della poesia; dalle note gravi alle dolci, dalle elevate alle
volgari, dalle fantastiche alle appassionate. La Marchionni veramente larti-
sta estetica voluta dal maturato sviluppo delle idee artistiche e dalle esigenze
psicologico-letterarie dellepoca. Creata da natura e da lunghi studi esercitata
a trovare e produrre ogni perfezione di bello, essa imita con giustezza este-
tica let del romanzo e let del disinganno; esprime il sospiro del povero, la
preghiera dellinerme, il lamento del prigioniero, la maest della sventura e il
ruggito della disperazione. Talvolta calda, energica, fremente; talvolta langui-
da, gemente, spiritante. La sua anima come invasa da un soffio di fuoco che
212
CARLOTTA MARCHIONNI
Manoscritti:
213
FRANCESCA SIMONCINI-ANTONIO TACCHI
Affare di polizia n. 1480: nota della compagnia Lorenzo Pani, Archivio di stato di Fi-
renze, Presidenza del Buon Governo 1784-1808, f. 449, affare 1480, a. 1807.
A stampa:
F. Bartoli, Notizie istoriche de comici italiani che fiorirono intorno allanno MDL. fino a
giorni presenti, Padova, Conzatti, 1781-1782, 2 voll. (rist. anast. Bologna, Forni, 1978.
Riediz. a cura di G. Sparacello, introd. di F. Vazzoler, trascrizione di M. Melai,
IRPMF-CNRS, 2010, Le savoir des acteurs italiens, consultabile on line allin-
dirizzo http://www.iremus.cnrs.fr/fr/publications/les-savoirs-des-acteurs-italiens).
Giornale del dipartimento dellArno, gennaio 1812, 3 (p. 4) e 11 (p. 4).
Giornale del dipartimento dellArno, dicembre 1813, 156.
Giornale del dipartimento dellArno, gennaio 1814, 8 e 10 (p. 4).
[Senza autore], Epilogo di notizie teatrali, Il Corriere delle Dame, 4 maggio 1816,
18, p. 139.
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neghetti, 1825.
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servizio di S.M. il re di Sardegna, Torino, Alliana e Paravia, 1826, 3 voll.
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FRANCESCA SIMONCINI-ANTONIO TACCHI
Repertorio
1810
Mirra di Vittorio Alfieri
1811
Oreste di Vittorio Alfieri
1814
Filippo di Vittorio Alfieri
216
CARLOTTA MARCHIONNI
1815
Francesca da Rimini di Silvio Pellico
Pamela nubile di Carlo Goldoni
1816
Bianca e Fernando, o La tomba di Carlo IV duca dAgrigento di Carlo Roti
Caterina Neuport di Luigi Marchionni
Francesca da Rimini di Silvio Pellico
Mirra di Vittorio Alfieri
1818
I due carlini di autore non precisato
La figlia maledetta di autore non precisato
La lusinghiera di Alberto Nota
1820
Bianca e Fernando, o La tomba di Carlo IV duca dAgrigento di Carlo Roti
Gli amori di Zelinda e Lindoro di Carlo Goldoni
Glinnamorati di Carlo Goldoni
Labboccamento notturno di Carlo Goldoni
La locandiera di Carlo Goldoni
Le donne curiose di Carlo Goldoni
Le gelosie di Zelinda e Lindoro di Carlo Goldoni
Pamela nubile di Carlo Goldoni
Un curioso accidente di Carlo Goldoni
1822
Adele e Fontanges di Alberto Nota
Chiara di Rosembergh di Hubert [pseudonimo di Philippe-Jacques Laroche]
1823
Agamennone di Vittorio Alfieri
Alexina ossia Costanza rara di Alberto Nota
Amore ed equivoco di August Friedrich Ferdinand von Kotzebue
Amori dantica data di Philippe Nricault Destouches
Antigone di Vittorio Alfieri
Aristodemo di Vincenzo Monti
Clementina e Dorvign di Monvel [pseudonimo di Jacques-Marie Boutet]
Cuore darte di Francesco Augusto Bon
Didone abbandonata di Pietro Metastasio
Due amici di Lione di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais
217
FRANCESCA SIMONCINI-ANTONIO TACCHI
218
CARLOTTA MARCHIONNI
219
FRANCESCA SIMONCINI-ANTONIO TACCHI
1824
Medea di Cesare della Valle
Mirra di Vittorio Alfieri
Sofonisba di Vittorio Alfieri
1825
Eudosia di Angelo Brofferio
220
CARLOTTA MARCHIONNI
1826
Francesca da Rimini di Silvio Pellico
Ines di Castro di Davide Bertolotti
La fiera di Alberto Nota
1827
La novella sposa di Alberto Nota
1828
Loppressore e loppresso di Alberto Nota
1830
Ludovico Ariosto di Alberto Nota
1831
Alceste di Vittorio Alfieri
1832
Ester dEngaddi di Silvio Pellico
Gismonda da Mendrisio di Silvio Pellico
Petrarca e Laura di Alberto Nota
1833
La donna irrequieta di Alberto Nota
1834
Gismonda da Mendrisio di Silvio Pellico
Il progettista di Alberto Nota
La donna irrequieta di Alberto Nota
La famiglia di Riquebourg di Augustin-Eugne Scribe
Lo sposo di provincia di Alberto Nota
1835
Il duello fra due donne di Giovan Carlo Cosenza
Lo sposo di provincia di Alberto Nota
Parisina di Antonio Somma
1836
Il prigioniero e lincognita di Alberto Nota
Le conseguenze di una festa da ballo di Jean-Franois-Alfred Bayard
Pia de Tolomei di Carlo Marenco
221
FRANCESCA SIMONCINI-ANTONIO TACCHI
1837
Giovanna I di Carlo Marenco
Giovanna I regina di Napoli di Giacinto Battaglia
Il prigioniero e lincognita di Alberto Nota
Torquato Tasso di Alberto Nota
Vittorina ossia Le conseguenze di una scommessa di Giacinto Battaglia
1838
Giovanna I regina di Napoli di Giacinto Battaglia
Natalina ovvero Il liceo dHeisperg di Alberto Nota
1839
Filippo Maria Visconti di Giacinto Battaglia
Gismonda da Mendrisio di Silvio Pellico
1840
La fiera di Alberto Nota
1854
La giovent di Cimarosa di Raffaele Colucci
222
Daniela Sar
AMALIA BETTINI
(Milano, 15 agosto 1809-Roma, 6 maggio 1894)
Sintesi
Biografia
vo, nuovamente a Parma nel giugno 1830 e al teatro Goldoni di Firenze nel
carnevale 1830-1831, ma subito dopo si scioglie per problemi economici.
Nel 1831 la Bettini passa nella compagine del caratterista veronese Gaetano
Nardelli, allepoca associato con Luigi Ghirlanda, come prima attrice assolu-
ta; nellottobre 1831 si esibisce al teatro del Corso di Bologna e nellautunno
1833 al teatro Comunale di Ferrara. Nel 1835 Amalia entra con lo stesso ruolo
nella formazione Ducale di Parma, condotta da Romualdo Mascherpa, attiva
nei principali centri del nord e centro Italia, nella quale recitano Luigi Gatti-
nelli, Giacomo Landozzi e alcuni esponenti della famiglia Dondini. Ha ini-
zio la fase pi brillante della carriera dellattrice che in breve si afferma tra le
maggiori interpreti contemporanee. Nel 1835 la compagnia recita a Livorno,
Bologna, Ravenna, Perugia, Cesena e Roma, dividendosi tra il teatro Valle e
il teatro Alibert (settembre 1835-febbraio 1836); nel 1836 a Livorno (febbraio-
maggio), Trieste, Venezia, Padova, Milano, Pavia e Genova.
Nel 1837 Amalia torna nella formazione di Nardelli ora in societ con Car-
lo Re, proprietario dellomonimo teatro milanese che per nel 1840 si ritira
dalle scene. Nel luglio 1837 la compagnia attiva a Bologna, tra i successivi mesi
di settembre e dicembre al Re, nel marzo 1838 a Venezia, nel carnevale 1839
a Livorno, in aprile ancora a Bologna, tra giugno e luglio al teatro Comunale
di Faenza e a Ravenna e in settembre al teatro del Cocomero di Firenze. Tra il
1838 e il 1839, allo scadere della scrittura, la Bettini riceve numerose proposte
dingaggio che rifiuta perch non soddisfatta delle condizioni economiche:
contattata da Pietro Monti per la formazione del teatro dei Fiorentini di Na-
poli, da Giovan Battista Gottardi, che intende costituire una compagnia in so-
ciet con Luigi Domeniconi, poi non realizzata, e dal milanese Camillo Ferri.
Nel 1840 entra nella compagnia Reale Sarda, diretta da Gaetano Bazzi, con
sede stabile al teatro Carignano di Torino, subentrando a Carlotta Marchion-
ni che si ritira dalle scene; si trova cos a recitare al fianco di Adelaide Risto-
ri, prima attrice giovane, nella formazione dal 1837-1838; tra le due interpreti
si instaura un rapporto di rivalit che nel 1841 induce la Ristori a lasciare la
formazione, per ritornarvi solo nel 1853. L8 marzo 1840 Amalia debutta al
teatro Re di Milano; nellautunno 1840 la compagnia compie una tourne
fiorentina e nel marzo 1841 ripropone un ciclo milanese di rappresentazioni.
Sparsasi la voce di una conclusione anticipata della collaborazione con Bazzi
allo scadere del primo anno comico, anche dopo linizio del nuovo ingaggio
Amalia continua a ricevere proposte da altre formazioni e capocomici: il tea-
tro dei Fiorentini, Mascherpa, Lorenzo Da Rizzo, Angelo Lipparini, Corra-
do Vergnano e Camillo Ferri; contattata anche per un eventuale ingresso in
compagnie di prossima costituzione, come quelle di Francesco Paladini, che
intende associarsi con Luigi Domeniconi, di Gaetano Coltellini e dello stesso
Domeniconi; le sono infine proposte collaborazioni artistiche da appaltatori
224
AMALIA BETTINI
di teatri come Vincenzo Jacovacci che la contatta per recitare al teatro Valle di
Roma. Tutti vedono nella Bettini uninterprete di livello eccellente, capace,
per lazione di richiamo esercitata sul pubblico, di ribaltare le sorti economi-
che delle loro imprese. Lattrice per decide di prolungare la scrittura con la
Reale Sarda e in breve diventa la beniamina del pubblico torinese.
Al culmine del successo, l8 febbraio 1842 recita per lultima volta al teatro
Carignano. Il successivo 2 giugno, a Bologna, dove stabilisce la sua residenza,
sposa il dottore Raffaele Minardi e, a soli trentatr anni, si ritira dalle scene,
nonostante le insistenze di alcuni capocomici tra cui Coltellini, Vergnano,
Ferri, Mascherpa, Paladini, Domeniconi e Gaetano Gattinelli per farla re-
cedere dalla decisione; lo stesso Bazzi le scrive per scongiurare un suo abban-
dono della compagnia Reale Sarda concedendole maggiore agio nella scelta
del repertorio. Amalia per non torna sui suoi passi e lascia definitivamente
il teatro professionale per concedersi saltuariamente la partecipazione a spet-
tacoli di beneficenza, come tra lottobre e il dicembre 1843, al fianco di alcu-
ni membri dellaccademia bolognese dei Concordi diretti da Giovan Battista
Zoppetti. Nel 1847 d alla luce un figlio, Pasquale Giuseppe Gioacchino; alla
met di maggio del 1848 esegue altre recite al teatro Comunale di Bologna
con laccademia dei Solerti e nellottobre 1880 si esibisce nuovamente per be-
neficenza al teatro Aliprandi di Modena. Scompare a Roma il 6 maggio 1894.
Famiglia
Formazione
225
DANIELA SAR
e dove riceve unistruzione di alto livello, destinata ai figli delle famiglie no-
biliari, comprendente disegno, musica e lingue straniere. Negli anni lattrice
continuer a coltivare la sua formazione culturale, come testimonia il suo car-
teggio col poeta Giuseppe Gioachino Belli (si veda Interpretazioni/Stile), ricco
di riferimenti aulici al mondo letterario e di scambi di composizioni poetiche;
di particolare interesse sono le lettere in cui la Bettini si sofferma in maniera
lucida e competente sulla situazione teatrale contemporanea e sullattivit dei
tragediografi dellepoca. Nel 1822 linterprete lombarda esordisce in teatro,
ingaggiata come amorosa da Salvatore Fabbrichesi nella compagnia Reale di
Napoli; i colleghi Luigi Vestri e Giuseppe De Marini, tra i migliori attori in
circolazione, le insegnano le basi della recitazione.
Interpretazioni/Stile
Nel 1822, a tredici anni, Amalia Bettini esordisce dunque come amorosa
nella compagnia Reale di Napoli, diretta dal Fabbrichesi, nella quale rimane
fino al 1828; dopo soli due anni di militanza suscita linteresse delle crona-
che teatrali che ne elogiano le doti artistiche, prevedendo per lei una fortuna-
ta carriera: Bettini figlia giovinetta di 15 anni, di leggiadra figura, di volto
avvenente, di bei modi, non iscarsa di grazie, [] ella supera s medesima, e
porge altissime speranze di pareggiare ben presto le decantate prime attrici,
che lhan preceduta. Nulla le manca ad essere nel numero delle valenti, fuor-
ch un esercizio pi lungo, mancanza a cui il tempo porr quanto prima il
compenso; ma intanto dolce il vederla con merito vero rappresentare i suoi
caratteri, e troppo bello e giocondo il difetto, che alcun rigido osservatore in
qualche parte le addossa, dessere cio troppo giovine. Oh! quanto meglio ci
conta che il vedere provetta attrice con tre dozzine danni alle spalle affibbiati
rappresentarci talora lingenua ragazza, o la spiritosa sposina! Si calmi adun-
que di talun liraconda impazienza, e mentre da un lato trova in questa com-
pagnia chi per assoluta perizia pu soddisfarlo, si appaghi dallaltro della tenera
capacit e delle belle speranze, onde a buon diritto lItala scena pu attendere
in questa ragazza una novella esimia attrice.1 Da una recensione risalente al-
la fine dellesperienza con Fabbrichesi, nella quale la Bettini descritta come
nata per fare le parti di giovane modesta, affezionata e ingenua,2 si desume
la sua specializzazione nel repertorio patetico-sentimentale.
1. La testimonianza apparsa su Variet teatrali del 1824 qui trascritta da L. Rasi, I Comici
italiani. Biografia, Bibliografia, Iconografia, Firenze, Bocca-Lumachi, 1897-1905, vol. i, p. 388.
2. Cenni teatrali, Il Corriere delle Dame, 19 gennaio 1828, 3, p. 18, ora in G. Ciotti
Cavalletto, Attrici e societ nellOttocento italiano. Miti e condizionamenti, Milano, Mursia, 1978, p. 45.
226
AMALIA BETTINI
Dal 1831 al 1835 Amalia prima attrice nella compagnia di Gaetano Nar-
delli; si tratta di una fase di transizione e sperimentazione, che la vede a volte
soggetta a critiche: avrebbe duopo talvolta di non far troppo, bens di stare
un po pi ne confini prescritti da natura e dalla verit;3 si esprimerebbe con
una voce modulata talvolta a cadenza;4 si lascerebbe andare, in alcuni casi,
a innaturali moti convulsi.5 Tra i principali detrattori del periodo si segnala
Giacinto Battaglia dalle pagine del Figaro.
Nella seconda met degli anni Trenta, trascorsi come prima attrice nelle
formazioni di Mascherpa (1835-1837) e di Nardelli (1837-1840) Amalia vive
la fase pi fortunata della carriera, confermandosi come una delle esponenti
pi significative del ruolo primario. Riguardo a questo periodo resta la pre-
ziosa testimonianza di Antonio Colomberti, suo compagno di lavoro sia nella
compagnia di Mascherpa che in quella di Nardelli; oltre a delinearne un ri-
tratto fisico, lattore si sofferma sulle doti artistiche di Amalia caratterizzate
da unalta capacit di immedesimazione, da una voce particolarmente dutti-
le e in grado di esprimere una vasta gamma di gradazioni umorali e da una
memoria eccezionale che le consente di assimilare le parti senza la minima
sbavatura: era di capello castagno e di carnagione bianchissima. La sua voce
corrispondeva a tutte le vibrazioni della sua anima. Di natura estremamen-
te sensibile e nervosa, simmedesimava tanto perfettamente nel personaggio
da lei rappresentato, fosse esso comico, drammatico o tragico, da far provare
allascoltatore le stesse impressioni da lei esuberantemente sentite. Dotata di
memoria ferrea, poteva fare a meno del rammentatore ed in 5 anni chebbi il
piacere di esserle al fianco come direttore e primo attore, non lho mai veduta
ricorrere al soggetto per saper la parola per entrare in scena. Abituata fin dalla
sua pi tenera giovent a non considerare la sua parte dal numero dei foglietti
ma dallinteresse che poteva avere nellintiera produzione, poneva in tutte lo
stesso impegno, non escluse le farse.6
Negli anni trascorsi nella troupe di Mascherpa, la Bettini acclamata ovun-
que come catalizzatrice degli interessi del pubblico. Tra le attestazioni di sti-
ma dei contemporanei nei suoi confronti si ricorda la medaglia doro coniata a
Perugia in occasione di una tourne compiuta entro il settembre 1835. Amalia
entra anche in contatto con numerosi esponenti della cultura contemporanea;
una particolare attenzione merita la sua relazione con Giuseppe Gioachino Belli
che, incaricato dallo Spigolatore di recensire alcune sue recite eseguite al te-
3. Ivi, p. 49.
4. Ibid.
5. Ivi, p. 50.
6. A. Colomberti, Memorie di un artista drammatico, testo, introd., cronologia e note a cura
di A. Bentoglio, Roma, Bulzoni, 2004, p. 491 n.
227
DANIELA SAR
atro Valle di Roma, presso il quale lattrice lombarda si esibisce tra settembre
1835 e febbraio 1836, scrive alcuni sonetti in romanesco soffermandosi sul-
le eccezionali doti artistiche dellinterprete; rimasto affascinato, Belli stringe
con Amalia una amicizia, che si protrae per molti anni, testimoniata dal pro-
lungato scambio epistolare intercorso tra i due, particolarmente intenso fino
al 1842, anno del matrimonio dellattrice con Raffaele Minardi (il carteggio
conservato nellarchivio Piancastelli di Forl e nella Biblioteca nazionale di
Roma; stato parzialmente edito da Alfredo Mezio nel 1942, da Pietro Paolo
Trompeo nel 1948 e da Giacinta Spagnoletti nel 1961).
Anche Stendhal conosce la Bettini durante il soggiorno romano del 1835-
1836: rimastone profondamente colpito e coinvolto sentimentalmente, scri-
ve di lei nel romanzo autobiografico La vie de Henry Brulard, menzionando in
particolare un incontro con lattrice allaccademia Filarmonica di Roma il 19
dicembre 1835 in occasione di unesecuzione del Guglielmo Tell di Gioacchino
Rossini. Le attestazioni di stima nei suoi confronti si protraggono lungo lin-
tero corso della carriera: in data imprecisata Giovanni Prati le dedica versi di
elogio, mentre documenti epistolari a lei indirizzati testimoniano lammira-
zione coltivata nei suoi confronti da Rossini e Giovan Battista Niccolini. Nel
suo Diario, il 20 dicembre 1839, anche Niccol Tommaseo esprime il deside-
rio di conoscere lattrice.
Riguardo al ciclo di recite che vede impegnata la Bettini al Valle tra il 1835
e il 1836, una testimonianza giornalistica sottolinea la versatilit dellinterpre-
te, presentata come una protagonista della scena italiana contemporanea: in
Amalia Bettini ci sembrato riconoscere un raro e straordinario talento per
larte chella professa, e che abbia sviluppato nel modo il pi vittorioso quan-
to pu avere attinto alla scuola la pi finita. Infatti i sentimenti che risvegli,
leffetto grandioso che produsse nel dramma Sedici anni or sono; lespressione del
pi intenso dolore, le angosce, la mortale ansiet che cos bene dipinse nella
sublime scena collirato padre nella Malvina; le grazie e le sottigliezze comi-
che, non iscompagnate da decentissimo contegno, di cui fece sfoggio neglIn-
namorati, nel Casino di Campagna, nella Fedelt alla Prova; il suo atteggiarsi [],
la sua energia sempre analoga al sentimento dellazione, la sua maniera deli-
cata di esporre, tutti questi pregi, valutati con entusiasmo dal pubblico, ci ad-
dimostrano come questattrice meriti di essere annoverata fra le altre prime
drammatiche viventi.7
Lo scrittore e critico francese Arnould Frmy, che assiste ad una recita di cui
Amalia protagonista nel 1836 a Venezia, dedica allattrice un lungo profilo
7. Z.Z., Lettera del Signor Z.Z. ai compilatori della Rivista, Rivista teatrale. Giornale dram-
matico, musicale e coreografico, vol. ii, 2 novembre 1835,11, p. 5.
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AMALIA BETTINI
8. A. Frmy, Artistes trangers. Amalia Bettini, Revue de Paris, n.s., to. xxxv, 1836, p. 209.
9. Ivi, p. 207.
10. G. Costetti, I dimenticati vivi della scena italiana, Roma, Stabilimento tipografico della
Tribuna, 1886, p. 21.
