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Il linguaggio
dItalia
di Giacomo Devoto
Edizione di riferimento:
Il linguaggio dItalia. Storia e strutture linguistiche italiane
dalla preistoria ai nostri giorni, Rizzoli, Milano 1974
II
Sommario
Nota dellautore
Introduzione
Parte prima. Dalle origini al 500 a.C
Capitolo primo. Luomo e i materiali linguistici
mediterranei
Capitolo secondo. Unit e variet nel mondo
mediterraneo
Capitolo terzo. La affermazione indoeuropea
Capitolo quarto. Testimonianze epigrafiche
preindeuropee
Capitolo quinto. Tradizioni indeuropee I:
protolatini, veneti
Capitolo sesto. Tradizioni indeuropee II:
umbro-sanniti
Capitolo settimo. Tradizioni indeuropee III:
Leponzi, Messapi, Galli
Capitolo ottavo. Le origini di Roma
Capitolo nono. Fioritura Regia
Capitolo decimo. Primo assetto latino
Parte seconda. La latinit: 500 a.C - 500 d.C
Capitolo undicesimo. Fissazione delle strutture
fonetiche
Capitolo dodicesimo. Fissazione di strutture
morfologiche sintattiche lessicali
Capitolo tredicesimo. Il grecismo
Capitolo quattordicesimo. Laccento
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NOTA DELLAUTORE
INTRODUZIONE
PARTE PRIMA
Dalle origini al 500 a.C
Capitolo primo
Luomo e i materiali linguistici mediterranei
I. Il Paleolitico
LItalia, stato detto, abitata da mezzo milione di anni:
un niente rispetto alla et della terra, relativamente poco
rispetto ad altre regioni europee; ma moltissimo rispetto
alla possibilit, non dico di una documentazione, ma
anche di una ricostruzione indiretta approssimativa.
Le testimonianze dirette delluomo sono molto pi recenti della data accennata sopra. A Roma, sulla via Nomentana, nella cava detta di Saccopastore, sono stati trovati fra gli anni Venti e Trenta due cran umani delluomo di Neandertal, associati a industria del tipo musteriano. Siamo nellultimo periodo interglaciale, diciamo
150.000 anni fa. Al monte Circeo, nella grotta Guattari,
sono state trovate mandibole umane e un cranio, sempre
del tipo di Neandertal, con una industria un po pi recente di quella musteriana, e cio la pontiniana1 . Il periodo delluomo di Neandertal, secondo Eickstedt, dura
fino al 70.000 a.C.2 ma fino a questo punto la domanda,
se questi uomini parlassero, e come, rimane evanescente
e quasi fatua. Solo col ripopolamento dellEuropa centrale in et postglaciale, e i conseguenti movimenti di popolazioni, dalle aree europee sudoccidentali e sudorientali, che erano state preservate dai ghiacci3 , ecco che appare una nuova stirpe umana, quella del neantropo altrimenti detto Homo sapiens. Il movimento era partito
1
Piccola guida alla preistoria italiana, Firenze 1962, autori
var.
2
Historia Mundi, I, Berna 1952, p. 118.
3
Rust, Historia, cit., p. 294.
dallAsia, e si era esteso verso lEuropa attraverso pi itinerar, e principalmente quello delle coste nordafricane
fino allo stretto di Gibilterra, e quello attraverso la regione del mar Caspio per le steppe della Russia in direzione dellEuropa centrale4 . Non escluso che la regione balcanica abbia avuto anchessa una parte. I tipi umani, che, alla fine di questo lungo periodo di assestamento, vengono a interessare lItalia sono quelli detti di Cro
Magnon e di Combe Capelle. Come cronologia, ci si pu
orientare verso i 25.000 anni: uno spazio che rimane immenso rispetto alle nostre possibilit di documentazione
e ricostruzione linguistiche, perch queste non arrivano
al di l dei 5.000 anni da oggi.
Queste prime testimonianze delluomo di Cro Magnon appaiono nel gruppo delle grotte dei Balzi Rossi
nella Liguria occidentale estrema, proprio sulla frontiera francese di Mentone. Nella grotta detta della Barma grande sono stati trovati, ancora nel secolo scorso
diversi scheletri, e nella grotta, detta precisamente dei
Fanciulli, sono stati trovati scheletri di bambini. Siamo qui al livello del paleolitico superiore del tipo detto aurignaciano5 . La et definitivamente postglaciale consente di riconoscere linizio di una tradizione che
passa quindi i 20.000 anni da oggi, ininterrotta. A una ottantina di chilometri a occidente, nella grotta delle Arene Candide, sono apparsi scheletri della razza parallela di
Combe Capelle, sempre al livello del paleolitico superiore. Il fatto che ai Balzi Rossi, gli scheletri fossero accompagnati da ornamenti di conchiglie e di osso; che quelli
di bambini mostrassero indumenti ornati con conchiglie
marine; che la testa di un giovane di razza negroide fosse protetta da lastroni formanti un vano riempito di ocra,
tutto questo ci rende certi che, a queste attivit, non po4
5
grammaticali. Nemmeno possono essere raggiunte attraverso normali procedimenti di ricostruzione perch
mancano punti di appoggio validi, legati da un presumibile rapporto di parentela, atti a permettere una comparazione non soltanto tipologica. c) Daltra parte, strutture grammaticali e unit lessicali, radicate per millenni
sul suolo italiano, non possono essere scomparse senza
lasciar tracce, come se immense scope o taglienti rasoi
avessero fatto tabula rasa. In queste condizioni occorre
procedere per gradi, cercando di ritagliare o estrarre dal
patrimonio tradizionalmente attestato, di origine sicuramente indeuropea, quegli elementi che possano essere
sospettati di esservi stati travasati dal pi antico strato
(che provvisoriamente chiamiamo mediterraneo): accettati, riconosciuti anche se provenienti da una ascendenza illegittima.
Al fine di non muoverci alla cieca, cominceremo a delimitare tre campi di ricerca. Il primo rappresentato
dalla massa dei nomi di luogo antichi e moderni, dei quali non si conosca una etimologia evidente, e insieme trovino corrispondenze in una area cos vasta da esorbitare
dai territor indeuropeizzati gi in et protostorica. Si vedranno subito sotto esempi di questo procedimento, che
stato per la prima volta applicato su larga scala da Francesco Ribezzo e poi portato a perfezione da Vittorio Bertoldi e Benvenuto Terracini9 . Una seconda massa costituita da parole attestate solo in et moderna, confinate in
dialetti appartati, specialmente nella zona alpina, e che
si sottraggono a qualsiasi collegamento, non solo col latino ma anche con altre lingue della nostra era, dallarabo
alle lingue germaniche e al francese. Il pioniere di que9
Ribrezzo, Rivista Indo-greco-italica, 4, 1920, pp. 83 sgg.;
Terracini, Pagine e appunti di linguistica storica, Firenze 1957,
pp. 41-52.
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12
Capitolo secondo
Unit e variet nel mondo mediterraneo
6. Strutture
Sulla base di questi sondaggi e dei materiali che si raccolgono, possibile tentare qualche descrizione parziale di
strutture mediterranee. Un primo schema di sistema vocalico, dissimmetrico14 porta a opporre una serie vocalica palatale in cui la vocale E gravita verso la A e una serie
velare in cui la vocale intermedia o gravita invece verso
la u. Lo schema che ne deriva il seguente
A
........
............O
I...............U
Le alternanze citate del tipo Barga/Bergamo e Parga/Pergamo sono pi frequenti che quelle dellaltro tipo citato Ambra/Ombrone. In relazione con la prevalenza
del primo tipo si trova la prevalenza dei temi AU come
AUSA, in cui le due componenti del dittongo sono fortemente contrapposte, rispetto ai tipi in AI in cui lo sono
meno, come SAITA setola (lat. saeta).
Lo sviluppo della vocale A nel senso opposto, accennato dalla seconda alternanza, condurrebbe a una sistemazione non pi triangolare ma quadrangolare del tipo
14
E/I
O/U
13
Lo sviluppo inverso, diretto a raggiungere una totale simmetria semplificata, dovrebbe condurre alla eliminazione della differenza fra le vocali intermedie e quelle
estreme e delle due serie e cio a uno schema
A
E/I
O/U
Lindizio dato dalla incerta fissazione dei temi mediterranei nelle forme greche e latine: tali i casi di menta/mnthe, citato sopra e di lat. citrus cedro e gr. kdros,
di lat. cupressus e gr. kyprissos. Neanche in questa direzione si arriva per a un risultato definitivo non simmetrico: il processo di fusione O/U molto pi avanzato
di quello E/I. Un ultimo spunto viene offerto dal trattamento di una parola mediterranea quale appare nel greco sykon e nel latino ficus. Da questo appare in modo
pressoch certo che nel mondo mediterraneo o in certe
sue aree parziali sussisteva la vocale mista . Se si prende
in considerazione allora anche questultimo spunto, ecco
che un quadro completo dei nuclei vocalici mediterranei
e delle loro tendenze andrebbe raffigurato virtualmente
nella forma
E/I
O/U
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sgg.
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VA lat. e it. malva; LAURA lat. laurus, it. (al)loro; NAPA cavolo lat. napus; TAKSA lat. taxus, it. tasso. Al
di fuori delle forme tipiche, si hanno poi nella vegetazione selvatica: KIDRO/KEDRO lat. citrus, gr. kdros;
ILEK variet di quercia lat. ilex; KUPAR cipresso
lat. cupressus, gr. kyprissos; LEIRIO25 lat. lilium, gr. lerion, it. giglio; WRODJA rosa, lat. e it. rosa, gr. rhdon. Nella vegetazione commestibile rientra la nozione
di fame THAM lat. fames; MINT(H)A menta lat.
e it. menta, gr. mnthe; il vocabolario dellolio e del vino: ELAIWO- lat. oleum, gr. laion; WOINO- vino
lat. vinum, gr. Fonos e FAIK lat. faex feccia; infine
THONGO- fungo lat. fungus, gr. spngos e THKOfico, lat. ficus, gr. sykon.
Nel campo degli animali, hanno forme tipiche TALPA
lat. talpa; TARMA lat. tarmes, it. tarma; BLATTA
insetto cfr. it. piatt(ola). Fuori delle forme tipiche
si possono accettare LEB/LEP lepre lat. Lepus26 e
cos lat. (cam)ox (animale alpino), (i)bex camoscio lat.
cab(allus) cavallo da lavoro.
Nel campo dei ripari artificiali KASA capanna lat.
e it. casa; BAITA e MALGA casa rustica nei pascoli alpini; BARGA capanna che insiste sulla forma rotondeggiante, diffusissima come nome locale e presente nel
lat. e it. barca.
Come nomi di strumenti tipici per la forma A....A o la
finale in -K compaiono infine: BARRA it. barra; THALK
falce lat. falx, it. falce; LANK piatto lat. lanx.
25
Hubschmid, op. cit., pp. 37 sgg.; Devoto, Scritti minori,
cit., II, p. 16.
26
Terracini, Archivio glottologico italiano. Sezione Goidanich, 20, 1926, p. 131.
19
8. Nostratico e Indo-mediterraneo
Alcune di queste somiglianze e contatti si spingono cos lontano che legittimo parlare di resti di una antica
unit anche estraitaliana. Anche se questo non interessa
direttamente il linguaggio dItalia, pure consigliabile
tenere presenti alcune distinzioni terminologiche. Ci sono temi come AUSA che hanno corrispondenze estesissime dal mondo basco allIrlanda allItalia al vicino oriente, allArabia, e sono compresi nel termine generalissimo di nostratico27 . Ci sono quelli che gravitano piuttosto verso una fascia settentrionale dai Pirenei alla regione alpina, dalla Balcania fino al Caucaso e sono detti paleoeuropei p. es. KUK ( 7). Ci sono quelli che
gravitano piuttosto verso il mezzogiorno e le coste africane, spingendosi addirittura fino allIndia: sono detti
indo-mediterranei. Tale, secondo V. Pisani28 , il significato della diffusione del sistema numerale vigesimale;
tale il valore di certe corrispondenze greco-indiane, come gr. erbinthos cece, contro indiano aravinda.
9. Paleo-europeo
Di maggiore interesse, dal punto di vista italiano, il caso opposto, per il quale, allinterno dello strato mediterraneo e delle sue testimonianze italiane, si riscontrano
differenze.
Fra la tendenza di B. Gerola, aliena dal riconoscere
questa variet, e quella di M. Durante29 incline a esaltarScritti minori, cit., II, pp. 29-30.
Pisani, Scritti in onore di Alfredo Trombetti, Milano
1938, pp. 199-213.
29
Durante, Annali dellIstituto orientale di Napoli. Sezione
linguistica, 3, 1961, pp. 59-77.
27
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21
(Tituk)alos, (Popp)alus ( 31), nella Sententia Minuciorum (CIL I 584)* in rivo Tudel(asca); nella toponomastica da Rapallo, Varallo, Vercelli al lago Regillo presso Roma; a Roselle in Etruria, infine a Entella, che si trova in
Liguria quanto nella Sicilia occidentale.
In N, nelle varianti E(N)NA, in Etruria ma anche
nelle aree circostanti: tali Bolsena, Rasenna in prov. di
Macerata e di Modena; Ravenna e Cesena in Romagna;
Chiavenna in Emilia e nelle Alpi centrali; Valbrevenna in
Liguria; Palena in Abruzzo.
Ampia larea delle formazioni in -ONA. A partire
da Dertona in territorio ligure si estendono, attraverso
Cremona, il territorio reto-euganeo, a Verona e Gemona;
scendono sulla costa abruzzese dellAdriatico a Ortona;
si fissano sulla sua costa orientale a Albona, Fianona,
Salona.
Analogamente il suffisso TE ha il suo centro nellItalia nordorientale: per es. Terges-te Trieste o Ates-te
Este, ma discende anche verso mezzogiorno a Tea-te
Chieti, a Rea-te Rieti e fino al monte Sorac-te Soratte a nord di Roma.
10. Collegamenti con lEuropa centrale
Che nella protostoria neo- e eneolitica le societ umane non fossero statiche ma stabilissero rapporti anche
a grande distanza provato dallarcheologia. Nei giacimenti della ceramica a nastro danubiana, e quindi nel
tardo neolitico si trovano a scopo di ornamento conchiglie di un mollusco, lo Spondylus gaederopus33 . In quelli
pi tardi della civilt eneolitica di Untice (Boemia) appaiono le conchiglie di un altro mollusco, la Columbella
33
22
rustica34 . Dunque, dal Mediterraneo e dallItalia movevano correnti culturali e commerciali che sono state definite come antindeuropee35 .
Le civilt eneolitiche di Serraferlicchio (Agrigento)36
e quella di Rinaldone nellalto Lazio con le asce da
combattimento37 , quelle del Gaudo in Campania presso Pesto con i loro meandri punteggiati, attestano collegamenti lontani in direzione opposta38 , talvolta transadriatici. Quelli di Remedello (Brescia), sul confine
fra la et enea e quella del bronzo, attraverso la forma
dei suoi bicchieri campaniformi rivolta invece verso
occidente39 . Discendendo infine alla civilt terramaricola (bronzo medio e recente)40 i collegamenti evidenti sono di nuovo con la Europa centrale. Dalluna direzione o
dallaltra, lItalia del secondo millennio, sia per dare sia
per ricevere, sempre in contatto per mare o per terra
col resto del continente41 .
Op. cit., p. 125.
Scritti minori, I, Firenze 1958, pp. 70 sgg.
36
Piccola guida, cit., tav. XXII.
37
Op. cit., tav. XXIII. Cfr. Laviosa Zambotti, Le pi antiche
culture agricole europee, Milano 1943, p. 500.
38
Piccola guida, cit., tav. XXIII.
39
Op. cit., tav. XXIV.
40
Op. cit., tav. XXXII.
41
Laviosa Zambotti, Op. cit., pp. 351-383.
34
35
23
Capitolo terzo
La affermazione indoeuropea
43
24
no le sonanti, articolazioni suscettibili di fungere, secondo il contesto fonetico, come vocali oppure come consonanti. Le sonanti erano sei: I vocale alternante con Y
(=J) consonante; U vocale alternante con w consonante;
L, vocale, alternante con L consonante e cos R e R consonante, M e M, N e N. Impossibilitata a esser definita
foneticamente, ma necessaria dal punto di vista del sistema la cosiddetta laringale, segnalata convenzionalmente con una E (rovesciata), anchessa suscettibile di valore
vocalico (E. accanto al consonantico E) e detta tradizionalmente schwa44 . Quando ha valore vocalico, si fonde, nella maggioranza delle aree, con A (nel mondo ario
con I); quando ha valore consonantico, si fonde con la
vocale precedente e d vita alla quantit lunga della stessa. La differenza fra quantit breve e lunga non dunque una propriet primitiva delle vocali indeuropee, ma
una propriet acquisita.
12. Innovazioni indeuropee
Ma la tradizione indeuropea, che si affacciata sulla soglia dellItalia, non era pi quella primitiva anche per altre ragioni. Le principali trasformazioni, che si erano gi
verificate parzialmente nel mondo indeuropeo, e comprendevano invece tutti i filoni: giunti in Italia, sono state principalmente due, e entrambe si riferiscono al sistema delle consonanti. Da una parte si tratta della trasformazione del sistema del grado di articolazione che passa
da quadripartito a tripartito, in seguito allallineamento
di occlusive sorde, occlusive sonore e fricative, eredi di
aspirate. Dallaltra si tratta dello scioglimento della categoria delle sonanti, che si scindono nelle vocali I e U
e nelle consonanti J V L R M N, senza pi possibili44
25
t di alternanza. Le forme vocaliche delle quattro sonanti L R M N sono rappresentate in maggioranza dai gruppi OL OR EM EN. Le consonanti dette labiovelari sono
conservate nella tradizione protolatina meglio che in tutte le altre lingue indeuropee, mentre sono energicamente
labializzate in quella osco-umbra ( 27).
Nel campo della morfologia, il carattere fondamentale
era quello delle alternanze delle radici tra un grado normale E, uno forte O, e uno ridotto, privo di vocale. In
circostanze fonetiche speciali, al posto di un grado ridotto privo del tutto di vocale, se ne aveva uno semiridotto, variamente trattato sul suolo italiano. Questo sistema
morfologico stato vittima in Italia delle alterazioni fonetiche sopraggiunte, sia per lazione della intensit dellaccento sia per una diversa gradazione dei timbri vocalici. La morfologia del nome si fondava su una declinazione di otto casi, dei quali lo strumentale, e il locativo hanno lasciato in Italia solo tracce scarse. La morfologia del verbo si fondava sulla coesistenza, non necessariamente totale, dei temi fondamentali di presente aoristo perfetto, che definivano il tempo e la quantit dellazione (o aspetto) del verbo; dei modi, che definivano la
qualit; con relative forme nominali di particip, infiniti
e cos via. La diatesi del verbo mirava a opporre soprattutto quella attiva e la media mentre la passiva era affidata a un sistema secondario di coniugazione, parallelo
alle forme causativa desiderativa o intensiva. Nel campo
dei modi si distingueva fra un congiuntivo, segnale di
possibilit e un ottativo, segnale di desiderabilit. Rimanevano tracce di un primitivo45 che ai fini della indeuropeizzazione dellItalia non ha esercitato alcuna parte,
salvo forse nella formazione del paradigma del verbo sostantivo s-u-m.
45
Schwyzer, Griechische Grammatik, Monaco di Baviera
1934-1953, I, p. 645; II, p. 303.
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32
lonizzazione in senso demografico, n di vistose migrazioni di uomini, perch ne sarebbe rimasta traccia in leggende, come avvenuto per i nostoi o ritorni dei
combattenti della guerra di Troia, o per la discesa dei
Dori nel Peloponneso. Non si trattato nemmeno della
affermazione di una aristocrazia culturale, perch avrebbe lasciato tracce monumentali. Il mondo mediterraneo, ivi compreso quello italiano, era superiore per civilt; una conquista culturale indeuropea impensabile.
Eppure una forza, qualunque ne fosse la natura, deve essersi manifestata per consentire la conquista o almeno la affermazione linguistica. Tanto pi era necessaria,
in quanto il trapianto di un sistema linguistico da regioni cos diverse come quelle dellEuropa centrale, doveva averla messa in crisi. Questa forza non poteva essere che sociale. I nuclei di tradizione linguistica indeuropea, privi di qualsiasi forza demografica o culturale, erano invece saldamente organizzati in trib sia pure piccole, ma solide, che, dovunque arrivavano, mantenevano
la loro compattezza, non solo, ma costituivano una forza
di attrazione e confronto per gli indigeni: prima, fonte
di attrazione e curiosit, poi modelli di vita psicologicamente urbana, poi solido, fisso punto di riferimento nel
mutare della vita quotidiana, qualcosa di paragonabile a
un mercato. Solo in questo modo possibile rendersi
conto di una affermazione cos potente e durevole, e nel
tempo stesso invisibile. Il linguaggio dItalia si manifesta
dora in avanti in forme nuove, secondo una tradizione
ricca di traversie e ostacoli, ma non pi interrotta.
33
Capitolo quarto
Testimonianze epigrafiche preindeuropee
16. Anetrusche
Solo a partire dal I millennio possibile passare, dalla contrapposizione frontale di relitti preindeuropei e
strutture indeuropee, al confronto fra unit linguistiche storicamente costituite e afferrabili a noi. Naturalmente il risultato di questa svolta non automatico, ma
prende forma progressivamente attraverso un quadro tripartito.
Si tratta di testimonianze pi o meno organiche di lingue preindeuropee, che si prolungano nella prima met del millennio e oltre. Si tratta di avvisaglie indeuropee nellinterno di queste, soprattutto nel mondo etrusco, sino a legittimare la nozione di una fascia periindeuropea ( 17 sgg.). Si tratta infine di definire le
singole tradizioni indeuropee nelle aree e nelle forme da
cui hanno preso le mosse per diffondersi con maggiore
o minore fortuna in Italia: tali i focolai protolatini ( 22
sgg.), venetico ( 25) e osco-umbro ( 26 sgg.), messapico, leponzio e gallico ( 31 sgg.) e delle tradizioni che ne
sono eventualmente discese.
La iscrizione punica venuta in luce nel 1964 a Pyrgi
presso Civitavecchia apre la serie delle testimonianze di
lingue non indeuropee nellItalia antica. Essa anche la
pi facile da interpretare storicamente, in quanto ricorda
la consacrazione di un tempio alla dea Astarte, fatta da
Tiberio Veliana, tiranno di Caere ai primi del V secolo
a.C. Si tratta di una decina di righe che trovano una
pi ampia corrispondenza nelle due analoghe, ma non
identiche, redazioni etrusche. Essa prova la importanza
dei rapporti fra Cartagine e la Etruria in quella et,
34
35
36
le o, nonch delle oscillazioni nellimpiego delle consonanti sorde e sorde aspirate. Forme caratteristiche sono
quelle del tipo trina e, tina e, che ricordano forme di
perfetti etruschi70 .
17. Etrusche
La iscrizione del lituto di Collalbo (Bolzano)71 rappresenta invece un testo francamente etrusco, di un etrusco
respinto a nord dalla invasione gallica, secondo la notizia di Livio e di Plinio72 .
Si introduce cos il problema principale della preindeuropeit linguistica in Italia, quello della lingua etrusca. Di tutte le testimonianze preindeuropee, nessuna
raggiunge neanche da lontano nella Europa intera la ricchezza e il significato di quella etrusca. Si tratta di quasi
diecimila iscrizioni, la maggior parte brevissime, poche
bilingui, oltre qualche decina di glosse isolate, raccolte
nel Corpus inscriptionum etruscarum (CIE), iniziato
nel 1890 e non ancora compiuto73 .
Sono scritte in alfabeti non omogenei, di cui possediamo come prototipi: la tavoletta davorio della Marsiliana
dAlbegna, un vaso di Formello e uno di Cerveteri. Essi
risalgono a modelli greci occidentali e sono perfettamente leggibili, con alcuni segni divenuti superflui, come il
B e il D, la vocale o e la sibilante samech. Nelle iscrizioni pi tarde (IV-I sec. a.C.) si abbandonano anche il
K il Q nonch X in quanto segnale di sibilante. I segni
validi definiscono un sistema fonetico caratterizzato dalle quattro vocali A E I U, dalla semivocale V, dalla aspiPisani, op. cit., pp. 318 sgg., 323.
Battisti, Studi etruschi, 8, 1934, pp. 193 sgg.
72
Livio, V 33; Plinio, Nat. Hist., III, 133.
73
CIE, vol. II, sez. I, fasc. IV = 5607-6324, 1970.
70
71
37
38
carnasso, che ha definito la lingua etrusca diversa da tutte le altre76 , allimperatore Claudio che ne ha raccolto testimonianze letterarie in unopera andata perduta. Rinnovatori di questo interesse nellet moderna sono stati
(XVII sec.) Tomaso Dempster, inglese, la cui opera De
Etruria regali fu per pubblicata solo nel secolo successivo (1723). Degli antiquar italiani raccolse le fila Luigi
Lanzi (1732-1810)77 , dei tedeschi Carlo Ottofredo Muller nel 182878 . Lassillo primo stato quello di assegnare
alletrusco una definizione genealogica, italica o no. Alla prima scuola appartennero il Corssen, il Lattes, il Nogara, alla seconda il Deecke, lo Skutsch e tutti i moderni. Resipiscenze indeuropee si manifestarono in modo
risoluto presso il Goldmann79 , in modo pi ondeggiante
presso il Vetter80 .
Una terza via stata indicata una trentina di anni fa da
P. Kretschmer con la teoria della protindogermanische
Schicht81 o strato protoindeuropeo che io stesso ho
trasferito dal piano storico a quello geografico con la nozione di peri-indeuropeo. Le parole Tinia Giove tiv
luna sarebbero svolgimenti precoci del tema indeuropeo di(n) (che significa luce) energicamente immerso
e snaturato nel mondo etrusco82 dopo un avvicinamento lento e graduale da parte di trib protolatine ( 23) e
umbre ( 30).
Antichit romane, I, p. 30.
Saggio di lingua etrusca e altre antiche dItalia, Roma 1789.
78
C. O. Muller, Die Etrusker, Breslavia 1828, 2a ed. a cura
di W. Deecke, 1877.
79
Beitrge zur Lehre vom indogermanischen Charakter des
Etruskischen, I, Heidelberg 1929. Neue Beitrge ecc., Vienna
1931.
80
Etruskische Wortdeutungen, Vienna 1937.
81
Glotta, 14, 1925, pp. 300 sgg.
82
Scritti minori, I, Firenze 1958, pp. 63-69.
76
77
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84
40
riodicamente ritornano: il metodo nel quale si sono cimentati soprattutto Emil Vetter e Massimo Pallottino.
La terza fase rappresentata dallabbinamento dei
due metodi allinterno di uno spazio pi ampio di quello
accettato dal metodo combinatorio, ma molto pi ristretto di quello delletimologico. Si tratta del metodo bilinguistico che attua di nuovo confronti allesterno della
lingua indagata, inseguendo non tanto identit etimologiche, quanto corrispondenze strutturali in testi di due
sole lingue. E quello che applicano studiosi pi giovani,
quali K. Olzscha test defunto e soprattutto A. Pfiffig87 ,
anche se di questo confronto di strutture il precursore
benemerito stato E. Goldmann88 . Dallo studio delle
strutture come da quello dei confronti bilinguistici sono
stato influenzato io stesso nella interpretazione delle Tavole di Gubbio89 .
20. Interpretazioni etrusche
Al di fuori di quei caratteri fonetici che risaltano dal divenire degli alfabeti, lattenzione dello studioso deve essere richiamata su tre punti fondamentali delle strutture linguistiche etrusche. Nellambito fonetico si fa largo
col tempo linfluenza dellaccento di intensit, che annulla le vocali interne, come mostra lo svolgimento da Cluthumustha forma etrusca per il greco Klytaimstra passata
a Clutmsta90 . Sul piano morfologico, insieme allassesta87
Pallottino, Etruscologia, cit., p. 385; Olzscha, Interpretation der Agramer Mumienbinden, Lipsia 1939; Pfiffig, Studien
zu den Agramer Mumienbinden, Vienna 1963.
88
Beitrge, cit., I, p. es. le tabelle alle pp. 12, 13, 24 sgg.
89
Tabulae Iguvinae, Roma 1937, 3 ed. 1962; Scritti minori,
cit., II, pp. 254 sgg., 289 sgg.
90
Scritti minori, cit., II, pp. 99 sgg.
41
mento progressivo di una declinazione, si ha la diffusione del processo di rideterminazione morfologica91 ; dalla assenza originaria di una mozione (cio di una segnalazione alternativa di genere maschile e femminile) si
passa a qualche traccia di genere grammaticale. Per quel
che riguarda il lessico, ecco un elenco di parole che si
possono considerare interpretate sicuramente. Nella religione: ais dio, aisar di, fler offerta, sacni luogo sacro azione sacra, mul dedicare, tur donare,
trutnvt augure, netsvis aruspice, cletram carrello
per offerte. Nel mondo funerario: thaura tomba, cela
cella, mutna sarcofago, lupu morire, hinthia anima ombra, phersu maschera. Nella famiglia: clan
figlio, sec figlia, puia moglie, nefts nipote92 .
Fra i verbi: am essere, sval vivere, zich scrivere.
Nella societ: lautn famiglia, lautni liberto, etera
estraneo inferiore, lauchume lat. lucumo lucumone, lucairce fu lucumone, zilc pretore, maru marone (magistrato), cepen sacerdote, macstrevc maestro, spur citt, tuthi stato, par (parchis) uguale e
cio cittadino di pieno diritto (cfr. etera); mechl nazione, rasna Etruria, tular confini, rumach romano, frontac ferentano93 , naper (misura di lunghezza).
Nella vita domestica: vinum vino, verse fuoco, cape recipiente, pruchum brocca, sren figura. Nel
calendario: tin giorno, thesan mattino, tivr mesi,
avil anno, ril in et di, acale giugno, celi settembre lat., velcitanus marzo lat., traneus luglio, ermius
agosto. Nomi di animali: andas aquila, arakos sparPallottino, Etruscologia, cit., 6 ed., pp. 354 sgg.
Non esiste prumths pronipote pedissequamente ripetuto
dai vari autori; vedi Studi etruschi, 38, 1970, pp. 142 sgg.
93
Ferri, Rendiconti Accademia Lincei, 13, 1958, p. 323.
91
92
42
95
43
Capitolo quinto
Tradizioni indeuropee I: protolatini, veneti
44
45
dea associa gli Elimi a una prima pressione dalloriente egeo. La valutazione di questi resti non deve compromettere con la terminologia le conclusioni finali. M.
Durante consider queste iscrizioni come testimonianze
di unavanguardia enotrio-bruzia100 ; G. Alessio la defin
pi genericamente come italica101 ; R. Ambrosini vi vide invece una tradizione indeuropea autonoma collegata in qualche modo con lAnatolia102 . M. Lejeune103 vi ha
visto recentemente ancora una volta una tradizione italica, che egli vorrebbe considerare autonoma, cos rispetto alle tradizioni venetica-falisca e latina come rispetto a
quella osco-umbra. La posizione pi ragionevole sembra quella intermedia fra il Durante e il Lejeune nel senso che si tratti di una italicit generica propendente per
piuttosto verso il complesso protolatino che verso quello osco-umbro, ma che nella prima met del millennio
ancora lontanissima dalla Sicilia. Quanto ai contatti con
loriente, occorre ricordare che gli anni a cavallo fra il
secondo e il primo millennio sono gli anni della espansione micenea e cio dei fatti linguistici e non linguistici,
che hanno giustificato nellantichit il sorgere della teoria dei Pelasgi (v. 36)104 . La nozione di siculo in senso stretto si fonda principalmente su tre iscrizioni, delle quali la pi importante quella del guttus o brocca di
Durante, Kokalos, 7, 1961, p. 88.
Alessio, Kokalos, 7, 1961, p. 33 (estratto); Parlangeli,
Kokalos 7, 1961, p. 20.
102
Ambrosini, Studi e saggi linguistici, 8, 1968, pp. 160172; Schmoll, Die vorgriechischen Sprachen Siziliens, Wiesbaden 1958.
103
Lejeune, La Langue lyme daprs les graffites de Sgeste, Comptes rendus de lAcadmie des inscriptions et belles
Lettres, 1969, pp. 237-242.
104
V. Appendice A a p. 375 a cura di L. Agostiniani.
100
101
46
47
23. Falisco
A settentrione del territorio opico si ha quello ausone, e
infine, allestrema ala settentrionale, quello latino. Questo tuttaltro che uniforme. A nord di Roma, attraverso larea falisca, si ha un territorio (proto)latino superstite che stato soggetto a influenze sia etrusche sia sabine.
Le nostre conoscenze sul falisco si fondano oggi sullopera di G. Giacomelli108 . Le iscrizioni importanti edite
dalla Giacomelli sono circa 150. Nella raccolta completa del CIE esse comprendono i numeri 8000-8600; delle
quali alcune in lingua etrusca. Lalfabeto quello latino
arcaico, sia pure con una diversa forma della F. La grafia, in parte influenzata dalletrusca, mostra Z per S, e T
per D; talvolta U per O e K per G, p. es. eko io. Arcaismi non necessariamente protolatini sono in falisco: neven lat. novem, peparai lat. peperi, eti lat. ET,
-osio des. di gen. sg. (lat. I). Sul piano lessicale importante lecet giace gr. lkhetai. Innovazione comune al
latino quella del dittongo -OU in -OI, p. es. loi(firta)
lat. libertas.
Per quello che riguarda le consonanti, il falisco come
il latino entrano nellarea che ha elaborato il suono F (
27), che nel falisco ha anzi uno sviluppo ancora maggiore che in latino: per esempio al posto della H iniziale ha
foied per hodie ( 41), e mostra contemporaneamente il passaggio del gruppo die in ie. In posizione interna la F prova una influenza sabina contro la sonora semplice, che corrisponde invece in latino alle sonore aspirate indeuropee: tale il caso del falisco loifirta di fronte
al latino libertas; tale quello delle forme carefo pipafo
futuri in B (lat. carebo) sottoposti analogicamente a F
sabini, anche se il futuro orco-umbro era non in BH ma
108
48
110
49
gi sono 270 di cui 119 da Este, 15 da Adria, 19 da Padova, 73 dal Cadore, 23 dalla valle del Gail nel territorio
austriaco al di l delle Alpi Carniche. La loro et va dal
sec. VI a.C. alle soglie dellet romana nel II.
Il loro alfabeto, di origine etrusca, stato accolto nel
periodo 550-450 a.C., con tutti i problemi che derivano
dal suo adattamento a un sistema fonetico assai diverso.
La principale difficolt data dal ripiego adottato per indicare le consonanti sonore (non segnalate nellalfabeto
etrusco) e per le quali si impiegano i segni destinati invece in etrusco a indicare le consonanti aspirate: Khi per
G, Phi per B, Zeta per D. I segni per le sibilanti sono sovrabbondanti: S e si confondono fra di loro, ma si distinguono dal semplice S. I primi, nella grafia latina, sarebbero trascritti con SS, per es. nel caso di sselboisselboi (Belluno 1). Il segno che una volta si leggeva H si legge oggi I: un nome di dea Reitia non Rehtia. Nelle serie labiovelari, o equiparabili alle labiovelari, la appendice si rafforza notevolmente, come mostrano le grafie kvidor (Cadore 64) o ekvon (Este 71). Di importanza fondamentale la punteggiatura sillabica111 , presa organicamente dalletrusco ( 17) e risalente, a quanto pare, a et
micenea ( 36).
Sul piano fonetico limportanza del venetico sta nel
passaggio delle sonore aspirate a sonore semplici nellinterno di parola: il che significa affinit col latino e opposizione alla soluzione umbro-sannitica ( 27): ven. louderobos rispecchia una base di partenza LOUDHEROBHOS (dat. abl. pl.) liberis. Sul piano morfologico sono caratteristici i pronomi ego mego di fronte al lat.
50
ego me (in got. ik mik); gli aoristi sigmatici donasto donavit, fagsto fecit; le forme di cosiddetti ingiuntivi come kvidor pag o toler pose. Nella declinazione ha rilievo la desinenza -bos, applicata anche alla
declinazione in -O: p. es. il cit. louderobos liberis.
Nel vocabolario le parole attestate si avvicinano al centinaio e mezzo. Sono da ricordare larcaico deivos dei
dare, ek(acc. pl.); doto aoristo atem. della rad. DO
von lat. equom, dono lat. donum; aisu-, tema indeur. centrale con valore religioso, penetrato anche in
etrusco; il tema ben noto TEUTA popolo; il tema foug,
risalente alla radice indeur. BHEUG; i due nomi di divinit femminili LOUDHERA lat. Libera, e Reitia semanticamente equivalente al gr. Hortha. Un tema importante ma meno chiaro rappresentato da iorobos se
si pu connetterlo al ted. Jahr anno. Infine appaiono
preposizioni come op(i) lat. ob, e per, identica alla corrispondente latina. Una appendice del mondo venetico
rappresentata dalle iscrizioni camune, nelle quali si assiste al processo di indeuropeizzazione di una popolazione
originariamente euganea. Esse sono comprese in un periodo che va dal 350 a.C. al 70 a.C. Il loro primo illustratore, F. Altheim, ha voluto sottolinearne la latinit; G.
Radke112 ha voluto piuttosto connetterle col mondo umbro. In realt le dubbie forme italicheggianti sono, insufficienti per essere assegnate a un determinato gruppo
genealogico. Restano comunque tratti (ad es. tiez, forse
da leggere dies, associato a scena di culto solare) di una
indeuropeit che, almeno per ora e senza ricorrere alla
fantasia, non offre per alcuna qualificazione in senso di
posizione genealogica113 .
112
Pauly-Wissowa, Realenz, cit., supplemento IX, col. 1764
(Radke).
