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DAL MYSTERION ALLA MISTICA

Premessa
Ogni cosa piena di divinit, esclam a suo tempo
Talete di Mileto. Il monoteismo biblico spazz via gli dei,
lasciando sola nella sua gloria la terribile maest
dellunico Dio. Tuttavia, quellonnipresente realt del
divino continu per lungo tempo a perdurare, individuata
non gi negli dei, bens negli angeli: quegli esseri
luminosi che sono testimoni della pienezza della gloria
divina, [...] rivelatori sia della trascendenza di Dio che
della sua presenza nel mondo. Gli angeli manifestano
soprattutto la sollecitudine di Dio per questo mondo, sia
del Dio che giudica sia del Dio che redime. Orbene, nulla
resta fuori da tale sollecitudine. Come dice un autore
rabbinico, non vi germoglio sulla terra che non abbia in
cielo il suo protettore o custode. Cos afferma P.L.
Berger dellUniversit di Boston, a conclusione de Il
brusio degli angeli (1) [Nota 1. Bologna 1970, p. 155]: il
suo una sorta dinvito alluomo di tutte le stagioni a
non eludere il mistero che lo circonda n tantomeno a
ignorare il brusio degli angeli, cio i segni del mistero
divino, che spesso egli incrocia e non riesce a cogliere.
Lessere parte del Mistero divino sinterseca con la
consapevolezza di partecipare a una vera e propria tensione
tra la perfezione e limperfezione del limite creaturale.
Questo , in sostanza, il motivo conduttore che sottende il
tragitto che va dal mistero alla mistica.

Circoscrizione e articolazione del tema


Il titolo del presente contributo pu apparire ampio e
generico, poco compatibile con una corretta metodologia
storico-religiosa, se lo sinterpreta come una semplice
enunciazione di un rapporto di derivazione o di connessione
tra i riti del mondo antico, i mysteria, e la mistica. In
realt, tale rapporto solo il punto di partenza, sul
quale si tenter di ricostruire il nucleo centrale da cui
si svilupper, come da linfa vitale, unesperienza
religiosa di natura particolare, quella che poi sar
definita mistica, e poi mistica cristiana, nella sua
dimensione esperienziale, nel corso dei secoli.
Dopo aver esaminato molto brevemente il problema semantico
sollevato dalluso del termine mystikos per indicare
unesperienza spirituale definibile necessariamente in
rapporto al Mistero (2) [Nota 2. Va ricordato che per

1
Henri de Lubac, ritornare alle fonti vuol dire, in buona
sostanza, ritornare al Mistero, concetto biblico centrale,
introdotto soprattutto da Paolo per spiegare lintera
esistenza di Cristo, vero Dio e vero uomo. Sul mistero di
Dio, rivelato in Cristo Ges, si fonda il mistero
delluomo; di conseguenza, questi due misteri si spiegano
alla luce del mistero del soprannaturale, la cui
rivelazione e realizzazione totale si ha nel mistero del
Cristo pasquale, vivente nel mistero della Chiesa: cf H. de
LUBAC, Mistica e mistero cristiano, Milano 1979, p. 9ss.] si
potranno osservare analogie e differenze tra i misteri
pagani e il mistero cristiano, e pi precisamente quel
mistero di Cristo e della sua croce che Paolo ha descritto
come il grande mistero rivelatore del piano salvifico di
Dio. Paolo, quindi, rappresenta il passaggio dai misteri
pagani al Mistero cristiano, fondamento dellesperienza
mistica .
La parola greca mysterion, assurge in Paolo a concetto
centrale, introdotto per spiegare lesperienza mistica,
fatta dal credente, del mistero di Cristo (cf Ef 1-3; Col
1-2), in particolare delle sue azioni salvifiche,
culminanti nel mistero pasquale. Sullintuizione
dellApostolo insisteranno alcuni teologi della Chiesa
greca, quali ad esempio Gregorio di Nissa, Origene, Dionigi
lAreopagita, per chiarire il rapporto tra mistero e
mistica e reinterpretare questultima in chiave prettamente
biblico-teologica e sacramentale. I termini mysterion e
mystikos, uniti indissolubilmente tra loro, vengono
impiegati dai Padri per chiamare mistico ci che ha
rapporto con i santi misteri (3) [Nota 3. Cf K. PRMM,
Mysterium von Paulus bis Origenes, in Zeitschrift fr
Katholische Theologie 61 (1937), pp. 391-425].
Percorrendo, a volo duccello, levoluzione del termine
mystikos nei suoi essenziali passaggi storici, si pu
facilmente evincere come questo termine signific dapprima
unesegesi spirituale, quindi allegorica dei testi biblici
e liturgici, orientata su Cristo e sulla Chiesa (4) [Nota
4. Cf H. de LUBAC, Esegesi medievale. I quattro sensi della
Scrittura, 2 voll., Roma 1972]. In seguito, venne a
significare lo sforzo dellanima che scopre la presenza di
Dio nella Bibbia e nella liturgia e, quasi allo stesso
tempo, lesperienza interiore dellunione con Dio. Molto
presto, da un significato oggettivo ed esegetico del
termine, si pervenne ad un significato soggettivo e
sperimentale. Difatti, mistico-mistero, cio la realt

2
divina sempre nascosta, pass ad indicare loggetto proprio
della fede: Ges Cristo morto e risorto per la salvezza
degli uomini. Lattenzione venne, cos, a spostarsi
sullazione di Dio nel soggetto che passivamente la
riceve; questa vera e propria esperienza mistica viene
sperimentata in virt di una grazia sacramentale, il cui
luogo normale di realizzazione la Chiesa e le cui
condizioni indispensabili sono la vita teologale e i
sacramenti.
Se per mistica sintende, molto sommariamente, lesperienza
del mistero del divino Trascendente si pu osservare come
tale esperienza - nel senso lato di questo termine sia
presente, nei suoi pi alti vertici, anche in religioni e
tradizioni culturali diverse. Oggi, gli studiosi
comunemente ammettono sia luniversalit sia la non
distinzione di ci che si chiama mistica o misticismo in
tutte le grandi religioni mondiali e la cui radice si pu
ritrovare appunto nel mistero orginario.
Infine, risulter evidente che la mistica, nel senso che si
tentato di precisare nello svolgimento del presente
saggio, seguendone levoluzione semantica e la precisazione
teologica nella Chiesa, unesperienza, lesperienza quale
chiave di lettura del mistero delluomo e del suo fine
ultimo.

