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Identit portatili

senso identitario e integrazione nell'epoca del 2.0

Di Francesca Vigan
Corso di sociologia dei processi culturali (prof.ssa Marchetti)

Introduzione:
E' innegabile che nel mondo globalizzato giochi un ruolo fondamentale
l'utilizzo di internet. Negli ultimi anni il numero di iscrizioni ai social
network da parte di differenti tipi di soggetti (donne, uomini, giovani,
adulti, immigrati e non ) aumentato esponenzialmente non solo in
Italia, ma anche nel resto del mondo.
Il fine di questo elaborato di indagare il ruolo che assume internet
nell'integrazione o nella discriminazione di immigrati e di giovani di
seconda generazione e individuare ( se presenti ) le differenze nel suo
utilizzo tra giovani italiani e seconde generazioni.
Nella prima parte dell'elaborato, attraverso le interviste a immigrati,
giovani di seconda generazione e italiani, e attraverso la lettura del
saggio "Vite Mobili" (Elliot/Urry), ho indagato sull'utilizzo dei social
network e sul loro ruolo come mezzi di integrazione nella realt
italiana.Grazie alle interviste ai ragazzi cinesi e alla lettura del saggio
"Stati murati, sovranit in declino" di Wendy Brown ho riflettuto, nella
seconda parte del presente lavoro, su come il web sia in realt ben
poco world wide.
In alcune interviste i ragazzi di origini cinesi hanno, infatti, evidenziato
come in Cina il governo stesso ha fomentare sentimenti nazionalisti e
razzisti, attraverso la censura di social network occidentali. Il Great
Firewall cinese (cos stata soprannominata dalla rivista "Wire" la
censura cinese di internet) , secondo la maggior parte degli intervistati,
contribuirebbe all'isolamento dei cittadini cinesi e si configurerebbe
come ostacolo al confronto culturale con le altre nazioni. Internet
dunque pu essere un prezioso mezzo per facilitare l'integrazione, ma
anche un mondo virtuale, un cyberspazio dove non mancano muri
(come il Great firewall cinese) o dove muri fisici vengono addirittura
celebrati (come nel caso del sito Weneedafence.com), contribuendo
cos a fomentare sentimenti nazionalisti e razzisti nei confronti degli
stranieri, rendendo difficile l'integrazione degli immigrati.

Il target dell'intervistati stato mantenuto volontariamente ampio in


modo da valorizzare le diverse opinioni sulla funzione di internet come
mezzo di integrazione e di costruzione identitaria. Gli intervistati (21 in
totale) sono (5) immigrati residenti in Italia da pi di 2 anni, (8) giovani di
seconda generazione tra i 19 e i 24 anni e (8) giovani italiani tra i 19 e
24 anni.
Nelle interviste stata utilizzato una metodologia di tipo qualitativo, con
domande semi strutturate che hanno lasciato spazio agli intervistati di
parlare liberamente di esperienze personali. Ho svolto le interviste
servendomi di social network (facebook) e applicazioni di messaggeria
istantanea (whatsapp e we chat) reputandoli i mezzi migliori per trattare
di tematiche legate al mondo di internet.

Il fenomeno della globalizzazione ha causato uno sviluppo in un numero


sempre maggiore di individui di personalit portatili. L'identit non viene
semplicemente adattata alle nuove tecnologie e forme di spostamento,
ma completamente modificata in base a un nuovo concetto di mobilit.
Nella societ globalizzata non sempre la mobilit comporta un
movimento reale; per esempio, attraverso piattaforme che sfruttano una
connessione a internet ( Facebook, Skype, Whatsapp), siamo in
grado di parlare con persone che si trovano a diversi chilometri di
distanza da noi, possiamo partecipare a conferenze dall'altra parte del
mondo senza bisogno di spostarci dal nostro ufficio.
La necessit di riconfigurare la propria identit intorno ad un click e la
frenesia della societ capitalista rende le vite di molte persone sempre
pi mobili, incerte e liquide (cio prive di punti fermi).
Le mobilit miniaturizzate diventano cos contenitori di identit,
all'interno dei quali raccogliamo foto, immagini e musica che ci
ricordano di determinati momenti trascorsi con i nostri cari. Attraverso le
mobilit miniaturizzate si sviluppato un forte cambiamento su come le
emozioni sono vissute assorbite, immagazzinate e addirittura
recuperate. Mezzi tecnologici come computer, smartphones, ipod sono
ancore salde che ci fanno sentire a casa anche quando ci troviamo in
un luogo a noi completamente estraneo. Ma, se da una parte le
tecnologie miniaturizzate sono rassicuranti, dall'altra suscitano

sensazioni di ansia dovute alla mancanza di una dimensione fisica.