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DANIELA SAR
11. [F. Regli], Gazzetta teatrale-teatro Valle, Il pirata, v, 28 febbraio 1840, 70, p. 288, ora
in Ciotti Cavalletto, Attrici e societ nellOttocento italiano, cit., p. 46.
12. F. Regli, Dizionario biografico dei pi celebri poeti ed artisti melodrammatici, tragici e comici,
maestri, concertisti, coreografi, mimi, ballerini, scenografi, giornalisti, impresari, ecc. ecc. che fiorirono in
Italia dal 1800 al 1860, Torino, Dalmazzo, 1860, p. 59.
13. Id., Gazzetta teatrale-teatro Re, Il pirata, v, 13 marzo 1840, 74, p. 303, ora in Ciotti
Cavalletto, Attrici e societ nellOttocento italiano, cit., pp. 45-46.
230
AMALIA BETTINI
In estate la Bettini riceve per alcuni segnali di ostilit da parte degli spet-
tatori: il 6 agosto, in occasione della messinscena al Carignano della comme-
dia I pazzi per progetto di Giovan Carlo Cosenza, in mezzo ad un applauso
dato dal pubblico alla Bettini vi fu qualche pst pst ed un sonorissimo fi-
schio assordante; la Bettini divent una furia, si rivolse con atti di minaccia
al pubblico, ed azzard di dire ad alta voce: Incivili! . Quindi terminata la
commedia inve contro Bazzi.14 Lepisodio testimonia forse una divergenza
tra lattrice e il capocomico relativamente alla scelta dellopera messa in scena.
La vera affermazione della Bettini al Carignano avviene un anno dopo, tra la
fine di maggio e i primi di giugno del 1841, con la messinscena della tragedia
Iginia dAsti di Silvio Pellico, vero e proprio exploit che finalmente le fa meri-
tare un pieno riconoscimento da parte del pubblico, oltre che le vive congra-
tulazioni per via epistolare dellautore, assente al debutto.
Dalla critica allo spettacolo di Giorgio Briano emerge leffetto travolgen-
te esercitato da Amalia sugli spettatori, un effetto amplificatore delle inten-
zioni del drammaturgo: Che diremo della signora Amalia Bettini? Ella fu
dal grido universale salutata grandissima attrice; una di quelle pochissime
donne capaci di farsi interprete di un Pellico, di trascinare un intero pubbli-
co agli applausi, di reggere alla pi acuta e profonda critica. Dal primo suo
apparire sulla scena, sino alla fine, fu il vero, il reale personaggio con tanto
amore, con tanta forza descritto dal Pellico; anzi si pu dire, che lo stesso
autore avrebbe provato una nuova compiacenza per la sua creazione ove la-
vesse veduta rivivere per opera della egregia attrice. Lautore ha colorito il
carattere, la Bettini lo ha scolpito; ella ebbe dellautore una parola che pas-
sata sulle sue labbra conduceva al fremito, allapplauso, al delirio. Pareva che
lattrice volesse col vigore della sua anima, collespressione degli atti, collar-
dore del desiderio rientrare nellentusiasmo che dest quellalto lavoro; pa-
reva che un altro sentimento, non meno nobile e generoso, la infiammasse,
ed era di recare un conforto, una gioia allanima, su cui in pochi anni tan-
ti e s fieri dolori si erano accumulati. Ella fu interprete dellautore al pub-
blico, dal pubblico allautore. Descrivere a parte gli altri pregi di questa sua
rappresentazione, seguirla in que suoi atteggiamenti varj, in quei rapidi tra-
passi che leccesso di una passione immensa, combattuta, rendeva in lei pro-
fondi, subitamente veraci, cosa che non si pu significare in brevi parole.
Quando unattrice ha tocco quella eccellenza a cui giunse la signora Bettini,
il darle una lode comune sarebbe un oltraggio allarte stessa, per cui tanto si
affatica, per cui si pu dire che viva. Abbiasi per ora la nostra ammirazione,
14. G.B. Gottardi, Il diario di un primo attore della compagnia Reale Sarda, a cura di G.
Deabate, Torino, Archivio tipografico, 1899, p. 17.
231
DANIELA SAR
15. G. Briano, Iginia dAsti, tragedia di Silvio Pellico, Eridano, i, 15 giugno 1841, 10, pp.
394-397, ora in Rasi, I Comici italiani, cit., vol. i, p. 400.
16. E. Soffietti, Dramaturgia: ragionamento critico, semi-serio e semi-allegorico a proposito della
compagnia Reale, del suo repertorio e del presunto suo decadimento, Torino, Ferrero, 1841, p. 23.
232
AMALIA BETTINI
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DANIELA SAR
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AMALIA BETTINI
Scritti/Opere
Nel 1835 esce a Milano, presso lo stampatore Visai, ledizione di una traduzione
di Amalia Bettini del Quacquero e la ballerina, commedia in due atti di Eugne Scribe.
Manoscritti:
Richiesta e comunicazioni relative alla scrittura della compagnia drammatica Lucrezia Bet-
tini, 1 agosto 1829, Archivio storico del teatro Regio di Parma, Serie carteggi, 1829,
fasc. iv, Rappresentazioni, c. n.n.
Richiesta e comunicazioni relative alla scrittura della compagnia drammatica Lucrezia Bet-
tini, giugno 1830, Archivio storico del teatro Regio di Parma, Serie carteggi, 1830,
fasc. iv, Rappresentazioni, c. n.n.
A stampa:
[Senza autore], Cenni teatrali, Il Corriere delle Dame, 19 gennaio 1828, 3, p. 18.
[Senza autore], Notizie epilogate, Teatri, arti e letteratura, v, 31 gennaio 1828,
195, pp. 187-188.
[Senza autore], Teatri comici, Teatri, arti e letteratura, vi, 27 marzo 1828, 203,
pp. 34-35.
[Senza autore], Destinazione delle compagnie comiche nei diversi teatri dItalia pel car-
nevale del 1830 al 31, Teatri, arti e letteratura, viii, 2 dicembre 1830, 350, p. 108.
E. Scribe, Il quacquero e la ballerina, trad. di A. Bettini, Milano, Visai, 1835.
Z.Z., Lettera del Signor Z.Z. ai compilatori della Rivista, Rivista teatrale. Giornale
drammatico, musicale e coreografico, vol. ii, 2 novembre 1835, 11, pp. 4-6.
A. Frmy, Artistes trangers. Amalia Bettini, Revue de Paris, n.s., to. xxxv, 1836,
pp. 204-211.
[Senza autore], Biografia teatrale. Amalia Bettini, Teatri, arti e letteratura, xiv, 19
gennaio 1837, 675, pp. 153-154.
[Senza autore], Tributo di ammirazione e di affetto del pubblico cesenate alla signora Ama-
lia Bettini che lagosto MDCCCXXXIX agiva rappresentazioni sceniche nel teatro comunale
di Cesena, Cesena, Tip. Costantino Bisazia, 1839.
[F. Regli], Gazzetta teatrale-teatro Valle, Il pirata, v, 28 febbraio 1840, 70, p. 288.
F. Regli, Gazzetta teatrale-teatro Re, Il pirata, v, 13 marzo 1840, 74, p. 303.
A., Teatri, Il felsineo, i, 24 agosto 1840, 13, p. 108.
G. Briano, Iginia dAsti, tragedia di Silvio Pellico, Eridano, i, 15 giugno 1841,
10, pp. 394-397.
E. Soffietti, Dramaturgia: ragionamento critico, semi-serio e semi-allegorico a proposito del-
la compagnia Reale, del suo repertorio e del presunto suo decadimento, Torino, Ferrero, 1841.
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DANIELA SAR
[Senza autore], Amalia Bettini, Teatri, arti e letteratura, xx, 17 marzo 1842, 943,
pp. 19-20.
[Senza autore], Omaggio poetico offerto alla signora Amalia Bettini esimia attrice nella
Reale drammatica compagnia piemontese la sera del 8 febbraio 1842 in che prendeva commiato
dai torinesi, Torino, Castellazzo, [1842].
G. Fiori, Teatri, Teatri, arti e letteratura, xxi, 7 dicembre 1843, 1035, pp. 109-112.
[Senza autore], O Amalia Bettini-Minardi o prima gloria della drammatica italiana que-
ste poche pagine che i filodrammatici di Bologna [] ti offrono facendoti augurio di lunghi anni
[], Bologna, Volpe, [1843].
[Senza autore], Nota delle offerte fatte al municipio di Bologna dal d 12 aprile al 30 giu-
gno 1848, Bologna, Sassi, 1848.
F. Regli, Dizionario biografico dei pi celebri poeti ed artisti melodrammatici, tragici e co-
mici, maestri, concertisti, coreografi, mimi, ballerini, scenografi, giornalisti, impresari, ecc. ecc.
che fiorirono in Italia dal 1800 al 1860, Torino, Dalmazzo, 1860.
G. Costetti, I dimenticati vivi della scena italiana, Roma, Stabilimento tipografico
della Tribuna, 1886.
G. Costetti, La compagnia Reale Sarda e il teatro italiano dal 1821 al 1855, Milano,
Kantorowicz, 1893 (rist. anast. Bologna, Forni, 1979).
L. Rasi, I Comici italiani. Biografia, Bibliografia, Iconografia, Firenze, Bocca-Luma-
chi, 1897-1905, 2 voll.
G.B. Gottardi, Il diario di un primo attore della compagnia Reale Sarda, a cura di G.
Deabate, Torino, Archivio tipografico, 1899.
V. Tardini, I teatri di Modena: contributo alla storia del teatro in Italia, Modena, Vin-
cenzi-Forghieri Pellequi, 1899-1902, 3 voll.
G. Costetti, Il teatro italiano nel 1800. Indagini e ricordi, con prefaz. di R. Giova-
gnoli, Rocca San Casciano, Cappelli, 1901 (rist. anast. Bologna, Forni, 1978).
G. Cosentino, LArena del Sole teatro di Bologna, Bologna, Garagnani, 1903.
E. Calvi, Il teatro Valle nei sonetti di G.G. Belli, Il Messaggero, 18 gennaio 1911.
P.P. Trompeo, Stendhal e Amalia Bettini, Roma, iv, 7 luglio 1926, pp. 311-320.
E. Veo, Lamicizia di Belli per lattrice Amalia Bettini, Giornale dItalia, 14 gen-
naio 1932.
N. Leonelli, Attori tragici, attori comici, Roma, Tosi, 1940-1944, 2 voll.
A. Mezio, Gioacchino Belli e Amalia Bettini, Scenario, xi, 1 gennaio 1942, 1,
pp. 6-9.
G.G. Belli, Sonetti romaneschi di Giuseppe Gioachino Belli, a cura di R. Vighi e G.
Vergara Caffarelli, Roma, Danesi, 1944-1945, 2 voll.
H. Martineau, Petit dictionnaire stendhalien, Paris, Le Divan, 1948.
P.P. Trompeo, G.G. Belli e Amalia Bettini, lettere di amorosa amicizia, Nuova an-
tologia. Rivista trimestrale di lettere, scienze ed arti, lxxxiii, novembre 1948, vol.
cdxliv, fasc. 1775, pp. 221-242 e dicembre 1948, fasc. 1776, pp. 333-357.
G.G. Belli, I sonetti di Giuseppe Gioacchino Belli, a cura di G. Vigolo, Milano,
Mondadori, 1952, 4 voll.
Stendhal [pseudonimo di H. Beyle], Vie dHenry Brulard, Paris, Garnier, 1953.
236
AMALIA BETTINI
Repertorio
1827
Federico II re di Prussia in Slesia di autore non precisato
Gli eredi di August Friedrich Ferdinand von Kotzebue
I contrapposti di Benot Pelletier de Volmeranges
I due sergenti di Thodore Baudouin DAubigny e Auguste Maillard
Il delirante per la speranza di August Friedrich Ferdinand von Kotzebue
Il ministro donore di August Wilhelm Iffland
Il portafoglio di August Friedrich Ferdinand von Kotzebue
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DANIELA SAR
1833
I pericoli della lontananza di Augustin Eugne Scribe
1835
Agnese di autore non precisato
pazza di Mlesville [pseudonimo di Anne-Honor-Joseph Duveyrier]
Estella, ovvero Il padre e la figlia di Augustin Eugne Scribe
Glinnamorati di Carlo Goldoni
I tristi effetti di un tardo ravvedimento di Jean-Franois-Alfred Bayard
Il casino di campagna di August Friedrich Ferdinand von Kotzebue
La fedelt alla prova di August Heinrich Julius Lafontaine
La lettrice di Jean-Franois-Alfred Bayard
Malvina overo Il matrimonio dinclinazione di Augustin Eugne Scribe
Sedici anni or sono di Victor-Henri-Joseph-Brahain Ducange
1840
Alexina ossia Costanza rara di Alberto Nota
Beatrice di Tenda di Felice Turotti
I pazzi per progetto di Giovan Carlo Cosenza
Un duello ai tempi di Richelieu di Edmond Badon e Lockroy [pseudonimo di Joseph-
Philippe Simon]
Un vagabondo e la sua famiglia di Francesco Augusto Bon
Ventinove anni di Louis-Armand-Thodore e Louis-Charles-Achille DArtois de
Bournonville
1841
Alexina ossia Costanza rara di Alberto Nota
Francesca da Rimini di Silvio Pellico
Gismonda da Mendrisio di Silvio Pellico
Iginia di Asti di Silvio Pellico
Il viaggio di una donna di spirito di Giacomo Bonfio
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AMALIA BETTINI
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Emanuela Agostini
ANTONIETTA ROBOTTI
(Como, novembre 1817-Bologna, 29 agosto 1864)
Sintesi
Tra le maggiori prime attrici del XIX secolo, recita per un biennio nella
compagnia Ducale di Parma (1839-1842) e per un intero decennio (1842-1853)
nella Reale Sarda. Dal 1853, con il marito Luigi, fonda e dirige formazioni
proprie.
Biografia
5. Larticolo a firma di Angelo Brofferio, apparso su Il messaggiere del 9 aprile 1836, ora
in Cauda, A velario aperto e chiuso, cit., p. 39.
6. G. Costetti, La compagnia Reale Sarda e il teatro italiano dal 1821 al 1855, Milano,
Kantorowicz, 1893, p. 111.
7. Cfr. lelenco della compagnia del novembre 1838, in A. Stocchi, Diario del teatro Ducale
di Parma dal 1829 a tutto il 1840 compilato dal portiere al palco scenico Alessandro Stocchi, Parma, Rossi
Ubaldi, 1841.
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ANTONIETTA ROBOTTI
8. Ivi, p. 119.
9. G. Romani, Cronaca teatrale-Lucca, Glissons, nappuyons pas, vi, 15 maggio 1839, 39,
pp. 155-156, che riporta una lettera del 5 maggio.
10. A. Colomberti, Memorie di un artista drammatico, testo, introd., cronologia e note a cura
di A. Bentoglio, Roma, Bulzoni, 2004, p. 521.
11. Il brano della lettera, conservata presso la Biblioteca del Burcardo di Roma, si legge
ora ivi, p. 523 n.
243
EMANUELA AGOSTINI
Proprio Gaetano Bazzi, nel 1842, richiama i coniugi Robotti nella compa-
gnia Reale Sarda, dove Antonietta sostituisce Amalia Bettini. Questultima,
convolata a nozze, abbandona infatti la professione. Primo attore del gruppo
ancora Giovanni Battista Gottardi, mentre tra gli elementi femminili sto-
rici la Reale Sarda continua ad annoverare la servetta Rosina Romagnoli da
molti considerata lunica celebrit rimasta a questa drammatica truppa.12A
questa altezza cronologica Antonietta Robotti non dunque considerata una
celebrit, ma senza dubbio una prima attrice nel pieno delle sue forze che
sa raccogliere consensi ovunque la compagnia si presenti. Tra gli aneddo-
ti tramandati dalle fonti favorevoli allattrice per testimoniare il suo carisma
emerge quello relativo allinvaghimento da lei suscitato in Giuseppe Peracchi
durante il passaggio della Reale Sarda da Parma intorno al 1843. Lingresso
in Arte di Peracchi, al tempo giovane laureato in medicina e attore dilettante
in una filodrammatica, viene infatti attribuito al fascino della prima attrice,
per la quale avrebbe abbandonato una pi certa carriera proponendosi come
amoroso senza paga. Nel 1849, alla morte del primo attore Gottardi, sarebbe
stato proprio Peracchi a sostituirlo divenendo uno deipartnerdi scena predi-
letti dalla Robotti.
Pi chiara prova dellapprezzamento di Antonietta Robotti nella Reale Sarda
la durata della sua militanza nella compagnia. Lattrice, confermata nel ruolo
primario anche quando nel 1843 Domenico Righetti si avvicenda a Gaetano
Bazzi, mantiene questa posizione per un intero decennio, fino al 1853, anno
in cui sarebbe stata infine scalzata da Adelaide Ristori.
Tra i numerosi spettacoli allestiti dalla Robotti durante il lungo periodo
di attivit con la Reale Sarda svetta, per rinomanza dellautore molto pi che
per lefficacia scenica del testo, la prima rappresentazione dellAdelchidi Ales-
sandro Manzoni nel 1843. In questa occasione la Robotti esprime i dolori
di Ermengarda col pi profondo sentimento di una pia che muore e perdo-
na, ma la sua interpretazione non riesce comunque a salvare una scena che,
per quante bellezze di stile [vi] si trovino, considerata talmente disgiunta
dal dramma da compromettere irrimediabilmente lunit di azione, e pro-
voca pertanto il malcontento della platea: ad onta di quanto fece la Robot-
ti, a cui non manc qualche applauso, questa scena irrit tanto il pubblico.13
A causa dellesito infausto della rappresentazione la tragedia manzoniana non
rimane nel repertorio n della Reale Sarda n dellattrice. Una vasta eco ha
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ANTONIETTA ROBOTTI
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EMANUELA AGOSTINI
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ANTONIETTA ROBOTTI
21. F. Regli, Dizionario biografico dei pi celebri poeti ed artisti melodrammatici, tragici e comici,
maestri, concertisti, coreografi, mimi, ballerini, scenografi, giornalisti, impresari, ecc. ecc. che fiorirono in
Italia dal 1800 al 1860, Torino, Dalmazzo, 1860, p. 451.
22. N. Leonelli, Attori tragici, attori comici, Roma, Tosi, 1940-1944, vol. ii, p. 282.
23. Cfr. T. Viziano, Il palcoscenico di Adelaide Ristori. Repertorio, scenario e costumi di una
compagnia drammatica dellOttocento, presentazione di A. dAmico, Roma, Bulzoni, 2000, p. 143.
24. Ibid.: Adelaide Ristori a Giuseppe Montanelli, Verona, 24 settembre 1858.
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EMANUELA AGOSTINI
Famiglia
25. Leonelli, Attori tragici, attori comici, cit., vol. ii, p. 281.
26. Rossi, Quarantanni di vita artistica, cit., vol. i, p. 67.
27. In L. Rasi, I Comici italiani. Biografia, Bibliografia, Iconografia, Firenze, Bocca-Lumachi,
1897-1905, vol. ii, p. 385.
28. Rossi, Quarantanni di vita artistica, cit., vol. i, p. 67.
29. Rivedi n. 1.
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ANTONIETTA ROBOTTI
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Formazione
Interpretazione/Stile
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ANTONIETTA ROBOTTI
una donna, che vi sono delle parti che non possono sostenersi che nel fiore
della giovent?.33
Linadeguatezza della Robotti non era solo fisica: ad essere datata era soprat-
tutto la qualit della sua recitazione. Molto interessante , a questo proposito,
la testimonianza di Ernesto Rossi che con lei aveva recitato nella Reale Sar-
da. Nella sua autobiografia lattore rileva la profondit del rapporto costruito
dallinterprete con il suo pubblico, tanto da ritenere rischiosa la sua sostituzio-
ne nella compagnia, ma non si esime dal notare che la sua recitazione non si
accordava al gusto pi aggiornato: Losso duro, il chiodo, che bisognava cac-
ciare dentro, era la Robotti. Troppe cose si erano unite insieme per stabilire
una corrente simpatica fra il pubblico e lei, per poterla rompereex abrupto; la
sua bont come donna, la sua condiscendenza, la sua onest, e sia pur detto ad
onore del vero, la sua non comune abilit artistica. Il pubblico, in generale,
abituato, non vedeva pi i difetti, o, se li vedeva, li copriva con tutte le altre
qualit. Per da molti era riconosciuto, che la Robotti non era pi giovine,
che a lei pi non si attanagliavano le parti giovanili, tenere ed amorose, che il
suo metodo era alquanto antiquato. Di questi difetti il pubblico si era accorto,
dopo aver veduto altre compagnie quali, per esempio: quella della Battaglia
diretta da F[rancesco] A[ugusto] Bon, ove le prime donne erano la Sadowsky
e lArrivabene, allieve entrambe di Gustavo Modena: e le compagnie france-
si, che gi da qualche tempo si alternavano al teatro DAngennes. Quella del
Dubigny prima, poi quelle di Adler-Perrichon e Meynadier: nelle quali era
sempre una prima donna di qualche merito. Anche la Rachel era scesa in Ita-
lia nel 1851.34
Anche la drammaturgia pi congeniale allattrice indicativa della distan-
za di Antonietta Robotti dalle attrici pi giovani tra le quali svetta, oltre ad
Adelaide Ristori, Fanny Sadowsky. Mentre queste ultime si distinguono nel
dramma romantico, Antonietta Robotti continua ad eccellere in un reperto-
rio uniformato ai canoni estetici e interpretativi della precedente generazione:
Piacque pi nel classico che nel romantico o drammatico []. Ed era giusto:
Pel genere classico il pubblico pi non ricordava la Internari, la Pelzet, la
Pellandi, la Marchionni per il romantico e il drammatico, vivevano per la
Ristori e la Sadowski che erano somme entrambe, la prima nellaMaria Stuar-
da, la seconda nellaAdriana.35
Lelenco dei cavalli di battaglia della Robotti in verit eterogeneo e ben
evidenzia come Antonietta Robotti sia stata linterprete della transizione del
33. Leopoldo Br., Teatro del Cocomero, Lo Scaramuccia, i, 16 dicembre 1853, 14, pp. n.n.
34. Rossi, Quarantanni di vita artistica, cit., vol. i, p. 80.
35. Ibid.
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EMANUELA AGOSTINI
fu salamandra di castit in mezzo al fuoco della scena, per cavarsela con ono-
re da una parte nella quale il pi degli effetti scenici nellartifizio della con-
troscena muta, nelle occhiate, nei sorrisi e persino nella procace scollatura del
busto, vieppi stimolante quanto pi dissimulata sotto la trasparenza dei veli e
delle trine.43 Al contrario la Robotti, evidenziando gli aspetti piccanti del-
la parte, suscit la disapprovazione degli spettatori: che il successo di quella
commedia fosse presso che esclusivamente dovuto alla Marchionni, apparve
chiaro pi tardi, quando altre valentissime attrici vi si provarono dopo di lei.