In principio il mysterion
Il termine mistica (5) [Nota 5. Cf L. BOUYER, Mystique.
Essai sur lhistoire dun mot, in La Vie Spiritelle Suppl 9
(1949), pp. 3-23] o misticismo (6) Nota 6. Il Lalande
nel suo Vocabulaire de la philosophie (19475, p. 664) ne d
la seguente definizione: E la credenza nella possiblit
di una unione intima e diretta dello spirito umano con il
principio fondamentale dellessere, unione che costituisce,
a un tempo, un modo di esistere e di conoscere diversi e
superiori rispetto allesistenza e alla conoscenza
normali. Tale definizione presenta il duplice vantaggio di
non introdurre il termine Dio, che certi mistici orientali
rifiuterebbero, e, al tempo stesso, dinsistere in eguale
misura sugli aspetti esistenziali e conoscitivi
dellesperienza umana] ha origini molto lontane e in
teologia ha ricevuto la sua attuale accezione solo in tempi
relativamente recenti. Un primo importante impulso allo
studio moderno della mistica risale al 1899, quando
langlicano Dean William Inge pubblic a Londra le sue

3
Bampton Lectures con il titolo Christian Mysticism. In
unappendice a quellopera, Inge elenc e critic non meno
di ventisei definizioni di mistica e di teologia mistica
(7) [Nota 7. In questa e in altre sue opere Inge mette in
evidenza una sintesi tra Plotino e san Paolo, preparata tra
laltro dalla tradizione giovannea, che allora un autore
cattolico, come il barone Friedrich von Hgel (nella sua
opera: The mystical Element of Religion, as studied in
Saint Catherine of Genova and his Friends, London 1908),
supponeva tinta di filosofia platonica; cf J.A. WISEMAN,
Mistica, in Nuovo Dizionario di Spiritualit, Citt del
Vaticano 2003, pp. 450-460].
In realt, questo ed altri studi sullargomento rimandavano
alla semantica, ove non tanto il sostantivo mistica
quanto laggettivo mistico (mystikos) dice relazione con
i misteri, per indicare una sorta desperienza religiosa di
natura specialissima, definita in seguito mistica secondo
il vocabolario rispettivo delle moderne lingue occidentali.
Se si approfondisce questo fenomeno cos complesso, il
concetto di mistica pone problemi analoghi a quelli di
altre categorie quali religione, sacro, santo, per
cui il metodo storico-comparato sembra lunico adatto per
comprendere luso del termine mistico per fenomeni affini
e/o dissimili presenti nelle diverse storie religiose. Ed
proprio una seria ricerca storico-comparata sulla mistica
che necessariamente impone di collocarsi nellambiente
storico nel quale il termine mistico ha origine, cio la
Grecia. Nella religione dei Greci sussistono precise
motivazioni storico-religiose circa luso dellaggettivo
mystikos, concernenti appunto la sfera dei mysteria greci,
per designare una certa esperienza definita poi mistica
delle realt segrete, nascoste, di ordine morale e
religioso. I primi documenti che registrano il termine
mysteria si situano in unampia sfera semantica assieme a
mystikos, che discende in questa sua forma aggettivale ikos
da mystes, il mista, colui che ha ricevuto una myesis,
una iniziazione. Questultimo termine, a sua volta,
discende dal verbo myein che significa iniziare, sottoporre
qualcuno a un rito iniziatico, mentre nella forma medio-
passiva myesthai vuol dire venire iniziato. Quanto a
misterico (mysterikos), inteso come una specificazione
ulteriore del concetto pi ampio di mistico, dipende, con
il suffisso aggettivale ikos, dal sostantivo mysteria per
indicare in questa forma plurale i riti misterici, ovvero
le teletai, i riti sacri, quando questultimo termine viene

