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DCSS Training

Ammortizzatori – Parte 2

Con questo pezzo concludo, finalmente, la trattazione di tutti i “pezzi” del corpo umano che
utilizziamo in palestra: spalle, schiena, bacino, ginocchia. Volutamente non mi interessa parlare di
caviglie, polsi e altro perché, di fatto, non hanno rilevanza nei movimenti che ci interessano a
differenza di altre attività dove invece sono elementi determinanti. Del resto, questa è
“biomeccanica per i pesi” e non “per la corsa”.
L’articolazione dell’anca è sorprendentemente semplice rispetto ad altre meraviglie
incasinatissime quali ginocchio e spalla: la sua resistenza si basa più sui materiali che su furbate
geometriche o meccaniche estrose. Abbiatene cura, perché se si scassa, sono enormi apparati
genitali assolutamente non dolcificati…
Ball & Socket
Nelle mie spedizioni sulla rete per depredare di documenti ignari prof di ignare università (grande
Google con la ricerca avanzata site:) raccatto molto materiale d’oltreoceano: nella loro praticità, gli
anglosassoni definiscono l’anca come una articolazione di tipo ball & socket che mi piace tradurre
palla e buca. Il più preciso termine italiano, enartrosi o articolazione emisferica, rende meno l’idea.

125° Asse del collo del


femore
Labbro Testa del 125
dell’acetabolo femore Angolo del collo del
femore
Collo del
Acetabolo Angolo medio
femore

Asse
transcondilare
Grande 90°
Cartilagine trocantere
Angolo minimo
Asse del collo
del femore

Asse
Piccolo
160° transcondilare
trocantere 10°

Angolo massimo Angolo del collo


del femore
La testa del femore, già descritta nell’articolo sulle ossa lunghe, è una superficie sferica che va a ad
inserirsi in una cavità emisferica dell’anca detta acetabolo. Acetabolo e testa sono ricoperti da
cartilagine che permette una frizione praticamente nulla. La testa si raccorda al corpo del femore
tramite un collo formando un angolo con l’asse femorale longitudinale pari in media a 135°. Il
grande e il piccolo trocantere sono delle formazioni ossee che fungono da inserzione e leva
articolare per molti muscoli che muovono il femore.

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L’asse transcondilare è una retta che passa fra i condili del femore: è interessante notare come
questo asse e l’asse del collo del femore non giacciano sullo stesso piano, pertanto la testa del
femore risulta ruotata di un certo angolo rispetto al ginocchio.

Labbro Testa del


dell’acetabolo femore

Legamento
trasverso

+ rigida

- rigida

(n.d.r. se nel disegno a destra intravedete un significato fallico, è bene prendere in seria
considerazione un po’ di psicoterapia)
La cartilagine dell’acetabolo forma una struttura particolare detta labbro dell’acetabolo che avvolge
anche tutto il bordo esterno alla cavità. Il labbro ha forma di ferro di cavello, aperto nella parte
inferiore: lo spessore è maggiore nella parte antero-superiore raggiungendo circa i 7 millimetri, uno
spessore considerevole. Nella parte inferiore i margini del labbro sono connessi dal legamento
trasverso. La cartilagine che ricopre la testa del femore è anch’essa di spessore e rigidità differente,
maggiore nella parte superiore.

Cartilagine a
Forze contatto
compressive
nell’acetabolo
50Kg
Testa del femore

Cartilagine non a
contatto

Il labbro si deforma…

90Kg
… aumenta la
superficie di contatto

… il legamento trasverso
va in tensione
Reazione
vincolare del
terreno 235Kg

Il disegno descrive il motivo di questa scelta progettuale: l’anca deve sorreggervi e farvi camminare
in posizione eretta continuativamente per tempi molto lunghi pertanto tutte le attenzioni
dell’Architetto si sono rivolte al corretto svolgimento di questo compito.
In posizione eretta il femore “preme” dentro la volta dell’acetabolo, quando camminate o correte
nell’istante in cui l’arto sospeso tocca terra il femore preme in alto e in avanti: la porzione antero-
superiore dell’acetabolo è quella sottoposta ai maggiori stress compressivi e il labbro è così più