O ne accentuassero la simulazione, come Amalia Bettini, o la procacit come
la Robotti bellissima, non approdarono che ad annoiare il pubblico, come la
prima; o, come la seconda, a farlo rumoreggiare.44
Mancanza di decoro per eccesso di fisicit pare esserle attribuita anche in oc-
casione di uno spettacolo al teatro Gallo di Venezia nel 1840: La signora Anto-
nietta Robottiprima attriceavrebbe buoni elementi per la recitazione del dramma,
ove con pi parsimonia e maggior dignit usasse delle movenze di sua avvenente
persona e non modulasse ad incessante cantilena una voce fresca, insinuante e
robusta.45Addirittura impeto grossolano quello menzionato da Vittorio Ber-
sezio (che per, nato nel 1828, non avr forse potuto apprezzare pienamente le
prove migliori della Robotti nel fiore degli anni): Antonietta Robotti bellissi-
ma, procace, ardente, aveva dalla caldezza della propria indole pregi e difetti, che
concorrevano in parte uguale ad acquistarle lentusiasmo dei pubblici: trascu-
rata, ma appassionata, un po volgare, ma impetuosa, con poco studio, ma con
una gran felicit di ispirazione e dindovinamento, esagerata, ma affascinante.46
Lavvenenza della persona e la tendenza ad esagerare sono confermate da
molte testimonianze. Alla prima qualit fa riferimento Francesco Regli che
ricorda anche lentusiasmo che la Robotti riusciva a suscitare negli spettatori:
Bellissima nella persona, con due occhi che ti cercavano il cuore, con unani-
ma che vivamente sentiva, non senza intelligenza, non senza istruzione, nata e
fatta per le scene, eccitava continui clamori in tutti i teatri in cui si presentava,
ed era la delizia e la simpatia dei pubblici i pi capricciosi e severi.47
Per quanto riguarda leccessiva enfasi, gli articoli dellepoca la segnalano
frequentemente, ma diversamente da quanto affermato da Bersezio non sem-
43. G. Costetti, Il teatro italiano nel 1800. Indagini e ricordi, Rocca San Casciano, Cappelli,
1901, pp. 74-75.
44. Ivi, p. 75.
45. G. Podest, Cronaca teatrale-Venezia [30 settembre 1840], Glissons, nappuyons pas, vii,
5 ottobre 1840, 80, p. 320.
46. V. Bersezio,Il regno di Vittorio Emanuele II. Trentanni di vita italiana, Roma-Torino-
Napoli, Roux e C., 18892, vol. i, p. 206.
47. In Cauda, A velario aperto e chiuso, cit., pp. 40-41.
254
ANTONIETTA ROBOTTI
255
EMANUELA AGOSTINI
256
ANTONIETTA ROBOTTI
Manoscritti:
A stampa:
257
EMANUELA AGOSTINI
G. Costetti, La compagnia Reale Sarda e il teatro italiano dal 1821 al 1855, Milano,
Kantorowicz, 1893 (rist. anast. Bologna, Forni, 1979).
L. Rasi, I Comici italiani. Biografia, Bibliografia, Iconografia, Firenze, Bocca-Luma-
chi, 1897-1905, 2 voll.
G.B. Gottardi, Il diario di un primo attore della compagnia Reale Sarda, a cura di G.
Deabate, Torino, Archivio tipografico, 1899.
G. Costetti, Il teatro italiano nel 1800. Indagini e ricordi, con prefaz. di R. Giova-
gnoli, Rocca San Casciano, Cappelli, 1901 (rist. anast. Bologna, Forni, 1978).
G. Deabate, I comici di Sua Maest, Torino, Tipografia della Gazzetta del popolo, 1905.
L. Rasi, Catalogo generale della raccolta drammatica italiana di Luigi Rasi, Firenze, Lar-
te della stampa-successori Landi, 1912.
G.Cauda, A velario aperto e chiuso. Figure, tipi, impressioni, confronti, aneddoti, indi-
scretezze, liete promesse, Chieri, Astesano, 1920.
N. Leonelli, Attori tragici, attori comici, Roma, Tosi, 1940-1944, 2 voll.
S. Cordero di Pamparato, Teatri e censura in Piemonte nel Risorgimento italiano
(1849-1861), Il Risorgimento italiano, vol. xiv, gennaio-giugno 1941, 26-27, p. 137.
B.Brunelli, Robotti-Rocchi, Antonietta, inEnciclopedia dello spettacolo, Roma, Le
Maschere, 1959, vol. vi, coll. 1606-607.
L.Sanguinetti, La compagnia Reale Sarda (1820-1855), Bologna, Cappelli, 1963.
S. Ferrone, Introduzione a Il teatro italiano. La commedia e il dramma borghese dellOt-
tocento, a cura di S. F., Torino, Einaudi, 1979, vol. v, to. i, pp. vii-lxix.
F.Possenti, I teatri del primo Novecento, Roma, Lucarini, 1984.
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Baldini & Castoldi, 1995.
A. Manzoni, Le tragedie, a cura di G. Tellini, Roma, Salerno editrice, 1996, pp.
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T. Viziano, Il palcoscenico di Adelaide Ristori. Repertorio, scenario e costumi di una com-
pagnia drammatica dellOttocento, presentazione di A. dAmico, Roma, Bulzoni, 2000.
A. Camaldo, Alberto Nota, drammaturgo (con il testo di otto commedie inedite), Ro-
ma, Bulzoni, 2001.
A. Colomberti, Memorie di un artista drammatico, testo, introd., cronologia e note
a cura di A. Bentoglio, Roma, Bulzoni, 2004.
C.Bettinelli, RobottiRocchi, Antonietta, inPrime attrici e primi attori. Storie di attori
lombardi fra Settecento e Ottocento, a cura di A.M. Testaverde, ricerche di C. Betti-
nelli e M. Gorla, Bergamo, Bergamo University Press-Sestante, 2007, pp. 146-147.
A. Colomberti, Dizionario biografico degli attori italiani. Cenni artistici dei comici ita-
liani dal 1550 al 1780, compilati dallartista comico Francesco Bartoli e dallattore Antonio
Colomberti continuati fino al 1880, testo, introd. e note a cura di A. Bentoglio, Ro-
ma, Bulzoni, 2009, 2 voll.
S. Sollazzi, Profilo biografico-artistico di una Prima attrice dellOttocento, tesi di lau-
rea in Storia del teatro e dello spettacolo, Universit degli studi di Firenze, Corso di
laurea in Progettazione e gestione di eventi e imprese dellarte e dello spettacolo, a.a.
2013-2014 (relatrice: prof. Francesca Simoncini).
258
ANTONIETTA ROBOTTI
Repertorio
1836
Pia de Tolomei di Carlo Marenco
Un anno di [ Jacques-Arsne-Franois-Polycarpe?] Ancelot
1837
Vittorina ossia Le conseguenze di una scommessa di Giacinto Battaglia
1838
Alexina ossia Costanza rara di Alberto Nota
Estella, ovvero Il padre e la figlia di Augustin Eugne Scribe
Fratello e sorella di Augustin Eugne Scribe
Giovanna I regina di Napoli di Giacinto Battaglia
Glinnamorati di Carlo Goldoni
I due metodi di autore non precisato
Il budjet dei giovani sposi di Augustin Eugne Scribe
Il furfantello di Parigi di Jean-Franois-Alfred Bayard e Emile-Louis Vanderburch
Il povero Giacomo di Hippolyte e Charles-Thodore Cogniard
Il romanzetto dunora di Lodovico Piossasco
La croce doro di Mlesville [pseudonimo di Anne-Honor-Joseph Duveyrier]
La giovane al momento di maritarsi di autore non precisato
Le baruffe chiozzotte di Carlo Goldoni
Madame di Saint Agns di Augustin Eugne Scribe
Niente di male di Francesco Augusto Bon
Pap Goriot, ovvero Una lezione ai padri di Marie-Emmanuel-Guillaume-Marguerite
Thaulon de Lambert, Alexis-Barbe-Benot Decomberousse e Jean-Franois-Er-
nest Jaime
Rosina e il suo tutore di autore non precisato
Un capolavoro sconosciuto di Charles Lafont
Un curioso accidente di Carlo Goldoni
1839
Eulalia Granger ovvero Ancora un matrimonio disuguale di Michel-Nicolas Balisson de
Rougemont
I due matrimoni ovvero La rassegnata di Jean-Franois-Alfred Bayard
Il casino venduto e ricomperato ossia Lappuntamento di Jacques-Arsne-Franois-Polycar-
pe Ancelot
Il domino nero di Augustin Eugne Scribe
Il furfantello di Parigi di Jean-Franois-Alfred Bayard e Emile-Louis Vanderburch
Labate de lEpe di Jean-Nicolas Bouilly
Malvina overo Il matrimonio dinclinazione di Augustin Eugne Scribe
Parisina di Antonio Somma
259
EMANUELA AGOSTINI
1840
Marino Faliero di Giulio Pull
1841
Caterina Haward di Alexandre Dumas pre
Cesare e Augusto di Augustin Eugne Scribe
Chiara ossia Dovere e generosit di Marguerite-Louise-Virginie Ancelot
Di sospetto in sospetto o Tutti compromessi di autore non precisato
Due case in una casa di Louis-Benot Picard, Alexis-Jacques-Marie Vafflard e Fulgen-
ce-Joseph-Dsir de Bury
Felice come una principessa di Mlesville [pseudonimo di Anne-Honor-Joseph
Duveyrier]
Galeotto Manfredi di autore non precisato
Il birichino di Parigi di Jean-Franois-Alfred Bayard e mile-Louis Vanderburch
Il cavaliere di San Germano di autore non precisato
Il genio della notte di Jean-Franois-Alfred Bayard e tienne Arago
Il marito della cieca di autore non precisato
Il matrimonio di Luigi di Jean-Franois-Alfred Bayard
Il proscritto di Frdric Souli e Timothe Dehay
La calunnia di Augustin Eugne Scribe
La cognata di Mlesville [pseudonimo di Anne-Honor-Joseph Duveyrier]
La fedelt alla prova di August Heinrich Julius Lafontaine
Le donne avvocate di Simeone Antonio Sografi
Luisa moglie e fidanzata di Frdric Souli
Madamigella di Belle-Isle di Alexandre Dumas pre
Maria Stuarda di Friedrich Schiller
Pamela nubile di Carlo Goldoni
Paolina ovvero Il testamento di una povera donna di Victor-Henri-Joseph-Brahain Ducange
Paolo James il corsaro generoso, ossia Il figlio della vittima di Alexandre Dumas pre
Pia de Tolomei di Carlo Marenco
Un vagabondo e la sua famiglia di Francesco Augusto Bon
1842
Amore o morte di autore non precisato
Carlo Goldoni a Parigi di Domenico Righetti
Cristoforo Colombo ovvero La scoperta del nuovo mondo di Giorgio Briano
Edoardo e Clementina di Laurencin [pseudonimo di Paul-Adolphe Chapelle]
Enrico Hamlin di Charles-Emile Souvestre
I Correggeschi di Parma di Pietro Corelli
260
ANTONIETTA ROBOTTI
1843
Adelchi di Alessandro Manzoni
1844
Genio dei vagabondi di Vittorio Alfieri
Mirra di autore non precisato
1846
Adalberto allassedio della Rocella di Achille Montignani
Il fornaretto di Francesco DallOngaro
Il proscritto di Frdric Souli e Timothe Dehay
La zingara, o LAmerica nel 1775 di Augustin Eugne Scribe e Mlesville [pseudonimo
di Anne-Honor-Joseph Duveyrier]
261
EMANUELA AGOSTINI
1847
Educazione e natura ovvero La figlia in adozione di Alberto Nota
1852
Il cuore di una madre di autore non precisato
La signora dalle camelie di Alexandre Dumas fils
1853
Il vetturale del Monte Cenisio di Joseph Bouchardy
La donna in seconde nozze di Paolo Giacometti
Sior Todero Brontolon di Carlo Goldoni
1854
Camoens di Leone Fortis
Cuore ed arte di Leone Fortis
Goldoni e le sue sedici commedie nuove di Paolo Ferrari
La notte di Venerd Santo di Paolo Giacometti
1857
Clelia o la Plutomania di Gaetano Gattinelli
Edmondo Dants il marinajo di Alexandre Dumas pre e Auguste Jules Maquet
Elisabetta regina dInghilterra di Paolo Giacometti
Filippo Maria Visconti ultimo duca di Milano di autore non precisato
I due sergenti di Thodore Baudouin DAubygny e Auguste Maillard
Medea di Ernest Legouv
Merope di Vittorio Alfieri
Sior Todero Brontolon di Carlo Goldoni
1858
Elisabetta regina dInghilterra di Paolo Giacometti
I giornali di Giuseppe Vollo
262
INDIZI DI PERCORSO E PROGETTI
Gianluca Stefani
1. Propongo qui una essenziale bibliografia: J. von Derschau, Sebastiano Ricci: ein Beitrag zu
den Anfngen der venezianischen Rokokomalerei, Heidelberg, K. Winters Universittsbuchhandlung,
1922; R. Pallucchini, Studi ricceschi (I). Contributo a Sebastiano, Arte veneta, vi, 1952, pp. 63-
84; Atti del congresso internazionale di studi su Sebastiano Ricci e il suo tempo (Udine, 26-28 maggio
1975), a cura di A. Serra, Milano, Electa, 1976; J. Daniels, Sebastiano Ricci, Hove, Wayland
Publishers, 1976; Lopera completa di Sebastiano Ricci, a cura di Id., Milano, Rizzoli, 1976; L.
Moretti, Documenti e appunti su Sebastiano Ricci (con qualche cenno su altri pittori del Settecento),
Saggi e memorie di storia dellarte, 1978, 11, pp. 95-125; Sebastiano Ricci, catalogo della mostra
a cura di A. Rizzi, presentazione di G. Bergamini (Udine, 25 giugno-31 ottobre 1989), Milano,
Electa, 1989; F. Montecuccoli degli Erri, Sebastiano Ricci e la sua famiglia. Nuove pagine di vita
privata, Atti dellIstituto veneto di scienze, lettere ed arti. Classe di scienze morali, lettere ed
arti, clvii, 1994-1995, 1, to. 153, pp. 105-154; A. Scarpa, Sebastiano Ricci, Milano, Alfieri, 2006;
L. Moretti, Miscellanea riccesca, in Sebastiano Ricci 1659-1734. Atti del convegno internazionale di
studi (Venezia, 14-15 dicembre 2009), a cura di G. Pavanello, Verona, Scripta, 2012, pp. 71-136.
2. Nella gerarchia dei pittori di Antico regime, quelli di figura occupavano il gradino
pi alto.
3. Cfr. Moretti, Miscellanea riccesca, cit., p. 71. Scrive Luigi Lanzi: Sebastiano Ricci, che
i Veneti scrivon Rizzi (Storia pittorica della Italia dal risorgimento delle belle arti fin presso al fine del
XVIII secolo [1795-1796], a cura di M. Capucci, Firenze, Sansoni, 1968-1974, vol. ii [1970], p.
170). Moretti sostiene che il vero cognome di Sebastiano fosse Rizzi, e non Ricci, ipercorret-
tismo toscano di un cognome tuttora diffuso nellItalia del centro-nord (cfr. Miscellanea riccesca,
cit., p. 71). Sulle varianti del cognome cfr. O. Ceiner, Sulle origini della famiglia di Sebastiano Ricci,
in Sebastiano Ricci tra le sue Dolomiti, catalogo della mostra a cura di M. Mazza e G. Galasso
(Belluno e Feltre, 30 aprile-29 agosto 2010), Belluno, Provincia di Belluno Editore, 2010, p. 17.
4. Sebastiano Ricci fu consulente e procacciatore di opere darte per Ferdinando de Medici
(cfr. Lettere artistiche del Settecento veneziano. i, a cura di A. Bettagno e M. Magrini, Vicenza, Neri
cale. Il bellunese Ricci fu impresario dopera nel circuito delle sale pubbliche
della Serenissima, sia pure non a tempo pieno, compatibilmente con lattivit
principale di depentore.5
Fin dagli studi di Luigi Ferrari, si sa che il settantenne pittore aveva assun-
to la conduzione del teatro di san Cassiano nella stagione 1728-1729, insieme
al soprano Faustina Bordoni.6 In un contributo apparso nel 1978 nella rivista
Saggi e memorie di storia dellarte, Lino Moretti pubblicava un documento
notarile che accertava il suo impresariato al teatro di santAngelo un decen-
nio prima, nel 1719.7 Recentemente, grazie alle ricerche archivistiche di Mi-
cky White e Beth L. Glixon, si sono allargati ulteriormente gli orizzonti di
una militanza teatrale che si riteneva pi circoscritta, anticipandola al biennio
1705-1706, sempre al SantAngelo.8
Rimandando a una specifica monografia la pubblicazione integrale delle inedite
carte sullattivit impresariale di Ricci da me rintracciate allArchivio di stato di
Pozza, 2002, pp. 14-22 e 25-27, lettere 1-12 e 15; sul mecenatismo del Gran Principe v. soprattutto
L. Spinelli, Il principe in fuga e la principessa straniera. Vita e teatro alla corte di Ferdinando de Medici e di
Violante di Baviera [1657-1731], Firenze, Le Lettere, 2010). Va detto che non solo Sebastiano Ricci,
ma molti artisti coevi operavano come agenti darte. Una condizione di meticciato che inizier a
declinare poco a poco con lemergere della figura del conoscitore di professione (cfr. F. Del Torre,
Sebastiano Ricci, Ferdinando di Toscana e altri corrispondenti, in Lettere artistiche, cit., pp. 8-9).
5. Sul mestiere di impresario cfr. almeno J. Rosselli, Limpresario dopera (1984), Torino,
EDT, 1985; F. Piperno, Il sistema produttivo, fino al 1780, in Storia dellopera italiana, a cura di L.
Bianconi e G. Pestelli, iv. Il sistema produttivo e le sue competenze, Torino, EDT, 1987, pp. 1-75.
6. Cfr. L. Ferrari, Labate Antonio Conti e Madame De Caylus, Atti del reale Istituto veneto
di scienze, lettere ed arti, xciv, 1934-1935, 2, p. 18, n. 1.
7. Cfr. Venezia, Archivio di stato (di qui in avanti ASV), Notarile. Atti, b. 12249, c. 251r.
(antica numerazione), Venezia, 24 febbraio 1718 more veneto (dora in poi m.v.), atti del notaio
Giorgio Maria Stefani, in Moretti, Documenti e appunti, cit., p. 111. In queste pagine utilizzer
il calendario corrente, specificando in nota le date secondo il more veneto.
8. Cfr. B.L. Glixon-M. White, Creso tolto a le fiamme: Girolamo Polani, Antonio Vivaldi
and Opera Production at the Teatro S. Angelo, 1705-1706, Studi vivaldiani, viii, 2008, pp. 3-19.
Sul famoso teatro veneziano, ubicato in corte dellAlbero, cfr. almeno: C. Ivanovich, Memorie
teatrali di Venezia (1681), a cura di N. Dubowy, Lucca, LIM, 1993, pp. 400-401 e 412; N.