Internet in particolare ci permette di formare reti di amicizie molto
estese, diventando mezzo per rimanere in contatto con persone distanti,
non solo con familiari, ma anche con colleghi di lavoro.
Infatti pi viaggi, incontri persone e mantieni contatti, pi puoi sperare di
avere successo nel mondo postmoderno.
Tuttavia tali forme di mobilit non sono alla portata di tutti, ma distribuite
in maniera disuguale: concentrate, per la maggior parte, nel "ricco
nord", mentre sono molto scarse e in mano a pochi nel sud del mondo.
Se nelle zone pi ricche le vite mobili diventano modelli di "bella vita",
nelle zone pi povere la mobilit pu essere necessaria o perfino
forzata, basti pensare ai profughi che sono costretti a fuggire dal Paese
di origine a causa di guerre e povert.
Tutti questi immigrati quando si stabiliscono in un nuovo Paese non
smettono di tenersi in contatto con i loro cari.
" Quando sono arrivato a Milano 6 anni fa mi sentivo isolato, non
conoscevo nessuno. Appena avevo tempo libero andavo all'internet
point () Skype mi faceva sentire pi vicino a mia moglie e mio figlio, e
mi ricordava il motivo per cui ero venuto in Italia: per offrirgli un futuro
migliore" (Omar, 31 anni, originario della Nigeria, in Italia da 6 anni)
Non difficile trovare immigrati con alle spalle una storia come quella di
Omar. La possibilit di accedere ad una connessione internet di
primaria importanza per gli immigrati, poich essa garantisce una
sicurezza psicologica che cerca di compensare l'instabilit causata dallo
"sradicamento" dalla terra d'origine e attutisce lo scontro con una
cultura e delle abitudini completamente nuove. La possibilit di
mantenersi in contatto con i propri famigliari permette di arginare negli
immigrati il sentimento di estraneit che pu talvolta tradursi in un rifiuto
violento della cultura del nuovo Paese .
Su Facebook vi una presenza sempre crescente di gruppi che si
possono definire come etnicamente strutturati.
Da questo punto di vista la maggior parte degli immigrati residenti in
Italia hanno dichiarato di utilizzare Facebook per comunicare solo con i
propri amici o famigliari nella terra di origine. "Sul mio profilo Facebook
non scrivo quasi mai in italiano, non posto mai video in italiano, ma
sempre in spagnolo () Perch? Perch la mia lingua! Se scrivessi in
Italiano quasi nessuno dei miei amici mi capirebbe." (Valeria, 23