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spesso in questa zona in modo da ammortizzare meglio gli urti, come illustrato nel disegno di
sinistra.
Il disegno a destra rappresenta la superficie di contatto della testa femorale con il labbro acetabolare
in funzione dei carichi sul tronco, dovuti a forze statiche come nello stare in piedi o dinamiche
come in un salto: il contatto con l’acetabolo è parziale ed aumenta in funzione del carico.
In questo modo più il carico è elevato e più la superficie di contatto aumenta per mantenere una
pressione costante, distribuendo la forza su un’area maggiore: il labbro si deforma e il legamento
trasverso tendendosi assicura la necessaria stabilità. Una soluzione geniale, come sempre: se il
contatto fosse totale già in assenza di carico, la pressione aumenterebbe in funzione del carico e il
labbro non potrebbe espandersi ulteriormente fino a lesionarsi.

Legamento
ischiofemorale
Legamento Legamento
ileofemorale ileofemoral
e
Grande
trocantere Grande
trocantere

Legamento
pubofemorale

Legamento
ischiofemorale
Piccolo
trocantere
Piccolo
trocantere

Anteriore Posteriore
Fascio laterale del
Fascio laterale del legamento
Fascio mediale del
legamento Fascio laterale del ileofemorale
Origine del legamento
ileofemorale ileofemorale legamento
legamento
ileofemorale ileofemorale

Fascio superiore
del legamento Fascio superiore
ischiofemorale del legamento
ischiofemorale
Fascio mediale del
legamento Fascio inferiore del
ileofemorale legamento
Legamento
ischiofemorale
Fascio inferiore del pubeofemorale
legamento
Legamento Fascio superiore
ischiofemorale Fascio inferiore del Fascio mediale del
pubeofemorale del legamento
legamento legamento
ischiofemorale ischiofemorale
ileofemorale
Anteriore Posteriore Superiore Laterale
La testa e il collo del femore sono avvolti da una robusta capsula di legamenti il cui compito è la
stabilizzazione, cioè “il tenere saldamente”, del femore dentro l’acetabolo. A differenza dell’omero,
il femore non ha bisogno di essere mantenuto in sospensione dato che è il peso del tronco che gli
impedisce di uscire dall’acetabolo: il femore necessita essenzialmente di essere mantenuto in sede
nei movimenti di intra ed extra rotazione che avvengono solitamente agli estremi dei movimenti di
flessione ed estensione.

3
La flessione e la
rotazione interna
del femore…

Laterale … mettono in tensione il


Superiore
legamento ischiofemorale che
limita l’escursione del femore

Nel disegno un esempio dell’azione dei legamenti in una flessione, adduzione e intraruotazione del
femore: i “tiranti” entano in tensione e forzano il femore a mantenere la pallina dentro la buca.
E’ possibile considerare la superficie fra testa e acetabolo come “sottovuoto”, proprio a causa delle
forze dovute al peso corporeo e ai legamenti che serrano il femore in sede: negli interventi in cui il
femore deve essere allontanato dall’acetabolo è necessario applicare una forza di trazione che va dai
90Kg fino agli oltre 200!
I prosciutti
Psoas Grande
Psoas Psoas gluteo
Piriforme
Muscolo Gluteo
iliaco Tensore medio
della fascia
Piriforme Gluteo Quadrato del
Gracile lata
Sartorio medio femore
Otturatore Grande
esterno Pettineo gluteo
Semimembranoso
Tensore
Semimembranoso
Retto del della fascia
lata Bicipite
femore Adduttore
femorale
breve Semitendinoso Retto del
Vasto Otturatore
Grande femore interno
laterale adduttore Semitendinoso
Adduttore Capo lungo Vasto
Vasto lungo del bicipite laterale
mediale femorale
Grande
adduttore Capo corto
del bicipite
femorale

Estensione Flessione Abduzione Adduzione Rotazione Rotazione Flessione della tibia Estensione della
esterna interna tibia

Finalmente, i muscoli che tanto ci piacciono e che permettono di svolgere i movimenti che ci
permettono di compiere le nostre normali azioni quotidiane!