Tessin the Younger, Travel Notes 1673-77 and 1687-88, a cura di M. Laine e B. Magnusson,
Stockholm, Nationalmuseum, 2002, pp. 363-364; I teatri pubblici di Venezia (secoli XVII-XVIII),
mostra documentaria e catalogo a cura di L. Zorzi et al. (Venezia, 22 settembre-11 ottobre
1971), Venezia, La Biennale, 1971, passim; N. Mangini, I teatri di Venezia, Milano, Mursia,
1974, pp. 73-76, 132-137; F. Mancini-M.T. Muraro-E. Povoledo, I teatri del Veneto, i. to.
ii. Venezia e il suo territorio. Imprese private e teatri sociali, Venezia, Regione del Veneto, Giunta
regionale-Corbo e Fiore, 1996, pp. 3-62; M. Talbot, A Venetian Operatic Contract of 1714, in
The Business of Music, a cura di M. T., Liverpool, Liverpool University Press, 2002, pp. 10-61; E.
Selfridge-Field, A New Chronology of Venetian Opera and Related Genres, 1660-1760, Stanford,
Stanford University Press, 2007, passim.
264
SEBASTIANO RICCI IMPRESARIO
9. Questo articolo tratto dalla mia tesi dottorale Sebastiano Ricci impresario dopera (1694-
1729), Universit degli studi di Firenze, Dottorato di ricerca in Storia dellarte e Storia dello
spettacolo, xxvi ciclo, 2014, tutor prof. Stefano Mazzoni, in corso di stampa (Firenze University
Press). Colgo loccasione per rivolgere al mio tutor e maestro i pi affettuosi ringraziamenti.
10. Sul pittore, disegnatore, caricaturista e scenografo Marco Ricci cfr. almeno: A.
Blunt-E. Croft-Murray, Venetian Drawings of the Seventeenth and Eighteenth Centuries in the
Collection of Her Majesty the Queen at Windsor Castle, London, Phaidon, 1957; Marco Ricci, catalo-
go della mostra a cura di G.M. Pilo, con un saggio di R. Pallucchini (Bassano del Grappa, 1
settembre-10 novembre 1963), Venezia, Alfieri, 1963; A. Scarpa Sonino, Marco Ricci, Milano,
Berenice, 1991; Marco Ricci e il paesaggio veneto del Settecento, catalogo della mostra a cura di D.
Succi e A. Delneri (Belluno, 15 maggio-22 agosto 1993), Milano, Electa, 1993.
11. Cfr. Moretti, Documenti e appunti, cit., p. 111.
12. Cfr. Daniels, Sebastiano Ricci, cit., p. xv; Scarpa, Sebastiano Ricci, cit., pp. 151-153; G.
Galasso, Gli affreschi della villa Belvedere, in Sebastiano Ricci tra le sue Dolomiti, cit., pp. 45-49; E.
Lucchese, Belluno. Villa vescovile detta di Belvedere, in Gli affreschi nelle ville venete. Il Settecento, a
cura di G. Pavanello, Venezia, Marsilio, 2011, pp. 105-109, scheda 18.
13. I libretti in questione, pubblicati dalleditore veneziano Marino Rossetti, sono: Lamor di
figlia di Giovanni Andrea Moniglia, musica di Giovanni Porta; Amalasunta di Giacomo Gabrieli,
musica di Fortunato Chelleri; Il pentimento generoso di Domenico Lalli, musica di Andrea Stefano
Fior. la prima volta che Marco Ricci accreditato a Venezia come scenografo. Dopo aver
lavorato a Londra al Queens Theatre, a Haymarket, come pittore di scena (1709-1710), ritro-
veremo il Ricci jr ancora attivo in questo ruolo a Venezia al San Giovanni Grisostomo, nel
carnevale 1726, affiancato da Romualdo Mauro. Per i libretti citati v. qui anche note 25, 27, 61.
14. Cfr. Glixon-White, Creso tolto a le fiamme, cit. Per una relazione pi approfondita
sullattivit di Ricci al SantAngelo in quella stagione rinvio al mio libro di prossima pubblica-
zione (rivedi n. 9).
265
GIANLUCA STEFANI
Il signor Modotto una volta Padron di Peate voga a due remi fuor del costume. Questo
Impressario in SantAngelo e gettato il feraiolo favorisce il Signor Orsatto condu-
cendolo a casa con le provigioni sudette.17
266
SEBASTIANO RICCI IMPRESARIO
20. Quella del procuratore incaricato di riscuotere gli affitti dei palchi era una figura codi-
ficata del sistema teatrale veneziano (cfr. R. Giazotto, La guerra dei palchi [prima serie], Nuova
rivista musicale italiana, i, 1967, 2, p. 286; B.L. Glixon-J.E. Glixon, Inventing the Business of
Opera. The Impresario and His World in Seventeenth-Century Venice, Oxford, Oxford University
Press, 2006, pp. 30-33). Pare che, almeno negli anni Settanta del Seicento, certi procuratori non
fossero retribuiti direttamente dallimpresario o dai proprietari dei teatri, ma contassero sulle
mance degli affittuari dei palchi (cfr. ivi, pp. 30-31).
21. ASV, Notarile. Atti, b. 12249, cc. 175r.-v. (antica numerazione), Venezia, 16 dicembre
1718 (protocolli del notaio Giorgio Maria Stefani).
22. Cfr. n. 7.
23. Cfr. ASV, Inquisitori di Stato, b. 914, fasc. Case di gioco e teatri, sottofasc. S. Angelo,
c. 1v., Venezia, 11 dicembre 1714. Il lungo contratto, stipulato tra i compatroni del teatro di
267
GIANLUCA STEFANI
268
SEBASTIANO RICCI IMPRESARIO
Il Sig[no]r Sebastian Rizzi Pittor in questa Citt, facendo come Conduttore, sive
Patrone del Teatro di S. Angelo, spontaneam[en]te costituisce suo Proc[urato]re, e
Commesso legitimo il Sig[no]r Domenico Viola Agente delli N.N. H.H. Tron ben-
ch absente etc. poter nome suo riscuotter, ricever, e conseguir da tutti, e cadau-
ni Affittuali de Palchi di d[ett]o Teatro di S. Angelo tutti li Affitti corsi, e maturati,
facendo di quanto riscuotter le debite ricevute e cautioni; et in caso di renitenza al
pagamento giudiciariamente astringer, facendo perci qualunque comparsa, essecu-
tione, et Atti che ricercasse il bisogno.29
Il soprano turrinese
ha Domenico Viola
in cui spera al fin del mese
che sia uomo di parola.33
Come vedremo, Viola fu cassiere del SantAngelo anche nella stagione ricce-
sca: a lui i professionisti dello spettacolo si rivolgevano per ottenere la sospirata
paga (al pari della star torinese della satira).34 Pi che uomo di riferimento di
29. ASV, Notarile. Atti, b. 12249, c. 251r. (antica numerazione), Venezia, 24 febbraio 1718
m.v. (protocolli del notaio Giorgio Maria Stefani); cit. in Moretti, Documenti e appunti, cit., p.
111 (e rivedi n. 7). Sgombrando il campo da possibili fraintendimenti (cfr. Scarpa, Sebastiano
Ricci, cit., p. 57, n. 218), precisiamo che nel gergo notarile del tempo la formula bench absen-
te stava a indicare che il soggetto interessato era assente al momento della rogazione dellatto.
Nel nostro caso, con tale formula si specificava che Viola, pur non presente, dava il suo assenso.
30. Fu nominato procuratore dai Tron il 24 febbraio 1696 m.v., come si legge in un do-
cumento seriore inedito: ASV, Notarile. Atti, b. 1742, cc. 115v.-117v., Venezia, 19 aprile 1709
(protocolli del notaio Pietro Paolo Bonis).
31. Su Domenico Viola cfr. G. Vio, Una satira sul teatro veneziano di SantAngelo datata febbraio
1717, Informazioni e studi vivaldiani, x, 1989, p. 110.
32. Cfr. ibid.
33. Racolta di satire in lingua venetiana fatte da soggeto diversi. Tomo VII, ms., Venezia, Biblioteca
del museo Correr, Codice Cicogna, n. 1178, c. 175v. (cit. ivi, p. 104).
34. Si veda quanto si dir pi avanti.
269
GIANLUCA STEFANI
Ricci, Viola era, dunque, un fedelissimo dei Marcello, dei Capello e degli altri
compatroni del teatro. Da costoro fu probabilmente caldeggiato il suo nome
a Ricci per lingrata incombenza di estorcere gli affitti dalle tasche dei ritar-
datari. Inseguire i palchettisti insolventi non era compito facile, n esente da
rischi: documentato che, nel gennaio del 1662, un certo Stefano Galinazza,
agente al San Luca, fu pugnalato vicino a casa da uomini mascherati.35 E po-
tremmo citare altri esempi.36 Ci voleva una certa tempra per far da procuratore,
e Viola doveva averne, al pari di altri colleghi patentati. Si guardi, ad esem-
pio, alla faccia da sgherro di Piero Balbi detto Franzifava in una caricatura
di Anton Maria Zanetti (fig. 2).37 Lidentificazione del disegno col Balbi qui
avanzata per la prima volta: la galleria delle caricature zanettiane si arricchisce
di un altro professionista orbitante nel sistema dei teatri veneziani. Franzifa-
va era colui che affittava li palchi e scagni nel Teatro di opera che si fa in S.
Moise:38 il minaccioso cipiglio del ritratto zanettiano, certamente identificabile
con il solerte agente di Almor Giustinian,39 riporta allattenzione della critica
un personaggio altrimenti condannato al dimenticatoio, destinato tuttal pi
a venire a galla in qualche registro di cassa o in qualche notifica giudiziaria.
Che Domenico Viola avesse effettivamente agito per conto di Sebastia-
no Ricci nella riscossione degli affitti stagionali dei palchi lo prova un altro
inedito in data 4 aprile 1719: Cassa detta ducati 10 = Contadi a Dom[eni]co
Viola Proc[urato]re di Sebastian Rizzi per affitto del Palco pepian n. 26 nel
Teatro di SantAngelo per il Carnevale pass[a]to.40 Lestratto desunto da uno
dei capitoli delle spese diverse estraordinarie annotate nei registri di cassa
del nobiluomo Girolamo Ascanio Giustinian.41 Tali registri sono solo parzial-
35. Cfr. ASV, Consiglio di dieci, Criminal, b. 94, n. 1661, Venezia, [datazione non specifi-
cata], doc. cit. in Glixon-Glixon, Inventing the Business of Opera, cit., p. 33.
36. Cfr. ibid.
37. Venezia, Fondazione Giorgio Cini, Gabinetto dei disegni e delle stampe, Album
Zanetti, f. 39, inv. 36615 (cfr. Caricature di Anton Maria Zanetti, catalogo della mostra a cura di
A. Bettagno [Venezia, 1969], presentazione di G. Fiocco, Vicenza, Neri Pozza, 1969, p. 81,
scheda 215; e segnalo limminente pubblicazione per lineadacqua del catalogo delle caricature
dellalbum Cini a cura di E. Lucchese). Sul lato destro della caricatura si legge la scritta auto-
grafa di Zanetti: Franzifava.
38. ASV, Capi del Consiglio di dieci, Notatorio, Filze, f. 44, fasc. a. 1728, c. n.n., 11 febbra-
io 1728 m.v. (il documento inedito).
39. Piero Franzifava era lagente di Almor Giustinian e della sua famiglia, allora proprie-
tari del teatro di san Mois.
40. ASV, Ospedali e luoghi pii, Registri, b. 1002, c. 232b, alla data.
41. Patrizio veneziano, amante delle lettere, dilettante di violino, Girolamo Ascanio
Giustinian (1697-1749) studi musica con Giuseppe Tartini. Il nobiluomo pass alla storia so-
prattutto per la sua collaborazione allEstro armonico-poetico di Benedetto Marcello (1724-1726):
sua la parafrasi in italiano dei primi cinquanta salmi. Lo stesso Giustinian fu anche dedicatario
270
SEBASTIANO RICCI IMPRESARIO
mente noti.42 Il merito della loro scoperta si deve a Gastone Vio, il quale, in
un articolo di qualche decennio fa, segnalava lesistenza dei registri contabi-
li (e dei corrispettivi giornali di cassa), appartenuti ai Giustinian del ramo di
Calle delle Acque, conservati nel fondo degli Ospedali e luoghi pii allArchivio
di stato di Venezia.43 Lestinzione del ramo della famiglia con la morte di due
discendenti femmine aveva legittimato alla successione delleredit lospeda-
le degli Incurabili e quello della Piet, secondo le disposizioni testamentarie
dellultimo rampollo di quella casata.44
I registri in questione, compilati da Giovanni Andrea Cornello, segreta-
rio amministrativo di Girolamo Ascanio, sono una fonte preziosa per la sto-
ria dei teatri veneziani a questaltezza cronologica. Vi si trovano annotati,
tra le spese sostenute dal nobiluomo, anche pagamenti relativi a maschere e
bollettini teatrali,45 nonch le somme versate per laffitto dei palchi acquisiti
dai Giustinian per via ereditaria o noleggiati per la stagione. Notevoli anche
le notizie sui costi dei palchi (e dei bollettini) e sui nomi dei destinatari dei
pagamenti. Se, in questultimo caso, sono ripetitivi i dati rispetto ai teatri
canonici, dove si sa in linea di massima chi riscuoteva gli affitti (Domenico
Viola confermato uomo di fiducia dei Tron, mentre Pietro Balbi e il conte
Antonio Frigimelica sono i rispettivi incaricati per il San Mois e il San Sa-
muele), pi interessanti sono le informazioni circa il SantAngelo. Scorren-
do i registri possibile ricomporre la sequenza di chi, di volta in volta, ebbe
il compito di riscuotere dal Giustinian (o da chi per lui) la somma dovuta
per il palco numero ventisei, a pepiano, posseduto da quella nobile famiglia.
Certe stagioni a batter cassa erano i compatroni, certe altre nei casi per
noi pi fortunati gli impresari o i loro procuratori. Una documentazione
di Cassandra, cantata composta dallo stesso Marcello su testo poetico di Antonio Conti (sul
Giustinian cfr. in partic. G. Vio, Note biografiche su Girolamo Ascanio Giustinian, in Benedetto
Marcello: la sua opera e il suo tempo. Atti del convegno internazionale [Venezia, 15-17 dicembre
1986], a cura di C. Madricardo e F. Rossi, Firenze, Olschki, 1988, pp. 61-74; M. Talbot, The
Vivaldi Compendium, Woodbridge, The Boydell Press, 2011, pp. 89-90, s.v.).
42. Cfr. per tutti ibid. Molti studi di settore ignorano lesistenza di questa preziosa fonte, o
perlomeno non la tengono in debito conto.
43. Cfr. Vio, Note biografiche, cit.
44. Cfr. ASV, Notarile. Testamenti, b. 233, cedole 116 e 117, Venezia, rispettivamente alle
date 9 agosto e 28 settembre 1790 (testamenti del notaio Giovanni Battista Capellis); cit. ivi,
pp. 72-74.
45. In data 14 ottobre 1727, ossia prima dellinizio della stagione, Giustinian acquistava
dallallora impresario del SantAngelo Gerolamo Gentillini un pacchetto di cinquantadue bi-
glietti per tutte le sere (ASV, Ospedali e luoghi pii, Registri, b. 1004, c. 240b, alla data). Il che
indurrebbe a pensare che il numero totale delle recite fosse solitamente fissato in anticipo (cfr.
Talbot, Tomaso Albinoni, cit., p. 197). Vedi anche quanto si dir pi avanti.
271
GIANLUCA STEFANI
Verso le 3 ore e mezza di sabbato sera si sent [] una terribil scossa di terremoto,
che dur lo spazio dun Credo [] e pi dogni altro luogo si sent alli teatri dello-
pere, e comedie, da quali fuggirono le persone, li comici bassarono subito il telone.50
46. Cfr. ivi, p. 195 e n. 8.; Id., The Vivaldi Compendium, cit., pp. 89-90, s.v. Giustiniani,
Girolamo Ascanio.
47. Segnalata nel menzionato articolo di Vio (Note biografiche, cit., p. 62, n. 5).
48. Cfr. ASV, Ospedali e luoghi pii, Registri, b. 1002, c. 232b, alla data. A venti ducati
ammontava laffitto intero di un palco a pepiano nel teatro di santAngelo.
49. Cfr. ASV, Ospedali e luoghi pii, Registri, b. 1002, c. 295a, 21 agosto 1720 (documento inedito).
50. Il Bologna era un notiziario a stampa, uscito dai torchi felsinei fin dal 1645 e poi edi-
to, con continuit, dal 1678 al 1796 (cfr. E. Selfridge-Field, Song and Season: Science, Culture,
and Theatrical Time in Early Modern Venice, Stanford, Stanford University Press, 2007, p. 318 e n.
33). Lestratto qui proposto trascritto in Id., A New Chronology, cit., p. 344, n. 322. Analogo
resoconto sullevento sismico si legge nei dispacci del nunzio pontificio a Venezia (cfr. Citt del
Vaticano, Biblioteca Apostolica, Archivio segreto, Nunziatura di Venezia, n. 169, c. 23, Venezia,
14 gennaio 1719).
51. Gran parte delle copie degli Avvisi di Venezia conservata presso la Biblioteca del
museo Correr (Codice Cicogna, n. 1995) e alla Marciana di Venezia (Cod. It. vi, 74 [=5837]).
272
SEBASTIANO RICCI IMPRESARIO
e nella stessa sera [santo Stefano] si riaprirono tutti li ridotti, e Teatri delle Comedie
et opere, et in quello S. Gio: Grisostomo and in scena il nuovo Drama intitolato Il
Lamano, e nella sera seguente and pure in scena allaltro S. Angelo lAmalasunta.56
Allepoca, i foglietti con le notizie erano esposti nelle farmacie, nelle distillerie, nei negozi di
barbiere e, a partire circa dal 1720, nelle botteghe di caff dove ci si riuniva per discutere le
notizie del giorno (cfr. Selfridge-Field, Song and Season, cit., pp. 312-314).
52. Si sa che i dispacci partivano su una chiatta da Rialto ogni sabato, dopo le due ore
venete (ossia dopo il tramonto). I bollettini erano distribuiti in Terraferma per mezzo di una
serie di corrieri. Viste le incombenti difficolt sui tragitti di comunicazione, la sopravvivenza
degli Avvisi risulta per lo pi irregolare e lacunosa (cfr. Selfridge-Field, A New Chronology,
cit., p. 41).
53. Poich necessitavano dellapprovazione degli inquisitori di Stato, gli Avvisi sono con-
servati allASV nel fondo dedicato a questa speciale magistratura. Gli inquisitori, istituiti nel
1539, erano tre: due membri erano scelti nei ranghi del consiglio dei Dieci (i cosiddetti neri)
mentre un componente veniva dal corpo dei consiglieri personali del doge (il rosso). Tale
magistratura si occupava, tra le altre cose, della difesa dellordine pubblico ed ebbe perci voce
in capitolo anche in materia di spettacoli (cfr. G. Comisso, Agenti segreti veneziani nel Settecento
[1705-1797], Milano, Bompiani, 1941, pp. 5-13; E. Selfridge-Field, Pallade Veneta. Writings
on Music in Venetian Society 1650-1750, Venezia, Fondazione Levi, 1985, pp. 24-25; Mancini-
Muraro-Povoledo, I teatri del Veneto, cit., to. ii, p. 24, n. 80).
54. I resoconti pi citati erano quelli di Pietro Donado. Costui, attivo dal 1689 al 1746
circa, aveva unagenzia davanti alla chiesa di san Mois. Tra gli estensori accreditati quelli pi
prolifici furono Giovanni Battista Feriozzi (attivo negli anni Dieci del Settecento), Francesco
Alvisi (tra gli anni Dieci e Venti), Girolamo Alvisi (negli anni Trenta) e Carlo Origoni Perab
(tra gli anni Dieci e gli anni Cinquanta); cfr. Selfridge-Field, Song and Season, cit., p. 314.
55. Cfr. Selfridge-Field, A New Chronology, cit., p. 72. Questa forma acerba di critica
non era propria solo degli Avvisi, ma era comune a tutti i resoconti coevi di spettacolo, a
Venezia e in altre parti della penisola (cfr. L. Bianconi-T. Walker, Production, Consumption and
Political Function of Seventeenth-Century Opera, Early Music History, iv, 1984, p. 213).