4
usato come equivalente di mysteria. Tutti questi termini,
compreso mysterion, usato soprattutto nella forma plurale
(ta mysteria), sono apparentati tra loro sulla base della
stessa radice my-. Gi nellantichit tale radice fu messa
in rapporto con quella del verbo myo, che significa
chiudo, usato in forma assoluta nel senso di chiudere gli
occhi o la bocca: gli occhi per non vedere ci che
segreto e la bocca per non rivelarne nulla.
Sulla base di tale rapporto, stato individuato in questi
termini anche un carattere esoterico dei riti iniziatici,
stando alla definizione dello scoliaste delle Rane di
Aristofane, ripresa e ampliata nel lessico di Suida,
secondo la quale i misteri furono cos chiamati per il
fatto che coloro che ascoltavano dovevano chiudere la bocca
e non spiegare ad alcuno quelle cose. Myein infatti
significa chiudere la bocca (8) [Nota 8. Schol. in Ranas
vs. 456, ed. DEUBNER, 289; Suida, Lexicon alla voce
mysteria, ed. A. ADLER, III, Stuttgart 1933, p. 430: G.SFAMENI
GASPARRO, Dai misteri alla mistica: semantica di una parola,
in La Mistica, I, Roma 1984, p. 75]. Comunque, i termini in
questione hanno sempre soprattutto un significato religioso
e morale, per cui sono riferiti anche al culto, al quale
veniva ammesso il fedele dopo una previa iniziazione.
Se andiamo ad osservare i grandi misteri, quelli di Eleusi,
i misteri per eccellenza - dai quali gli altri misteri
mutueranno contenuti e carattere ritroviamo diversi
elementi che aiutano a comprendere meglio il mysterion.
Dalle ricerche fatte in merito si sa che il grado superiore
delliniziazione, lepopteia, cio la visione, comportava,
durante la notte, unimprovvisa illuminazione
dellanaktoron, il santuario nel quale erano abitualmente
custoditi gli oggetti sacri (ta iera) di Eleusi. Lo
ierofante, il gran sacerdote dei misteri che presiedeva
nelle celebrazioni dei misteri al rito di iniziazione,
mostrava ai misti tali simbolici oggetti sacri, di cui si
sa poco. Si pu intuire, al massimo, che in relazione con
questa visione, lo ierofante presentava il simbolo
eleusino per eccellenza, che forse, secondo alcuni testi,
era una spiga recisa di grano, contemplata in silenzio
dagli iniziati quale oggetto specifico della suprema
visione.
A questo rituale primitivo del primo covone falciato alla
fine dellestate, quando luomo pass da uno stadio
elementare di coltura a quello pi completo
dellagricoltura, si colleg la ierogamia, unione di un dio

5
con una dea o di due principi complementari dei sessi
opposti, presenti in molte religioni. Un senso intimo si
manifesta nelluomo il quale assumeva una prima coscienza
riflessa di se stesso: luomo si scopriva come colui che
sollecitava questo atto fecondatore apparentandosi - o
addirittura identificandosi - con la fecondit dellintero
cosmo.
E in considerazione di questo fatto generale che ci che
ci viene detto a proposito di Eleusi della spiga di grano
recisa e contemplata nel silenzio dai misti ha forti
probabilit di essere stata il culmine di tutto il rituale,
e molto pi probabilmente il suo elemento pi originale,
ossia la cellula iniziale a partire dalla quale tutto il
resto avrebbe preso vita. Questo in fondo il mistero
segreto celebrato dagli iniziati ad Eleusi, ove,
misteriosamente ma non meno concretamente, la vita fioriva
e rifioriva per le mani degli uomini dal chicco di grano
gettato nella terra (si noti la forte somiglianza con
lespressione di Giovanni 12,24), ma che vi muore solo per
rivivervi completamente in una spiga, quindi in una
inesauribile messe. Ci che accade nei misteri di Eleusi
espressione rituale di ogni popolo (9) [Nota 9. Cf a questo
riguardo tra i tanti studi: P. FOUCART, Les mystres
dEleusis, Paris 1914; N. TURCHI, Fontes historiae
mysteriorum aevi hellenistici, Roma 1930].

Misteri pagani e mistero cristiano (10)

[Nota 10. Cf H. RAHNER, Mysterion. Il mistero cristiano e i


misteri pagani, Brescia 1952, ma soprattutto lo studio
completo di L. BOUYER, Mysterion. Dal mistero alla mistica,
Citt del Vaticano 1998].

Proprio approfondendo i misteri dellantichit, che si


celebravano nel santuario, Odo Casel (11)
[Nota 11. Nasce nel 1886 a Koblenz-Ltzel. Dopo un breve
periodo di studi allUniversit di Bonn, nel 1905 entra
nellabbazia di Maria Laach. Allinizio delle sue ricerche
scientifiche si collocano due dissertazioni, una teologica:
La dottrina eucaristica in san Giustino martire, discussa a
SantAnselmo nel 1914, e unaltra filologica: De
philosophorum silentio mystico, discussa allUniversit di
Bonn nel 1919. Nel 1932, pubblica quellopera che ancora

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oggi permette una prima intuizione autentica della sua
teologia dei misteri: Il mistero del culto cristiano
(tr.it. Roma 1985)[]. La tesi fondamentale che sorregge
tutto linsegnamento dottrinale di Casel nellopera Das
Gedchtnis des Herrn in der altchristlichen Liturgien. Die
Grundgedanken des Messkanons (1918). Nel memoriale del
Signore lopera di salvezza presente nellAzione sacra
della celebrazione della santa Messa; la sua tesi
fondamentale presente anche nel libro Die Liturgie als
Mysterienfeier (1922). Il Casel vede in quellazione
sacra del Memoriale di Cristo la realizzazione ideale
perfetta dellEidos cultico del Mysterion. Questo, in
nessun modo, vuol dire una dipendenza di Cristo e della
Chiesa apostolica dai misteri ellenistici, ma indica che il
tipo ideale di questi misteri, mai perfettamente trovato
nei riti pagani, stato realizzato perfettamente e
sovranamente nel rito cristiano. Infatti, il concetto di
Mysterion, tratto dalla storia delle religioni, stato
soltanto lo Sprunghrett (= trampolino), ma ora, in modo
perfetto, esso realizzato nella realt cristiana (B.
NEUNHEUSER, s.v., in Dizionario di Mistica (= DIM), Citt del
Vaticano 1988, pp. 272-273].