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Moltissimi sono monoarticolari, agendo solo sull’articolazione dell’anca, ma molti altri sono
biarticolari dato che agiscono anche sull’articolazione del ginocchio: esempio classico per il primo
tipo è il grande gluteo mentre per il secondo il bicipite femorale.
Femore Tibia
Adduzione Abduzione Rotazione Rotazione Estensione Flessione Rotazione Estensione Flessione
interna esterna interna
Piriforme x (1) x
Grande gluteo x x
Medio gluteo x x
Piccolo gluteo x x
Ileopsoas x x x x x
Semitendinoso x x x x
Semimembranoso x x x x
Bicipite femorale x x x x
Tensore fascia lata x x x
Pettineo x x
Adduttore breve x x
Adduttore lungo x x
Gracile x x
Sartorio x x x (2) x
Vasto mediale x
Vasto laterale x
Retto del femore x x

(1) A femore flesso


(2) A tibia flessa
Psoas

Tensore della
Vasto laterale
fascia lata Tensore della fascia lata
Grande
gluteo Retto del femore Retto del femore
Semimembranoso
Semimembranoso
Semitendinoso
Semitendinoso
Capo lungo del
bicipite femorale Capo lungo del
Capo corto del bicipite femorale
bicipite femorale Capo corto del
bicipite femorale

La tabella descrive qualitativamente il contributo di ogni muscolo ai vari movimenti e permette di


evidenziare la mono o biarticolarità. Risulta invece estremamente arduo descrivere i contributi in
termini quantitativi, capire cioè quanto un muscolo contribuisca ad un movimento perché questo
contributo è variabile in funzione della traiettoria scelta e della posizione del femore rispetto a
questa.
Nei disegni in basso a sinistra si può notare come il gruppo dei femorali, semitendinoso,
semimembranoso e bicipite femorale siano contemporaneamente estensori dell’articolazione
dell’anca (il femore ruota indietro rispetto al bacino oppure il bacino ruota indietro rispetto al
femore) e flessori dell’articolazione del ginocchio ginocchio (la tibia va sotto al ginocchio). Nei
disegni in basso a destra la situazione simmetrica: flessione dell’anca o estensione del ginocchio.
I muscoli descritti nei disegni sono anche quelli comunemente noti in palestra: possono essere
considerati come muscoli motori del femore, alla stessa stregua dei pettorali o dei dorsali per
l’omero, in quanto determinano le grandi escursioni angolari di questo osso.

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Un’altra cuffia?

Psoas
Psoas

Muscolo iliaco Piccolo e medio


gluteo
Piccolo e medio
gluteo Piriforme

Piriforme
Gemello
superiore

Otturatore
interno Gemello
inferiore

Pettineo Quadrato del


femore

Otturatore
interno

I muscoli del disegno si inseriscono in varie posizioni sulla testa del femore, supportando
attivamente i movimenti prodotti dai muscoli motori e contribuendo in maniera determinante alla
stabilizzazione dell’articolazione dell’anca, come abbiamo visto nell’articolo sulle ossa lunghe.
Sebbene non siano alla ribalta come i loro cugini sovraspinato, sottospinato e piccolo rotondo, è
possibile considerarli a tutti gli effetti una equivalente cuffia dei rotatori del femore.
Biomeccanica spiccola dell’anca
Fpar
Forza del
carico sul
P tronco P
Retta d’azione
degli abduttori
Fperp
Forza muscolare P F
degli abduttori
F F
Forza del carico
sul tronco R P
Asse Il bacino ruota
P
longitudinale intorno all’anca

Reazione
Ma perché ci
vincolare
fanno fare Tu almeno dell’anca
queste cose… stai fermo!