56. ASV, Inquisitori di Stato, b. 707, fasc. a. 1718, c. n.n., Venezia, 31 dicembre 1718.
273
GIANLUCA STEFANI
Intanto arrivano del continuo Cav[alie]ri Forastieri d tutte le parti per godere del-
lo stesso [carnevale] essendo ultimam[en]te nel Teatro di S. Gio. Grisostomo anda-
to in Scena il 3 Drama intitolato lIfigenia in Tauride, e q[ue]sta sera in q[ue]llo di
S. Angelo vi ander il 3: Drama intitolato il Portamento [sic!] Generoso, sia il
Tiranno raveduto.57
Sabb[a]to sera d[e]lla passata and in scena nel Teatro SantAngelo il terzo Dramma
intitolato Il Pentimento Generoso, che h un straordinario concorso.58
Parole che lasciano supporre il buon esito della stagione teatrale di Seba-
stiano Ricci. Si apprende, peraltro, da carte inedite, che le recite quellanno
furono in tutto sessantacinque:59 numeri da record, visto che, per fare un solo
confronto, la brillante stagione del 1729-1730 al San Giovanni Grisostomo,
lanciata nel nome di Farinelli, avrebbe totalizzato appena cinquanta perfor-
mances.60 Daltronde, si tenga conto che, in quel 1718, la stagione autunnale era
partita presto, con il debutto dellAmor di figlia di Lalli e Giovanni Porta il 29
ottobre.61 Il numero delle recite veniva probabilmente stabilito in anticipo:62
nei citati registri Giustinian, in data 14 ottobre 1728, annotato il pagamen-
to di un pacchetto di cinquantadue bollettini per limminente stagione tea-
trale al SantAngelo63 (cinquanta dovevano essere in media le recite stagionali
in Laguna). Cifre per altro non esenti da variazioni: la programmazione degli
spettacoli era generalmente flessibile, tenendo conto della risposta del pubbli-
274
SEBASTIANO RICCI IMPRESARIO
64. Le opere con un buon riscontro di pubblico potevano andare in scena ogni giorno,
mentre quelle con risultati alterni solo qualche volta alla settimana (Selfridge-Field, Song and
Season, cit., p. 105; mia la traduzione). Si sa, viceversa, che nel caso in cui unopera fosse andata
male si poteva decidere di interromperla e di sostituirla il prima possibile con una produzione
di scorta.
65. Lintervento dei Capi al SantAngelo si registra nelle stagioni 1716-1717 (cfr. ASV, Capi
del Consiglio di dieci, Notatorio, Filze, f. 42, fasc. a. 1716, cc. n.n., alle date 31 dicembre 1716;
5, 12, 30 gennaio e 25 febbraio 1716 m.v.); 1717-1718 (cfr. ivi, fasc. a. 1717, cc. n.n., alla data 22
gennaio 1717 m.v.) e 1719-1720 (cfr. ivi, f. 43, fasc. a. 1719, c. n.n., alla data 30 gennaio 1719
m.v.).
66. Cfr. G. Fornari, Madonis, Luigi, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto
della enciclopedia italiana, 2006, vol. 62, pp. 164-166 (ora anche on line).
67. Cfr. ivi, p. 165; e, soprattutto, S. Ferrone, La Commedia dellArte. Attrici e attori italiani
in Europa (XVI-XVIII secolo), Torino, Einaudi, 2014, pp. 218 e n., 342.
68. Cfr. Fornari, Madonis, cit., p. 164. Lo stesso Antonio Madonis fu violinista al
SantAngelo nella stagione 1717-1718; cfr. ASV, Capi del Consiglio di dieci, Notatorio, Filze, f.
42, fasc. a. 1717, c. n.n., Venezia, 22 gennaio 1717 m.v.
275
GIANLUCA STEFANI
nella citata tourne del 1733.69 Sua e del fratello Giovan Battista la firma alla
dedica del Seleuco, prima opera di carnevale di quellanno.70 Dai documenti
inediti sulla citata controversia, si ricava che Giovan Battista era il padre di Lo-
dovico e che entrambi suonarono in quel teatro nellautunno e nel carnevale
1718-1719, sotto la gestione del Ricci. Non era la prima volta che Lodovico
Madonis si esibiva nellorchestra del SantAngelo: in un verbale dei Capi del
consiglio dei Dieci del 25 febbraio 1717 si legge che egli son in d[ett]o Tea-
tro il Violino Capo de Secondi.71 In quella stessa stagione 1716-1717 (guidata
dallimpresario Pietro Ramponi), Lodovico fu anche carattadore, finanzian-
do in proprio le produzioni operistiche.72
I Madonis furono legati al SantAngelo a doppio filo: in base alle tracce do-
cumentarie rinvenute, si pu ipotizzare che la loro collaborazione in quel te-
atro fosse continuativa (non un caso che Antonio ne divenisse impresario).73
Purtroppo, si sa, i nomi dei sonadori74 non erano registrati nei libretti, n
sono sopravvissuti registri di cassa o altri documenti che possano aiutare a ri-
69. Si legge nei citati registri Giustinian: Contadi Domen[i]co Viola Proc[urator]e di
D[omin]o Gio[vanni] Carestini Cess[iona]rio del S[igno]r Ant[oni]o Madonis Impresario del
Teatro di S. Angelo per affitto del Palco Pepian n. 20 (ASV, Ospedali e luoghi pii, Registri, b.
1004, c. 181b, alla data 24 febbraio 1724 m.v.). La notizia dellimpresariato di Antonio Madonis,
data a suo tempo da Vio (cfr. Note biografiche, cit., p. 69), stata trascurata dalla critica successiva.
Quanto alla tourne in Russia v. n. 67.
70. Seleuco, Venezia, Rossetti, 1725 (copia consultata: Milano, Biblioteca nazionale brai-
dense, Racc. Dramm. Corniani Algarotti, 1067). Dopo limpresariato al SantAngelo, i due fratelli
violinisti furono legati alla troupe di Antonio Denzio, divisi tra il San Mois e il teatro del conte
boemo Fantiek Antonn von Spork a Kuks (Praga). probabile che si riferisca a Antonio la
seguente testimonianza inedita di Apostolo Zeno: Diman laltro partir di qui per Venezia il sig.
Madonnis, sonatore di violino, amicissimo del sig. Filippo Recanati: che stato qualche tempo
in Praga per lopere di quel Teatro (lettera di Apostolo a Pier Caterino Zeno, Vienna, 31 ago-
sto 1726, in Lettere inedite del signor Apostolo Zeno istorico e poeta cesareo, raccolte e trascritte da Giulio
Bernardino Tomitano opitergino, membro del collegio elettorale dei dotti (1808), ms., Firenze, Biblioteca
medicea laurenziana, Codice Ashburnham, 1788, c. 238r., lettera 514).
71. ASV, Capi del Consiglio di dieci, Notatorio, Filze, f. 42, fasc. a. 1716, c. n.n., Venezia,
25 febbraio 1716 m.v.
72. Cfr. Selfridge-Field, A New Chronology, cit., p. 332.
73. Cfr. n. 69.
74. Come noto, gli artigiani veneziani erano uniti in corporazioni, dette arti, che ne
regolavano lattivit commerciale. Tra queste corporazioni ve ne era una che rappresentava i
musicisti, lArte de Sonadori (cfr. E. Selfridge-Field, Annotated Membership Lists of the Venetian
Instrumentalists Guild, 1672-1727, R.M.A. Research Chronicle, 1971, 9, pp. 1-52). Gli elenchi
dei membri forniti periodicamente [dalla corporazione] alle autorit governative sono unutile
fonte di informazioni per let anagrafica (malgrado questa sia spesso riportata in maniera ine-
satta) e perfino sulla relativa ricchezza di ciascun membro (Talbot, The Vivaldi Compendium,
cit., p. 27, s.v.; mia la traduzione).
276
SEBASTIANO RICCI IMPRESARIO
Con la sc[rittu]ra 29 Aprile 1718 foste accordato, et vobligaste Voi d[omino] Gio[van]
Batt[ist]a Madonis con d[omino] Antonio Moreti d[ett]o Modotto Impresario del
Teatro di S. Angelo a suonare il Violino Voi et v[ost]ro figli[ol]o nelle opere in d[ett]o
Teatro dellauttuno, e Carnevale prossimi passati in tutte le prove, e recite per lesbor-
so da farvisi de ducati cento, e quaranta da lire 6:4 luno tra tutti due lire quinde-
ci ogne recita in difalco sino al saldo dei sud[dett]i ducati 140. Et essendo stato cesso
et renonciato il sud[dett]o Teatro a condure il med[esim]o dal sud[dett]o Moretti
m Sebastian Ricci con tutti globleghi, et accordi da lui fatti, vh anco ricevuti
in bellessercitio, ed impiego, et vh fatto prontam[en]te contribuire ogne recita da
d[omino] Dom[eni]co Viola da m declinato alla dispensa de Bolettini, et al paga-
mento delle spese ord[inari]e dellopere le sudette lire quendeci da Voi conseguite per
mano di Franc[esc]o Dominesso, ch f da tutta lorchestra scelto per scoddere per
il corso intiero di sessantacinque recite che il sud[dett]o Viola le esbors senza haver
cognitione sin a qual suma ci dovevasi continuare, allhor ch venuto in cognitione
tralasci per vedervi non solo da Voi conseguito lintiero delli ducati 140 stabiliti, ma
ancora lire cento, e sette di pi, e se ve n recercata la restitutione che da Voi recu-
sata con patente ingiustitia f ch citato nel presente Ecc[ellent]e Mag[istrat]o insto,
et addimando che restiate sententiato alla restitutione delle sud[dett]e lire 107 di pi
del vostro accordo conseguite, et che indebitamente vi ritenete.76
75. I giudici del Forestier erano una corte speciale destinata alle cause nelle quali almeno
una delle due parti implicate era forestiera. Lo spoglio sistematico del fondo (anni 1696-1730)
ha portato a galla un discreto numero di carte concernenti beghe teatrali, per lo pi riguardanti
la propriet dei palchi. Il contenzioso in questione in tal senso uneccezione: al centro della
battaglia giudiziaria non ci sono palchi, ma questioni pecuniarie relative a professionisti del
mondo dellopera.
76. ASV, Giudici del Forestier, Domande, scritture, risposte delle parti, b. 79, fasc. 31, n. 22,
Venezia, 21 marzo 1719 (documento inedito); e v. doc. 3.
77. Nellambiente teatrale dellepoca, il termine scrittura indicava un atto specifico vol-
to a ratificare gli accordi tra due o pi soggetti. Nel suo classico studio sui teatri veneziani,
277
GIANLUCA STEFANI
lora unico impresario del teatro. La cifra pattuita per lintero corso delle recite
ammontava a centoquaranta ducati.78 Come specificato nel documento, ogni
loro performance era compensata con quindici lire:79 lequivalente di quanto fu
pagato al secondo e al terzo violino nella stagione 1717-1718 al SantAngelo.80
I conti di questultima annata sono noti perch passati al setaccio dei Capi
del consiglio dei Dieci, i quali avevano commissariato la conduzione dellal-
lora impresario Giovanni Orsatto, finito sullorlo del fallimento.81 Dal listino
delle paghe giornaliere dovute ai singoli professionisti, si apprende, appun-
to, che al secondo violino Antonio Madonis dovevano essere corrisposte otto
lire a recita, mentre al terzo violino Marco Madonis (un consanguineo non
meglio identificato) furono accordate sette lire e dieci soldi.82 Se non chia-
ro quanto percep al netto di ogni esibizione il primo violino Paulo Sabadin
(nelle venti lire al giorno registrate sono incluse le spese di alloggio), i restanti
cinque violinisti furono equamente retribuiti con sei lire e quattro soldi.83 Pa-
ghe non certo elevate se prese singolarmente, ma che dovevano incidere non
poco sulla spesa complessiva.84
Sulla base del citato listino inoltre possibile ricostruire la composizione
dellorchestra al SantAngelo in questi anni. Oltre agli otto violinisti menzio-
Ludovico Zorzi dichiarava di non essere riuscito a rintracciare un solo contratto o unaltra
qualsiasi menzione ufficiale relativa ai componenti dellorchestra, evidentemente persone rac-
cogliticce e di poche pretese (Venezia: la Repubblica a teatro [1971], in Id., Il teatro e la citt. Saggi
sulla scena italiana, Torino, Einaudi, 1977, p. 263 [ora anche in versione e-book, con un saggio di
S. Mazzoni, Bologna, CUE Press, in corso di stampa]). Beth e Jonathan Glixon, confermando
lassenza di notizie relative a contratti con orchestrali, ne ricavano che i musicisti in linea di
massima non sottoscrivevano accordi ufficiali (cfr. Inventing the Business of Opera, cit., p. 223).
Linedito documento in questione prova, al contrario, che i musicisti erano ingaggiati sulla base
di specifiche scritture, al pari degli altri professionisti dopera.
78. Si tratta di ducati correnti, il cui valore allepoca ammontava appunto a sei lire e quat-
tro soldi (in lire di piccoli).
79. Cfr. ASV, Giudici del Forestier, Domande, scritture, risposte delle parti, b. 79, fasc. 31,
n. 22, Venezia, 21 marzo 1719; e v. doc. 3.
80. Cfr. ASV, Capi del Consiglio di dieci, Notatorio, Filze, fasc. a. 1717, f. 42, c. n.n.,
Venezia, 22 gennaio 1717 m.v.
81. Cfr. ibid. Il documento citato registra lautorizzazione emessa dal consiglio dei Dieci
per la recita di Cleomene, su musica di Tomaso Albinoni e libretto di Vincenzo Cassani, al de-
butto al SantAngelo la sera stessa del nulla osta. Su questo doc. vedi anche Selfridge-Field, A
New Chronology, cit., pp. 338-339.
82. Cfr. ASV, Capi del Consiglio di dieci, Notatorio, Filze, fasc. a. 1717, f. 42, c. n.n.,
Venezia, 22 gennaio 1717 m.v.
83. Cfr. ibid.
84. Si calcolato che, negli anni Cinquanta del Seicento, le paghe degli orchestrali am-
montassero a circa un sei per cento della spesa totale (cfr. Glixon-Glixon, Inventing the Business
of Opera, cit., p. 223).
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SEBASTIANO RICCI IMPRESARIO
85. Cfr. ASV, Capi del Consiglio di dieci, Notatorio, Filze, fasc. a. 1717, f. 42, c. n.n.,
Venezia, 22 gennaio 1717 m.v.
86. Cfr. Mancini-Muraro-Povoledo, I teatri del Veneto, cit., to. ii, p. 25. Siamo comun-
que ben lontani dai numeri e dalle caratteristiche dellorchestra come la intendiamo oggi. Cos
Strohm: Le dimensioni complessive dellorchestra dopera variavano da istituzione a istituzio-
ne; ma un corpo di base composto da dodici suonatori darchi, due/quattro suonatori di legni e
due suonatori di ottoni, pi uno o due arpicordi e forse una tiorba e un contrabbasso era nor-
malmente sufficiente per unopera italiana dellepoca (Strohm, The Operas of Antonio Vivaldi,
cit., p. 93; mia la traduzione). Nel Seicento lorganico orchestrale era ancora pi ridotto: negli
anni Cinquanta si parla di cinque strumenti a corda, due o tre arpicordi, una o due tiorbe (cfr.
Glixon-Glixon, Inventing the Business of Opera, cit., p. 222).
87. Cfr. L. Bianconi, Condizione sociale e intellettuale del musicista di teatro ai tempi di Vivaldi,
in Antonio Vivaldi: teatro musicale, cultura e societ. Atti del convegno internazionale di studio
(Venezia, 10-12 settembre 1981), a cura di L. B. e G. Morelli, Firenze, Olschki, 1982, vol. ii,
p. 377; Glixon-Glixon, Inventing the Business of Opera, cit., pp. 15 e 223.
88. Cfr. Bianconi-Walker, Production, Consumption, cit., p. 225.
89. ASV, Capi del Consiglio di dieci, Notatorio, Filze, fasc. a. 1717, f. 42, c. n.n., Venezia,
22 gennaio 1717 m.v.
90. ASV, Giudici del Forestier, Domande, scritture, risposte delle parti, b. 79, fasc. 31, n. 22,
Venezia, 21 marzo 1719; e v. doc. 3.
91. Ivi, n. 108, Venezia, 31 maggio 1719.
92. Ivi, n. 22, Venezia, 21 marzo 1719.
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GIANLUCA STEFANI
93. Cfr. G. Vio, Musici veneziani nella cerchia di Giovanni Battista Vivaldi, in Nuovi studi vival-
diani: edizione e cronologia critica delle opere, a cura di A. Fanna e G. Morelli, Firenze, Olschki,
1988, vol. ii, pp. 696-699; F.M. Sardelli, Vivaldis Music for Flute and Recorder, trad. ingl. di M.
Talbot, Aldershot, Ashgate, 2007, p. 154, n. 29; Talbot, The Vivaldi Compendium, cit., p. 30,
s.v. Barbers and Barber-Musicians, Venetian. Dominesso risulta iscritto allArte de Sonadori nei
registri degli anni 1711 e 1727 (cfr. Selfridge-Field, Annotated Membership Lists, cit., p. 19).
94. Cfr. ASV, Giudici del Forestier, Domande, scritture, risposte delle parti, b. 79, fasc. 31,
n. 22, Venezia, 21 marzo 1719; e v. doc. 3.
95. [B. Marcello], Il teatro alla moda, Venezia, [Pinelli], [1720], cit. nellediz. a cura di R.
Manica, Roma, Quiritta, 2001, p. 41. Talvolta le botteghe di barbitonsore funzionavano come
vere e proprie scuole dove si impartiva agli allievi una formazione musicale. tuttaltro raro il
caso di Capi Maestri Barbieri come venivano qualificati i proprietari e conduttori di negozi
da barbiere che si impegnavano, per contratto, ad insegnare ai loro apprendisti non solo la
loro vera e propria arte, ma anche la musica e lapprendimento di qualche strumento (G. Vio,
I luoghi di Vivaldi a Venezia, Informazioni e studi vivaldiani, v, 1984, p. 103, n. 9). Nelle sue
ricerche, Vio avverte di aver raccolto una ricca messe di contratti di garzonaggio nei quali si
tratta di apprendimento dellarte musicale. Per lo pi i maestri sono barbieri. C da credere che
nelle botteghe da barbier, a Venezia, si tenessero trattenimenti musicali, forse nei momenti di
stanca, quando la clientela era meno numerosa, ma si deve tenere presente che erano i barbieri
che si recavano nelle case dei nobili (e non viceversa) e nei palazzi veneziani potremmo dire che
la musica era davvero di casa (Vio, Musici veneziani, cit., p. 696, n. 28). Che a Venezia si facesse
musica e ci si formasse musicalmente nelle botteghe dei barbieri indizio della mancanza di
istituti di formazione professionale (eccezion fatta per i conservatori, che allevavano fanciulle
destinate, per lo pi, a rimanere confinate entro il perimetro dei conservatori stessi) e dunque
indice di una formazione informale, mimetica (cfr. Bianconi, Condizione sociale, cit., p. 379).
Professionisti siffatti, senza precisa formazione, che imparavano larte in qualche bottega di bar-
biere di fortuna, sono appunto loggetto della satira di Marcello, che non manca di sottolineare
questa consuetudine irridendo a quei musicisti che anzich maneggiare i principi della compo-
sizione (nella tradizione cinquecentesca) maneggiavano pennelli e rasoi.
96. Cfr. E. Selfridge-Field, Marcello, SantAngelo and Il Teatro alla moda, in Antonio Vivaldi:
teatro musicale, cultura e societ, cit., vol. ii, pp. 533-546.
280
SEBASTIANO RICCI IMPRESARIO
neva per iscritto le proprie ragioni (doc. 4).97 Costui puntualizzava essere ben
altri gli accordi presi con d[omi]no Ant[oni]o Moretti d[et]to Modotto, al qua-
le esso Rizzi succeduto per Impressario del Teatro di S. Angelo per lAutuno,
e Carnevale pross[i]mo passato. Poich tali accordi erano stati violati, Mado-
nis si sentiva legittimato a tratenersi tutto il conseguito, ossia le centosette li-
re incriminate. In che cosa consistessero le alterationi dellaccordo praticate
d esso Rizzi cessionario, non detto apertamente. Madonis parla di insolito
impiego non mai concertato, anzi fuori del convenuto praticato, in ragione del
quale limpresario doverebbe con honesto, e raggionevole sentimento riddursi
supplire suoi ulteriori doveri.98 Non improbabile che il musicista alludesse al
servizio prestato per recite extra, programmate sulla scia del successo di pubblico.
Ma Giovan Battista Madonis non si limit a replicare alle accuse di Ricci.
Il 22 maggio il violinista passava al contrattacco, presentando ai giudici del Fo-
restier una dimanda di converso (doc. 5), con la quale chiedeva il pagamen-
to di centosessantacinque lire per le ultime undici sere di recita (per il solito
onorario delle lire 15 per ogni sera).99 Evidentemente, dopo aver scoperto
lillecito, Ricci non aveva finito di pagare i due violinisti, scalando dallono-
rario pattuito il saldo delle loro ultime prestazioni. Secondo Giovan Battista si
trattava di un mero pretesto studiato dallimpresario per esimersi dallintiero
adempim[ent]o de suoi doveri; daltronde, poco plausibili erano le
insistenze di d[omin]o Sebastian Rizzi nel pretender con aperta ingiustitia la restitut[io]ne
delle lire 107 fatte soministrare a d[omin]o Z[u]an B[attis]ta Madonis e Lod[ovi]co
suo figliolo per dovuta recognitione del loro impiego e serviggio prestato nel Teatro
di S. Angelo di sera in sera.100
Era troppo. Nove giorni dopo, il pittore ricapitolava, con maggiore conci-
sione, le proprie ragioni, rigettando la domanda di converso come un torbi-
do espediente usato per far cadere la causa deputata di volont per li 24 dello
stesso mese.101 Quindi tornava a chiedere giustizia contro il Madonis (doc. 6).