giunse allidea di un mistero del culto o sacramento


per dirla in termini liturgici, che prese forma
spontaneamente nellevoluzione dal paganesimo greco-latino
ai primi contatti con la rivelazione evangelica.
Va ricordato a questo punto, prima di andare oltre, che il
termine mistico non ricorre mai in tutta la Scrittura,
mentre con una certa frequenza, il Nuovo Testamento e i
libri greci dellAntico Testamento usano parole come
mysterion o, nella Volgata, sacramentum, che entrano subito
nel linguaggio del cristianesimo primitivo (12) [Nota 12.
Cf G. BORNKAMM, Mysterion, in G. KITTEL, TWNT, IV, Stuttgart
1942, pp. 809-834]. Cos per i cristiani dei primi tempi vi
unidentit non solo lessicale, ma soprattutto teologica,
tra mistico e sacramentale: linsieme di ci che attiene a
Dio e al suo progetto salvifico si conosce appunto mediante
i sacramenti, celebrati nella comunit cristiana. Da qui il
termine mystikos prender a significare la celebrazione dei
misteri cristiani.
Dopo lavvento del cristianesimo, il termine sub
unevoluzione analoga a quella del suo affine mysterion,
per indicare alla fine la realt del regno di Dio nascosta
ai molti e rivelata agli eletti (cf Mc 4,11; Mt 13,11; Lc

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8,10). In Giovanni, nellespressione: Se il chicco di
grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece
muore, produce molto frutto (Gv 12,24), si pu ritrovare
unallusione remota al mistero stesso della natura vivente
che ha in s un elemento di morte e di vita, e molto pi
alla lontana, al mistero del Cristo pasquale.
Il termine mysterion, limitato ai sinottici e a tre testi
dellApocalisse, in compenso torna ripetutamente nelle
lettere di Paolo. E dunque in questi che occorre
esaminarlo se si vuole scoprire, allorigine, quale senso
specifico il termine abbia assunto nella pi antica
tradizione cristiana. Ma Paolo molto puntuale nel corso
dello svolgimento delle sue Lettere - da dove partito per
dare a tale termine il senso di mistico, senso e
significato che egli trasmetter alla tradizione
successiva? La risposta sta nel fatto che lApostolo
appartiene a tre culture: ebraica, greca e romana.
In primo luogo, la radice pi profonda della personalit di
Paolo si ritrova nella sua cultura ebraica. Sino alla fine
della sua esistenza terrena egli si sent pienamente ebreo.
Quando scrive ai Corinzi per difendersi dalle accuse dei
denigratori invoca la sua appartenenza ebraica: Sono
Ebrei? Anchio! Sono Israeliti? Anchio! Sono stirpe di
Abramo? Anchio! (2 Cor 11, 22) (13) [Nota 13. Secondo la
lettura che ne fa Rossano: I tre termini hanno un
significato specifico e formano un crescendo: ebreo stava
a significare luso e la padronanza della lingua ebraica, a
differenza degli israeliti della diaspora che avevano
dimenticato la parlata avita; israelita indicava
specificamente lappartenenza allalleanza di cui si
gloriava la nazione; stirpe di Abramo (letteralmente
seme di Abramo) connotava lassoluta purezza razziale
(P. ROSSANO, Introduzione alle Lettere di san Paolo, Roma
1976, p. 12].
Analoghe espressioni di vanto si possono reperire nella
lettera ai Filippesi (3,4-6) e in quella ai Romani (11,1),
anzi si pu notare come in Rm 3,1-2 Paolo provi una certa
gratificazione al pensiero di essere ebreo, membro del
popolo eletto. Pur vivendo di solito in ambiente greco, la
sua spiritualit e il suo modo di pensare sono
eminentemente ebraici, come ad esempio per fissare date o
scadenze di tempo usa il calendario ebraico (cf 1 Cor 16,8:
la Pentecoste; At 27, 9: il Grande Digiuno). Inoltre, due
volte nella sua vita lo si vede impegnato nellosservare il
voto di nazireato (cf At 18,18; 21, 17-26). La Bibbia il

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suo libro per eccellenza, al pari dei rabbini del suo
tempo. Addirittura egli rivendica per s lepiteto di
fariseo e di beniaminita, cio di appartenente
allortodossia osservante e alla trib di Beniamino (cf Fil
3,4-6). Tutto questo perch dopo la fanciullezza, secondo
la prassi delleducazione rabbinica, fu condotto dal padre
a Gerusalemme per frequentare la scuola di Gamaliele. Ne d
testimonianza egli stesso quando afferma: Io sono un
Giudeo, nato a Tarso di Cilicia, ma cresciuto in questa
citt, formato alla scuola di Gamaliele, nelle pi rigide
norme della legge paterna (At 22,3).
In secondo luogo, Paolo era anche greco di lingua e
tarsiota, cio di Tarso, sul fiume Cidno, in quel tempo
allacme del suo splendore di citt ellenistica,
cosmopolita. Non lontana da Tarso era Soli, altra famosa
citt stoica, patria di Crisippo e di Arato. Non un caso
che Paolo, parlando allAreopago di Atene nellintento di
lanciare un ponte sulla cultura religiosa del suo tempo,
citi un passo celebre dei Fenomeni del filosofo stoico
Arato (cf At 17,28). Inoltre, poich il centro della sua
attivit si snoda nel quadro della cultura greca, fin dalla
fanciullezza e per tutta la vita ebbe familiarit con la
versione greca della Bibbia, detta dei Settanta. Ci induce
a supporre che abbia ricevuto una certa formazione
culturale nellambiente di Tarso. Usa il greco con grande
disinvoltura, come si pu notare in tutti i suoi scritti.
Infine, occorre notare che lellenismo pass nel mondo
romano, ragion per cui non fu difficile per Paolo sentirsi
un autentico romano. Difatti, in tutte le Lettere si
presenta con il suo nome latino e rivendica alloccorrenza
il diritto di cittadinanza romana che possiede per nascita
(cf At 22,28). E per questo motivo che le autorit romane
rispondono a una disposizione divina; sono al servizio di
Dio per il tuo bene, perci meritano obbedienza e rispetto
per ragioni di coscienza (cf Rm 13,1-7). Negli anni
centrali della sua vita e della sua attivit dovette spesso
confrontarsi con proconsoli e procuratori romani a Cipro, a
Corinto e a Cesarea, parlando loro con dignit e rispetto.
Dopo i primi due viaggi missionari nel Mediterraneo, i suoi
occhi e il suo cuore guardano intensamente a Roma, dove
giunse nella primavera dellanno 61 d.C. e vi soggiorn a
lungo, in libert e in carcere, prima di subire il
martirio, sulla via Ostiense, verso lanno 67, sul finire
del regno di Nerone.