bP bF
R

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Questa illustrazione è un classico che ritrovate in qualsiasi dispensa, opuscolo o enciclopedia che
tratta dell’anca: le forze che agiscono sull’articolazione quando l’altra gamba è sollevata da terra,
situazione che si verifica centinaia di volte al giorno in qualsiasi spostamento facciate:
 In questa posizione, il peso corporeo P (al netto del peso dell gamba a terra) agisce “di lato”
rispetto all’asse longitudinale passante per la spina dorsale e il soggetto poggia tutto il suo
peso sull’anca della gamba a terra.
 L’anca in questa situazione diventa il fulcro di una leva su cui agisce la forza peso: senza
altre forze in gioco il peso corporeo farebbe ruotare il bacino in senso antiorario, come
evidenziato nei disegni a sinistra.
 La rotazione del bacino causa un avvicinamento di questo al femore della gamba a terra, di
fatto una adduzione del femore: i muscoli che impediscono che ciò accada sono pertanto gli
abduttori, come evidenziato nel disegno centrale. Su un braccio di leva agisce la forza peso,
sull’altro la forza muscolare degli abduttori che mantiene pertanto il soggetto in equilibrio.
 La leva è come sempre svantaggiosa per i muscoli che agiscono anche obliquamente rispetto
ad essa: la forza che devono sviluppare è così ben superiore rispetto a quella esercitata dal
peso corporeo.
 Chiaramente, il femore non sfonda l’acetabolo trafiggendo vescica e intestini: l’acetabolo
reagisce con una forza che impedisce tutto questo, è la reazione vincolare dell’anca che
chiude il triangolo delle forze, risultando anch’essa molto maggiore della forza peso del
soggetto. A destra lo schema completo delle forze in azione.
Una degenerazione della cartilagine dell’articolazione ha come prima conseguenza invalidante la
perdita della possibilità di spostarsi: lo studio della biomeccanica dell’anca è fortemente focalizzato
sulla deambulazione per creare protesi sempre più performanti in termini di resistenza e durata alle
sollecitazioni meccaniche.
Forza peso
del carico 45Kg 45Kg
sul tronco

I muscoli
estendono
L’anca l’anca…
tenderebbe a … i muscoli
flettere… estendono il
ginocchio…

… Il corpo del femore è


Il ginocchio sottoposto ad una
tenderebbe a forza di piegamento
flettere…

Senza nessuna
stabilizzazione il L’ileopsoas
femore intraruota contrasta la
rotazione interna

Forza peso
Forza peso del carico sul
del carico sul tronco Il femore è
tronco sottoposto ad una
forza di torsione

Più pressione sul


Reazione vincolare condilo mediale
del terreno rispetto al laterale

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Ragazzi, nel disegno precedente vi presento il mio nuovo omino blu; uno scheletrino blu! Mi aiutate
a trovargli un nome? Eddie probabilmente ha problemi di copyright dato che è la mummia degli
Iron Maiden…
In alto un primo tipo di sollecitazione sul corpo del femore durante uno squat: a sinistra, il carico
schiaccia l’atleta al suolo che evita di diventare marmellata di fragole e ciliegie perché estende le
anche e le ginocchia. Così facendo è come applicare rotazioni in versi opposti ad ogni epifisi,
pertanto il corpo del femore è sottoposto ad una forza di piegamento, come nel disegno a destra.
In basso un secondo tipo di sollecitazione che coinvolge invece in torsione il femore: a causa della
sua forma, il femore durante uno squat intraruoterebbe se non fosse bloccato da qualcosa. Un grosso
contibuto a questo “qualcosa” è dato dall’ileopsoas che, essendo un extraruotatore, controbilancia la
rotazione verso l’interno.
In questo modo, però, tutta la diafisi prossimale è sottoposta a una forza di torsione. E’ interessante
anche notare come la pressione sulla tibia sia maggiore dal lato del condilo mediale piuttosto che da
quello del laterale.
In entrambi i casi le sollecitazioni non raggiungono mai livelli preoccupanti o pericolosi, dato che la
contrazione di tutti i muscoli della coscia conferisce al femore una rigidezza tale da resistere senza
problemi. Movimenti improvvisi, perdita di controllo, infortuni muscolari su altri muscoli o
semplicemente il fare le cose a cazzo per una sboronata possono però creare condizioni in cui la
stabilità muscolare viene meno, scaricando sul tessuto osseo tutto il compito di sopportare queste
deformazioni.
Questo tipo di sollecitazioni assolutamente sopportabili dal nostro femore, pone invece moltissimi
problemi alle protesi e ai materiali con cui vengono cementate all’osso: forze di taglio
estremamente frequenti portano alla deformazione permanente della protesi o al suo scollamento. I
movimenti più temibili per un paziente che ha subito un intervento di artroplastica dell’anca sono
salire le scale, chinarsi o accovacciarsi. In altre parole… lo squat!
Diabolico Newton…