113
A. L. Prosdocimi, Per una edizione delle Iscrizioni della
Val Canonica, St. Estr. XXXIII, 1965, pp. 575-599. Per i
51
52
Capitolo sesto
Tradizioni indeuropee II: umbro-sanniti
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57
te, o sabina in senso stretto, che culmina nel primo secolo della repubblica romana (V secolo a.C.)122 ( 46). Sono questi protosabini che, come ha reso probabile E.
Peruzzi ( 41) hanno trasmesso a Roma la formula onomastica etrusca primitiva col patronimico DOPO il gentilizio.
La pi antica testimonianza di una pressione protosabina o comunque osco-umbra nel Lazio data dalla Fibula prenestina (VII sec. a.C.) attraverso i due caratteri
inequivocabili della desinenza in -OI del dativo singolare (Numasioi) e del perfetto raddoppiato (attestato nella
lingua osca) fhefhaked. Esso si oppone a quello non raddoppiato, risalente a un aoristo indeuropeo, che compare invece nel lat. arc. feced.
Le testimonianze sabelliche (sec. III e sg.) non sono
omogenee. Nella edizione Bottiglioni123 esse sono rappresentate da due vestine (NN. 119-120), una marrucina
(121), dieci peligne (122-131), quattro marse (132-135).
Sono in maggioranza limitate a poche parole, salvo il
bronzo marrucino di Rapino (di 12 righe) e la iscrizione peligna detta di Herentas, di sette. Il trapasso dalla
fase originaria con i dittonghi ancora conservati a quella
con i dittonghi fusi appare attraverso il confronto tra il
marrucino totai (in umbro tote) o il peligno coisatens
(lat. cura-) di fronte a una forma marsa come (iou)es
invece di -ois. Una testimonianza a s quella della lingua volsca, che appare nella cosiddetta Tavola di Velletri del III sec. a.C., composta di sole quattro righe, che
consentono per di classificarla, nonostante la sua posizione meridionale, nel quadro umbro, anzich in quello
sabellico: difatti la formula onomastica porta il patronimico prima del gentilizio come in umbro e non come in
122
123
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30. Sopravvivenze
Gli alfabeti usati sono luno di origine etrusco-campana,
laltro quello latino. Ci sono alcuni esempi di impiego
dellalfabeto greco normale. Lalfabeto di tipo etrusco
mostra una innovazione importante, nel senso che, fra
le vocali I e E, viene introdotta una vocale I e cio una
vocale contraddistinta da un apice, destinata a indicare
o una E di pronuncia particolarmente chiusa o una I
particolarmente aperta. Questo fatto una prima spia
di quella distinzione fra i gradi di apertura delle vocali
che caratteristica del latino volgare126 . Esiste anche la
vocale U e cio U con apice, ma questa serve pi che
altro a ristabilire la differenza fra O e U, di cui lalfabeto
etrusco aveva imposto il sacrificio.
126
Devoto, Profilo di storia linguistica italiana, 4 ed., Firenze
1964, pp. 12 sgg.
60
Capitolo settimo
Tradizioni indeuropee III: Leponzi, Messapi, Galli
61
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ponomastica occorre invece apportare riduzioni drastiche, trattandosi in buona parte di elementi non illirici
ma preindeuropei133 . Questo non esclude che sussistano in Italia concordanze transadriatiche: come stato detto al 14, lItalia, per la sua ascendenza umbra venetica o protolatina, esige connessioni transadriatiche.
Ma queste sono sempre connessioni indeuropee non
ancora differenziate, non circoscrivibili in un termine ristretto come lillirismo. Paeligni ex Illyrico orti, secondo il detto di Festo (248 L), implica una dipendenza
geografica e non una etnica, come molti sono stati tentati di fare134 . Tuttavia, quando si entra nel territorio della Puglia, le cose cambiano. La nozione generale di Iapigi e quelle particolari di Dauni Peucezi e Messapi si susseguono, corrispondendo approssimativamente alla nozione generale di Puglia, e alle sue tre province storiche,
rispettivamente di Foggia Bari e Lecce. Nellinsieme esse rappresentano uno strato indeuropeo, che si sovrappone a quello protolatino a partire diciamo dal IX-VIII
sec. Lassestamento dei Dauni sembra abbia risentito di
qualche contatto protolatino in quanto Fauni parola latina distinta solo dal diverso trattamento della consonante sonora aspirata iniziale: resa fricativa in latino, privata della aspirazione presso i Dauni. Allinterno di questo gruppo, cui va riconosciuta la denominazione di illirico, eccelle per ricchezza di testimonianze la tradizione linguistica messapica, sopravvissuta nel Salento, e cio
nellarea di Lecce.
La lingua messapica attestata da pi di trecento iscrizioni, che vanno dal VI al I sec. a.C. I caratteri di questo
illirismo, spinto alle estreme conseguenze dallinfluenza di altre correnti indeuropee pi orientali, come le
traco-frigie, dato dal passaggio di O breve in A; del133
134
64
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Haas, n. 221.
Pisani, Le lingue dellItalia antica, cit., n. 141, pp. 331 sgg.
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Capitolo ottavo
Le origini di Roma
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146
69
14.
149
sgg.
150
Esiodo, Theogonia, 1011 sgg.; cfr. Pauly-Wissowa, op. cit,
I. col. 1013.
151
Pauly-Wissowa, op. cit., I, col. 1014 sgg.
152
Pauly-Wissowa, op. cit., I, col. 1009 sg.
153
Wikn, Die Kunde der Hellenen von dem Land und den
Vlkern der Apenninenhalbinsel bis 300 v. Ch., Lund 1937.
70
cidente furono stabiliti in Africa con lepisodio di Didone, in Sardegna con la popolazione degli Iliensi, etimologicamente affini al nome di Ilio-Troia. Il collegamento
finale col Lazio o Roma avviene durante il V secolo, ma
soprattutto attraverso lo storico siciliano Timeo (IV-III
sec.). Infine la guerra con Latino, il matrimonio con la
figlia saldano la tradizione tirrenica di Enea con quella
adriatica risalente a Ulisse154 .
Le possibilit racchiuse nei trovamenti archeologici,
la lenta elaborazione di una dottrina circa la affermazione di una tradizione greca in Roma trovano a un certo
momento una conferma con la costituzione effettiva delle prime colonie greche, delle quali due soprattutto erano destinate ad avere anche una portata linguistica, la ionica Cuma presso Napoli e la dorica Taranto nellVIII
secolo155 .
Lespansione micenea sfiorata inoltre da un problema particolare, quello degli antefatti degli alfabeti.
I risultati combinati delle ricerche di F. Slotty156 e E.
Vetter157 hanno condotto a dedurre dalle tracce dellimpiego della puntuazione in un periodo centrale della epigrafia etrusca, che preesistesse in Italia un alfabeto sillabico antichissimo, quasi una propaggine delle scritture lineari A e B del mondo egeo-miceneo e di quello cipriota. Attraverso gli ulteriori lavori di A. Pfiffig158 e M.
154
Per questa valutazione conservatrice della tradizione vedi
Pallottino, op. cit., pp. 29, 40.
155
Strabone, VI, pp. 278 sgg.; Pauly-Wissowa, op. cit., XI,
col. 2476.
156
Slotty, Silbenpunktierung und Silbenbildung im Altetruskischen, Heidelberg, 1952, cfr. Pallottino, Studi etruschi, 22,
1953, pp. 478-481.
157
Vetter, Glotta, 24, 1936 pp. 114-133; 27, 1939 pp.
157-162.
158
Pfiffig, War di erste Schrift der Etrusker eine Silbenschrift?
Kadmos, II, 1963, pp. 142-149.
71
59.
160
161
72
centi si avuto un protovillanoviano di Milazzo162 in Sicilia e, risalendo verso il nord si arrivati a trovare un
protovillanoviano di Chiavari163 , ecco che la faccia marittima ha guadagnato terreno, e ha consentito di affacciare la tesi dei protovillanoviani divenuti a poco a poco dei
navigatori, dei Normanni164 con venti secoli di anticipo. I
protovillanoviani-Normanni, se non forniscono connessioni linguistiche dirette, rinforzano solo lindizio che le
vie marittime erano sullitinerario delle coste tirreniche
occupate, indisponibili per tradizioni linguistiche che
non fossero n greche n protovillanoviane165 .
38. Origini tripartite di Roma
Tutte queste forze e correnti periferiche, dopo essersi intrecciate e mescolate, trovano il loro punto di confluenza finale e il loro assetto in unarea ben definita, quella di
Roma. Solo con questo assetto si pu parlare di una tradizione continuata, radicata, illustre. Il quadro storico
il seguente. Nella prima met dellVIII sec. a.C. lEtruria non rappresenta ancora una forza irradiante, e Roma
ben lontana dallessere una metropoli: solo un Ponte, un ponte che condizione allEtruria e al suo inserimento nei commerci anche per via di terra. Se allora non
siamo obbligati a tener conto dellEtruria come elemento e forza costitutiva della Roma delle origini, ecco che
Per Milazzo, vedi Piccola guida, cit., tav. XXXV.
Per Chiavari, vedi Lamboglia, La necropoli ligure di Chiavari, Rivista di studi liguri, 26, 1960, pp. 91 sgg.
164
Sono debitore di questa immagine provvisoria a F.
Dittatore-Vonwiller durante un incontro a Orvieto al Primo
Simposio di Protostoria organizzato dal Centro Faina nel settembre del 1967.
165
Whatmough, The foundations of Roman Italy, Londra
1937.
162
163
73
il problema si apre e insieme si semplifica, tenendo conto della tripartizione166 che d unimpronta alle origini di Roma cos dal punto di vista storiografico come da
quello archeologico e linguistico.
Sul piano storiografico, le tre trib primitive ricordate
da Varrone L.L. V 55, L.L. V 89 dei Tities Ramnes Luceres, anche se da lui sentite come di nome etrusco, possono essere ricondotte sul piano etnicostorico con i valori rispettivi dei Protosabini (diversi dai Sabini del V sec.
a.C.), dei Protolatini, connessi agli insediamenti dei Colli albani, e dei Norditalici, filtrati attraverso la diffusione
terrestre degli antichi Protovillanoviani. Accanto a questa tripartizione giuridica e etnica si manifesta la tripartizione archeologica, attraverso la necropoli dellEsquilino
collegata, secondo gi il Duhn167 e il Mac Iver168 , con la civilt del ferro adriatica, che risponderebbe ai Tities protosabini; le capanne del Palatino, collegate con le tombe
a fossa dei colli albani e perci sul piano dei Ramni, e dei
Protolatini in senso stretto, infine gli incineratori del Foro romano che consentono solo connessioni settentrionali, e quindi vanno collegati con la nozione giuridica dei
Luceres e quella etnico-storica di Norditalici. Un piacevole parallelo di tripartizione linguistica dato dalle sopravvivenze della radice REUDH rosso. II tipo rutilus
con il trattamento T da DH protolatino e documentato sino in Sicilia; il tipo rubro-, con la consonante sonora
al posto della sonora aspirata, nellinterno della parola,
di tipo venetico cio norditalico; il tipo Rufus, con la fricativa in posizione interna, di tipo osco-umbro e cio
(proto)sabino.
Della tripartizione originaria non rimane nella storiografia tradizionale se non la eco parziale di una fusione
Scritti minori, cit., II, pp. 349 sgg.
Duhn, Italische Grberkunde, I, Heidelberg 1924.
168
R. Mac Iver, Italy before the Romans, Oxford 1928.
166
167
74
75
76
comincia con il regno di Tarquinio Prisco, caratterizzata invece da un assestamento in un quadro pi ampio, la
presenza etrusca in tutta Italia, i contatti italici non pi
limitati al solo elemento Sabino, infine la attiva presenza greca. il periodo definito correttamente da Santo
Mazzarino172 come quello della Koin etrusco-italica.
Naturalmente il materiale linguistico non si lascia sempre classificare direttamente nella prima piuttosto che
nella seconda fase. certo che il trattamento definitivo con D (invece di T o F) di aedes appartiene gi al latino del tempo di Numa173 . Non certo se la azione dellaccento e specialmente le raffiche distruttive che hanno profondamente alterato la struttura primitiva di parole protolatine, si debbano riferire alla comunione con
i Protosabini nel ciclo di Numa oppure appartengano a
questa seconda fase, quella della Koin.
Il pi bellesempio di questa fase dato da una iscrizione che a torto detta la pi antica iscrizione latina.
Si tratta della Fibula prenestina, che appartiene ancora
al VII secolo a.C. Il suo testo Manios med fhefhaked
Numasioi, che significa Manio mi fece per Numasio.
La forma decisiva fhefhaked, perfetto raddoppiato, che
attestato nella iscrizione di Bantia in lingua osca, ed
un vecchio perfetto indeuropeo, mentre in latino la forma del perfetto stata presa dallantico aoristo e compare nella iscrizione di Dueno, di oltre un secolo pi recente, come feced. Anche il dativo Numasioi in -oi, ha
un carattere osco e non quello latino, che discende invece da -o. Viceversa, la forma del pronome personale
med latina174 . Perci, attraverso la Fibula prenestina,
si ha un documento diretto di una apertura di orizzonDalla monarchia allo Stato repubblicano, Catania 1945.
Scritti minori, cit., II, pp. 352 sgg.
174
Storia della lingua di Roma, cit., p. 62.
172
173
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78
Capitolo nono
Fioritura Regia
79
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Ci sono infine fatti che si sviluppano come tendenze parziali ed estreme, ora nellarea latina ora in quella
osco-umbra. Lesempio pi interessante quello delle
consonanti aspirate che, come stato detto sopra, costituiscono una opposizione tra una forte F e una debole H.
Lequilibrio fra i due elementi instabile. Indipendentemente dalla maggiore consistenza articolatoria, la F investe parole indeuropee di diversa provenienza fonetica
e anche parole mediterranee. La H rispecchia solo parole provenienti da GH indeuropeo, e nessuna parola mediterranea. naturale che ci sia stata una certa tendenza
alla trasformazione del loro rapporto da rapporto di opposizione a rapporto di varianza con conseguenze, che si
sono sviluppate cos in Roma come fuori Roma: tali i casi di foied a Falerii di fronte a hodie in Roma ( 23);
tale fasena in Sabina (Velio Longo VII 69.8) di fronte a
harena latino; tale inversamente in Roma Foratia (CIL
12 166) in confronto del normale Horatia.
Analogamente si contrappongono allinterno del latino le forme rinforzate di fordeum di fronte a hordeum
orzo, fariolus di fronte a hariolus indovino, folus
di fronte a holus legume, e persino fostis di fronte
a hostis nemico. Una forma rinforzata che ha avuto
il totale sopravvento invece fel fiele da GHEL, che
avrebbe dovuto dare HEL. Allestremo opposto si hanno le varianti indebolite di haba falisco invece di faba
romano fava; hordus invece di fordus pregno, hebris invece di febris febbre, horctus invece di forctus (cfr. 55), valido.
Sul piano culturale, la novit maggiore la accettazione da parte dei Romani della formula onomastica etrusca, costituita da prenome (sostantivo) seguito da gentilizio (aggettivo) e, eventualmente, dal patronimico: Marcus (sost.) Tullius (aggettivo) Quinti filius (cfr. 27).
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CIL I2 , 1222.
83
84
fluenze fonetiche184 . Quando in greco c una consonante sonora che in latino sostituita da una sorda, lindizio
etrusco185 si pu considerare certo: tali i casi di gr. thrambos e lat. triumpe, gr. amrge lat. amurca feccia
dellolio, lat. cotonea e gr. kydnia (mala), lat. sporta e gr. (acc.) spyrda. La parola etrusca phersu, nel
senso di maschera, pu essere interpretata come adattamento di un gr. prsop(on), e insieme come base
per il lat. persona, che nessuno potrebbe mai considerare come derivazione diretta, dal greco. Finalmente la
dea greca Persephne, attestata presso i Peligni in modo
quasi identico, Perseponas186 . Se consideriamo la forma
etrusca che Phersipnai, possiamo vedere in questa un
anello di passaggio che, attraverso un presunto PRSRPNA, arriva a giustificare il lat. Proserpina187 . La intermediazione etrusca invece esclusa nel caso dei Dioscuri. La forma etrusca del gr. Polydekes Pultuke, col
rafforzamento della consonante sonora, mentre la forma
latina arcaica Poloces e quella classica Pollux, che
entrambe presuppongono un indebolimento della consonante stessa188 : da ld in l(l).
Alcune altre alterazioni nel grado di articolazione appartengono alla et pi antica, anche se hanno qualche
parallelo nello svolgimento dal latino volgare allitaliano:
per es. nel caso di gobius (pesce) di fronte al gr. kbios, gamba di fronte al gr. kampe, Burrus di fronte
al gr. Prrhos, buxus di fronte al gr. pxos. Non solo a un itinerario terrestre, ma anche a una intermediaScritti minori, cit., 11, pp. 117 sgg.
O. Castellani-Pollidori, I pi antichi grecismi nautici in
latino, Atti della Accademia Toscana La Colombaria, 21,
1957, pp. 181 sgg.
186
Pisani, Le lingue, cit., n. 47, p. 115.
187
Scritti minori, cit., 11, pp. 123 sgg.
188
Scritti minori, cit., 11, pp. 35, 115, 130, 234.
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87
re, arrivato a noi attraverso Terenzio Scauro198 , arricchisce la serie degli arcaismi con formule come tonas Leucesie, col dittongo EU ancora intatto e non confuso con
OU, prai ted tremonti ( 53), col dittongo AI intatto, la
-D finale persistente e la desinenza -onti al posto della
classica -unt; duonos ceros il buon creatore mostra
un passaggio parziale del gruppo primitivo DUE, passato a duo-, ma non ancora al classico bo- quale appare in
bonus.
I dati risultanti dal Cippo del Foro sono essenzialmente le forme qoi qui, pronome relativo col dittongo ancora intatto, sakros sacer, con la sillaba finale ancora
intatta; esed erit senza rotacismo e con la finale -ed;
ivece di -it; recei regi di nuovo col dittongo intatto
e la leggera influenza che la consonante gutturale subiva dalla vocale E seguente; iouxmenta iumenta con il
dittongo conservato e col gruppo KS conservato in finale di sillaba interna; iovestod iusto col trittongo intatto e cos pure la desinenza di ablativo. Analoghi sono gli
insegnamenti del vaso di Dueno con la conservazione e
di dittonghi e trittonghi, di consonanti conservate in fine di parola o di sillaba, per es. cosmis amorevole199 .
Del Carmen arvale, arrivato a noi in una copia epigrafica, per del III secolo d.C., sono da ricordare la forma
rinforzata del plurale di prima persona enos, i tipi pleores
per plures; le incertezze grafiche nel caso delle vocali
in sillaba finale -es/-is, -ar/-or, e delle consonanti p/b200 .
198
Corpus glossariorum latinorum, Lipsia 1888-1923, VII,
p. 28.
199
Vedi la mia Geschichte der Sprache Roms, Heidelberg
1968, pp. 71 sgg.
200
Palmer, The latin Language, cit., pp. 346 sgg., dove si
trova una splendida raccolta dei documenti arcaici essenziali.
88
Capitolo decimo
Primo assetto latino
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ni indeuropee: labiali in Potis signore e deBilis debole, dentali Tres tre e Domus casa, labiovelari in
Quis chi e Vivus vivo, gutturali in Centum cento
e Genus genere. Dal punto di vista del grado della articolazione questi esempi mostrano che si conserva la distinzione fra consonanti sorde e sonore, che anzi nel caso delle labiovelari si accentua fino a perdere il primo dei
due elementi costitutivi della labiovelare sonora.
La aspirazione, che costituiva in origine un soffio aggiunto allarticolazione sorda o sonora, viene a costituire una categoria autonoma, equidistante cos dalle sorde
come dalle sonore, come avvenuto in greco o nellarea
germanica. In latino il soffio viene a fondersi con larticolazione precedente, dando vita a una articolazione diversa alliniziale e allinterno di parola: tendendo nel primo caso a rafforzarsi, e individualizzarsi, nel secondo a
confondersi con la sonora, o a ridursi a semplice H. Tali
gli esempi delle opposizioni delle labiali in Fero io porto e neBula nuvola, delle dentali Fumus fumo e aeDes focolare, delle labiovelari formus caldo e ninGuit, niVem nevica, neve. Nelle gutturali si ha invece homo uomo alliniziale come veho io trasporto
allinterno.
La sibilante sorda si conserva solo in posizione iniziale
p. es. Sedes sedia, ma davanti a R d vita a una
specie di interdentale, da cui nasce il gruppo FR p. es.
frigus tempo freddo, funeBris funebre da SRIGOS,
FUNES-. In posizione intervocalica subisce il rotacismo
(v. 51). La sibilante sonora Z scompare, lasciando
eventualmente una traccia attraverso un allungamento di
compenso nella vocale precedente.
La assimilazione regressiva largamente diffusa da
parte di consonanti occlusive sorde o anche di continue,
come nei casi di OBCAIDO che diventa oCCido uccido, ADFERO che diventa aFFero io porto a destinazione, DISFERO che diventa diFFero dispongo qua
93
e l, e cos ATNOS rispetto ad aNNus anno, SEDLA a seLLA sedia, CORONLA a coroLLa coroncina. Assimilazioni parziali sono quelle di LEGTOS passato a lectus scelto e SOPNOS passato a somnus. Meno diffusa la assimilazione progressiva promossa comunemente da consonanti liquide: da TOLNO a tollo sollevo, da TORSEO a torreo asciugo, da VELSE a velle
volere.
49. Assetto morfologico del nome
Nella morfologia208 , la efficacia delle alternanze vocaliche
allinterno della radice stata neutralizzata dalla apofonia descritta sopra. Resti sparuti del tipo E alternante
con Zero sono la opposizione di Edo mangio e D-ens
dente (cio il mangiante); di E con O nel caso di tEgo
copro alternante con tOga toga.
I temi nominali sono analoghi per struttura con quelli indeuropei, anche se alquanto deformati nella sistemazione normativa dei grammatici. Sono quelli in consonante (reX), in -O come lupus (da LUPO-), in -A (rotA
ruota), in -I (sitIs) sete, (confusi con quelli in consonante), in -U (statUs). Segue una categoria eterogenea di
temi, apparentemente in -E lunga (res).
Nella formazione delle parole, la capacit di composizione di temi nominali grandemente ridotta, in parte in
conseguenza delle alterazioni intervenute allinterno delle parole, che ostacolano il riconoscimento dei loro elementi costitutivi: GHOSTI-POTIS ridotto a hospes
( 40) non consente di riconoscere pi gli elementi costitutivi hosti- e potis; SAKRO-DHOT, ridotto a sacerdos, non consente lanalisi di sacer seguito da -fex. Timidi tentativi di ripresa appaiono nei tipi corrispondenti
208
94
come agri-cola, sacri-legus. Avviene cos che il padrone di casa non sia pi un composto come nel greco
de(m)s-ptes, ma un derivato: dominus da domus casa. Suffissi di derivazione si hanno per segnalare il genere femminile in genetrix di fronte a genitor, il collettivo come in clientela rispetto a cliens, per trarre,
da verbi, sostantivi che indichino lagente o actor, lazione o actio, o lo strumento come da arare, aratrum
aratro. Parallelamente, da aggettivi si traggono sostantivi astratti come superbia da superbus, o aggettivi da sostantivi come patrius da pater padre o anche da verbi
come audax audace dal verbo audeo io oso.
La declinazione si ridotta a cinque casi, ma lablativo
( 41) stato valorizzato. Nelle desinenze della declinazione caratteristica la anomalia, nota anche nel mondo
celtico, per la quale il segnale tradizionale -OSYO del genitivo dei temi in -O, sostituito da una specie di avverbio in -I, che si mette NON al seguito ma al POSTO del
segnale tematico -O: lupi, NON lupo + i. La comparazione dellaggettivo in fermento. La derivazione originaria per mezzo di -YOS era la pi antica, tratta dalla radice, non dal tema aggettivale, come in maior che tratto da MAG, non dal tema del positivo magnus. Si hanno accanto solo resti del suffisso -TERO, per es. in alter
laltro, magister maestro che hanno perduto efficacia ai fini della comparazione. Per quanto riguarda il superlativo, si ha una successione di suffissi dai pi elementari ai pi complessi: -MO in summus (da SUPMO) il
pi alto, -eMO in plurimus (da PLOIS-eMO-) il pi,
TeMO- in intimus intimo, SeMO in maximus massimo, infine IS-SeMO- in longissimus lunghissimo. Il
pronome fondamentale tratto dal tema I/EI in is ea id,
ampliato in vario modo; il tema SO-/TO- sopravvive solo associato ad altri temi, per es. (is)te/(is-)tud. Il tema
qui/quo non soltanto indefinito e interrogativo ma anche relativo, subentrando in questa funzione al perduto
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96
posizione vivente ancora oggi in italiano. In altre situazioni tende a evadere verso il campo lessicale, utilizzando le possibilit di derivazione offerte dai prefissi: conficere ha il valore di condurre a termine, che in facere
rimane ancorato al suo valore durativo.
La coniugazione latina, che si costituisce, caratterizzata in questo tempo da: a) rigidit e automatismo nei
rapporti fra i temi temporali del verbo regolare. I verbi cosiddetti irregolari sono verbi che non hanno accettato la sistemazione di un tema verbale unico. b) il perfetto latino una formazione composita, che usa segnali indeuropei di valore diverso e unificati: tali la -S- degli
aoristi sigmatici in dixi; tali i perfetti originari, non raddoppiati come vidit vide o raddoppiati come tutudit
batt209 o caratterizzati da -w- come noVit conobbe
sa. Il tema di perfetto, cos costituito, la base per i
perfetti e piuccheperfetti dellindicativo, del congiuntivo
(e in parte dellinfinito), opponendosi nettamente ai paralleli legami fra il tema di presente dellindicativo e i presenti e imperfetti del congiuntivo e dellinfinito. Questa
opposizione, detta di infetto e perfetto, non va intesa come opposizione aspettuale se non in piccola parte. La categoria del tempo, come ha mostrato Alessandro Ronconi210 , ha preso presto il predominio. In conseguenza di questo, si sviluppa e si armonizza in latino
la distinzione fra tempi assoluti e relativi: amavi passato assoluto, amaveram passato relativo, amabo futuro
assoluto, amavero futuro relativo.
Dal punto di vista della formazione dei singoli temi, ha
rilievo il procedimento perifrastico, col quale si formano
gli imperfetti in -Bam e i futuri in -Bo. Si tratta di
elementi tratti dalla radice stessa di fui, trattati secondo
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cazione, fissazione, che assicura alla lingua, divenuta letteraria, un minimo di stabilit. Ma le successive vicende
politiche, francamente rivoluzionarie, incideranno profondamente e finiranno per determinare nuovi squilibri.
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PARTE SECONDA
La latinit: 500 a.C - 500 d.C
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Capitolo undicesimo
Fissazione delle strutture fonetiche
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La prima manifestazione sta nella resistenza delle consonanti gutturali rispetto alla vocale seguente. Essa aveva determinato particolarit alfabetiche attraverso la triplice distinzione dellimpiego del Q, del K e del C. Questa distinzione, valida nellet regia, scompare nella et
repubblicana: essa era stata imposta da tipi di pronuncia italici (e non latini), che sono stati riassorbiti. Per ritrovare una diversa pronuncia della K davanti a E e I bisogna o spostarsi nellUmbria o discendere nel tempo fino ai latinismi cristiani (non pagani), accolti nelle lingue
germaniche ( 89).
Quanto al lessico, abbiamo due esempi di resistenza
muta ma eloquente attraverso il tipo FORBEX, NON attestato in tutta la antichit classica e invece sopravvivente in italiano, contro forfex attestato in et classica, ma
in forma italica. Altro esempio *MACINA, arrivato sino a noi nella forma non aspirata e cio genuina e arcaica, mentre nella et classica si allineato con i modelli
greci, ha assunto la aspirazione, e ha avuto con questa lo
svolgimento indipendente sfociato nel nostro macchina
( 75).
Lesempio pi bello della rivolta urbana si manifesta
con la sostituzione di forme dittongate a non dittongate anche in modo storicamente ingiustificato: tale il caso di plaudo217 applaudo che deriva da un pi antico
PLODO, sia perch i suoi composti sono del tipo explOdo (e non *explUdo, come avviene nel rapporto di
causare-accusare), sia perch, fuori del latino, si ha la controprova della esistenza di una forma in PLO(D) primitiva attraverso il lit. plti batter le mani. Un caso analogo fornito da scaina scena dal greco sken che presuppone una forma anteriore SKENA: questa stata in217
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to della articolazione finale favorito, in analogia col fenomeno precedente, quando il timbro della vocale precedente si oscuri: si hanno cos le tre fasi di dedet I2 9,
dede I2 477, infine, stabile ma con la vocale oscurata, dedit I2 561 (III sec. a.C.); oppure feced I2 4, ma fecid I2
561, e infine il classico fecit.
53. Dittonghi e fonemi isolati
Il travaglio pi visibile quello per che conduce alla
fissazione dei dittonghi e poi al loro graduale attenuarsi e fondersi in et pi tarda, immune dalle influenze rustiche, che in questo periodo i cittadini romani vogliono
ancora tenere lontane. Forme arcaiche superstiti sono di
AI aidiles I2 8, haice haec 581. 22, aiquom aequum
581. 26, di fronte a AEdem 581. 1. Per quanto riguarda
AU la conservazione dura fino alla et imperiale ( 82,
87). Per EI si ha deicerent I2 581. 4, di fronte ai tipi in
I generalizzati. Per EU si ha il solo Leucesie in et prerepubblicana ( 45), in quanto la fusione fra i dittonghi
EU e OU si diffusa anche nelle lingue italiche. Vistose
sono le manifestazioni di OI, lento a svolgersi secondo la
trafila di OE OU U: tali i casi di loidos I2 364 (200 a.C.),
oino unum I2 9. 4 comoine(m) 581. 91 (186 a.C.), oitile I2 586. 9 coiraverunt moiros I2 1722, in confronto
delle soluzioni parziali di coeraverunt I2 672 (112-1) e di
quelle totali utier I2 10, usura I 2632 (145 a.C.). Finalmente le conservazioni di adouxet CIL I2 2438, indoucebamus 586. 6, iousit iussit 614, ious 583. 19 (123-2),
in confronto delle forme risolte gi in Lucius I2 7, e iuset
593. 121. Di dubbia interpretazione il dat. matuta I2
379, invece di *matutae, forse per eccesso di patriottismo
romano (cfr. dat. sg. m. in -O).
Per quello che riguarda i trittonghi, abbiamo casi di
conservazione come coventionid I2 581. 22, parziale
semplificazione come in noundinum I2 581. 23, contra-
106
zione in O come in nontiata 586. 5 (160 a.C.) e finalmente la forma classica nuntiata. Rientra in un processo analogo di semplificazione il passaggio dalla forma intatta Gnaivod I2 7, e quella classica semplificata attraverso la eliminazione della v: Gnaeo. Si avvicinano a questi
schemi i casi di con flovont I2 584.23, o tov(am) I2 1805,
in confronto di tua gi semplificata in 12 10, soveis I2 364
conservato di fronte a suos I2 583. 50, semplificato.
Per quello che riguarda le alterazioni dovute alla apofonia vocalica, svoltasi nel periodo precedente, le incertezze non sono di grande rilievo. Un risultato solo parziale rispetto alla regola generale lo si trova in inceideretis invece di incid- I2 581. 26. Il processo di labializzazione si impone sulla apofonia classica in modo stabile in
occupare da OB-CAPARE oppure in recUperatores 582.
9 (125 a.C.); in forma provvisoria in condUmnari (CIL I2
582. 10): condemnatus. In generale si ha un conflitto fra
la soluzione locale e labiale e quella generale e palatale. Per un certo tempo si ebbe la coscienza di un suono
I/U per esempio secondo Quintiliano220 . A poco a poco aveva cominciato a prevalere la soluzione generale e
palatale.
Compare ad esempio in un nome personale greco labializzato nella forma Lusumacus CIL I2 2393 di fronte
a Lusimacus e a un classico pi tardivo Lysimachus; tale il passaggio da maxUmum CIL I2 593. 130 al classico maxImus; da infUmum 584. 10 a infImo 584. 6; e cos optUmo I2 9, facilUmed 581. 27 di fronte alle forme
classiche corrispondenti optImo facillIme. Siano ricordati infine due eccessi di labializzazione e delabializzazione, rispettivamente pontUfex per il classico pontIfex 12
1488 in cui la U non ha nessuna giustificazione fonetica, e inversamente trebIbus 398, che nella forma classi220
Institut. orat., I, 4. 8; cfr. Sommer, op. cit., pp. 104 sgg.;
Palmer, op. cit., p. 219.
107
ca non ha sostituito la U perch segnale della IV declinazione. Parallelamente a quanto si verifica con la -M, anche con la -S finale si generalizza loscuramento della vocale precedente, proprio per lasciare pi respiro alla articolazione della consonante: di fronte alla caduta in Cornelis I2 8 si arriva al classico Cornelius; di fronte a militarE I2 49 con vocale aperta e caduta di consonante si
ha aedilES I2 8 con vocale aperta e conservazione della
consonante, ma si raggiunge un equilibrio solo con il tipo classico a vocale oscurata militaris. Infine da VenerEs I2 451 si passa a honorIs (193 a.C.). Analogamente
ci si comporta con -O. Mostrano vocale aperta e caduta della consonante finale maio I2 76, mino 126 di fronte
alle forme classiche del tipo maius minus con consonante conservata e vocale oscurata. Cos le forme praifectOs
398, Venos 550, Novios, PlautiOs 561 rispetto alle forme
classiche praefectUs, VenUs NoviUs PlautiUs.
Quando intervengono ragioni morfologiche per mettere fuori uso una desinenza le nostre testimonianze si limitano alle forme arcaiche con le vocali ancora non alterate: da Diovos 360 non si passa a un parallelo *Diovus ma a (D)iovis; da NOMINOS Si passa a nominUs
581. 7, ma questo poi eliminato dalla diversa desinenza del classico nominIs; da REGOS si passa a regUs, poi
eliminato da regis.
Fissazioni minori sono quelle di O che passa a U davanti a L velare come dallarcaico I2 581 consOluerunt al
classico consuluerunt; da 439 pocOlum si passa al classico
pocUlum. Il gruppo UO si differenzia in UE: 581.19 abbiamo oinVOrsei, che passa al classico uniVErsi; 581.24
abbiamo arVOrsum destinato a diventare il classico adversus. Anche OV si differenzia in AV: I2 573 abbiamo
ancora fove, destinato a diventare il classico fAve.
Fra le consonanti siamo in grado di assistere al passaggio di DJ in J in posizione iniziale, per es. da Diove I2 20
al classico Iovi; di DU- a B- per es. in 581. 2 Duelonai
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Seguono CIL I2 583. 71 audeire, audire; 588.9 veneire venire; 632 faxseis faxis; 1547 (Q)ueinctius
Quinctius. Forme pi spinte e, dal punto di vista dellarcaismo, arbitrarie, sono quelle con AEI 633 Caeicilius Caecilius e 638 11 (132 a.C.) conquaeisivei conquisivi, perch presuppongono una contaminazione fra
AE e E; e il dittongo al posto di una I breve come in 583.
54 seine sine, parenteis (gen. sg.) parentis 1214. 5,
infine 1739 seibi sibi.
55. Aspirate, geminate; problemi sillabici
Altre questioni sembrano minori e quasi soltanto grafiche mentre preparano il terreno a sistemazioni e distinzioni che diventeranno rilevanti in et pi tarde. Sono
questi i problemi delle consonanti deboli come H e quelli delle consonanti geminate.
La consonante H in latino si era venuta a trovare in
equilibrio instabile e in opposizione esterna con la F, che
dal di fuori tendeva a guadagnare terreno sulla troppo
debole H ( 41). Allinterno del latino i casi che si erano
verificati sono i seguenti. A) la H in posizione intervocalica omogenea pu annullarsi: invece di nihil I2 1219 si
ha nil 1212; invece di mihi si ha mi I2 1216 B) Tra vocali diverse essa sussiste unicamente come segnale che giustifica uno iato: ahenam I2 581. 26 (186 a.C.). Oppure si annulla: cos DEHABEO diventa debeo. C) Dopo
consonante, pu avere perduto ogni efficacia: gi al tempo della apofonia, essa non ha esercitato nessuna azione,
e da un composto del tipo DIS-HABEO, si avuto col
normale rotacismo e la normale apofonia, dirhibeo. D) In
posizione iniziale finisce per essere omessa con un anticipo di quello che sar il normale sviluppo del latino volgare e romanzo: Oratia 1124, invece di Horatia. E) Sotto influenza arcaizzante pu essere introdotta anche da-
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Capitolo dodicesimo
Fissazione di strutture morfologiche sintattiche lessicali
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heres nec escit, ZERO adgnatus proximus familiam habeto. La particella SI, da elemento di correlazione, diventata congiunzione condizionale subordinante vera e propria. A monte delle diverse congiunzioni subordinanti ci
sono cio sempre temi di dimostrativi o interrogativi.
Forte di questa strumentazione, il periodo latino approfitta in pieno della possibilit di articolarsi in forme
sempre pi complesse, che trovano la naturale conclusione negli schemi ciceroniani. La complessit di rapporti, che cos si stabiliscono, conduce a un sistema di legami temporali fra i verbi delle proposizioni principali e
dipendenti, che stato denominato consecutio temporum. Ma non si tratta di una conseguenza della elaborazione degli schemi ipotattici: il valore relativo dei tempi del verbo latino fa parte della sua struttura fondamentale da quando ha abbandonato il fondamento aspettuale, che era stato proprio della antichit indeuropea e si
era conservato in greco.