anni,studentessa universitaria, ecuadoriana in Italia da 4 anni). A


differenza dei giovani di seconda generazione, la maggior parte degli
immigrati intervistati tende a non cercare amicizie italiane su Facebook
n a partecipare a dibattiti sull'integrazione, ma a iscriversi a gruppi
dove possibile rimanere aggiornati e discutere su quello che succede
nel Paese d'origine. Il fine di questi gruppi etnicamente strutturati
quello di rafforzare il senso di appartenenza ad un gruppo di pari, come
rivela Jonatan: "Sono iscritto al gruppo Facebook "Ecuatorianos en
Italia" , grazie a gruppi come questo noi ecuadoriani sappiamo sempre
cosa sta succedendo a casa, questo mi di grande conforto." (Jonatan,
23 anni, studente universitario, ecuadoriano in Italia da 4 anni).
Molto differente invece l'utilizzo che le seconde generazioni fanno di
Facebook. Come afferma la sociologa canadese Mythili Rajiva (2006),
mentre la prima generazione, pur essendo pi frequentemente vittima di
esperienze di esclusione e di razzismo, nutre unautostima forte poich
cresciuta in un Paese dove era parte della cultura maggioritaria, la
seconda generazione risulta ben integrata nella societ ma anche
soggetta a numerose crisi identitarie e meno attrezzata a difendersi
dagli atti discriminatori. Tali giovani, infatti, da una parte vengono spinti
dai coetanei, attraverso forme di razzismo a rifiutare la propria cultura;
dall'altra, molto spesso, vengono esortati dai genitori a mostrare la
propria diversit. A conferma di questo tentativo di definire la propria
identit sociale e politica molti dei giovani di seconda generazione
intervistati dichiarano di essere iscritti a gruppi che permettano di aprire
un dialogo su che cosa significhi effettivamente essere italiani.
"Sono iscritta ad "Associna", sul gruppo scrivono sia cinesi che italiani,
la lingua pi utilizzata l'italiano, per facilitare la mediazione tra le
culture. E' un gruppo molto utile non solo per gli italiani, per avvicinarli
alla cultura cinese andando al di l degli stereotipi, ma anche per i
ragazzi come me che hanno lasciato il Paese da piccoli o non ci sono
mai stati" ( Serena, 25 anni, studentessa, arrivata in Italia a 3 anni)
Per Serena e molti altri giovani cinesi di seconda generazione
importante aprire un dialogo con gli italiani (soprattutto coetanei), al fine
di essere accettati per quello che sono veramente cio italo cinesi e non
solo Cinesi che vivono in Italia. "Io sono nata in Cina, ascolto musica
cinese e ho anche amici cinesi in Italia, ma quando parlo con loro parlo
italiano, raramente ci scappa qualche parola in cinese (pochi tra noi lo

conoscono bene) la cultura cinese mi piace ma conosco e apprezzo di


pi quella italiana. E' questo quello che cerco di comunicare su
Associna" afferma Serena.
Dall'altra parte, anche i ragazzi di origine italiana intervistasti hanno
evidenziato i lati positivi delle associazioni online, come Associna o la
rete G2. Quest'ultime sono riuscite a guadagnare, grazie ad internet,
visibilit e a sottoporre all'attenzione anche dei giovani italiani questioni
come: le difficolt di conseguimento della cittadinanza in Italia, proposte
per il cambiamento della legge dello ius sanguinis o dello ius soli ecc.
In particolare il movimento di G2, grazie all'ampio utilizzo della rete,
riuscito ad essere riconosciuto dal governo italiano come portavoce
rappresentativo delle idee delle seconde generazioni. La presenza di
queste associazioni su Facebook permette di sviluppare non solo nei
giovani di seconda generazione ma anche nei giovani di origine italiana
un senso di cittadinanza partecipativa, rendendo possibile ai ragazzi di
oggi di connettere individualismo e collettivismo, di affermare al propria
identit soggettiva e di coltivare i propri interessi personali, ma, al
contempo, di voler condividere e commentare esperienze e senso di
solidariet entrando in una dimensione comunitaria.
Intervistando i giovani di origini italiane emerso che non molti di loro
partecipano attivamente a dibattiti su internet a proposito della
discriminazione o del razzismo; solo tre intervistati hanno dichiarato di
intervenire di tanto in tanto in tali dibattiti, mentre molti hanno riscontrato
il potenziale negativo dell'utilizzo di internet.
"Chi non ha una personalit definita rischia di lasciarsi influenzare:per
esempio se un ragazzino capita su un sito che incentiva il razzismo pu
farsi influenzare da argomentazioni sbagliate." (Silvia, 20 anni,
studentessa, italiana)
Questa affermazione mette, ancora una volta, in risalto la funzione
determinate nell'epoca delle generazioni 2.0 che internet e le mobilit
miniaturizzate in generale rivestono nella definizione e contenimento
delle identit. I giovani vivono vite a cavallo tra il mondo virtuale e quello
reale, costruire una rete di amicizie on line diventa di fondamentale
importanza per essere riconosciuti dal gruppo di coetanei. Ci non
toglie che le vite virtuali possano sembrare per certi versi estremamente
insicure, generatrici di ansie proprio per la mancanza di una situazione
fisica.