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Lapporto specifico di Paolo alla mistica cristiana
Pur appartenendo Paolo alla cultura ebraica, greca e
romana, tuttavia emerge da ciascuna di queste con il vigore
della sua personalit e trova, dopo la sua conversione, un
punto di riferimento soltanto nel Cristo, di cui sottolinea
con forza il suo mistero profondamente teologico-
spirituale. Ecco la sua esplicita confessione: Sono stato
crocifisso con Cristo e non sono pi io che vivo, ma Cristo
vive in me. Questa vita che vivo nella carne io la vivo
nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se
stesso per me (Gal 2, 19-21). Paolo allude, qui, tra le
altre cose, a una viva e personale partecipazione donatagli
dal Cristo stesso del suo mistero pasquale, quindi, alla
possibilit di uscire dalle culture alle quali apparteneva
senza rinnegarle, per consentirgli alla fine di vivere un
rapporto mistico interpersonale con il Figlio di Dio,
alimentato dalla fede, dalla speranza e dalla carit.
Ed proprio per questi motivi che Paolo si pone come
chiave di volta per comprendere il passaggio dal mysterion
alla mistica intesa in senso cristiano. In lui si pu
scoprire loriginalit di un messaggio, parzialmente nuovo
nei confronti sia del giudaismo che dellellenismo. E un
messaggio, il suo, che in parte ricupera la tradizione a
lui precedente, e in parte offre contributi sostanziosi e
personalissimi del suo pensiero.
Va ricordato, per maggior chiarezza, come lo studio sulla
mistica di Paolo abbia interessato gli studiosi fin dai
primi anni del 900, proprio per il punto di collegamento
che egli costituisce tra il mysterion e la mistica
cristiana. Ricordiamo, en passant, soltanto gli studi,
molto vivaci e con esiti disparati di Deissmann, di
Reitzenstein e di Penna.(14)
[Nota 14. Limpulso a questi studi venne dato dallormai
celebre studio di Adolf Deissmann sulla formula in
Cristo, che egli intese in riferimento ad un trovarsi in
senso locale nel Cristo peneumatico (A. DEISSMANN, Die
neutestamentilche Formel in Christo Jesu, Marburg 1892,
p. 97). Ma fu soprattutto R. Reitzenstein col suo volume
sulle religioni misteriche ellenistiche (Die hellenistichen
Mysterienreligionen nach ihren Grundgedanken und Wirkungen,
Leipzig (1910) 19273, soprattutto pp. 417-425 e 343-393);
cf anche ID., Poimandres. Studien zur griechsch-gyptischen
und frhchristlichen Literatur, Leipzig 1904) ad inserire
pienamente lApostolo nella grande corrente del misticismo
ellenistico-orientale, cos come questo si esprime nei

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culti misterici e nella gnosi della letteratura ermetica,
specialmente del Poimandres. Anzi, Paolo avrebbe subito
questi influssi prima della conversione, e la sua mistica
sarebbe confluita poi nella sua teologia cristiana. Per R.
REITZENSTEIN e tutti gli storici o gli esegeti di studi
comparati che dipendono da lui, fino a Bultmann e ai post-
bultmaniani, la fonte del tema del mistero di cui parla
Paolo si ritrova quindi in questi misteri. Del resto, non
vanno esclusi aprioristicamente punti di contatto tra Paolo
e la cultura ellenistica. Secondo R. Penna, questi punti di
contatto non vanno per cercati a livello lessicale.
Infatti, il verbo myesthai (= essere iniziato a una
conoscenza esoterica), presente una sola volta in Fil 4,12,
ricorre in un contesto di quotidianit e dimpegno
apostolico tale da minimizzarne il significato misterico
(cf R. PENNA, Il mysterion paolino: traiettoria e
costituzione (Brescia 1978) e soprattutto ID., Problemi e
natura della mistica paolina, in La mistica, I, o.c., pp.
181-221. Il termine che pi frequententemente ricorre in
Paolo e che sembra pi vicino alla mistica ellenistica
quello di mysterion, ma per lApostolo esso assume
significato e contenuto nuovi, pi vicini allapocalittica
giudaica].