I giudici gli diedero ragione. Della causa possediamo la sentenza, anchessa
inedita, emessa in data 18 luglio 1719 da Giacomo Minoto, Mattio Ciceron
e Andrea Marcello Hon[orand]i Giud[ic]i di Forestier (doc. 7).102 Nel dop-
97. ASV, Giudici del Forestier, Domande, scritture, risposte delle parti, b. 79, fasc. 31, n.
45, Venezia, 1 aprile 1719.
98. Ibid.
99. ASV, Giudici del Forestier, Domande, scritture, risposte delle parti, b. 79, fasc. 31, n. 97,
Venezia, 22 maggio 1719.
100. Ibid.
101. Ivi, n. 108, Venezia, 31 maggio 1719.
102. ASV, Giudici del Forestier, Sentenze, b. 133, c. 264v., Venezia, 18 luglio 1719.
281
GIANLUCA STEFANI
Quanto al cappo di principal, tutti tre S.S. E.E. Unanimi et Concordi hanno
sent[enziat]o detto d[omi]no Gio[van] Batt[ist]a Madonis giusto in tutto e per tutto
alla Dima[nd]a del d[omin]o Rizzi cond[annand]o la parte Rea nelle spese.
Quanto al cappo di converso di d[omin]o Madonis parimenti tutti tre S.S. E.E.
Unanimi et Concordi hanno asolto d[omin]o Rizzi da d[ett]o Cappo e dalle cose in
esso cont[enu]te cond[annand]o il sud[dett]o Madonis nelle spese.
[Firma] Giacomo Minotto Giudice di Forestier.103
Si concludeva cos lincresciosa vicenda che aveva visto Ricci alle prese con
beghe contrattuali e aule di giustizia. Il ricordo amaro dei guai giudiziari del-
la stagione 1705-1706104 doveva essersi riacceso. Dieci anni pi tardi (1729), il
pittore ci sarebbe ricascato, ficcandosi nellimpresa di un altro teatro, il San
Cassiano di Francesco Tron. Neanche allora mancarono i dolori. In una cru-
dele caricatura (fig. 3), Zanetti ritraeva Bastian Ricci pensoroso; perche non
faceva assai Bollettini in S. Cassiano.105 Lamico ne aveva ben fiutato lumore:
nuove grane erano in arrivo, altri assilli. Alla soglia dei settantanni, limpre-
sario sarebbe tornato in angustie.
Appendice
103. Ibid.
104. Cfr. Glixon-White, Creso tolto a le fiamme, cit. e M. White, Antonio Vivaldi: A Life
in Documents, Firenze, Olschki, 2013, pp. 50-54.
105. Venezia, Fondazione Giorgio Cini, Gabinetto dei disegni e delle stampe, Album
Zanetti, f. 56, inv. 36679 (cfr. Caricature di Anton Maria Zanetti, cit., p. 96, scheda 279; E.
Lucchese, Sebastiano Ricci pensoroso, in Sebastiano Ricci. Il trionfo dellinvenzione nel Settecento
veneziano, catalogo della mostra a cura di G. Pavanello [Venezia, 24 aprile-11 luglio 2010],
Venezia, Marsilio, 2010, p. 48, scheda 3).
282
SEBASTIANO RICCI IMPRESARIO
Doc. 1
Antonio Moretti nomina suo procuratore Sebastiano Ricci, ASV, Notarile. Atti, b.
12249, cc. 175r.-v. (antica numerazione, protocolli del notaio Giorgio Maria Stefani).
Die Veneris 16 Mensis Decembris 1718. In Scriptoria mei Notarij super Platea Divi
Marci Venetiarum etc.
Doc. 2
Sebastiano Ricci nomina suo procuratore Domenico Viola, ASV, Notarile. Atti, b.
12249, c. 251r. (antica numerazione, protocolli del notaio Giorgio Maria Stefani).
Die Veneris 24 Mensis Februarij 1718 M.V. In domo habitationis mei Notarij de
Confinio Sancti Salvatoris Veneti etc.
Il Sig[no]r Sebastian Rizzi Pittor in questa Citt, facendo come Conduttore, sive
Patrone del Teatro di S. Angelo, spontaneam[en]te costituisce suo Proc[urato]re, e
Commesso legitimo il Sig[no]r Domenico Viola Agente delli N.N. H.H. Tron ben-
ch absente etc.
poter nome suo riscuotter, ricever, e conseguir da tutti, e cadauni Affittuali de
Palchi di d[ett]o Teatro di S. Angelo tutti li Affitti corsi, e maturati, facendo di quan-
to riscuotter le debite ricevute e cautioni; et in caso di renitenza al pagamento giu-
106. Quaresima.
283
GIANLUCA STEFANI
Doc. 3
Domanda di Sebastiano Ricci in causa con Giovan Battista Madonis, ASV, Giudici del
Forestier, Domande, scritture, risposte delle parti, b. 79, fasc. 31, n. 22.
Ad 21 Marzo 1719
Dimanda di D[omin]o Sebastian Rizi in causa contro Do[mi]no G[iov]an Batt[ist]a
Madonis.107
Con la sc[rittu]ra 29 Aprile 1718 foste accordato, et vobligaste Voi d[omino] Gio[van]
Batt[ist]a Madonis con d[omino] Antonio Moreti d[ett]o Modotto Impresario del
Teatro di S. Angelo a suonare il Violino Voi et v[ost]ro figli[ol]o nelle opere in d[ett]o
Teatro dellauttuno, e Carnevale prossimi passati in tutte le prove, e recite per le-
sborso da farvisi de ducati cento, e quaranta da lire 6:4 luno tra tutti due lire
quindeci ogne recita in difalco108 sino al saldo dei sud[dett]i ducati 140. Et essendo
stato cesso et renonciato il sud[dett]o Teatro a condure il med[esim]o dal sud[dett]o
Moretti m Sebastian Ricci con tutti globleghi, et accordi da lui fatti, vh anco
ricevuti in bellessercitio, ed impiego, et vh fatto prontam[en]te contribuire ogne
recita da d[omino] Dom[eni]co Viola da m declinato alla dispensa de Bolettini, et
al pagamento delle spese ord[inari]e dellopere le sudette lire quendeci da Voi con-
seguite per mano di Franc[esc]o Dominesso, ch f da tutta lorchestra scelto per
scoddere per il corso intiero di sessantacinque recite che il sud[dett]o Viola le esbors
senza haver cognitione sin a qual suma ci dovevasi continuare, allhor ch venuto
in cognitione tralasci per vedervi non solo da Voi conseguito lintiero delli ducati
140 stabiliti, ma ancora lire cento, e sette di pi, e se ve n recercata la restitutio-
ne che da Voi recusata con patente ingiustitia f ch citato nel presente Ecc[ellent]e
Mag[istrat]o insto, et addimando che restiate sententiato alla restitutione delle
sud[dett]e lire 107 di pi del vostro accordo conseguite, et che indebitamente vi ri-
tenete. Salvis etc. et in expensis.
107. Come annotato a margine del testo, la scrittura fu illico intimata a un certo
Venturini.
108. Detrazione.
284
SEBASTIANO RICCI IMPRESARIO
Doc. 4
Risposta di Giovan Battista Madonis in causa con Sebastiano Ricci, ASV, Giudici del
Forestier, Domande, scritture, risposte delle parti, b. 79, fasc. 31, n. 45.
Doc. 5
Ad 22 maggio 1719
Scrittura e dimanda di converso di d[omi]no Z[u]an Batt[ist]a Madonis, in causa con
domino Sebastian Rizzi insieme con un processo seg[nat]o dal p[resent]e Giorno.
[A margine:] del p[resent]e Giorno
Dalle poco plausibili insistenze di d[omin]o Sebastian Rizzi nel pretender con aper-
ta ingiustitia la restitut[io]ne delle lire 107 fatte soministrare a d[omin]o Z[u]an
109. A margine del testo si legge che la scrittura fu illico intimata ad Agostino Rosa,
interveniente del teatro di santAngelo e dello stesso Sebastiano Ricci.
285
GIANLUCA STEFANI
B[attis]ta110 Madonis e Lod[ovi]co suo figliolo per dovuta recognitione del loro im-
piego e serviggio prestato nel Teatro di S. Angelo di sera in sera, come si rende pa-
tente il torto delle sue mal fondate pretese, cos sempre pi sacresce la raggione desso
Madonis per esser dalla Giustitia assolto e liberato dalla proposta dimanda avvers[ari]a.
Ma perch vorebbe con tal dannato pretesto esimersi dallintiero adempim[ent]o
de suoi doveri a quali tenuto per le recite dellultime sere a corisponder a d[ett]i
Padre e Figliolo Mad[oni]s il solito onorario delle lire 15 per ogni sera sar per Cappo
di Converso sentent[iat]o esso Rizzi in lire 165 importar di 11 sere ultime che a lire
15 per sera tanto rileva il pred[ett]o Madonis, come vuole la ragg[io]ne il fatto che
stante le cose come stanno non puo ne deve ricusarne di q[ue]ste il Pagam[ent]o dovu-
to, ci senza minimo pregiud[iti]o anzi con espressa riserva dogni e qualunque altra
attione e ragg[ion]e desso Madonis quomodo qualiter etc. Salvis et in expensis etc.
Doc. 6
Scrittura e risposta di Sebastiano Ricci in causa con Giovan Battista Madonis, ASV,
Giudici del Forestier, Domande, scritture, risposte delle parti, b. 79, fasc. 31, n. 108.
Ad 31 maggio 1719
Scrittura et risposta di do[mi]no Sebastian Rizi alla dimanda di converso di domino
Gio[van] Batt[ist]a Madonis insieme con un processo seg[na]to dal presente giorno
Bens con giustitia pu dirsi da d[omino] Sebastian Rizzi che non plausibili, ma delicta-
bili sono le diretioni et insistenze di d[omino] Gio[van] Batt[ist]a Madonis in non voler
restituire ad esso Rizzi le lire cento, e sette che di pi dellimportar del suo accordo per
suonar lui, et il figli[ol]o nellopere in S. Angelo h ricercato da d[omino] Dom[enic]o
Viola che al buso de boletini111 attendeva, e contribuiva di recita in recita le sume aglo-
peranti nelle med[esim]e destinategli in conto dei loro accordi, che tra lochio non
haveva,112 e che con non buona fede tutto che adempeto il di lui accordo s compia-
ciuto dalle sue mani ricercare; et maggiormente si rende censurabile la pretesa posta
campo con tal qual dimanda di converso presentata li 22 cor[ren]te per far cadere la
causa deputata di volont per li 24 dello stesso mese, alla quale dovendosi per capo dor-
dine rispondere insta lo stesso Rizzi desser dalla med[esim]a assolto, e liberato, come
sar per giustitia esaudita la sua giustissima dimanda di principale [del] 21 marzo ante-
cedente che non pu per verun reguardo esser combatuta, se non per lingiusto fine di
trattenersi se potesse lindebitam[en]te conseguito di pi di q[ua]nto per il suo accordo
lera dovuto; et f con la scrittura 29 Aprile 1718 stabilito salvis etc. et in expensis etc.
110. Il nome del Madonis senior compare nellinterlinea inferiore a correzione di Lod[ovi]co,
cancellato con pi freghi.
111. Botteghino.
112. Che non aveva sottocchio.
286
SEBASTIANO RICCI IMPRESARIO
Doc. 7
Sentenza dei Giudici del Forestier sulla causa Ricci-Madonis, ASV, Giudici del Forestier,
Sentenze, b. 133, c. 264v.
Onde gli Illustrissimi S[igno]ri Giacomo Minoto, Mattio Ciceron e Andrea Marcello
Hon[orand]i Giud[ic]i di Forestier. Visto un processo di carte 37, scritte e non, prencipia
L[aus] D[eo] 29 Aprile 1718 Ven[eti]a etc. et fenisce salvijs et sine preg[iuditi]o et etc.
Item altro Proceso di carte 7, scritte e non, prencip[ia]nte L[aus] D[eo] 1718 12 maggio
Venetia etc. et fenisce fui p[rese]nte testimonio, a quanto di sopra prodoti dalla parte
Attrice, et di poi, veduto un processo di carte 19, scritte e non, prencipia Ad 29 Aprile
1718 Vene[ti]a etc. et Fenisce intimato ad Agostin Rosa n[omine] q[uorum] i[nterest]
prodoto per la parte rea, con quanto che hanno voluto dire et dedurre a favor delle
loro rag[io]ni con il mezzo del N. H. S[ier] Alvise Priuli per la parte Attrice, e per la
parte rea dal N. H. S[ier] Costantin Belloto loro avocadi ord[ina]ri;113 e datto prima
il giuram[en]to alli Ill[ustrissi]mi S[igno]ri Giud[ic]i s[econ]do la forma della legge.
Cristi nomine invocato a quo etc.
Quanto al cappo di principal, tutti tre S.S. E.E. Unanimi et Concordi hanno
sent[enziat]o detto d[omi]no Gio[van] Batt[ist]a Madonis giusto in tutto e per tutto
alla Dima[nd]a del d[omin]o Rizzi cond[annand]o la parte Rea nelle spese.
Quanto al cappo di converso di d[omin]o Madonis parimenti tutti tre S.S. E.E.
Unanimi et Concordi hanno asolto d[omin]o Rizzi da d[ett]o Cappo e dalle cose in
esso cont[enu]te cond[annand]o il sud[dett]o Madonis nelle spese.
[Firma] Giacomo Minotto Giudice di Forestier.
113. Era consuetudine che i giovani patrizi veneziani, allinizio della propria carriera, si
cimentassero nella avvocatura.
287
GIANLUCA STEFANI
Fig. 1. Benedetto Marcello, Frontespizio della prima edizione de Il teatro alla moda, parti-
colare, 1720, incisione (collezione privata).
Fig. 2. Anton Maria Zanetti il vecchio, Piero Balbi detto Franzifava, s.d., penna e in-
chiostro bruno rinforzato con bistro su carta bianca (Venezia, Fondazione Giorgio Cini,
36615).
288
SEBASTIANO RICCI IMPRESARIO
Fig. 3. Anton Maria Zanetti il vecchio, Bastian Ricci pensoroso, 1729, penna con in-
chiostro bruno su carta bianca (Venezia, Fondazione Giorgio Cini, 36679).
289
Adela Gjata
Figura influente della cultura italiana del Novecento Renato Simoni si ci-
menta in unampia gamma di mestieri dello spettacolo. Nella polimorfia artistica
di costui (drammaturgo, critico, regista teatrale e cinematografico, librettista
per lopera seria e buffa, sceneggiatore, oratore, autore di riviste, balletti, elze-
viri, articoli di costume, epigrammi, anacreontiche e facezie rimate) la pratica
registica, concentrata negli anni 1936-1947, assume un grande rilievo. Autore
di spettacoli allestiti per manifestazioni quali la Biennale Teatro di Venezia e
il Maggio Musicale Fiorentino, Simoni appariva nellarticolato panorama tea-
trale del secondo dopoguerra come un fenomeno singolare, un caso a parte,1
sia per limpossibilit di inserirlo in tendenze poetiche o prassi sceniche cano-
niche sia per il singolarissimo esercizio di un autodidatta, gi autorevole cri-
tico teatrale, che firma la prima regia allet di sessantuno anni e che subito
celebrato come un capostipite. Lo aveva, del resto, gi dichiarato con energia
Silvio dAmico recensendo Il ventaglio e Le baruffe chiozzotte del 1936, le rap-
presentazioni goldoniane allaperto della xx Biennale di Venezia:
1. La definizione di Giulio Cesare Castello che, in uno scritto sullo stato della regia
teatrale italiana nel secondo dopoguerra, inserisce Simoni nella categoria della vecchia guar-
dia, differenziando tuttavia la sua esperienza sia dallesercizio dei registi importanti quali
Gualtiero Tumiati, Sergio Tofano, Pietro Sharoff e Tatiana Pavlova, che dallattivit di Anton
Giulio Bragaglia, Guido Salvini e Enzo Ferrieri i maestri italiani , cos come dai cosiddetti
epigoni alla stregua di Giulio Pacuvio. Cfr. G.C. Castello, Ventanni di regia, Sipario, iv,
1949, 40-41, pp. 25-31. E v. C. Meldolesi, Fondamenti del teatro italiano. La generazione dei registi,
Firenze, Sansoni, 1984, p. 270 (cui rimandiamo anche per il quadro di riferimento).
regista. [] Nessuno ignora che Simoni oggi, in Italia, lunico critico a cui un di-
rettore di compagnia possa rivolgersi, per consigli anche tecnici, sulla regia di un la-
voro. [] Le recite goldoniane di Venezia hanno rivelato un regista italiano dalla
mano amorosa ma scaltra, sicura ma lieve.2
2. S. dAmico, Le recite goldoniane a Venezia. Simoni regista, Scenario, v, 1936, 8, p. 369. Nel
1940 anche Nicola De Pirro rappresentante istituzionale del teatro italiano elegger Simoni
regista nazionale, autore di successi certamente pari e talvolta superiori a quelli ottenuti da
famosi registi stranieri. N. De Pirro, Nascita della regia in Italia, ivi, ix, 1940, 1, p. 7. Sui primi
anni di vita di Scenario v. M. Schino, La parola regia, in Studi di Storia dello spettacolo. Omaggio
a Siro Ferrone, a cura di S. Mazzoni, Firenze, Le Lettere, 2011, pp. 491-527. Per la fortuna no-
vecentesca di Goldoni rinviamo a P. Bosisio, Il teatro di Goldoni sulle scene italiane del Novecento,
ricerca iconografica e apparati a cura di A. Bentoglio, Milano, Electa, 1993 (pp. 46-53, per
Simoni).
3. Gli spettacoli shakespeariani di Max Reinhardt Sogno di una notte di mezza estate al
Giardino di Boboli (1933), Il mercante di Venezia in campo San Trovaso a Venezia (1934) , e
quelli di Jacques Copeau allestiti per il Maggio Musicale Fiorentino La rappresentazione di Santa
Uliva nel chiostro di Santa Croce (1933) e il Savonarola di Rino Alessi in piazza della Signoria
(1935) erano alcune delle migliori espressioni del nuovo teatro europeo, che i teatranti italiani
colsero e svilupparono solo parzialmente, guardandoli, non raramente, come bizzarrie dettate
da scelte estreme.
4. Nel 1907, in occasione della celebrazione del bicentenario di Goldoni, Simoni auspicava
una maggiore popolarit dello scrittore veneziano: bisogna che quel suo teatro cos trionfal-
mente e profondamente italiano sia noto tra noi per lo meno come noto Molire in Francia.
R. Simoni, Goldoni: 1707-1907, Il mondo artistico, 1 marzo 1907.
292
LE REGIE GOLDONIANE DI RENATO SIMONI
5. In una lettera del 30 giugno 1937 del comitato direttivo della Biennale inviata a Roma al
capitano Agostino Sanna del Ministero della cultura popolare/Direzione generale della stampa
si ha notizia del forte impegno propagandistico delle manifestazioni teatrali nelle radio e nei
giornali nazionali ed esteri. In una seconda lettera del 2 luglio 1937, indirizzata sempre a Sanna,
si parla di manifesti affissi in ben settantadue citt dItalia. Cfr. Archivio storico delle Arti con-
temporanee - Biennale di Venezia (da ora in poi ASAC), Sezione teatro, a. 1937.
6. Sulla valenza autocelebrativa del teatro nellepoca fascista si rimanda allo studio di Q.
Galli, La scena dellImpero. Seguendo Renato Simoni regista, Roma, Ellemme, 1991.
7. Il Ministero destin per le recite goldoniane allaperto del 1936 la somma di duecen-
tomila lire, cui vanno aggiunte le centomila lire stanziate dal Comune di Venezia. Cfr. Verbale
delladunanza della Commissione della Biennale in data 29 maggio 1936, ASAC, Sezione teatro, a. 1936.
8. Per la realizzazione dei tre spettacoli diretti da Simoni e Salvini per la Biennale Teatro
1937 furono coinvolte settemilaottocento persone, come si legge nel Resoconto dellamministra-
zione della Biennale per le recite dellestate 1937. Una spesa non indifferente comportava, inoltre,
il restauro delle case danneggiate durante il lavoro di allestimento dello spazio scenico, come
dimostra una stima dei danni alla propriet del sig. Giovanni Scarpa in campo San Cosmo in se-
guito alle manomissioni causate dalla messa in scena de Le baruffe chiozzotte di Simoni nel luglio
1937; cfr. ASAC, Sezione teatro, a. 1937.
293
ADELA GJATA
294
LE REGIE GOLDONIANE DI RENATO SIMONI
13. Simoni considera Il ventaglio come unelaborazione moderna degli scenari della
Commedia dellArte: [Goldoni] prende la commedia dellarte cos com e si limita di popolar-
la di uomini; la immette nel suo tempo; fa correre per i meandri del suo canovaccio labirintico,
non pi i mascherotti, che sono convenzioni fuori del tempo, ma i suoi stessi contemporanei,
riprodotti con squisito senso della verit. E ha riformato una volta di pi. Dove cera la follia
stemperata, il lazzo pazzo, il gergo imputridito, fa entrare lumile, la semplice vita quotidiana.
E scrive un capolavoro. R. Simoni, Il ventaglio, Corriere della Sera, 10 novembre 1921, ora
in Id., Trentanni di cronaca drammatica: 1911-1923, a cura di L. Ridenti, Torino, Ilte, 1952, vol.
i, p. 507.