"Nella vita reale la comunicazione dirette mi permette di gestire i


rapporti in modo che non si creino fraintendimenti () sinceramente
non uso molto Facebook, mi mette ansia la possibilit che quello che
dico venga travisato" (Mirco, 24 anni, lavoratore, italiano)
I profili Facebook, per quanto assomiglino a vere e proprie carte di
identit, per via della loro virtualit non sempre garantiscono agli utenti
di sapere effettivamente con chi stanno parlando e, molto spesso, non
garantiscono nemmeno che il messaggio durante la comunicazione
venga recepito in maniera corretta dagli interlocutori. Per cui la
maggioranza dei ragazzi italiani intervistati pensa che il dibattito via
internet su temi delicati come la cittadinanza e l'immigrazione possa
dare luogo troppo spesso a casi di razzismo volontario o involontario
(derivato magari da fraintendimenti).
"Mi capitato spesso di leggere commenti razzisti soprattutto su
Youtube, quando magari lo youtuber era di colore () E' troppo facile
dire cose razziste su internet, quello che dico su internet la maggior
parte delle volte rimane l, non ho un dibattito fisico e diretto, non ci
sono conseguenze nella vita reale."(Salvatore, 24 anni, lavoratore,
italiano). Gli intervistati italiani sostengono per anche l'importanza di
internet come mezzo che contribuisce a arginare la discriminazione e
che insegna "ai giovani il valore delle differenze" (Silvia, 20 anni,
studentessa, italiana). Il dialogo su internet aiuta, infatti, a contenere il
sorgere nei giovani di origini straniere di un sentimento di estraneit
conseguente al verificarsi di un boundary events o moments (cio quei
momenti o eventi, di solito traumatici, in cui il ragazzo di seconda
generazione si rende conto di essere diverso dai suoi coetanei)
Alla domanda "secondo te ci sono sostanziali differenze nell'utilizzo che
i ragazzi di seconda generazione e i ragazzi italiani fanno di internet?"
molti intervistati hanno risposto di non pensare che ci siano molte
differenze.
"Loro (i giovani di seconda generazione) utilizzano Skype o applicazioni
come We chat per comunicare con amici rimasti nella terra d'origine,
ma la stessa cosa che faccio anche io: parlo su Skype con gli amici
che ho conosciuto durante l'Erasmus in Spagna con mio cugino che
lavora a Londra." , l'affermazione di Cristina (23 anni, studentessa,
italiana) prova della forza cosmopolizzante del Web di abbattere
(almeno apparentemente) i confini. Sempre pi spesso i giovani italiani

fanno esperienze all'estero, creano relazioni con chi risiede l o con altri
stranieri e tendono a sviluppare reti sociali secondarie (stringere
amicizie con amici di amici, pur non conoscendoli di persona) intricate e
estese.
"Forse una differenza nel fatto che i giovani di seconda generazione
parlano pi lingue su internet." (Mirco, 24 anni, lavoratore, italiano). Solo
tre intervistati tra i giovani di seconda generazione hanno dichiarato di
avere un account su altri social (oltre a Facebook) frequentati
soprattutto da giovani del Paese di origine "Io utilizzo Hi5, lo usano
soprattutto i latinos (..) mi sono iscritta per trovarmi degli amici con cui
esercitare il mio spagnolo e perch lo usano soprattutto i miei parenti.
Ci accedo di rado (ad Hi5), uso pi Facebook." A differenza dei siti e di
gruppi etnicamente connotati (analizzati all'inizio dell'elaborato) a cui si
iscrivono soprattutto gli immigrati, i giovani di seconda generazione
utilizzano tali siti e gruppi internet per rimanere in contatto con la cultura
e la lingua di origine, pur dichiarando di preferire l'uso di Facebook e di
una comunicazione in italiano, rimarcando, ancora una volta, la loro
identit "diversamente italiana". "Su Facebook posto spesso citazioni in
francese, ma poi scrivo anche la traduzione in italiano." dichiara Ccil,
20 anni, nata in Italia da genitori Senegalesi.
Secondo tutti gli intervistati internet pu essere usato sia come
strumento di confronto costruttivo tra culture differenti sia come luogo di
discriminazione e insulto, sta alla singola persona decidere come
utilizzarlo.
Ci sono casi, tuttavia, in cui i sentimenti razzisti vengono fomentati
attraverso internet per volont dagli stessi governi nazionali, i quali,
molto spesso, sono fautori di una problematica l'integrazione degli
stranieri.
Intervistando Cristian (cinese, 24 anni, da 18 in Italia) emerso che i
molti ragazzi cinesi di seconda generazione fanno ampio uso di social
network esclusivamente cinesi "Molti dei miei coetanei cinesi che sono
venuti qui in Italia a studiare all'universit non hanno n Facebook n
WhatsApp In Cina certi social sono proibiti." Infatti in Cina nel 2003
stato imposto dal governo il cos detto Great Firewall. Il muro virtuale
prevede di impedire automaticamente laccesso a oltre 18 mila siti,
nonch il controllo dei dati in entrata e in uscita di ogni singolo utente. I
motori di ricerca cinesi, con l'ausilio di una "milizia" di 40.000 operatori