59. Ulteriori squilibri sintattici
Accanto alla struttura del periodo, la fissazione della
lingua letteraria latina si avvantaggia della possibilit di
avere forme rinforzate dei normali segnali morfologici
mediante procedimenti sintattici. Nei Captivi di Plauto
si legge a breve distanza: 359 sg. Praecipe quae ad patrem
vis nuntiari, e al 40 sg. numquid aliud vis patri nuntiari?
La importanza delle due costruzioni parallele durante
questo periodo non rilevante. Lo diventa, se si pensa
che le forme con ad, per il momento eccezionali, sono
destinate a prendere sempre pi piede e finiranno per
eliminare quelle di natura soltanto morfologica ( 100).
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Ma la spinta decisiva in questa direzione dipese da un altro fattore, poderoso, del quale ora che ci occupiamo,
il grecismo
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Capitolo tredicesimo
Il grecismo
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63. La morfologia
Nel campo della morfologia, le conseguenze del grecismo sono meno vistose. Nelladattamento alle declinazioni, il livello inferiore agisce pi energicamente, e di
un tipo greco kratr fa un tema della prima declinazione
latina cratera, craterra coppa. Nello strato sociale superiore si mantiene pi fedele e d vita a un lat. crater, inquadrato nella stessa declinazione della greca. Dal punto di vista delle desinenze, si possono avere esempi di parole greche che mantengono legami con la declinazione
greca originaria, per es. la forma di accusativo aera presso Ennio Ann. 148. Nei processi di derivazione di parola, viene precocemente accolto il suffisso greco -izo, tipico dei verbi denominativi, in un primo tempo latinizzato in -isso: per es. in badisso, cyatisso e, particolarmente importante, moechisso, perch non esiste il modello di
verbo greco ma solo il sostantivo moikhs (lat. moechus
adultero), da cui, mediante un suffisso greco, stato
derivato il verbo latino.
Sul piano morfologico, il contrasto maggiore si realizzato per quanto riguarda la composizione nominale.
Questa era presente e vitale nel mondo indeuropeo, ma
in Italia e nel latino arcaico era stata fortemente danneggiata dalle raffiche di accento intensivo ( 40) che avevano tolto la possibilit di riconoscere gli elementi costitutivi della parola: in hospes nessuno era in grado di riconoscere pi i due elementi costituitivi HOSTI e POTI.
In greco, i composti avevano conservato invece la loro
vitalit intatta, e questa appariva ai Romani come qualcosa di francamente straniero. Plauto, accanto ai modelli che gli derivavano dalla commedia greca, presenta
la composizione nominale anche sotto forme scherzose,
proprio sottolineando con questo la sua esoticit. I versi 702 sgg. del Persa plautino sono significativi: vani loquidorus, virginesvendonides= =nugiepiloquides, argen-
124
tumextenebronides= =tedigniloquides, nugides, palponides= =quodsemelarripides, numquameripides. La satira non colpisce solo il passo e il personaggio ma lintiero procedimento morfologico della composizione. Anche la apofonia vocalica ( 47) aveva contribuito a rendere la composizione nominale difficile: tuttavia, sostituendo alla caduta delle vocali interne la I (e, in sillaba
chiusa, la E), aveva fornito uno strumento che permetteva di mantenere distinti e insieme collegati i due elementi costitutivi di una parola composta: di fronte a sacerdos
difficilmente analizzabile, sacrilegus era analizzabile; cos iuridicus rispetto a iudex; cos primigenius rispetto
a princeps; e cos agricola, che non divenuto *agercola, pontifex municeps, che non sono divenuti *ponfex, *munceps. Non appena la esoticit del procedimento fu superata, ecco che il latino pot sviluppare
le sue possibilit interne e fornire tipi come angiportus,
pedisequa gi plautini, e carnufex, furcifer, caelipotens e i
composti tipici dei frammenti poetici di Cicerone altitonans, altisonus, horrificus, aurifer, ignifer, levipes, e cos
via.
64. La sintassi
Sul piano sintattico, non ci sono da principio fatti paragonabili per importanza. Tuttavia, dal punto di vista
del meccanismo interno, ecco che il problema delle forme nominali del verbo, e in particolare dei participi, si
ripresenta. I participi, di tradizione indeuropea, avevano permesso nelle origini, una forma ridotta di subordinazione, connessa alla loro natura intermedia fra verbo e nome. Limpoverimento delle forme nominali del
verbo, dal punto di vista della loro variet, e il conseguente dilagare della paratassi asindetica, avevano svalutato anche le forme sopravvissute. Ora, sulla base di
modelli greci, ecco che Ennio mostra esempi di partici-
125
pi con piena capacit di sostituire proposizioni subordinate p. es. Ann. 77 sg.: curantes magna cum cura,
tum cupientes-Regni, dant operam simul auspicio augurioque; oppure Ann. 270 sg.: Haud doctis dictis certantes nec maledictis-Miscent inter sese inimicitias agitantes.
65. Il vocabolario
Naturalmente il lessico che fa la parte del leone nellimprimere al linguaggio dItalia nei secoli III-I una svolta233
( 43). Al di l delle singole parole, che si impongono
isolatamente come fatti di forza bruta, soprattutto nelle
classi inferiori, fra gli uomini di lettere il problema si presenta in forma complessa. Livio Andronico traduce nel
primo verso dellOdissea il greco poltropos con versutus. una traduzione ineccepibile, che non pone problemi lessicali e nemmeno morfologici: versutus non
parola composta. Il problema nasce allombra di un certo ritegno, quando Ennio affianca alla parola greca la traduzione, per es. Ann. VII 218 Sophiam sapientia quae
perhibetur, o quando Afranio v. 299 Sophiam vocant
me Grai, nos Sapientiam. Ci sono i casi in cui la parola greca non trionfa, ma si tiene in riserva per sottolineare una certa solennit: aether si impone, ma non soppianta caelum. Si pone a questo punto il problema dei
calchi, sia di significato sia anche di forma. Come calco di significato, assistiamo allo stabilirsi per convenzione di una equivalenza fra il greco tchne e il latino ars;
fra il gr. lgos e lat. ratio; tra il gr. phsis e lat. natura; o anche, addirittura di humanus, come equivalente del gr. philnthropos. Cos causa per gr. aita; locus per tpos. Calchi formali, che superano elegante233
126
mente anche la difficolt della composizione, sono convenientia per homologa; aequilibritas per isonoma:
medietas per mestes; mulierositas per philogneia;
providentia per prnoia infine qualitas tratto da qualis, come gr. poites da poos. Neanche nei momenti
di maggior successo i grecismi si trovano per in condizione di vera parit. Sono ammessi pi nella lingua famigliare, nei dialoghi, negli epistolari che nelle opere letterarie e documenti ufficiali. Allinterno delle opere letterarie, sono accolti pi facilmente in poesia che in prosa;
pi nella poesia comica che nella tragica o epica. Nelle
opere filosofiche, viceversa, il grecismo pu imporsi come necessit tecnica. Non possibile fare liste eccessive
di unit lessicali di origine greca. A titolo di saggio, allineo qui termini attinenti al mare: phaselus lembus scapha
prora anquina nauta proreta pirata; campsare doppiare,
exantlare, pausa (dei rematori), malacia bonaccia, nausea mal di mare, pontus pelagus oceanus isthmus petra
antrum spelunca, thalassicus (da gr. thlassa mare) cumatilis (da kyma onda), infine i nomi dei venti: aura,
eurus, notus, boreas, zephyrus.
Dal commercio: emporia danista symbolus carta di
identit, syngraphus biglietto, dica assegnazione,
arrabo pegno, poena multa; poi le monete nummus
mina talentum obolus; statera peso; recipienti come cupa cista saccus canistrum. Esempi di vegetali sono malum
(anche melum), castanea, cerasus, platanus, papyrus, charta, sesamum, sinapis, oriza, tus.
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Capitolo quattordicesimo
Laccento
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OPPURE sulla terzultima sillaba. Il latino riceve un accento nuovo. Al fine di insistere su una interpretazione
della natura dellaccento latino, in armonia con gli indizi precedenti di una sua natura intensiva, sono stati fatti studi per provare che nella prosodia si sarebbe verificata una certa tendenza a far coincidere la sede del tempo forte del verso con la sede dellaccento di parola. Un
illustre filologo tedesco, Edoardo Fraenkel, ha dedicato
al problema tutto un libro235 . La ampia recensione del
suo antico compagno di stud Giorgio Pasquali236 ha ristretto di molto la portata di queste coincidenze, e ha fatto notare che il tempo forte del verso rifugge pi che altro dal coincidere con la sillaba finale delle parole. Questo significa non gi che il tempo forte coincida automaticamente con la sillaba accentata, ma solo che la parola ha delle frontiere chiaramente percepite, nette, e che
la finale non si presta a essere il centro ritmico di un piede. Che i due movimenti siano del tutto indipendenti,
provato dal fatto che il ritmo si libera di tutti questi freni, non gi in corrispondenza di un indebolimento dellaccento ma viceversa quando, come ai tempi di Orazio,
laccento latino si avvicina al periodo in cui manifester
sempre pi chiaramente la tendenza a intensificarsi e ad
accentrare la sua azione sul resto della parola.
67. Scarsa capacit accentratrice
Si hanno a questo punto le prove che non solo la sua
attivit accentratrice scarsa ma che questa, allatto di
passare dalla fase preistorica a quella storica, si indebolisce ulteriormente. Le prove sono due. La prima sta nella
brusca vocalizzazione della sonante del tipo MEDHYO-,
235
236
129
che in tutte le lingue indeuropee bisillabico. Ma, in latino, medius invece, come si visto al 55, trisillabico, e questo non pu essere accaduto se non attraverso il
rilassamento della capacit accentratrice dellaccento di
parola. Cos avviene in tutte le serie costituite da consonante seguite da J: capio venio prendo vengo sono
parole trisillabiche.
Il secondo esempio dato dalla vocale anaptittica, che
viene a dividere i gruppi di consonante+L: STABLOstalla diventa stabulum, TABLA diventa tabula tavola, POKLO- diventa poculum bicchiere. Non appena si manifester laccento di intensit ( 87) si verificher un movimento opposto: una delle prime conseguenze sar laccentramento della parola sotto laccento e il
conseguente indebolimento e caduta della vocale atona
interna.
Il processo di decentramento stato dunque una fase nello svolgimento delle strutture del latino, una fase che corrisponde alla sua et classica. Rimane dubbio
se questa fase ha colpito lintero spessore del sistema linguistico, oppure solo i suoi strati superiori, pi delicati e
sensibili. Il diverso trattamento, che si constata nella sorte di spat(u)la assimilata nellit. spalla, e in spec(u)lum
che viene dissimilato nellit. specchio, lascia il dubbio,
che la ascendenza dellit. Specchio sia stata quella non
gi di un volgarismo relativamente recente come quello
biasimato da Probo ( 87), ma sia larcaismo SPEKLOche gli strati inferiori della popolazione hanno rifiutato
di sottomettere alla anaptissi suggerita dallalto.
68. Abbreviamento giambico
La sistemazione della eredit precedente non si esaurisce nella accettazione di un accento nuovo, meccanico.
La sistemazione doveva consistere nel tradurre in termini
ritmici quello che era stato lequilibrio determinato dalla
130
applicazione della apofonia e delle sue conseguenze indirette. Nel campo della formazione delle parole, era rimasto, anche dopo la cessazione della attivit apofonica,
un modello di formazione delle parole, per il quale, anche in et classica, si continuava a trovare normale che
il composto agri-cola, di chiarissima analisi, continuasse
ad avere la I al posto della vocale tematica O, perch cos era stato imposto dalla regola della apofonia ( 47): la
quale non ammette nella sillaba posteriore alla iniziale se
non la vocale I in sillaba aperta e E in sillaba chiusa. Solo con lavvento dei grecismi superata questa prevenzione contro la vocale interna, con particolare attenzione
per quella posta in seconda posizione.
Se si considera accettabile la eventualit che in un
composto nominale la vocale tematica NON dovesse essere di maggior sonorit della vocale iniziale, non si dovr rimanere sorpresi se qualche cosa di parallelo si verifica ora anche dal punto di vista delle serie ritmiche.
In termini ritmici, dato uno schema di parola composta
oppure di formula costituita da quattro sillabe, ecco che
la prima coppia pu ammettere quattro casi diversi: di
essere cio trocaica spondaica , pirrichia oppure
giambica . Ebbene, una serie trocaica spondaica o pirrichia non urta contro la tradizione risultante dalla apofonia, perch in nessuno dei tre casi la seconda sillaba ha
rilevanza ritmica superiore a quella della prima. Nel caso della serie giambica invece il secondo elemento, per
il fatto di essere lungo, prevale sul primo. Questa prevalenza non pu essere tollerata dal sistema, e cos interviene quella che stata detta la legge dellabbreviamento delle serie giambiche: male diventa male, modo diventa modo , bene diventa bene, ab diventa ab.
Analogamente labbreviamento si verificato l dove si
hanno formule che costituiscono ununit ritmica come
131
in male dicere, bene facere, cito venire237 . Anche allinterno di parola, senza che intervengano analisi morfologiche, labbreviamento rimane una possibilit a disposizione dei poeti come voluptates, iuventute; possibilit di
cui Plauto ancora si vale, e che poi sono invece lasciate
progressivamente cadere ( 83). La regola dellabbreviamento giambico stata usata come prova in favore della
prevalenza di intensit propria dellaccento che la avrebbe determinata238 . da obiettare che, se fosse dipeso dalla natura dellaccento, a maggior ragione si sarebbe manifestata in favore della trasformazione di una serie spondaica in trocaica: il che non avviene.
69. Schemi ritmici in prosa
Al di fuori di queste deviazioni ben delimitate, la sensibilit quantitativa assai affinata. Cicerone De oratore III
196 afferma che la minima irregolarit quantitativa suscita la reazione degli ascoltatori; nellOrator 48. 159, invita a fidarsi tranquillamente dellistinto uditivo, che non
falla nel riconoscere le distinzioni di quantit. La successione di sillabe lunghe e brevi d vita al ritmo del verso,
che pertanto in perfetta armonia con la capacit dellascoltatore a percepirlo239 . Teoricamente la prosa non
deve stabilire legami col ritmo. Ma, indipendentemente dal fatto che un verso di Ennio pu venire trasportato in un contesto di prosa storica, anche la prosa pu essere influenzata da modelli o ideali ritmici, e, per quanto riguarda il latino di questo tempo, verosimile che la
237
Vedi la mia Geschichte der Sprache Roms, Heidelberg
1968, p. 104.
238
Sommer, Handbuch, cit., p. 93; Palmer, op. cit., p. 213.
239
Cfr. De Groot, Handbook of Antique Prose Rhythm,
Groninga 1919.
132
moda sia irradiata dalla Grecia. La penetrazione dei fattori ritmici nella prosa si concentra nelle parti finali delle
proposizioni o clausole. Gli schemi preferiti possono essere vari. Cicerone ama il ditrocheo , il dicretico , il doppio spondeo , il cretico pi
spondeo e altre ancora. Il peso degli schemi
ritmici tale che possono imporre il congiuntivo al posto dellindicativo o viceversa: per esempio esse videatur
col congiuntivo preferito a esse videtur con lindicativo, mentre dicere aidetur con lindicativo preferito a
dicere videatur col congiuntivo240 .
70. Natura dellaccento
Sono infine da considerare, per quanto riguarda la natura dellaccento, le testimonianze dirette degli antichi. Esse devono essere prese in considerazione con spirito critico s, ma NON con la sistematica diffidenza, con cui
si esprime ad esempio L. R. Palmer, quando li considera
slavish imitators of Greeks241 . I passi fondamentali sono tre. Il primo di Varrone ed arrivato a noi attraverso Servio242 . Secondo Varrone, nellaccento si deve distinguere la materia che la voce, la sede che la sillaba,
la natura che pu essere volta al basso oppure allalto.
Se tutte le sillabe sono pronunciate a pari altezza,
non c nessuna prosodia. La voce come materia
dellaccento ha tre dimensioni, la lunghezza (o quantit),
la altezza o musicalit, infine lo spessore, che pu essere
anche enfasi, aspirazione o intensit. Che la voce, in
240
Vedi la mia Geschichte, cit., p. 143 e cfr. la chiara
esposizione del Palmer, op. cit., pp. 130 sgg.
241
Palmer, op. cit., pp. 211.
242
De accentibus, IV, p. 525, 18.
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Capitolo quindicesimo
Let classica
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ranea FORBEX, che non documentato, perch in tutta la tradizione latina si usa la forma, di origini rustiche,
forfex: eppure deve essere esistita, perch litaliano forbice lo esige. Analogamente MACINA rappresenta la
forma pi genuina del greco makhan ( 43). Ma questo
nellet classica stato sostituito da una forma pi aderente, quale il latino classico machina, a sua volta rappresentato in italiano da mcchina. Litaliano macina esige una spiegazione indipendente fin dai tempi pi lontani dellarrivo della parola greca in Italia ( 51).
Limmagine metaforica adoperata dal Marx richiama
un fiume che gela in un certo periodo del suo corso,
mentre al di sotto dei ghiacci continua a scorrere la
corrente originaria. In questa immagine c del vero.
Ma quello che determina la continuit fra testimonianze
arcaiche e testimonianze tarde non sta nel fatto che ci
sia stata una corrente sotterranea a congiungerle.
stato esattamente lopposto, la immobilit. Per questo
mi sembra migliore laltra immagine, quella del tronco
dalbero, che nella sua stagione doro si copre di foglie,
di fiori, insomma di vegetazione, come la lingua latina
si adorna nel suo periodo doro di forme e caratteri
nuovi, che nascondono il tronco. Quando la stagione
passa e la vegetazione diminuisce e scompare, ecco che
il vecchio tronco riappare non del tutto immutato, ma
pure riconoscibile continuatore di quello che era stato
visto prima.
una prima prova, per il linguaggio dItalia, di resistenza e continuit.
142
Capitolo sedicesimo
Il latino in Italia
76. Le colonie
Lunificazione linguistica dItalia si compie in circa tre
secoli, dallo scioglimento della Lega latina fino alla legge
Giulia del 90 a.C., che conferisce la cittadinanza fino al
Po, e alla legge Pompeia dell89, che conferisce fino alle
Alpi la cittadinanza latina, finch nel 49, per opera di
Cesare, viene estesa fino alle Alpi, la romana.
Non si tratta di una espansione a macchia dolio. Durante i tre secoli lunit linguistica stata preparata da
una quantit di focolai isolati, le colonie di diritto latino
come quelle di cittadini romani, irradianti in tutte le direzioni. Accanto a queste irradiazioni dirette, solo i territor annessi rappresentavano una continuit linguistica
diretta con Roma. Ma anche le citt-stato legate a Roma
da alleanza ineguale, se pure, chiuse comerano nel loro forzato particolarismo, non potevano irradiare latinit, costituivano per focolai in cui si coltivava il desiderio di inserimento nella comunit linguistica del latino.
Esse facilitavano il compito di quelle correnti che irradiavano dalle colonie come dai territori annessi. Questi
vuoti nella continuit linguistica latina erano nel III secolo ben 150, quali pi e quali meno maturi, per entrare
nel grande gruppo, linguisticamente unito258 .
Il maggior numero delle colonie latine, gi fondate nel
338 a.C., erano immediatamente a sud-est di Roma, nel
paese dei Volsci. Vi si aggiunsero Fregelle Sezze Ponza Interamna Lirenas (presso Cassino), Sora nel IV se258
Vedi leccellente esposizione di Pulgram, The Tongues of
Italy, Cambridge (Mass.) 1958, pp. 268-276.
143
colo a.C., Sessa Aurunca, Calvi e Saticula (oggi S. Agata dei Goti) nel territorio dei Sanniti Caudini. Verso
nord-ovest le prime affermazioni del genere si ebbero
a Nepi e Sutri. Verso oriente si ebbe nel territorio dei
Marsi Alba Fucente (nel 303), che era stata preceduta gi
dalla lontana Luceria, fondata nel 314. Nel III secolo le
grandi affermazioni furono rivolte soprattutto verso settentrione: Narni (299) Spoleto (241) Atri (dopo il 290)
Fermo (264) Rimini (268) Cremona e Piacenza (218). In
direzione di oriente si ebbero Carsli (298) presso gli
Equi, la lontanissima Venosa in Apulia (291), in posizione intermedia, sullasse della futura via Appia, Benevento (268), pi allinterno Isernia (263), infine il porto
di imbarco per loriente, capolinea terminale della citata via Appia, Brindisi (246). Verso sud-ovest non si ha
che Pesto (273), verso nord-ovest soltanto Cosa, in territorio etrusco. Ai primi del II secolo gli estremi si allontanano ulteriormente: a mezzogiorno nel Bruzio a Turio
(193) e Vibo (192); a settentrione a Bologna (189), e a
Aquileia (181), cui, dopo la citata legge Pompeia, seguirono altre nove, tutte nella Gallia transpadana e cio a
nord del Po. Quelle romane che, teoricamente, dovrebbero essere irradiatrici pi efficaci di quelle latine, furono da prima relativamente rare: nel IV secolo non si hanno che le due di Anzio (338) e Terracina (329), entrambe nel territorio dei Volsci. Nel III si hanno, presso gli
Ausoni, Minturno e Sinuessa, nel Piceno Castro nuovo,
nellUmbria adriatica Jesi e Senigallia, sulle soglie dellEtruria Alsio (247) e Fregene (245). Numerose sono invece nel II secolo: Volturno (= Capua attuale), Literno,
Pozzuoli, Salerno in Campania, tutte al principio del secolo; Bussento e Potenza in Lucania; Siponto (194) e Taranto (122) in Apulia, Temesa e Crotone (194), Squillace (122), nel Bruzio; Pyrgi (191) Saturnia (183) Graviscae
nella Etruria meridionale, Luni sui confini settentrionali dellEtruria; Pesaro (184) in Umbria; Modena Parma e
144
Tortona nella Gallia cispadana sullitinerario della futura via Emilia, Osimo nel Piceno. Da aggiungere sono poi
le colonie di veterani come Ivrea (100), sullane ad Atri
Teramo Arezzo Palestrina Nola Abella Pompei, e quelle augustee ad Aosta Brescia Este Concordia Trieste Pola. Una categoria a parte costituita dalle due province di Sicilia e Sardegna, adatte certo a ricevere e trasmettere latinit, ma attraverso flussi non continui, legati alle
frontiere marittime. I loro fili conduttori passavano attraverso gli uffici del governatore (console proconsole o
pretore), con i legati, la coorte degli amici, gli apparitores
(impiegati subalterni).
77. Strade e rotte marittime
Alla considerazione statica si deve accompagnare una
rappresentazione dei fattori dinamici di questo processo. Da una parte agisce la curiosit, poi il desiderio, delle popolazioni non solo di non resistere ma anzi di accogliere e sempre pi avvicinare la irradiazione linguisticoculturale, propria della metropoli sempre pi famosa.
Questa aspirazione, nata nellambito linguistico e culturale, si estende poi al campo politico e addirittura a quello militare: la guerra sociale (90-89 a.C.) non nasce da
odio ma da amore esasperato per il mondo romano, nel
quale tutti gli italiani aspirano a unificarsi e confondersi.
La guerra sociale si identifica con una sconfitta sul piano
militare ma con un successo pieno sul campo politico e
linguistico delle aspirazioni delle popolazioni.
Laltro aspetto dinamico del problema dato dalle
strade, in quanto appaiono come condizione necessaria
per la diffusione e la accettazione della romanit. Durante la et repubblicana e i primi secoli dellimpero, la loro distribuzione stellare: sono tanti raggi che irradiano da un unico astro. Per la prima volta, anche se non
per lultima, realizziamo il detto che tutte le strade con-
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ne osco-sannitica, ma nuclei romani pi o meno naturalmente accettati. Ceus Bantins equivale a civis romanus, ma questo non prova che la nozione di cittadino risalga fino a una presunta comunit italica. Una
serie come sipus... perum dolom mallom la traduzione della formula romana sciens... sine dolo malo. Licitud la traduzione osca della formula conclusiva romana
liceto. I nomi dei magistrati, del censore, del questore, come quello del senato risalgono a etichette romane,
che cominciano necessariamente a svisare la materia tradizionale locale. Anche la iscrizione del Cippo abellano
contiene le parole romane tratte rispettivamente da senatus e da liceto. Ma nel Cippo abellano si trova in pi un
campione sintattico, un esempio di quel costrutto indiretto libero che compare nel Senatoconsulto dei Baccanali (CIL I2 581) quel tempio e quel territorio... fossero in territorio comune, le entrate del tempio e del territorio fossero comuni... il tesoro... lo aprissero di comune
accordo.
Sempre in questo spirito di accettazione ricercata, voluta, rientra il titolo del magistrato umbro detto kvestur
e cio questore, nel quale la volont di uniformarsi a
un modello romano arriva a battezzare col nome non romano di questore un magistrato che, a differenza del
suo omonimo romano, non aveva nessuna mansione di
carattere finanziario.
80. Influenze sul latino
Non soltanto fra i cittadini dItalia si trova una larga disponibilit per accettare elementi romani anche in testi
ufficiali. Anche le strutture latine, trasportate in luoghi
lontani da Roma, non sono impervie alla penetrazione
di elementi locali. Da principio si tratta soltanto di particolari, che mostrano questa azione locale come inconscia, non destinata a proiettarsi verso il futuro. Tre testi-
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Capitolo diciassettesimo
Il latino postclassico
151
quelle in -erunt265 . Tutto questo va inteso, non nel senso di una polemica contro i detrattori della societ e cultura romane arcaiche, ma solo come una particolare accentuazione della arcaicit formale; come una specie di
nobilitazione e accentuazione della dimensione del tempo. Per tuttaltre ragioni, la apertura a parole di tradizione non elevata promossa nella lingua della poesia dalle
esigenze prosodiche.
Presso Orazio verbi frequentativi come cantare invece di canere, captare invece di capere appaiono per
questo motivo indiretto, senza che contribuiscano a delineare un aspetto del popolarismo di Orazio. Bellus
e auriculis che compaiono rispettivamente nelle Satire
(1.4.114), e nelle Epistole (1.8.16), sono diminutivi che
hanno preso piede fino al punto di avviarsi a sostituire in
futuro le forme tradizionali bonus, aures: le forme italiane bello e orecchia fanno capo a questi diminutivi.
Accusativi plurali della III declinazione in -is, anzich in
-es, accolti per ragioni prosodiche, rientrano per anche
nel quadro dellavvicinamento di E e I in sillaba finale (
83).
Per Tacito, prosatore, il problema dei modelli arcaici
si pone in una forma ancora diversa, per la quale non si
possono prendere in considerazione n le motivazioni di
una moda, n le esigenze interne del sistema linguistico.
In Tacito il modello arcaico costituisce una disponibilit
di strumenti di fronte ai quali egli reagisce sulla base di
reazioni personali destinate a mutare. Dagli stud fondamentali di E. Lfstedt266 , risulta che nei primi suoi testi,
il Dialogo, lAgricola, la Germania, le sue preferenze sono ancora per modelli aderenti genericamente agli schemi classici; nei libri I-XII degli Annali si manifesta una
chiara preferenza per modelli arcaici, finalmente nei libri
265
266
152
XIII-XIV si ha un ritorno verso la classicit: tali le prove statistiche parlanti, dellimpiego delle due forme equivalenti di forem (arcaico) e essem (classico). Nel primo gruppo si hanno 4 forem e 20 essem; nel secondo 113
forem contro 48 essem; infine nel terzo UN solo forem
contro 29 essem267 .
82. Grammatici
A queste realizzazioni si accompagna la riflessione grammaticale. Due professioni importanti di fede anomala
appaiono presso Orazio e Quintiliano. NellArte poetica Orazio (71 sgg.) proclama che luso lo ius et norma loquendi la legalit e la norma del parlare. Nella
Istituzione Oratoria (XII.6.4) Quintiliano afferma la validit delluso prima della dottrina. La azione dei grammatici si manifesta in questo tempo come volta a passare progressivamente dal patrocinare schemi e modelli da
perseguire, verso una constatazione e una correzione di
errori. Quintiliano si trova ancora nella prima fase quando insiste nellesaltare la urbanit268 e a bandire rusticit ed esotismo nella pronuncia (XI.3.30). Modifica e rende pi concreto il giudizio sui modelli arcaici, in quanto possono apparire s pi duri nei suoni (XII.10.27) ma
rendono il discorso pi ricco di dignit sanctiorem et
magis admirabilem (VIII.3.24). Novit che si annunciano sono presentate senza esplicita condanna. Svetonio, nel parlare dellimperatore Vespasiano (VIII.22), riferisce che pronunciava abitualmente il dittongo AU (
53, 87) gi monottongato in O, ma difendeva la sua pronuncia, apostrofando come Flaurus il grammatico Floro che evidentemente dissentiva. Nellambito della vo267
268
153
cale atona interna, Quintiliano (I.6.17) preferisce la forma audacter a audaciter con la vocale interna intatta
e riferisce (I.6.19) che Augusto imperatore preferiva gi
caldus a calidus.
83. Novit nellaccento
A questo punto appaiono i primi indizi che qualcosa
muta nel campo dellaccento, cos dal punto di vista
della sua forza accentratrice come della sua natura. A
proposito della pronuncia della vocale finale, Quintiliano (XI.3.33) osserva che gli oratori si concentrano nella
pronuncia delle vocali precedenti priorum sono indulgent, e raccomanda ad essi (I.II.8) che le sillabe finali non soccombano n extremae syllabae intercidant.
Una ultima novit in questordine di fatti sta nella oscillazione finale di una parola come heri ieri, che nelluso corrente, anche di Augusto, pare confondere il timbro
I con E (1.4.8; 1.7.22). Per quel che riguarda la natura,
una osservazione importante fa Quintiliano quando segnala gli inconvenienti del canto (XI.3.57): un carattere
che non so se considerare pi inutile o pi brutto. Perch questa sensibilit si manifesti, essenziale che nel valutare la accentazione intervenga qualche nuovo criterio.
Se questo non esiste, impossibile che si trovi qualcosa
di riprovevole nella successione delle altezze musicali.
Si tratta di primi accenni critici, non ancora costruttivi, che preannunciano, anche se, per il momento, non
provocano, novit. La validit della quantit e del conseguente ritmo quantitativo riconosciuta pienamente
(19.4.61), attraverso la affermazione che non si parla se
non attraverso una successione di sillabe brevi e lunghe,
dalle quali sorgono i piedi prosodici.
In tutto questo periodo, il senso della quantit non cede, il processo di normalizzazione quantitativa non si arresta. La azione citata sopra della tendenza allabbrevia-
154
mento delle serie giambiche ( 68) vien meno; gli accenni a un ipotetico contrasto fra sillaba finale e tempo forte del verso scompaiono269 . I vincoli prosodici obbligano
a sostituire in poesia le parole che non entrano nellesametro, pur di non patire eccezioni: tali i casi di fumeus,
che pi funzionale di fumosus, o quelli di thalamus o
hymenaeus, che sostituiscono linadattabile nuptiae270 .
84. Grecismi
La azione del grecismo si continua cos dallalto come
dal basso. Che le parole composte continuino a costituire un ostacolo, ancora una volta provato da Quintiliano
(1.5.70). Secondo il quale la composizione magis Graecos decet, nobis minus succedit ai Greci conviene di
pi, a noi meno si addice. Viceversa la corrispondenza
fonetica e grafica delle parole accettate dal greco viene
maggiormente curata Alcmena preferita a Alcumena,
drachma a dracuma. Agisce addirittura una moda grecizzante, cui persino il nome del Tevere soggiace: Thybris al
posto del normale Tiberis. Nel campo della morfologia il nome della citt africana di Siga pu essere declinato nella forma latina Siga -ae ma anche secondo lo schema pi aderente al greco Sige -es. Declinazioni nuove pi o meno suggerite da schemi greci sono quelle
di Eutyche -etis, Achillas -atis, Nicias -adis, seguite da altri tipi pi o meno contaminati come Psyche -enis, Lampiris -inis, Dido -onis, in cui nominativi di stampo greco
vengono allineati con casi obliqui aderenti a schemi latini. Come singole desinenze, accusativi in -N anzich in
-M appaiono ad esempio presso Virgilio Oronten (Aen.
VI.334), Tityon (ib. 595), arcton (Georg. 1.138). Da un
269
270
155
punto di vista sintattico, vistoso il considdetto accusativo di relazione alla greca del tipo Aen. XI.507 oculos... in
virgine fixus con gli occhi fissi sulla ragazza. Un grecismo vistoso, non alieno dalla sensibilit italiana linfinito impiegato al posto di una proposizione subordinata,
come appare nel verso Aen. 1.319 dederat comam diffundere ventis aveva dato la sua chioma a disperdersi nel
vento che il grammatico Servio del sec. IV-V cos corregge: ut diffunderetur. Questo costrutto non collegabile con il costrutto enniano cupido vivere nella Medea
di Ennio271 in cui il nome di azione ha ancora un legame
col verbo che giustifica luso dellinfinito, mentre pi tardi indispensabile il costrutto nominale del gerundio al
genitivo. Come esempio di calco semantico va ricordato
il passo Aen. VI.411, in cui si dice che i rematori per longa iuga sedebant sedevano disposti in lunghi gioghi.
Si tratta di un grecismo sul modello greco zyg, cui in
latino dovrebbe corrispondere transtra. Di un altro
calco sul greco abbiamo la prova indiretta attraverso il
francese, nel quale la parola aveugle cieco presuppone
una base di partenza nel latino volgare ab oculis. Questa formula non attestata ma, come lo ha bene mostrato E. Lfstedt272 , DEVE essere esistita come calco sulla
formula greca apommaton. Grecismi si trovano anche
nei nomi personali: tali Virgilius rispetto a Gregrios,
Constantinus: Eustthios, Desiderius: Himrios, Venantius: Kynegsios, Vincentius: Niksios273 . Il grosso del
grecismo nel primo impero, e al di fuori dei cristianismi
di cui si parler ( 91 sgg.), non costituisce pi per un
episodio italiano. Esso rispecchia il grande processo di
interpenetrazione greco-latina, per il quale molte parole
271
Norden, Kommentar zum VI Buch der Aeneis, 4 ed.,
Stoccarda 1957, p. 163.
272
Syntactica, cit., II, p. 376.
273
Vedi la mia Geschichte, cit., p. 217.
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latine sono anche grecizzate o tradotte in greco. Il grecismo, come processo di arricchimento del patrimonio linguistico italiano, e sempre nei limiti citati, un processo
concluso.
85. Elementi popolari presso Petronio
La novit pi vistosa dal punto di vista sociolinguistico data in questo periodo dai materiali appartenenti a Petronio274 , soprattutto per quanto attiene alla Cena di Trimalcione; in cui il parlato, con la sua snellezza e vivacit, portato arditamente alla ribalta sul piano della lingua letteraria. Che, contro lampio periodare della prosa dellet classica, compaia qui, largamente attestata, una diffusa semplicit paratattica, non ancora una prova dellavvicinarsi di realt linguistiche nuove. Sono da segnalare piuttosto limpiego sovrabbondante del pronome personale, anche l dove a rigore non sarebbe necessario; la fortuna di perifrasi come quella di
coepi con linfinito quasi come forma perifrastica di perfetto incoativo275 , e lannuncio di un principio di stanchezza del perfetto tradizionale; i quattro esempi di quod
che riappare come surrogato dellaccusativo con linfinito dopo una lunga interruzione ( 75); gli indizi di svalutazione dei cosiddetti diminutivi come ad es. in 63 hominem... valde audaculum, come se per Petronio non esistesse pi audax, che solo avrebbe giustificato lavverbio
valde; infine le scelte fra sinonimi, per cui si preferisce
forsitan forse a fortasse, subito a repente, invenire a reperire trovare, occidere a interficere, homo
a vir, propter a ob.
274
275
157
Tuttavia, queste novit per quanto rilevanti, non entrano nellintero Satyricon, ma rimangono confinati nella
cena di Trimalcione come in una specie di ghetto. Ai fini
dello svolgimento del linguaggio dItalia, questo doppio
aspetto delle testimonianze linguistiche di Petronio rimane pi rilevante per il critico letterario che come una effettiva consacrazione di realt e forze nuove.
158
Capitolo diciottesimo
Novit imperiali
86. Mescolanze
Di fronte ai problemi della lingua letteraria, di fronte alle teorie grammaticali, si pone ora un problema importante, diverso da quelli proposti da un autore popolareggiante come Petronio: se le alterazioni delle iscrizioni latine registrate sopra ( 80) sono sempre lannuncio
di novit occasionali oppure definitive, se sono spie di
una realt sotterranea, come le boe sono spie di una rete
che esse sostengono a una maggiore o minore profondit
sottomarina.
Dalla variet delle strutture politico-costituzionali esistenti in Italia fino alla guerra sociale ci si potrebbe aspettare una immensa variet di reazioni. In realt non cos: l dove i legami diretti con Roma hanno tardato di
pi a costituirsi sul piano politico, sono stati preceduti
dalla buona disposizione sociopsicologica ad accoglierli. I fattori in gioco si precisano presto sotto questa forma. Roma aveva per s il prestigio e il rilievo demografico sempre crescente, che ha raggiunto secondo gli studi
del Beloch e del Cicciotti276 a un certo momento un settimo della popolazione italiana. Soltanto, invece di rassegnarsi a una uniformit., lItalia aveva a suo vantaggio
la immensa disponibilit di spazio, una grande variet di
situazioni, di fronte alle quali il prestigio accentratore di
Roma non agiva con la stessa efficacia. Si possono distinguere a questo fine due grandi gruppi: luno quello
in cui elementi prepolitici, come le diverse strutture linguistiche, hanno agito per ostacolare il processo di avvi276
159
160
trovare in una condizione favorevole per conservarsi meglio. Ma neanche questo un rapporto meccanico, perch una lingua pu essere abbandonata alla deriva di un
rapido svolgimento per lo scatenarsi di forze interne indipendenti da qualsiasi processo di mescolanza, come
avvenuto col latino nei primi tempi dellet repubblicana.