Asse del collo


del femore

Asse Spina iliaca


transcondilare anteriore
superiore
10°
12° Asse del
femore

Angolo del collo Angolo Q


del femore
Centro della
rotula
171°

Tuberosità
tibiale
Angolo della Asse della
volta tibia
dell’acetabolo
20°

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Forme così complesse come il femore ed il bacino necessitano di decine e decine di parametri per
essere descritte quantitativamente in maniera rigorosa: nel disegno alcuni dei parametri più
significativi riportando il valore medio misurabile:
 L’angolo del collo del femore, già visto, fra asse del collo del femore e asse transcondilare
 L’angolo della volta dell’acetabolo che misura quanto è “alto” l’acetabol
 L’angolo del quadricipite o q-angle fra la retta che congiunge la spina iliaca anteriore
superiore e il centro della rotula con quella che congiunge il centro della rotula e la
tuberosità ischiatica.
 L’angolo fra l’asse della tibia e quello del femore
Notate come gli ultimi due parametri siano simili nel significato, quantificando il “disassamento”
del femore rispetto alla tibia: scuole mediche diverse, nazioni differenti, teorie differenti portano
alla creazione di differenti sistemi di misurazioni.
Perché il femore e in generale tutte le ossa del nostro corpo hanno la forma che hanno? “Per
sopportare al meglio le forze esterne!” Vero! Ma… perché proprio così?
Il chirurgo anatomista Julius Wollf nel 19° secolo postulò la sua famosa legge: “le variazioni
funzionali o morfologiche delle ossa determinano alterazioni della struttura della sostanza ossea e
dei cambiamenti della conformazione esterna delle ossa” o, più semplicemente, le ossa si adattano
alle sollecitazioni esterne cambiando la loro densità ossea e la loro forma.
Da bravi palestrati avete sicuramente visto Kickboxer con Van Damme: vi ricordate la scena in cui
il maestro Miagi (no, quello è un altro) lo fa allenare prendendo a tibiate un albero? I calci sono lo
stimolo che induce il corpo a aumentare la densità della tibia. Vi ricordate invece Il ragazzo dal
kimono d’oro con Kim Rossi Stuart? Ecco, quello era una cagata di film.

40°
30°

150°

Rotazioni indotte
dalla forza di
gravità e dalle forze
muscolari
180°

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Alla nascita e nella prima infanzia la conformazione dello scheletro è del tutto differente da quella
dell’adulto finale: nel disegno una rappresentazione di uno scheletro adulto se avesse i parametri
visti precedentemente pari a quelli di un neonato
Il femore è completamente dritto e l’angolo con la tibia è piatto, il collo del femore è più verticale e
in avanti, la volta acetabolare più alta. E’ il peso corporeo, insieme alle sollecitazioni muscolari, che
determina il cambiamento della forma o, come si dice, morfologico:
 La Gravità “piega” il femore “tirando” la testa femorale in fuori e indietro e deformando il
collo femorale verso il basso, così come attua tutti gli altri cambiamenti quali la rotazione
della estremità distale della tibia e la formazione dell’arco plantare.
 Le forze muscolari deformano le ossa nei punti di inserzione tendinea, dove agisce la
massima tensione per area, creando le tuberosità e i processi.
A seconda dell’ambiente e dei caratteri ereditari queste alterazioni della struttura iniziale saranno
più o meno vantaggiose, creando leve articolari più o meno favorevoli ai vari movimenti. Esiste un
intervallo di variabilità di tutti i parametri tale da essere definito “normale”, nel senso che non si
hanno ripercussioni negative sul funzionamento dell’organismo.

Asse di
carico Pressioni Maggior pressione sul Maggior pressione sul
equilibrate menisco laterale menisco mediale
Maggior tensione sul Maggior tensione sul
legamento collaterale mediale legamento collaterale laterale