umani rimuovono minuto per minuto ogni riferimento a situazioni di


instabilit politica; le parole bannate dalle ricerche sono "Primavera
Araba", "Occupy Wall Street", "Falung Gong", "Tibet". La legislazione
proibisce la diffusione di "dicerie" che riguardano il governo e i
cybercaf sono obbligati a installare software di tracciamento. Il 22
gennaio dell'anno scorso le autorit hanno addirittura disconnesso una
larga porzione di Internet per impedire la circolazione di rapporti
riguardanti i paradisi fiscali usati dall'lite cinese. Il Great Firewall si
basa su una netta distinzione tra la circolazione di informazioni a livello
nazionale ed estero: le idee politiche, la libert economica e i valori del
Partito Popolare Cinese devono essere protette dalle ingerenze
occidentali, ma, al contempo, devono essere coerenti con le leggi
economiche e finanziarie imposte dal mercato. Se la chiusura interna ha
come fine il controllo dellopinione pubblica e larmonia sociale,
lapertura esterna punta alla promozione della sui mercati esteri.Il
cyberspazio e i suoi confini vengono gestiti e controllati come nella
geopolitica.
Trai i tanti censurati non sono stati risparmiati siti internet e social
network esteri come : Google, Reuters, Amnesty International,
Facebook, Twitter e YouTube. A sostituirli, per, ci sono piattaforme con
caratteristiche analoghe, come Baidu, Sinabo, Youku e altri, tutte sotto
la sorveglianza del Cyberspace Administration of China, lorgano che
gestisce i programmi per il controllo della rete, tra cui il Great Firewall.
"Il partito comunista cerca in tutti i modi di coprire gli scandali interni,
come la corruzione dilagante e convincere noi cinesi, attraverso il
controllo di internet della stabilit sociale ed economica della nazione."
sostiene Cristian. La sua affermazione porta a riflettere su come la
funzione del Firewall non sia differente dalla funzione che ha, al livello
ideologico e simbolico,un qualunque altro muro fisico (ad esempio la
Muraglia Cinese). Il fine quello di mantenere fuori le ideologie
occidentali, ritenute pericolose per il governo cinese. La Cina, come
anche tutti gli altri governi nazionali (anche occidentali), sta subendo
una crisi della Sovranit dovuta alle spinte contraddittorie che
provengono dalla globalizzazione neoliberista, le quali, da una parte,
propendono per l'eliminazione di barriere economiche e, dall'altra,
promuovono la costruzione di fortificazioni che evitino il crollo delle
sovranit nazionali. Indivisibilit e unit sono elementi fondamentali per