Precisato questo, occorre riprendere ci che caratterizza


la mistica paolina. Quanto al linguaggio, Paolo impiega
formule, termini, idee, che sono assai vicini e comunque
richiamano un linguaggio mistico: vivere in Cristo; Cristo
in me; rivestire Cristo; nuova nascita; essere trasformati
(in creatura nuova); conoscere ed essere conosciuti (da
Dio); vedere (Dio); comunione o unione (con) Dio, che
tutto in tutti; morire e risorgere con Cristo. E
sintomatico, ai fini del nostro discorso, notare in questa
terminologia, una semantica di partecipazione (Penna), che
vede luomo stabilire una relazione intersoggettiva con
Dio persona, e soprattutto con Cristo. Con questo
gruppo di termini Paolo allude, per esperienza personale,
non tanto a una conoscenza intellettuale di Dio in Cristo
quale oggetto passivo di percezione. Lespressione paolina:
Tutti voi siete figli di Dio per la fede in [en] Cristo
Ges (Gal 3,26), molto vicina a questaltra: Tutti voi
siete uno solo in [en] Cristo Ges (Gal 3,28), offre un
significato nuovo alla sua esperienza di conoscenza e di
partecipazione del mistero di Dio rivelato in Cristo. La
fede in Cristo intrinsecamente legata allessere in

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lui, per cui non si pu dare il rapporto personale di
comunione con Dio in Cristo se non v alla base un
rapporto di fede.
Pi propriamente parlando, per Paolo vivere di fede vuol
dire riconoscere lesistenza di un rapporto di alterit o
di distinzione tra i due partner, come si leggiamo in Ef
3,17: Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori.
La fede e solo un rapporto di fede, che secondo san Tommaso
ha per oggetto le cose invisibili che sorpassano la
ragione umana (i misteri) (15) [Nota 15. STh II-II, q. 1],
consente a Paolo di penetrare nel mistero stesso del
Cristo: Sono stato crocifisso con Cristo e non sono pi io
che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita che vivo nella
carne io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha
amato e ha dato se stesso per me (Gal 2,20).

Lesperienza mistica del Mistero nei passaggi storici


essenziali

Dopo aver esaminato il problema semantico sollevato


dalluso del termine mystikos e lapporto di Paolo alla
mistica, non si pu non riconoscere, come gi si diceva
sopra, che la mistica ha il suo punto di partenza nonch la
sua spiegazione nella parola Mistero, per indicare le
cose sacre e la possibilit di conoscerne o piuttosto di
contemplarne il nucleo portante, cio il mistero dialettico
di morte-vita.
Occorre notare, a questo proposito, che il misticismo
europeo dei primi secoli ci stato trasmesso riferendosi
sostanzialmente al neoplatonismo. Difatti, esso si esprime
pi con il linguaggio di Alessandria che con quello di
Gerusalemme, di Atene o di Roma, avendo trovato in Plotino
la sua voce pi autorevole. Per questo grande filosofo
contemplativo, il senso del divino e dellinteriorit
assurge ad una purezza e ad una profondit eccezionali
tanto da essere punto di riferimento, diretto o indiretto
per i mistici successivi.
Prima di lui, comunque, gi durante il periodo patristico,
tutto quanto di meglio si trovava nel platonismo era
passato nella Chiesa, filtrato dal pensiero di Clemente
dAlessandria, di Origene. In seguito al platonismo,
interpretato da Plotino, si rifecero anche Agostino
dIppona e soprattutto Dionigi lAreopagita.

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Questultimo ebbe il merito di recuperare gli apporti della
tradizione patristica a lui precedente, per collocarsi come
punto di partenza nellelaborazione del linguaggio e della
dottrina della mistica cristiana. Limportanza di Dionigi
sta nel fatto che egli fu il primo a sottolineare lidea di
Dio come oscurit divina (teologia apofatica), sperimentata
in unestasi di puro amore che conduce al di l persino
della non-conoscenza.
I mistici posteriori, leggendolo, vi trovarono riflesse, e
parzialmente spiegate, le loro esperienze interiori e, nel
descriverle adottarono il suo linguaggio, i cui termini
divennero in seguito tipici della teologia mistica. In
questo modo, questultima si agganci alla tradizione dei
grandi Padri della Chiesa, i quali sottolineavano lo scopo
della vita come ascesa verso la piena comunione con Dio,
cio la divinizzazione. Occorre, aggiungere, per
completezza, anche il fatto pur rifacendosi a Plotino se ne
distacca: per Plotino lio devessere cancellato per
riacquistarlo come lUno dellUnit indifferenziata, mentre
per Dionigi lio unito a Dio e diventa Dio rimanendo se
stesso. In breve, la divinizzazione per lAreopagita
consiste in una unit differenziata di due soggetti che
diventano una cosa sola rimanendo per sempre due, poich
lunione con Dio concessa solo per partecipazione.

Il binomio mistero-mistica quale chiave ermeneutica della


mistica non cristiana
Percorrendo il lungo tragitto semantico che va dal mistero,
cos come inteso nellantica Grecia, sino a quello di
mistero-mistica di cui parlano Paolo e la tradizione della
Chiesa cattolica dOriente e dOccidente, si chiarisce
quella mistica esperienza cristiana che , pi propriamente
parlando, unione interpersonale con Dio nel Cristo per
mezzo dello Spirito, ci che appunto chiamiamo, comunemente
e genericamente, mistica.
Oggi, comunque, non si pu dire che il binomio mistero-
mistica non sia anche la chiave ermeneutica della mistica
non cristiana. Tale binomio ci consente di appurare una
reale autentica mistica anche al di fuori del
cristianesimo. Difatti, convinzione comune che se la
mistica cristiana in una certa misura collegata al
mysterion dellantichit ellenistica, non si pu ignorare
che la mistica in senso ampio un fenomeno comune a tutte
le grandi religioni dOriente e dOccidente (16) [Nota 16.