Tendine del quadricipite e Tendine del quadricipite e Tendine del quadricipite e


tendine rotuleo in asse tendine rotuleo non in asse tendine rotuleo non in asse

Pressioni Pressioni Pressioni


omogenee sulla disomogenee disomogenee
rotula sulla rotula sulla rotula

Ginocchio normale Ginocchio valgo Ginocchio varo


Nel disegno un esempio di cosa accade quando i parametri vanno fuori range: il ginocchio varo e il
ginocchio valgo sono patologie dovute ad un eccessiva inclinazione del femore rispetto alla tibia. Se
nella vita di tutti i giorni non rappresentano un impedimento a meno che non siano veramente gravi,
per uno sportivo possono causare molti problemi.
Per un podista un leggero disallineamento del tendine del quadricipite può portare all’usura della
cartilagine dietro la rotula con l’insorgere della condromalacia che determina la fine della carriera!
Ai giorni nostri fortunatamente non si vedono più deformità come agli inizi del secolo scorso grazie
al Sistema Sanitario Nazionale e alla maggior attenzione dei genitori: disturbi evidenti vengono
corretti fin da subito, ma una borsite da sfregamento può insorgere con un varismo agli estremi
dell’intervallo di accettabilità.

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Il messaggio pertanto è: solitamente problemi posturali alle anche o alle caviglie possono causare
problemi alle ginocchia, perciò se vi fanno male quando eseguite lo squat prima di tutto eliminate i
difetti tecnici, poi se il problema persiste prendete in considerazione una situazione di questo tipo.
Storie dell’orrore – leggete a vostro rischio e pericolo!
In questo paragrafo affronterò il delicato argomento delle patologie dell’anca che possono
interessarci. Sono convinto che anche i più strafottenti dopo la lettura di queste paginette avranno
delle contrazioni intestinali, perciò vi prego di leggere avendo a mente che il doloretto inguinale che
sentite potrebbe essere una lesione del labbro acetabolare con futura artrosi deformante, ma anche
un linfonodo ingrossato per un tumore o una ciste piena di vermi perché avete bevuto acqua
cristallina nel vostro safari in Kenya… oppure, semplicemente, non avete un cazzo. Attenti alle
autodiagnosi!
Segnalo questo tipo di patologie per mostrare come vi siano delle similitudini con quelle delle altre
articolazioni, ma con una sostanziale differenza: sono molto più rare perché l’articolazione
dell’anca è eccezionalmente robusta e prima ci si lesiona un ginocchio o ci si rompe una caviglia.
Però quando l’anca si scassa… è un vero casino: stiamo parlando di una struttura semplicissima,
una pallina in una buca. Non esistono ammortizzatori fantascientifici come per il ginocchio o
strutture dinamicamente mobili che possono assorbire l’energia delle forze esterne come per la
spalla: il femore è ficcato dentro l’acetabolo e il compito di sopportare gli urti è dato dalla
cartilagine. Punto.
Perciò, imparate ad avere rispetto delle vostre anche perché se potete mettervi un braccio al collo e
guarire di un’artrite non, difficilmente potete attuare questa terapia con il femore perché lo usate
continuamente ed è posto in profondità sotto strati e strati muscolari, rendendo difficili le varie
terapie.
Cam & Pincher, una serie TV da non vedere…
E’ noto a tutti il famigerato impingement (schiacciamento) del sovraspinato: l’omero ruotando
verso l’alto schiaccia la cuffia dei rotatori e in particolare il tendine del sovra spinato contro la volta
acromiale. Dolore, terapie, esercizi. Esiste l’equivalente anche per il femore, sebbene il meccanismo
sia differente.
Il labbro acetabolare è La testa del femore non è
spesso e in avanti, sferica e collide con
limitando l’escursione l’acetabolo prima del fine
corsa normale

Normale escursione articolare Pincher Impingement Cam Impingement


(schiacciamento a pinza) (schiacciamento a camma)
A sinistra una normale escursione articolare in un movimento di intrarotazione, al centro e a destra
due patologie di impingement:
 Al centro un pincher impingement: il labbro acetabolare nella parte antero-superiore risulta
più ispessito e più in avanti, pertanto il femore intraruotando urta contro di esso prima del
fine corsa e il labbro “pinza” il collo femorale.
 A destra un cam impingement: la testa del femore non è sferica ma presenta una “gobba” che
collide prematuramente con l’acetabolo.