14. E. Zorzi, La prima del Ventaglio di Goldoni con la regia di Simoni a Venezia, Corriere
della Sera, 16 luglio 1936.
15. S. dAmico, Goldoni nei campielli: Il ventaglio, Le baruffe chiozzotte, Nuova antolo-
gia, 1 agosto 1936, ora in Id., Cronache del teatro: 1914/1955, a cura di A. dAmico e L. Vito,
Palermo, Novecento, vol. iv (1934-1944), to. i (1934-1936), pp. 257-265: 261. Sullattrice: P.D.
Giovanelli, Maria Melato. Voci darchivio, voce di scena, Firenze, Le Lettere, 2015.
16. O. Gibertini, Il ventaglio in campo San Zaccaria, La tribuna, 17 luglio 1936.
17. DAmico, Goldoni nei campielli, cit., pp. 260-261.
18. R. Simoni, Il Ventaglio, Corriere della Sera, 15 luglio 1936. Maria Damerini infor-
ma, inoltre, come durante le prove del Ventaglio Simoni suggerisse alla Pagnani di dare vita a una
Giannina dispettosetta ma gustosa, piccante ma garbata, furbetta e insieme ingenua e amorosa.
M. Damerini, Gli ultimi anni del Leone. Venezia 1929-1940, Padova, Il Poligrafo, 1988, p. 198.
19. G.O. Gallo, Il ventaglio di Goldoni a Venezia, Il Popolo di Roma, 19 luglio 1936.
20. DAmico, Le recite goldoniane a Venezia. Simoni regista, cit., p. 369.
21. DAmico, Goldoni nei campielli, cit., p. 261.
22. A. Zajotti, Il trionfale successo del Ventaglio in campo San Zaccaria, La gazzetta di
Venezia, 16 luglio 1936.
295
ADELA GJATA
23. DAmico, Goldoni nei campielli, cit., p. 260. Zacconi rappresentava per Simoni il sogno e
lo splendore del teatro, imbattibile nellacutezza e la precisione dellindagine fisico-psicologica
del personaggio. In questi termini Simoni ricordava il grande attore alla sua scomparsa. Cfr. R.
Simoni, Omaggio a Ermete Zacconi, Il dramma, xxiv, n.s., 1948, 57-59, pp. 195-196.
24. DAmico, Goldoni nei campielli, cit., p. 261.
25. Zorzi, La prima del Ventaglio di Goldoni con la regia di Simoni a Venezia, cit.
26. Zajotti, Il trionfale successo del Ventaglio, cit.
27. R. Simoni, I nostri attori, Sipario, iv, 1949, 40-41, p. 16.
296
LE REGIE GOLDONIANE DI RENATO SIMONI
28. L. Ridenti, Teatro italiano fra due guerre, 1915-1940, Genova, Dellacasa, 1968, p. 64.
29. Oltre alle messe in scene goldoniane, Renato Simoni divenne celebre negli anni
Trenta per tre storici spettacoli allaperto, allestiti al Giardino di Boboli per il Maggio Musicale
Fiorentino. Alla prima assoluta dei Giganti della montagna di Pirandello nel 1937, segu una me-
morabile edizione dellAminta di Tasso (1938), infine un meno fortunato allestimento dellAdelchi
manzoniano nel 1940.
30. DAmico, Goldoni nei campielli, cit., pp. 264-265.
31. Damerini, Gli ultimi anni del Leone. Venezia 1929-1940, cit., p. 200. Cfr. inoltre
DAmico, Le recite goldoniane a Venezia. Simoni regista, cit., p. 369; G. Patan, Parla Pirandello, Il
Popolo di Sicilia, 30 luglio 1936, ora in Interviste a Pirandello: parole da dire, uomo, agli altri uomini,
a cura di I. Pupo, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2002, pp. 577-580.
32. DAmico, Le recite goldoniane a Venezia. Simoni regista, cit., p. 369.
33. Nella recensione al Ventaglio rappresentato dalla compagnia Niccodemi al teatro
Manzoni di Milano nel 1921, anno in cui imperversava la polemica pirandelliana su I sei perso-
naggi, Simoni si esprimeva in questi termini: Riformatori di tutti i tempi, il segreto questo: ed
297
ADELA GJATA
facile! Nel teatro, di dove la vita uscita, riconducete la vita. Tutte le riforme, in tutti i tempi,
furono fatte cos; tutti i riformatori, da Lope de Vega a Molire, a Shakespeare, a Goldoni, han
fatto questo. Nessuno di questi pens di portare nel teatro che muore, al posto degli uomini che
non ci sono pi, le maschere, o goffe come quelle di una volta, o lugubri come quelle che usano
oggi. Simoni, Trentanni di cronaca drammatica: 1911-1923, cit., vol. i, p. 507.
34. Simoni, La bottega del caff, Corriere della Sera, 17 novembre 1934, ora ivi, vol. iv, p. 153.
35. Cfr. Simoni, Goldoni, Gozzi e il Campiello, Corriere della Sera, 18 luglio 1939.
36. Per Le baruffe chiozzotte fu effettuato un lungo e minuzioso sopralluogo che coinvolse
ventuno campi e rii della laguna, come segnala la relazione compilata dalla Biennale nel 1936.
San Cosmo della Giudecca si rivel, infine, molto adatto sia dal punto di vista scenografico
che logistico. Unico difetto, la relativa lontananza. Molto carattere. Da adottarsi per la sceno-
grafia fissa e non il cambiamento meccanico. Il campo San Zaccaria si dimostr invece il pi
adatto per lallestimento del Ventaglio, sia dal punto di vista scenografico per il grande albero
che darebbe il senso della campagna di fianco alla chiesa quattrocentesca di San Zaccaria, sia
per la strategica posizione centrale, di facile accesso, infine per la capienza, potendo ospitare
circa mille spettatori. Cfr. Relazione sulla visita compiuta nelle varie localit prese in esame per le recite
goldoniane dellanno XIV, ASAC, Sezione teatro, a. 1936.
37. Le uniche due costruzioni artificiali erano la casa di Paron Toni e quella di Paron
Fortunato dietro la quale era collocata la cancelleria criminale, luogo del secondo atto. Lo stu-
dio del Cogidor Isidoro si mostra grazie a un palcoscenico girevole il cui meccanismo svelato
da DAmico nella recensione allo spettacolo: Una delle due case posticce che fanno da quinta,
quella di sinistra gira su se stessa, e offre di colpo unaltra visione, la sala del cancelliere; un mu-
retto copre il canale chera al centro della scena, il lato destro grazie a un rapido gioco di luci
piomba nelloscurit. DAmico, Goldoni nei campielli, cit., p. 264. Cfr. anche M. Corsi, Il teatro
allaperto in Italia, prefaz. di R. Simoni, Milano-Roma, Rizzoli, 1939, pp. 231-234.
298
LE REGIE GOLDONIANE DI RENATO SIMONI
299
ADELA GJATA
ora ondeggianti sotto le folate del caso, chiassoso brio popolaresco, ora alle-
gra, ora corrucciata.42
Lestetica degli spettacoli goldoniani di Renato Simoni individuabi-
le nellarmonia del complesso, nel fondere in un accordo dominante i gesti,
le mosse e gli atteggiamenti dei singoli personaggi. La valenza musicale del
Ventaglio si percepisce non solo nel ritmo dettato dalla movimentata trama che
scompone e ricompone in continuazione il quadro della messa in scena, ma
anche nei rumori degli arnesi da lavoro: il pestone dello speziale, il trincetto
del ciabattino, lacciottolio del taverniere43 e in altri suoni datmosfera quali
il canto lontano di un usignolo, oppure il nervoso gracchiare di rane che ac-
compagna il punzecchiarsi di Crispino e Coronato e le loro risate a crepapel-
le.44 Lo studio dellatmosfera sonora raggiunge livelli altissimi nella costruzione
di unaltra commedia di ambiente goldoniana, Il campiello, rappresentato nel
campiello del Piovan nellambito del Festival veneziano del 1939 (ci torneremo).
Nelle Baruffe Simoni realizza invece uno degli esempi pi alti del cosid-
detto Goldoni ritmico.45 Il tempo coreutico che scandisce la messa in scena
trova un corrispettivo linguistico negli aggettivi guizzanti come pesci nelle
reti appena tirate, con quei verbi sdruccioli che scorrono come rivoli musi-
cali (cos Simoni).46 Anche qui, come nel Ventaglio, gli spettatori apprezzano
la capacit di concertazione dei timbri e dei ritmi vocali degli interpreti, il
contrappunto dei dialoghi e la sonorit dei battibecchi, il tutto rinforzato dalla
musica orchestrale, le coreografie di Irene Del Bosco guidate dalla prima bal-
lerina della Scala Teresa Legnani e i canti della soprano Antonietta Meneghel
alias Toti dal Monte lattrice rivelazione delle Baruffe, al debutto nel teatro
di prosa che diede alla maliziosa e insieme festosa Lucietta una freschezza
e una spontaneit deliziose,47 sebbene a Eugenio Ferdinando Palmieri non
sfuggisse qualche gesto melodrammatico.48 Il Paron Fortunato di Baseggio,
cui lattore confer un colore farsesco e una tecnica impeccabile a met strada
42. Zajotti, Il trionfale successo del Ventaglio, cit. Cfr. anche Gallo, Il ventaglio di Goldoni
a Venezia, cit.
43. Cfr. M. Ramperti, Una mirabile rappresentazione del Ventaglio di Goldoni a Venezia in
campo San Zaccaria, Lillustrazione italiana, 19 luglio 1936.
44. Cfr. Zajotti, Il trionfale successo del Ventaglio, cit.
45. R. Radice, Ventanni di regia goldoniana. Dalla scuola al palcoscenico, in Studi goldoniani.
Atti del convegno internazionale di studi (Venezia, 28 settembre-1o ottobre 1957), a cura di V.
Branca e N. Mangini, Venezia-Roma, Istituto per la collaborazione culturale, 1960, vol. i,
p. 139.
46. R. Simoni, Le baruffe chiozzotte, Corriere della Sera, 17 luglio 1936.
47. E. Zorzi, Il successo delle Baruffe chiozzotte date a Venezia con regia di Simoni, Corriere
della Sera, 17 luglio 1936.
48. Cfr. n. 52.
300
LE REGIE GOLDONIANE DI RENATO SIMONI
Ma accanto al Giachetti, il pi nitido e saggio cogidor che sia pensabile, abbiamo visto
il Cavalieri, spassosissimo e misuratissimo nelle vesti di Toffolo, e il Baseggio, il qua-
le ha fatto impazzire dalle risa il pubblico nella macchietta di quel padron Fortunato
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ADELA GJATA
302
LE REGIE GOLDONIANE DI RENATO SIMONI
61. La lettera del 16 luglio 1936 riportata in L. Pirandello, Lettere a Marta Abba, a cura
di B. Ortolani, Milano, Mondadori, 1995, p. 1353.
62. Cfr. G. Patan, Renato Simoni e la Sicilia, La giara, iii, 1954, 2, p. 68. Alfredo Barbina,
invece, rileva come Pirandello, pur non misconoscendo il buon livello della rappresentazione,
liquidi la regia di Simoni con unironia tagliente. Lo stile del veronese doveva essere poco affine
alla ben pi tormentata estetica drammatica del Premio Nobel. Cfr. A. Barbina, E Pirandello:
quel bel mago veneziano del Goldoni, Ariel, viii, 1993, 2-3, pp. 221-227.
63. Zorzi, Il successo delle Baruffe chiozzotte date a Venezia con regia di Simoni, cit.
64. Simoni, Le baruffe chiozzotte, cit. A confermare questa visione populistica della comuni-
t chioggiotta sono le colorate canzoncine di Domenico Varagnolo interpretate dalla Lucietta
di Dal Monte. Nella prima la giovane guarda romantica e nostalgica il mare dalla finestra un
mare oggetto di contemplazione, piuttosto che luogo di lavoro faticoso e pericoloso : Titta-
Nane xe in tartana / che barufe col garbin / se lo ciape la matana / de sto tiempo berechin, / p
nol sente la campana, / el se perde fantolin. Nella seconda, Lucietta, appoggiata un po alla
balaustra del ponte, un po al petto del suo Titta-Nane (cos da Il gazzettino), canta: O Ciosa
del mio cuor, / ciosa mia bela / [] / Na vela che luntan / la toche el cielo / e svole via sul
mare / ciaro e lisso: / la sgionfe tuta el fi / dun venteselo / che spire su dal cuor / del mio no-
visso. Nota sulla fortuna, in C. Goldoni, Le baruffe chiozzotte, a cura di P. Vescovo, introd. di G.
Strehler, Venezia, Marsilio, 1993, p. 256 (Edizione nazionale delle Opere di Carlo Goldoni).
65. Palmieri, Le baruffe chiozzotte, cit.
303
ADELA GJATA
66. Si noti, a confronto, il finale delledizione di Strehler (1965) con la festa finale stra-
ziante e povera, con lo svolazzante Isidoro che si leva fuori dal quadro, al quale lui signorino
non appartiene. Cfr. E. Flaiano, Un Goldoni ripensato con la necessaria incertezza, Leuropeo,
24 gennaio 1965.
67. Sullargomento resta referenza primaria Meldolesi, Fondamenti, cit., passim.
68. Lo annuncia Guido Riva in una lettera a Giuseppe Volpi inviata da Roma il 24 genna-
io 1940: Caro Commendatore, comunicai a S.E. Simoni quanto mi avete detto sabato scorso
per telefono. Mi rispose che avrebbe atteso ancora qualche giorno le vostre decisioni. Non vi
nascondo per, in tutta confidenza, che se non si ottiene una risolvente nel pi breve tempo pos-
sibile ci troveremo di fronte a delle difficolt insormontabili, prima di tutte quella degli attori
che vanno a mano a mano impegnandosi, e lo stesso Simoni che sento disamorarsi di ora in ora
e che finir con il rifiutare la sua preziosissima collaborazione, ASAC, Sezione teatro, a. 1940.
69. Dattiloscritto di Giuseppe Volpi a Simoni (Venezia, 29 febbraio 1940), ivi.
70. In una lettera di Antonio Maraini al presidente Volpi del 22 marzo 1940 (Firenze) si
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LE REGIE GOLDONIANE DI RENATO SIMONI
legge: Subito mi sono occupato di quanto in questultima mi diceva circa lopportunit di pren-
dere contatto con Simoni. A tale scopo ho avuto una lunga conversazione con Baradel che trovai
oggi di passaggio da Firenze, poich volevo aver pi precise informazioni sullultimo colloquio.
Pare che in essa Simoni abbia riconfermato in maniera ancora pi viva che nella sua lettera a te il
proposito di non voler ripresentarsi con Il campiello e di non mettere in scena altre commedie
goldoniane. Ha anzi aggiunto che, se qualcuno di noi, il Presidente naturalmente eccettuato,
si recasse a Milano per vederlo in proposito, non accetterebbe nemmeno di discuterne (ivi).
71. Cfr., per esempio, G.C. Castello, Romeo e Giulietta, Sipario, iii, 1948, 27, pp. 4-5.
72. C. Goldoni, I rusteghi, a cura di G. Davico Bonino, Torino, Einaudi, 1970, p. 60.
73. Lidea di costruire una sala permanente al fine di contenere le spese degli allestimenti
allaperto era gi stata avanzata da Nicola De Pirro in una riunione della Commissione delle
Biennale del 21 luglio 1937. Cfr. ASAC, Sezione teatro, a. 1937.
74. E. Possenti, Festival del teatro a Venezia. Due commedie di Goldoni con la regia di Simoni, Il
nuovo Corriere della Sera, 13 agosto 1947, poi pubblicato con il titolo I rusteghi e Limpresario
delle Smirne, Il dramma, xxiii, n.s., 1947, 42-44, p. 60.
305
ADELA GJATA
Simoni si posto ancora una volta di fronte ad un testo a lui caro come un orche-
stratore: un orchestratore vigile quantaltro mai al giuoco periglioso e cangiante dei
contrappunti, puntuale nel distendere e annodare il tessuto musicalmente complesso
e pur cristallino del dialogo, nel graduare lintrico fitto e vario delle voci. Ad una co-
s rigorosa strumentazione ha fatto riscontro unaltrettanta esatta armonizzazione del
mobile giuoco tecnico delle figure lungo larco della scena disegnata da Aldo Calvo.
Or pi larga e pacata, or pi stretta e concitata ed incalzante (si pensi al calcolatissi-
mo ed esemplare finale del secondatto) lorchestrazione visiva si fusa ed integrata
con quella vocale, a creare uno spettacolo lineare e vivido, dal quale I rusteghi sono
emersi in tutta la loro essenziale, intima, genuina teatralit.78
75. Ibid.
76. Ibid.
77. G.C. Castello, Palcoscenici di Venezia. I rusteghi e Limpresario delle Smirne di Goldoni,
Sipario, ii, 1947, 16-17, p. 79.
78. Ibid.
79. Fautore di questa chiave di lettura in sede letteraria Attilio Momigliano che ritiene
i dialoghi de I rusteghi tramati, delicatissimamente, sopra una linea di opera buffa. Storia della
letteratura italiana (1934), Milano, Principato, 198020, p. 338.
80. Possenti, Festival del teatro a Venezia. Due commedie di Goldoni con la regia di Simoni, cit.
306
LE REGIE GOLDONIANE DI RENATO SIMONI
81. Siccome poi il testo si presta, potresti inventar i dialetti per ciascun personaggio, limi-
tando i veneti al minimo possibile, scriveva Silvio dAmico a Simoni il 5 luglio 1947; Milano,
Museo teatrale alla Scala, Biblioteca Livia Simoni, CA 1756.
82. Programma di sala de Limpresario delle Smirne. ASAC, Sezione teatro, a. 1947. Cfr. anche
Possenti, I rusteghi e Limpresario delle Smirne, cit., p. 61.
83. Castello, Palcoscenici di Venezia, cit., pp. 78-80.
84. Cfr. il comunicato stampa della Biennale Teatro per lanno 1947. ASAC, Sezione teatro,
a. 1947.
85. Cfr. e.g. L. Zorzi, Una regia di Visconti (Limpresario delle Smirne) (1958), ora in Id.,
Lattore, la commedia, il drammaturgo, Torino, Einaudi, 1990, pp. 290-292; S. Mazzoni, Ludovico
Zorzi. Profilo di uno studioso inquieto, Drammaturgia, xi / n.s. 1, 2014, pp. 39-40.
86. Da una lettera manoscritta che Guido Salvini inviava a Elio Zorzi il 25 febbraio 1948
si apprende che Simoni sarebbe lietissimo di rimettere in scena LImpresario delle Smirne, ri-
veduto ampliato e corretto, qualora noi lo portassimo allestero, cosa che credo indispensabile
307
ADELA GJATA
308
SUMMARIES
SAGGI
Claudio Longhi
Per Luca Ronconi (1933-2015): quasi una leon de tnbres
The recent death of Luca Ronconi (February 21st, 2015) became the occasion to re-
trace his artistic path, of a forever restless adolescent, and to understand better his
typical traits. Among projects that will remain forever unfulfilled, titanic failures and
visionary shows, the keystone of the poetics of Ronconi turns out to be an inexhaust-
ible search of the infinite, in a dialectic between the exceeding of the limit and the
strenuous comparison with its inescapable necessity. The theatre of Ronconi, in its
giddy pursuit of what has no end, confesses its most genuine nature: an anatomi-
cal theatre of death.
Keywords: Luca Ronconi, Stage direction, Drama, Acting, Anatomical theatre.
Sara Mamone
Drammaturgia di macchine nel teatro granducale fiorentino. Il teatro degli Uffizi da
Buontalenti ai Parigi
The essay covers the great Florentine representations of XVIth and XVIIth century,
finding a common denominator (beyond the self-celebratory value) in the virtuos-
ity of the machinery, which soon exceeds the textual dramaturgy. This one, in fact,
serves a peculiar dramaturgy of the machines, which become mythopoetic, bend-
ing the poetic invention to their own needs. Through a precise and detailed series
of comparisons between the various episodes, here the history of the Medicis spec-
tacle is examined following a possible craft and engineering interpretation, precisely
showing how the reutilization of the technological heritage conditioned the entirety
of the spectacle.
Keywords: Dramaturgy, Machinery, Teatro degli Uffizi.
The essay reconstructs the chronological details of the construction and disposal of
the Teatro degli Uffizi. An extensive unpublished documentation, and a newly dis-
covered plan of the theatre in the Archivio di Stato di Modena, bring to light hitherto
unknown persons and situations. The study anticipates reflections and proposals for a
structural solution that would modify the model proposed in 1975 by Ludovico Zorzi.
As a foundation of these new hypotheses, the essay offers a re-reading of the Vitruvi-
uss theories on which the florentine highly specialised technical skills were based on.
Keywords: Teatro degli Uffizi, Giorgio Vasari, Bernardo Buontalenti.