13
Cf M.-M. DAVY (dir.), Esperienze mistiche in Oriente e in
Occidente, Dottrine e profili, 4 voll., ed. it. a cura di
L. Borriello, Citt del Vaticano 2000).
Applicando un metodo storico-fenomenologico rigoroso alla
semplice psicologia dei mistici (17) [Nota 17. Cf J.
MARCHAL, tudes sur la psychologie des mystiques, 2 voll.,
Paris 1937) e pi estensivamente allantropologia al
mistero delluomo, per dirla pi appropriatamente si pu
pervenire alla stessa conclusione: tutte le esperienze
chiamate mistiche nel senso ampio di autotrascendenza
delluomo - si equivalgono, non solo, ma hanno un contenuto
equivalente perch luomo ovunque e sempre lo stesso. Gi
il Concilio Vaticano II a tale proposito affermava: Tutti
i popoli formano una sola comunit, hanno ununica origine,
perch Dio ha fatto abitare lintero genere umano su tutta
la faccia della terra, hanno anche un solo fine ultimo,
Dio, la cui provvidenza testimonianza di bont e il cui
piano di salvezza si estendono a tutti (NAE 1). Inoltre,
anche sotto la persistente variet delle dottrine e degli
itinerari, delle psicologie e delle interpretazioni, al di
qua dei contesti tradizionali e dei condizionamenti
sociali, si pu osservare al fondo dellesperienza stessa
il mistero delluomo unito a quello di Dio.
Anche per quanto attiene ai fenomeni mistici e alla loro
descrizione, e a ci che emerge dalla storia particolare di
ogni religione e di ogni tradizione spirituale si notano
similitudini e analogie. Infatti, poich lesperienza
mistica un dono che viene dallalto, quando la grazia
divina raggiunge luomo pu provocare anche nei non
cristiani esperienze forti che sono proprie della mistica,
ad esempio, rapimenti, levitazione, irradiazione di luce,
stimmate, visioni sensibili, allesterno, e allinterno,
discernimento degli spiriti, profezia, contatti con il
divino trascendente, autotrascendenza, episodi di
chiaroveggenza, momenti di straordinaria concentrazione che
rompono il corso normale della vita.
Forse un certo modo d'interessarsi all'uomo,
concentrando tutta lattenzione sul mistero che dentro di
lui, il miglior modo per scoprire quei balbettii del
divino in lui presenti, e quella profonda unione che lo
tiene legato alla Divinit. Difatti, gi dallantichit e
fino al tempo attuale si riscontra presso diversi popoli
una certa sensibilit a quella forza arcana che presente
nel decorso delle cose e negli eventi della vita umana,

14
talvolta anzi la nozione di Divinit Suprema o anche di
Padre (NAE 2).
Ora, ponendosi dalla nostra prospettiva che quella
della fede cattolica, si pu arrivare a capire il mistero-
mistica delluomo di ogni altra religione, senza cercar di
rifiutare nessuna delle mistiche o delle spiritualit. Va,
ricordato a questo proposito quanto afferma il Vaticano II:
La Chiesa cattolica non rigetta nulla di quanto c di
vero e di santo in queste religioni. Guarda con sincero
rispetto a quei sistemi di agire e di vivere, a quei
precetti e a quelle dottrine che, sebbene differiscano in
molti punti da ci che essa pensa e propone, tuttavia non
di rado riflettono un raggio di quella Verit che illumina
tutti gli uomini (NAE 2).
Pi ancora, sembra chiaro tra gli studiosi che il valore
spirituale, presente in ogni essere umano carico d'un
valore di verit: realizzazione eminente di ci che san
Paolo chiamava parola di salvezza e san Giovanni luce di
vita (cf At 13, 26; Gv 8, 12), e di ci che
tradizionalmente stata chiamata la verit della vita.
Ed questa che unisce tutte le esperienze mistiche.
Difatti, si convinti che, nel dialogo che oggi per la
prima volta s'instaura su scala planetaria, proprio in
fin dei conti di fronte a questa verit della vita
afferrata in profondit, che gli uomini potranno meglio
riconoscere la voce del Dio che li chiama.
Questo non vuol dire che la mistica cristiana non abbia
una sua specificit. Anzi, la mistica cristiana pu
definirsi unesperienza del mistero di Dio rivelato nel
Cristo pasquale, provocata nellanima da una particolare
mozione dello Spirito Santo. Pi approfonditamente, tale
esperienza consiste nel prendere coscienza dellunione con
Dio uno e trino, unione realizzata in forza di una grazia
soprannaturale in Cristo Ges per mezzo dello Spirito.
Luogo normale di tale esperienza la Chiesa, mentre la
vita teologale e sacramentale sono gli strumenti
indispensabili di essa.

Lesperienza mistica del Mistero: prospettive aperte


Avviandoci alla conclusione del nostro discorso, ci si
potr chiedere quali siano le caratteristiche di
unesperienza mistica che si spiega solo alla luce del
mistero di Dio. Per rispondere possiamo dire che la
mistica cristiana una mistica della rassomiglianza, a
partire dalla parola della Scrittura, secondo cui luomo