la sovranit, solo cos uno stato pu essere autonomo, ma l'unit


messa in crisi se gli scambi economici, complici anche le nuove forme
di mobilit, sono sempre pi senza confini.
Il Great Firewall cinese, si configura dunque s come muro, ma solo
simbolico, poich non argina in maniera efficiente la circolazione di idee
e non isola la Cina dal resto del mondo, ma una dimostrazione di
forza attuata dal partito comunista per garantire la sua stabilit ai
cittadini, ribadendo l'identit nazionale (non usiamo Facebook, non
siamo europei, usiamo i social network cinesi).
La funzione meramente simbolica del muro virtuale e la sua inefficacia
pratica viene confermata anche da Cristian: "Il governo spende milioni
nel controllo della rete, ma in realt molti cinesi utilizzano Facebook e
altri siti off-limits, basta cambiare il VPN e il gioco fatto." Costruito il
muro, trovata la falla.
Intervistando sia ragazzi italiani sia di seconda generazione ho scoperto
che tutti associano la costruzione di un muro online o fisico ad una
situazione politica costrittiva o dittatoriale: "Il senso di libert che si
respira su internet (chiunque pu esprimere il proprio parere e discutere
quello degli altri) la pi grande minaccia nei confronti dei regimi
dittatoriali, i quali maggiormente adottano forme di censura come i muri
online" (Leonardo, 20 anni, studente, filippino, in Italia da 16 anni).
In realt il Great Firewall cinese non l'unico muro online che fomenta
ideali nazionalisti. Molti non sanno infatti che esiste un muro fisico tra
Stati Uniti e Messico e che questo muro viene "esibito" online per
volont del governo statunitense.
Le telecamere che sorvegliano il muro tra Texas e Messico trasmettono
immagini in presa diretta a un sito internet aperto a tutti, in modo che gli
utenti in tutto il mondo possano controllare il confine e avvisare le
autorit se osservano attraversamenti illegali. Anche in questo caso, il
muro, esposto su internet, si propone, mettendo in scena una sovranit
che sembri integra, ordinata e forte, come prova tangibile ai cittadini
americani dell'efficenza del governo nel garantire la sicurezza pubblica.
In realt l'unico risultato che il muro produce quello di fomentare un
sentimento razzista, di certo non quello di fermare il trafficanti di droga o
gli immigrati illegali, che anzi possono utilizzare a loro vantaggio il sito
localizzando le pattuglie che controllano il muro. Questo non l'unico
esempio di muro esposto on line in quel Paese libero che sono gli Stati

Uniti infatti, dopo gli attentati dell'11 settembre, sono nati siti come
Weneedafence.com, che sfruttano l'isteria d'accerchiamento per
giustificare la presenza del muro contro l'immigrazione. Anche in questo
caso il risultato una mobilitazione del sentimento razzista e xenofobo
che gli stessi muri creano barricando la nazione contro un fuori reso
pericoloso e minaccioso. La costruzione del muro e la sua esposizione
su internet inoltre il sintomo pi evidente del paradosso americano. Da
una parte gli Stai Uniti si fanno promotori della libert e dei diritti umani,
dall'altra, costruendo barricate, mortificano l'idea di mondo unito e
globale degradando la democrazia.
Conclusione:
Leggendo "Vite mobili" mi ha interessato da subito la teoria legata alle
identit portatili. In particolar modo mi ha colpito come, un elemento
cos sfaccettato e difficile da definire come un'identit, possa essere
raccolto dentro una semplice memoria virtuale.
Alla luce dei lavori di gruppo svolti durante il corso e della lettura di
"Stati murati, sovranit in declino" ho deciso di sviluppare il mio
interesse verso internet, nato dalla lettura del saggio di Elliot e Urry, con
una ricerca sul campo che indagasse il ruolo che il web assume nella
definizione dell'identit, nell'integrazione o discriminazione degli
immigrati e dei giovani di seconda generazione.
Inoltre stata la volont di sfatare il mito degli Stati Uniti difensori dei
diritti umani, diffuso tra gli intervistati, ad avermi portata a scrivere
l'ultima parte della ricerca. Il risultato di quest'ultima ha indicato come
molti intervistati considerassero la Cina e gli Stati Uniti come due poli
opposti: da una parte un Paese dittatoriale che utilizza la censura per
reprimere le idee occidentali e "contaminatrici", e dall'altra il Paese della
libert, dove impera l'ideologia di un mondo senza confini. La realt
per molto diversa: esattamente come in Cina anche negli Stati Uniti
c' una volont di murare fuori le popolazioni pi povere e le loro
culture, giustificando questa ingiustizia con il pretesto di garantire la
sicurezza.

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