Caterina Pagnini
Anna di Danimarca e i Queens Masques (1604-1611)
This essay offers a preliminary portrait of Anna of Denmark, queen of Scotland from
1589 for her marriage with James VI and queen of England, Scotland and Ireland for
her husbands accession to the throne as James I in 1603. Unjustly described by the
anti-jacobean storiography as a vague character, changeable and superficial, extremely
frivolous because of her interest in the court revels, Anna was instead an emblem-
atic and eclectic personality, both in politics and cultural activity, expecially for her
patronage of arts, artists and spectacle. Patron of painters, musicians and actors, con-
noisseurs of the Italian Renaissance architecture, Anna was the effective promoter
of the english court spectacle, creating a series of yearly events which, from 1604 to
1611, signed the ultimate codification of the English masque.
Keywords: English court spectacle, Masque, Anna of Denmark, Inigo Jones.
Franoise Siguret
La lumire et le temps sur la scne baroque : Poetique & Pratique
Time: Aristotle, in the Poetics, recommends the playwright to confine his tragedy
within two revolutions of the sun; the concept refers to the light perception, to the
fact that greek drama is acted in the open air. The messengers and the chorus repre-
sented on the stage, in the present time, what happened outside of it. In the age of
the French classical theatre, the chronological sequence of the action had to conform
to the laws of the reason: the so-called rule of the twenty-four hours became an in-
disputable rule of the action. A time exactly measured, substituting the time of the
light, cyclical and mythical. In Italy, pastorals, mythological melodramas and all that
belonged to the court entertainments (ballets, operas, tournaments) conformed to
a cyclical time in which the four seasons constituted the scenery, linking life to the
four liturgical seasons and to the four parts of the day, from noon to midnight (cfr.
Endymion and the Ballet de la Nuit). Light: Need to light up the indoor playhouse for
practical and moral issues. Italian craftsmen implement the technical tools; a certain
difference between primary light (intended to light up the stage and the auditorium)
and the lumi (the supplementary lighting related to a specific performance). Buontal-
entis lighting devices (sun, moon), rainbows, divine and princely splendour will en-
310
SUMMARIES
chant the spectators. France will discover these stagecraft effects with the Calandria
(1548), without subsequent developments. Afterwards, Corneille will be fascinated
by the baroque charm (Mde, 1639 and Andromde, 1650). In the second half of the
XVIIth century, while machinery invades opera and tragedy in music, Racine refuses
anything intended to deceive the eye, though creates a lighting that may be listened
(Britannicus). The Allegories (the other discourse) convey meanings on the baroque
stage through the perpetual slow motion of the gods and Time, till the final glory
of the Prince: Cosimo = cosmos. Galileo and Vespucci, medicean glories, explorers of
the theatre of the world, knew that History finds its own sense only in the perpetual
motion of the earth around the sun. Time is nothing but a Lights accident.
Keywords: Light, Time, Poetics, Allegories, History.
Paologiovanni Maione
Il possesso della scena: gente di teatro in musica tra Sei e Settecento
The present article investigates the training of female stage practitioners and their
versatility in performing different genres. Through select case studies such as those
of Giulia de Caro and Teresa Gandini it aims to trace the careers of actresses seek-
ing to create an identity in the stage industry. Several sources describe their still
unknown professional development, focusing both on parts and roles and on their
performing skills (singing, dance, prose). As members of a society and a stage indus-
try which still defy a thorough illustration, they reveal complex personalities that go
far beyond brief and concise biographies. Needless to say, they interact with multi-
tasking colleagues, as can be seen in the troupes of Domenico Antonio Di Fiore and
Gabriele Costantini, whose actors were eager to work on different stages, showing
how varied and intriguing their specialization was.
Keywords: Italian Opera, Singers, Naples, Giulia de Caro, Teresa Gandini.
Anna Scannapieco
I numeri delle comiche italiane del Settecento. Primi appunti
Preamble and stimulus to more systematic investigations, the paper proposes an ini-
tial review of the actresses demography in Italy in the 18th century. Beyond its sig-
nificant quantitative impact, the female component is significant above all because
it attests the persistence of that mixture of different performative languages which is
the distinctive feature of the Commedia dellArte, and that not yet overwhelmed
by the sectoral progress of professional skills , is still visible in the 18th century.
From a preliminary anagraphic survey, and through the sieve of exemplary events
(like that of many actresses, as the Medebach and Marliani, Passalacqua and Rosina
Costa, Teresa Gandini; Maria Donati, Antonia DArbes, Teodora Ricci and her sis-
311
SUMMARIES
ters, Faustina Tesi), it emerges clearly the phenomenon of actresses who build their
professionalism even as acrobats, dancers, singers and even businesswomen: this phe-
nomenon is a particularly eloquent, when compared to a historical and legal context
in which the capacity deficit (that excluded women from the public sphere and from
holding officia and munera) had the full force of law and in which the status of owner
collided with that of minus habens. In short, new legal and artistic identities are as-
serting on the Italian scene of 18th century.
Keywords: Commedia dellArte, 18th century actresses and multimedia, Carlo Gold-
oni, Womens artistic and juridical identities in the 18th century.
Franco Perrelli
Il mulo di Lessing
In Hamburg Dramaturgy, the lengthy parallel analysis that Lessing devoted to the trag-
edies of Maffei and Voltaire about the figure of Merope, led him to an Enlighten-
ment re-reading of Aristotle and to an hypothetical reconstruction of Euripides
Cresphontes. In this way, the German critic was able to underline Euripides attitude
to a technique of preliminary revelation of the characters and the nodal points of the
plot: on one side, it can reduce the suspense; on the other, it avoids the most superfi-
cial coups de thtre, shifting the tragic effect from what to how it occurs. Contest-
ing the position of Abb dAubignac and supporting Diderot, Lessing realized that a
considerable part of this Euripidean technique is based on the remixing of diegesis
and dramatic mimesis: it is an uncommon hybrid of genres that appears efficacious
and extremely useful (just like the intersection from which is generated a mule). Less-
ings analysis had an important and documented influence on the modern theatre:
here, we can find a Sophoclean approach (Ibsen) and an Euripidean approach to the
drama. In particular, the Euripidean line is developed in Strindbergs epic dramatur-
gy and, in all its evidence, in Brecht.
Keywords: Drama, Mimesis, Diegesis.
Alessandro Tinterri
Silvio dAmico e la nascita del Burcardo
Silvio dAmico played a central role in the birth and development of the Theatrical
Collection of the Italian Society of Authors and Publishers (S.I.A.E.), named Bur-
cardo Library and Theatre Collection, and in the acquisition of Luigi Rasis Theat-
rical Collection.
Keywords: Silvio dAmico, Burcardo Library and Theatre Collection, Theatrical
heritage, Luigi Rasi.
312
SUMMARIES
DOCUMENTI E TESTIMONIANZE
Teresa Megale
Eleonora Duse. Nuovi frammenti autografi di un lungo percorso teatrale
This essay offers the reading of several Eleonora Duses unpublished works, written
during a period of time between 1883 and 1921. In these writings a variously as-
sorted network of correspondents (playwrighters, journalists, actors and antiquar-
ians) meets. The autographs (most of them addressed to Achille Torelli) enrich the
sources about the study of the actress. In each of them, the personal life of Eleonora
Duse intersects with the theatrical profession until her biography merges with her,
never satisfied, projects.
Keyword: Eleonora Duse, Primary Sources, History of actors, Dramaturgy, Biogra-
phy, History of the contemporary theatre.
On the 16th of June 2015, the premiere of the opera CO2 by Giorgio Battistelli, based
on a libretto by Ian Burton and directed by Robert Carsen, opened at the Teatro al-
la Scala, meeting with great acclaim from the critics and public. After a long period
of preparatory work and many changes in the production, the opera coincided with
EXPO 2015, addressing, as it does, environmental issues and deliberately broaching
exceptionally topical issues in economic, social and political thinking. Highlighting
a subject as urgent as the pollution of the Earth in an operatic setting achieved a dou-
ble effect: it created an opera which functions as a means of reflection on contempo-
rary reality this is already evident in the title, a chemical formula repeated so often
nowadays that it even appears in the recent papal encyclical and produced sung
theatre with no frills which is able to express a universal truth. These elements are at
the heart of the operas originality: CO2 can rightly be considered the opera of the
New Millennium. During the conversation, which took place in Rome on the 30th
of March 2015, Giorgio Battistelli talked with great enthusiasm about how important
it is to make music theatre an expression of social commitment. When he speaks on
this subject, you can perceive his close attention for the theatrical word, for the mu-
sicality of his work and for its ethical and ideological content which, however, never
falls into the trap of rhetoric. The sincerity and character of the author shine through
the interview, as do his writing methods, and in the generous and forthcoming dia-
logue we get a faithful picture of his painstaking creative process.
Keywords: Giorgio Battistelli, CO2 , Teatro alla Scala.
313
SUMMARIES
RICERCHE IN CORSO
In Spain exists a rich documentary and bibliographic patrimony about the activities
of players and acting companies in the Golden Century. This essay offers an update
historiographic overview and highlights the progress allowed by the new technolo-
gies and by the publishing of databases containing relevant research tools concern-
ing the stage practice.
Keywords: Spanish theatre, Golden Century, Actors.
Francesca Simoncini
Le prime attrici della compagnia Reale Sarda nel database AMAtI
The section is dedicated to the profiles of three important actresses active in the first
half of the 19th century: Carlotta Marchionni (1796-1861), Amalia Bettini (1809-
1894), Antonietta Robotti (1817-1864).
Born into an acting family, she began her career in companies in Tuscany. She gained
her first leading actress role in 1811 in the troupe run by her mother, Elisabetta, and by
Antonio Belloni, Carlo Calamari and Ferdinando Meraviglia. In 1823 she became the
leading actress of the Compagnia Reale Sarda (The Royal Sardinian Company). It is her
ability to harmonise her craft, her business sense and the new theories on acting which
creates the quality that leads her to achieve a prime position in the history of Italian theatre.
Keywords: Biography, Actresses, Repertory, Performances.
Daniela Sar
Amalia Bettini
Amorosa, then leading actress, the most appreciated and sought after actress of the
1830s. She had an intense and longstanding relationship with the poet Giuseppe Gio-
achino Belli. In the latter years of her career she performed in the Compagnia Reale
Sarda (The Royal Sardinian Company).
Keywords: Biography, Actresses, Repertory, Performances.
314
SUMMARIES
Emanuela Agostini
Antonietta Robotti
As one of the most important leading actresses of the 19th century, she performed in
the Ducale di Parma Company (1839-1842) and for a whole decade (1842-1853) in
the Compagnia Reale Sarda (The Royal Sardinian Company). After 1853 she found-
ed and directed with her husband Luigi their own companies.
Keywords: Biography, Actresses, Repertory, Performances.
Gianluca Stefani
Sebastiano Ricci impresario in angustie a Venezia: i guai della stagione 1718-1719 al
SantAngelo
Sebastiano Ricci was not only one of the greatest painters of the 18th century, but an
active impresario in the Venetian opera houses at the beginning of the early 18th centu-
ry.Thanks to the rediscovery of some notarial and judicial documents in the Archivio di
Stato of Venice, we can reconstruct thecircumstances under which he becamemanager
of the Teatro di SantAngelo in the season 1718-1719, a season marked by his succession
to the previous impresario Antonio Moretti (known as Modotto) and by his legal dispute
with the violinists Giovan Battista and Ludovico Madonis at the tribunal del Forestier.
Keywords: Sebastiano Ricci, Venice, Teatro di santAngelo, Antonio Moretti detto
Modotto, Madonis (violinists).
Adela Gjata
Le regie goldoniane di Renato Simoni (1936-1947)
The study aims to reconstruct Renato Simonis stage directing investigated through
the analysis of the outdoor Goldonian performances set up for the Festival of Venice
in the years 1936-1947. These exceptional events employed top level dramatic artists.
Simoni was one of the first directors who responsibly exercises his professional func-
tion, a profession that struggled to settle in the national theater system. His directing,
built on an idea centred on the text, according to Silvio dAmicos teaching, is based
on a very accurate playwriting, that aims to revalue the Italian drama in its best act-
ing tradition. Simoni never reached a tradition-breaking linguistic innovation, but
achieved the connection between the word and the image, that will be a cornerstone
of the critical stage directing after World War II.
Keywords: Renato Simoni, Carlo Goldoni, Direction, Theater Festival, Biennale
of Venice.
315
GLI AUTORI
Emanuela Agostini dottore di ricerca tacolo del Seicento, sul teatro di Carlo
in Storia dello spettacolo presso lUniver- Goldoni, sulla drammaturgia dellOtto-
sit di Firenze (tutor: Siro Ferrone).Dal cento e sul teatro contemporaneo. Dirige
2006 fa parte della redazione dellArchi- lArchivio Multimediale degli Attori
vio Multimediale degli Attori Italiani. Italiani, la collana Storia dello spetta-
Tra i suoi ambiti di interesse si segnala- colo, nonch, con Stefano Mazzoni,
no la Commedia dellArte e le biografie la rivista annuale cartacea e digitale
di attrici e attori italiani dellOtto e del Drammaturgia e il portale telematico
Novecento. Ha pubblicato il volume Il dattualit drammaturgia.fupress.net. Tra
Bergamasco in commedia. La tradizione di i suoi volumi pi recenti: La Commedia
Zanni nel teatro dantico regime(2012). dellArte. Attrici e attori italiani in Europa
(XVI-XVIII secolo) (2014); La vita e il tea-
Teresa Ferrer Valls professore ordina- tro di Carlo Goldoni (2011); Attori mercanti
rio di Letteratura spagnola nellUniversi- corsari. La Commedia dellArte in Europa tra
t di Valencia. Si occupa principalmente Cinque e Seicento (20112, 1993); Arlecchino.
del teatro spagnolo dei Secoli dOro. Ha Vita e avventure di Tristano Martinelli attore
pubblicato saggi sul mecenatismo teatra- (2006; ed. francese 2008).
le, sui rapporti tra fasto e teatro di corte,
sugli attori e le compagnie teatrali dei Adela Gjata dottore di ricerca in Storia
secoli XVI e XVII, sulle drammaturghe dello spettacolo presso lUniversit di
barocche e su Lope de Vega, Luis Vlez Firenze (tutor: Renzo Guardenti). Ha
de Guevara, Antonio Mira de Amescua condotto studi sulle culture teatrali del
e Cristbal de Virus. Per quindici anni Novecento. In corso di pubblicazione il
ha diretto il progetto di ricerca che ha da- volume: Il grande eclettico. Renato Simoni nel
to origine al grande database Diccionario teatro italiano del primo Novecento, vincito-
biogrfico de actores del teatro clsico espaol. re del Premio Ricerca Citt di Firenze
DICAT (2008). Attualmente il grup- 2014.
po diretto da Teresa Ferrer impegna-
to nel progetto CATCOM. Las comedias Claudio Longhi, docente di Storia e
y sus representantes. Base de datos de come- istituzioni di regia presso lUniversit di
dias mencionadas en la documentacin teatral Bologna, ha pubblicato, tra laltro: Marisa
(1540-1700). Fabbri: lungo viaggio attraverso il teatro di re-
gia (2010); LOrlando furioso di Ariosto-
Siro Ferrone, professore ordinario di Sanguineti per Luca Ronconi (2006); La
Storia del teatro e dello spettacolo presso drammaturgia del Novecento tra romanzo e
lUniversit di Firenze, autore di libri montaggio (1999). Dal 2008 collabora al
sulla Commedia dellArte e sullo spet- progetto Archivio Multimediale degli
Attori Italiani. Al lavoro di ricerca affian- (2003); Il teatro nella Firenze medicea (19912,
ca limpegno teatrale attivo: dal 1995 al 1981); Firenze e Parigi, due capitali dello
2002 stato assistente di Luca Ronconi spettacolo per una regina: Maria de Medici
e dal 1999 ha iniziato a firmare in pro- (19882, ed. francese 1990).
prio la regia di spettacoli per i maggiori
teatri italiani. Stefano Mazzoni, docente di Storia del
teatro e dello spettacolo e Storia del tea-
Paologiovanni Maione docente di tro antico presso lUniversit di Firenze,
Storia della musica presso il Conservatorio specialista della drammaturgia e delli-
San Pietro a Majella di Napoli, ricercatore conologia degli spazi del teatro antico
dellIstituto italiano per gli Studi filoso- e moderno in occidente edi storiogra-
fici di Napoli, consulente per le attivi- fia teatrale. Dirige, con Siro Ferrone,
t musicologiche della Fondazione Piet la rivista annuale cartacea e digitale
de Turchini-Centro di musica antica di Drammaturgia e il portale telemati-
Napoli, membro del comitato scientifi- co dattualit drammaturgia.fupress.net.
co della Fondazione Pergolesi-Spontini responsabile della sezione Scena della
di Jesi e del Da Ponte Research Center rivista digitale Dionysus ex Machina.
di Vienna. Collabora con vari gruppi Tra le sue pubblicazioni: Ludovico Zorzi.
di musica barocca. Ha collaborato con Profilo di uno studioso inquieto (2014);
la Societ italiana di musicologia e at- LOlimpico di Vicenza: un teatro e la sua
tualmente nel comitato consultivo del perpetua memoria (20102, 1998); Pano-
settore convegni. Ha pubblicato diversi rama di Pompei: storia dello spettacolo e mon-
volumi e suoi saggi sono apparsi in pre- do antico (2008); Atlante iconografico. Spazi
stigiose riviste italiane e straniere e in li- e forme dello spettacolo in occidente dal mondo
bri miscellanei. antico a Wagner (20084, 2003); La fabbrica
del Goldoni. Architettura e cultura teatrale
Sara Mamone, professore ordinario di a Livorno (1658-1847) (1989); Il teatro di
Storia del teatro e dello spettacolo presso Sabbioneta (1985).
lUniversit di Firenze, si occupata in
particolare della civilt teatrale fiorentina Teresa Megale professore di Storia del
e dei rapporti tra questa e la Francia nei teatro e dello spettacolo presso lUniver-
secoli XVI-XVII. Tra i suoi altri campi sit di Firenze. Tra i campi privilegiati
dinteresse il rapporto fra arte figurativa delle sue ricerche: la Commedia dellAr-
e arti performative e quello tra mecenati te, la storia degli attori, la drammatur-
e performers. Tra i suoi lavori: Mattias de gia italiana tra Seicento e Novecento.
Medici serenissimo, vero mecenate dei virtuo- Suo interesse scientifico preminente la
si. Notizie di spettacolo nei carteggi medicei. civilt teatrale napoletana studiata nelle
Carteggio di Mattias de Medici (1629-1667) manifestazioni di et moderna e contem-
(2013); Serenissimi fratelli principi impresa- poranea. Nel 2006 ha fondato Binario di
ri. Notizie di spettacolo nei carteggi medi- scambio, compagnia teatrale dellAteneo
cei. Carteggi di Giovan Carlo e di Desiderio di Firenze, che tuttora dirige. Fa parte
Montemagni suo segretario (1628-1664) di Drammaturgia sin dalla sua nasci-
(2003); Di, semidei, uomini. Lo spettacolo ta, nel 1994. Tra le sue pubblicazioni:
fiorentino fra neoplatonismo e realt borghese Mirandolina e le sue interpreti. Attrici italiane
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GLI AUTORI
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GLI AUTORI
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GLI AUTORI
Spettacolo. Dal 2015 consigliere scien- atrali bolognesi tra Cinque e Seicento.
tifico di Fondazione Ansaldo. caporedattore della rivista annua-
le Drammaturgia. Tra i suoi lavori:
Lorena Vallieri dottore di ricerca in Accademie, cultura e spettacolo a Bologna nel
Storia dello spettacolo presso lUniver- Cinquecento (in preparazione); Prospero
sit di Firenze (tutor: Stefano Mazzoni). Fontana pittore-scenografo a Bologna (1543)
Ha condotto studi sulle accademie te- (2014).
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SAGGI
Claudio Longhi, Per Luca Ronconi (1933-2015): quasi una leon de tenbres 7
Sara Mamone, Drammaturgia di macchine nel teatro granducale fiorentino. Il teatro
degli Uffizi da Buontalenti ai Parigi 17
Anna Maria Testaverde, Lavventura del teatro granducale degli Uffizi (1586-1637) 45
Caterina Pagnini, Anna di Danimarca e i Queens Masques (1604-1611) 71
Franoise Siguret, La lumire et le temps sur la scne baroque : Poetique & Pratique 89
Paologiovanni Maione, Il possesso della scena: gente di teatro in musica tra Sei e
Settecento 97
Anna Scannapieco, I numeri delle comiche italiane del Settecento. Primi appunti 109
Franco Perrelli, Il mulo di Lessing 129
Alessandro Tinterri, Silvio dAmico e la nascita del Burcardo 141
DOCUMENTI E TESTIMONIANZE
Teresa Megale, Eleonora Duse. Nuovi frammenti autografi di un lungo percorso teatrale 151
Co2. Intervista a Giorgio Battistelli, a cura di Anna Menichetti 169
RICERCHE IN CORSO
Teresa Ferrer Valls, Il punto sul mondo degli attori del Siglo de Oro 185
Francesca Simoncini, Le prime attrici della compagnia Reale Sarda nel database
AMAtI 197
Francesca Simoncini-Antonio Tacchi, Carlotta Marchionni 201
Daniela Sar, Amalia Bettini 223
Emanuela Agostini, Antonietta Robotti 241
SUMMARIES 309
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