87. LAppendice di Probo
Prima dei segni diretti di mutamenti, accettati allinterno dei sistema latino come preannunci di novit neolatine, opportuno registrare alcune osservazioni di grammatici, inclini per natura a registrare le forme irregolari che hanno gi ottenuto un certo seguito ( 96 sgg.).
La cosiddetta Appendice di Probo, assegnata comunemente al III secolo d.C., corregge, e cio riconosce come esistenti, le seguenti novit nel campo delle vocali columna non colonna, e cio la esistenza di una U aperta
(trasformata poi in O), che nessun grammatico neppure tardo ha mai riconosciuto; auris non oricla, e cio
la monottongazione di AU in O; alveus non albeus e
cio lo scambio V/B; cavea non cavia, februarius non
febrarius, e cio la consonantizzazone (o soppressione) delle vocali I e U davanti a vocale ( 80), come nelle
forme italiane gabbia, febbraio; la caduta della vocale interna nella serie viridis non virdis, speculum non speclum, calida non calda, frigida non frigda, vetulus
non veclus278 . Nel campo della morfologia i grammatici reagiscono alla normalizzazione analogica della declinazione: teter non tetrus, aper non aprus, tristis non
tristus; nel campo del genere grammaticale pauper mulier non paupera mulier. Nei grecismi sono corrette,
278
145.
161
pi ancora che le forme troppo moderne, le forme arcaiche: tymum non tumum, myrta non murta ( 42).
88. Assimilazioni consonantiche
Indipendentemente dalle testimonianze dei grammatici,
sono tre le innovazioni che, apertamente attestate oppure no, qualificano le novit attive nellinterno del sistema linguistico dellet imperiale. Il primo di questi caratteri consiste nella assimilazione progressiva del gruppo ND, che si risolve in NN: esso un carattere proprio del mondo umbro-sannitico, documentato nellantichit preromana dallUmbria sino allo stretto di Messina. Le testimonianze dirette sono quelle delle iscrizioni
pompeiane, ed. Diehl279 N. 447 e 237. La prima, chiarissima, documenta Verecunnus e cio il latino Verecundus, deformato secondo gli schemi validi nella lingua di
Pompei. La seconda, meno chiara, porta Secunnus invece di Secundus. Questo non significa che il latino abbia accettato universalmente il tipo NN al posto di ND.
Se si tiene conto del fatto che, non solo nellItalia settentrionale e in Toscana, ma anche in Sicilia ci sono tracce di
una latinit senza NN ma con ND, ecco che si raggiungono alcune prime conclusioni. La introduzione di NN
non il risultato (automatico) di pronunce locali, ma di
correnti latine, che le hanno fatte proprie e le hanno diffuse, l dove lambiente era pi favorevole, per accoglierle. Ma queste correnti non corrispondono al latino pi
antico. Esse forniscono anzi un criterio per distinguere
una prima latinit con ND da una seconda con NN. La
distinzione particolarmente importante per la Sicilia280 .
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testata nelle parole latine pagane accolte nella lingua tedesca, p. es. Kaiser, keller da Caesar cellarium, lultima nelle parole cristiane, p. es. ted. Kreuz, Zelle da
crucem cella281 .
90. Il sistema vocalico
La alterazione pi importante per quella del sistema
vocalico, fondato, per quanto riguarda il latino, sul sistema armonico delle cinque vocali A E I O U, tutte quante
alternanti, secondo la durata, in lunghe e brevi. Il mondo
umbro-sannitico invece disturbato sino dagli inizi, ancora durante la validit degli alfabeti nazionali, dal fatto
che questi offrivano quattro segni per un sistema di cinque vocali. Inoltre lumbro mostra talvolta di impiegare
disordinatamente il segno I anche quando ci si aspetterebbe E, e cos, quando subentra lalfabeto latino, persistono impieghi di U, l dove sarebbe da utilizzare il segno O, divenuto disponibile. Nel sistema osco appaiono invece le tracce di un ordine nuovo, attraverso il segno I con apice, che serve a indicare una vocale intermedia fra E e I, diciamo una E chiusa. Questa la prima segnalazione di una distinzione, destinata ad avere
allinterno del sistema latino, alcuni secoli dopo, tante
conseguenze282 . La esigenza postulata dalla grammatica
comparativa delle lingue neolatine di un prototipo E
chiusa, assume attraverso la testimonianza osca, una validit storica tre secoli prima di Cristo e una precisazione geografica definita nella Campania. In analogia con
gli esempi illustrati prima, anche qui si pone la necessit
281
96.
282
Cfr. le interessanti considerazioni di T. Franceschi sul
principio della esagerazione qui applicato: Archivio glottologico italiano, 54, 1969, pp. 59 sgg.
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Capitolo diciannovesimo
Il cristianesimo
167
secolo d.C. Ma questo, almeno a prima vista, non appare. Prima per di negare che il cristianesimo abbia lasciato nella lingua tracce decisive, si deve considerare anche
laltra ipotesi, che siano state invece le strutture interne
dello Stato a mascherare una identificazione e una immersione precoce della materia espressiva cristiana nelle strutture linguistiche latine; e cio che, nella sostanza,
il latino abbia potuto essere lo strumento espressivo normale dei cristiani quasi due secoli prima che essi potessero strappare il riconoscimento politico-religioso.
Il primo grande autore cristiano, Tertulliano, nasce
intorno al 160 d.C. in Africa e gi nel 180, sempre in
Africa, in un processo contro i cristiani, si parla287 di libri
et epistulae Pauli viri e cio della redazione gi latina di
elementi, che si erano annunciati in un primo tempo,
come greci e orientali, disposti intorno a un nucleo di
tecnicismi liturgici greci ed ebraici. Durante il papato di
Vittore I (ca. 189-198) il latino si afferma come lingua
liturgica a Roma, dunque pi di un secolo prima del
riconoscimento, avvenuto nel 313.
92. Precocit di Tertulliano
Ed ecco che subito appare nei primi documenti linguistici cristiani una distinzione che solo in parte cronologica. Il complesso organico della Vulgata e cio della traduzione della Bibbia da parte di S. Gerolamo (ca.
347-420) si sovrappone allinsieme eterogeneo delle formule bibliche, quale risulta isolatamente da testi anteriori, raccolto sotto il nome di Itala o meglio di Vetus
Latina. Se si prendono in esame le differenze fra le due
fonti, ecco che ci si rende conto che impossibile distinguere fra un latino cristiano anteriore (della Vetus Lati287
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148.
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Capitolo ventesimo
Squilibr accentuati
176
ria, ancora prima del 300 d.C., e cio prima che la linea
Spezia-Rimini si trasformasse da spartiacque in barriera
culturale e linguistica: e cio in et predioclezianea.
Nel campo delle consonanti, la oscillazione B/V gi
conosciuta presso Probo; la tendenza allassimilazione
delle consonanti registrata da Servio nel commento alle Georgiche di Virgilio (II 16). Finalmente quella pronuncia alterata delle consonanti gutturali davanti a E e I
( 89, 125), che a un certo momento necessario postulare in seno al latino volgare, ecco che viene riconosciuta
per accenni per esempio da Terenziano Mauro (fine III
sec.) e da Mario Vittorino alla met del quarto.
97. Riforma di Diocleziano
Prima ancora che il culto cristiano fosse riconosciuto per
opera di Costantino (313), e che le tante novit risalenti
direttamente o indirettamente al rinnovamento del movimento cristiano avessero libero corso, la riforma dellimperatore Diocleziano modific le strutture costituzionali dellImpero, e conseguentemente le correnti di traffico, con ripercussioni particolarmente gravi su quello che
abbiamo chiamato il linguaggio dItalia. I punti essenziali sono questi tre. Primo: Roma cessa di essere capitale unica, e quindi la sua funzione stimolatrice e regolatrice per diffondere o arginare novit anche in campo
linguistico era destinata a indebolirsi progressivamente.
Secondo: al posto dellunica capitale ne subentravano
quattro, di cui una a Milano (le altre a Treviri, in Gallia,
a Sirmio nellIlliria, a Nicomedia nella Tracia). Terzo: la
distribuzione della rete stradale non pi stellare, irradiante da un unico centro, ma assume la figura di un fascio di linee parallele da oriente a occidente e viceversa.
La Gallia Cisalpina, che ha il suo maggior centro a Milano, attraversata tutta dal pi meridionale di questi itinerari, che ha i suoi punti terminali nella Gallia transal-
177
pina, diciamo a Lione. La linea Spezia-Rimini viene valorizzata come barriera culturale economica e linguistica,
mentre la barriera alpina attenua la sua natura di ostacolo alle comunicazioni economiche e linguistiche. Fra il
latino di Toscana non solo, ma anche fra quello dellItalia umbro-sannitica, e il latino padano si accentua il solco. Inversamente, il latino della Gallia cisalpina si apre
alle influenze occidentali che attraversavano le Alpi per
mezzo di vie di comunicazione importanti, ma partendo
da focolai ricchi di prestigio linguistico come le scuole
di Gallia, cos bene illustrate da H. Marrou292 . La latinit pagana si distingue da quella centro-meridionale non
solo per i legami grammaticali con le regioni transalpine,
ma per il prestigio sociale.
Lo squilibrio dellItalia centromeridionale si accentu
ulteriormente un secolo dopo, in seguito al saccheggio
di Roma da parte del re dei Visigoti Alarico (410). Il ripopolamento conseguente cooper a sottrarre Roma dallambiente non mescolato o scarsamente mescolato, per
inserirla in un ambiente integralmente umbro-sannitico,
nel quale doveva rimanere per oltre mille anni, non diversamente da Spoleto o da Capua.
98. Prime distinzioni dialettali
La classificazione dialettale che si pu adombrare a questo punto per quanto riguarda il linguaggio dItalia, lungi da qualsiasi allusione a genealogie e ramificazioni la
seguente. In un primo tempo si devono contrapporre le
aree italiane nelle quali il latino si mescolato intensamente con gli ambienti linguistici preesistenti, e aree in
cui la mescolanza stata scarsa o nulla. Le aree in cui la
292
Marrou, Histoire de lducation dans lantiquit, 6 ed.,
Parigi 1965, pp. 425 sgg.
178
mescolanza ha agito in modo rilevante, sono state essenzialmente due: lItalia gallo-italica e cio tutta lItalia settentrionale, salvo la regione dellestuario veneto intorno
a Venezia; lItalia umbro-sannitica e cio la Italia centromeridionale, compresa la Sicilia, ma SENZA la Toscana.
Oltre allestuario veneto e alla Toscana possono essere
considerate aree non mescolate la Sardegna e il Salento.
Le distinzioni minori che maturano allinterno delle
due grandi aree mescolate, sono, per quanto riguarda lItalia settentrionale, tardive; esorbitano dalla et imperiale intesa in senso proprio. NellItalia centromeridionale, distinzioni minori si fanno luce invece ancora durante lImpero. Il primo gruppo corrisponde alla Sicilia e a
quella prima zona calabrese che stata latinizzata attraverso la Sicilia: essa caratterizzata dal sistema primitivo
di SETTE vocali ( 90), dalla chiarezza della pronuncia
delle vocali finali. Il secondo gruppo si fonda su un sistema vocalico di NOVE vocali ma conserva, come quello di Sicilia, la pronuncia chiara delle vocali finali: corrisponde alle aree laziali umbre e marchigiane. Il terzo
quello napoletano e calabrese, fondato sulle nove vocali
e sulla pronuncia oscurata delle vocali finali. Il quarto
quello del latino abruzzese e pugliese, che, oltre alle vocali finali indebolite, subisce alterazioni profonde dittongazioni e frangimenti, risalenti forse ancora a una eredit
adriatica o illirica ( 113)
A queste definizioni ancora vaghe si possono, sempre
nellet imperiale, aggiungere alcune ulteriori distinzioni.
Per quel che riguarda le vocali finali, c una differenza
fra regioni nelle quali non solo le vocali finali si sono
mantenute ma anche hanno ignorato la metafonesi in
quanto compenso qualitativo (v. 116), e regioni che,
attraverso la metafonesi, mostrano gi di percepire un
pericolo di decadenza e una conseguente necessit di
difesa: chiameremo la prima una latinit romana, pi
antica, la seconda una latinit napoletana posteriore.
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180
redem detraxit, e cio di parola trisillabica piana preceduta da polisillabica piana; modicos coluerunt e cio quadrisillabica piana preceduta da trisillabica sdrucciola; dolores detulerunt, e cio quadrisillabica piana, preceduta da
polisillabica piana. Questi schemi mettono radici profonde. Quando sette secoli pi tardi rifioriscono gli stud retorici, essi assumono, rispettivamente il nome di cursus planus velox dispondaicus. La sola modifica consister nellaggiungerne un quarto, lo spondaicus. Per quello
che riguarda la poesia, un poeta cristiano della seconda
met del III secolo, Commodiano, mostra versi in cui gli
accenti di parola fungono ormai da tempi forti del verso, di un esametro uniformato alle esigenze nuove: Libri Instructionum I 16 3 sg. Dicite/ nunc ergo/ quibus/
primum/ sacra fe/ rantur inter u trimque/ vias mors/ imma/tura va/gatur295 . Oppure presso S. Agostino lantico
ritmo trocaico appare attraverso la successione degli accenti primari o secondar: tale dal Salmo abecedario:
bundntia pccatrum slet frtres cnturbre.296
Che tutte queste nuove aspirazioni non dilaghino incontrollate mostrato da S. Agostino. Nei primi suoi
scritti come il De vita beata o Contra academicos
egli in materia sintattica ancora incline alla classicit:
di fronte a 55 esempi di costruzione di accusativo con
linfinito non se ne ha che 1 col quod. Nelle Confessioni la proporzione scende a 11 contro 1. Ma nei Sermones la proporzione non che di 2 a 1. La collocazione del verbo nelle proposizioni principali quella finale nel 18%, dei casi, nel De Civitate Dei, del 13% nelle Confessioni. Nelle proposizioni dipendenti la proporzione rispettiva del 42% e del 22%. Questo svolgimento non dovuto a polemica o indifferenza perch egli si
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PARTE TERZA
Il Medioevo: 500-1200
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Capitolo ventunesimo
Frantumazione della latinit
101. La pieve
Quando nel 476 d.C. alla morte dellimperatore Romolo Augustolo, non si sent pi la necessit di nominare,
con mezzi (legali o non legali non importa), un successore, ecco che dietro il sipario della autorit imperiale non
appare il quadro organico delle diverse unit geografiche
e strutturali, delle quali si componeva limpero. Compaiono nuclei sparsi, inorganici, non atti a costituire qualcosa, sia pure di parziale ma di durevole. Certo, ci sono
i capi barbarici, in Italia Odoacre. Ma le trib barbariche, di cui era a capo, erano eterogenee, non legate stabilmente al suolo, n unite da rapporti regolari con le popolazioni di ascendenza romana. Queste erano s disorganizzate, sperdute, ma anche quasi cento volte pi numerose e oltre tutto pi civili. Gli Eruli e le altre trib
barbariche, di cui Odoacre era lesponente, non fornivano un telaio suscettibile di creare una nuova unit. Non
potevano inserirsi immediatamente in quelle istituzioni
linguistiche quali, nel divenire del latino, erano venute a
configurarsi.
La organizzazione ecclesiastica perdurava. Sedi metropolitane importanti erano Roma Milano Genova Ravenna Aquileia Cagliari. Seguivano quelle vescovili di
Palermo Messina Siracusa in Sicilia, di Napoli Firenze Bologna Torino Bergamo Verona, poi Vercelli, Como, Brescia sul continente. Conventi come Montecassino (dal 530 circa), Vivario in Calabria (dal 538), Bobbio (612), Farfa (680) esercitavano sicuramente una forte attrazione, costituivano una remora alle forze centrifughe. Scuole come quelle di Novara Modena Lucca, il Pa-
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sgg.
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G. P. Bognetti300 e G. D. Serra301 sulla continuit onomastica e toponomastica di questo; sulla continuit delle comunit rurali di quello. Si hanno cos da una parte i nomi
delle citt importanti che hanno le forme popolari, diciamo Zena di fronte a Genova, nomi di citt minori che si
sono fissati secondo luno o laltro criterio, per esempio
Cvita vecchia, Cvita Lavinia di fronte a Citt della Pieve, Citt S. Angelo; e finalmente resti di confini e di sistemazioni topografiche di et romana, come un nome di
torrente Vicano, o di un territorio come Comuneglia derivato dal latino communis, indicante evidentemente un
territorio di propriet, non privata ma comune. Concludono questa serie le numerose localit chiamate con
Pieve: Pieve S. Stefano, Pievepelago, Pieve Albignola e
cos via, resti di quella unit parrocchiale, sulla quale si
tanto insistito.
105. Realt economiche
Le conclusioni di ordine linguistico non devono per
confrontarsi soltanto con i problemi giuridici e costituzionali. Se presso gli uni come presso gli altri la continuit storica verticale a danno di quella geografica orizzontale sembra acquisita, non si deve svalutare la importanza dei problemi economici. Se le unit superiori sono venute meno, se la vita del singolo cittadino caduta
in un profondo isolamento, sul terreno economico non
detto che si sia precipitati in una totale autarchia. Il commercio internazionale non morto, ma solo si aristocra300
Bognetti, Sulle origini dei comuni rurali del Medio evo,
Pavia 1927.
301
Serra, Contributo toponomastico alla teoria della continuit
nel Medio evo delle Comunit romane e preromane dallItalia
superior, Cluj 1931.
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Capitolo ventiduesimo
Verso il bilinguismo
25.
Norden, Antike Kunstprosa, 2 rist., Lipsia 1918, p. 586.
Viscardi, Origini, 4 ed., Milano 1966, pp. 334 sgg.
308
Norden, op. cit., p. 690.
309
Norden, op. cit., p. 680.
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ne del VII secolo)312 si pu estrarre un passo come il seguente: si caput innumeris agitatur pulsibus, egrum...
protinus ex hederae studeas redimire corona. Esso mostra solidit e funzionalit esteriori impeccabili: il problema di uno spessore delledificio linguistico, per quanto riguarda lo strato superiore latino qui non appare.
108. Inserimento barbarico
Il dialogo fra lo strato superiore (e unitario) del linguaggio dItalia e quello inferiore dei (tanti) parlati delle singole pievi, si arricchisce a questo punto di un fattore nuovo: la partecipazione della nuova classe dirigente barbarica, la sua accettazione del mondo romano cos dal punto di vista della confessione religiosa come da quello delle strutture linguistiche. Questo innesto avviene prima
attraverso la attivit cancelleresca e giuridica, poi attraverso la riflessione grammaticale.
Lesempio fondamentale quello delleditto del re Rotari (del 643)313 , dal quale estraggo qui un passo eloquente: si quis foris provincia fugire temptaverit, morti incurrat periculum, et res eius infiscentur. Non certo un passo a livello della letteratura, ma non neanche
il risultato irresponsabile della penetrazione di elementi volgari o barbarici. il risultato della confluenza delle varie esigenze, da una parte di modernit e semplicit, dallaltra di decenza grammaticale, come deve avvenire in un testo tradotto, nel quale, la chiarezza non mai
troppa.
Per rimanere nel quadro che si delineato a proposito della tradizione latina, il linguaggio dItalia assume
di fronte alle sovrastrutture barbariche, lo stesso doppio
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Capitolo ventitreesimo
Lazione dellaccento
200
e est, raggiunge il territorio ormai toscano delle falde meridionali del monte Amiata ( 139).
Let postdioclezianea, e soprattutto linizio del medio
evo, propongono due problemi in buona parte, ma non
solo, innovativi, che si impongono, coinvolgendo la imagine geografica della Toscana. Si tratta delle conseguenze dellaccento dintensit, di cui si sono citati i primi indizi in et imperale ( 99). Si tratta delle manifestazioni
di maggiore o minore accentramento della parola, sempre per opera dellaccento, con conseguenze non soltanto sulle vocali prive daccento, ma anche sulle consonanti in posizione finale ( 114, 115). Per i caratteri che
sopraggiungono a definire ulteriormente la Toscana v.
149.
112. La dittongazione interna
Indipendentemente dai cambiamenti di timbro che gi
durante let imperiale si devono ammettere per tutte le
vocali accentate allinfuori della A, la azione dellaccento
di intensit si manifesta attraverso lallungamento della
vocale accentata320 .
Una forma latina come dicit non si accontenta cio di
distinguersi, con la sua pronuncia chiusa, da un tipo come picem, che con la sua I aperta passato allitaliano
pece. La forma dicit, ha una I che, oltre che chiusa, anche lunga, una specie di DIICIT. Ma il sistema linguistico aveva appena perduto la capacit distin320
Vedi Richter, Beihefte der Zeitschrift fr romanische
Philologie. 27, 1911, pp. 120 sgg.; Meyer-Luelrke, Einfhrung
in des Studium der romanischen Sprachwissenschaft, Heidelberg
1920, pp. 141 sgg.; Vidos, Handboek tot de Romanse taalkunde,
ed. it., Firenze 1959, pp. 244 sgg. Per la parte funzionale
importante L. Romeo, The economy of diphthongization in early
Romance, The Hague 1968.
201
tiva per la opposizione di quantit lunga e quantit breve. Le vocali che non distinguevano pi una pronuncia
chiusa da una aperta, si sono adattate alla nuova situazione; fra quelle che distinguevano una pronuncia aperta e
una chiusa, come nel caso della E e della O aperte, ecco
che si presentata la tentazione di accentuare ulteriormente la distinzione fragile delle aperte, prolungandone
la quantit con una intensit e uno sforzo che non potevano essere al riparo da tendenze dissimilatrici. E quando la struttura della sillaba aperta non ha posto ostacoli
di volume e di durata (come invece frapponeva la sillaba
chiusa) ecco che la serie PEE-DE non ha potuto impedire quello squilibrio qualitativo, che si realizzato attraverso la dissimilazione di E in IE. Inversamente, la struttura sillabica chiusa di PER-DI(T) ha mantenuto immune la vocale in questione. La stessa elaborazione si compie nel caso della O aperta che, in sillaba libera, subisce allungamento e dittongazione come in cuore, ma in
sillaba implicata rimane ferma nella situazione originaria
come nel caso di porta.
Tale il caso tipico della dittongazione interna, e
cio non determinata n sollecitata da circostanze periferiche quale la pronuncia la persistenza o la decadenza delle vocali finali di parola. Si tratti di fiera lat. FERA, piede lat. PEDE(M), fuochi lat. FOCI, duomo lat.
DOMU-, qualunque sia stata la vocale finale, hanno subito uniformemente la innovazione. La rigorosa delimitazione della dittongazione interna, accompagnata alla
chiara pronuncia delle vocali finali, sia pure private della opposizione -O/-U, fa s che la dittongazione toscana debba essere considerata come qualcosa di chiuso in
se stesso, e per cos dire abbozzata senza spingersi al di
l dei limiti che linsieme della parola imponeva o consentiva; senza incrociarsi con altre tendenze; distinguendosi risolutamente dalle dittongazioni, proprie delle aree
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-I/-E finali ( 83). Da un punto di vista della sua pronuncia pi o meno chiara, si contrappongono aree conservatrici a livello pi o meno integro, e aree indebolitrici fino
alla eliminazione totale. Le grandi aree, che conservano
una pronuncia chiara delle vocali finali, sono da una parte il gruppo siciliano sardo e salentino327 , dallaltra la Toscana, col Lazio, lUmbria (col finitimo territorio aquilano) e le Marche. La chiarezza della pronuncia non significa che si conservi il numero originario di vocali. In Sicilia ad esempio le vocali finali sono tre; in Toscana sono quattro. In una zona ristretta umbro-marchigiana se
ne conservano cinque perch la distinzione fra -U e -O
salvaguardata328 . I testi che lo dimostrano sono molto pi tardi, ma si deve considerare la possibilit che, inquesto periodo intermedio, distinzioni morfologiche come quella del genere neutro abbiano consolidato la vitalit fonetica di elementi che nei riguardi dellaccento si
trovavano in condizioni uniformi.
Le due aree innovatrici non sono neppure esse contigue. Larea settentrionale che comprende la valle padana
e le Marche settentrionali fino al fiume Esino, mira alla
eliminazione della vocale finale: ma naturalmente questa
poi favorita o ostacolata dalla resistenza maggiore o minore delle intelaiature consonantiche. Dove queste reggono meglio, si indeboliscono le vocali finali, e inversamente le vocali finali resistono di pi quando la lenizione
consonantica imperversa. Allingrosso si possono identificare in Liguria e intorno a Venezia le circostanze meno
favorevoli alla caduta delle vocali finali. Quanto allaltra
area, che comprende Abruzzo (senza il territorio aquilano) Puglia (senza il Salento), Campania Lucania Calabria, la meta immediata non tanto la distruzione delle vocali finali quanto la loro fusione in una unica voca327
328
206
le indistinta. Allinterno di questo risultato globale ci sono focolai estremistici isolati che pervengono alla caduta totale. Ma si tratta di fenomeni posteriori, dei quali in
questa et non esistono che premesse indirette.
Mentre nellet imperiale non si potevano concepire
che indebolimento e caduta di vocali interne, lalto medio evo introduce perci un fattore nuovo di alterazione
e complicazione che accavalla insieme i processi di indebolimento vocalico e consonantico, in modo che questi
finiscono per neutralizzarsi in parte.
115. Le consonanti finali
Lindebolimento delle consonanti finali richiede un minore intervento dellazione dellaccento. Nella antichit
si era avuta una contrapposizione della pronuncia cittadina di fronte a quella rustica, e cio di un focolaio di resistenza e autonomia della parola di fronte alle tendenze a eliminare le frange finali, nel frattempo esautorate
dal punto di vista morfologico. Lindebolimento massimo era stato quello della -M, resa addirittura non valida
ai fini prosodici: una persistenza isolata rappresentata
da una parola non italiana ma francese, che rien (lat.
REM). In italiano le preposizioni con per (lat. cum, per)
conservano la consonante finale integra perch sono enclitiche, non s accentato, ma non compare mai in fine di frase. La -S a Roma si era certo indebolita, come
mostra la prosodia nellet plautina. La reazione cittadina laveva risanata, e mentre il successivo indebolimento
appare in tutta la latinit orientale fino in Dacia, l-S resiste invece vigorosamente in tutto loccidente ivi compresa la valle del Po, sensibile alla azione della cultura gallica, e il Friuli, raggiunto da correnti di gallicit transalpina. Le tracce di una -S, superstite ancora nel medio
evo nellItalia settentrionale, confermano questa visione
unitaria.
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Capitolo ventiquattresimo
Metafonesi e vocali miste
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giche dittongazioni metafonetiche quali vienti per venti, 20, cueri invece di cuori, cueru invece di cuoio.
Anche qui, come in Sicilia, la tecnica della dittongazione
mostra lattenzione gravitante sulla vocale interna, dopo
essersi spostata da quella finale.
118. Metafonesi classica meridionale
Il grosso della metafonesi meridionale comprende le regioni dellAbruzzo, con la eccezione del territorio aquilano, del Molise, della Campania, della Lucania e della
Calabria salvo quella meridionale. Il movente del procedimento palese. In un primo tempo tutte le vocali finali si riducono a una -, con la eccezione della -A. In
un secondo tempo, la -A subisce anchessa questo indebolimento mentre le altre vocali, in certe zone pi o meno ristrette, si annullano. Avviene cos per esempio a Bari che le desinenze del singolare maschile -U e quella del
plurale maschile -I, destinate a indebolirsi precocemente, agiscano preventivamente sulla vocale precedente per
oscurarne il timbro, per esempio in chist, il quale per,
rappresentando la pronuncia oscurata sia di QUESTU
sia di QUESTI, significa contemporaneamente questo
questi, e cio NON distingue pi il singolare dal plurale maschili. Solo nel caso del femminile, la vocale -A,
in un primo tempo pi valida, non ha agito sulla vocale
precedente e, anche quando si indebolita, la sua mancata azione ha giovato alla distintivit del rapporto: ches
questa si distingue agevolmente da chist, il cui valore
rimane invece ambiguo di maschile cos singolare come
plurale: la azione metafonetica ha dato al sistema morfologico un aiuto soltanto parziale.
Un aspetto molto importante del problema di ordine
cronologico. La azione metafonetica stata precoce in
senso sia assoluto sia relativo. Tutti i frangimenti di cui
si parlato sopra ( 113) colpiscono a uno stesso modo
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334
Vedi i miei Scritti minori, II, Firenze 1967, pp. 214 sgg.
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Capitolo venticinquesimo
Lossatura consonantica
121. Lenizione
Si pone a questo punto un problema. Se sulla struttura
delle parole si facevano sentire forze contrastanti come
quella della vocale accentata, pi o meno accentratrice, e
la resistenza, pi o meno efficace, delle vocali non accentate, il rapporto che si veniva a stabilire non dipendeva
soltanto da queste forze in gioco. Esso era anche condizionato dalla solidit delle strutture consonantiche. Queste, se solide, consentivano una maggior libert di azione
alla vocale accentata, in confronto dei sistemi, nei quali
la solidit della ossatura consonantica era minore, e per
ci stesso esposta ad altre forze neutralizzatrici. Una lotta fra sillabe, concepibile fino a tanto che le frontiere fra sillaba e sillaba sussistono: se queste vengono meno, la prevalenza della sillaba accentata viene ostacolata
o deviata.
Da una base di partenza del latino volgare FRIGIDU
non si ha un solo problema di azione da parte dellaccento di intensit, se ne hanno tre. A) La prima eventualit
che resista meglio della vocale interna, quella finale, e
che lossatura consonantica rimanga salda: da FRIGIDU
si passa a FRIGDU ( 87), e di questo si ha la testimonianza nellitaliano freddo. B) La seconda eventualit
quella opposta, che ceda la impalcatura consonantica e si
abbia un tipo FRI(G)I(D)U, pressa poco quello sfociato nello spagnolo frio o nel genovese diu, da DI(G)I(T)U
( 89). C) La terza eventualit che si indeboliscano su
uno stesso piano le due vocali atone e lossatura consonantica sopravviva, secondo il modello del friulano fred,
da FRIGD(U).
216
Di fronte alla intensit della vocale accentata si affianca la possibilit maggiore o minore delle consonanti di
sottostare alla, influenza delle vocali vicine. Questa tendenza si chiama lenizione.
La lenizione era una tendenza che esisteva fino dai
tempi pi antichi nel mondo mediterraneo occidentale336
e compare spontaneamente in Sardegna, nelle parole latine sopraggiunte; inoltre nel mondo gallico, e, attraverso questo, in quello gallo-italico.
In Sardegna i testi scritti pi antichi ancora non la
documentano. NellItalia settentrionale era in corso di
svolgimento, pi o meno energico. Gli esempi sardi
attuali sono di queste tre categorie337 : a) da sorda a
sonora nella Baronia e nella zona di Bitti; b) da sonora a
fricativa e cio ancora lenizione parziale come da JUGU
giogo a jughu, da CODA a codha, a Orani; c) infine
(lenizione totale), da sonora a zero come istria, coa per
strega coda a Dorgali. NellItalia settentrionale la
situazione pi semplice, e gli esempi sono pi netti:
da una parte le consonanti sorde mostrano lenizione
parziale nei tipi spiga da SPICA (da sorda a sonora),
oppure nei tipi cavi da CAPILLI con passaggio da sorda
a spirante, mentre in cra da CRETA si ha lenizione
totale. Partendo da consonante sonora le eventualit non
sono che due: la spirantizzazione di B in V, che non
caratteristica del mondo gallo-italico ma gi del latino
volgare ( 96), oppure la lenizione totale del tipo stria (da
G) e coa (da D). Anche attraverso questi pochi esempi
si ha la prova della interdipendenza tra la forza della
lenizione e una relativa capacit di resistenza delle vocali
336
Devoto, Atti del V convegno, cit., p. 116, Per la
Sardegna, vedi Wagner, La lingua sarda, cit., p. 311.
337
Wagner, La lingua sarda, cit., p. 311; Historische Lautlehre
des Sardischen, Halle 1941, 106.
217
218
pistoiese338 , chiaro che siamo di fronte a un fatto mediterraneo occidentale, sopravvissuto nellItalia peninsulare. Che i dialetti gallo-italici portati nella seconda met del medio evo nellItalia meridionale e insulare abbiano contribuito a ridurre le tracce della rattrazione sar
mostrato al 153.
123. Da dentali a liquide
Una terza alterazione della articolazione consonantica interessa necessariamente il periodo alto-medievale, perch ha anchessa le sue chiare origini nellantichit. Si
tratta dei fatti caratteristici propr del mondo sannitico,
che sono stati gi visti in documenti latini ( 88). La alterazione classica quella di ND che passa a NN; parallele
a queste sono quelle di MB a MM, per es. gamma gamba, chiumm piombo, cui seguono a breve distanza i
passaggi da NT a ND e quelli di NK a NG, MP a MB: tali mond monte, angora ancora, romb rompe339 .
Non detto naturalmente che il passaggio dalle forme
di lingua osca alle forme neolatine sia stato diretto. Le
forme attestate per esempio a Pompei, ancora nella prima et imperiale, possono derivare da focolai che hanno irradiato quegli stessi schemi non pi come reazioni umbro-sannitiche ma come modelli di latino umbrosannitizzato. Una prova della necessit di questa distinzione che a Messina era stata introdotta dai Mamertini
la lingua osca, ma questa non ha avuto alcuna influenza
sulla formazione del latino della regione di Messina: che
difatti non ha introdotto il tipo NN da ND ( 88) se non
in citt e in et posteriore.
338
339
219
Un altro esempio molto elegante di questa distinzione quello che si verifica nella Calabria centrale. Essa
ha ricevuto dal nord napoletano il tipo NN da ND, ma
non ha fatto a tempo a ricevere linnovazione successiva di ND da NT. Perci nella Calabria centrale si dice
chianta mentre solo in quella settentrionale si dice chianda pianta340 .
Un altro elemento interviene a confermare la tesi che
solo in parte si tratta invece della accettazione da parte del latino di precedenti tendenze umbro-sannitiche.
Tale il caso del passaggio della dentale sonora, in determinate circostanze, a liquida (o a liquida associata a
sibilante). Nellantichit lo si osserva solo nellambito
umbro-sabino. Durante let imperiale e nellalto medio
evo il movimento si sviluppato verso il mezzogiorno e
abbiamo oggi forme abruzzesi del tipo chiure chiude,
vere vedere, car cadere. La innovazione si estende
verso il mezzogiorno, colpendo prima la D interna poi
anche la iniziale. A Gallo, in Campania, si dice ancora
o dit il dito ma a Napoli o rit, oppure rurc dodici. Nella fonetica sintatica e nelle parole letterarie si ha
invece quel rafforzamento che preserva dalla alterazione.
A Napoli, di fronte a un singolare liquido come o rit il dito si ha un plurale rinforzato e ddit i diti (
115). Cos nel caso di adddeca dedica si esagera, attribuendo alla parola una specie di articolo o prefisso per
tutelarne la articolazione iniziale.
124. Aspirazione e palatalizzazione
La aspirazione costituisce un caso a s. Mentre i secoli
dellalto medio evo DEVONO essere stati partecipi della diffusione della lenizione rattrazione e assimilazione
340
220
342
221
na favorisce la ipotesi di un assestamento e di una mescolanza pi agevole; la resistenza etrusca fino a et tarda fa supporre che le due tradizioni, non solo linguistiche ma socio-culturali, siano state invece reciprocamente
e a lungo autonome. La distribuzione geografica dellaspirazione toscana corrisponde in buona parte alla regione settentrionale. In questo senso lecito affermare che,
in mancanza di prove dirette, la geografia delle iscrizioni elimina un ostacolo e definisce un rapporto geografico
che ha un certo potere di suggestione.
Per quello che riguarda la palatalizzazione, lalto medio evo un periodo di lenta accentuazione del processo, gi documentato nellantichit, e insieme di esasperazione delle divergenze, soprattutto per quanto riguarda la sua rapidit. Fatta propria dalla tradizione romana
a met dellet imperiale ( 89, 90), la pronuncia alterata dei gruppi CE CI rispetto a quelli con altre vocali, si
diffonde, si afferma, si accentua. La diversa intensit di
questo svolgimento pu essere rappresentata nel modo
seguente. A) LItalia meridionale si arresta a un livello di
occlusiva palatale, pi arretrato di quello che aveva raggiunto lumbro nellantichit, ma pi avanzato rispetto al
mondo osco che aveva sempre ignorato lalterazione. B)
In Toscana si afferma una articolazione fricativa per la
quale il rapporto fra cena e scena vivente ma non di
risoluta opposizione. C) NellItalia settentrionale si hanno svolgimenti divergenti secondo che si mantenga una
certa parte di articolazione dentale, oppure ci si avvicini alla prevalenza della sibilante. Nella prima direzione
vanno i tipi veneti di TH thento col suono interdentale;
nella seconda direzione vanno i pipi della montagna ligure tsentu, cui seguono le forme, totalmente assibilate, del
genovese sentu cento. Mentre nel centro del territorio gallo-italico si hanno molte gradazioni di questo svolgimento e a Milano si affermano per ragioni varie anche
semplici palatali, il risultato finale lo si raggiunge in due
222
citt non propriamente gallo-italiche, nelle quali la sibilante da gutturale e quella primitiva non si distinguono
pi fra loro. Santu e sentu a Genova, santo e sento a Venezia sono ormai sullo stesso piano del rapporto francese, che, al di fuori della ortografia, allinea indistinguibili
le iniziali di cent e di saint.