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Il disturbo si presenta come un dolore solitamente all’inguine ma anche vicino all’osso sacro o ai
trocanteri, con perdita dell’escursione articolare del femore in flessione ed intraruotazione nel caso
di impingement anteriore e in estensione ed extrarotazione nel caso di impingement posteriore.
Documentandosi un po’ risulta evidente che ancora non c’è chiarezza sui motivi dell’insorgenza di
questa patologia, sia perché è proprio scritto così (eh eh eh) sia perché se andiamo a leggere
l’elenco delle possibili cause… sono praticamente tutte le attività in cui vi è un utilizzo delle gambe
in flessione!
Sport che possono far insorgere la FAI, Femoroacetabular impingement sono l’Hockey, il calcio, lo
yoga, il powerlifting, il weightlifting, le arti marziali e una valanga di altri. Si ritiene che tutte le
attività in cui vi siano forze violente che agiscono mentre il femore è flesso e intraruotato possono
portara alla FAI, per questo nell’elenco sono presenti il calcio e le arti marziali: i calci, al pallone o
al muso degli avversari, avvengono principalmente portando il piede in alto, in dentro e verso
l’interno.
Questa patologia ha una simpaticissima particolarità: non passa e anche operandosi l’unica
soluzione per non arrivare all’artroplastica è… smettere la propria passione. Paura eh…
Dottore, da piccolo mia madre era
una figura autoritaria mentre mio
padre un soggetto debole… è per
questo che vado in palestra?

FAI anteriore FAI posteriore


Ok, ecco il test per vedere se avete questa roba: mettetevi sul letto e fatevi torcere in questo modo
da vostra moglie, come ho fatto io. Dolori all’inguine? Impossibilità di raggiungere l’escursione
massima? Se in flessione non riuscite ad andare oltre i 90° e in intraruotazione i 24°, allora non siete
messi bene, ma dato che io riesco ad intraruotare di 45° e sono il più rigido della Terra, andate
tranquilli. Ah… non provate da soli, intraruoterete di un terzo e avrete un attacco d’ansia.
Mi si è spaccato il labbro
Ecco, questa è un’altra cosetta antipatica, perché si risolve solo con un bell’intervento in
artroscopia: avete presente la rottura dei menischi? Bene, si può rompere anche il labbro
acetabolare. Il problema è che mentre per i menischi la prassi è consolidata e si capisce benissimo
quando sono rotti, questo disturbo è facilmente confondibile con altre patologie.
La sindrome del piriforme
Se i precedenti pain in the ass sono un’evenienza fortunatamente improbabile per noi amanti della
pesistica, la sindrome del piriforme è una problematica da prendere in considerazione. Ah… si
guarisce e si può tornare a fare i pesi.

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Piriforme Sopra

Gemello superiore

Flessione
Gemello inferiore

Otturatore interno Sotto


Il piriforme comprime il
Quadrato del nervo sciatico
femore

Nervo sciatico Rotazione interna

Attraverso
Adduzione

Il piriforme, a forma di pera, è un muscolo particolare per tre motivi:


 E’ l’unico che si inserisce esclusivamente sull’osso sacro.
 E’ direttamente a contatto con il nervo sciatico che gli passa sopra, sotto o attraverso. Il
primo caso rappresenta l’85% del totale.
 Nei movimenti di flessione, adduzione e rotazione interna il piriforme comprime il nervo
sciatico.
La sindrome del piriforme perciò è una sciatalgia non dovuta ad un’ernia o una protrusione discale
che può essere scambiata per altri problemi. Ad oggi questa sindrome è molto controversa e la sua
diagnosi necessita di un medico o chiropratico esperto: attenzione che spesso è utilizzata per
spiegare qualsiasi cosa, come “sei stressato” per spiegare quelle strane macchie blu sulla testa
dovute invece ad un avvelenamento da kryptonite.
Vorrei invece sottolineare un aspetto interessante, mi raccomando senza alcuna pretesa di
competenza medica: una tensione sul piriforme ha un impatto immediato sul bacino. Da molti mesi
ogni sera sto facendo circa 15 minuti di stretching per i glutei, dei semplici movimenti come quelli
dei disegni precedenti, e ho notato una sensazione di “benessere” come quando iniziai gli esercizi
per la cuffia dei rotatori.
Chi si impegna in squat e stacchi pesanti con dolori e doloretti cronici deve prendere in seria
considerazione la sperimentazione di un’attività specifica per i rotatori del femore e credo che ne
sentiremo parlare nei prossimi anni da persone ben più qualificate.
Per l’ennesima volta: attenzione! Giocare al piccolo terapista può essere letale per muscoli e
tendini!

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