15
stato creato a immagine e somiglianza di Dio (cf Gn 1,26-
27). La tradizione postpasquale, che legger in chiave
trinitaria questo passo, lo commenter dicendo che Dio ha
fatto l'uomo a sua immagine per condurlo a una unione di
rassomiglianza, che si compir nella visione beatifica
(18) [Nota 18. Cf ad esempio, STh III, q. 9, a. 2, ad 3.
48]. Pi specificamente, ci vuol dire che ogni essere
umano con la stessa creazione riceve in dono l'immagine
divina, mentre la rassomiglianza con Dio dovr essere
realizzata sotto l'azione dello Spirito Santo, in
dipendenza dall'Incarnazione redentrice. La vita mistica ,
dunque, inerente alla natura umana, perch l'uomo fatto
per tale unione (19) [Nota 19. Cf C. TRESMONTANT, La mistica
cristiana e il futuro delluomo, Casale Monferrato (AL)
1988). In altri termini, ce nella natura umana una certa
capacit dintima accoglienza del mistero che donato e
rivelato in Ges Cristo. Tale capacit accompagnata
naturalmente dal desiderio. Si pu ritrovare in questa
capacit d'accoglienza la sua correlazione col mistero e lo
slancio attivato dal desiderio per realizzare tale mistero.
Tutto ci costituisce ci che comunemente viene definita
passivit, componente essenziale per una mistica autentica.
Dato che il mistero accolto e non pu essere che
accolto, esso si pone nellambito di una fede pura. Tale
vita di fede fa passare il mistero dal piano razionale a
quello della vita interiore. Il mistero il Cristo (Col
1,27; 1 Tm 3, 16ss.). In quanto esso la rivelazione di
Dio che ama, il mistero tutta la teologia. In quanto esso
l'atto di Dio che discende fino all'uomo, il culto
cristiano, mistero di fede. In quanto esso l'atto
dell'uomo che s'assimila a Dio, tutta la mistica. E tutta
la rivelazione si compie in Cristo, autore e perfezionatore
della nostra fede, come dice la Lettera agli Ebrei. Il
culto tutto intero si compie nel Sacrificio unico ed
eterno, e tutta la mistica consiste nel vivere il Cristo,
compimento di tutta la Legge (20) [Nota 20. D. BARSOTTI,
Vita mistica e mistero liturgico, Firenze 1956, p. 17]. Il
mistero e la mistica, cos compresi, sintegrano, dunque, e
si spiegano reciprocamente. In altri termini, il mistico
interiorizza continuamente il mistero, a misura e nel grado
in cui nella sua esperienza egli approfondisce il mistero
che dentro di lui e che riceve dall'esterno come
enunciato di fede, al quale egli crede fermamente.
Per questo motivo, necessario, in tale atto di fede,
coniugare la teologia con lesperienza mistica nel suo

16
sguardo contemplante il mistero divino, superando quel
solco che spesso si crea tra la fredda intelligenza o
larida asserzione del dogma e la vita cos appassionate e
audace del mistico. Non si pu pensare a una mistica senza
dogma n tantomeno a unesperienza mistica contemplativa
senza teologia: cos insegnano i grandi mistici e dottori
della Chiesa, Teresa di Ges e Giovanni della Croce. Il
mistero salvifico-comunionale di Dio, infatti, che si
rivelato in Cristo, ha lasciato alla sua Chiesa, guidata
dallo Spirito, la cura di esplorare questo deposito di
fede, di spiegarlo, di tradurre in formule chiare e
precise le verit che ivi contenute e di diffonderle nel
mondo. Per assolvere a questo compito di spiegazione, il
teologo esercita la logica della ragione illuminata dalla
fede, mentre il contemplativo vi contribuisce con la grande
penetrazione dellamore. Il teologo riflette, deduce,
concettualizza in formule precise le verit vive della
fede, mentre il contemplativo ne fa esperienza diretta. Il
teologo organizza le posizioni conquistate, mentre lamore
intuitivo, sempre pi penetrante, fa del contemplativo un
audace esploratore davanguardia. Difatti, allo sguardo
contemplativo di Paolo che si deve la scoperta del grande
mistero del Cristo, poi elaborato con grande precisione di
teologo nelle sue Lettere. In breve, mentre il mistico
contemplativo precede, scopre e sprona, il teologo segue e
riflette sistematicamente, organizzandole, sulle verit
della fede colte per grazia infusa dal mistico.
Addirittura, nellesperienza del mistico, ma non sempre del
teologo, conoscenza e vita, verit ed esistenza sono
intrinsecamente collegate (21) [Nota 21. Cf a questo
riguardo il cap. IX intitolato Thologie e contemplation
surnaturelle di P. MARIE EUGNE DE LE.J. O.C.D., Je veux
voir Dieu, Venasque 1998].
Da quanto detto sopra, la mistica risulta essere
l'interiorit della fede attraverso l'interiorizzazione del
mistero: a misura che il mistero viene interiorizzato, la
fede in esso rinvia il mistico al di l di se stesso. Si
tratta, in realt, di rendersi conto che non siamo pi noi
a vivere ma Cristo che vive in noi (cf Gal 2,20). Il
progresso spirituale tende allunione sempre pi intima con
Cristo. Questa unione si chiama mistica, perch partecipa
al mistero di Cristo medianti i sacramenti i santi
misteri e, in lui al mistero della Santissima Trinit.
Dio ci chiama tutti a questa intima unione con lui, anche
se soltanto ad alcuni sono concesse grazie speciali o segni

17
straordinari di questa vita mistica, allo scopo di rendere
manifesto il dono gratuito fatto a tutti (22) [Nota 22.
Catechismo della Chiesa cattolica, n. 2014). Si tratta di
unesperienza mistica autentica, in quanto c da parte del
credente una coscienza immediata della vita di Dio dentro
di lui. Non fa meraviglia se e quando questa forte
esperienza, in seguito, nel suo sviluppo, condurr a una
contemplazione anticipatrice di ci che sar la beatitudine
eterna, cio a una coscienza illuminata del fatto che non
sono pi io che vivo, ma il Cristo che vive in me (Gal
2,20). Ed proprio questo, sia per Paolo che per i Padri
il nucleo centrale dellesperienza mistica del Mistero per
eccellenza. Anche se in tale esperienza non si non
raggiunge quaggi la pienezza - il che avverr solo nella
vita futura -, il mistico tende verso di essa, per quanto
possibile, qui ed ora, lasciandosi trascinare senza riserva
alcuna dal Dio della Pasqua nellinfinito della sua agape.

Luigi Borriello, ocd

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