125. Gruppi consonantici
Per quanto riguarda i gruppi consonantici, il problema
pi caratteristico dato dagli incontri fra consonanti occlusive e soprattutto fra gutturali e labiali seguite da una
dentale. Le tradizioni locali in Italia, quali appaiono nel
periodo antico in modo evidente sono queste tre. In latino la regola era la assimilazione dal punto di vista del
grado di articolazione (sorda con sorda, sonora con sonora), rimanendo intatto il punto di articolazione: lectus da LEG + TO, mostra il mantenimento della gutturale davanti a dentale ma la uniformazione della prima
al grado sordo della seconda. La tradizione umbra originaria consisteva, invece, nella differenziazione, per cui
la occlusiva anteriore si trasformava in fricativa o spirante davanti a unaltra occlusiva: HAHTU capito mostra il passaggio da PT a HT, ahtu agito mostra il passaggio del G di AG davanti a T a AH. Allinterno per del gruppo umbro-sannitico si notano segni di stanchezza in questa direzione. La assimilazione si fa strada sia nellarea osca quando si tratti di incontri avvenuti in conseguenza delle sincopi intervenute in un secondo tempo, per es. nellosco actud risultante da una forma
anteriore AG(E)TOD; e nella stessa area umbra si ha un
riferimento topografico a un tettom che sembra da interpretare come TEKOM e cio con una assimilazione totale pi energica di quella di tipo latino, e insieme anticipatrice della soluzione italiana. La terza tradizione
quella gallica, che si fonda sulla differenziazione, gene-
223
ralizzata ma, a differenza della umbra, stabile. La tradizione italiana che si sviluppa in tutta lItalia centromeridionale e in quella nordorientale (emiliana veneta friulana) quella della assimilazione TOTALE: fatto da FACTU, rotto da RUPTU. Viceversa nelle regioni piemontese lombarda e ligure si eredita la tendenza differenziatrice e, per quello che riguarda CT, si deve anzi presupporre il passaggio a HT ( 35). A questo punto, una condizione esterna apre la strada a due diverse soluzioni. Se la
vocale finale abbastanza resistente, ecco che il processo di palatalizzazione agisce sulla consonante finale del
gruppo e la intacca come nello spagnolo hecho da FACTU: un tipo FAHTU diventa un tipo FAT(U), a cui risalgono le forme lombarde fac, lec, nc, tec, fatto, letto, notte, tetto. Se la vocale finale non offre un appoggio sufficiente, la fricativa non agisce sulla consonante seguente, ma diventa spirante e poi I: si ha cos lo schema
FAIT(U), che in piemontese (come in francese) d fait,
in genovese, con la finale ancora salva e con la contrazione, d ftu, e cos lte latte, oppure, senza contrazione,
teitu tetto.
224
Capitolo ventiseiesimo
Fatti morfologici
225
344
226
me avvenuto nellItalia settentrionale, a erodere il campo dazione del passato remoto stesso.
Per quanto riguarda il futuro, hanno agito contemporaneamente due forze: luna, formale, la scarsa riconoscibilit del tipo amabo rispetto allimperfetto amabam,
laltra, sostanziale, la esigenza di affiancare al futuro temporale una forma affettiva, che sottolineasse la importanza o necessit della azione collocata nel futuro. Questo,
in quanto segnalazione formale, perde di importanza di
fronte alla sua valutazione affettiva.
La perifrasi latina dare habeo345 significa precisamente
ho da dare devo dare. Essa sfociata nellitaliano
dar e sul modello della prima persona si allineato
lintero paradigma. Altri esempi sono citati al 94.
128. Condizionale
Pi complesso il problema del condizionale che in latino non esiste, e quindi risponde a una esigenza nuova.
Anche qui lelemento affettivo fondamentale. Le formule perifrastiche, cui gi in et latina si ricorso, sono
tre. La prima perifrasi accentua con decisione la immediatezza della azione condizionata in quanto questa risulta dalla somma di infinito pi il verbo ausiliare habere nella forma del piuccheperfetto habueram. Il piuccheperfetto sottolineava una irrealt, ma nello stesso tempo
una insistenza su qualcosa che gi da molto tempo sarebbe compiuta. Presso Gregorio di Tours si legge (IX secolo) si fas fuisset angelum de coelo evocaveram346 . Lesempio italiano pi chiaro quello di fora sarei (da un
originario FUERAM). Presso Dante si trova anche sodisfara, in Sicilia cantara canterei vulera vorrei. Larea
345
346
227
in cui questo tipo arcaico si affermato pi o meno, definitivamente comprende la Sicilia, lItalia meridionale,
Lazio, Umbria, arriva sino alle Marche ma non oltre verso settentrione, e non ha avuto nessun riconoscimento
letterario sostanziale ( 98).
La seconda perifrasi avviene per mezzo dellimperfetto, priva di una determinazione pi o meno relativa nel
senso del tempo ed attestata nel IV secolo nellesempio sanare te habebat deus si fatereris347 : lirrealt tutta nella formula condizionante, non nella conseguenza,
che ha aspetto durativo e quindi fortemente intenzionale, necessaria, voluta. Questo costrutto che si fissato
nel suffisso in -IA, ha due focolai di origine, la Sicilia e la
Provenza. Dalla Sicilia passata nei monumenti letterari toscani, dalla Provenza in quelli settentrionali. Forme
spontanee in -ea si trovano per qua e l: per es. darea,
sarea rispettivamente presso Guittone e Ristoro348 .
La terza soluzione mediante lausiliare habui, la pi
energica, perch sottolinea una realt effettiva, automatica, legata al verificarsi della condizione. Se ne ha un bellesempio nel latino dellVIII secolo349 si... invenisset...
Scandalum cum eum committere habuit e cio in italiano commetterebbe. Questa soluzione manca nellItalia meridionale.
129. Articolo
Molto importante la vicenda dellarticolo, quellaggettivo pronominale, privo di qualsiasi carica semantica e ci
nonostante rimasto vitale fino ai nostri giorni. La materia prima di due tipi. Il primo e pi antico tratto da
Rohlfs, op. cit., III p. 28.
Rohlfs, op. cit., II, p. 388.
349
Rohlfs, op. cit., III, p. 30.
347
348
228
IPSU ed stato ritenuto esclusivo della Sardegna: la loro base sing. (i)ssu (i)ssa, plur. (i)ssos, (i)ssas. Il plurale campidanese is cos per il maschile come per il femminile. Di importanza fondamentale per dare una retta
interpretazione di questi fatti il riconoscere la analoga
documentazione abruzzese: s lup, s dit il lupo il
dito (Pescasseroli) sa gallina, sa cauda la gallina la
coda. Accanto a questa analogia di aree conservatrici
abruzzesi, si trover sotto un altro esempio a proposito
della conservazione dei gruppi di consonante occlusiva
con L ( 137), propr anche della Sardegna.
Di diversa natura ma sempre relativo allarticolo un
altro fatto di conservazione che conserva la distinzione
fra il genere grammaticale maschile e neutro in una zona
che va dallUmbria meridionale alla linea Bari-Matera350 .
Si conservano fino a tempi moderni le seguenti opposizioni: a Norcia lo mle il miele (neutro) contro ru cane cane (maschile); a Nemi (Roma) o latte (neutro) ma
u lop lupe (maschile); a S. Felice Circeo (Latina) ju
can (maschile), lu ml (neutro). Altrove rimane traccia
della differenza fra il tipo latino (IL)LU(M) CANE(M),
che a Napoli diventa o can (maschile) senza traccia della consonante finale dellarticolo, e (ill)ud mele(m) che
diventa o mmel, con la assimilazione della consonante
finale -D ancora vivente.
Se si tiene presente che in una oasi ristretta dellItalia
centrale si era mantenuta una distinzione fra la vocale
finale -O e la -U (confuse in tutto il resto dItalia) ( 114)
ecco che nella questione dellarticolo coesiste a lungo
un intreccio di rapporti sia di ordine morfologico come
la persistenza del genere neutro, sia di ordine fonetico,
come la resistenza della distinzione fra timbri vocalici in
350
Per le varie realizzazioni del periodo ipotetico nel mezzogiorno, vedi Rohlfs, Scavi linguistici nella Magna Grecia, Roma
1933, p. 80.
229
230
rali. I primi esempi sono del tipo sol calando, che richiamano i modelli dellablativo assoluto latino353 .
353
231
Capitolo ventisettesimo
Germanismi
232
v. Wartburg354 in favore di influenze fonetiche di ispirazione germanica sono inaccettabili, non gi perch intrinsecamente impossibili, ma perch nel rapporto delle forze etniche che si contrappongono, non hanno sufficiente evidenza: cos soprattutto per quanto riguarda la
formazione dei dittonghi italiani che sono stati spiegati
sopra ( 112) in modo assai diverso.
Prove negative per escludere parole germaniche dal
vocabolario latino dellet imperiale non ce ne sono. La
pretesa che qualora manchino in sardo o in romeno
debbano essere gi di et barbarica non regge, perch
il sardo stato ben presto tagliato fuori dalle correnti
lessicali, e in genere linguistiche, irradianti da Roma. Per
quanto riguarda il romeno, evidente che dagli inizi del
IV secolo parole romane non sono arrivate pi in Dacia
nel quadro dei rapporti interni allimpero: essa era infatti
ormai sgomberata.
Se per non ci sono argomenti per escludere parole
germaniche dal sistema lessicale latino della et imperiale, mancano anche gli argomenti per renderne verosimile la accettazione qualora non siano attestati direttamente. Come barbarismi germanici antichi sar bene accontentarsi perci di tipi come alces, urus, tipici animali delle foreste dellEuropa centrale, glesum, framea, come nomi dellambra e rispettivamente di unarma paragonabile a unasta. Cos i nomi italiani della martora e del
tasso animali caratteristici, cos litaliano vanga risalgono in pieno allet del latino volgare. Diffusa era lopinione che parecchi nomi di colore appresi attraverso
la terminologia delle cavallerie barbariche assoldate dalle legioni romane rientrassero in questo gruppo. Un recente lavoro di Anna Giacalone Ramat ha ridimensionato questa affermazione e ha reso verisimile una cronolo354
Wartburg, Die Entstehung der romanischen Vlker, Halle
a/S. 1939, pp. 73 sgg.
233
gia pi recente355 ; fa eccezione biondo che, contrariamente ad altre connessioni, deve essere ricollegato con il
termine Blondelius della Tavola di Veleia ( 32) e quindi
considerato come parola leponzia. Cos bitumen356 .
132. Gotismi
Il primo strato di parole germaniche posteriori alla fine dellimpero romano di occidente costituito da parole gotiche357 . Allinterno di queste la distribuzione geografica permette di distinguere fra parole visigotiche
(quando sono attestate anche in Francia o in Spagna)
e parole ostrogotiche (quando sono attestate solo in
Italia). Al primo gruppo si assegnano i termini militari come banda, guardia, elmo, albergo (che deriva da un
HARI-BERG riparo dellesercito), arredare, corredare. Attrezzi domestici sono rappresentati nel patrimonio
lessicale di ascendenza gotica occidentale (n)aspo, rocca,
spola. Verbi importanti sono recare, (s)magare; aggettivi
sono ranco zoppo da cui arrancare, guercio, schietto.
Al secondo gruppo appartengono invece arengo luogo di adunata, astio (da HAIFSTS litigio), lobbia,
stia, attrezzi come stecca, briglia, fiasco, nastro, stanga.
Alle forme del suolo si riferisce forra. Esempio di verbo
smaltire lasciare scorrere; di aggettivo sghembo.
Il nome locale pi significativo Goito (Mantova);
seguono Godego (Treviso), Gottolengo (Brescia).
355
Memorie dellAccademia Toscana di Scienze e Lettere la
Colombaria, 32, 1967, pp. 105-211.
356
Vedi i miei Scritti minori, II, 1967, p. 333.
357
Migliorini, Storia della lingua italiana, Firenze 1960, pp.
784, sgg.; Bonfante, Latini e Germani in Italia, Brescia 1963,
pp. 31 sgg.
234
235
calone Ramat359 . Allabitazione si riferisce, sia pure declassata, stamberga, che in origine voleva dire invece riparo di sassi e cio qualcosa di solido. Oltre a palco e panca sono longobarde le parole scranna, scaffale, stucco. Utensili, sono gruccia, greppia, spranga, trappola, e con queste anche palla. Di grande importanza sono i termini indicanti parti del corpo, fra i pi significativi per attestare una convivenza se non proprio una mescolanza: guancia, ciuffo, zazzera, grinza, schiena, nocca,
spanna, stinco, milza, anca (e sciancato); di animali, grinfia, zanna. Si riferiscono alla natura lo stambecco, il tonfano e la melma; ai boschi gualdo, cafaggio, paggio, questi tre ultimi frequenti nella toponomastica. Livello sociale (non elogiativo) indicano il gastaldo, sgherro, scalco
(maniscalco), manigoldo.
Verbi sono (im)bastire, gualcire, spaccare, strofinare,
spruzzare, guernire, (ar)raffare, scherzare, tuffare, russare.
Aggettivi sono: gramo, ricco, stracco.
Spie toponomastiche dei Longobardi sono in prima linea i nomi in -engo360 che costituiscono tre costellazioni
o gruppi rispettivamente nel Monferrato, nel Bergamasco e nel Cremonese: tali nel primo Murisengo e Marengo (Alessandria), Olcenengo (Vercelli), nel secondo Vidalengo, Martinengo (Bergamo), Pozzolengo (Brescia),
nelultimo Romanengo (Cremona). Al centro di questi
gruppi si trovava Pavia. Altri toponimi longobardi sono
Fara, Sala, Braida, con la variante di Brera.
Nomi personali longobardi sono Anselmo Arnaldo Arnolfo Baldovino Bernardo Bertrando Ildebrando Federico
Garibaldo Giraldo Umberto Teobaldo Gualberto Guido
Guglielmo. Ai fini di prova della affermazione dellelemento longobardo in Italia, i nomi longobardi sono vaMemorie, cit., pp. 126 sgg., 150 sgg.
Gamillschegg, op. cit., II, pp. 72 sgg.; Bonfante, op. cit.,
p. 55.
359
360
236
237
238
239
Capitolo ventottesimo
Franchi e bizantini
367
240
241
242
gure una fase pregalloitalica e una fase, soltanto successiva, effettivamente galloitalica (v. 140).
Di fronte alla maggiore o minore accettazione della
tendenza palatalizzante dei gruppi con L, si hanno focolai pi o meno organici di resistenza. Sono tre. Quello classico il sardo, che arriva a rinforzare la L mutandola in R: crae da CLAVE, frori da FLORE369 , greva
da GLEBA. Come gi per larticolo, alla area compatta
del sardo si accompagnano aree conservatrici isolate in
Abruzzo, con o senza il passaggio di L in R: flum fiume, clim inclinazione (dal gr. Klma), plen pieno, gracc ghiaccio; e cos plan (Atri), fleum fiume (Penne), plover piovere (Palena), plazz piazza (Teramo), infine frum framm fiume fiamma a
Lanciano.
Allestremo opposto si ha la grande area friulana,
in cui si ha plan piano flame fiamma claf, clam,
clar chiave chiamare chiaro, glazze glerie glesie
ghiaccio ghiaia chiesa.
Il trattamento friulano dei gruppi allinterno dimostra
che non siamo di fronte alla passiva conservazione di una
realt latina immobile, ma che, al contrario, si tratta di un
processo di rafforzamento della consonante liquida, per
cui la occlusiva antecedente viene sottomessa e, in certe condizioni, annullata: cos nel caso di OCULI ridotti a (v)oli, o di GENUCULI ridotto a zenoli ginocchi.
Ancora una volta un esempio di collegamento transalpino tra il Friuli e la Francia, dove con lo stesso procedimento si ha la conservazione iniziale di clair (e di glace)
di fronte alla semplificazione interna di oeil da OCLU.
369
Rohlfs, Historische Grammatik der italienischen Sprache,
I, Berna 1949, p. 295.
243
244
245
246
no erose nella terraferma. I caratteri tipici sopravvissuti fino ai nostri giorni sono stati bene definiti da Giulio
Bertoni372 nella assenza di vocali miste, di consonanti nasali velari o faucali, di dittonghi in sillaba chiusa, di molte sincopi proprie al resto della valle padana. La larga accettazione di lenizioni e di assibilazioni non hanno potuto impedire fino ai nostri giorni che la latinit dellestuario veneto si sia non solo mantenuta ma anche espansa
nellentroterra ( 187).
Di fronte allarea veneziana, che non mai diventata
integralmente gallo-italica, si ha quella ligure che, nelle testimonianze storiche, risulta energicamente galloitalicizzata. Che sia esistita tuttavia una Liguria pregalloitalica, risulta sia dalla prova che un tempo la dittongazione toscana, propria esclusivamente delle sillabe aperte, ha lasciato traccia in una piccola area nordorientale,
e, inversamente, che uno sviluppo caratteristico si avuto in Liguria, estraneo alle tendenze gallo-italiche, sia per
quanto riguarda la palatalizzazione estrema dei gruppi in
PL, sia per quanto riguarda la lenizione che colpisce in
modo totale la L e poi la R intervocalica, tale gen. d
dolore, c colore, s sole, s sale.
372
247
Capitolo ventinovesimo
Primi documenti italiani
248
strutture latine a strutture italiane. Essa rende difficile decidere quando che si davanti a un testo gi volgare, sia pure ancora ricco di elementi latini genuini, e
quando invece che si ancora davanti a un testo latino,
sia pure solcato da volgarismi. Tale il caso dellindovinello veronese, scoperto da Luigi Schiapparelli nel 1924,
qui nel testo di Monteverdi-Migliorini374 : se pareba boves alba pratalia araba albo versorio teneba negro
semen seminaba. E cio somigliavano a bovi -aravano
bianchi prati tenevano un bianco aratro seminavano
un nero seme: si trattava perci rispettivamente delle
mani, della penna e dellinchiostro.
Certo, il latino potentemente snaturato con la caduta delle desinenze -NT e -M, e con le vocali E e O al
posto rispettivo di I e U(M) in negro. In compenso per si trovano le consonanti finali -S e -N, le consonanti
non lenite -T- (praTalia) e il -B- dei suffissi caratteristici dellimperfetto. La parola versorio ancora il latino
versorium piuttosto che il volgare versr che, come risulta dalla carta dellAtlante Italo-svizzero375 tuttora usata
nellarea compresa fra Torri del Benaco (Veronal, Ponte
nelle Alpi (Belluno), S. Stino di Livenza (Venezia), Comacchio (Ferrara), Cerea (di nuovo Verona). Daccordo
con B. Migliorini376 , lindovinello veronese non il primo
documento di lingua italiana volgare.
374
Archivio storico italiano, I, 1924, p. 113; Ridossi,
Origini, Milano-Napoli 1956, pp. 164 sgg.; Migliorini, op. cit.,
p. 64.
375
Atlante Italo-svizzero, carta 1434.
376
Migliorini, op. cit., pp. 61 sgg.
249
250
381
251
252
battuta darresto: alla frequenza e disinvoltura nellimpiego del volgare fa riscontro un rifiorire di studi retorici
imperniati sul latino383 .
Il tentativo di sostituire toghe e abiti di cerimonia con
normali vestiti borghesi viene, se non impedito, ritardato. Compaiono dottrine e applicazioni di schemi stilistici che si riattaccano a precedenti, sia pure non identici,
propri del cursus ( 99).
Gli schemi fondamentali sono questi tre. Lo stile tulliano abbonda nella metafora, ignora il cursus e quindi
si ispira, ancora al di l, a schemi classici. Lo stile gregoriano, cosi denominato in et pi tarda dal nome di
Gregorio VIII, papa dal 1187, accetta in pieno il cursus,
si ispira ai modelli della et imperiale, e diventa il capostipite della lingua cancelleresca della curia romana. Lo
stile isidoriano, legato alle dottrine di Isidoro di Siviglia (VI-VII sec.) introduce infine un carattere ritmico
nuovo, la rima. Esso appare presso autori come Guido dArezzo (990-1050)384 , Pier Damiani (1007-1072) e
altri385 .
Le risorse che i modelli latini vengono cos a offrire
agli autori sono immense. Il volgare pu imporsi in
materia di fonetica e morfologia: in fatto di stile non ha
ancora parola da dire.
383
Schiaffini, Tradizione e poesia nello prosa darte italiana
dalla latinit medievale a Giovanni Boccaccio, Genova 1934.
384
Ronga, Origini, Milano-Napoli 1956, pp. 322 sgg.
385
Viscardi, Origini, 4 ed., Milano 1966, pp. 162 sgg.
253
Capitolo trentesimo
Assestamento italiano
254
255
256
Il ritmo giullaresco laurenziano (1150-1171) francamente toscano, ma la abbondanza dei derivati verbali in
-esco, apre la via a confronti con la Umbria393 : Li arcador ne vanna tresco. Di paura sbagutesco. Rispose disse latinesco: Sten e tietti nutiaresco . Non ci sono
tracce di metafonesi, n di finali in -U.
Qualche maggior collegamento con caratteri meridionali mostrano i documenti connessi con la area marchigiana. Il pi importante il ritmo di S. Alessio394 di 257
versi, che, come principale caratteristica, ha la distinzione delle finali -U e -O con la conseguente possibilit di distinguere, nel campo della morfologia (fra il genere maschile e il neutro), nei pronomi e in alcuni aggettivi dimostrativi. Mostra un carattere arcaico per es. col
mantenimento del gruppo FL, per es. in flore; si immerge nel mondo gi umbro-sannita attraverso il passaggio
di ND a NN. In una carta marchigiana di Fiastra (Macerata) del 1193 si ritrova la metafonesi, sia da -I come nel
caso di Carvone: Carvuni, sia da -U come nel rapporto di
questo: quistu.
Il Ritmo cassinese ci porta pi a mezzogiorno in un
ambiente che stato detto395 del campano illustre.
Questo ignora la dittongazione di E e O aperte; -O
distinto da -U, e questo esercita azione metafonetica; B
prevale su V. I gruppi di consonante + L sono intatti. Fora sarei documenta il tipo arcaico di condizionale, tratto dalla forma perifrastica col verbo ausiliare al piuccheperfetto ( 98).
Vedi il mio Profilo, cit., p. 41.
Migliorini, op. cit., p. 109.
395
Op. cit., pp. 110 sgg.
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nuncia ininterrotta dalla latinit ai nostri giorni. Analogamente, davanti a L palatale conseglio someglio circondano Firenze come ponto onghia, senza raggiungerla397 .
Nellambito della morfologia, ancora vivo in Toscana
(come in altre regioni) il possessivo enclitico, per es. mgliema, csasa a Firenze fratlma fratello mio cogntoma cognato mio a Siena398 .
Alle grandi innovazioni venute di fuori, che conquistano tutta la Toscana, come la palatalizzazione dei gruppi
di consonante occlusiva pi L ( 137), si accompagnano
quelle minori, per esempio la accettazione delle forme
della sibilante sonora proveniente dal settentrione. Essa
si afferma prima nella Toscana occidentale, di l si allargata verso Firenze senza affermarsi risolutamente, ma
guadagnando terreno anche ai nostri giorni. Innovazione toscana tipica quella di -ARIU, che passa a -AIO (
148), con la conseguenza di una dissimmetria fra le forme del singolare come denaio, cui deve corrispondere un
plurale denari. Vi si accompagnano per poi forme analogiche con i singolari del tipo contraro.
Naturalmente esistono anche innovazioni fiorentine,
sia pure poco significatiti: tali atro per altro, andato presto in disuso e, soprattutto, il passaggio di -ARin posizione interna a -ER-: Lzzero invece di Lazzaro, generalizzata poi nelle forme del futuro, che si
imposto universalmente nella forma amer invece di
AMAR399 .Verso la met del Duecento si semplificano i
dittonghi discendenti secondo lo schema da EI a E: PREITE diventa prete. Ma pi che per i suoi caratteri permanenti, il fiorentino interessa nel Duecento per le sue
incertezze grammaticali, quasi il prestigio delle parlate
esterne lo dominasse. Attraverso i lavori di A. SchiaffiMigliorini, op. cit., p. 157.
Op. cit., p. 161.
399
Migliorini, op. cit., p. 106.
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398
259
ni e di A. Castellani400 sono messe in giusta luce nei testi fiorentini forme come dissoro dissero, feceno fecero metteno mettono diceno dicono stra star che
si riferiscono rispettivamente a Prato Pistoia Lucca Pisa, e danno tutte la impressione che Firenze fosse ancora
unarea recettiva, aperta a ampie possibilit di colonizzazione linguistica che solo con la maturazione sociale economica e politica di Firenze, vengono rapidamente riassorbite. Altre, di carattere letterario, rimangono su un
piano occasionale. Tali i tipi con AU al posto di O, forme snobistiche modellate su schemi siciliani: aulire per
OLIRE odorare, aunore per onore. Cos le lenizioni, che presuppongono imitazione di modelli settentrionali, appartengono a questa categoria: imperadore, etade, segondo. Cos le reazioni per le quali lauda diventa
lalda e autore diventa altore401 .
Una reazione antifiorentina appare invece a Siena dove, contro il passaggio di AR a ER, si ha quello inverso
da ER a AR: per esempio il tipo vvare, opposto alloriginario e fiorentino vivere.
150. Il primo sistema fonologico italiano
Parlare di un equilibrio assestato e perci stesso di un sistema valido per tutto il territorio italiano, impossibile.
Ma, alla vigilia di constatare che lo scettro del comando,
la validit del simbolo di italianit generale sta per essere assunto dal fiorentino, ecco che pare opportuno fissare i tratti fondamentali del sistema consolidato in questo
tempo, intendendo con questo di fissare il primo sistema fonologico italiano, di base fiorentina, quale si era
venuto configurando a partire dal IX secolo. I suoi tratti
400
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consistono in svolgimenti che sono stati illustrati in paragrafi precedenti: A) si eliminano le parole sdrucciole in
tutti quei casi, in cui il risultato degli scontri fonetici non
era controproducente: SOLIDU diventa soldo, NITIDU
diventa netto, di fronte a NUMERU che diventa novero,
non NOMBRO. B) Le vocali E e O aperte in sillaba libera dittongano, almeno negli strati superiori: METIT diventa miete, NOVU diventa nuovo. C) Le consonanti finali vengono eliminate, METIT diventa miete, CAPUT
capo. D) I gruppi di consonanti si assimilano in senso regressivo: CT diventa TT, cos PT: FACTU diventa fatto, RUPTU rotto. E) I gruppi di consonante + L vengono palatalizzati in forma blanda secondo gli esempi di
CLAVE che diventa chiave, PLENU che diventa pieno,
FLAMMA che diventa fiamma, GLAREA che diventa
ghiaia, BLANCU che diventa bianco. Altre palatalizzazioni hanno sviluppo unitario solo in parte: PLATJA diventa piazza, come MEDJU diventa mezzo. Ma HODJE si ferma al livello di it. oggi, secondo un rapporto che
non ha paralleli nel sistema e non suscettibile di una
interpretazione chiara neanche sul piano geografico (cfr.
MODIU che diventa moggio).
261
PARTE QUARTA
Let moderna: 1200-1850
262
Capitolo trentunesimo
La Sicilia e la prima lingua letteraria
151. Arabi
Col. XII secolo, la regione pi importante per la storia
del linguaggio dItalia diventa la Sicilia. Questa, dopo la
invasione e colonizzazione araba, aveva da tre secoli rivissuto la opposizione fra un occidente (arabo) e le coste
orientali, rimaste pi o meno nellorbita bizantina, come
nellantichit si era contrapposto un occidente cartaginese a un oriente greco.
Limportanza dellelemento arabo nellambito del lessico italiano immensa402 , ma invece difficile stabilire
quali sono resti arabi trasmessi specificamente attraverso
la Sicilia. Sono tra questi ammiraglio in origine un comandante non soltanto di forze di mare, sciara colata lavica, zgara il fiore dellarancio, cmula tignola,
sciurta sentinella, bburgiu bica di paglia, zappa misura dacqua, zammataru cascinaio, rabba granaio
pubblico, carabba caraffa, cantusciu (veste femminile), tarca velo di lutto, bucecia gallina, macaduru
sudicio, zizzu elegante. Praticamente assenti sono i
verbi. Nomi di famiglia sono Vadal, Morabito, Mol e
altri.
Il grosso delle parole arabe in italiano si divide invece
nelle due grandi categorie, di quelle pervenute dal vicino oriente attraverso le repubbliche marinare e di quelle
pervenute dalla Spagna. Tuttavia, ai fini delle strutture
402
G. B. Pellegrini, Lelemento arabo nelle lingue neolatine
con particolare riguardo allItalia, Loccidente e lIslm nellalto Medio evo, Spoleto 1965, pp. 698-844, spec. pp. 731 sgg.;
G. B. Pellegrini, Parole arabe, Brescia 1970.
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ragioni geografiche se ne accompagnano altri di natura sociale. Le innovazioni normanne arrivano in Sicilia ma si affermano soltanto nello strato superiore delle
corti e degli ambienti letterari, senza penetrare negli strati popolari che continuano (fino ai nostri giorni) a usare
unit lessicali originarie. Tali i casi di andari accolto
nella lingua dei poeti siciliani, che non discende a eliminare il preesistente sinonimo iri, tuttora persistente; cos sentiri che NON soppianta audiri; cos volta, accettato ad alto livello, ma che NON scende a eliminare
fiata404 .
153. Galloitalici in Sicilia
Del tutto diversi sono i procedimenti di effettiva colonizzazione, che NON si sovrappongono come strato superiore ma si inseriscono come parastrato demografico.
Questa colonizzazione demografica, preparata gi durante il secolo XII e sviluppata nel XIII, certo stata pi
ampia di quella, riconoscibile adesso attraverso i dialetti
galloitalici di Sicilia. Quelli riconoscibili oggi si distinguono in tre aree, la interna di Piazza Armerina, la litoranea tirrenica di Sanfratello e Nicosia, la tirrenico-ionica
di Francavilla di Sicilia fra Patti e Taormina. naturale, che queste tradizioni linguistiche, totalmente prive di
prestigio culturale fossero destinate a subire la prevalenza numerica delle tradizioni siciliane genuine. Tuttavia si
sono mantenute fino ad oggi: a) forme prive delle vocali
finali, gi andate perdute nei luoghi dorigine del settentrione quando non si trattasse di A; b) la lenizione della palatale sorda davanti a vocale palatale nella sibilante
palatale sonora SG, e quella della labiale -P- in -V-; c) la
caduta di L(L)- dopo vocale e davanti a O e E: tali gli
404
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cesso, che integr il filone francese e provenzale con filoni e modelli della Italia meridionale, e, attraverso i legami dinastici, con lItalia settentrionale. Pier delle Vigne
(1190-1249), nato a Capua, educato a Bologna, divenuto ministro di Federico II, impersona la molteplicit di
queste tradizioni.
La coesistenza di diverse tradizioni assicura o impone
la possibilit di varianti linguistiche particolari: una forma provenzaleggiante come amori si affianca a quella
genuinamente siciliana come amuri
La tradizione latina si inserisce nel processo di assestamento linguistico come una riserva lessicale e fonetica, tutte le volte che, per ragioni ritmiche o altre, si esigono forme parallele: perci, anche se non sempre per
ragioni evidenti, si trova accanto al siciliano chinu, il latineggiante plenu; accanto al siciliano quanno, il latineggiante quando, accanto al siciliano chi, il latineggiante plu.
Proprio perch le condizioni politiche hanno avuto
una parte determinante nel realizzare e nel mantenere
un equilibrio nuovo ma elastico, questo non mostra alcun vero ancoraggio locale, nemmeno con la citt capitale. Lintera Italia meridionale, anche al di l della Sicilia, ha, funzionato da spazio ampio, atto agli incontri,
tale da giustificare le ipotesi pi varie circa la espansione della cosiddetta lingua poetica siciliana. Ecco alcuni esempi di problemi che appaiono attraverso singoli autori407 . Linizio della tradizione si pu far coincidere con Jacopo da Lentini e il suo primo componimento
La namoranza disiusa, i cui antefatti risalgono fino alla met del XII secolo. Giacomino Pugliese, conformemente alle sue origini, porta tradizioni continentali. Guido delle Colonne (m. 1287) lasci due canzoni Anchor
407
Devoto, Profilo di storia linguistica italiana, 4 ed., Firenze
1964, pp. 44 sgg.
270
che laigua per lo fuoco lassi e Ancor che lungiamente mi menato, che Dante cita come esempio di autori locali, capaci di aver saputo poetare con dignit. Stefano Protonotaro, in pieno secolo XIII, mostra forme tipicamente siciliane come nei versi di chi eu puta sanari, disa damari e perdi sua spiranza; ma anche gallicismi come ma beni da blasmare o meu duttu fortimenti; non solo, ma anche un adattamento del provenzale mirador nel verso di chi fa la tigra in illu miraturi. Nel contrasto di Cielo dAlcamo, il confronto addirittura fra il parlato e lo scritto appare ad esempio nei
versi addomannimi a mia mre e a mon peri, oppure
arrenneti donna col viso cleri, in cui si ha da una parte il trattamento parlato meridionale di NN per ND, e i
chiari gallicismi quasi eruditi cleri, peri.
Se politiche furono le circostanze che portarono a fortuna la poesia siciliana, politiche furono quelle che portarono al suo isterilimento. Con la fine della monarchia
sveva, vien meno la forza che sosteneva lequilibrio cos instabile e eterogeneo, lungi dallesser definitivo, della lingua dei poeti siciliani. Finiscono insieme il mondo
poetico siciliano e la tradizione linguistica che non era
potuta arrivare se non a una maturit parziale.
271
Capitolo trentaduesimo
Spunti di lingue letterarie estrasiciliane
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dizioni latine o addirittura centro-italiane appaiono attraverso la scarsa presenza di consonanti finali diverse
da -N -R -L -Z. Ma un verso come quello di Bonvesin (v.
56)409 Quand tu mang con cugi mostra chiaramente la impronta locale settentrionale, con la energica eliminazione delle vocali atone finali, con la palatalizzazione abbinata alla lenizione del gruppo CL in G. Il verso
Giama Sancta Maria quella vergen beadha mostra la
palatalizzazione-lenizione addirittura in posizione iniziale. La lenizione della T intervocalica indicata efficacemente attraverso la consonante sonora, seguita da H, indice di una spirantizzazione incombente. Ma queste alterazioni e passaggi sono ancora fluidi. Accanto al passaggio di L in R in tug li soi pergori, si trova miracui miracoli con la eliminazione totale. Inversamente,
compaiono latinismi pi o meno giustificati. Nella forma
sancta pu aver agito lo stesso movente, che nei placiti
cassinesi imponeva parte sancti Benedicti; in plena plu
avr agito una velleit arcaizzante pura e semplice, con
la L intatta. Soluzioni contraddittorie compaiono in flao
fiato, in cui, di fronte al FJ della lingua letteraria italiana, si ha un FL eccessivamente conservatore, e accanto una totale lenizione della T. Di questa lenizione totale si ha un esempio estremo in aiaoper aiutato. Questa lingua, vagheggiata piuttosto che realizzata, non mostra soltanto chiazze di conservatorismo o addirittura di
latineggiamenti, destinati a essere sommersi. Mostra anche novit, che non sono state per definitive. Una specie di normalizzazione posteriore, ispirata a modelli toscani ha fatto s che certe lenizioni totali o certe realizzazioni metafonetiche fossero pi tardi abbandonate: tali
le forme moderne creder, vedova, che riappaiono al posto delle lenite (e presso questi autori attestate) crer vo409
1937.
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Capitolo trentatreesimo
Lavvento di Firenze
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di lingua poetica, associata a una visione della vita nuova rispetto alle realizzazioni siciliane, che viene detta del
dolce stil nuovo. Legati dal punto di vista del contenuto cos a modelli provenzali come alla filosofia scolastica,
come al misticismo umbro, crearono una tradizione linguistica caratterizzata dalla terminologia rigorosa, chiusa in un fondamentale riserbo non incline a quelle aperture che presso Guittone avevano dato la impressione di
un certo quale cosmopolitismo. Domina la parola in s
la inclinazione alletimologgizzare, i giochi di parole, secondo una tendenza che compare anche nel Convivio di
Dante.
La loro discendenza tutta toscana. Guido Cavalcanti
si distingue per unaggettivazione particolare e ristretta,
per una forte propensione alla metafora, per la capacit
di affiancare piani stilistici diversi, per la consacrazione
letteraria delluso popolare del discorso diretto.
163. Testi dialettali del XIII secolo
Per quanto successo avessero teoria e pratica della scuola del Dolce stil nuovo, una tradizione di lingua letteraria doveva, per affermarsi, passare ancora per altre esperienze, e tener conto di due realt: la prima, esterna, che
tradizioni dialettali volgari si erano ormai costituite anche se non avevano capacit di irradiare; la seconda, che,
per irradiare al di fuori non dico del campanile ma della
diocesi o anche della regione, occorreva, oltre alla perfezione dellapparato dottrinale, il prestigio di una personalit poetica. Questa personalit Dante. Le due condizioni preliminari, per avvicinarsi alla stabilizzazione di
una lingua letteraria nazionale, stanno nei due problemi.
Quale fosse leffettiva consistenza e reciproca divergenza
dei dialetti italiani, e quale fosse la presa di posizione di
Dante nei loro confronti. Il quadro, sia pure non completo, nel quale doveva prendere posizione Dante , co-
280
me risulta dalla tabella riassuntiva di G. Vidossi416 , il seguente, al di fuori dei testi che sono stati gi sopra presi in considerazione. Per il ligure il contrasto bilingue di
Rambaldo di Vaqueiras; per il lombardo, Girardo Pateg,
Ugo da Persico di Cremona, Uguccione da Lodi, Pietro
da Barsegap; per lemiliano, la regola e la lauda dei
servi della Vergine, la serventese dei Lambertazzi e Geremei. Per i testi toscani, fondamentale il testo senese
del Libro di Mattasal di Spinello; per lUmbria, le formule volgari dellarte notaria di Rainerio di Perugia; per
larea marchigiana, la carta di Fabriano, quella picena, e
la canzone del Castra; per il romanesco, il Liber Ystoriarum Romanorum e Le miracole de Roma; per larea campana, linventario di Fondi, il Lamento della Vergine, gli
statuti dei Disciplinati di Maddaloni, il libro di Cato; per
larea calabrese, la carta di Rossano; per la Sicilia, linsieme dei poeti siciliani; per la Sardegna, la ricca messe dei
documenti giuridici detti Condaghi.
164. Classificazioni di Dante
Per comune ammissione, spetta a Dante il titolo di padre della lingua italiana. Prima di delineare il nocciolo di
quella tradizione linguistica che da lui discende, occorre rendersi conto, non tanto della elaborazione finale di
una sua teoria relativa al volgare illustre, quanto della psicologia con cui egli prese di fronte il problema. A
questo fine occorre rifarsi a una delle prime affermazioni del De vulgari eloquentia, in cui afferma decisamente
il maggior pregio del volgare in quanto rispecchia la natura, mentre il latino artificio. Analogamente giustifica nel Convivio417 limpiego del volgare per interna coe416
417
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renza di commento a canzoni in volgare; per pronta liberalitade nei riguardi di un pubblico pi largo; infine
(importantissimo) per lo naturale amore de la propria
loquela. Questo amore si tradurr nella ricerca di un
ideale, che non abbia dei volgari esistenti n la volgarit
n il folle divergere, e ricerchi invece una certa quale distinzione e raffinatezza, e insieme una unit sopramunicipale.
Le variet dialettali italiane appaiono agli occhi di
Dante418 come a un osservatore che, posto al centro della cerchia alpina, immaginasse di avere davanti agli occhi
la penisola italiana, proiettata fra i due mari, il Tirreno e
lAdriatico, e solcata dalla catena dellAppennino. Dante
individua quattordici variet dialettali, di cui sette collocate sul versante occidentale (o destro) degli Appennini
e sette sul versante orientale (o sinistro). I criteri che usa
per valutarli non sono per n oggettivi n funzionali,
ma dominati da sue reazioni estetiche, talvolta da risentimenti personali. Gli esempi pi caratteristici sono quelli
del duro giudizio sul romanesco che il pi brutto dei
volgari e quello sul sardo, che somiglia tanto al latino
da far ritenere i sardi incapaci di aver creato un dialetto
loro, ridotti per questa incapacit a imitare il latino quasi fossero non uomini ma scimmie; o quello sul genovese, cos ricco di sibilanti sonore (z) che, eliminando questo suono i genovesi sarebbero costretti ad ammutolire
oppure a cercarsi unaltra lingua. Ci nonostante Dante
offre testimonianze dirette di caratteri dialettali importanti: tali nellarea milanese-bergamasca la forma occhiover (leggi ociover), che documenta la caduta delle vocali finali propria dei dialetti gallo-italici, e la avvenuta palatalizzazione del gruppo CTO in CIO; oppure lesempio apulo volzera che chiangesse vorrei che piangesse,
418
De vulgari eloquentia, I, X-XV, ed. Marigo, Firenze 1957,
pp. 80-129.
282
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Capitolo trentaquattresimo
Dante e Petrarca
284
ferno al Paradiso, anche allinterno delle singole Cantiche, le situazioni espressive sono talmente varie, oso dire
prepotenti, che nessuna casistica stilistica riesce ad adeguarsi ad esse meccanicamente.
167. Dante arricchitore
Anche se inorganica nel procedimento, lopera dantesca ha avuto conseguenze e risultati immensi. In fatto
di lessico essa rappresenta un arricchimento poderoso.
La tradizione volgare, dopo lesperienza di Dante, annulla di colpo tutte le inferiorit che trascinava con s
da sette secoli di povert, sottosviluppo, limitatezza parrocchiale. Questo arricchimento non ha nulla del procedimento tecnico che crea o introduce parole come etichette. Il vocabolario trasmesso dalla Divina Comedia
atto a qualsiasi argomento, poetico e prosastico, lirico e
filosofico, perch il crogiolo non ha agito in connessione con il mondo ben delimitato delle opere specializzate, ma nellambito della universalit degli interessi e degli
affetti della Divina Comedia. Ma naturalmente non siamo in grado di indagare quali, fra queste innovazioni lessicali, sono state introdotte da Dante per primo, e quali hanno ricevuto da lui la consacrazione e lalone della
letterariet421 .
Larricchimento non consiste soltanto nel sodisfare
sfumature semantiche sempre pi differenziate e sottili, ma anche nella possibilit di evocare sia imagini nuove sia nuovi affetti o toni. Tali, nel discorso dellimperatore Giustiniano, nel VI canto del Paradiso, formule come dal cirro negletto fu nomato... la morte prese subitana
ed atra... nel commensurar di vostri gaggi; oppure, sulla
bocca di Beatrice, il (pre)potente latinismo cive per cit421
285
tadino; o inversamente parole che sono in realt citazioni da testi augusti, come agricola, che risale alla parabola
evangelica del vignaiolo, o conservo che risale allApocalisse.
Un caso particolare di arricchimento dato dalle varianti che oppongono forme pi antiche a meno antiche,
forme considerate di alto livello di fronte ad altre popolari, e naturalmente dettate da ragioni non esclusivamente espressive, talvolta da necessit ritmiche. Varianti fonetiche sono padre accanto a patre, madre di fronte a matre, oppure il normale speglio di fronte al latineggiante speculo. Varianti di derivazione sono rege di fronte a re; imagine di fronte a imago, spene, speme di fronte a speranza. Varianti morfologiche garantite dalla rima
sono diceva con Eva, dicea con Citera. Varianti nel
passato-remoto sono fenno feron fero di fronte a fecero; tacette di fronte a tacque. Variante nel condizionale
il sicilianismo vorra di fronte al normale vorrei. Infine
ci sono processi di derivazione che si valgono di modelli latini, senza essere latinismi: adimare, appulcrare, ingigliare, inurbarsi, sgannare.
168. Dante fiorentino
Se ora si cerca di valutare quantitativamente le aperture che Dante ha realizzato per uscire dal municipalismo
fiorentino, ecco i risultati a cui si perviene, da quando
N. Zingarelli422 ha analizzato concretamente il patrimonio lessicale della Divina Comedia. I latinismi, nel senso rigoroso del termine, si avvicinano ai cinquecento, per
esempio appropinquare, cernere, digesto, igne. I gallicismi
sono alcune decine, ma i pi non hanno avuto seguito:
di fronte a masnada, acquisita definitivamente, miraglio
422
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a ragion veduta, continuando la tradizione degli stilnovisti, superandola, talvolta rifacendosi a modelli siciliani.
Lo studio delle varianti permette di dare alla lingua individuale del Petrarca le linee di uno svolgimento, che interessano tutte quante le strutture della giovane tradizione, in via di costituirsi. Tale la tendenza a passare dallallineamento paratattico a quello pi elaborato e complesso ipotattico come nella canzone CXCVI, che mostra una prima redazione va mormorando E per la fronte
viemme e in una successiva mormorando a ferir nel volto viemme. Nel campo lessicale mirare, che prende il posto di vedere, fa parte di uno sforzo di selezione per
raggiungere un miglior livello. Allo stesso fine, si sforza di evitare ripetizioni anche a costo di sostituire (banalmente) dir cose a parlare, o aura celeste sostituito a
aura amorosa425 ; o, a scopo di intensificazione metaforica, sostituisce di sua ombra uscan a fra i rami usca.
II significato esatto della parte avuta dal Petrarca nellassetto della tradizione di lingua letteraria stato precoce.
Ugo Foscolo426 ha distinto nella elaborazione petrarchesca tre passaggi, da una libera abbandonata comunicazione in una cerchia ristretta, a una prima elaborazione
latina, a un perfezionamento finale con pi arte nella
forma italiana. Soprattutto, di fronte a Dante che crea
sovente una lingua nuova, il Petrarca sa, secondo il Foscolo scegliere... le pi eleganti parole e frasi. Secondo F. De Sanctis fu atto come nessun altro a raggentilire
una lingua e una poesia.
425
Contini, Saggio di un commento alle correzioni del Petrarca
volgare, Firenze 1943, p. 25.
426
Opere edite e postume, Firenze 1859, p. 41.
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il quale era nesciente persona appo Marco. E avea avuto robe. Analogamente un testo di maggior livello come la Retorica di Brunetto Latini: Mercatanti fiorentini passavano in nave per andare oltremare. Sorvenne loro crudel fortuna... Alla fine arrivaro ad uno porto nel
quale era adorato Malcometto ed era tenuto deo. Questi
mercatanti lo adoraro come idio.
Il rapporto fra i due filoni non deve essere visto come
quello fra realizzazioni intellettuali complesse e realizzazioni istintive elementari. Come ebbe a dire il Latini (Tesoro VIII.9) a proposito di unaltra forma darte come la
pittura si raccomanda di evitare il troppo dipignere ch
alcune fiata colore lo schifare dei colori. Mentre i due
filoni sono destinati a convergere, con maggiore o minore rapidit, le posizioni rispettive di Dante e del Petrarca
finiscono per appartenere al passato, si riducono a punti
di riferimento, o, se vogliamo, relitti sia quella di Dante,
non incline a contrapporre autori latini e volgari, pieno
di fiducia nel volgare, nella agevolezza delle sue sillabe,
le proprietadi delle sue costruzioni, e le soavi operazioni che di lui si fanno429 , mentre quella del Petrarca valuta a pieno la differenza che divide i due mondi linguistici. Ma nonostante queste differenze il linguaggio dItalia ha compiuto, grazie a questi due grandi nomi, una
esperienza e una svolta decisive.
429
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Capitolo trentacinquesimo
Dal fiorentino al toscano
171. Il Boccaccio
Queste esercitazioni e queste innovazioni avrebbero dato
vita a una tradizione unitaria meno sicura o infinitamente pi lenta, se non le avesse assimilate coltivate e sottomesse alla sua capacit realizzatrice e rese viventi Giovanni Boccaccio (1313-1375)430 . Grazie alla sua capacit, quelli che erano semplici spunti destinati a maturare a poco a poco, si trasformarono in modelli esemplari.
Costrutti concorrenti corme quello del che col verbo finito o quello corrispondente allaccusativo con linfinito
del latino, sono adoperati a ragion veduta, appaiono come risultati di una scelta coerente; cos la preferenza, data volta a volta agli attributi preposti, secondo i modelli latini, o a quelli posposti, secondo il gusto del parlato
volgare. Nel Filocolo si ha ancora una prevalenza di elementi classicheggianti in aggiunta a quelli appena citati: verbi in posizione finale, participi presenti ancora abbondanti, inversione nella posizione del verbo ausiliare.
Dalla Vita di Dante al Decamerone i modelli contrapposti non sono pi impiegati con rigide preferenze, ma entrambi disponibili, facoltativi, armonizzati: per dirla con
A. Schiaffini431 il momento formale si trasforma, liberandosi, in armonia, proporzione, musica.
Per la importanza completezza grandiosit dei traguardi raggiunti, il Boccaccio si allinea con Dante e col
Petrarca, dando alla prosa italiana un capostipite non in430
Migliorini, Storia della lingua italiana, Firenze 1960, pp.
207 sgg.
431
Tradizione e poesia, cit., p. 187.
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ti erano dovute a esigenze metriche, per esempio quando lepore marina o madre vetula erano imposte dalla necessit di parole trisillabiche. Un fattore importante di arricchimento erano i termini tecnici, che dovevano
riempire i vuoti lasciati dallabbandono della terminologia latina. Per esempio nascono, a proposito della pittura, i termini di acquerella (poi acquerello), a fresco poi
affresco, sfumare. Ma il prestigio della tradizione latina
tale che, nellambito delle parole italiane, si sostituiscono
con forme pi aderenti al latino, altre, in s latine, ma alterate troppo, nel corso della loro tradizione ininterrotta:
esercito soppianta oste, orazione diceria, repubblica comune. Nei limiti pi strettamente formali pittore prende il posto di dipintore, cigno di cecero, decimo di decimo, ferire di fedire, onorevole di orrevole, sinistro di sinestro, Sicilia di Cicilia. Sono attestate anche esagerazioni come quella del Boccaccio, che dice preera alla provincia, rimanendo aderente alla formola praeerat provinciae. Sperimentali, incerti furono anche
i risultati dal punto di vista della morfologia, quando il
modello, invece di essere quello tradizionale dellaccusativo latino, fu il nominativo donde da Venus si ebbe
Veno oltre Venus Venusso, e cos aspe invece di aspide,
ospe invece di ospite, satelle invece di satellite.
174. 2 sistema fonologico italiano
Le conseguenze di queste immissioni massicce si ripercuotono sul sistema fonematico italiano di base fiorentina: le strutture consolidate nei secoli IX-XII (v. 150)
non bastano pi. Di questo rimangono ben fermi solo
due caratteri entrambi negativi: la esclusione delle consonanti in posizione finale; la esclusione della -U non accentata in posizione finale. In contrasto invece col sistema precedente si impongono cinque importanti novit:
la accettazione indiscriminata di parole sdrucciole e cio
295
dei tipi solido in confronto dei tipi soldo, i soli ammessi nel precedente sistema; la accettazione dei gruppi di
consonante + L, che prima venivano invece inesorabilmente palatalizzati in consonante + J p. es. il tipo plebe che si affianca al tipo pieve, il solo ammesso nel
sistema precedente; la fusione della pronuncia toscana
della affricata di aceto, dieci, da originario latino K, con
la spirante di bacio brucia, da un antecedente SJ; la persistenza della B intervocalica, che, nelle parole di tradizione ininterrotta, era soggetta invece alla lenizione in v, come nel caso appena citato di pleVe di fronte a pieve; infine la arbitrariet della apertura delle vocali E e O nelle parole, introdotte dal latino o da altre lingue. La pronuncia aperta di bello, collo dovuta a ragioni storiche,
radicate nel latino, integrate nel primo sistema fonologico italiano, e come tali accettate nel secondo. Ma la pronuncia aperta di problma una scelta casuale, introdotta insieme con la parola, priva di giustificazioni storiche
(cfr. 239). Essa vale come modello di pronuncia normale italiana non per ragioni storiche, ma come atto di
forza del modello fiorentino, non contestato dagli italiani delle altre regioni. Allo stesso modo le parole latine iustitia vitium sono state accolte come giustizia vizio,
perch nessuno poteva pi ricordare che nel latino volgare quelle I erano I aperte, e quindi destinate a sfociare
nel suffisso italiano -ezza, o nella parola italiana vezzo.
La indipendenza del secondo sistema fonologico italiano rispetto al primo stata determinata dalla fiumana di parole latine di tradizione interrotta che, per essere accolta, HA IMPOSTO ritocchi vistosi alle strutture
italiane, quali si erano assestate fra i secoli IX e XII.
Sul piano della morfologia, la situazione meno eterogenea e quindi ormai pi italiana che fiorentina.
Il solo punto delicato quello delle forme del condizionale, che si sono affermate nella loro struttura pi recente, risultante dalla perifrasi di infinito + perfetto: AMA-
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Benvenuto da Imola nel suo commento a Dante437 afferma s che non c volgare pulcrius aut proprius, pi
bello e appropriato, del fiorentino, ma aggiunge che
parlano in modo pi bello ed elegante pulcrius et ornatius quelli che sono usciti dai confini municipali che
non gli altri. Francesco da Barberino dice E parlerai sol
nel volgar toscano. Antonio da Tempo, padovano, lingua tusca magis apta est ad literam vel literaturam438 .
Queste definizioni fissano un altro aspetto della lingua
letteraria italiana, sociale e non soltanto geografico. Legandola strettamente alle manifestazioni di ordine letterario, esse sanciscono anche una differenza fondamentale, che d una impronta incancellabile alla tradizione letteraria del linguaggio dItalia. Esso riceve stabilit precoce, proprio perch si indirizza a una cerchia chiusa come quella degli uomini di lettere. A differenza del francese e dellinglese, che si affermano perch solidamente
ancorati alla lingua delluso delle cancellerie regie; a differenza del tedesco che, fissato sulla base della traduzione dalla Bibbia di Martin Lutero, penetrato nella coscienza belle masse frequentanti chiese, la tradizione italiana nasce, e per secoli rimarr, come lingua di una minoranza, oligarchica ( 246).
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438
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Capitolo trentaseiesimo
Esaurimento della tradizione letteraria dialettale
299
ma (1252-1258) come volgarizzamento di un testo latino, persiste nel secolo XIV con la Vita de Cola de Rienzo (1313/4-1354) con i suoi tre fondamentali caratteri
meridionali: la metafonesi esterna di dienti (plur. contro
il singolare dente; la prevalenza di V su B in forme come
vagno varva bagno barba; la palatalizzazione spinta
del gruppo PJ in via Acia per Appia.
A Napoli, nonostante i legami che il Boccaccio aveva potuto stabilire con la tradizione toscana, si ha ancora
nel XIV secolo, il poemetto I bagni di Pozzuoli, in cui
la dittongazione in sillaba chiusa appare con tutta la sua
forma caratterizzante ad esempio nel passo che una cosa facza multi effiecte nuy lo vedemmo per li sol proffiecte, mentre, dal punto di vista lessicale, la portata dei
latinismi molto maggiore di quella dei toscanismi nella necessaria opera di arricchimento lessicale. In Sicilia
la tradizione locale non solo ancora costante nel XIV
secolo ma, secondo S. Debenedetti441 mostra la fissit la
stabilit e quasi... la unit propria delle lingue letterarie,
ad esempio nel Libru de lu dialogu de Santu Gregoriu
della prima met del XIV secolo. Un esempio di lingua
della poesia tratto dalla Profeta o Lamentu di parte siciliana O fortuna fallenti, pirk non s tuttuna?
con le vistose I al posto delle normali E toscane.
178. Miracolo a Venezia
Fra la costruttivit toscana, prossima a un assetto definitivo e il persistere dei dialetti, cos al settentrione come
nel meridione, larea veneziana, e pi esattamente quella
dellestuario veneto, si inserisce con la sua natura intermedia. Da una parte stnno gli indizi di una soggezione
a correnti finitime pi o meno intense, ancora durante il
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276.
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Capitolo trentasettesimo
Reazioni umanistiche
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linizio a Firenze dellinsegnamento del greco per opera di Michele Crisolora. Coluccio Salutati (1331-1406),
per quanto legato alle dottrine medievali dei dictamina, si
batte contro il primo ostacolo al ritorno dei modelli classici e cio contro la prosa rimata, e in questo agisce da
pioniere, per la rigenerazione di una prosa latina cancelleresca. Leonardo Bruni (1370-1444) usa un latino epistolare meno artificioso di quello del Salutati, e ammette
il principio di parole nuove, che devono per armonizzarsi nel sistema come se fossero non trovate, ma svoltesi in te dalle tenebre dellantichit.
182. Il ciceronianismo
Gasparino Barzizza (1370?-1431) mir a definire in modo rigoroso e restrittivo il modello latino che si riproponeva agli scrittori. Questo modello doveva essere non
tanto genericamente classico, quanto precisamente ciceroniano. Con questa tesi cominci un dibattito disperato, durante il quale la teoria ciceroniana venne formulata e riformulata in modo sempre pi rigido, e le applicazioni risultavano sempre pi difficili, o addirittura
irreali. Ma questa posizione era astratta, perch non teneva conto delle affermazioni ormai raggiunte dal volgare, a partire dai traguardi funzionali gi raggiunti col
Decamerone. Linsistenza nel volerli ciononostante perseguire giustifica lattributo di reazionario che stato
dato al movimento450 . Il ciceronianismo tuttavia si continu attraverso Poggio Bracciolini (1386-1459), che, fissato negli schemi stilistici, pot essere sgrammaticato nei
particolari. Lorenzo Valla (1407?-1457), nel quadro del
ciceronianismo, diede peso alle disquisizioni intorno alluso di singole particelle latine. E in questa direzione il
450
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dizione linguistica nascente, spontanea, che non ha bisogno di ispirarsi a modelli anteriori, n nel senso della paratassi del Novellino ( 170) n in quello della ipotassi
boccacciana456 .
Ancor pi estraneo a dottrine grammaticali e stilistiche, il Cellini si impose da prima come campione di una
ingenuit scanzonata, non indegna dei trecentisti. In
realt la ingenuit, meglio detta la impulsivit, si sdoppia in due diversi atteggiamenti, dei quali luno lo ferma al di qua delle scelte stilistiche ammesse dalla tradizione, mentre laltro lo porta a scavalcare la rigidit delle strutture sintattiche normali, per entrare apertamente
nel campo della sgrammaticatura del parlato. Un passo
come e quivi gran gentili uomini: ancora ne in Pisa, e ne ho trovato in molti luoghi... mostra semplicit,
anzi povert, di strutture, bene al di qua del periodare
del tempo. Ma il gerundio impiegato come forma principale del verbo per es. il signore non gli rispondendo a
proposito, ma faceva, ecco che va al di l delle strutture
ammesse, rafforza s lefficacia espressiva delle sue intuizioni, ma NON coopera al rafforzarsi di una tradizione,
alla quale invece interesse di tutti assicurare regolarit
e stabilit457 .
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sgg.
457
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Capitolo trentottesimo
La questione della lingua
186. Machiavelli
Colui che conclude vittoriosamente il travagliato processo di formazione di una tradizione di lingua prosastica
italiana Nicol Machiavelli (1469-1527)458 . Il cammino percorso in centocinquantanni a partire dal Boccaccio delineato efficacemente dai due giudizi di Leonardo Salviati (1540-1589), che della prosa del Decamerone
ebbe a parlare come di un tutto candidezza, tutto fiore,
tutto osservanza, tutto splendore, mentre di quella del
Machiavelli esalt la chiarezza, lefficacia e la brevit...
Nella prima a Cesare, nellultima a Tacito da paragonare.
La intrinseca fiorentinit, prima ancor che nei fatti,
appare nelle intenzioni. Anche se fu alieno dal teorizzare secondo gli schemi cari anche a Dante, arriv ad associare alla nozione di fiorentino quella di onorabilit linguistica, mentre quanti miravano a modelli italiani erano
considerati da lui inonestissirni, e quelli che vagheggiavano modelli toscani erano tollerati come meno inonesti. Il suo vocabolario unitario, anche se un certo numero di latinismi sono presenti: grafici come descendere miraculo populo iusto; lessicali come accidente, allegare, cogitazione; semantici come chiamare per
acclamare, impeto per assalto, appetito per tendenza. Compaiono anche dei gallicismi, occasionali o ufficialmente adottati: tali fauta errore, ostello, lingi to458
Chiappelli, Stud sul linguaggio del Machiavelli, 1952;
Nuovi stud sul linguaggio del Machiavelli, Firenze 1969.
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460
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187. Venezia
Al processo di maturazione fiorentina e toscana fa riscontro, sia pure a distanza, un processo analogo nelle Venezie, dove le circostanze politiche hanno dato la
possibilit al sistema linguistico veneziano di diffondersi progressivamente come superstrato fino alle frontiere
alpine e, nelle aree pi vicine, addirittura di confondersi con i parlari originari. La operazione linguistica pi
interessante quella che si compie in questo periodo a
Padova, attraverso il passaggio dal pavano al padovano, intendendosi per questultimo il veneziano inserito a Padova. Simbolo dellantico pavano , ancora nel XVI secolo, Angelo Beolco detto il Ruzzante (ca.
1502-1542). Su questa base genuina, il Ruzzante opera
come autore teatrale per coordinare pi di una tradizione linguistica in una sintesi superiore. Nella sua comedia giovanile La pastorale appare cos il dialetto indigeno
di Padova con le sue finali in - invece di -ATO, come in
acoleg coricato, amal ammalato; con la forte dittongazione non solo in sillaba aperta come in bruolo orto, ma anche in sillaba chiusa come in govierni governi; con la forte palatalizzazione di L davanti a I in cavigi
capelli friegi fratelli. Ma le forme pavane sono inserite in un insieme sociolinguistico, nel quale si contrappongono ad altri livelli sia inferiori sia superiori. Quello
inferiore impersonato dal contadino rozzo, che parla il
bergamasco; il superstrato veneziano compare in forme
come agiuto per aiuto o si scorze per si scorge. Sono presenti latinismi sia lessicali come tuti sicuri, sia
grafici come victo stricto464 .
Cresciuta in senso geografico, la importanza della nascente tradizione di lingua letteraria veneziana ha una
rapida attuazione cancelleresca nelle lettere degli amba464
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rata gradevole, anche se oggi superata ( 236). Da questo avvicinamento si ebbe in questo tempo anche un parallelo teorico. Al principio del secolo Angiolo Colocci (1474-1549) aveva elaborato una teoria circa le origini
del volgare ricondotto, attraverso la Roma della et imperiale, a quattro matrici, la picena la orca tosca la sabina, una interpretazione sintetica, destinata ad essere ripresa, debitamente trasformata, anche in tempi moderni.
Questi mutamenti nel romanesco del Cinquecento,
per quanto ricchi di conseguenze, non furono immediati. In una comedia della fine del secolo, le Stravaganze
damore, di Cristoforo Castelletti rappresentata nel 1585,
il romanesco sopravvive sulla bocca del personaggio pi
umile, una certa Perna467 .
189. Teorie del Bembo
arrivato cos il momento di rispondere consapevolmente non pi alla domanda se si debba preferire o no il
volgare, e nemmeno quale volgare debba essere preferito, ma in qual modo IL volgare debba essere definito.
La prima risposta la si trova nelle Regole della volgar lingua di Gian Francesco Fortunio che sono del 1516. Nonostante la loro sostanziale validit esse furono ben presto oscurate dalle Prose della volgar lingua (1525) di Pietro Bembo, che, nella loro forma dialogata, esercitarono subito una influenza profonda. Affermato il volgare,
questo deve essere secondo il Bembo, toscano. Non basta: questo toscano deve essere anche arcaico, ispirato
ai modelli del Petrarca, del Boccaccio e degli altri trecentisti. Da questi modelli deve essere tenuto staccato Dante, ci che comprensibile se si pensa che Dante, pro467
316
prio perch ebbe ad arricchire il patrimonio lessicale italiano, non fu in caso nel tempo stesso di selezionarlo (
109)468 . Affermava poi il Bembo che ogni parola doveva
essere proporzionata al tono che la materia esigeva parole gravi a materia grande, parole lievi a materia volgare. Gli attributi che potevano essere assegnati a una parola, se elogiata, erano: pura chiara monda bella grata;
se disapprovata: languida densa rinserrata pingue arida
morbida. Quanto alla disposizione nella frase e nel periodo, si trattava sempre di mirare a un effetto di gravit
o di piacevolezza, con un rigore non diverso da quello a
cui ci si sottometteva in poesia.
190. Teorie del Castiglione
Di fronte al Bembo, con minore organicit, ma con valide ragioni, si lev invece la tesi cortigiana, impersonata da Baldassarre Castiglione (1478-1529). Nella visione
del Castiglione, quale appare nel suo Cortegiano (edizioni successive nel 1508, 1519, 1528), la lingua non che
un caso particolare di una visione civica sociale e mondana, che escludeva qualsiasi campanilismo cos geografico
come cronologico, anche a costo di dover diventare discriminatoria e classista. La sua differenza dalle posizioni bembiane non di qualit ma di quantit; di fronte alla selezione araldica secondo il Petrarca, egli si discosta meno dallintegralismo pragmatico dantesco. Non
quindi possibile illustrare un ragionamento ma solo commentare alcuni esempi delle sue diverse aperture, talvolta non approvabili. Non esatto che forme latineggianti come populo onorevole non toscane siano pi decorative delle toscane corrispondenti popolo orrevole.
Viceversa, non si prestano ad obiezioni dal punto di vi468
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Capitolo trentanovesimo
Apogeo e saziet
319
plo. Tentazioni minori, come ALTRU che poteva diventare aitro, O AU antecedente allaccento, che diventava A- in parole di tradizione ininterrotta ( 106), stanno scomparendo: una delle ultime tracce arora aurora.
Dal punto di vista delladeguamento a caratteri propr
di altre regioni, sono invece da ricordare le dittongazioni esagerate di tipi come spiero spero a Venezia, crudiele crudele nellarea emiliana del Boiardo, tieco teco a Bologna. In questo quadro rientrano la attenuazione della metafonesi fuori di Toscana, per es. presso Sabbadino degli Arienti, p. es. genosi ma gi bolognesi;
amorusi ma gi religiosi. da notare anche il disordine nel quale si fissano, mescolandosi, forme lenite e non
lenite, con connessi eccessi di zelo: si ha nel, settentrione
il tipo deliberaDo accanto a deliberaTO e addirittura
daTo per dado.
192. Assestamenti morfologici
Al di fuori della fonetica, ancora alcune asperit rimangono da eliminare. Un primo trapasso di qualche valore
strutturale dato dalla decadenza della cosiddetta Legge di Tobler e Mussafia473 , per la quale si era confermata
nel mondo italiano la natura debole della seconda sillaba, una debolezza di lontana ascendenza indeuropea. In
conseguenza di questa regola, le particelle pronominali
atone dovevano essere collocate nella seconda posizione,
e cio essere enclitiche rispetto alla parola precedente,
pienamente accentata. La costruzione regolare era stata fino a questo momento pregovi, e NON vi prego.
Il rapporto perde ora di rigidit: le forme vi prego cominciano a diffondersi, e ancora oggi sono valide e esclu473
Mussafia, Miscellanea Caix-Canello, Firenze 1884, pp.
255-261.
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sive, al di fuori dello stile telegrafico nel quale la economia di parole fa considerare i tipi originar come preferenziali. Perdurano le forme mi, ti, accentate per es. in
misera mi, mentre noi oggi diciamo misera ME. Larticolo, nonostante la sua lunga storia, mantiene in qualche caso la validit del pronome: la vita di Ges... e LA
di Maria, che noi saremmo oggi obbligati a sostituire con
quella di Maria. Per quel che riguarda il verbo, solo
in questo tempo si raggiunge la regolarit paradigmatica di dissero in confronto alle antiche varianti, fra cui
principale era quella di dissono ( 149). Le forme nominali del verbo avevano un inquadramento pi verbale
del nostro, che invece maggiormente inserito nei rapporti nominali: oggi dovremmo dire restata la femmina contentA mentre allora era ammesso restatO la femmina contenta, oppure gli operai vistOsi in vergogna, dovrebbero definirsi oggi, in forma nominale (quasi si trattasse di complemento predicativo del soggetto), vistisi.
Infine si matura in questo tempo la formula allocutiva attraverso le tre fasi: nella prima, ancora quattrocentesca, i
pronomi quella, essa, lei si riferiscono sempre a una sottintesa vostra signoria, vostra magnificenza; nella seconda si generalizza luso spagnolo di dar del Signore, e
sopravvive solo Ella/Lei, sempre sottintendendo Signoria. Nella terza fase Lei assume figura e valore autonomo, parallelo al Voi e a Vostra signoria. In questa
situazione si conclude il secolo XVI per quanto riguarda
le strutture.
193. La melodia della frase
Per quanto riguarda le funzioni, il chiarimento progressivo delle teorie, lavvicinamento delle grandi aree regionali, facevano prevedere per la seconda met del Cinquecento un periodo di tranquillit pari a quello della lingua
latina, dominata dal modello ciceroniano. E invece, pro-
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prio come la lingua latina nello stesso I secolo a.C. cominci a ingerire i germi delle sue future alterazioni, cos la lingua letteraria italiana chiamata ora ad affrontare due problemi gravi: la sua estensione a campi non
letterari, nei quali luso del latino ancora perdurava, e la
esasperazione dei suoi strumenti e istituti di carattere
periferico, come il ritmo e la melodia474 .
Cominciando da questo secondo punto, il gusto prende nuovi spunti dal Petrarca giovane, che si entusiasmava alla lettura dei classici e apprezzava la dulcedo (dolcezza) e la sonoritas (sonorit) delle parole. Certo, a questa
dolcezza e sonorit non era stato sordo lAriosto, ma, a
cavallo dei secoli XV/XVI; appariva ai suoi occhi ancora
come esigenza primaria da sodisfare, quella di raggiungere lunit della lingua letteraria, che allora era, come si
visto, ancora solcata da regionalismi pi o meno fastidiosi. Solo con Torquato Tasso (1544-1595), uomo del
secondo Cinquecento, il ritmo dellottava pot esercitare
una attrattiva incontrollata, senza interferenze fonetiche
o grammaticali, e la esigenza melodica pot avere libero
il campo. Non vi si abbandon in modo cieco, spesso fu
anzi pi moderato dello stesso suo padre, Bernardo Tasso (1493-1569). Teorizz su schemi simili ai danteschi;
distinguendo lo stile in magnifico mediocre umile; esaltando del primo soprattutto gli aspetti lessicali.
Prese posizione con animo aperto a favore delle parole
straniere, purch tratte da lingue congeniali, come, oltre
il latino, il francese e lo spagnolo. Ammise anche il principio di parole artificiali o finte, fra le quali ricerc, pi
ancora che la chiara derivazione o il significato traslato,
qualit estrinseche, il rimbombo, il sussurro. Non
resistette alle tentazioni della onomatopea ed ebbe cos
a veder criticati i suoi versi perch bassi o cacofonici. Nel rifacimento del suo poema, che fu chiamato la
474
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Gerusalemme conquistata (1593), non raggiunse risultati proporzionati al suo impegno475 : fu bersagliato da duri
attacchi da parte del Salviati476 ( 196). Ma, proprio per
le sue preoccupazioni formali, non necessariamente collegate a teorie, per quello scrupolo chiuso in s rispetto
alle questioni formali, egli cooper, non solo a una tradizione, ma alla esaltazione di una tradizione di lingua
letteraria, che si continua nel pieno Seicento.
194. La lingua della scienza e Galileo
Laltro momento essenziale dato dalla applicazione della lingua letteraria volgare a testi filosofici e scientifici.
Basti qui segnalarne tre tappe. Impersona la prima un
matematico di scarsa dottrina umanistica, Nicol Tartaglia (1499-1557), la cui Nova Scientia del 1537 era stata tradotta in francese. Per quanto la novit di scrivere
in volgare fosse considerata prematura e non molto onorevole, il fatto nudo basta ad assicurargli un posto nella
storia delle istituzioni linguistiche italiane.
Il secondo momento dovuto a Giordano Bruno
(1548-1600), che scrisse in volgare i suoi Dialoghi. Da un
punto di vista storico-linguistico sono anchessi un documento di rilevante significato, proprio per lo sforzo che
mostrano, la imprecisione terminologica e i contrasti di
tono, ora letterario, ora dimesso, ora francamente volgare.
Di fronte alle difficolt e al tormento di questi pionieri, ecco che si leva invece con una grandiosit, maturit e perfezione, degna del Boccaccio, la tradizione
della lingua scientifica, impersonata da Galileo Galilei
475
sgg.
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(1564-1642): placata, solida, matura, definitiva. La sintesi che Galileo opera, di alto livello. Il parlato dei suoi
dialoghi viene disciplinato, reso atto a formulare precetti scientifici. Il discorso diretto e lindiretto si alternano, non gi come strumenti di variet esteriore, ma con
la simmetria dei cristalli. La trasfigurazione operata da
Galileo tale, che non si pu parlare, presso di lui, di
una tradizione di lingua speciale per la scienza, ma solo
di una lingua letteraria, cos agile da potersi piegare alle
esigenze della scienza, senza snaturarsi. La sua bravura
sta poi nel vocabolario, soprattutto nel tecnificare parole normali, come oggi avviene con tanta naturalezza nella
lingua inglese: tale luso di candore come luce lunare,
tale momento nel senso della fisica, tali le macchie solari, tale luso sostantivale di pendolo. Questo non gli imped di creare, quando occorrevano, parole nuove come
apogeo, parallasse. La sua influenza appare tanto pi potente e decisiva in quanto si somma in lui la persona che
condusse a perfezione la lingua scientifica italiana e, nel
tempo stesso, colui che, per la prima volta, da cinquantenne, impieg litaliano col discorso Intorno alle cose
che stanno in su lacqua (1612). Non fu nemmeno sordo alle prese di posizione teoriche in questioni di lingua.
La sua poetica fu quella della concisione, lontanissima, ad esempio, dalla sensibilit e dalle realizzazioni di
Torquato Tasso.
195. Secentismi
Impulsi e impeti, di cui aveva dato testimonianza il Tasso, si continuarono a cavallo dei secoli XVI/XVII, in
forme ancora pi estreme. Le ottave di G. B. Marino (1569-1625) associano alla ricerca della melodia tutto
quello che pu eccitare la fantasia: gli estremismi etimologici il fiume Dora associato alloro le metafore in
serie, le interrogazioni retoriche, le esclamazioni allinea-
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Capitolo quarantesimo
Verso un nuovo bilinguismo
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peculiari alla lingua francese, da qualsiasi raccolta di materiale dei secoli anteriori al XVII. Il primo periodo di
attivit della Accademia della Crusca si chiude con la IV
edizione, pubblicata in sei volumi a Firenze fra il 1729 e
il 1738479 .
197. LArcadia e il Metastasio
La tensione ornamentale ed enfatica, che si era manifestata durante tutto il secolo XVII, doveva portare a una
reazione. Questa si manifesta in due tempi. Nel primo,
si tratta soprattutto di una questione di imagini e di gusti, che non incide direttamente sulle strutture della lingua letteraria italiana. Questo mutamento si identifica
con la fondazione della Accademia dellArcadia (1690).
Ne fu promotore G. V. Gravina (1664-1718), con lo scopo di opporre al gusto del meraviglioso e del monumentale le imagini campagnole, gli affetti misurati e gentili.
Nata come una formula, fin per determinare un manierismo opposto, ma sostanzialmente non diverso da quello imposto dal Barocco secentesco. Tuttavia un aspetto
particolare di questo primo Settecento dato dalla fedelt al ritmo nel campo della lingua poetica. Pietro Metastasio (1698-1782) continuatore del Seicento con la sua
propensione verso gli schemi del Tasso piuttosto che per
quelli dellAriosto, del Marino piuttosto che dei lirici del
Cinquecento. Ma il campione di una tradizione, resa
nuova attraverso la lingua poetica specializzata nel melodramma, gravitante su un vocabolario elementare e una
soggezione al ritmo estesa anche allimpiego delle interiezioni: Ah, che n mal verace n vero ben si d
prendano qualit da nostri affetti.
479
327
328
329
guaggio dItalia uno sbocco nuovo e quasi fatale, quello del francesismo. Gli procur questo pi tardi la qualifica di uno tra primi corruttori della lingua481 . Ma
non si trattava di un capriccio. Chiuso da poco il dialogo
col latino, trattenute le velleit particolaristiche di centri
dialettali, esaurite col Seicento le possibilit melodiche
e ornamentali, scivolata la protesta dellArcadia nel manierismo, ecco che una nuova linfa, arricchitrice e rinnovatrice, si manifestava attraverso il francesismo, in modo
nuovo ma non dissimile da quello, che era stato rappresentato dal latino ai tempi di Dante. I focolai principali,
da cui il francesismo irradia sono il Piemonte e Parma482 .
Fin dal 1625 era apparsa la prima grammatica francese
a cura di Pietro Duranti: nel Settecento si moltiplicarono. 15 edizioni della Iphignie di Racine compaiono fra
il 1708 e il 1799.
Parole francesi misero radici nella nostra tradizione
linguistica a cominciare dal campo dellabbigliamento
e della moda con esempi estremi quali disabigli, bon, domin, falbal, fisci, ghette, mant, surt soprabito, flanella, frisatura; nella cucina: bign, fricand, vag, sciampagna, cotolette, fricassea; nellarredamento: bur, bid, cabar, rid, trum; nellindustria: calotta, cerniera, ghisa, zinco; nella navigazione: manovra, scialuppa,
andare alla deriva; nella vita sociale: abbordare, cochetta,
madamosella, condiscendenza, allarmare, finezza, imparzialit, irritabilit, vanitoso; nella milizia: ingaggio, mitraglia, baionetta, tappa, rango, picchetto, massacro, montura. Si deve insistere sui tanti che non hanno trovato un
collocamento definitivo in italiano: tali partaggio divisione, visaggio viso, portreto ritratto, brodosa ricamatrice, paressoso pigro, regrettare rimpiangere,
polito cortese, volare rubare, lutta lotta, manteni481
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PARTE QUINTA
LItalia unita: dal 1850 in poi
Capitolo quarantunesimo
La ipercritica
201. Selezioni
Esautorandosi e languendo i dibattiti teorici, il vasto
mondo delle esperienze linguistiche non si placa; neanche affondando nella indifferenza. Altri criteri di confronto discriminazione e svalutazione prendono piede.
Non pi secondo il criterio unidimensionale delladeguamento rispetto allo spazio geografico toscano o a quello
temporale della fiorentinit arcaica, ma secondo quello
dello spessore sociale: le parole si analizzano e si preferiscono, sezionandole e collocandole volta a volta verso
lalto o verso il basso.
Cos Scipione Maffei (1675-1755) classifica le parole, in modo non importa se uguale o diverso dalla nostra sensibilit attuale; esclude ad esempio dalla lingua
poetica parole come appetito, confutare congratularsi, dimenticanza, magnificenza, misericordia, operare, tribolato. Cos secondo Eustachio Manfredi (1674-1731), a livello di poesia diligenza va sostituita con cura; divertimento, con piacere; salario, con mercede; disgrazia,
con sventura; collera, con disdegno; soddisfatto, con
pago.
333
202. Resistenze
Nemmeno le posizioni negatrici ebbero un successo incontrastato come gi era avvenuto nel Seicento, in senso opposto con la tendenza esasperata verso la melodia e
lornamentalit.
Una presa di posizione non motivata, e forse inconsapevole, appare nel periodare di un vivace saggista, Gaspare Gozzi (1713-1786) con i ritratti dellOsservatore Veneto, nei quali appare un vero campionario di un
periodare snello, breve, in qualche armonia col periodare francese, utile in fondo per neutralizzare in senso non
reazionario le conseguenze del pessimismo e della disgregazione linguistica test illustrata488 . Sul piano costruttivo, un indirizzo di qualche interesse fu propugnato da un
altro saggista, animato da forte spirito polemico, Giuseppe Baretti (1719-1789). La via intermedia, che propose
fra il nichilismo del gruppo del Caff ( 203) e il letteralismo delle tradizioni della Crusca, consiste in questo,
che egli riconosce la validit di un modello consacrato
dalla storia: contro la banalit di uno scrittore contemporaneo come leconomista Antonio Genovesi ( 199),
egli invita a guardare nel passato. Questo passato non
per quello dei trecentisti ma quello, sempre toscano
e fiorentino, del Cellini semplice, chiaro, veloce e animatissimo, meritevole di imitazione. Nel contempo egli
definiva rigorosamente questo quadro ideale, escludendo da una parte la autorit di un modello come quello
troppo aulico del Boccaccio, definito nella Frusta letteraria del 1763 rovina della lingua dItalia. Eliminava per anche da ogni velleit normatrice o imitatrice il
fiorentino contemporaneo, definito linguarella... pidocchiosa. Non risparmi il Vocabolario della Crusca, pieno di stomachevoli vocaboli e modi di dire, parte tratti
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nerazione del Metastasio, simboleggi un totale capovolgimento di interessi, rispetto al mondo fatuo ed esteriore
del secolo. Da questa diversa visione della vita il linguaggio dItalia doveva, per quanto riguarda la lingua della
poesia, risentire contraccolpi profondi. La tradizionale
ricerca di ritmi sempre pi eccitanti e scanditi fu la prima
vittima. Il Parini prefer lode alla canzonetta dal punto
di vista della metrica, e lendecasillabo sciolto alla rima.
Non ader ai modelli centrifughi o lassistici, ma, orazianamente, ebbe sempre il culto della misura, sent lontani da s i modelli danteschi, che alle volte gli apparvero
capricciosi o grotteschi. Indulse eventualmente a qualche latinismo sintattico, per esempio per quanto riguardava lordine delle parole. Non ebbe velleit riformatrici in materia lessicale o grammaticale, come laveva avuta nei ritmi. Ma ebbe abbastanza autorit per diventare capostipite della tradizione moderna dellendecasillabo sciolto, continuato nobilmente nella linea rappresentata dallAlfieri, dal Foscolo, dal Monti: ribelle e angoloso presso il primo, austero e maturo presso il secondo,
sonoro, talvolta melodrammatico presso lultimo.
205. Soppressione dellAccademia della Crusca
I problemi delle strutture e del loro coordinamento sono messi in crisi. Tuttavia le incertezze particolari diminuiscono in continuazione. Esse si riducono a incertezze grafiche nel senso di alternanze fra consonanti semplici e doppie in parole di tradizione interrotta come:
a(b)bate, uf(f)izio, rob(b)a; o di introduzione della consonante doppia in seguito a una diversa analisi della parola,
tali: immagine, innalzare. Nelluso dellarticolo compare
ancora IL davanti a Z493 . Nel pronome impiegato come
493
337
338
Capitolo quarantaduesimo
Lingua e nazione
339
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341
nutivi; la compattezza monolitica, che impediva una distinzione fra lingua della poesia e lingua della prosa; infine la monotonia dei suoi ritmi. Il meccanismo di questo dibattito si riduce perci a questi tre tempi. Nel primo si constata la impossibilit di un confronto fra le due
lingue, perch il diverso sviluppo storico non lo consente. Nel secondo si introducono criteri di giudizi funzionali. Nel terzo si associa la unit linguistica a valori non
pi quantitativi ma qualitativi, e cio da sistema linguistico a comunit nazionale. In questa prospettiva, le sottigliezze e le proclamazioni di fede fiorentina, pi ancora che inattuali, dovettero, almeno per un certo periodo,
apparire come futili.
Chi senti fra gli scrittori questo problema fu in Italia Vittorio Alfieri (1749-1803) che, nel sonetto Lidioma gentile, scritto in occasione della soppressione della Accademia della Crusca (1783), o nella rigida affermazione che tutta la lingua sta in Dante e Petrarca non
fu un precursore di quellesclusivismo bruto che fu detto purismo (v. 211), ma espresse invece un punto di
vista orgogliosamente nazionale: per questo pot affermare, nel quadro di questo sentimento, che si richiede
pi grandezza danimo a osservare che a disprezzare le
inezie grammaticali498 . Dal punto di vista dello studioso
di lingue, sono per pi significanti le prese di posizione
dei letterati non militanti: tale il piemontese Gianfrancesco Galeani-Napione (1748-1830), che scrisse dellUso
e dei pregi della lingua italiana (1791), e cerc di passare allazione, suggerendo di convogliare i francesismi in
quei settori semantici che pi gli si confacevano, come
quelli della toeletta, della cucina e degli ornamenti. Essi costituivano infatti ai suoi occhi qualcosa di simile, per
498
342
la loro indispensabilit e eccezionalit, ai casi straordinari in cui la Chiesa permette anche di rubare499 .
208. Filosofia delle lingue
La interpretazione nazionale delle istituzioni linguistiche
si salda naturalmente col problema della interpretazione
dei fatti linguistici nel loro insieme. proprio la esistenza di prese di posizione generali in questo quadro, che
d, alle interpretazioni particolari, seriet e attualit. Lopera che, ancor prima di quella del Napione, apre la strada a questi dibattiti il Saggio sulla lingua italiana500 pubblicato nel 1785 da Melchiorre Cesarotti (1730-1808), ripubblicato poi nel 1800 con il nuovo titolo di Saggio sulla filosofia delle lingue *. Alcune delle sue affermazioni
sono, nei limiti delle cose umane, definitive: Niuna lingua originariamente non n elegante n barbara niuna lingua pura niuna lingua fu mai formata sopra un
piano precedente niuna lingua perfetta niuna lingua inalterabile niuna lingua parlata uniformemente nella regione.
Cos pure, la lingua scritta dee avere per base luso,
per consigliere lesempio, per direttiva la ragione. La
giurisdizione sopra la lingua scritta appartiene indivisa a
tre facolt riunite, la filosofia, la erudizione e il gusto.
Non finito. La differenza riconosciuta fra vocaboli
memorativi e rappresentativi colpisce con esattezza
la differenza riconosciuta oggi tra azione evocativa e
azione rappresentativa delle istituzioni linguistiche501 .
La congenita inadeguatezza dei sistemi linguistici deProfilo, cit., p. 113.
Profilo, cit., p. 115.
501
Devoto, Linguistics and Literary Criticism, New York
1963, pp. 77-102.
499
500
343
finita con la frase per ci quandanche volesse fingersi che si fossero gi scoperti e denominati tutti gli oggetti possibili, la lingua agli uomini... riuscirebbe ancor povera: ci che non le impedisce di apparire talvolta sovrabbondante di forme. I rapporti fra morfologia e sintassi sono riconosciuti, attraverso la distinzione fra materia e forma della sintassi intesa in senso generale.
adombrata anche la distinzione fra tempo semantico
e tempo sintattico502 . Contro la tendenza a ramificarsi che la linguistica ottocentesca avrebbe esasperato, os
affermare che le lingue erano destinate ad avvicinarsi fra
di loro.
Nei particolari, difese neologismi come incompassione, disragione, infugare, rimbaldire, rischievole, sceleranza503 . Critic viceversa la medicina ammorbata da un
grecismo perpetuo, come nel caso di sintonia per accidente, narcotico sonnifero, diatesi disposizione.
Difese per analogia elettrizzare visto che esiste elettricit, magnetico di fronte a magnetismo.
Ma nel pieno del periodo che aveva esautorato tutti
gli sforzi normativi in fatto di lingua, ecco che propone
la fondazione di un responsabile Consiglio nazionale
della lingua, e cio un equivalente della squalificata
Accademia della Crusca.
209. Let napoleonica
Indipendentemente dalle teorie, let napoleonica rappresent uno scossone anche linguistico. Non fosse che
per la adozione del codice Napoleone, si present unoccasione pi organica di quante non se ne fossero speri502
sgg.
503
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Capitolo quarantatreesimo
Dal purismo al manzonianesimo
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mondo del dialetto, senza confronti con realizzazioni letterarie italiane e straniere; e supera quella siciliana perch mostra il dialetto molto pi impervio rispetto ai processi di annacquamento. Piccolo impiegato, privo di inibizioni, non aveva spinte per guardare al di fuori del suo
mondo verso le leziosit degli aristocratici o il prestigio
dei francesizzanti. Vita, personaggi, lingua, sono un tutto inscindibile attraverso il quale la delimitazione geografica del dialetto e quella sociale dei personaggi costituiscono una unit storico-culturale chiusa in s.
213. La lingua poetica del Manzoni
Ma questa genuinit e integralit di documentazione, invece di rimanere nel quadro quasi folcloristico, di tutte le
documentazioni esclusivamente dialettali, ecco che viene
integrata e prende, per contrasto, rilievo, non attraverso
la collettivit milanese ma attraverso un singolo cittadino
milanese, colui che ha vissuto una esperienza linguistica
cos profonda e ricca, da arrivare a formulare se non una
dottrina, una direttiva, organica, completa, aderente
alle esigenze del tempo.
Questo milanese illustre fu Alessandro Manzoni (17851873). Per quanto appartenesse agli strati superiori della societ, le sue prime esperienze linguistiche si aprirono al di fuori del suo ceto, inteso in senso stretto: furono
la milanese e la francese. Da questa primordiale estraneit, discese una esperienza fondamentale, non solo per
quel che riguarda i problemi italiani. Come un fiore di
serra, si svilupp presso di lui il sentimento per la lingua
poetica, e questa si realizz ad alto livello negli Inni sacri,
nel Cinque maggio, nelle tragedie. In tutto questo fu
tradizionalista: nelle scelte lessicali, nei ritmi fortemente
scanditi, proporzionati agli argomenti epici.
Ma il periodo tradizionalista si conclude per il Manzoni prima del 1825. Il problema della prosa gli si presen-
350
t come a uomo, prima ancora che a romanziere; a utente di lingua, prima che a creatore. Se, in quanto uomo,
si sarebbe potuto anche accontentare di essere lultimo
rappresentante del bilinguismo settecentesco, in quanto
scrittore, per vocazione ambizione e seriet di convincimenti, doveva perseguire ideali e nuovi e consapevoli.
Non potendo elaborare gli strumenti di cui disponeva, il
milanese e il francese, ecco che dovette prendere in considerazione e sottoporre a critica quanto la lingua letteraria corrente gli offriva di artificioso o addirittura di estraneo. Riflett, e la nuova dottrina non nacque nella sua
mente come un tutto organico, ma a poco a poco, attraverso pi di una fase: prima quella di una generica lingua sopradialettale, arieggiante la visione dantesca, poi
quella di una lingua genericamente toscana; infine quella
di una visione fiorentina rigorosa: non pi nel senso dei
puristi, imbalsamati nella contemplazione di una fiorentinit arcaica, ma in quella integrale, palpitante, immersa
nei modelli vivi del suo tempo.
214. Idee manzoniane sulla prosa
Allet di quarantanni, la posizione del Manzoni appare gi costruttiva, anche se ancora lontana dal suo assestamento finale. In una lettera del 1825 a Luigi Rossari,
egli parla di quella lingua toscano-milanese che, a suo
dire, entrambi vagheggiavano da tempo. Nella realt del
Fermo e Lucia, composto fra il 1821 e, il 1823507 , mai
pubblicato dal Manzoni, egli aveva mostrato un traguardo gi raggiunto, per quanto riguarda la struttura del periodo. Ma il quadro era paragonabile a un campo di concentramento, per quello che riguardava le scelte lessicali: tenere il libro socchiuso nella destra mno arriva507
Vedi ledizione Chiari-Ghisalberti, vol. II, tomo III, Milano 1954.
351
re a una rivolta della strada, proprio nelle prime pagine del libro, sono richiami vistosi per prepararci a un seguito incessante di volgarismi dialettismi e banalit lessicali, luno pi infelice dellaltro; tutti, destinati a essere
spazzati via dal lavoro minuto, inesorabile, della revisione successiva. La prima edizione autorizzata dei Promessi Sposi (1827) non si distacca gran che da questo stato
di cose. Ma gi due anni dopo, in due lettere del febbraio e aprile 1829508 , si annuncia la crisi decisiva, e questa
si supera col famoso soggiorno a Firenze. Che il vocabolario manzoniano abbia subito una rigenerazione radicale, appare ad apertura di pagina nella edizione definitiva del 1840. Ma questo rinnovamento fiorentino non
una traduzione lessicale o fonetica in unit linguistiche
fiorentine: un rifacimento secondo un gusto e una sensibilit fiorentina, fatto di concretezza, acutezza, umorismo. Appunto per questo, a centotrenta anni di distanza, la lingua letteraria manzoniana non risente affatto di
un colorito locale, che la farebbe considerare, non tanto respinta nel passato, quanto provinciale, fuori moda,
estranea.
Dai sessanta agli ottanta anni, il Manzoni continu la
sua battaglia, di utente di lingua: da una lettera a G.
Carena per un vocabolario metodico della lingua italiana (1845) alla relazione della commissione incaricata di
proporre i mezzi migliori per diffondere la buona lingua
e la buona pronuncia (1868). Nessun autore n scrittore
n grammatico, nemmeno Dante, centr il problema del
linguaggio dItalia come Alessandro Manzoni.
508
Reynolds, The linguistic writings of Alessandro Manzoni,
Cambridge Gr. Bret., 1950, pp. 44 sgg.
352
353
descritta come in una fotografia. La descrizione costrittrice si sviluppa con somma cura, ma le singole montagne acque e abitazioni sono presentate in un quadro di
insieme dai valori relativi, non assoluti; privi della necessit di confrontarsi con una carta topografica o trasferirsi sul piano del racconto degli abitanti dei luoghi: il loro valore relativo (e insieme universale), non assoluto
(e insieme particolare).
354
Capitolo quarantaquattresimo
La visione manzoniana e lunit politica
355
(1829-1907)510 . La occasione gli fu offerta nel 1872 dalla presentazione della sua rivista, destinata a diventare
famosa, lArchivio glottologico italiano. Nella introduzione o Proemio al primo volume egli riconosceva
il problema anzi linconveniente della mancanza della
unit di lingua fra gli italiani. Ma affermava che questa
non era dovuta al caso o a un capriccio, ma aveva giustificazioni storiche, che non potevano essere corrette da
un giorno allaltro, con mezzi artificiali: le cause erano
infatti nel sapere concentrato nei pochi e nelle esigenze
schifiltose del delicato e instabile e irrequieto sentimento
della forma511 . Il rimedio non poteva essere immediato.
Stava nel rinnovare e allargare la attivit mentale della nazione non nel creare una nuova preoccupazione
della forma..
217. Problema storico-politico
Il ragionamento dellAscoli era corretto. Confrontando
le vicende della fissazione delle lingue letterarie francese
o inglese, facile riconoscere che, essendo state diffuse
per opera delle cancellerie dei re come lingue della amministrazione, hanno avuto una diffusione e una accettazione precoce e per cos dire democratica. La vicenda italiana lopposto. La fissazione della lingua letteraria, precocissima sul piano letterario, non discesa negli
strati inferiori, perch non ne ha avuto loccasione o la
necessit. La lingua letteraria italiana, fino alla met del
secolo XIX512 , non stata la lingua di una nazione, ma
510
sgg.
511
690.
512
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128.
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che, stranamente figurate, ricercate nella ineleganza, ridevoli a chi ne conosce lorigine522 .
522
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Capitolo quarantacinquesimo
Conseguenze dellunit politica
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cedette, cercando nei ritmi classici qualcosa che potesse mettere a frutto nuove, applicazioni nella lingua poetica contemporanea. Non si limit perci a trattenere
gli eccessi melodici tradizionali, ma costru ritmi nuovi,
con le cosiddette Odi barbare, cominciate con lode dedicata allAdda (1873) e culminate nelle Fonti del Clitunno. La idea conduttrice del Carducci consisteva nel
perseguire schemi metrici classici, identificando i tempi
forti del verso classico con gli accenti di parola italiani,
sia pure rinunciando alla distinzione delle quantit vocaliche: ricostru esametri o odi saffiche e alcaiche, e altri
schemi ancora. Naturalmente, occorrevano mani esperte, per arrivare a un risultato che fosse sintesi e non giustapposizione o contaminazione. Se non si pu dire che
si sia stabilita in conseguenza una continuit durevole, i
modelli carducciani nella storia della lingua poetica italiana rappresentano una aggiunta e una svolta, superiore,
anche se non pi duratura, rispetto a quella stessa operata da Dante523 .
223. Musicalit
Il periodo doro della tradizione carducciana come autorit e prestigio di modelli stilistici comprende per solo il quindicennio 1875-90. Alla impronta epica viene, a
un certo momento, a contrapporsi limpronta melodica e
lirica, impersonata, ancor prima degli anni Novanta, da
Gabriele DAnnunzio (1863-1938). Da un punto di vista
formale, la principale differenza sta nel fatto che, mentre presso il Carducci la lingua della prosa obiettivamente qualcosa di intrinsecamente diverso da quella della poesia, presso il DAnnunzio, la ispirazione musicale
domina ugualmente le due tradizioni, fa s che i due fi523
364
365
contesto unitario fra le realizzazioni linguistiche e le vicende di una societ, interpretata e sollecitata da una visione estetizzante. Ma, a differenza del Carducci, e ancor
pi del Manzoni, gli schemi stilistici da lui impersonati, appassirono presto. Alla fine della grande guerra egli
si chiuse cinquantacinquenne, col Notturno in schemi elementari, idillici, contrari alla sua sensibilit effettiva. Il nuovo corso gli assicur plauso da parte dei critici,
intonati a un gusto lontano dalle ornamentalit tradizionali, ma chiuse la sua significanza storico-linguistica, con
un ventennio di anticipo sul suo ciclo mortale525 .
224. La prosa comune
La prosa borghese, che si accompagna a queste vicende
non ha bisogno di analisi approfondite. Allingrosso i filoni da seguire sono due, dei quali il pi antico e togato legato alla dignit carducciana. Come rappresentanti estremi di questa corrente possono esser considerati
agli inizi un coetaneo del Carducci, il filosofo Francesco
Acri (1836-1913), che volse il suo sentimento di dignit linguistica verso una sintassi immacolata, una contemplazione estatica dei grandi modelli trecenteschi, quasi
per adeguarsi alla dignit dei personaggi dei dialoghi di
Platone, da lui tradotti. Allestremo opposto, di stretta
discendenza carducciana, uno dei suoi ultimi discepoli,
Manara Valgimigli (1876-1965) cos nei saggi come nelle
sue traduzioni, si mantenne in una linea di classicit esaltata e armoniosa, purificata e acquetata dal temperamento meno combattivo di quello del maestro, pi aperto a
popolarismi conviviali, moderno nel senso migliore della
parola.
525
366
Laltro filone, non tradizionale, alieno da ogni retorica, ispirato a periodi semplici a un rispetto intrinseco per
le tradizioni linguistiche non legate a un capostipite, inclini al purismo, si realizza in tre autori che sono i pi significativi per delineare la prosa intermedia, aliena dalle stranezze e dalle novit, eppure genuina, nella aderenza delle parole cos alle cose come ai sentimenti. I tre
tempi sono rappresentati successivamente da Edmondo
De Amicis (1846-1908), divenuto famoso attraverso un
suo libro per ragazzi intitolato Cuore (a torto svalutato in
tempi pi vicini a noi), fondamentale per la struttura elementare paratattica del suo periodare. Nel campo teorico, polemizz in fatto di purismo e a questo culto romantico dedic un libretto apposito ben noto, lIdioma gentile (1905). Il secondo tempo rappresentato da Alfredo
Panzini (1863-1939), che fu campione fino alla Grande
guerra di un periodare ingenuo e attonito, e mostr interessi lessicali, raccogliendo per primo i neologismi italiani, sottomettendoli a critica pi o meno spiritosa nel Dizionario Moderno e diventando infine altro alfiere, anche
se meno autorevole del De Amicis, del purismo. Infine,
terzo fu Ugo Ojetti (1871-1946), venuto dal giornalismo
e non dalla letteratura e, appunto per questo, pi lontano dal manierismo, e nel tempo stesso pi sorvegliato nel
discutere di fatti linguistici, al di l delle generiche professioni di fede puristica e delle puntate terroristiche e
degli anatemi che di solito vi si accompagnano.
225. La prosa burocratica
Al di sotto di questa prosa letteraria, sia pure non legata ad ambizioni, lunit dItalia propose il problema della lingua dellamministrazione, la quale ha la sua realizzazione pi importante nei testi delle leggi.
Le polemiche contro i difetti della lingua giuridica italiana preesistevano allunit e, non diversamente dalla
367
lingua letteraria, consistevano nella critica alle imprecisioni, ai neologismi e ai forestierismi. Di questo T. De
Mauro526 ha dato un sommario di notevole interesse.
Pi che i dati di fatto interessano qui i simboli, quali poterono essere, ad esempio, i lavori di Gaetano
Valeriani527 . Le cause di queste difficolt specifiche per
una lingua della amministrazione sono pi evidenti nel
linguaggio giuridico perch, dal punto di vista del magistrato, deve tenere il massimo conto della precisione
e diciamo del tecnicismo e della formalizzabilit, ma da
quello dellavvocato, dellarte suasoria, che culmina nellarringa penale davanti ai giurati, fatta di commozione,
di genericit, di popolarit.
Del patos che accompagn questi dibattiti sono esempi efficaci nel libro citato (alla nota 5) del Valeriani; p. es.
a p. 10: Come sar mai possibile che si possa per noi
adempiere a quelle leggi che voi cimponete, se... non le
scrivete in italiano...? Scrivetele almeno in arabo, in sanscrito... con una lingua qualunque ma esistente.... A
p. 21 sotto CONTABILE: Come potremo noi osservare ed obbedire alle vostre leggi se le non si intendono?
perch contabile, secondo lautore, significa che pu essere contato. Questo zelo non impedisce allautore di
scrivere (a p. 27) che non si pu negligentare lortografia, n che, a proposito di una parola definita bassa, si commetta cosa indegna del Codice di una nazione
in pronunziandola ancora (p. 36).
Storia linguistica dellItalia unita, Bari 1963, pp. 424-435.
Valeriani, La lingua dei nostri legislatori ossia Dizionario
degli errori di lingua intrusi nel codice penale del Regno dItalia,
Napoli 1867.
526
527
368
Capitolo quarantaseiesimo
Prime evasioni
226. Sentimentali
Il sistema linguistico nel quale ha preso forma il linguaggio dItalia nel passaggio dal XIX al XX secolo, ha mostrato dunque due aspetti importanti: una certa elasticit, che ha permesso di attuare procedimenti di costrizione, e una solidit sufficiente per sopportare procedimenti di sopraelevazione delledificio linguistico, o addirittura di evasione. La esigenza espressiva degli uomini
difatti cosa viva, ed quindi normale che possa trovarsi
in conflitto col sistema. Per lungo tempo gli uomini non
si sono resi conto di questa esigenza, e hanno accettato,
con maggiore o minore disciplina, i canoni delle poetiche, cos nel campo delle lingue letterarie come nelle arti figurative o nella musica. Tutto questo ha cominciato
a esser messo in discussione un secolo fa528 .
In fatto di lingua, linsieme di questi impulsi si raggruppano sotto il titolo comune di fatti di evasione.
Un primo procedimento di evasione consiste nelluscire dallambito geografico normale della lingua letteraria, scavalcare gli elementi simbolici che la hanno fissata e stabilire un collegamento pi diretto con le imagini.
Questo si verifica attraverso limpiego della onomatopea,
tutte le volte che si tratti di imagini acustiche, suscettibili di essere tradotte in parole. Levasione in questi casi dominante, non solo perch si tratta di uscire dalla lingua letteraria normale, ma in fondo da OGNI lingua letteraria, di affermare un ideale di totale liberazione dalle
528
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371
pre pi alle tentazioni ambiziose di esprimere valori diversi da quelli strettamente locali. Il confronto fra la percentuale di italianismi presso poeti romaneschi come il
Belli, o il Salustri (Trilussa) porta a constatare che le parole foneticamente identiche alle italiane corrispondenti
sono il 60% presso il Belli ma il 71% presso Trilussa, le
parole prettamente vernacole sono il 4% presso il Belli,
l1% presso Trilussa, le parole parzialmente discordanti
sul piano fonologico sono il 36% presso il Belli, il 28%
presso Trilussa532 .
228. Esuberanti
I piani del racconto533 , quali si dispongono nelle strutture
tradizionali della lingua italiana, consentono di allineare:
a) un seguito di esperienze personali e memorie, segnalati dal pronome personale di 1 persona (IO, NOI), e
quindi di contenuto prevalentemente lirico; b) un dialogo fra due o pi interlocutori, segnalato dal pronome di
2 persona (TU, VOI), e quindi di contenuto drammatico; c) un seguito di eventi compiuti o subiti da estranei,
segnalati attraverso un soggetto di 3 persona, e quindi
di contenuto sostanzialmente narrativo, o epico.
Il Fogazzaro del Piccolo mondo moderno (1900 sgg.)
affrontando temi delicati di consapevolezza religiosa, si
trovato coinvolto in situazioni, nelle quali il rapporto
tradizionale fra il narratore e le cose narrate non bastava pi. La figura del narratore vi si intreccia con quella
dei personaggi, e il testo che ne deriva mostra incertezze e sbandamenti, una lingua letteraria dimessa, inculta.
Questa disarmonia, questi balbettii sono paragonabili al532
137.
533
Vedi Devoto, Linguistics and literary Criticism, New York
1963, pp. 63 sgg.
372
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229. Povere
Levasione pu anche essere non voluta, determinata da
un preesistente insufficiente ambientamento dellautore
nel seno delle istituzioni linguistiche del suo tempo, una
testimonianza di povert. Tale il caso di Italo Svevo
(1861-1927), scrittore triestino, dominato, non diversamente dal Manzoni della giovinezza, dal binomio dialetto locale lingua straniera pi vicina, in questo caso il tedesco. Il suo valore documentario sta perci non tanto in schemi congeniali o preferiti, quanto in difetti di
esperienza, debolezze, sordit. A differenza del Manzoni, non ebbe velleit n occasioni per dibattere il problema, e tanto meno per risolverlo, con criteri normativi. Fu un pioniere, in quanto trasfer difficolt essenziali dalla lingua comune a quella letteraria, ma non propose n impose soluzioni, e tanto meno instaur una tradizione. Per ragioni di contenuto, investi invece i problemi dei piani del racconto, con la differenza per che alla
alternativa del narrato e del dialogato, propria del Verga, sostitu la alternativa fra il narrato e il ricordato, fra
la 3 e la 1 persona, con un avvicinamento epico-lirico
che non ebbe in Italia altri confronti. Delle sue difficolt
ebbe coscienza, ma ne trasse conseguenze solo di ordine
negativo, accettando di ripubblicare una edizione riveduta del suo romanzo Senilit, nel quale le correzioni per non rispecchiano n una affermazione della sensibilit
dellautore in via di svolgimento n una visione organica
altrui.
230. Futuriste
Si arriva cos alla sola vera organica evasione, quella impersonata dai futuristi e dal loro capo riconosciuto, Filippo Tomaso Marinetti (1872-1944). Essa si identifi-
374
ca in una lotta contro tutte le strutture giudicate superflue e sopraffattrici, condotta cos sul piano tecnico, come su quello emotivo. Il movimento non soltanto italiano n soltanto linguistico, perch coinvolge ambienti internazionali, specialmente francesi. Il manifesto dei
futuristi stato pubblicato nel giornale parigino le Figaro il 20 febbraio 1909. N fu limitato alle convenzioni linguistiche, perch invest anche quelle figurative
e musicali. La rivista fiorentina Lacerba fu per breve tempo il suo organo. I comizi arieggiavano i modelli delle contestazioni moderne, con la differenza che avevano sempre qualche cosa di monellesco e di sorridente, a differenza degli spettacoli truci e barbuti di oggi.
E poich la classicit tradizionale della societ italiana
era lo specchio di un tradizionalismo sociale, ecco che
la propugnata rivoluzione linguistica era un caso particolare, nel quadro di una sia pure velleitaria rivoluzione politico-sociale, non soltanto contro la borghesia, ma
anche contro le organizzazioni del proletariato. La lotta per la liberazione propugnava la distruzione delle armonie tradizionali nella musica, in favore dei rumori; di
quanto fosse raffigurazione e imitazione della natura nella pittura; in favore di contrapposizioni di forme geometriche e di colori, prive di qualsiasi carattere formale;
contro tutti i segnali grammaticali superflui, e per la generalizzazione di strutture telegrafiche, per esempio contro la punteggiatura, le parole accessorie; contro le desinenze eccessivamente specializzate. Per usare immagini del tempo lirruenza del vapore-emozione far saltare il tubo del periodo, le valvole della punteggiatura e
i bulloni della aggettivazione535 o anche: bisogna distruggere la sintassi, disponendo i sostantivi a caso come
535
375
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Capitolo quarantasettesimo
Dalle evasioni alla classicit
231. Ermetisti
Un secondo spunto per evasioni, tutto diverso, doveva
farsi sentire non appena il dialogo, anzich nei riguardi della societ immobilistica dellultimo Ottocento, si
dovette svolgere, trovando difficolt, in quella totalitaria del ventennio 1925-1945. Di fronte al dannunzianesimo che aveva cercato la melodia, lermetismo, quale si
manifest soprattutto nella cerchia della rivista fiorentina Letteratura (1937 sgg.), ricerc, coltiv ideali amelodici. A differenza del clamore dei futuristi, favori le
pause, i silenzi, ad esempio quelli di Giuseppe Ungaretti
(1888-1970), le parole tenui, i periodi disadorni. Le metafore furono prese spesso dalle lingue tecniche, non gi
per meccanizzare enunciati e lettori, ma per rinforzare la
impassibilit di fronte alle emozioni: tale la costante per
caratteristica, presa dalla terminologia della fisica, e
applicata nella critica letteraria, a definire un autore. La
istanza viene invece dal linguaggio giuridico e prende
il posto della esigenza o rivendicazione. Non parliamo della rumorosa terminologia politica del tempo, che,
nel quadro degli ermetici, non avrebbe mai potuto trovar posto neanche svirilizzata o attenuata. Al di l delle
applicazioni, la parola in s diviene oggetto di attenzione esclusiva, e quasi di culto. Intorno a una parola centrale o essenziale, si dispongono, come in una costellazione, parole satelliti che ricevono dalla prima una luce particolare. Due versi di Eugenio Montale come viaggiano la cupola del cielo= =non sai se foglie o uccelli= =e
non son pi, hanno lo stesso potere evocativo in questa
direzione che gli avvicinamenti di forme come stelle che
377
378
gergo romanesco (non perfettamente naturale) negli ultimi trentanni, da quando risiedette a Roma. Il risultato
quello di richiamare con il suo lessico, lussureggiante,
limagine di una foresta tropicale541 . Che questo non
sia un istinto incontrollato ma una precisa volont ragionata provato dalle seguenti sue parole: I doppioni li
voglio tutti, per mania di possesso e per cupidigia di ricchezze: e voglio anche i triploni e i quadriploni542 . Lautore domina non solo le strutture linguistiche, ma si impone attraverso le vicende di una comunit preermetica ermetica postermetica, cos come in et prefascista fascista postfascista, sostanzialmente coerente e immutata,
nei suoi princip informativi, la sua personalit.
232. Neorealisti
Il filone opposto nasce da una esigenza non individuale
ma collettiva. Esso immerso e condizionato dalla societ italiana, quale uscita dalla seconda guerra mondiale.
Sotto la pressione delle evidenti conseguenze della guerra, nacque il gusto, alle volte masochistico, di analizzare
la realt in modo spietato, non soltanto nellambito letterario. Fu il momento del cosiddetto neorealismo, che
ebbe successo immediato nel cinema. Film come Riso
amaro o Due soldi di speranza, al di l di Roma citt aperta o Ladri di biciclette, indicarono alle strutture linguistiche dei modelli. Questo si manifest sul piano letterario nel dirottamento dellinteresse dai pomposi ambienti dei benestanti verso quelli dei poveri. Questo si manifest nella presa di posizione di fronte a quella equivalenza linguistica degli strati umili della popolazione, che
erano i dialetti. A differenza dellOttocento, quando ap541
542
379
parivano come testimonianza di una realt pi vera ingenua e genuina, ora venivano presi in considerazione come una testimonianza sociale. Immediatezza psicologica,
precisione oggettiva nella attivit quotidiana apparirono
subito evidenti a scrittori in cerca di realt nuove. Al
di l delle strutture dialettali, proprie di uno spazio geografico, comparivano le strutture caratterizzate, su quello tecnico-sociale: di fianco ai dialetti, cio, i gerghi di
mestiere. Larghi orizzonti di ringiovanimento e rinnovamento della tradizione linguistica apparvero evidenti.
Chi pi di ogni altro si fece interprete di questa esigenza
e si diede a svilupparla in modo costruttivo e coerente fu
Pier Paolo Pasolini. I suoi romanzi Ragazzi di vita, Una
vita violenta, non conducono naturalmente a un rinnovamento linguistico, perch, per ragioni artistiche, devono rimanere confinati nellambiente dialettale suburbano, bidonvilliano. Ma un sistema linguistico non si compone solo di strutture permanenti, valide nella totalit
del territorio nazionale e delle normali circostanze quotidiane, come gi era stato il caso del Pascoli ( 226). Si
compongono anche di unit facoltative, che possono esser messe a disposizione occasionalmente, senza pretendere di acquistare una cittadinanza e una maggiore et
in modo definitivo. La bravura del Pasolini appare poi
anche attraverso il fatto che gli elementi dialettali e gergali, da lui introdotti, non consistono solo in espressioni violente o grossolane ma anche in attenuazioni ed eufemismi. Esclusa invece la possibilit o la legittimit
che una evasione di questa natura possa ringiovanire
tradizioni e strutture del sistema linguistico italiano.
233. Avanguardie
Con maggiore chiarezza, il problema si pone a proposito
dei movimenti di avanguardia, dei quali la testimonianza
380
381
382
ed espressiva, e cio avvantaggiata: tale il caso del genovese mugugno brontolamento, nel senso di una protesta che non calcola su un successo, e si limita a fungere da sfogo, privo di reali conseguenze. Se non ci fossero stati contatti col vocabolario dialettale genovese attraverso lampio contesto degli uomini immersi nella Grande guerra, la parola non avrebbe avuto le occasioni per
questi confronti, che dovevano portarle riconoscimento
e fortuna. Tale la sorte del saluto, da prima veneziano
poi anche milanese, poi generalizzato a tutta Italia, e portato addirittura anche fuori dItalia, che ciao: arrivato
ora a significare nientaltro che arrivederci.
Laltro gruzzolo, penetrato nella lingua letteraria negli
ultimi venticinque anni, dopo la guerra mondiale, dato dai meridionalismi pais compaesano, scippo furto con destrezza, per strappo, fasullo disprezzabile (perch non autentico). Una impronta interessante
anglo-americana lasciarono, irradiando da Napoli, i ragazzi detti sciusci (dallinglese shoeshine), in quanto
si offrivano come lustratori di scarpe. Anche segnorina, riferita al significato restrittivo di passeggiatrice,
s litaliano signorina, ma la pronuncia E della vocale
protonica vi rimasta come traccia della pronuncia normale sulla bocca dei militari anglo-americani a Napoli, e
cio del filone che le ha assicurato fortuna.
Alle evasioni sistematiche che investono il sistema,
si oppongono infine evasioni minori, quasi migrazioni
interne al sistema, che consistono nel prelevare da un
settore semantico professionale per trasferirli in un altro,
singoli elementi delle strutture linguistiche. Si tratta
di quella stessa tecnica che, per altre ragioni, era stata
applicata dagli scrittori ermetici quando prelevavano
parole proprie del vocabolario scientifico per inserirle
nella lingua letteraria. Gli esempi sono infiniti, ma qui
la loro quantit o abbondanza non interessa.
383
Pi interessanti sono i casi particolari, in cui il prelievo assume un carattere meno quantitativo e tecnico.
Questo appare in settori nei quali la tradizione linguistica non si ancora costituita saldamente, in connessione
con le novit teoriche o comunque intellettuali. La critica delle arti (figurative o musicali) non ha dietro di s
una tradizione paragonabile alla critica letteraria. Il suo
vocabolario si viene formando non solo con parole nuove ma anche attraverso metafore prese da altre arti: una
sinfonia di colori o i colori squillanti mostrano il passaggio da una nozione musicale a una pittorica. Ma un impasto di note e di toni mostra, inversamente, una nozione musicale definita con termini pittorici. Naturalmente una tradizione non nasce senza dolore. Si conoscono
le critiche anche acerbe, di cui la lingua ancora balbettante di certi critici darte stata oggetto da parte di artisti. Questi si sentivano misconosciuti dalla terminologia infelice o immatura dei critici perch creata da gente la quale parlava di quadri e di statue con un frasario
da pasticciere548 .
235. Classicit finale
La reazione agli squilibri determinati dal bisogno di evasione non consiste soltanto in un ritorno a una classicit
esclusiva. Esso si manifest in tre altre forme. La prima
di queste consistette nel rifiuto del tradizionalismo ornamentale, attraverso la eliminazione di tutto quello che era
superfluo, senza le eversioni dei futuristi. Questa aspirazione, collegata alla presa di conoscenza di correnti ideali straniere come il pragmatismo americano, mirava a riportare le tradizioni linguistiche al loro compito funzio548
Cos Ardengo Soffici citato da Altieri, op. cit., p. 205; cfr.
per linsieme del problema De Mauro, Il linguaggio della critica
darte, Firenze 1965 con ricchi dati statistici.
384
550
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386
nelle loro opposizioni, in unarmonia, nella quale parole consuete e parole meno consuete si ritrovavano a loro agio. Chi confronti i periodi di tre opere diversissime
del Croce, come la Storia dEuropa, la Logica o la critica
al Pascoli, riconosce, nonostante la diversit degli argomenti, una sostanziale unit; la natura fluida, armoniosa,
di un racconto, narrato con arte consumata e con costante proporzione di partecipazione e di distacco.
Non diversamente dal Manzoni, la validit di questa
prosa classica non stata immediatamente riconosciuta
e tanto meno continuata. La ostilit alle teorie fiorentine del Manzoni, allo storicismo idealistico del Croce, ha
tenuto il pubblico lontano anche dai modelli linguistici
corrispondenti. Questo non toglie, per chi studia le vicende del linguaggio dItalia, lobbligo di allinearli entrambi, a tanti decenni di distanza, come modelli validi,
insuperati553 . E come il modello manzoniano, nonostante tutto, supera indenne le due parentesi carducciana e
dannunziana, entrambe ormai lontanissime da noi, cos
il modello crociano ha superato indenne il periodo delle
evasioni linguistiche, cos del futurismo come dellermetismo, e trasmette alle generazioni successive un modello di classicit degno di quella di Alessandro Manzoni.
553
387
Capitolo quarantottesimo
Strutture fonologiche
388
ignorando la metafonesi554 ; C) si oppone allItalia settentrionale occidentale, come alla centromeridionale adriatica, ignorando le vocali miste e i processi di frangimento; D) concorda con lItalia settentrionale nel rifiutare la
assimilazione progressiva di ND a NN; E) concorda con
il resto dellItalia centromeridionale nel rifiutare la lenizione e nel mantenere e sviluppare il processo di assimilazione regressiva nei gruppi di consonanti occlusive,
spec. di CT PT in TT; F) introduce soluzioni proprie
nella moderata palatalizzazione delle gutturali; G) si distingue per la dittongazione delle E e O accentate in sillaba aperta daccordo con il veneto euganeo; H) si distingue da tutte le altre regioni per la moderazione dellaccento, che non svaluta e tanto meno annulla le vocali finali; I) mostra un eccesso di conservazione (fiorentina) attraverso la cosiddetta anafonesi; K) un eccesso di
innovazione nella aspirazione delle consonanti occlusive
in posizione intervocalica. Ma, nonostante la chiara delimitazione delle sue strutture, e la decisa. radicata figura di superstrato culturale, lo schema toscano tradizionale non si identifica col 3 sistema fonologico italiano; il
quale ha dovuto fare numerose concessioni alle pressioni, non solo non toscane ma anche non italiane, da parte
della maggioranza degli utenti, che vi si adattata senza
resistenze consapevoli.
Temperato da queste necessarie aperture rispetto a
correnti pressioni e influssi periferici, eterogenei ma rappresentativi di una maggioranza numerica del 90%, e del
peso ancor maggiore, cos politico come economico, di
Roma e Milano, lo schema toscano rimane tuttavia come
quello pi raccomandabile per equilibrio armonia elasti554
Nonostante la testarda insistenza di F. Schrr nellarticolo
Epilogo alla discussione sulla dittongazione romanza, Revue de
linguistique romane, 36, 1972, pp. 311-321.
389
390
le aperta557 ed quella che si applica ad esempio nelle parole del tipo di problma, che noi settentrionali pronunciamo problma, senza sentirci in errore:
un altro esempio di quelle incertezze e difficolt che solo
la fusione delle due E potr risolvere, anche se nessuna
ragione impone di affrettarla.
II) Una differenza di quantit nelle vocali italiane non
esiste sul piano fonologico panitaliano, ma solo in certi
dialetti, tale il genovese che distingue nettamente baagiu
sbadiglio da bagiu rospo. Tuttavia, nelle pronunce regionali dellitaliano, ci sono differenze fra la pronuncia lunga, condizionata dalla posizione nella sillaba
aperta; da quella breve in sillaba chiusa. La differenza faato fato e fatto (con la breve) valida nella pronuncia regionale piemontese-lombardo-ligure, mentre si
pronuncia indistintamente la quantit breve in Toscana
e nel Veneto. Analogamente, a schemi regionali si rifanno le pronunce semplici o geminate di bagno, fascio, aglio
(n n , , ll)558 , con possibilit di corrispondenti alternanze, in certe regioni, delle vocali antecedenti, rispettivamente lunghe e brevi.
238. Le semivocali
III) T. Franceschi ha sostenuto la autonomia del fonema , ad esempio nel plurale biv559 , perch non si tratta
di vocale lunga, ma solo di un principio di dittongazione
verso JI. Viceversa sarebbe assurdo considerare lunga la
finale di dormii, in cui si tratta visibilmente di due sillabe
Op. cit., p. 417.
Op. cit., p. 429.
559
Bollettino dellAtlante linguistico italiano, 9-10, 1964,
pp. 43-44; cfr. Muljacic, op. cit., p. 436.
557
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391
indipendenti560 . Cos in ossequiai non si ha un tetrattongo -quiai, ma due sillabe -quia-i561 . Distinzione di sillaba, non so quanto durevole, si ha anche in pi-ano di
Pio, diverso da piano che il latino volgare PLANU;
cos pure in sci-a-re, di tre sillabe, mentre in la-scia-re,
-scia- una sillaba sola.
IV) indispensabile in italiano distinguere una doppia categoria di semivocali. Da una parte si hanno elementi vocalizzati che entrano a far parte di un dittongo
e quindi, ai fini della eventuale elisione dellarticolo, sono trattati come fossero vocali. Dallaltra si hanno elementi, che NON vengono a costituire dittonghi, quindi
non ammettono la elisione e anzi impongono larticolo
LO, quasi fossero equivalenti a un gruppo di consonanti complesso come SP e insieme fragile: tale lopposizione fra i tipi luomo, lieri contro lo iato, lo Jonio, lo uadi.
Una corretta grafia dovrebbe contribuire a distinguere le
due entit attraverso i segni I/J e U/W.
V) Un esempio ulteriore di semivocale la R vocalizzata in brr (che freddo)562 .
In queste opposizioni si inserisce il trattamento dellarticolo davanti a parole straniere comincianti con H,
effettivamente articolato: tali lo Hegel (ted.), lo Haldane
(ingl.), come lo Jger (ted.), lo Watt (ingl.).
239. Le consonanti
VI) Per quanto riguarda le consonanti, il problema principale quello della differenza fra semplici e geminate o
(meglio detto) intense. La differenza non giustifica il ri560
561
562
Difficilmente inseribile nel sistema, perch troppo evidentetnentc interiettiva: cfr. per Muljacic, op. cit., p. 442.
392
conoscimento di una diversa natura fonologica563 . Il quadro di insieme, che coinvolge la distinzione di grado, e di
articolazione sul piano descrittivo, come di lenizione su
quello evolutivo, costituisce un tutto unico: sembra difficile postulare una serie quadripartita PP. BB P B, anzich una PP/P BB/B. La geminazione da lat. ATOMU In
it. attimo un fatto opposto, ma paragonabile, a quello
del passaggio da NUBULU a nuvolo.
La geminazione uno dei caratteri fondamentali del
sistema italiano. I veneti sono bollati nella loro incapacit di pronunciare, distinguere e articolare le consonanti geminate. I fonemi suscettibili di geminazione in italiano sono quindici564 . Ancora una volta, daccordo con
T. Franceschi565 , i tipi faccia maggio non devono essere
considerati fonemi autonomi ma solo varianti intense di
presunti FACIA MAGIO. Tuttavia questo allineamento
accettabile solo se prendiamo come base uno strato toscano attenuato. Nellambito della sola Toscana, certo che le pronunce cena gente dice regina presuppongono un fonema diverso, non solo palatalizzato ma anche
affricato. Si tratta sempre di una articolazione unica come nel caso di zio, mzzo, zinco, mzzo, la cui trascrizione
TS DS NON raccomandabile.
VII) Per quanto riguarda il rapporto fra consonanti
sorde e sonore, a parte il detto assai poco valido consonante incerta consonante sonora, la anomalia pi evidente la tendenza a lenire le consonanti sorde intervocaliche nella pronuncia generale odierna dei meridionali, tendenza a cui corrisponde quella a geminare le sonore quasi si trattasse di preservarle dalla confusione con le
563
564
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Segre presso Bally, Linguistica generale e linguistica francese, Milano 1963 p. 449.
567
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guistico chiuso a uno aperto, cos nel campo fonetico, come in quello morfologico della derivazione delle
parole ( 242).
396
Capitolo quarantanovesimo
Strutture morfologiche
397
primo elemento verbale mangia-fuoco. Quella del tedesco Morgen-gabe, letteralmente MATTINO-DONO
inammissibile e deve essere tradotta nel sintagma ben
pi complesso di dono del mattino. Ma, contro questa resistenza del sistema significante, stanno premendo
le esigenze semantiche del nostro tempo, del superamento anglosassone, della intelaiatura europea in corso di
costituzione ( 250). Esse cominciano a essere soddisfatte attraverso la tecnica dei prefissoidi570 , unit intermedie fra i temi nominali e le preposizioni o prefissi. Non
pensabile un equilibrio lessicale-derivativo italiano senza considerare la parte che vi hanno ormai i tipi formati
con auto- da s o con tele- a distanza cos auto (combustione) cos tele (comunicazioni). Tuttavia anche questa tecnica risente di difficolt e ambiguit, perch i prefissoidi si sono ormai scissi. Altro il prefissoide primario, come appare negli esempi citati, e altro quello secondario, che risulta dallabbreviazione di una parola, nella quale era entrato come componente normale: autorimessa non una rimessa per cos dire automatica, ma
semplicemente rimessa per auto(mobili); telespettatore non uno spettatore a distanza ma uno spettatore
della tele(visione).
I prefissoidi primari sono impiegati per creare parole
motivate, con una tecnica di composizione, che non
va al di l del composto attributivo. I prefissoidi
secondari sono introdotti per abbreviare e esorbitano
dagli schemi tradizionali della composizione: si tratta
di composti in cui lelemento reggente NON verbale,
e quindi al livello del tedesco Morgengabe, che stato
definito or ora estraneo alla tradizione italiana571 .
570
Migliorini, Lingua contemporanea, 4 ed., Firenze 1963,
pp. 84 sgg.
571
Per uno schema delle basi sintattiche dei composti italiani,
vedi Ambroso, Atti del I e del II Convegno di Studi della
398
Tuttavia qualche cosa si muove anche nellambito della seconda parte delle eventuali parole composte, attraverso elementi definibili non gi come suffissoidi ma
come predicatoidi. Gli schemi latini, creati in parte
sul modello dei composti greci sono stati illustrati al
63, p. es. agri-cola, igni-fer, arti-fex. Al posto di mangiatutto subentrano i tipi latineggianti onnivoro, erbivoro; sui quali si allineano avicolo allevatore di polli, pestifero portatore di peste, vermifugo allontanatore di
vermi, che costituiscono una risorsa provvidenziale per
esigenze sempre pi profondamente sentite e diffuse.
242. Morfologizzazione di sintagmi
Nellambito della ricerca di una motivazione, associata o
no a quella della brevit, si notano oggi tre diversi impulsi. Il primo di questi mira a sostituire parole immotivate o locuzioni ingombranti con parole motivate e pi
brevi. Il secondo mira a sostituire derivazioni morfologiche a rapporti sintagmatici. Il terzo procedimento si
fonda sul modello dei telegrafismi, per i quali le parole
si giustappongono, senza un segnale formale che specifichi se si tratta davvero di un allineamento oppure della
eliminazione di uno o pi segnali sottintesi.
Gli esempi della prima categoria sono particolarmente
numerosi nella lingua cancelleresca, che per natura prescinde dagli affetti, mira non tanto a una vera funzionalit quanto a un ideale economico di sforzo minore. Un
esempio, gi radicato anche al di fuori del mondo burocratico, quello di evidenziare al posto di mettere in
evidenza, il quale, al di l della motivazione evidente, ha
anche il vantaggio funzionale della maggior brevit. Pi
399
indicativo di questo rilassamento sono relazionare al posto di riferire, revisionare al posto di rivedere. Esso mira a motivare la sua forma attraverso il collegamento col sostantivo, che, nella tradizione risalente al latino, era contenuto nel sistema suppletivo e immotivato dellinfinito referre e del supino relatum. A questa
serie appartiene sensibilizzare render sensibile; ipotizzare fare lipotesi; strumentalizzare usare come strumento (meglio sarebbe strumentare).
Del secondo tipo sono i costrutti, che prendono ogni
giorno pi piede, di (stato) confusionale, (potere) decisionale per stato di confusione potere di decisione.
Questa moda oggetto di critiche, ma non rappresenta
in realt n una anomalia n una fonte di disordine per il
sistema attualmente in vigore. Potr piacere pi o meno,
ma non si pu convalidare senzaltro un giudizio estetico negativo, solo perch si tratta di una deviazione dalle
abitudini.
La terza categoria la pi anormale, perch esce dal
tipo flessivo tradizionale, prende di petto cos i rapporti
morfologici come quelli sintattici, e si avvicina a un tipo
linguistico aflessivo. Esso proviene sia da rapporti usuali privi di importanza, per esempio la gente bene, con
avverbio che prende il posto dellaggettivo, sia da tecnicismi e cio veri telegrafismi: tali borsa valori o cassa pensioni, in cui si sottintende rispettivamente dei e delle; tali movimento testa-coda o missile terra-aria,
che, con atteggiamento rinunciatario, fanno a meno di
segnalare i rapporti di reciproca dipendenza. Essi affidano allinterlocutore o lettore il compito di integrare, a livello di parola e non di lingua, i rapporti rimasti privi di segnalazione. Questa mobilitazione di procedimenti morfologici conduce a un risultato parallelo a quello
segnalato, sul piano fonetico, a proposito di feldspato e
simili ( 240). Essa conduce alla possibilit di coniare
parole occasionali, aperte, caduche, che possono trova-
400
re una giustificazione in un apposito contesto, senza pretendere un riconoscimento e una regolare registrazione
nel tesoro lessicale della lingua. Il principio che da ogni
astratto si possa trarre un aggettivo in -ale o da ogni aggettivo un astratto in -ismo, indicante dottrina o abitudine, dovrebbe in teoria essere equiparato alla possibilit di trarre da ogni forma verbale un participio passato. Cos, attraverso un sistema paradigmatico pi ricco,
si pu mirare a un sistema linguistico aperto ( 240).
Cos, attraverso lallineamento di un certo numero di note, il musicista trae degli accordi: i quali non sono che
parole, create volta per volta, rispettando schemi pi
o meno generalmente accettati572 .
Ma questa paradigmaticit integrale ancora straniera, lontana. Le testimonianze estreme di questa ricerca della brevit, anzi di quellimpazienza, non sono altro
che il risvolto interno di un fattore esterno, quello della
velocit, con la quale schemi europei, tipici della nostra civilt comune, si diffondono573 . Da una parte abbiamo mutilazioni allinterno della parola come cine(ma)
per cinematografo o del sintagma, come federale per
(segretario) federale o direttivo per (consiglio) direttivo. Dallaltra si ha la apertura illimitata, in italiano come in tutte le altre lingue, alla SIGLA574 . La loro stessa fortuna ha fatto si che esse non sempre rispettino quei
criteri e limiti che soli possono renderle utili. I tipi fondamentali sono tre: a) quello semantico e funzionale, per
esempio FIAT che fa corrispondere alla sigla F(abbrica)
I(taliana) A(utomobili) T(orino) il valore di una parola latina quasi beneaugurante; b) il valore solo funzionale, per esempio CED=C(omunit) E(uropea di) D(ifesa);
572
Vedi il mio libro Civilt del dopoguerra, Firenze 1955, pp.
9 sgg.
573
Saggi di linguistica europea, Salamanca 1958, p. 10.
574
Altieri presso Devoto-Altieri, op. cit., pp. 274 sgg.
401
402
403
cialista, mangiate IN MODO DA RIMANERE snello. Siamo di fronte a una forma di abbreviamento sintattico, sempre pi accentuato, determinato per sempre
da esigenze emotive.
Laltro aspetto della questione va pi nel profondo, e
consiste nella banalizzazione generale del periodare parlato. Si tratta di schemi (soprattutto burocratici) distribuiti in periodi tortuosi, ricchi di forme nominali del verbo, e di nomi astratti che nominalizzano la azione compiuta, oppure di verbi denominativi che la sottomettono a una motivazione astratta. una forma di egocentrismo, per la quale, anche contro il proprio interesse, si
dimentica che si parla per essere intesi. Al principio tradizionale che impone di scrivere con la naturalezza con
cui si parla, si contrappone labitudine di parlare come
si scrive, senza vedere davanti a s linterlocutore. Siamo davanti a una ricerca di motivazione egoistica, tanto
esagerata quanto opaca e inefficace.
244. Accenti sussidiar
Sulla parola isolata, come sulla frase, aleggia poi una forza coordinatrice, che laccento. Per quanto riguarda la
sua natura, essa , nel linguaggio dItalia, intensiva fino
dai primi secoli dellimpero romano. La misura di questa intensit stata, nella storia, maggiore nel settentrione, ma, a poco per volta, si spostata in direzione di mezzogiorno, e oggi noi del settentrione sentiamo laccento
dei meridionali come pi intenso del nostro. Per quanto riguarda la sua posizione, ancora una volta litaliano
si trova allestremo opposto del francese. In questo, esso
vincolato allultima vocale pronunciata, mentre in italiano la sua posizione libera, e cio determinata dalla
storia, salvo alterazioni dovute alla analogia: un esempio
di queste possibilit dato dalla serie seguente: desider,
desideriamo, desdero, desiderano. Se si tiene conto delle
404
particelle enclitiche, ecco la serie vistosa di telfona, telfonami, telfonamela. La maggioranza delle parole italiane ha laccento sulla penultima sillaba. Secondo una statistica, il 60% sono piane, il 32% e sono particelle enclitiche o proclitiche, il 4% sdrucciole, il 3% tronche, l1%
bisdrucciole576 .
Ma la parola italiana non costituita solo dalla opposizione di sillabe accentate e no. In ogni successione di pi
che due o tre sillabe ci dato riconoscere sillabe francamente atone e sillabe provviste di una accentazione secondaria parziale: sarebbero anzi da distinguere, sviluppando un suggerimento di R. Hall577 , un accento pieno,
uno nullo, uno intermedio, ma anche uno enfatico. Nel
caso di parole accentate sulla quartultima o quintultima
interviene poi anche un altro criterio, che normalmente in italiano non ha alcuna parte, quello della quantit:
nellesempio citato di telfonamela, si ha, oltre la opposizione di sillaba accentata e sillabe non accentate, oltre
che una opposizione di forza, anche una opposizione di
quantit: lunga, quella della sillaba accentata; brevissima
quella delle quattro vocali non accentate, salvo quella finale, che ha il rilievo di un eventuale accento intermedio. Il rilievo dellaccento poi relativo, non assoluto:
due accenti pieni non possono essere contigui; davanti
a sillaba accentata alliniziale di parola, difficile introdurre una parola tronca o assoggettata a troncamento: in
una serie come andre l, si pu certo introdurre il troncamento della E atona finale. Ma si paga un prezzo: di
fronte alla normale successione di accenti in andre l, si
ha la retrocessione dellaccento nella pronuncia di ndar
l.
576
405
Accanto ai problemi quantitativi dellaccento in senso stretto si hanno quelli qualitativi della cosiddetta melodia della frase. Attraverso le osservazioni di A. Camilli
e di R. Hall578 , si distinguono tre intonazioni melodiche,
la ascendente, la discendente, la ascendente-discendente.
Le prime due sono importanti in quanto hanno un valore
di segnale sintattico, la prima per la interrogazione normale, la seconda per la interrogazione introdotta da pronomi o avverbi interrogativi: la intonazione di vieni?
difatti opposta a quella di chi viene? Il terzo tipo quello
degli enunciati normali579 . Allinterno di questo da distinguere un enunciato puramente indicativo, p. es. non
c niente da fare, pazzo, da uno pi o meno fortemente emotivo: quel corridore un pazzo. Si deve aggiungere
anche la melodia particolare di un enunciato segmentato: lo conosco bene, lamico: che del tutto diverso, nella successione melodica, dalla successione conosco bene lamico580 . Un ulteriore confronto col francese porta a segnalare unaltra opposizione: la frase interrogativa lo conosce? che noi segnaliamo solo attraverso la melodia ascendente, ha bisogno, nella forma corrispondente francese, di una segnalazione sintattica; tale la formula interrogativa le connait-il? di fronte allaffermativo
il le connat.
Variet melodiche distinguono assai chiaramente le
grandi regioni dItalia, anche al di fuori delluso dialettale ( 236, 246). un campo in cui vi ancora molto
da indagare. Tuttavia, da alcune analogie che si creduto di individuare fra melodie diffuse sulle coste adriatiche e la regione padana, si arrivati a supporre la legit578
Camilli, Pronuncia e grafia dellitaliano, 3 ed. a cura di P.
Fiorelli, Firenze 1965; Hall, op. cit., p. 14.
579
Muljacic, op. cit., pp. 495 sgg.
580
De Mauro, Storia linguistica, cit., pp. 418-422 con ricca
bibliografia.
406
407
Le istituzioni linguistiche, per quello che hanno di convenzionale, sono sempre inadeguate o esuberanti, rispetto alle esigenze espressive dei loro utenti587 , di fronte ai
quali per met sono strumento e per laltra met prigione. In relazione con la lingua italiana si insistito, per definirne il genio, volta a volta sulla impronta tradizionalistica collegata con la sua somiglianza col latino, sul tradizionale riconoscimento della sua variet e armoniosit
(a torto svalutato da un recente autore588 ), sulla artificiosit connessa alla agilit e ricchezza del suo vocabolario
poetico, sulla goffaggine e povert di quello tecnico, tutti caratteri che sono in stretta connessione con la struttura e le vicende della societ italiana, cos eterogenea. Se
dovessero meritare la qualifica complessiva di genio, si
tratterebbe per di un genio della societ, e non della
lingua italiana589 .
Devoto, Fondamenti, cit., passim.
De Mauro, Storia linguistica, cit., pp. 288 sgg., 322.
589
Cfr. Parodi, Lingua e letteratura, Venezia 1957, p. 313.
587
588
408
Capitolo cinquantesimo
Prospettive
246. La societ
Queste strutture, da una parte consolidate, dallaltra sottoposte a tanti fermenti, pongono ora i problemi attinenti ai loro rapporti con la societ. Da questo punto di vista, la grande svolta non si compiuta in connessione
con la unificazione politica. Questa si semplicemente
sovrapposta a una societ sostanzialmente statica, immutata. Il dato statistico fondamentale, elaborato da T. De
Mauro590 , prova che, al momento della unificazione politica, la lingua letteraria italiana non interessava che il 3%
della popolazione, mentre il 97% si moveva solo nellambito dei dialetti, veri ghetti linguistici. Gli altri dati statistici hanno meno rilievo. Che gli abitanti dItalia siano
17 milioni nel 1770, 28 e mezzo nel 1881 e 55 oggi; che
le citt con pi di 100.000 abitanti siano cinque nel 1770,
dieci nel 1881 e oltre quaranta oggi; che nel 1861 vivesse in citt con pi di 50.000 abitanti il 17% della popolazione e nel 1961 il 34%591 , sono tutte cifre che non hanno diretto interesse linguistico perch i grandi centri favoriscono certo la formazione di una comunit linguistica unitaria, in senso geografico, ma non sempre in senso
sociale. Nella fluidit della situazione attuale, impossibile fissare il rapporto che passa oggi fra utenti di lingua e utenti di solo dialetto, in sostituzione di quel 3/97
di un secolo fa.
Tre forze hanno fatto si che in mezzo secolo, almeno potenzialmente, la lingua letteraria italiana interes590
591
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si, al posto dei 750.000 italiani di un secolo fa, tutti indistintamente i 55 milioni di italiani di oggi: la Grande guerra 1915-18, che ha mscolato fra di loro milioni di italiani; la organizzazione sindacale, che ha avvicinato in un fronte unico tutti i lavoratori; la televisione,
che presenta quotidianamente a milioni di italiani istituzioni linguistiche realizzate in modo pressoch uniforme. Questo processo non ha solo il risultato di uniformare. La opposizione fra lingua e dialetto non si trasforma soltanto a vantaggio della prima e a danno del secondo. Diventa pi articolata. Si ha da una parte il dialetto tradizionale che accentua la sua natura di ghetto anche sociale, ma si restringe sempre pi in estensione e
profondit. Si ha dallaltra il dialetto aperto alle esigenze di una societ coltivata, che lo usava nelle grandi citt, a Torino a Genova a Milano a Roma a Napoli, eventualmente diluito, ma in certi centri come Venezia tuttora vivace. Parallelamente, si ha una lingua letteraria
che da una parte si mantiene chiusa nella sua tradizione oligarchica, ma dallaltra accetta, soprattutto dal punto di vista di particolari pronunce o di una struttura melodica media, aspetti particolari regionali ( 236, 244).
Coppie sinonimiche, che permettono di legare lutente piuttosto alluna che allaltra regione italiana, si mantengono, senza influenzare la dignit sociolinguistica degli utenti. Allineo qui un certo numero di coppie592 rispetto alle quali vorrei raccomandare agli utenti stranieri (oltre che agli italiani) la pi assoluta indifferenza: intendere/sentire, uscire/sortire, com/cassettone, cassetto/tiretto, armadio/guardaroba, lavandino/acquaio, rubinetto/chiavetta, stringa/fettuccia, salvietta/asciugamano, gruccia/ometto, mezzanino/ammezzato, balcone/fi592
R. Ruegg, Zur Wortgengraphie der italienischen Umgagssprache, Colonia 1956; cfr. De Mauro, op. cit., pp. 140 sgg.,
234 sgg., 384-402.
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nestra, tavola/asse, trapunta/imbottita, adesso/ora, giocattolo/balocco, granata/scopa, gota/guancia, riga/scriminatura, bollito/lesso, sottana/gonna, pelare/mondare,
cacio/formaggio, midolla/mollica, infreddatura/raffreddore, saetta/fulmine, sasso/pietra. Sono le forme temperate cos della lingua letteraria, che rifiuta di tiranneggiare, come dei dialetti non esclusivi, che, coesistendo,
daranno al linguaggio dItalia, nella crisi interessante ma
profonda che sta attraversando, la possibilit di raggiungere un nuovo equilibrio elastico, valido.
247. La scuola
Dopo la societ, protagonista la scuola. La prima esigenza, rudimentale, era quella della lotta contro lanalfabetismo, intrapresa subito dopo lunit, e che in novantanni ha fatto scendere le percentuali dal 75% al 14%593 .
Tocca alla scuola, da prima solo fra i ragazzi della
scuola elementare, e poi a quella che stata detta scuola dellobbligo, confrontare le strutture linguistiche con
le esigenze degli utenti, crescenti di numero vertiginosamente. Lo insegnamento linguistico continua a agire indirettamente anche pi tardi, almeno su quelli che, a loro
volta come maestri, in un ufficio o in una fabbrica, saranno in grado di proporre sempre pi frequenti occasioni
di impiego per la lingua letteraria.
In un primo tempo la norma linguistica continu a essere presentata nella scuola italiana come autoritaria, determinata, se non da una autorit ufficiale, dalla tradizione sempre meno riconosciuta della Accademia della
Crusca; pi tardi, dalluso diciamo medio degli scrittori e dei giornalisti. Col 1923 la scuola italiana ebbe la
sua grande riforma. Questa, per quel che riguarda la lin593
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gua, si allontan in modo drastico dalla visione autoritaria, e promosse, al livello della scuola elementare, limpiego del dialetto locale e di libri di lettura, che facessero da ponte fra il parlare genuino e lo scritto. Tuttavia
questa riforma non ebbe risultati favorevoli, soprattutto
perch non dur. La evoluzione subita dal regime fascista, deviato verso una organizzazione dello stato in senso
risolutamente accentratore, fece s che i dialetti furono
ben presto considerati elementi di disgregazione, e messi
al bando. Ma questa svolta, rapidamente sopraggiunta,
non ricondusse in fatto di lingua a un nuovo regime autoritario. Poich la creativit, proclamata come esigenza
fondamentale della personalit degli scolari, doveva lasciare la pi grande libert nella realizzazione delle loro
esigenze espressive, ecco che, venuto meno il modello o
il termine di confronto dei dialetti, nulla subentr a mantenere e sostenere, attraverso un confronto permanente,
quella stabilit linguistica, senza la quale una societ rimane monca. Si arriv cos alla met del secolo, sotto le
conseguenze di una dissimmetria, anzi di una divergenza, fra le necessit sociali e i postulati psicopedagogici,
cui la riforma scolastica si era ispirata. Proprio quando
la clientela della lingua letteraria si espandeva diciamo di
cinquanta volte (v. 246), ecco che le strutture che la governano, o almeno erano presenti alle coscienze, venivano smobilitate. Fu come se un edificio, destinato a ospitare un pubblico cinquanta volte pi numeroso di quello che aveva sempre ospitato, venisse alleggerito di travi
di sostegno, perch riconosciute non essenziali. Tutte le considerazioni di ordine descrittivo rispetto allinsieme del sistema linguistico italiano devono tener conto di questa sua intrinseca crisi, e quindi della necessit
di instaurare un ordine nuovo, nei limiti delle possibilit,
gradatamente.
Anche se lo spirito della vecchia riforma di mezzo secolo fa ormai assente dalla scuola italiana, pure il danno
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413
sgg.
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un numero limitato di operatori: tale la grande raccolta del vocabolario storico della lingua italiana, che impegna una cinquantina di anni di lavoro e che per i primi
due secoli della nostra storia letteraria sar un effettivo
Tesoro, la raccolta completa di tutte le unit lessicali
(ivi comprese le variet dialettali) attestate. Compiti non
meno degni, anche se meno vistosi dal punto di vista monumentale, sono quelli che riguardano le edizioni di testi antichi, preziose anche ai fini della conoscenza del linguaggio dItalia, perch, senza edizioni fidate, non si fanno neanche dizionari fidati. Infine le istituzioni grammaticali dellitaliano doggi devono essere descritte da una
grammatica adatta ai tempi597 .
250. Coordinamento linguistico a livello neolatino e
euro-comunitario
I problemi dellavvenire non si limitano, per la lingua
italiana, come per le altre lingue nazionali, a quelli interni. Che sia in corso di formazione una comunit semantica europea, stato mostrato gi da L. Spitzer598 .
G. Nencioni599 e E. Peruzzi se ne sono ulteriormente
occupati600 . Questultimo ha mostrato bene come lallargamento sia stato progressivo, promosso prima sotto
etichetta anglo-francese, e proseguito sotto forma angloamericana. Anche qui si vede come, dallantica situazione oligarchica, si sia passati alla convergenza di mas597
LAccademia della Crusca ha fondato nel frattempo un
Centro di grammatica italiana (1970).
598
Essay on historical Semantics, New York 1948, p. 7.
599
Atti e memorie dellArcadia, III, V, Roma 1950, pp. 33
sgg. (a proposito degli europeismi).
600
Saggi di linguistica europea, Salamanca 1958.
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sa. La fortuna di cortina di ferro601 uno dei migliori esempi di questo massiccio europeismo. Sul piano formale dei significati, non si tratt soltanto di adattamento di forestierismi, ma di posizioni parallele da prendere ad esempio in fatto di verbi denominativi, quali i suffissi dellitaliano -izzare, del francese -iser, o del tedesco
-ieren602 , applicati alle formazioni nuove.
Sul piano estranazionale, i problemi del dirigismo consistono soprattutto nella possibilit di concordare o meno ladattamento delle parole affluenti dal mondo anglosassone, con le lingue pi vicine allitaliano per struttura
morfologica, come il francese, pi aperto, e lo spagnolo,
pi chiuso dellitaliano. I problemi che si pongono appaiono ad esempio attraverso la sorte della imagine americana dello skyscraper, arrivato a noi attraverso il francese
gratte-ciel. La soluzione italiana aderente alla francese
sia dal punto di vista fonetico come da quello semantico;
quella spagnola di rascacielos rimane aderente al solo piano semantico, mentre quella tedesca Wolkenkrtzer corregge loriginale anche sul piano semantico in quanto sostituisce limagine nuvola a quella originaria del cielo. Sono in preparazione accordi col Conseil international de la langue franaise e eventualmente con la Accademia spagnola per affrontare il problema di un reciproco coordinamento attraverso il FITRO (Fond international pour la terminologie des langues romanes).
Un altro aspetto del problema riguarda invece i problemi dei rapporti fra lingue intrinsecamente diverse, che
facciano parte di un sistema politico-economico comune,
come il Mercato comune europeo. Qui non si tratta tanto di regolare gli eventuali neologismi che si trasmettono
allinterno della comunit. Il problema quello della facile traducibilit, e tocca soprattutto il trattamento del601
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le parole composte tedesche e nederlandesi, di fronte alla possibilit o meno di corrispondere ad altri composti
oppure a semplici derivati in italiano (e francese).
Con queste prospettive a largo raggio si chiude questo panorama delle vicende e delle strutture, nelle quali
volta a volta il linguaggio dItalia si realizzato, e si predispone ad esprimersi nel prossimo futuro. stata una
contemplazione, che, nonostante lacune e punti oscuri,
costituisce un quadro incomparabile di serenit e di efficacia. Di fronte al continuo alternare di forze individuali e sociali in contrasto, luomo di studi si mantiene libero da tutele filosofiche o nazionali, dalla tirannide della specializzazione, dallutilitarismo degli specialisti. Con
costante attenzione e comprensione, vede passare davanti ai suoi occhi il peso delle anonime plebi medievali, le
scelte raffinate degli scrittori capostipiti di una tradizione, come gli schemi uniformi e spersonalizzati, che oggi
incombono, attraverso la civilt dei calcolatori.
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